Opuscolo antimilitarista
Cosa significa antimilitarismo anarchico
Sommario
- Cosa significa antimilitarismo anarchico
p.3
- Cenni storici................................................ p.5
- Manifesto dell’antimilitarismo anarchico
p.11
-Antinterventismo e diserzione.................... p.9
-Le donne e l’antimilitarismo......................
p.13
- La guerra in casa....................................... p.17
- La pace si fa a scuola................................ p.20
- L’occupazione militare in Sardegna........... p.30
- F35, nuovi strumenti ai killer di stato
p.42
-Il campeggio contro la base di Mattarello
p.47
- Gli anarchici contro il muro....................... p.50
- Le basi USA in Italia.................................. p.55
- Epilogo...................................................... .p.61
- Le potenze si preparano alla guerra
p.63
Opuscolo autoprodotto dalla rete antimilitarista anarchica,
Contributi di compagn* anarchic*e collettivi contro il militarismo.
Finito di stamapare in proprio nel Settembre 09
Opuscolo antimilitarista
Cosa significa antimilitarismo anarchico
L’esercito è una scuola, soprattutto.
E’ questo il suo compito di tutti i giorni: educare, persuadere, plasmare, convincere, abituare.
Abituare a sopportare i soprusi, ad obbedire senza discutere, ad accettare le umiliazioni sol che provengano da uno che
sulla manica della giacca ha un pezzo di stoffa in più.
A. Manni
Nelle ultime assemblee della Coordinazione anarchica, alla quale attualmente partecipano
diverse realtà di collettivi ed individui, a livello nazionale, è emersa l'esigenza di esprimerci e
riflettere sulla questione dell'antimilitarismo, sia data l'imminente e obsoleta ennesima
presenza in Italia del prossimo G8 2009, sia poiché le nostre vite sono quotidianamente
bombardate da un livello di militarizzazione sempre più crescente, soprattutto nelle città, ma
più in generale in un clima che si insigna anche alla luce di una forte ripresa del militarismo,
legalizzato o meno, che risulta a dir poco allarmante, con guerre che continuano a combattersi
sbandierando la tanto gettonata difesa o conquista della fantomatica democrazia, e non a caso
termini come questi, utilizzati dai media, appaiono come imminente richiamo ad un panorama
mondiale di conflitto bellico globale e permanente.
In occasione degli incontri del G8 che si svolgeranno quest'anno in Italia appunto, abbiamo
voluto ricostruire una rinnovata forza di mobilitazione attorno alla questione antimilitarista.
Le basi militari statunitensi sulle nostre terre, in particolar modo nelle isole come la Sardegna,
le spese militari in forte crescita, gli investimenti delle banche nel commercio di armi, le
aziende italiane produttrici di armi, l'esercito italiano impiegato in operazione di pubblica
sicurezza, gli armamenti in dotazione alle forze dell'ordine sono l'aspetto lampante di una
società ed un'economia pervasa da una cultura autoritaria e militarista. Per questo abbiamo
contribuito a creare una rete di individualità e gruppi che siano in grado di monitorare le
situazioni, analizzare i contesti, produrre informazione e nuovi canali di informazione,
promuovere momenti di mobilitazione e azione diretta. Una rete che sia in grado di rilanciare
il lavoro fatto da chi si è occupato di antimilitarismo in passato riuscendo ad intercettare il
lavoro, la passione, la determinazione di chi, sempre di più, odia l'autoritarismo militare, in
qualsiasi parte del mondo.
Una rete antimilitarista aperta a tutti quelli che si ritrovano sui contenuti e sulle pratiche
libertarie per presentare interventi, riflessioni, iniziative e mobilitazioni durante le giornate
del G8, per costruire relazioni anche internazionali e porre le basi di una nuova stagione di
lotta antimilitarista nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle piazze per sensibilizzare su questi
temi tutti i cittadini che subiscono il militarismo in tutte le sue forme.
Ed è proprio a questo proposito che nasce, all'interno della rete, l'idea di un opuscolo che parli
di ANTIMILITARISMO in un'accezione fortemente libertaria, in cui se ne ripercorranno
brevemente i cenni storici, le origini, passando poi ad analisi più attuali, per esempio leggendo
il legame che intercorre fra militarismo e razzismo, o agli innumerevoli sviluppi e nuove
forme che il militarismo sa darsi nel mondo attuale, per poi proseguire con due
approfondimenti specifici: il primo sulla militarizzazione territoriale annosa e scandalosa della
Sardegna, una meraviglia nel Mediterraneo scempiata dalle basi; l'altro su un pessimo
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Cosa significa antimilitarismo anarchico
tentativo, in alcune scuole di Lecco, di far passare i militari stessi come promulgatori di pace,
invitandoli ad incontrare gli studenti all'interno di dibattiti e incontri dal titolo aberrante, se si pensa
ai relatori:“la pace si fa a scuola”, travalicando il limite del revisionismo, stravolgendo la realtà per
indurre ad un pensiero di paura e conseguente e inevitabile difesa.
Lo scritto raccoglie materiale di analisi ed esperienze che è fatto di tanti contributi variegati proprio
perchè più persone, provenienti da spazi e storie diverse, hanno scritto e condiviso, dal basso. C'è
anche da specificare che trattandosi di un opuscolo lo spazio ridotto non ha acconsentito molti
approfondimenti. A questo proposito i/le compagn* sard* stanno provvedendo alla stesura di altro
materiale che formerà un opuscolo a se stante specifico per la situazione territoriale militarizzata
dell'isola, con maggiori informazioni e dettagli. Oltre al cartaceo l'opuscolo è ovviamente scaricabile
dal nuovo sito web creato ad hoc per la tematica antimilitarista, in cui è possibile apportare contributi,
contenuti e modifiche e visionarne gli esistenti. Marzo 2009.
Cosa significa antimilitarismo anarchico
Organo e funzione sono termini inseparabili. Levate ad un organo la sua funzione o l'organo muore o la
funzione si ricostituisce. Mettete un esercito in un paese in cui non ci siano nè ragioni nè paure di guerra
interna o esterna, ed esso provocherà la guerra, o, se non ci riesce, si disfarà. Una polizia dove non ci
siano delitti da scoprire e delinquenti da arrestare, inventerà i delitti e delinquenti, o cesserà di esistere.
E.Malatesta
Se si volesse cercare di definire il concetto di antimilitarismo nell'epoca attuale, letto con occhi
moderni, per così dire “post-anarchici”, prima di passare ai cenni storici e ai preziosi scritti lasciati
dagli anarchici dell'inizio del secolo, i più illustri e i più noti, potrebbe essere di utile spunto
l'interpretazione che ne da S. Vaccaro nel libro Cruciverba, compilato come glossario, composto da un
lessico vero e proprio, suddiviso in lemmi ordinati alfabeticamente:
ANTIMILITARISMO
Se il militarismo rappresenta il primato delle armi sulle ragioni di una politica civile, se il militare imprime un controllo
“armato” della società e del suo sviluppo se il militare ha forza di espansione intimamente correlata a legami solidali tra
medesime professioni oltre i ai limiti dei confini degli stati, se il militare condensa, in ultima analisi, l'estremizzazione di
una arrogante volontà di potenza, che oltrepassa il ruolo specifico e strutturato delle forze armate all'interno di un
ordinamento politico per configurarsi come “guerriero” che informa di sè totalmente gli ambiti della società,
l'antimilitarismo anarchico è il puntuale contrappeso critico di ciascun vettore del primato militare.
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Cosa significa antimilitarismo anarchico
In quanto potere politico oppure accreditandosi autonomamente come leadership politica l'esercito è il braccio armato dello
stato, grazie alla coscrizione permanente e obbligatoria al regime di professionalità, ipergratificata ai limiti della
formazione di una casta speciale rispetto ad altre professioni, che si auto-alimenta nel continuo rincorrersi ciclico di
richieste di finanziamento, piani di aggiornamento professionale e formativo, armamenti innovativi, quote del bilancio
statale, commistioni e compartecipazioni tra personale militare e apparato industriale bellico che foraggia potenti lobbies
parlamentari sensibili alle esigenze dell'intero circuito.
L'antimilitarismo critica fortemente sia l'uso dello strumento militare nell'ambito della conflittualità politica, in funzione si
polizia interna cioè, sia l'uso dello strumento militare quale forza di penetrazione economica e di invasione territoriale ai
fini di conquista, annessione o colonizzazione. In tempi recenti, le ragioni antimilitariste hanno assunto come nuovo
obiettivo l'utilizzazione dell'esercito internazionale quale forma di dominio per conto terzi (siano essi Nazioni Unite o
superpotenze) attraverso non solo il modello della coalizione neo-protettorale, ma altresì attraverso il modello della
pacificazione forzata tra contendenti impegnati in conflitti civili, anche mediante l'invio di aiuti umanitari.
Queste nuove forme di intervento militare, tra l'altro ancora inidonee se non inutili e dannose per gestire situazioni inedite
e compiti anomali, avallano la critica antimilitarista al ruolo delgi eserciti in funzione di politica interna e internazionale
senza alcun riguardo alle popolazioni coinvolte.
Ma l'antimilitarismo anarchico colpisce pure il connubio militare e industriale che, tramite il ricatto occupazionale, incita al
perfezionamento di un'industria bellica che semina puntualmente morti e macerie nei quattro angoli del pianeta.
La critica al complesso militare-industriale-politico non solo intende denunciare le speculazioni ai danni dell'erario o gli
arricchimenti ipocriti sulla pelle delle vittime di ogni armamentario bellico, ma inoltre accoglie progetti di riconversione ad
uso civile dell'industria bellica come via d'uscita al ricatto occupazionale ad un uso proficuo delle tecnologie scientifiche
piegate al militare.
L'antimilitarismo anarchico, inoltre, indirizza le proprie energie anche alla vita militare specificamente intesa, con tutti I
suoi rituali di gerarchia, stupidità, infantilismo becero, arroganza, prevaricazione e mortificazione che chiunque abbia
frequentato una qualsiasi caserma conosce fin troppo bene. I valori a cui si ispira l'antimilitarismo sono esattamente
antitetici a quelli militari, di cui si denuncia instancabilmente il rischio di modellare personalità (distorte) al fine di
prolungare mentalmente le proprie norme specifiche, introiettate durante la ferma di leva, anche al di là dello spazio
militare vero e proprio.
Più genericamente l' antimilitarismo anarchico potrebbe essere definito come ciò che è avverso alle
guerre e quindi alle istituzioni militari, al loro sviluppo e a quanto concorra all’esaltazione e alla
diffusione dello spirito militaristico. Per gli anarchici l’antimilitarismo ha una valenza particolare
poichè può essere letto come prosecuzione della lotta alla gerarchia, all’autorità, allo Stato e ad ogni
forma di dominio e discriminazione. Il movimento anarchico non ha mai avuto la pretesa di
monopolizzare ideologicamente l’antimilitarismo, ma ha sempre voluto attribuirgli una valenza
particolare, in qualche modo di specificità propria che lo contraddistinguesse da tutti gli altri
antimilitarismi.
Proprio perchè un antimilitarismo senza una lotta che metta in discussione l’esistenza stessa dello
stato, delle istituzioni e del sistema di sfruttamento capitalistico, potrebbe risultare monco.
Chi ha un po’ di memoria storica, sa che tutti gli eserciti nascono con una duplice finalità: di
repressione e di controllo interno (entità statuale genericamente definita dall’età moderna) e di
repressione e di controllo dell’integrità territoriale di fronte ai nuovi o vecchi nemici ed ai conseguenti
confini.
“Tutte le più grandi repressioni antipopolari della storia sono state condotte dagli eserciti dei propri
paesi e, quand’anche fosse stata fatta da un qualsiasi ‘invasore’, non è mai mancata l’attiva
collaborazione delle forze patrie. L’esercito, quindi, in base a questa funzione duale (interna ed
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Cosa significa antimilitarismo anarchico
esterna) non è mai stato scisso dal Potere che ad esso si accomunava e sorreggeva. Ecco perché non
può bastarci un generico rifiuto dell’Istituzione militare senza che ad essa si accompagni un altrettanto
serrata critica del potere statuale e delle sue diramazioni.(...) Per quanto riguarda il postulato della
repressione interna, essendo noi selvaggiamente ribelli alle cose esistenti, non possiamo che essere
contrari a uomini e donne in divisa istituiti ed istruiti a farci accettare le cose così come stanno.”
Come già diceva Malatesta all'inizio del secolo XX, e’ la fatalità del sistema, è la storia monotona delle
relazioni tra gli stati e tra le classi, che durerà eguale a se stessa fino a che dureranno stati rivali e
classi privilegiate che si contendono il monopolio dello sfruttamento. Dovunque esistano stati, eserciti,
classi detentrici di potere che sfruttano classi più povere, capitalismo, le guerre sono inevitabili; solo
un cambiamento radicale e una lotta sociale collettiva che porti all'uguaglianza di tutti gli individui
potranno consentire all’uomo di vivere in pace e armonia, senza stati e senza eserciti, né poteri
gerarchici e coercitivi.
“L’antimilitarismo è la dottrina che afferma che il servizio militare è un’azione abominevole e
micidiale, e che un uomo non deve consentire di prendere le armi all’ordine dei padroni, e nemmeno
combattere, eccetto che per la rivoluzione sociale”. “Possiamo, dunque, dirci pacifisti? Sì, a patto che a
questo termine non vengano concesse deroghe di sorta: ricerca della pace sempre, ma lotta mai
pacificata ad ogni forma di sfruttamento e di dominio”.Ln sostanza da sempre come anarchici abbiamo
rifiutato il servizio militare e abbiamo contestato le manifestazioni militari, in quanto contrari al
sistema gerarchico e al principio di comando e di sottomissione. Siamo da sempre contro tutte le
guerre e contro tutti gli eserciti, strumenti di repressione e terrore nei confronti della popolazione
civile, con l'unico obbiettivo di difendere lo stato e i potenti di turno. E guarda caso di solito finisce che
dopo che è stata fatta una guerra chi comandava prima comanda anche dopo o se cambia nome è
sempre funzionale alle gerarchie militari ed economiche.
Il nostro internazionalismo e la nostra opposizione intransigente ad ogni forma bellica ovviamente
non potranno mai coniugarsi con il sostegno a regimi o a dittatori. Chi manifesta contro la guerra con il
tricolore o in generale con bandiere nazionaliste sono nostri nemici come chi bombarda, affama e
distrugge. Non ci interessa democratizzare le forze dell'ordine, non crediamo né in guerre umanitarie
né in bombe intelligenti, vogliamo abolire gli eserciti. Le armi saranno sempre spianate sui nostri petti
contro il nostro destino. Dovremo lottare per riprenderci le nostre terre, il pane, la libertà, il riposo,
l'amore, la gioia, l'avvenire, il nostro posto nelle vita, il nostro posto nella storia.
Insorgeremo nel nome della giustizia sociale, smetteremo di obbedire a stati, militari e governi di
qualsiasi colore, solo così ci riapproprieremo delle nostre vite e assaggeremo finalmente la vera
libertà.
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Cenni Storici
La nascita del pensiero antimilitarista anarchico
” Il patriottismo è un sentimento artificiale e irragionevole, funesta origine della maggior parte dei mali che desolano
l’umanità. Tutti i governi, con una sfacciataggine sorprendente, hanno sempre affermato e affermano che i preparativi
militari e le guerre stesse sono necessarie per mantenere la pace. “
L. Tolstoj
Il Risorgimento costituì un fertilissimo terreno di sviluppo del movimento anarchico italiano, anche
grazie all'influenza di Bakunin che per diversi anni soggiornò in Italia. Proprio dal risorgimento
nacque uno dei primi anarchici italiani, Carlo Pisacane, che oltre ad essere un uomo d’azione, fu anche
un intellettuale di grande sapienza. Lasciò numerosi scritti, ispirati all’anarchismo proudhoniano, in cui
espresse il suo pensiero libertario, federalista e antiautoritario.
L’arrivo di Michail Bakunin in Italia (Firenze, 1864) permise di gettare le basi
dell’organizzazione anarchica italiana: nel 1866 fu costituita la Fratellanza
Internazionale e un Comitato Centrale Italiano. Inizialmente il neonato
movimento anarchico italiano ebbe un seguito non costante e, soprattutto, non
sembrò incidere più di tanto tra le masse. Successivamente, nonostante le
difficoltà, la sezione napoletana riuscì a fondare il primo giornale anarchico
italiano, "Eguaglianza", che però fu soppresso dopo soli tre mesi. Sempre a
Napoli, nel 1867, si costituì la Società dei Legionari della Rivoluzione Sociale per
merito di Giuseppe Fanelli e Saverio Friscia.
Nei primi mesi del 1868 si costituirono le prime sezioni italiane dell'Internazionale, una di queste, la
Sezione di Catania, inviò Saverio Friscia come delegato al Congresso di Bruxelles. Le prime
organizzazioni anarchiche si coagularono (soprattutto in Umbria, Puglia e Emilia Romagna) intorno a
personalità di spicco come Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Pietro Gori, Francesco Saverio Merlino,
Andrea Costa (che poi passò al socialismo parlamentare nel 1882), Luigi Fabbri e altri.
Questo il clima italiano pone le basi anche dell'antimilitarismo, che però prende realmente piede a
ridosso dell'inizio del Novecento. Mentre l'Internazionale dei lavoratori (L'Aia, 1872) sancì l'espulsione
degli anarchici, la sezione italiana dell'Internazionale socialista, durante il congresso di Rimini (1872),
stabilì il predominio, in Italia, degli anarchici rispetto ai marxisti.
Il XIX secolo vide il primo tentativo italiano di insurrezione rivoluzionaria a Bologna (1874), che
terminò con l’arresto di tutti gli insorti. Un altro tentativo venne attuato nel 1877, nella regione del
Matese. Malatesta, Cafiero e altri fervidi anarchici formarono la cosiddetta Banda del Matese che si
prefiggeva lo scopo di espropriare i possidenti terrieri e di attaccare ogni forma di gerarchia e di
autorità presenti nel Matese. Queste iniziative iniziative, oltre alle difficoltà ad operare efficacemente
alla "legalmente" (basti pensare al Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario nato nel 1891)
determinò conseguentemente, la repressione del movimento anarchico e la fuga forzata di figure di
primo piano come Cafiero, Merlino (alla fine del secolo questi divenne un teorico del socialismo
libertario), Malatesta e altri. A livello europeo si profila una politica espansionista degli stati di tipo
colonialista. E per portarsi avanti le guerre servono braccia armate. Gli eserciti nella storia si
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Opuscolo antimilitarista
Cenni Storici
costituirono come forza repressiva atta alla difesa e alla protezione delle classi dominanti e dello
Stato. Proprio nel corso del tempo, in contrapposizione alle istituzioni militari, si svilupparono pensieri
e movimenti antimilitaristi.
La vera natura della pace in Europa di fine Ottocento è ben illustrata dalla pacifista austriaca
Bertha von Stuttner , premio nobel per la pace nel 1905,
nella sua opera di fama internazionale Glosse alla storia del tempo , del 1896:
“In mezzo alla profonda pace”, era un modo di dire, usato sino a poco tempo fa, quando si parlava della situazione
europea. Tale situazione è cambiata improvvisamente. Oggi, devono ammetterlo tristemente tutti I fautori della pace,
siamo nel mezzo di una guerra generale. (...)Le colonne dei giornali sono piene di bollettini militari su vittorie e sconfitte,
avanzate e ritirate, su assalti e scontri, come le pagine di un diario di un generale di stato maggiore, e l'aria echeggia dei
lamenti dei massacrati e dei rapinati. Morti, morti, morti: questa è pur sempre la fine di ogni saggezza politica, la meta di
ogni entusiasmo patriottico.
Morte e massacri ovunque; si intravedono per la prima volta le conseguenze economiche e politiche
delle prime guerre “per l'esportazione della democrazia” che in realtà hanno ovviamente mire
coloniali. I tumulti popolari che si generano per le condizioni pessime di vita legate alle scelte delle
politiche vigenti, che si diffondono in quasi tutte le nazioni, vengono represse sanguinosamente, dagli
eserciti. Un esempio su tutti, a Milano si arrivò addirittura alle cannonate sparate sulla folla dal
generale Bava Beccaris, durante le insurrezioni per il pane alla fine dell'Ottocento, mentre la Spagna
sperimenta I primi campi di concentramento nella guerra contro Cuba e gli inglesi la seguono a ruota
nella guerra anglo-boera. Si sviluppa così, a livello internazionale un sentito clima, seppur costretto
alla semi clandestinità in alcuni momenti, fortemente contrario alle aggressioni militari, agli eserciti,
che riesce a coinvolgere anche il mondo letterario e quello artistico. Innumerevoli I numeri di riviste
satiriche illustrate anche da pittori che poi saranno famosi come Juan Gris e Picasso, per esempio, che
scelgono il tema dell'antimilitarismo come oggetto di satira da raffigurare proprio con l'intento di
combatterla, così come personaggi letterati come Leone Tolstoj che si unisce alle voci della protesta
esprimendo a pieno petto il suo pacifismo; voci che si incontreranno nel 1889 a Parigi per il primo
Congresso Mondiale della Pace, a cui era presente anche Ernesto Teodoro Moneta, un ex-garibaldino
che diverrà portavoce del pacifismo italiano.
In ambienti socialisti e anarchici cominciano però, pochi anni dopo, anche le dure repressioni e gli
arresti. La fine dell'Ottocento vede da una parte una forte corrente individualista che porta avanti la
cossidetta “propaganda con il fatto”, contemporanea e conseguente alle istanze repressive che
vengono attuate nei confronti anche di chi solo si dichiara anarchico o peggio ancora propaganda l'idea
rivoluzionaria nei luoghi di lavoro, nella produzione di riviste e giornali politici o la diffonde parlando
con la gente, figuriamoci con chi decide di agire con ogni mezzo necessario.
Con l'affacciarsi del XX secolo dunque la propaganda antimilitarista riceveva nuovo impulso in tutta
Europa, sostituendo alle caratteristiche tolstojane del rifiuto dell'obbedienza, da cui aveva tratti spunti
e motivi umani assai validi, quelle dell'azione diretta “figlia della ragione e della ribellione”, così
come affermava la mozione conclusiva del Congresso sostitutivo dell' Alleanza Internazionale
Antimilitarista, convocato dagli anarchici ad Amsterdam nel giugno del 1904 con la divisa “né un soldo,
né un uomo per il militarismo”. Gli antimilitatisti parteciparono al congresso con una dettagliata
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Opuscolo antimilitarista
Cenni Storici
relazione presentata dalla redazione di La Pace di Genova, rappresentati da Dossena.
Il rifiuto tolstojano come metodo di azione antimilitarista e pacifista, consolidato dall'ascendente di cui
godeva il suo promulgatore a livello internazionale, si era diffuso anche in ambiente socialista,
configurandosi come un'umana reazione al fragore della dinamite, ma anche come un riconoscimento
di impossibilità di vincere la violenza organizzata dello stato mediante la violenta reazione di gruppi
ed individui più o meno organizzati. L'antimilitarismo tolstojano penetra in Italia nel periodo
reazionario ma è seriamente ostacolato dai motivi rivoluzionari che si ripropongono anche al
Congresso internazionale solidale di Londra del 1896. Qui I delegati italiani solidarizzano con l'idea
dei compagni austriaci che considerano utopica l'idea di sciopero generale in caso di guerra. La
confusione di idee e propositi è notevole, diversi coloro che scelgono la via della diserzione e perciò
passare la vita esule o ospite degli istituti penali militari, altri invece, come Malatesta si investono a
tutto campo in questa lotta, altri ancora addirittura scelgono la via dell'interventismo.
Si inizia a riconoscere, e quindi a rifiutare di conseguenza le teorie tolstojane, come indispensabile,
l'uso della violenza rivoluzionaria: “ contro la forza fisica che ci sbarra il cammino, non v'è per
vincere che l'appello alla forza fisica, non v'è che la rivoluzione violenta, condizionata dal “limite
segnato dalla necessità” e dal sentimento dell'amore”.
Malatesta, per esempio, si oppose con la lotta, anche violenta, a tutte le organizzazioni militari, quali
esercito e polizia, e a tutti gli organi che le controllano e le gestiscono: in primis stato e magistratura.
Io non sono un pacifista. Io lotto, come facciamo tutti, per il trionfo della pace e della fraternità tra tutti gli esseri umani,
ma non ignoro che il disarmo non potrà essere realizzato se non attraverso il mutuo consenso, e quindi fintanto che vi
saranno uomini pronti a violare la libertà altrui si impone a questi ultimi la difesa se non vogliono essere eternamente
battuti; so pure che l’attacco è spesso, se non il solo, il più efficace mezzo per difendersi. Inoltre penso che gli oppressi si
trovano sempre in stato di legittima difesa e che hanno sempre il diritto di attaccare i loro oppressori. Ammetto quindi che
vi sono delle guerre necessarie, delle guerre sacre: queste sono le guerre liberatrici, come lo sono generalmente le guerre
civili, vale a dire le rivoluzioni
Altro personaggio profondamente convinto che solo
senza esercito, senza soldati, senza gente che faccia il mestiere di esercitare la violenza
sui propri simili, non è possibile il permanere di alcun privilegio, sia politico che
economico. Finchè ci sarà un governo, finchè ci sarà un Parlamento, e quindi finchè ci
saranno le leggi, occorreranno sempre gendarmi e soldati per far osservare queste leggi.
Logicamente quindi chi combatte il militarismo combatte il sistema dell'autorità dell'uomo
sull'uomo; chi vuol essere veramente antimilitarista deve finire con l'essere anarchico.
Viceversa l'anarchico ha tutto l'interesse per la propaganda delle proprie idee, l'obbligo
anzi di essere essenzialmente antimilitarista, essendo il militarismo la forma e la
esplicazione più odiosa della violenza autoritaria e il primo nemico della libertà.
fu Luigi Fabbri, che considerava l'antimilitarismo un'arma contro l'autorità e il privilegio ma anche un
mezzo di educazione morale atto a preparare la rivoluzione futura in un ambiente intellettualmente e
psichicamente corrispondente.
Il carattere dell'antimilitarismo anarchico sta in questo come nel proposito di voler rispondere con lo
sciopero generale insurrezionale alla guerra, così come aveva indicato il congresso dell'Associazione
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Opuscolo antimilitarista
Cenni Storici
Internazionale dei Lavoratori del 1868 e quello di Amsterdam del 1907.
E mentre si affermava in tutti i paesi europei nascevano, nei medesimi anni, gruppi e circoli operai di
tendenza sindacalista rivoluzionaria e anarco-sindacalista.
Le riviste sul tema più diffuse, oltre a La Pace di Genova portato avanti da Bartalini, Il Libertario di
La Spezia diretto da Pasquale e Zelmira Binazzi, L'Università popolare, di L. Molinari, il Pensiero
libertario diretto da Pilade Fantasia, il Combattiamo, di Scali, Spadoni, Sartici, il Popolino di Zamboni,
L'Aurora di Zavattero, Il Pensiero di Fabbri e Gori, L'Allarme di Zavattero... solo per citarne alcuni.
Nasce a Torino un Comitato centrale di coordinamento della sezione dell'alleanza che aprì la
discussione sull'atteggiamento ideologicamente e tatticamente più conseguente e conveniente da
tenere di fronte all'obbligo del servizio militare: propendendo taluni per la diserzione anche in
tempo di pace, pronunciandosi altri, invece, per la necessità di guadagnare l'esercito alla rivoluzione
mediante l'abolizione dello spirito patriottico e del clima autoritario.
Del primo parere furono fra gli altri Novatore, Misefari, Fedeli e naturamente Masetti. Di parere
contrario furono invece diversi organizzatori sindacali come Negro o Meschi, che parlava di
antimilitarismo attivo. Ma la maggior parte degli anarchici faceva la propria posizione più tollerante
ed equilibrata di Fabbri e Malatesta, secondo cui un metodo non esclueva necessariamente l'altro,
nel senso che ogni antimilitarista doveva comportarsi con il suo temperamento e le sue attitudini, in
relazione con le circostanze del tempo. Anima di questa campagna antimilitarista che trascinerà il
movimento operaio italiano sul piano dell'azione diretta rivoluzionaria, furono un gruppo di donne
anarchiche, tra cui le più impegnate furono Zelmira Binazzi, Nella Giacomelli, Leda Rafaelli, Amelia
Legati, Adele Darvisi, Irma Guidaloni, Emma Pagliai, Ersilia Mazoni e Maria Rygier. Era alle donne del
resto che la propaganda antimilitarista si volgeva con insistenza, come alle più sensibili esponenti
della società.
Uno degli avvenimenti cruciali della storia antimilitarista si realizzò
il 30 ottobre 1911, quando il muratore anarchico Augusto Masetti, al
momento di partire per limpresa imperialistica italiana Libia, nel
piazzale della caserma Cialdini di Bologna, in un atto estremo di
"insubordinazione con vie di fatto verso superiore ufficiale", sparò,
ferendolo leggermente, al colonello Stroppa mentre il colonnello
stava istigando i militari all’odio verso il popolo libico. La protesta
dilagava e il sentimento contro la guerra aumentava anche per le
denunce fatte da Rompete le file e dalla rubrica aperta da Mussolini sull'Avanti circa le rappresaglie
avvenute in Libia dalle autorità contro i soldati ribelli. Questi fatti insieme a quello di Antonio Moroni
- arrestato per le sue idee antimilitariste - determinò l’insurrezione della cosidetta settimana rossa.
Particolarmente “effervescente” fu il movimento che si oppose alla I Guerra mondiale, di cui si
approfondirà qui di seguito. Si ricorda inoltre, nell’agosto del 1917 si ebbero moti operai
antimilitaristi a Torino, ammutinamenti di truppe in Francia, scioperi a Berlino (1918) e in altre città
tedesche. In Gran Bretagna gli obiettori di coscienza furono trattati duramente, il filosofo Bertrand
Russell fu allontanato dall’insegnamento presso il College di Oxford (1916) e successivamente
arrestato (1918) sempre per propaganda pacifista e per il favore all’obiezione di coscienza
antimilitaristica.
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Cenni Storici
Anti-interventismo e diserzione
Quel che ci preme negare subito che vi possa essere il benché minimo rapporto tra
individualismo anarchico e guerra, come qualcuno vorrebbe far credere. Anzi, proprio la
tendenza individualista dell’anarchismo è quella che maggiormente si allontana dalle ideologie
democratiche in nome delle quali si è compiuto il mostruoso connubio guerrafondaio in Italia.
Monanni
L’effervescenza rivoluzionaria del 1913-14 raggiungerà il suo culmine con gli eventi della
Settimana rossa del giugno del 1914. Ma alla fine di quello stesso mese l’attentato di Sarajevo
contro l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria spariglierà tutte le carte.
Con lo scoppio della Grande Guerra si prospettano cinque anni di mattanza continentale, che
apriranno un solco mai più colmato all’interno del ribollente milieu sovversivo prebellico. Nella
gran parte dei casi, gli internazionalisti antimilitaristi e i sostenitori della guerra rivoluzionaria (e
antitedesca, come da tradizione risorgimentale) non si incontreranno più, se non per scontrarsi. Le
defezioni dal campo internazionalista sono rilevanti, più che numerose: oltre a Mussolini, spiccano i
nomi di Paolo Valera, di Filippo Corridoni, leader dell’Unione sindacale milanese, di Alceste De
Ambris, segretario nazionale dell’Usi, e, insieme a loro, di una parte ampia, ma comunque
minoritaria, del sindacalismo rivoluzionario. In campo anarchico, a parte il caso di Massimo Rocca,
l’individualista amoraleggiante già convintosi delle virtù emancipatorie del militarismo ai tempi
dell’impresa libica, vanno segnalati Maria Rygier, che era stata incendiaria redattrice del foglio
clandestino antimilitarista Rompete le file! e animatrice della campagna pro Masetti, e Antonio
Moroni, tipografo, militante dell’Usm già inviato alle compagnie di disciplina ai tempi del servizio
militare per insubordinazione. All’interno della cerchia più stretta dei sodali di Monanni e della
Rafanelli passati all’interventismo, Oberdan Gigli, segretario della Cdl di Finale Emilia,
collaboratore e amico della coppia fin dai tempi di «Vir», e Mario Gioda, futuro organizzatore del
fascismo torinese. La scelta di Monanni, della Rafanelli e del gruppo dei giovani “franchi tiratori” è
nettamente antibellicista. Leda scrive l’opuscolo Abbasso la guerra!, mentre Molaschi redige «Il
Ribelle», che si oppone al giornale anarco-interventista «La Guerra sociale», anch’esso stampato a
Milano: e già prima delle “radiose giornate” del maggio 1915, la contrapposizione verbale
trascenderà in quella fisica. La polemica contro marinettismo, rivoluzionari convertiti e anarcointerventisti è violenta e Giuseppe vi prende parte esprimendo con forza le proprie convinzioni
dalle colonne dell’«Avanti!» e del «Libertario»:
Coloro che ora farneticano di guerra rivoluzionaria, di fine del militarismo, di reintegrazione delle singole
nazionalità difettano almeno del senso reale della politica, altrimenti non direbbero simili sciocchezze. [...] Se il fatto
della guerra li ha sorpresi, vuol dire che sognavano; se li ha convertiti, vuol dire che non erano convinti, se li ha confusi
con quella folla variopinta di pseudo socialisti e sindacalisti che gridano compassionevolmente alla guerra, vuol dire
che erano degni di quel pantano. […] Quel che ci preme negare subito che vi possa essere il benché minimo rapporto
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Cenni Storici
tra individualismo anarchico e guerra, come qualcuno vorrebbe far credere. Anzi, proprio la tendenza individualista
dell’anarchismo è quella che maggiormente si allontana dalle ideologie democratiche in nome delle quali si è compiuto il
mostruoso connubio guerrafondaio in Italia.
Opuscolo antimilitarista
Nel 1916 Monanni, disertore alla chiamata alle armi, ripara in Svizzera. Rievocherà in seguito Leda:
Il mio compagno era individuo d’azione. [...] dopo un doloroso e profondo esame della situazione, decise di farsi
disertore, di passare il confine, con quanto rischio tutti quelli che lo avevano preceduto lo testimoniavano. [...] Se andava in
guerra perdevo tutto di lui, anche l’anima. Disertando restava quello che era sempre stato: un Anarchico Individualista, ed io
lo approvavo in pieno accordo.
A Ginevra, accolto dalla rete di supporto organizzata da Luigi Bertoni, Giuseppe Monanni si dedica a
un’attività pubblicistica febbrile, scrivendo articoli per l’«Avvenire anarchico» di Pisa, l’«Avanti!»,
persino per la turatiana «Critica sociale» e per la rivista «Les Tablettes», edita dal gruppo ginevrino di
avanguardia Entre nous del Cafè Vigny, mentre la sua corrispondenza con la Rafanelli, cui le autorità
rifiutano il passaporto, viene intercettata per ordine del ministero dell’interno.
La situazione in Svizzera è al tempo stesso drammatica, per le difficili condizioni dei rifugiati e per
le notizie che giungono dai fronti di guerra, ma anche foriera di nuovi e proficui incontri tra esuli da tutti
i paesi coinvolti nel conflitto. Tra gli altri, Monanni avrà modo di conoscere lo scrittore francese Romain
Rolland e l’artista belga Frans Masereel, entrambi collaboratori delle «Tablettes». Un membro di quello
stesso gruppo, l’austriaco Stefan Zweig rievocherà l’atmosfera ginevrina di quegli anni:
A Ginevra subito la prima sera incontrai anche il piccolo gruppo di Francesi e dia ltri stranieri raccolti attorno ai piccoli
periodici indipendenti [...]. Stringemmo intima amicizia, col rapido slancio che è di solito proprio soltanto dei giovani. Ma
sentivamo per istinto di essere al principio di una nuova vita. La maggior parte dei nostri antichi rapporti si erano rotti per
l’accecamento patriottico dei nostri sodali. Avevamo bisogno di amici nuovi, e poiché stavamo allo stesso fronte, nella stessa
trincea spirituale contro il medesimo nemico, venne formandosi spontaneamente fra noi una specie di appassionato
sodalizio; dopo ventiquattr’ore la confidenza reciproca era grande come se ci conoscessimo da anni, e già scambiavamo,
come appunto si fa al fronte, il tu fraterno [...]; sapevamo che a cinque ore di distanza ogni tedesco che sorprendesse un
francese, ogni francese che cogliesse un tedesco lo assaliva alla baionetta o lo ammazzava con una bomba a mano,
ricevendone in cambio una medaglia al valore; [...] sapevamo che i giornali avversari parlavano soltanto con la schiuma alla
bocca, mentre noi, un pugno d’uomini fra tanti milioni, non soltanto sedevamo pacifici alla stessa tavola, ma ci sentivamo
stretti da lealissima, appassionata fraternità. Sapevamo in quale contrasto ci ponessimo così di fronte al mondo ufficiale,
sapevamo, facendo aperta professione di quelle amicizie, di metterci in pericolo personale di fronte alle rispettive patrie, ma
appunto il pericolo spingeva la nostra impresa ad un fervore quasi estatico. [...] Eravamo sin nel profondo dell’anima ben
convinti che i traditori non eravamo noi.[...] la coscienza di essere tanto pochi e tanto soli ci stringeva ancor più petto contro
petto, cuore contro cuore. Negli anni più maturi non ho trovato mai un’amicizia così entusiastica come in quelle ore di
Ginevra ed il legame ha resistito a tutti gli eventi successivi.
Nel 1917 si trasferisce a Zurigo, meta privilegiata dei disertori e degli internazionalisti di tutta
Europa, Lenin e i dadaisti del Cabaret Voltaire, tra gli altri. L’anarchico friulano Attilio Coppetti, anch’egli
disertore e rifugiato a Zurigo, ci restituisce un altro efficace quadro del periodo:
Epoca 1915-1920 durante la quale Zurigo fu pure il centro di importanti lotte e sommosse popolari. Rivivo colla mente le
cariche della Cavalleria, attraverso il quartiere popolare di Ausser Sihl e risuona ancora oggi nelle mie orecchie il crepitio
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Cenni Storici
delle mitragliatrici durante i tumultuosi e sanguinosi moti popolari dell’Elvetia-Plats. Piazza bagnata dal generoso sangue di
proletari e insozzata dall’ombra di un sinistro edificio carcerario (“la casa dei morti” come l’aveva battezzata Emilio
Grassino). Gli anarchici stretti attorno all’infaticabile Bertoni e al «Reveil» erano allora numerosi e attivi in tutta la Svizzera e
particolarmente nella regione zurighese. Il più forte gruppo di Zurigo si era poi arricchito di una schiera di ottimi compagni
italiani che, valicando le Alpi avevano saputo dire “No” alla guerra.
Opuscolo antimilitarista
Qui Monanni gestisce la Libreria internazionale di Zwinglistrasse insieme agli anarchici milanesi
Francesco Ghezzi e Enrico Arrigoni, e pubblica il pamphlet A testa alta!, inno alla diserzione datato
marzo 1917, un mese dopo la caduta dell’ultimo zar di Russia. A quel punto la situazione è
incandescente persino in Svizzera, e la frase con cui si conclude l’opuscolo è ben esemplificativa del
clima e delle aspettative che si erano venute a creare:“Non abbiamo disertato per poltrire, ma per
agire; e confidando sul terribile ammaestramento che i popoli tutti subiscono per causa dei loro
governanti, ci apprestiamo a quella che sarà la vera nostra guerra.”
Nel maggio del 1918, con la tensione al culmine e destinata a sfociare nel primo sciopero generale
nazionale svizzero, Monanni viene coinvolto nel nebuloso complotto delle “bombe di Zurigo” e arrestato
come anarchiste dangereux insieme a un centinaio di disertori e anarchici, in gran parte di origine
italiana, tra i quali Enrico Arrigoni, Luigi Bertoni, Carlo Castagna, Ugo Fedeli, Dario Fieramonte,
Francesco Ghezzi, Eugenio Macchi, Bruno Misefari, Carlo Restelli. L’accusa muove dal ritrovamento di
alcune bombe sul tracciato della linea ferroviaria di Zurigo per estendersi alla cospirazione
insurrezionale e al trasferimento di armi in Italia, e Giuseppe è fra quanti resteranno più a lungo nelle
prigioni elvetiche: la carcerazione preventiva, cui seguirà l’assoluzione per i fatti contestati e
l’espulsione in Italia come soggetto indesiderato, dura infatti venti mesi.
Consegnato alle autorità italiane e tradotto al carcere militare di Firenze, Monanni viene quindi
processato e condannato per diserzione. Ma i tempi dell’ubriacatura militarista sembrano quanto mai
lontani, e la pena detentiva sarà lievissima, appena qualche mese.
Il Manifesto internazionale anarchico contro la guerra
La pace tra gli oppressi e la guerra agli oppressori.
E.Malatesta
Alla metà del 1913 l'atmosfera è favorevole all'intensificazione dell'agitazione.
Errico Malatesta, che è rifugiato a Londra da oltre un decennio, sente il mutare
dei venti e torna in Italia, fondando un periodico ad Ancona, Volontà. Egli
intuisce che fra le forze sovversive esiste un motivo di unità che se
opportunamente utilizzato potrà trascinare gli stessi loro vertici verso la lotta rivoluzionaria concreta,
così come essa è intesa dagli anarchici, in altre parole, nella lotta contro il militarismo, braccio armato
di monarchia e stato. Fondamentale è il ruolo del rivoluzionario che non deve mai abbandonare i suoi
principi e solidarizzare coi potenti, ma lottare contro questi per la loro distruzione. La violenza di polizia
ed eserciti potrebbe servire da molla per una qualche insurrezione liberatrice, ma ciò sarà possibile
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Opuscolo antimilitarista
solo con la solidarietà tra le masse, infatti
Cenni Storici
in mezzo allo scatenarsi delle più feroci passioni, quando le masse inconscie si lasciano trascinare dalle malvagie
suggestioni delle classi privilegiate a scannarsi tra fratelli, essi (i rivoluzionari) debbono più che mai invocare la pace tra
gli oppressi e la guerra agli oppressori”
Malatesta e gli anarchici non hanno mai avuto dubbi sul fatto che la guerra fosse inevitabile, in
quanto le cause che la generano sono contenute nel sistema sociale, nella società, che si fonda sullo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo, una società in cui il lavoro è tenuto in mano da pochi potenti, che
come parassiti mangiano sulle spalle dei lavoratori, accumulando ricchezza e potere. Per mantenere
questi privilegi si ricorre all’uso di eserciti e organi repressivi, che vengono accettati dal popolo, il
quale si illude servano a mantenere la pace, riponendo in questo modo tutta la sua fiducia nello
stato. Così facendo la massa popolare commette un grande errore, dato che, come ben sappiamo,
stati ed eserciti servono ad opprimere e fare guerre, ed è per questo che gli anarchici
sono risolutamente contro ogni guerra fra i popoli; […] il compito degli anarchici, è quello di continuare a proclamare
che non vi è che una sola guerra di liberazione: quella che in ogni paese è sostenuta dagli oppressi contro gli oppressori,
dagli sfruttati contro gli sfruttatori. Il nostro dovere è di invitare gli schiavi a rivoltarsi contro i loro padroni. […] a tutti
i soldati ed a tutti i paesi che credono di combattere per la giustizia e per la libertà, noi dobbiamo dichiarare che i loro
eroismi ed il loro valore serviranno soltanto a perpetuare l’odio, la tirannia e la miseria. […] In periodi così torbidi, noi
dobbiamo mostrare a questi uomini la generosità, la grandezza e la bellezza dell’ideale anarchico: la giustizia sociale
realizzata attraverso la libera organizzazione dei produttori; la guerra e il militarismo scacciati per sempre; e la
completa libertà vittoriosa per l’abolizione dello stato e dei suoi organi di distruzione.
Sulla questione dell’antimilitarismo Malatesta ebbe uno scontro epistolare con Kropotkin, il quale
sosteneva che un antimilitarista, nel caso scoppi una guerra, dovrebbe sempre essere pronto a
combattere, schierandosi dalla parte della nazione più debole che viene invasa, ” un antimilitarista
non dovrebbe mai partecipare alle agitazioni anti-militariste senza fare nel suo intimo il voto
solenne che se la guerra avesse a scoppiare, ad onta di tutti gli sforzi per prevenirla, egli darà tutto
l’appoggio della sua azione al paese che sarà invaso dal vicino, chiunque egli sia”. Nel momento
dello scoppio di una guerra, colui che viene chiamato alle armi, sosteneva Malatesta, è
impossibilitato a riconoscere chi sia l’aggressore e chi l’aggredito. “ Kropotkin sembra che abbia
dimenticato l’antagonismo delle classi, la necessità dell’emancipazione economica, e tutti gli
insegnamenti anarchici, quando dice che un antimilitarista deve sempre essere pronto, in caso di uno
scoppio di guerra, a prendere le armi per difendere il paese che sarà invaso. Ora, considerando
l’impossibilità, per lo meno per il lavoratore, di verificare in tempo chi sia il suo aggressore,
praticamente ne consegue che l’antimilitarismo di Kropotkin insegna al lavoratore l’obbedienza ai
comandi del governo”. Malatesta ritiene che Kropotkin ripudi l’antimilitarismo, poiché crede che le
questioni nazionali debbano essere risolte prima delle questioni sociali, ma le rivalità tra nazioni, i
nazionalismi, l’antagonismo tra i popoli e gli orgni repressivi, sono gli strumenti più efficaci di cui
dispongono stati e governi per tenerci schiavi e succubi del loro potere.
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Opuscolo antimilitarista
Le donne e l'antimilitarismo
Le donne e l’antimilitarismo
La pace che noi vogliamo è una pace diversa da quella studiata nei famosi quanto inutili congressi. La
pace che noi aneliamo è la pace non di una nazione, ma la pace per tutti i popoli della terra. Noi non
vogliamo le alleanze tra diverse frontiere percheè appunto per noi le frontiere non hanno luogo di
esistere.
Leda Rafanelli
Un elemento molto importante da sottolineare, è che nelle prese di posizione
contro guerre ed eserciti ci sono anche molte voci di donne, coloro che subiscono doppiamente,
come sempre, le politiche colonialiste: in primis poichè le conquiste e le annessioni rievocano
atteggiamenti verso l'invaso, il conquistato fortemente patriarcali, gerarchiche e fallocratiche,
inoltre perchè è proprio sulle donne che si riversano le tragiche conseguenze delle guerre, la
mancanza dei compagni di vita, al fronte a combattere o in esilio per sfuggire alla leva, le perdite
dei figli l'assunzione di troppe responsabilità e l'ingresso forzato nelle industrie trasformatesi per
la maggior parte per le esigenze belliche.
Doveroso ripercorrere la storia anche da un punto di vista di genere, soprattutto alla luce della
tematica purtroppo più che mai attuale del militarismo onnipresente all'interno della nostra
società, che si giustifica ed autolegittima in virtù di una sicurezza che i mass media inducono a
desiderare.
Le politiche securitarie del nuovo millennio, dell'Europa come rinata super-potenza impegnata in
costanti guerre globali, sociali e permanenti, trovano anche largo consenso in virtù di una
fantomatica esigenza di protezione -o celata schiavitù?- della figura della donna.
Se a livello di guerre e militarizzazione globale le donne subiscono i peggiori soprusi perchè
considerate bottino e carne da macello di cui abusare senza ritegno dagli invasori, “portatori di
democrazia”,a livello di politica interna si giustifica una sempre più ingente militarizzazione dei
territori proprio con la scusa che le donne siano i soggetti sempre a rischio più alto di violenze e
per questo bisognose di sicurezza e visibile protezione,esplicitamente virile e machista, in divisa
verde militare, con arma in bella vista.
Quale escamotage migliore per rendere “buono” un uomo armato che si aggira per le strade delle
nostre città in assetto da guerra, con la mimetica e il mitra a tracolla, con cui ci si scontra faccia
faccia dietro un angolo, se non facendolo passare come l' eroe in difesa dei più deboli, e quindi,
secondo loro, ancora una volta in difesa le donne-madri-lavoratrici-sfruttate-studentesse...- bottino
da salvaguardare dalle “invasioni barbariche” dei fenomeni migratori del nuovo millennio e
considerarle al contempo figure incapaci di potersi autogestire la vita e la propria autodifesa?!
E intanto aumentano le telecamere, le pattuglie nelle strade, la militarizzazione crescente anche
delle mansioni dei vigili urbani e della polizia locale, sino ad arrivare alla presenza aberrante
dell'esercito nelle strade, quasi un presagio che tanto rimanda a situazioni dittatoriali e fasciste da
cui ci siamo “liberati” meno di 70 anni fa.. Il tutto farcito a decreti legge che criminalizzano e
eleggono capri espiatori, altamente selezionati, nelle fasce più disperate e disciminate della
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Opuscolo antimilitarista
Le donne e l’antimilitarismo
popolazione italiana, di cui primi in classifica gli “immigrati non regolari”. Ma questo è ancora un
altro discorso, che verrà affrontato successivamente. E' anche per questo che risulta a nostro
parere importante dare rilevanza anche e sopratutto a quelle donne che agli inizi del 900
trovarono il modo per esprimere con pensiero e azione la loro radicale opposizione al
militarismo.
Nel panorama di inizio secolo si accentuano infatti la presenza e il protagonismo delle donne
nella scena culturale e politica. Accanto alle grandi battaglie per la protezione del lavoro
femminile e minorile, assume sempre maggior rilievo anche quella contro la guerra. Nel 1900, il
primo Congresso internazionale delle donne. Prolifera la propaganda e la diffusione di materiali
sull'argomento, e le donne anarchiche pubblicano nel 1912 La donna libertaria e L'alba libertaria,
di stampo separatista, che però ebbero breve vita.
Cofondatrici insieme ai loro compagni furono invece Nella Giacomelli e Leda Rafanelli,due figure
altamente significative dell'antimilitarismo anarchico. Altra protagonista di campagne
antimilitariste fino al 1914 quando invece passerà all'interventismo, è la polacca Maria Rygier.
I giornali prettamente femminili e antimitaristi si svilupparono dapprima in ambiente socialista
per poi diffondersi tra le compagne anarchiche; particolarmente interessanti risultano interventi
sulle riviste come La pace, Energia, la Sciarpa nera, La Voce della donna, la Questione sociale e La
rivolta..e sicuramente un momento significativo del giornalismo delle donne libertarie fu la
rubrica “Palestra femminile” de L'Avvenire Anarchico, animata in particolare da due operaie
tessili autodidatte: Priscilla Fontana e la figlia Jessa Fontana Peroni.
Che l'opposizione delle donne non solo non passasse inosservata ma fosse vista come una
minaccia
al pari di quella degli uomini lo dimostrano i procedimenti giudiziari, gli arresti e i sequestri di
giornali di cui furono oggetto molte socialiste e molte anarchiche.
La caratteristica che contraddistigue il linguaggio di queste riviste è la dialogicità, legata ad una
modalità relazionale aperta al confronto con le altre donne, ma non escludendo il soggetto
maschile che oltre ad essere interlocutore diviene protagonista e vittima del militarismo e delle
guerre.
La varietà di tipologie espressive e l'uso del mezzo letterario è stato anche il tratto distintivo
degli scritti antimilitaristi della Leda Rafanelli, che si fa interprete della “voce del popolo”. Ad
essi si alternavano articoli polemici che denunciavano non solo la repressione dell'apparato
militare, ma anche il dramma degli eccidi proletari e la falsità del mito della patria. Su La Pace
Leda si lascia andare a prose poetiche, esprime l'empatia con il dolore delle madri che hanno
perso I figli in guerra e con il tormento dei soldati messi di fronte all'ordine di sparare ai giovani
della loro stessa classe sociale. A loro direttamente si rivolge per incitarli alla ribellione:
non senti tu passare sulla testa/il soffio grave della ribellione, / che mugge con fragore della tempesta?/ Tu tornerai,
felice, alla bellezza/ del tuo mar, dei tuoi sogni, del tuo amore (...).
Ma pensa allora ad altri madri afflitte / alle vite nel brutale / scontro di sangue...alle anime sconfitte/ E lotta e pensa
e porgi nel fatale/ conflitto, aiuto a quei che l'alme invitte/ al trionfo donar de l'Ideale.
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Opuscolo antimilitarista
Le donne e l’antimilitarismo
Altra voce Fanny dal Ry, convinta dell'importanza dell'educazione delle coscienze futuri e ipotetici
soldati, osserva che l'obbedienza militare è il frutto dell'ignoranza e dell'automatizzazione del
meccanismo dell'obbedienza passiva, che parte con l'indottrinamento e i sistemi disciplinari
autoritari sui bambini. Gli anni 1912-1913 sono un periodo di intensa agitazione e propaganda. Nei
primi mesi del 1912 Maria Ryger lancia la campagna “pro-Masetti” .
Maria diviene immediatamente un vessillo dell'antimiltarismo e Nella Giacomelli per prima loda la
“virtù dei buoni esempi” come quello rapppresentato da questa donna coraggiosa per le sue
dichiarazioni rivoluzionarie e il rifiuto di difendersi davanti ai giudici. Quando, l'anno successivo, la
Rygier rifiuta di chiedere la grazia dopo la condanna definitiva a 5 anni di reclusione, La protesta
Umana inizia una campagna di solidarietà nei suoi confronti e all'esempio di Maria Rygier da spazio
anche L'Alleanza. Leda Rafanelli, ormai figura di riferimento del movimento anarchico e attivissima
collaboratrice dei giornali liberatri, esorta la necessità di lottare per le vittime politiche, tra questi i
soldati colpiti da codice militare per le loro idee sovversive.
E alle sue novelle antimilitariste si ispirano altre donne anarchiche, come Isolina Gamberini in
Strazio di madre. La campagna antimilitarista di Maria Rygier, liberata in seguito ad un'amnistia,
riprende nel 1910 dalle pagine de L'Agitatore, con la denuncia I delitti del militarismo; dopo pochi
mesi però verrà di nuovo arrestata in occasione di un comizio antipatriottico. Tra il 1910 e il 1911 le
voci delle donne sembrano affievolirsi: La pace è costretta ad un lungo periodo di silenzio tra la
seconda metà del 1911 e la primavera del 1913 per le difficoltà dovute a sequestri e condanne.
Provvedimenti di censura e arresti sembrano voler placare le proteste. Ma nel 1913 la Rygier viene
rilasciata e riprende la campagna antimilitarista facendo uscire su L'Agitatore un articolo/manifesto
dal titolo Perchè siamo antimilitaristi, che le sarà rinfacciato nel 1914 quando passerà, a seguito
delle convinzioni herveriste, all'idea dell'interventismo.
Intanto appare sulla stampa anarchica, a proposito della guerra italo turca, la lettera de La Donna,
intitolata S'io fossi mamma..., in cui un'ipotetica madre si rivolge al figlio che decide di arruolarsi con
toni accesi di cambiare idea sul suo destino, di non diventare un assassino, di odiare la guerra fra
popoli e non fomentarla, in un linguaggio struggente ma che ben incarna lo strazio materno di quelle
donne che si vivono questa situazione. Dunque non risulta vero che tutte le donne tacciono dinnanzi
alla tragicità della guerra, anzi sulla palestra femminile de L'Avvenire Anarchico, Jessa Pieroni
ancora una volta si appella alle iniziative delle madri, e mostra l'esempio di “brave compagne” che
partecipano alle manifestazioni contro la guerra. Velia Belani invece richiama i “giovani compagni
lavoratori” all'ideale internazionalista:
Nostra patria è il mondo intero. (...) L'umanità è l'insieme di tutte le patrie, nelle quali, senza restrizione di frontiera,
senza distinzione di razza, tutti gli uomini, tutti i lavoratori, tutti gli sfruttati, tutti gli oppressi, devono sentirsi fratelli.
A volte negli scritti trapelano anche segni di pessimismo e sconforto, ma in compenso nasce un altro
periodico, nel 1913, La Libertà, curato da Leda Rafanelli, che nei suoi articoli riversa tutta la
passione di un anticolonialismo vivificato anche dalla sua scelta di conversione alla fede musulmana.
Nel 1914 ribadisce, in polemica con la Rygier, il rifiuto dell'odio di razza e della difesa della patria,
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Opuscolo antimilitarista
Le donne e l’antimilitarismo
nella quale gli anarchici non si riconoscono. Al contempo smaschera l'ipocrisia di chi, in nome della
latinità, invoca il dovere alla difesa del Belgio aggredito e dell'aiuto alla Francia. Leda è sicura che le
donne rivoluzionarie o indifferenti – che sono la maggioranza – sono contro la guerra, per ragioni
naturali, sociali e superioriprima di tutto per l'istinto, anche se la propaganda patriottica fa leva
sul'esibizionismo delle dame dell'aristocrazia. Jessa Pieroni manifesta la stessa amarezza.
Ai suoi articoli Leda Rafanelli affianca l'appassionato opuscolo Abbasso la guerra, di cui verranno
ripostati alcuni stralci per concludere, e quando a fine anno ormai appare chiara la volontà
interventista dell'Italia le sue parole confermano a scelta di socialisti e anarchici di stringersi in un
fronte compatto contro il nemico comune.
Sembra impossibile. Siamo coinvolti in un turbine di avvenimenti che sconvolgerà tutto ciò che fino a oggi
sembrava emergere e vivere per la storia. Sembra che tutto sia stato vano, che qualcosa di ineluttabile sospinga
l'Europa contro un baratro: come una zattera sospinta da irrefrenabili correnti verso un ostacolo a cui darà di
contro nell'inevitabile catastrofe.E' dunque vero. La guerra europea è una realtà. E i popoli tutti chiamati a
raccolta daranno il loro sangue.(...)
Abbasso la guerra dunque. Abbasso questa Nemesi cieca che passa come un turbine avvelenato, miete le migliori
vite, e lascia solo chi ha
voluto la strage a dividersi
la gloria e il frutto delle
rapine sui troni. Vorrei
trovare le parole più acute e
roventi per maledire, vorrei
trovare la forza per unire
tutte le braccia di noi liberi,
di noi consapevoli, per
respingere inidietro il
fantasma della morte che
minaccia di avvicinarsi.
Indietro indietro! Noi
amiamo la vita, noi
vogliamo la vita.(...)
Abbiamo
sempre
combattuto per questo
naturale e sacro diritto,
abbiamo sempre gridato
contro l'abuso di autorità
che ci privava della libertà
di esplicarla intiera –
abbiamo sempre maledetto il
privilegio della proprietà
che ci impediva di goderla
tutta; abbiamo sempre
negato i regni dell'aldilà solo
con la speranza di un
ipotetico poi, toglieva alle folle proletarie la combattività necessaria a vincere le lotte di questa guerra reale! E ora
che – per la volontà di un gruppo di coronati, (...)una voce si alza a dire a milioni di uomini : Morite per noi!
Andate correte dove la strategia della guerra vi destinerà. Laciate tutto ciò che è vostro, dai vostri padri ai vostri
figli! Abbandonate tutto ciò che formava la vostra vita, dal vostro lavoro al vostro pensiero, andate a uccidere, per
la gloria delle nostre corone , per la grandezza delle nostre dinastie. (...) Così dice oggi il grupo di teste coronate. E
poi? ... poi il pallido cavallo della carestia, il cavallo nero della morte... Le fonti eterne della vta esauste, la
dispersione di tutto ciò che è bellezza e amore. E questa rovina deve procurarsela il popolo, il proletariato che sarà
il primo a combattere, il primo a soffrire delle terribili conseguenze!
No, no, no! Abbasso la guerra, indietro la visione paurosa di sangue e di morte. (...) In quest'ora torbida non è
possibile seguire l'episodio del singolo, ma solo per questo dobbiamo ricordare che il nemico ogni popolo lo ha dentro
i confini della sua terra, e che quello, per primo, va combattuto.(...) Una causa da difendere, al di sopra delle
politiche dei monarchi, noi l'abbiamo! Se dobbiamo impugnare delle armi, se dobbiamo uccidere o essere uccisi,
ebbene che la nostra guerra sia per la libertà del proletariato tutto, contro chi ha voluto spingerlo al macello.
Leda Rafanelli
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Gaia e il Circolo dei Malfattori, Milano. Sul sito è reperibile tutta questa parte storica con note e
approfondimenti.Per la stesura del capitolo Antinterventismo e diserzione si ringrazia il contributo di Valentina
Beretta.
Opuscolo antimilitarista
La guerra in casa
La guerra in casa
Se un giorno, qualcuno mi chiederà dov’ero quando deportavano la gente, quando le ronde
imperversavano per le strade, quando uomini e donne morivano in mare e nei cantieri, quando i
caporali avevano i loro schiavi, vorrei poter rispondere che ero lì, con gli altri, a passare il deserto.
Siamo in guerra. Una guerra su più fronti, che si coniuga nella neolingua del peacekeeping,
dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce dell’emergenza, dell’ordine pubblico, della
repressione.
Gli stessi militari delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi delle torture e degli stupri in
Somalia, dall’estate del 2008 sono nelle strade e nelle piazze delle nostre città.
Guerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia. Lo rivela l’armamentario
propagandistico che le sostiene. Le questioni sociali connesse all’immigrazione, coniugate
sapientemente in termini di ordine pubblico, sono il perno dell’intera operazione.
La guerra quotidiana diventa “normale”, un mero rumore di fondo. Viviamo in uno dei paesi più
sicuri del mondo ma i politici e i media hanno creato lo stato di emergenza permanente. L’uso
spregiudicato della cronaca punta a creare tensione, suscitare indignazione, trasformare la
differenza culturale in disvalore. Il razzismo più becero vi trova un favorevole terreno di coltura.
L’emergenza, descritta con pittorica violenza, fa da sfondo all’elaborazione del tema
dell’immigrazione irregolare, del clandestino delinquente, contro il quale predisporre nuove
strategie disciplinari.
Il meccanismo è semplice, un cortocircuito ben congegnato: norme razziste mantengono sotto
costante ricatto tutti gli immigrati. Quelli regolari schiacciati dall’equiparazione tra contratto di
lavoro e diritto alla permanenza legale nel nostro paese e quelli senza carte, obbligati ad accettare
qualunque condizione di lavoro perché privi di ogni tutela. Gli immigrati clandestini, tali per legge,
devono essere perseguiti e quindi giustificano con la loro stessa esistenza l’introduzione di
sempre nuove norme repressive. In questo modo i padroni hanno a disposizione un grosso bacino
di manodopera ricattabile, flessibile, a buon mercato; lo stato, per parte sua, crea l’emergenza e
poi mette in campo gli strumenti per fronteggiarla.
In questi anni i tanti provvedimenti legislativi che hanno dato corpus giuridico ad un diritto
diseguale sono il segno di una grave frattura simbolica e reale. Il nucleo assiologico che segna
l’apertura della modernità – libertà/eguaglianza – pur costantemente disatteso nella concretezza
delle relazioni sociali, era tra i fondamenti imprescindibili dell’ordinamento giuridico liberale. La
negazione dell’uguaglianza giuridica – sebbene meramente formale – è il segno dell’affermarsi di
un’ideologia differenzialista che ha i suoi teorici nell’estrema destra di ieri e di oggi. Si apre così la
via ad una concezione polemologica delle relazioni sociali. Le conseguenze sono sotto gli occhi di
tutti. Gli sgomberi violenti dei campi rom, delle baraccopoli dei disperati, delle case occupate da
immigrati, il pattugliamento nei mari e i naufragi delle navi dell’esodo clandestino sono operazioni 17
belliche. L’internamento dei rom in campi regolamentati, la prigionia amministrativa degli immigrati
Opuscolo antimilitarista
La guerra in casa
irregolari, la deportazione forzata sono l’ultimo atto di una guerra feroce. Gli accordi con i paesi
di transito o di emigrazione diretta riproducono logiche coloniali: i governi locali sono pagati per
operazione belliche al servizio delle potenze che lo richiedono. Gran parte dei paesi del nord
Africa svolgono funzioni di polizia per conto del governo italiano. Sono moderni ascari. La
disumanità dei campi di concentramento in Libia è nota, ma chi governa – sia di destra o di
sinistra – può scaricare sul solo perfido Gheddafi la responsabilità di un orrore compiuto per
scoraggiare l’immigrazione nel nostro paese. Anime belle e duri propugnatori della tolleranza
zero fanno le stesse politiche, vestendole con gli abiti più graditi al proprio bacino elettorale. Alla
fine, si sa, siamo sempre brava gente. Italiani brava gente. Ieri l’altro l’occupazione coloniale
della Libia ha fatto centomila morti: impiccati o uccisi da fame e sete nello stesso deserto, dove
oggi fame, sete, violenza ammazzano i disperati che il mare e le truppe italiane mandano
indietro.
Il paradigma della guerra come operazione di polizia, con i militari affiancati da specialisti
dell’umanitario, perché il fine dichiarato non è la tutela di interessi di parte ma la generosa difesa
dei civili, rende sempre più labile la separazione tra guerra e ordine pubblico, tra esercito e
polizia. L’alibi della salvaguardia dei civili è una menzogna mal mascherata di fronte all’evidenza
che le principali vittime ed obiettivi delle guerre moderne sono proprio i civili. Civili bombardati,
affamati, controllati, inquisiti, stuprati e derubati: è quotidiana cronaca di guerra. Poi arriva la
“ricostruzione”, la creazione di uno stato democratico fantoccio delle truppe occupanti,
l’organizzazione di esercito, polizia, magistratura leali ai nuovi padroni. È la prosecuzione con
altri mezzi della guerra guerreggiata, obiettivo e insieme strumento di guerra.
La costruzione di un nuovo modello polemologico era necessaria perché la tensione pacifista –
sin dalla fine dell’ultima guerra combattuta nel nostro paese – era molto forte.
Prima c’è stata la guerra “umanitaria”, l’intervento di truppe per soccorrere popolazioni stremate,
incapaci di difendersi, strette in paesi in cui dominava il caos. L’aspetto “poliziesco”, pur
presente, era ancora in secondo piano. La più emblematica delle guerre “umanitarie” fu quella in
Somalia: peccato che le foto di torture e stupri abbiano un po’ sporcato l’operazione. La guerra
irachena di Bush padre e quella per il Kosovo hanno segnato il primo salto di paradigma:
l’intervento umanitario è garantito da un’operazione di “polizia internazionale”. In Kosovo e
Serbia l’aviazione italiana ha bombardato per settimane case, ospedali, ferrovie, fabbriche,
strade.
Prima i militari, poi la Croce Rossa.
Come nei CIE, ieri CPT, inventati dal governo di centro sinistra nel
1999, pochi mesi prima delle bombe su Belgrado. A volte le
coincidenze…
Da qui ad applicare nel nostro paese teorie e tattiche sperimentate
dalla Somalia all’Afganistan il passo era breve.
Se la guerra è filantropia planetaria, se condizione per il soccorso
sono le bombe, l’occupazione militare, i rastrellamenti, se il militare
si fa poliziotto ed insieme sono anche operatori umanitari il gioco è
fatto.
L’11 settembre, le guerre afgana e irachena chiuderanno il cerchio.
Riappare il fantasma della guerra “giusta”, quella che si combatte
per difendersi da nemici irriducibili, malvagi, feroci; per affermare la
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Opuscolo antimilitarista
La guerra in casa
superiorità di un modello politico, culturale, economico,
finanche religioso. In Afganistan e Iraq si combattono
guerre in nome dell’umanità. Astrazione assoluta per una
guerra assoluta, la guerra contro il nuovo impero del male.
Una guerra totale, perché il nemico può solo distruggerci o
essere distrutto. Non c’è spazio per le mediazioni, non c’è
spazio per i neutrali.
La guerra umanitaria, l’operazione di polizia internazionale,
la guerra giusta, la guerra totale hanno di volta in volta
modellato le politiche del governo contro il principale nemico “interno”, l’immigrato povero, e con
lui, i miliardi di diseredati cui la ferocia di stati e capitale ha sottratto un futuro.
Ma nessuna politica disciplinare, per quanto dura, regge a lungo senza un discreto margine di
consenso, senza il plauso dei più, senza il sostegno di buona parte della popolazione.
La sindrome emergenziale suscita incertezza, sospetto, paura e i peggiori rigurgiti identitari.
La paura dell’altro crea il nemico, lo cristallizza nello stereotipo razzista dello straniero povero e
delinquente e rende normale l’eccezione: dalle violenze della polizia ai militari in armi per le
strade. I comportamenti criminali di polizia, politici, magistrati verso gli immigrati sono giustificati
ed approvati da tanti, troppi.
Le notizie che pur filtrano dai CIE raccontano di pestaggi, psicofarmaci nel cibo, cure negate,
umiliazioni quotidiane. Le storie dei migranti nel nostro paese disegnano un paese di uomini e no,
di chi ha qualche diritto e chi non ne ha affatto. Dentro e fuori le leggi.
La sanzione giuridica della disuguaglianza, poiché le leggi sono rappresentazione ritualizzata dei
rapporti di forza all’interno della società, è il segnale che il terreno del conflitto sociale sta
spostando il proprio asse: lo scontro di classe cede il passo alla guerra tra poveri.
La crisi economica rende più concreti i timori di chi teme di perdere il poco che ha, di chi fa fatica
ad arrivare alla fine del mese, di chi ha contratto un mutuo e non riesce a pagarlo, di chi vive di
lavori precari, pericolosi, malpagati. Tuttavia il disagio di molti non si indirizza contro chi lucra,
giorno dopo giorno, sulle vite di tutti, per rivolgersi invece contro chi sta peggio.
Se non sapremo sconfiggere la paura dei più e la rassegnazione di tanti altri il limite degli orrori
pensabili, quelli relegati nel passato, potrebbe spostarsi ancora di più. La nostra società ha da
tempo oltrepassato l’orlo del baratro: la discesa è sempre più rapida e violenta. Sul fondo muri
robusti difesi da guardie armate non lascerebbero alternativa alla guerra civile. Per alcuni è ormai
inevitabile e i giusti non potranno che scegliere la propria barricata. È possibile ma non
auspicabile, poiché in una società spezzata in due, quando alla paura di questi fa da contrappunto
la furia disperata di quelli, non c’è spazio all’anticipazione di un tempo altro, scandito dal ritmo
della libertà e dell’eguaglianza. Eppure non ci sono alternative: o si cambia davvero o non si
cambia affatto, se non in peggio. Tra le rovine non si vive, si sopravvive.
L’anima della rivoluzione è fatta di conflitto e prefigurazione utopica, di rotture e sperimentazioni e
si costruisce giorno dopo giorno nell’humus della solidarietà, nella condivisione di un nocciolo di
valori, nel loro inveramento nella pratica.
Stiamo attraversando il deserto e in fondo non c’è nessuna promessa. Ma il deserto si attraversa
in molti modi e attraversarlo bene è importante quanto arrivare alla fine.
Non c’è tempo, non c’è più tempo da perdere.
Questa è una storia che si racconta facendola.
19
Maria Matteo
La pace si fa a scuola
Opuscolo antimilitarista
LA PACE SI FA A SCUOLA?
Chi dopo la morte vuole andare in paradiso e' chi durante la vita
vuole avere il potere, e chi in vita ha il potere e' chi consola le sue
vittime con la prospettiva del regno dei cieli dopo la morte
(Erich Muhsam)
QUESTO DOSSIER INFORMATIVO NASCE DALLA VOLONTÀ DI RIDAR VOCE AD UNA
LOTTA ANTIMILITARISTA.PRENDENDO INFATTI SPUNTO DALLA QUESTIONE DEL TRAINING
DAY SI DEDUCE QUANTO ORMAI SIA DI IMPORTANZA STRATEGICA LA MILITARIZZAZIONE
INTERNA ED ESTERNA. CON OLTRE 8000 MILITARI SCHIERATI NELLE COSIDDETTE
"MISSIONI DI PACE" ED OLTRE 3000 SCHIERATI NELLE CITTÀ ITALIANE, C'È SENZ'ALTRO
BISOGNO DI RECLUTARE NUOVE LEVE.
QUESTO ANCHE PER IMPLEMENTARE LA REPRESSIONE E, IN QUESTO SISTEMA, PER
"FAR GIRARE"L'ECONOMIA.
SOPRATTUTTO IN QUESTO PERIODO DI CRISI, SI STA PALESANDO ULTERIORMENTE
LA NECESSITÀ DIINVESTIRE IN NUOVI PAESI, E LA GUERRA È SENZ'ALTRO IL MODO
MIGLIORE.NON È UN CASO CHE, DOPO AVER PARTECIPATO ALLA GUERRA IN IRAQ, ORA
L'ITALIA ORGANIZZA DA OLTRE DUE ANNI L'"ITALIANEXPO" A ERBIL, NEL KURDISTAN
IRACHENO. COME SPIEGA IL SITO DI QUESTA INIZIATIVA (WWW.ITALIANEXPO.IT), QUESTA È
UNA FIERA DI SOLE AZIENDE
ITALIANE CHE, ATTRAVERSO L'AMICIZIA CON LE ISTITUZIONI IRACHENE (RICORDIAMO CHE
ORAL'IRAQ È IN MANO AD UNA CLASSE POLITICA FANTOCCIO VOLUTA DAGLI OCCUPANTI
ANCHE SE SPACCIATA COME ELETTIVA), VOGLIONO APPROFITTARE DELLE POSSIBILITÀ
DATE DAL MERCATO ESTERO.
TRA LE AZIENDE CHE HANNO PARTECIPATO A QUESTA FIERA ANNUALE IN IRAQ,
TROVIAMO NOMI DI IMPRESE BRIANZOLE, VALSASSINESI E LECCHESI, AZIENDE CHE, DOPO
I LOSCHI AFFARI CHE STANNO FACENDO IN IRAQ, APPOGGERANNO CERTAMENTE LA
PROSSIMA GUERRA CHE L'IMPERIALISMO OCCIDENTALE DECIDERÀ DI AFFRONTARE. IL
PROGETTO "LA PACE SI FA A SCUOLA", NATO NEL DICEMBRE 2006, INONDATO DI PAROLE
FORTI E SINISTRORSE COME PACE, UMANITARISMO, SCUOLA, HA MOSTRATO FIN DA
SUBITO IL SUO VERO VOLTO. INFATTI LE LINEE GUIDA, FIRMATE AD ASSISI ALLA MARCIA
PER LA PACE DEL 4 OTTOBRE 2007 , PALESANO LA VOLONTÀ DI TRATTARE LE TEMATICHE
DEI "CARI" MILITARI ITALIANI IN MISSIONE DI PACE, PARLANDO DI MISSIONE IN LIBANO
COME MODELLO DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI.
LA SCUOLA, CON QUESTO PROGETTO PRESENTATO DAL GOVERNO DI CENTRO SINISTRA,
ORMAI SOLITO A PARLAR DI PACE E VOTAR LA GUERRA, SI MOSTRA ANCOR PIÙ
GUERRAFONDAIA E VOTATA AL NAZIONALISMO AD OGNI COSTO. CIÒ CHE SI VUOLE FARE
NELLE SCUOLE NON È INSEGNARE LA PACE, BENSÌ INCULCARE LA GUERRA PER
"OTTENERE LA PACE". LUNGI DAL DAR VOCE A LOGICHE PACIFISTE, CI ACCORGIAMO PERÒ
FACILMENTE DI QUANTO SIA MISTIFICATORIO PRESENTARE PROGETTI DI PACE APRENDO
LE PORTE DELLA SCUOLA AI MILITARI
E AI LORO BANDI DI ARRUOLAMENTO. QUI SOTTO RIPORTIAMO DUE CIRCOLARI, UNA DEL
MINISTRO FIORONI AGLI STUDENTI, L'ALTRA DEL MINISTRO PARISI AI MILITARI ITALIANI IN
LIBANO, DATATE 4 OTTOBRE 2007.
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
Lettera del ministro Giuseppe Fioroni
Care ragazze e ragazzi,
viviamo in un contesto internazionale caratterizzato da guerre, terrorismo, grandi incertezze per
interi popoli, bambini e ragazzi che come voi dovrebbero poter avere il diritto di andare a scuola "in
pace", vivendo con i propri coetanei, senza per questo rischiare la vita.Dopo l'11 settembre 2001, il
problema del terrorismo è entrato di prepotenza nei pensieri e nelle preoccupazioni di tutti,
gettando un'ombra di incertezza sul futuro. Spesso non pensiamo al fatto che ciò che per noi è
scontato
per molti vostri coetanei non lo è. La pace è un traguardo da raggiungere. Nasce dal rispetto della
persona umana, dalla difesa dei suoi diritti, dalla giustizia e dalla verità, principi affermati in modo
chiaro all'interno della nostra Costituzione.
E' un compito della scuola aiutare i ragazzi a capire il valore concreto di una parola tanto citata,
cercando di individuare i fattori concreti che ne favoriscono la costruzione quotidiana. E'
un'illusione pensare che non ci sia un rapporto tra quello che accade tutti i giorni nelle nostre
classi,
nei nostri quartieri, nelle nostre città e ciò che accade nel mondo. La vita di ognuno di noi è in
qualche modo collegata a quella di tutti gli altri uomini, ed ogni giorno ciò che facciamo può favorire
oppure ostacolare la costruzione della pace lì dove siamo.
Per questa ragione ritengo sia molto importante essere consapevoli che anche oggi centinaia di
giovani rischiano la vita e sono impegnati nei nostri contingenti, sotto l'egida e la bandiera dell'Onu,
in una zona tormentata come quella del Libano in una chiara missione di pace. A tutti quelli che
sono stati inviati in tanti luoghi di conflitto ma che operano con lo stesso spirito e la stessa volontà
di pacificazione, non può che andare la nostra riconoscenza nella consapevolezza che la
promozione della pace non può essere ridotta alla semplice condanna a parole della guerra, ma
che deve diventare un'azione positiva per risolvere conflitti già esplosi o impedire che ne nascano
di nuovi.
Se la pace, a volte, ha la necessità di vestire
divise militari, è perché è un bene tanto
prezioso quanto fragile e può essere costruita
solo garantendo il rispetto dei diritti inviolabili
della persona umana e la difesa della giustizia.
Così, mentre seguiamo i nostri soldati, chiamati
anche per noi a interporre il loro coraggio fra
contrasti ancora vivi e a prodigarsi per mitigarli,
dobbiamo anche lavorare per far crescere nei
giovani conoscenze capaci di progettare nuovi
futuri. Avrete, forse, delle cose da dire, delle
riflessioni e delle emozioni da comunicare. Non
si è mai troppo giovani per capire le cose difficili
e per fare qualcosa che serva a risolvere i
problemi. Forse potreste mandare i segni della vostra amicizia e della vostra solidarietà non solo ai
militari sbarcati in Libano ma anche agli studenti di quelle terre: perché le vostre parole, le vostre
musiche, i vostri disegni e le vostre poesie li confortino e gli restituiscano speranza ed ottimismo. I
nostri militari potrebbero aiutarvi a mettervi in contatto con studenti israeliani, palestinesi o libanesi
costruendo ponti di pace fra scuole
di Paesi diversi ma di un unico mondo. Preferisco piantarla qui con i suggerimenti, perché la vostra
creatività è certamente più ricca della mia. Sappiate solo che, per supportare idee, iniziative e
progetti, il ministero mette a vostra disposizione anche un portale www.lapacesifascuola.it che mi
auguro potrà diventare un vero e proprio luogo d'incontro e di scambio, superando barriere di ogni
tipo, anche geografiche. Proponete le vostre idee. Noi faremo il possibile per aiutarvi a realizzarle.
Grazie di cuore.
Lettera del ministro Arturo Parisi
Cari militari del contingente italiano UNIFIL, l'iniziativa che il Ministero della Difesa ha condiviso
con il Ministero della Pubblica Istruzione "La pace si fa a scuola" mi offre l'occasione di rivolgermi
direttamente a voi grazie ai moderni strumenti della comunicazione. Strumenti che
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
consentiranno
alle
mie
parole
di
raggiungervi rapidamente ovunque vi
troviate, in Patria o all'estero, nelle missioni
per la pace alle quali tanti di voi hanno dato,
e continuano a dare, il loro contributo di
volontà, di impegno professionale, di
solidarietà, di umanità. L'iniziativa ci offre
l'opportunità di allargare
l'interesse e la partecipazione intorno ai temi
della pace, della libertà, del rispetto dei diritti
umani, estendendo i nostri orizzonti al
mondo della scuola, a quello dei volontari
civili, italiani e di tanti altri Paesi. Voi state
operando per costruire quella pace. Un
impegno straordinario al quale l'Italia è
chiamata dal progetto di società che,
nell'articolo 11 della Carta Costituzionale, ci
chiede di rifiutare la guerra come mezzo di composizione delle controversie tra i popoli e,
contemporaneamente, di spenderci in difesa della pace promuovendo e partecipando alle
organizzazioni internazionali che perseguono questo ideale."La pace si fa a scuola", dunque, e voi,
che i banchi di scuola li avete lasciati da poco per abbracciare la professione militare, state mettendo
in atto questo grande progetto teso a contribuire agli obiettivi ambiziosi della Comunità Internazionale.
Così fate, da anni, in tante aree di crisi in tutto il mondo. Così fate in Libano, puntando a consolidare la
sovranità di quello Stato, affinché possa esercitare il pieno controllo sul proprio territorio.
La nostra volontà, la nostra ispirazione e determinazione che l'articolo 11 ha definitivamente scolpito
nella nostra Costituzione, deve purtroppo, ogni giorno, fare i conti con la realtà di un mondo che
pacifico non è. E' anche compito del nostro Paese, perciò, adoperarsi fattivamente
per il raggiungimento di un ordine internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Per
questo dobbiamo essere in grado di utilizzare le nostre risorse militari per affrontare tutte le sfide e i
rischi che gravano sulla sicurezza nostra e del sistema internazionale nel quale siamo inseriti. Questo
vale ovunque la pace sia in pericolo ma innanzitutto nella regione nella quale la geografia e la storia
hanno collocato il nostro Paese.
Ricorrendo ad un esempio, ho sempre affermato che ciò equivale a partecipare allo spegnimento degli
incendi che divampano nel campo del vicino, guidati dalla consapevolezza e dalla preoccupazione
che le fiamme non raggiungano anche il nostro campo. Questo è il senso della nostra partecipazione
alla missione ONU in Libano. Tutto questo si chiama solidarietà, si chiama impegno civile, si chiama
desiderio di consegnare alle generazioni che verranno un mondo migliore, libero dai veleni della
violenza, del terrorismo, della sopraffazione.
La pace è figlia dell'unità delle Nazioni di tutto il mondo. E la prova che la Nazioni Unite hanno dato di
fronte alla crisi libanese è un augurio per una azione internazionale sempre più forte ed incisiva,
perché sorretta da comuni valori di pace, solidarietà e reciproca fiducia. Quei valori che voi difendete
in quella terra per mandato della Repubblica e con l'apprezzamento di tutti gli italiani,
apprezzamento rappresentato nel voto corale del Parlamento.
Questo è anche un modo per trasmettere con l'esempio un messaggio importante: la difesa dei deboli
e della convivenza civile è il fine della nostra azione, il fine dell'azione delle nostre Forze Armate.
Trasmettere questo messaggio attraverso un comportamento coerente ed imparziale è un
fattore di forza per una missione militare che è a favore della pace.
A partire dall'iniziativa "la pace si fa a scuola" vi invito perciò a mantenere un contatto costante con il
mondo della scuola, perché la vostra dedizione, la vostra sensibilità, il vostro comportamento coerente
e il vostro rispetto per la vita umana, possano alimentare la nascita di fermenti nuovi e innescare
circuiti virtuosi di sicuro effetto per la pace ed il benessere di tutti i popoli del mondo.
Dimostrerete così che indossare l'uniforme e cercare la pace non è un paradosso, ma la condizione
ordinaria delle nostre Forze Armate.
SE QUESTO PROGETTO NASCE DALL'INCONTRO TRA I VARI MINISTERI, IN LOMBARDIA SI È
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
CONSOLIDATO E DETERMINATO ATTRAVERSO ACCORDI TRA L'UFFICIO SCOLASTICO
REGIONALE E IL COMANDO MILITARE DELL'ESERCITO, COME DIMOSTRA IL SEGUENTE
PROTOCOLLOD'INTESA.
COME VISTO, UNO DEI PUNTI IN CUI SI ARTICOLA "LA PACE SI FA A
SCUOLA" È IL PROGETTO TRAINING DAY, RIPORTATO QUI SOTTO
(TRATTO DAL SITOWWW.TRAININGDAY.IT):
IL PROGETTO
Il termine è inglese, letteralmente significa giornata di addestramento. Il
Training Day non è però solamente una giornata d'addestramento. E'
piuttosto un percorso formativo volontario, per gli studenti delle scuole
superiori, che termina con una gara a squadre. Durante questo percorso gli
studenti (..anche i docenti) e le Forze Armate hanno l'opportunità di
conoscersi. Sport e gioco di squadra, prove tecniche e pratiche attraverso
le quali gli studenti possono condividere i Valoripositivi che appartengono
alle Forze Armate, Corpi dello Stato, Protezione Civile ed ai Gruppi
Volontari di Soccorso. Il Training Day è strutturato come una gara militare
per pattuglie, caratterizzata da un mix di prove attinte da diversi
ambitiprofessionali (scolastico, civile, militare, protezione civile, soccorso).
Per giungere preparati alla gara sportiva, gli studenti frequentano un corso
di formazione della durata di 36 ore. Il corso è lo strumento didattico
attraverso il quale si trasferisce ai ragazzi una comune preparazione su
tematiche perlopiù sconosciute, ma è anche un percorso di condivisione
delle esperienze e dei Valori con il personale istruttore. Il personale
istruttore è costituito da volontari (Militari della Riserva, personale della
C.R.I. e delle Associazioni
d'Arma, da docenti e da esperti nelle varie discipline), ed è propriodurante
il corso che i ragazzi entrano in contatto con le diverse realtà professionali
(FF.AA. V.V.F, Associazioni d'Arma#.). Con il personale dello staff, i
ragazzi condividono peculiarità, passioni esperienze, Valori. Le giornate
formative si tengono prevalentemente al sabato pomeriggio, suddivise in
lezioni teoriche (Diritto Umanitario, Cultura Militare, Tecniche e tattica ) ed
attività pratiche sul campo (agilità, topografia, orientamento, primo
soccorso, tiro, sopravvivenza, gestione pratica di emergenze, lavoro di
squadra) Le prove sono strutturate come simulazioni e richiedono, ai
concorrenti, un approccio di squadra, capacità di analisi, conoscenze e
competenze pratiche. Gli ambiti professionali dai quali hanno origine le
prove sono i seguenti:
# Militare (tecniche operative)
# Protezione Civile(emergenze)
# Sanitario educativo
# Sanitario operativo(soccorso)
# Diritto e convenzioni
# Storico e culturale
# Scientifico Tecnologico
# Ginnico Sportivo
# Tiro olimpico
# Tiro con l'arco
QUANDO E' NATO
Il Training Day nasce a Brescia nel 2005, grazie all'iniziativa del Prof.
Roberto Viani, Maggiore della Riserva Selezionata. Nasce e prende forma
anche grazie alla disponibilità e collaborazione dell'allora Distretto Militare e di una scuola secondaria
superiore; l'Istituto Euroscuola. Alla prima edizione, parteciparono una quarantina di ragazzi
dell'Istituto Euroscuola, ma le edizioni successive, videro raddoppiare i partecipanti,
( ottanta
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
nel 2006 e cento nel 2007) con il coinvolgimento crescente di altri Istituti Scolastici. E' nel 2007 che il
Training Day viene "scoperto" dal Comandante Militare Esercito Lombardia Gen. B. Camillo de Milato
ed esce dalla sua dimensione locale. Grazie alla lungimiranza dell'alto Ufficiale il progetto viene
inserito nei cinque progetti contenuti nel Protocollo d'Intesa tra l'Ufficio Scolastico Regionale per la
Lombardia ed il Comando
Militare Esercito Lombardia, siglato dalle due istituzioni il 13 settembre 2007. Il Training Day viene
così promosso al rango superiore e diffuso nelle province lombarde.
TRAINING DAY 2008 - LOMBARDIA
L'edizione 2008 (regionale) si è arricchita di contenuti e naturalmente si è ampliata nei numeri. Tramite
l'Ufficio Scolastico Regionale e quelli Provinciali sono state interessate tutte le scuole superiori
secondarie delle 11 province della Lombardia. Si sono potuti organizzare Training Day a Bergamo,
Brescia, Como, Milano, Pavia e Varese. La manifestazione nel suo complesso ha visto l'adesione
entusiasta di oltre quattrocento studenti lombardi, provenienti da 30 scuole differenti della regione. Gli
studenti si sono prima misurati sui diversi campi provinciali e poi le migliori pattuglie di ogni girone (6
pattuglie) hanno potuto accedere alla finale regionale che si è tenuta a Brescia il 23 maggio 2008. I
ragazzi oltre al circuito di 25 prove allestito dallo Staff di Brescia hanno vissuto anche l'esperienza
dell'accampamento. Infatti più di 130 persone, tra studenti ed Istruttori hanno condiviso la notte prima
della gara sotto le tende allestite dalla Protezione Civile dell'ANA di Brescia. La gara finale è stato un
innegabile successo, 132 studenti, 36 pattuglie di cui due formate da docenti hanno affrontato con
intensità palpabile le simulazioni proposte. La manifestazione ha goduto della prestigiosa presenza di
diversi reparti dell`Esercito, sia negli appuntamenti provinciali che alla finale regionale. Notevole
contributo è stato fornito dal 3° Rgt. Bersaglieri e dal 3° Rgt. AVES "Aquila" ed in particolare dal 4°
Rgt. Alp. Par.
Monte Cervino e dal 10° Rgt. Genio Guastatori, che erano presenti alla finale regionale anche in veste
di direttori di prova.
Alla finale regionale che si è tenuta a Brescia, oltre al Comandante Militare Esercito della Lombardia
Gen. di B. Camillo de Milato era presente il vice Comandante della Regione Militare Nord Gen. B.
Paolo Sulcis, ed una rappresentanza dell'Esercito Svizzero, particolarmente interessata al tipo di
manifestazione. Tra le autorità civili significativa la presenza del Prefetto di Brescia Dott. Francesco
Paolo Tronca, del Presidente della Provincia Arch. Alberto Cavalli, del vice Direttore dell'Ufficio
Scolastico Regionale Dott. Paolo Franco Comensoli e del Dirigente Scolastico Provinciale Prof.
Giuseppe Colosio. La gara e le premiazioni si sono svolte nel Tiro a Segno Nazionale di Brescia.
L'ESPERIENZA INGLESE
Il Training Day nasce da un'idea (Maggiore Roberto Viani) che ha voluto far incontrare per gioco ai
suoi studenti, professione, passione e valori. Molto del progetto attinge comunque ad esperienze e
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
realtà simili, consolidate in Europa. Una su tutte si pone l'esperienza inglese. In Inghilterra la
professione militare è un'Istituzione storicamente consolidata e totalmente inserita nello stile di vita di
quella società. Società che da tempo punta notevoli risorse sulla formazione civica dei suoi ragazzi in
età adolescenziale, sia durante il percorso scolastico (ciclo delle medie primarie e secondarie) che in
quello universitario. Sono appunto attive in Inghilterra due organizzazioni ufficiali non militari, ACF
(Army Cadet Force) e CCF (Combined Cadet Force), che hanno il compito di promuovere le Forze
Armate nelle scuole pubbliche e private, rivolgendo il messaggio ai ragazzi dai 14 ai 18 anni (Cadetti).
Sono associazioni sportive giovanili a tutti gli effetti e godono del supporto del Ministero della Pubblica
Istruzione e Ministero della Difesa. Queste associazioni propongono ed organizzano una formazione
vera e propria, articolata su lezioni teoriche e diversificate attività sportive e addestrative (1 weekend
al mese e stage di 2 settimane all'anno ) che hanno lo scopo di sviluppare la crescita personale del
giovane che contestualmente esplora il mondo delle forze armate. In tutto il Regno Unito sono attivi
più di 1000 centri ACF/CCF (nelle scuole delle maggiori città ) e raccolgono più di 70.000 studenti
nella fascia di età che và dai 14 ai 18 anni. Lo staff degli ACF e CCF è costituito da volontari adulti
(circa 8.000) con background differenziato. Ne fanno parte militari in sevizio e della riserva (Territorial
Army), insegnanti e genitori; tutti partecipano in forma volontaria. Naturalmente tutte le attività sono
patrocinate e sostenute dalle Forze Armate (logistica, vitto, alloggio, equipaggiamento) e sovente le
sedi addestrative dei ACF e CCF sono all'interno della basi militari dell'Esercito Inglese.
Il Training Day, quindi ha molte analogie con l'esperienza inglese.
Per il futuro si prevede naturalmente di estendere l'iniziativa a tutte le province della Regione
Lombardia e di rafforzare il collegamento con il territorio ed il tessuto economico e sociale. Giocoforza
che per far fronte ad un impegno così articolato e poderoso risulta indispensabile, allo
staff organizzatore, disporre di adeguati supporti nonché un maggior contributo da parte delle Forze
Armate, (es. riconoscimento della manifestazione quale attività promozionale e supporto logistico con
mezzi, materiali e gadget). Naturalmente il tutto non può prescindere anche dalla sinergia con le
istituzioni civili direttamente coinvolte quali la Pubblica Istruzione e gli Enti locali territoriali.
ASPETTI INNOVATIVI
L'Iniziativa, è indubbiamente coraggiosa e innovativa per il panorama italiano. Coraggiosa in quanto
nasce proprio all'interno di una scuola e và a bussare direttamente alla porta della FF.AA. , un
percorso decisamente controcorrente che si è reso possibile grazie ad una serie di fattori basilari:
# la necessità alle nostre Forze Armate di ampliare notevolmente la visibilità all'interno della società
civile (in particolare nella scuola) e di proporsi quale scelta professionale "alternativa" rispetto a quelle
civili. La presenza di un docente/Ufficiale della Riserva Selezionata, ideatore e promotore del progetto.
# La disponibilità di personale motivato e qualificato costituito prevalentemente da Militari della
Riserva (Riserva Selezionata e Completamento, C.R.I.) che di fatto hanno rappresentato il nucleo
centrale degli staff organizzativi, provvedendo direttamente all'organizzazione, all'allestimento,
alla docenza ed alla concreta effettuazione dell'intero progetto.
# Il superamento da parte del mondo scolastico di anacronistici preconcetti che ponevano su piani
assolutamente incompatibili le Forze Armate e la Scuola. Quelli elencati sono alcuni degli aspetti
generatori, la cui esistenza ha permesso la nascita e progressione della manifestazione. Il più
eclatante rimane comunque la dimostrazione di capacità resa sul campo dai Militari della Riserva,
che, stante l'appoggio rappresentato dall'"investitura ufficiale", di fatto hanno permesso al progetto di
raggiungere gli obiettivi prefissati. Impegno, motivazione, entusiasmo non sono mai venuti meno
nonostante le difficoltà di varia natura ( logistiche ed economiche). Il Training Day è quindi la
dimostrazione palese del contributo che può offrire alle Forze Armate una riserva organizzata,
disponibile ed aggiornata. Visto il successo raggiunto si può tranquillamente parlare di nuovo ruolo
specifico per la Riserva Militare o meglio di naturale vocazione. A questo proposito è innegabile come,
proprio per l'appartenenza ed il radicamento nella realtà del proprio territorio di residenza, il riservista
si ponga infine come il soggetto ideale su cui poggiare il fulcro dell'attuazione di iniziative analoghe,
patrocinate dal Ministero della Difesa e con la supervisione delle locali Autorità Militari, in un ipotetico
scenario di organizzazione su vasta scala delle stesse.
Magg. (Ris. Sel.) Roberto Viani
docente Istituto Euroscuola di Brescia
Responsabile regionale Training Day
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
IL TD VISTO DALLA SCUOLA
L'impressione generale che ricavo da quest'esperienza è che qualunque cosa i ragazzi cercassero
l'hanno trovata e che qualunque cosa abbiano trovato evidentemente mancava loro. Parlo per
esperienza ventennale trascorsa negli istituti secondari di Brescia e provincia: mai ho potuto notare un
tale apprezzamento per un'iniziativa proposta agli studenti dal mondo degli adulti; da rilevare
innanzitutto, per coloro che hanno partecipato per la prima volta, l'adesione entusiasta iniziale, mai
venuta meno durante le ore del corso di addestramento, scaturita dalla visione di immagini relative
alle passate edizioni e dalla semplice esposizione delle attività proposte. Ho potuto notare l'iniziale
curiosità e diffidenza tipiche del mondo giovanile nei confronti di un progetto forse per loro, almeno
inizialmente, non del tutto chiaro, trasformarsi in fiducia ed apprezzamento nei confronti degli istruttori
e delle attività proposte; ho notato altresì la progressiva consuetudine alle procedure di rito con cui si
sono aperte e chiuse tutte le giornate di corso: scattare sull'attenti all'alzabandiera, scandire le parole
dell'Inno Nazionale, conosciuto da pochi ma imparato all'istante dagli altri, attendere a riposo ed
ascoltare in silenzio le disposizioni impartite.
In sei giornate di corso nessuno dei 130 ragazzi ha mai pensato di filmare se stesso o gli altri e
pubblicare il filmato sui ben tristemente noti siti web: segno che erano tutti evidentemente impegnati a
"vivere" il momento piuttosto che pensare ad esibirsi nell' arena mediatica cibernetica.
Nonostante fossero così numerosi, le operazioni finali di pulizia dei locali che ci hanno ospitato hanno
richiesto davvero pochissimo tempo: anche il personale interno del Poligono si è dichiarato stupito
dell'ordine e dell' educazione dimostrati: non che regnasse solo ordine e disciplina, ma piuttosto che
tutti fossero calati in un ruolo nel quale nessuno voleva sfigurare, quello del giovane sì, ma con
giudizio; dubito che le punizioni facessero seriamente paura, da quel che ho visto, gli studenti non
volevano sbagliare e si sono impegnati in tal senso: l'impressione è che si siano calati in una parte
che gli ha dato più di quanto si aspettassero, e prova ne sono i sorrisi radiosi catturati dalle numerose
fotografie di cui siamo in possesso. In queste giornate li ho visti collaborare, scambiarsi opinioni,
aiutarsi nei compiti più difficili, anche tra squadre diverse, tralasciando o meglio dimenticandosi
volontariamente che si trattava di una gara nella quale vinceva chi sapeva e faceva meglio degli altri.
Anche questo è importante: l'assoluta mancanza di uno spirito agonistico fine a se stesso. Certo,
alcuni lati negativi tipici dello studente medio sono rimasti, come il non ricordarsi di portare con sè
penna e bloc notes oppure perdere la tessera assicurativa necessaria per svolgere la gara, anche
questo è successo, ma solo marginalmente e in misura estremamente ridotta considerando il numero
dei partecipanti; personalmente sono rimasta stupita dalla loro capacità di apprendere argomenti e
pratiche così lontani dal loro vissuto quotidiano e scolastico.
L'aspetto più notevole è sicuramente la socializzazione che si è venuta a creare nella diversità: questi
ragazzi sono davvero diversi in tutto e per tutto, essi provengono infatti da scuole "alte" come i licei
classico e scientifico, da istituti tecnici vari, industriale, agrario, commerciale, professionale, da scuole
pubbliche e private: sono diversi sia per età che per rendimento scolastico, ma con tutto quel che si
può benissimo immaginare in quanto a rivalità pregresse e latenti, non ho mai visto segni di
insofferenza o peggio; anche per quanto riguarda l'aspetto multiculturale, ho notato una sostanziale e
concreta integrazione dei non pochi ragazzi stranieri nelle fila dei loro omologhi italiani, idem per
quanto riguarda la presenza femminile, quantificabile intorno al 20% del totale: le
ragazze, in particolare, hanno dimostrato una fermezza di intenti davvero notevole nel partecipare ad
un'attività per loro sicuramente fuori dagli schemi. L'impressione finale è quella di aver partecipato alla
realizzazione di un'aggregazione di giovani accomunati dalla medesima esperienza e dalla
condivisione di un valore alto della società , compito, questo, precipuo della scuola, ma che
quest'ultima, forse troppo chiusa nei propri processi educativi, non ha saputo autonomamente creare.
Prof.ssa Marina Raggi Insegnante di italiano e storia
ITC Astolfo Lunardi - Brescia
Tutto è iniziato per "gioco", d'altra parte non esiste proposta migliore per ragazzi ,che passano il loro
tempo fra scuola , casa, sport, musica, ozio, che non il gioco. L'istituto in cui insegno da anni,
partecipa a numerose iniziative rivolte agli studenti in diversi ambiti, culturale,sportivo, competizioni
specifiche come l'olimpiade della matematica, chimica, informatica etc ma mai prima d'ora si era
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
trovato coinvolto in una manifestazione del genere. Una gara a squadre che permette ai ragazzi di
tuffarsi per una giornata intera nell'universo militare facendosi una scorpacciata di quanto visto in film,
documentari storici, libri.etc.". Fantastico " è stato il primo commento dopo la prima giornata di corso.
Eh si , per poter partecipare alla competizione finale si richiede la frequenza al corso preparatorio di
40 ore ( non è una passeggiata!!) in modo tale che il team organizzatore , coordinato dal prof. Magg.
Roberto Viani , persona seria e competente, inizia a " temprare " i giovani studenti che hanno aderito
all'iniziativa. L'aspetto che maggiormente denota la serietà del progetto T.D. è il percorso che i ragazzi
devono svolgere per arrivare alla meta tanto desiderata. La giusta alternanza tra lezioni teoriche e
pratiche ha motivato, in modo straordinario, anche i più "ostici" a stimoli esterni diversi dalla routine .Il
contatto con realtà per lo piu' sconosciute come Croce Rossa, Protezione Civile ,Esercito in un ambito
di comune senso di solidarietà e coesione d'intenti,ha "acceso" in molti di loro quello spirito
d'appartenenza che oggi, nei giovani, sembra perduto. Ricordo con estremo piacere quando i ragazzi,
tornando a scuola, dopo aver frequentato le
lezioni del corso preparatorio, scambiassero opinioni con "toni"e "linguaggi" inusuali, come se di volta
in volta cominciassero a capire che per meritarsi la partecipazione alla gara dovessero rispettare un
etica comportamentale uguale per tutti ( educazione civica a scuola ??? ecco un esempio concreto
vissuto sulla propria pelle).Non esiste metodo piu'efficace che provare in prima persona, apprendere e
mettersi in discussione, cooperare in team, ,tutte situazioni che nella scuola attuale spesso non
trovano spazio concreto di applicabilità. Un plauso all'iniziativa, al team organizzatore,alle scuole
partecipanti,ai docenti accompagnatori, alle istituzioni coinvolte ma in particolar modo all'amico
Roberto per aver "ideato" e concretizzato un progetto educativo che assegna ai nostri ragazzi un ruolo
da protagonisti.
IL PROGETTO DEL TRAINING
DAY È ARRIVATO ANCHE A
LECCO, NEL CORSO DI
QUEST'ANNO.PER
RIUSCIRE
NELL'INTENTO DI PORTARE I
MILITARI NELLE SCUOLE,
L'ESERCITO SI È SERVITO
DIVARI PROFESSORI LEGATI
ALL'AMBIENTE MILITARE (AD
ESEMPIO CHIEPPA DEL BOVARA)
E
DI
PROFESSORI
SEMPLICEMENTE
DESTRORSI.UNA
VOLTA
PROPOSTO, PERÒ IL PROGETTO
HA
COINVOLTO
ALTRI
INSEGNANTI, DA QUELLI DI
DIRITTO A QUELLI DI EDUCAZIONE FISICA, PERSONAGGI CHE PROBABILMENTE IN QUESTO
PERIODO DI CRISI HANNO SUBITO DATO IL LORO ASSENSO PUR DI QUALCHE SORDIDO
EURO IN PIÙ DI STRAORDINARI...CHE INTELLETTUALI!!!!
IL PROGETTO È ARTICOLATO COSÌ:
UNA SCUOLA, L'ISTITUTO PER GEOMETRI "BOVARA" PER LECCO, SERVE DA "POLO"PER
TUTTE LE ALTRE SCUOLE DELLA PROVINCIA. IN QUESTA SCUOLA SI SVOLGERANNO LE
ORE DI LEZIONE E LA MESSA IN SCENA FINALE. LE ALTRE SCUOLE PROPONGONO AI
PROPRI STUDENTI QUESTO CORSO, CON LA COMPLICITÀ DI ALCUNI PROFESSORI,
DIVIDENDO I PROPRI STUDENTI INTERESSATI IN SQUADRE.
OLTRE A QUESTO, IL COMANDO DELL'ESERCITO SI IMPEGNA AD AVERE LA DISPONIBILITÀ
DI UN POLIGONO, COMO OMONTANO LUCINO, PER SVOLGERE UNA GIORNATA DI
ADDESTRAMENTO AL TIRO.
QUI SOTTO RIPORTIAMO LA PRESENTAZIONE DEL PROGRAMMA TRATTO DA UN
DOCUMENTO INPOWER POINT FATTO DAL BOVARA, L'ARTICOLAZIONE DETTAGLIATA DELLE
ORE DI CORSO I NOMI DI TUTTI I PROFESSORI COINVOLTI.
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La pace si fa a scuola
T RAI NI NG DAY
s tudenti in uniforme....... per gioco
ISTRUZIONI ED EQUIPAGGIAMENTO:
I partecipanti dovranno indossare abbigliamento consono alla manifestazione, (TUTA o SPORTIVO) con braccia e
gambe coperte; è consentito l'utilizzo di uniformi di tipo militare policrome (mimetica). Le calzature dovranno essere di
tipo ginnico. Essenziale che la suola sia con grip antiscivolo. E'consentito l'uso di zainetti nei quali riporre l'attrezzatura
didattica, viveri e ricambi. E' consigliato dotarsi di Kway. Ogni pattuglia provvederà in proprio a dotarsi di bussola,
coordinatometro, goniometro, notes per appunti, calcolatrice.
L e c c o s a b a t o 9 ma g g i o 2 0 0 9
T RAI NI NG DAY
Or a r i , s i t o e r e c a p i t i dell'evento
08.00 arrivo dei partecipanti a Lecco
08.25 Alzabandiera
08.30 inizio competizione
16.00 fine della competizione
16.45 cerimonia di premiazione
17.30 Ammainabandiera
18.00 piccolo rinfresco e saluti
Tutte le attività saranno svolte all'interno della struttura dell'Istituto BOVARA di LECCO (SCUOLAPOLOdelTD09)
Telefono: 0341282348 - Fa cs imi l e: 0341 286828 E-mail: [email protected]. Per ogni evenienza rivolgersi al
responsabile TD provinciale E-mail:
odissea881@infinitoit
sito web: www.odissea881 . edilsitus.com
per urgenze: gsm 3482324881
FINALITA' ED ELENCO PROVE
E' un evento sportivo, pensato e creato per gli studenti delle scuole superiori. Giochi di squadra e sana competizione
sportiva per avvicinare il mondo della Scuola alle Forze Armate, alle Associazioni d'Arma, alla Protezione Civile e ai
Gruppi Volontari di Soccorso. E' una gara tra squadre composte da quattro elementi (PATTUGLIA) che si confrontano
in diverse discipline fisiche, tecniche e di cultura generale. Tutte le prove si svolgeranno nella PALESTRA e nelle zone
ADIACENTI, all'interno della struttura dell'Istituto BOVARA, le cui tematiche interesseranno i seguenti ambiti:
ORIENTAMENTO e CARTOGRAFIA, TECNICHE OPERATIVE, TECNICHE D'EMERGENZA, PROTEZIONE CIVILE,
SOPRAVVIVENZA, PRIMO SOCCORSO, STORIA, CULTURA GENERALE, DIRITTO, LINGUA STRANIERA ( ingl
ese) ,AGILITA' e SUPERAMENTO OSTACOLI, RICONOSCIMENTO MEZZI, MOVIMENTO TATTICO, MARCIA.
OGGETTO: Progetto "Training Day 2009" BERGAMO
Il Comando Militare Esercito "Lombardia", rappresentato dal Comandante Generale di Brigata Camillo De Milato e
l'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, rappresentato dal Direttore Generale Dottoressa Anna Maria Dominici,
nel mese di settembre 2007 hanno stipulato un Protocollo di Intesa avente come obiettivi tra l'altro la promozione di
azioni di cittadinanza attiva e lo sviluppo di attività informative per stimolare tra i partecipanti un'attitudine alla creatività
e a motivare gli studenti nella pratica degli sport. A seguito di tale accordo, in alcune province della regione Lombardia,
è stata organizzata la competizione sportiva "Training Day 09": un percorso formativo extradidattico, fatto di sport,
cultura e giochi di squadra, che avvicina gli studenti alle Forze Armate, Corpi dello Stato, Protezione Civile ed ai
Gruppi Volontari di Soccorso. Percorso di condivisione dei Valori che permette ai ragazzi di vivere in diverse fasi, una
esperienza educativa.
Per gli studenti è un occasione per condividere con questi uomini e donne, valori e professionalità, ma soprattutto virtù
preziose quali disponibilità, altruismo, coraggio e senso del dovere.
Ai Dirigenti Scolastici
Istituti di Istruzione Secondaria di II grado
Statali e non statali
Ai Docenti di Educazione Fisica
BERGAMO e PROVINCIA
Nell'ambito della provincia di Bergamo, grazie alla collaborazione
del Gruppo Sportivo Militare della Riserva Milano, dell'Unione Nazionale Ufficiali in congedo
d'Italia e dell'Ufficio Scolastico Provinciale, è stato costituito uno Staff organizzativo che ha pianificato le attività
formative per lo svolgimento dell'iniziativa. La didattica e contenuti dovranno essere improntati ad una ampia
multidisciplinarità. I contenuti dovranno attingere dai seguenti ambiti:
# Civico, Culturale, Storico
# Tecnico Scientifico
# Soccorso e Sanitario
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La pace si fa a scuola
# Sportivo
# Protezione Civile
# Militare
Il Corso di Formazione e tutte le attività pratiche di formazione saranno concordate con il Referente di ogni Istituto
scolastico e dovranno prediligere sistemi formativi di condivisione della materia, incentivando il lavoro di squadra,
con verifiche e simulazioni che richiedano un approccio di squadra. Importante stimolare gli studenti all'iniziativa
ragionata e alla scelta condivisa.
L'attività formativa si concluderà con una gara a livello provinciale che designerà le cinque migliori
pattuglie che potranno partecipare alla finale regionale che si terrà a Milano.
Inoltre l'Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo, e lo Staff del Training Bergamo, condividono l'intenzione di
progettare e promuovere congiuntamente
# Il Progetto Civico - Culturale, concorsi collegati con mostre
tematiche o con ricerche negli archivi
storici
# Il Progetto Solidarietà, con il quale i nostri studenti italiani aiuteranno altri studenti meno fortunati di paesi in
guerra, nello spirito di una cultura di pace. Il progetto troverà attuazione attraverso la progettazione ad opera degli
studenti di un opera (piccola scuola, ambulatorio), che poi si realizzerà attraverso la sinergia di sponsor ed
Associazioni d'Arma o di Volontariato
# Il Progetto Orientamento finalizzato a proporre informazioni al fine di presentare le proposte professionali della
Forza Armata, con i relativi bandi di concorso.
# Il Progetto Integra, educativo sanitario per promuovere tra i giovani stili di vita positivi, in maniera tale che lo
studente si costruisca in modo progettuale il proprio stato di salute benessere.
Per opportuna conoscenza, in allegato, si trasmette il programma provvisorio delle attività che sarà
confermato nelle sue date entro poche settimane.
DAL PERIODICO "LA VOCE DELL'UNUCI"
UNUCI Monza e Brianza e UNUCI Milano Concludono il TRAINING DAY 2008 Domenica 20 Aprile al Parco Nord
di Milano, 72 Ragazzi del Triennio dei Licei della provincia di Milano e 32
istruttori, tra Ufficiali Sottufficiali e Graduati, della riserva del Comando Militare Esercito Lombardia, hanno preso
parte alla esercitazione conclusiva del corso di formazione militare TRAINING DAY 2008 della provincia di Milano.
Parte del protocollo di intesa Scuola-Esercito stipulato tra il Comando Militare Esercito (CME) Lombardia e l'ufficio
scolastico regionale della Lombardia, il Training Day 2008 della provincia di Milano (TD08MI) è un corso culturale,
tecnico e sportivo della durata complessiva di 40 ore didattiche, che intende avvicinare il mondo giovanile a quello
militare dell'Esercito, con l'intento di trasmettere i valori propri della Forza Armata, stimolare nei giovani senso
civico e rispetto delle regole di convivenza, portare a conoscenza delle possibilità formative e professionali che
l'Esercito offre ai giovani dopo la maturità.
Una importante collaborazione tra il personale della riserva dell'Esercito, l'Esercito stesso, le associazioni d'arma e
la scuola che mette le basi per nuove e più ampie sinergie nel futuro, per giungere anche in Italia come in molti
paesi europei ad un impiego più organico del personale della riserva, indispensabile raccordo tra mondo
militare e società civile.
L'organizzazione operativa del TD08MI ben diretta dal Ten. Paolo Montali e dal Ten. Maurizio
Parolini, con il supporto delle sezioni di Milano e di Monza dell'Unione Nazionale
Ufficiali in Congedo d'Italia e la partecipazione di varie associazioni d'arma della provincia
milanese, tra cui ANA AN GET ed AN B, ha raggiunto l'obiettivo di coinvolgere molti
studenti in un'attività che ha permesso loro di conoscere da vicino l'ambiente militare,
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Opuscolo antimilitarista
La pace si fa a scuola
condividerne i valori divertendosi e conseguendo tra l'altro il brevetto di primo soccorso BLS ed i crediti
formativi riconosciuti dai loro istituti scolastici. Il programma didattico, svolto in due sedi, una presso il
CME Lombardia a Milano e l'altra presso l'ITC Maggiolini a Parabiago, ha sviluppato diversi argomenti
culturali tecnici e pratici riguardanti le principali discipline militari dell'esercito: cultura militare, topografia,
tecnica militare, primo soccorso, trasmissioni, sopravivenza, armi e tiro; inoltre si sono
svolte quattro giornate addestrative sul campo presso il 3° Reggimento Bersaglieri di Milano, presso
l'Ospedale Militare di Baggio, presso i poligoni TSN diMilano e Legnano e l'esercitazione di fine corso al
ParcoNord.
All'Ordine Alzabandiera, dato alle ore 08:00, nella locale sede di Bresso dell'Associazione Nazionale
Alpini, a circa 120 organizzatori,istruttori ed allievi in uniforme schierati sugli attenti, è
iniziata la prima esercitazione finale TRAINING DAY della provincia di Milano; dopo un breve briefing e
la consegna della documentazione, gli allievi suddivisi in squadre di quattro, hanno iniziato
l'esercitazione valutativa finale, configurata come una vera e propria missione militare con tanto di
inquadramento operativo ed ordini di missione, per dare ai ragazzi la giusta tensione emotiva e
sensazione realistica: in parole semplici, muniti di bussola e carta topografica le squadre devono
percorrere a piedi un percorso di circa 7 chilometri all'interno del Parco Nord, raggiungendo punti
prestabiliti, dove gli istruttori li attendono con le prove pratiche valutative.
Una vera e propria avventura da condividere e superare in squadra, aiutandosi l'un l'altro, dove ragazzi
e ragazze hanno dovuto affrontare prove quali: Osservazione Notturna, all'interno di un'aula oscurata si
deve individuare e riconoscere con l'ausilio di un visore notturno, tipologia e numero dei mezzi militari
osservati; Posto di Osservazione ed Allarme, esercizio di topografia dove si devono rilevare sul terreno,
con la bussola, gli azimuth di obiettivi sensibili segnalati tramite foto, quindi determinarne la posizione
sulla carta topografica; NBC, prova pratica e teorica sulla protezione da aggressivi chimici, batteriologici
e radioattivi con test di indossamento della maschera antigas; Stima Distanze con binocolo militare,
tecnica d'impiego del reticolo estimometrico del binocolo per determinare la distanza di obiettivi
osservati; Ricetrasmissione Messaggio, prova pratica di procedura di radicomunicazione utilizzando
apparati radio portatili. Superamento Ostacoli, un vero e proprio percorso sportivo-militare con
indossamento imbragatura di sicurezza, superamento di un corso d'acqua tramite ponte ad una fune
ventrale, quindi passo del Leopardo sotto filo spinato e ritorno su ponte di corda Tibetano; Primo
soccorso, prove pratiche di rianimazione con simulatore umano; Tecniche di Sopravvivenza, come
allestire una barella speditiva e chiedere soccorso utilizzando un razzo di segnalazione; Cultura Militare,
una verifica con test a risposta multipla sulle nozioni apprese. La popolazione civile spettatrice della
manifestazione durante una bella giornata di sole, mentre passeggiava nel parco, si è mostrata
particolarmente interessata, entusiasta e partecipe, specialmente dove gli allievi si cimentavano nelle
prove più spettacolari come il superamento ostacoli.Il Gen. Camillo De Milato comandante del CME
Lombardia, promotore di questa attività che ha come scopo tra gli altri, la formazione comportamentale
dei giovani, in specie per contrastare i fenomeni di bullismo nelle scuole, ha personalmente presenziato
alla manifestazione ispezionando sul campo i vari punti del percorso e manifestando piena
soddisfazione per come gli ufficiali dell'UNUCI di Milano e Monza abbiano messo in pratica le sue
direttive.
Al termine del percorso, un anello all'interno del Parco Nord, rientrati alla base di partenza nella sede
ANA di Bresso le squadre si sono potute rilassare e fraternizzare sia tra di loro che con gli istruttori
gustando l'ottimo rancio preparato con cura e dagli alpini dell'ANA locale, ricreando quel clima
cameratesco tipico dei ranci campali. La cerimonia conclusiva di premiazione, condotta dal
responsabile provinciale del Training Day Ten. Paolo Montali e dal vice Ten. Maurizio Parolini , davanti
al comandante del CME Lombardia Gen. Camillo De Milato, alla responsabile provinciale della scuola
per l'educazione fisica Prof.ssa Federgari, al Delegato Regionale UNUCI della Lombardia Gen. Mario
Sciuto, al presidente del CUB di Bellinzona (CH) Col. Brunetti, al Presidente della sezione UNUCI di
Monza e Brianza Cap. Aurelio Boroni , ha visto conferire un tributo a coloro che meglio hanno messo in
pratica quanto appreso, tramite una classifica data dalla somma dalle valutazioni che le squadre hanno
ottenuto durante l'esercitazione.
Per la cronaca vince il primo Training Day 2008 della provincia di Milano la squadra n° 9 dell' ITI Ettore
Conti composta da Occhino Crhistian, Pinelli Luca, Pitzalis Michele, La Luce Riccardo.
Contributo dei compagni/e di Lecco
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Opuscolo antimilitarista
BASI USA
L'occupazione militare in Sardegna
Salude e libertade, non b’ada oro chi la paghe.
(salute e libertà, non c’è oro che le valga.)
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Opuscolo antimilitarista
Basi usa
Premessa
Descrivere in poche pagine la presenza militare in Sardegna è
quasi impossibile, la situazione nell'isola non è paragonabile a
quella di altre regioni dove è massiccia la presenza militare
(Lazio e Sicilia), infatti una percentuale che si aggira attorno al
70% dell'intera area occupata da militari nello stato italiano è
presente nella sola Sardegna. È difficile calcolare l'estensione
esatta del demanio e delle servitù militari a causa del fatto che
le aree demaniali appartengono a varie istituzioni ed alla
complessità della situazione riguardo alle aree soggette a
servitù. Ci limiteremo a descrivere brevemente le installazioni
più importanti ma si invita il lettore e la lettrice a tener presente
che i vari impianti sono collegati tra loro in maniera funzionale
(le grandi esercitazioni interforze avvengono su tutto il territorio
dell'isola), che esistono molte piccole/medie installazioni sparse
per il territorio (caserme, piccoli poligoni, depositi ecc., noi ne
abbiamo contato 67 più o meno legati a quelli descritti in questa
sede), che ci sono pesanti interferenze nella gestione civile dello stazio marittimo ed infine che la
quasi totalità dello spazio aereo dell'isola è gestito direttamente dai militari.
Come primo esempio della pericolosità di questo enorme apparato assassino ricordiamo un caso che
ha avuto risalto anche nella penisola. Il 24 Febbraio 2004 un piccolo aereo privato Cessna si schianta
sulle montagne dei sette fratelli dietro Cagliari. L'aereo era condotto da due piloti professionisti ed
uno in volo di addestramento e trasportava due cardiochirurghi e un tecnico dell'ospedale Brotzu di
Cagliari, che portavano con loro un carico prezioso: un cuore appena espiantato a Roma e destinato
a un paziente di Cagliari in attesa di trapianto. Rinviati a giudizio per omicidio colposo due graduati di
Decimomannu, pare che il pilota del Cessna sia stato costretto a seguire quella rotta rischiosa e
difficile a causa di esercitazioni militari che si svolgevano fra i vari poligoni sardi (Quirra, Capo
Frasca, Teulada) ed impedivano di seguire la rotta ordinaria.
Il poligono di Teulada
Iniziato a costruire nel 1957, il poligono permanente è affidato all'Esercito italiano, ed è messo a
disposizione della Nato. Esso si presta alle esercitazioni terra-terra, mare-terra, terra-mare.
E’ il secondo poligono d'Italia per estensione: 50 kmq
permanentemente interdetti, 250 kmq temporaneamente
interdetti per esercitazioni a terra, 450 kmq
temporaneamente interdetti alla navigazione per
esercitazione a mare. Queste aree sono normalmente
impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra
-mare. Una parte del poligono e dell'area a mare è
permanentemente interdetta anche agli stessi militari per
motivi di sicurezza.
Per adeguare il poligono alle nuove esigenze belliche sono
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Opuscolo antimilitarista
BASI USA
stati costruiti due villaggi, uno in stile serbo-ortodosso, l'altro in stile mediorientale. Negli ultimi anni si
sono svolte alcune delle esercitazioni che la Marina Militare statunitense svolgeva a Vieques (Puerto
Rico), prima di essere scacciata a furor di popolo. Durante la più importante esercitazione NATO, la
“Destined Glory” si sono svolte devastanti manovre di sbarco anfibio.
Nei cinquant'anni di vita dell'installazione militare l'elevato ritmo delle attività - sostengono i vertici
delle Forze Armate - non ha mai concesso il tempo necessario per provvedere alla bonifica
obbligatoria per legge dopo ogni esercitazione. Il territorio della base (al cui interno è compreso uno
degli ultimi sistemi di dune naturali rimasti in Italia) è reso arido da bombardamenti e cannonate.
L'elevato ritmo delle attività e l’accumulo di ordigni e di residuati inesplosi è tale da rendere il 40%
della zona sotto servitù militare non più bonificabile.
A fronte di una mortalità generale inferiore alla media regionale, viene registrata la prevalenza per il
tumore polmonare in entrambi i sessi (dal 18% al 92%), e tra gli uomini i tumori totali (tra il 10% e il
19%), i tumori linfoematopoietici e il linfoma non Hodgkin.
Incidenti noti
1964 un ragazzo muore dopo aver trovato e maneggiato ignaro un ordigno abbandonato dai militari.
11 febbraio 1978 un caccia-bombardiere USA sgancia, per errore, una bomba di due quintali su
Capo Malfatano. 28 luglio 1998 truppe d'assalto in esercitazione superano i confini della base di
Teulada e invadono lo stagno di Porto Pino, dove, in quel momento, si trovavano parecchi pescatori.
Dicembre 2000 una mina viene ritrovata nelle acque di santa Margherita di pula.
1 giugno 2004 alcuni proiettili di grosse dimensioni sparati durante
un'esercitazione finiscono sull'arenile della spiaggia di Sant'Anna Arresi tra il
panico dei bagnanti. I tre bossoli erano senza esplosivo, ma ugualmente letali. 3
giugno 2004 una dozzina di pescherecci, dei porti di Teulada e Sant'Anna Arresi
- che protestavano contro le penalizzanti limitazioni del diritto di pesca nell'area
di mare prossima al poligono di tiro di Capo Teulada - si sono ritrovate nel bel
mezzo di un'esercitazione militare. Secondo quanto riferito dai pescatori, i colpi
di cannone sono arrivati a circa 200-300 metri dalle imbarcazioni.
Costanti, inoltre, gli incendi provocati, all’interno e nei pressi del poligono, dalla
caduta di missili fuori rotta ed esplosivi.
Le lotte dei pescatori
I pescatori di Teulada e Sant'Anna Arresi alla fine degli anni '90 con una dura lotta vincente hanno
imposto il riconoscimento del diritto al risarcimento danni per le giornate lavorative perdute a causa
del "fermo di guerra". A seguito di questo primo ciclo di lotte poterono pescare nel tratto di mare
interdetto fuori dal periodo delle esercitazioni e ricevettero un indennizzo per le giornate di lavoro
perse, per un massimo di 120 giorni all'anno.
Dopo pochi anni dalla “tregua” venne esteso il tratto di mare sottoposto a servitù militare e fu proibito
esercitare la pesca sotto costa anche al cessare delle esercitazioni in quanto, secondo il comando,
pericoloso a causa degli ordigni esplosi e inesplosi presenti nell'area. Gli indennizzi non solo non
vennero ricalcolati per i 365 giorni persi all'anno, ma non venivano pagati già da alcuni anni.
Dal dicembre 2003 i pescatori ripresero la lotta articolata in diverse fasi: presidi agli ingressi del
poligono, rallentamento del traffico militare, assemblea permanente al porto che , dopo alcuni mesi,
sfociò in un’uscita a mare impedendo lo svolgersi delle esercitazioni. Nonostante multe salatissime
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Opuscolo antimilitarista
Basi usa
per l'infrazione del divieto e le cannonate dei militari, nell'Ottobre del 2004 impedirono per una
settimana lo svolgersi della più grossa esercitazione della NATO, la ”Destined Glory”. Stando alle
cifre rese note dallo stesso ministero della Difesa la settimana di blocco costò ai militari perdite per
24 milioni di euro. Nell’ottobre 2004 il sottosegretario alla Difesa Cicu, pur di fare iniziare
l'esercitazione, firmò ufficialmente l'accordo che prevedeva: il 100% della paga giornaliera invece che
il 70%, 158 giorni lavorativi retribuiti, la bonifica dell'area interdetta e la possibilità di pescare nei
periodi non interessati dalle esercitazioni. A marzo 2005 riprese il blocco delle esercitazioni per
esigere il rispetto degli impegni sottoscritti da Cicu, mentre a settembre i pescatori cominciarono una
protesta sotto gli uffici della Regione. Soru si era infatti rifiutato di firmare l’accordo perché la Regione
Sardegna non era stata coinvolta nella stesura. Si raggiunse l’intesa e ai pescatori vennero accordati
gli indennizzi degli anni 2003, 2004, 2005.
A settembre del 2005 furono i pescatori di Sant'Antioco a bloccare l'esercitazione “Destined Glory”
nel tratto di mare compreso tra Porto Scudo e Cala Zafferano. A seguito di queste proteste,
l'esercitazione venne trasferita da Capo Teulada a Capo San Lorenzo (cioè al Salto di Quirra).
Il Poligono Interforze del Salto di Quirra
Nasce il 20 agosto 1956, con il nome di «Poligono di armamento aeronautico del Salto di Quirra» con
base a Perdasdefogu. Il 25 ottobre del 1956 si ebbe l’inizio delle attività, nel 1963 il poligono divenne
pienamente operativo e nella seconda metà degli anni ‘60 il Ministero della Difesa permise anche agli
Stati stranieri di avvalersi della struttura.
È il poligono più grande d'Europa, si trova nella Sardegna sud-orientale in un territorio compreso tra
le provincie di Cagliari e Ogliastra, in un'area nota come "Salto di Quirra". Si estende sia sulla terra
ferma che in mare. Le aree in uso si distinguono in totalmente interdette (demanio militare) e in zone
sottoposte a servitù, che vengono interdette a seconda delle esigenze del poligono.
In realtà le zone adibite a poligono sono due: un
poligono “a terra", con sede a Perdasdefogu dove si
trova il Comando (11.600 ha) ai quali vanno aggiunte
le servitù di circa 3.600 ettari tra cui troviamo anche la
frazione di Quirra; un poligono “a mare", con il
distaccamento di Capo San Lorenzo, che occupa
sulla terra ferma un'area interdetta di 1.100 ettari, e a
mare un’ area che durante le esercitazioni può
arrivare all'interdizione di ben 11.237 miglia quadrate,
una superficie più grande dell'intera isola. Alla
militarizzazione dello sterminato tratto di mare e delle
zone terrestri corrisponde la militarizzazione dello
spazio aereo. La gestione del poligono di Quirra è
affidata alla società Vitrociset per 18 Milioni di euro
l’anno.
Al suo interno si sperimentano armi di tutti i tipi e si
esercitano forze armate anche non appartenenti alla
NATO. Le principali attività addestrative consistono in
lanci di razzi e missili, sganci di bombe, esercitazioni
34
Opuscolo antimilitarista
BASI USA
a fuoco, test esplosivi, tiri di artiglieria, cavalleria
dell’aria e addestramento incursori.
Funziona anche come grande fiera-mercato dove
industrie private effettuano prove, sperimentano e
collaudano missili, razzi, armamenti e materiali da
guerra e conducono organismi militari, i potenziali
clienti, per le dimostrazioni promozionali delle armi. Nel
prezzo di “affitto”, 50.000 euro all’ora (cifra fornita dal
comandante del PISQ nell’ottobre 2003), è incluso il
diritto d'uso del mare sardo come bersaglio e discarica
di missili e razzi di vecchia e nuova generazione. Tra le
altre cose le aziende private testano: motori e razzi
vettori per il lancio di satelliti, test di resistenza dei
gasdotti (ENI), test dei sistemi d’arma dell’Eurofighter.
Di rilevanza strategica è anche la sperimentazione degli
UAV, Unmanned aerial vehicles, aerei senza pilota,
anche conosciuti come droni.
Recenti documenti indicano il PISQ come “sede del
futuro poligono di guerra elettronica”. Sono in fase di
avanzata progettazione interventi di ammodernamento
e potenziamento. Il poligono entra nella competizione
globale, si propone come “Un sistema che può aumentare il peso internazionale dell’Italia”. L’obiettivo
dichiarato è sbaragliare la concorrenza degli altri poligoni accaparrandosi nuovi clienti paganti, “Da
qui uno studio elaborato a Perdasdefogu che propone il Salto di Quirra quale alternativa nazionale ai
poligoni di Svezia e Sudafrica”.
Ampliamenti previsti: un grande centro-poligono di sperimentazione aerospaziale nazionale da
rendere disponibile a tutte le realtà nazionali, statali e non; creazione di una cosiddetta «striscia
tattica» che prevede un aeroporto già in fase di realizzazione; realizzazione di una scuola piloti e di
un centro di addestramento alla guerra elettronica (armi antimissile) per aerei ed elicotteri militari.
Prove ed addestramento relativi alle nuove generazioni di caccia europei.
La grave situazione sanitaria è nota come “Sindrome di Quirra”, le sue cause precise non sono note,
anzi, un impenetrabile mistero sembra circondarle. L’unica cosa certa è che sono sicuramente
conseguenza delle attività militari, non essendoci in quella zona nessun’altra possibile causa di
inquinamento ambientale.
Denunce insistenti dei medici di base, a partire dal 2001, hanno
evidenziato tra la popolazione che vive e lavora nel perimetro
interessato dalle esercitazioni del poligono (appena 150 persone) un
tasso assolutamente anomalo di tumori emolinfatici letali (14 casi
nel 2002, oggi sono 20)
Nel 2002 emerge anche un dato sconcertante, le malformazioni
neonatali nel paese di Escalaplano, limitrofo alla base, ben 8
gravissime in un solo anno (su 21 nati).
Altre denunce relative a personale della base (militari e radaristi)
morti per linfomi e leucemie fulminanti sono poi emersi nel corso
35
Opuscolo antimilitarista
Basi usa
degli ultimi anni.
Le cause ipotizzate per spiegare questa grave situazione sanitaria sono
state diverse, si va da inquinanti di tipo radiologico (uranio impoverito),
chimico (nanoparticelle di metalli pesanti, diossine, etc.), elettromagnetico
(forti emissioni dovute al sistema radaristico).
Un altro fattore che mette in serio pericolo le vite di coloro che vivono nei
pressi della base sono gli incidenti causati da aerei e missili impazziti che più volte hanno sfiorato la
strage schiantandosi vicino a persone ed edifici.
ncidenti noti
1957 primo caso di missile fuori rotta lanciato dal P.I.S.Q. 1977 sommergibile nucleare FSN 653 urta
il fondale vicino all'isola di serpentara, fa rotta per la Maddalena in violazione agli accordi
internazionali. 1978 caccia bombardiere lancia per errore una bomba che va a finire in prossimità di
una scuola materna a Villaputzu. 29 agosto 1998 nei fondali di Cala Moresca, ad Àrbatax, viene
ritrovato un ordigno. 12 giugno 1999 viene ritrovato un missile sul fondale di Porto Corallo, a
Villaputzu. 31 ottobre 2000 ad Àrbatax, dopo giorni di ricerche, vengono ritrovati e fatti esplodere in
mare due missili usciti fuori controllo. Nel 2003 il 16 aprile un missile Aster 3056 anziché dirigersi
verso il mare aperto si dirige verso la terraferma, il sistema di autodistruzione evita la tragedia ma
parte dei resti del missile viene ritrovata nei pressi di un ovile a Villasalto; in giugno due missili della
classe Hawk59 perdono il controllo e finiscono uno nei dintorni della base di Quirra rischiando di
uccidere quattro operai agricoli e l’altro sulla spiaggia di Murtas in piena stagione turistica; sempre in
giugno nella spiaggia di Cea tra Tortolì e Barisardo alcuni bagnanti incappano nell’ogiva di un
radiobersaglio; Ottobre un siluro viene ritrovato sulle spiagge di Àrbatax. Giugno 2006 collisione tra
due caccia nel corso di un'esercitazione, uno precipita a pochi chilometri al largo di Costa Rey a
Muravera.
Periodicamente si sviluppano incendi in relazione all'attività del poligono.
Aeroporto militare di Decimomannu
L'aeroporto di Decimomannu, è situato a circa 25 km da Cagliari in direzione nord / nord-ovest.
Grava principalmente sulle aree del Comune di Villasor ma anche su quelli di Decimomannu,
Decimoputzu e San Sperate, con una superficie di 18,16 kmq, di cui 5,72 kmq di demanio e 12,44
kmq di servitù. L’aeroporto viene utilizzato da italiani, tedeschi, inglesi e americani, soprattutto per
l’addestramento al tiro nel Poligono di Capo Frasca. Rientra tra le basi concesse segretamente
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Opuscolo antimilitarista
BASI USA
nell’ottobre 1954 alla Nato e agli Stati Uniti.
Decimomannu diventa a tutti gli effetti un aeroporto il 3
giugno 1940. La costruzione delle strutture attuali ebbe
inizio nella primavera del 1955 secondo gli standard della
NATO.
L’aeroporto nel 1970 prese la denominazione di Centro
Addestramento al tiro (CAT). Il 1° Luglio 1970, con
determinazione dello Stato Maggiore Aeronautica, il CAT
assumeva l'attuale denominazione di Reparto
Sperimentale
e
di
Standardizzazione
al
Tiro
Aereo
(R.S.S.T.A.).
La Base è anche sede dell’AWTI (Air Weapons Training Installation) una infrastruttura dedicata
all’addestramento con i vari sistemi d’armamento aria-aria e aria-superficie.
Con il passare degli anni la Base è arrivata ad avere il più alto numero di decolli e atterraggi
d’Europa, circa 450 movimenti giornalieri.
Dal 1940, prima dell’effettiva nascita dell’aeroporto NATO sono presenti le flotte della luftwaffe. Nel
1957 ebbe inizio l'addestramento della Canadian Air Force (CAF), seguita negli anni 60 dalla German
Air Force (GAF), e dall'Aeronautica Militare Italiana (AMI) alla quale si aggiunse verso la fine del
decennio la United States Air Force (USAF). Nel corso del 1970 la CAF lasciò Decimomannu e fu
sostituita dalla Royal Air Force Britannica (RAF) esercitatasi sino al 1998. Attualmente i due utenti
principali sono la German Air Force (GAF) e l'Aeronautica Militare Italiana (AMI), ma non mancano gli
ospiti occasionali che vedono la partecipazione di tutte le Forze aeree della NATO e di altre forze
straniere come Israele.
Poligono di tiro di Capo Frasca
Poligono di tiro sulla costa occidentale dell'isola, utilizzato dalle aeronautiche e dalle marine italiane,
tedesche e NATO per esercitazioni di tiro a fuoco aria-terra e mare-terra. Vi sono situati impianti
radar, eliporto e basi di sussistenza. Occupa una superficie a terra di 14,16 Kmq e impegna un'area
di sicurezza a mare di 3 miglia lungo la fascia costiera e di 3 miglia quadrate all’interno del Golfo di
Oristano, quest'area è interdetta alla navigazione. Territori coinvolti: Arbus, Terralba, Santa Giusta,
Oristano, Cabras e Riola Sardo.
Le ricadute sul territorio comprendono il divieto di esercitare la pesca e la presenza di ordigni
inesplosi in mare e in terra. Il paese di Sant’Antonio di Santadi è morto e la quasi totalità degli
abitanti, espropriati dei terreni, è stata costretta a emigrare.
Incidenti noti
4 Settembre 1969 un aereo della NATO mitraglia una barca
da pesca della cooperativa del golfo di Marceddì,
trapassando entrambe le gambe di Manfredi Catalano,
pescatore
diciottenne
di
Terralba.
23 maggio 2001 una barca da pesca viene affondata da un
missile partito dalla base di Decimomannu. 14 ottobre 2005
strage evitata per miracolo, un caccia AMX appena
decollato rischia di precipitare sul paese a causa di un
guasto al motore in fase di decollo, riesce un atterraggio di
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Opuscolo antimilitarista
Basi usa
fortuna in aeroporto. La cosa si viene a sapere solo nel gennaio 2008 per via di una onorificenza
concessa dal presidente della repubblica al pilota. 20 ottobre 2005 un cacciabombardiere AMX
diretto a Capo Frasca ha un'avaria subito dopo il decollo, il pilota scarica carburante e munizioni e
dirige l'aereo in una zona di campagna prima di lanciarsi con il paracadute. Strage evitata per un
soffio: l'aereo senza controllo ha sfiorato case di campagna e contadini al lavoro sui campi prima di
schiantarsi tra i carciofi. La notte tra il 22 ed il 23 maggio 2006 due aerei caccia monoposto F16
dell'Aeronautica militare italiana decollati dalla
base militare di Decimomannu si sono scontrati in
volo e sono precipitati vicino a Capo Ferrato. È
accaduto durante una missione di addestramento
nell'ambito
dell'esercitazione
multinazionale
"Spring flag 2006".
La Spring Flag
La Spring Flag è la più importante esercitazione
aerea che l’Aeronautica Militare italiana organizza
ogni anno assieme agli eserciti alleati della NATO. Decine di aerei e quasi 2000 militari si esercitano
nei cieli della Sardegna e della Sicilia proiettando la loro azione sui vari poligoni sardi. Lo scopo delle
esercitazioni, come spiegano i militari, è quella di prepararsi a costituire “coalizioni di
volonterosi” (Coalition of the Willing) come si è chiamato il raggruppamento di eserciti che ha invaso
e distrutto l’Iraq nel Marzo 2003. Gli eserciti presenti infatti appartengono in gran parte a stati
belligeranti; oltre che dall’Italia i militari provengono da Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia,
Spagna, Stati Uniti e Turchia. Se si esclude la Grecia tutti questi velivoli si addestrano oggi per
bombardare e uccidere domani in Afghanistan e in Iraq.
Nel 2006 a questa stessa esercitazione hanno partecipato persino le forze aeree israeliane, che due
mesi dopo hanno bombardato le città Libanesi per tutto il mese di Luglio, massacrando migliaia di
persone. La guerra d’altra parte vende bene e fa gola, tant’è vero che parteciperanno alle
esercitazioni del 2008, come osservatori (e potenziali acquirenti di armi) gli addetti militari delle
ambasciate di Algeria, Brasile, Egitto, Emirati Arabi, Finlandia, Giordania, Kuwait e Romania.
La base USA della Maddalena-Santo Stefano-Tavolara
Nel nord dell'Isola sia per pericolosità che per imponenza, spiccava la base USA della MaddalenaSanto Stefano-Tavolara oggi dismessa (si veda più avanti). Rifugio e punto di appoggio per i
sottomarini a propulsione nucleare della VI flotta, armati con
missili a testata termonucleare. La base è stata concessa, dal
governo italiano a quello USA, in base ad accordi stipulati nel
1954- '72-'78-'79, tuttora coperti da segreto militare, ed è
stata a tutti gli effetti un'entità extraterritoriale sottoposta alla
giurisdizione USA. I suddetti accordi concedevano ed hanno
concesso per decenni una libertà alle forze militari straniere
che gli stessi ministri USA definivano “unusual” (insolita) e
che la stampa isolana di allora definiva come “il patto segreto
firmato da Belzebù”. Nel 1972, infatti, il governo Andreotti
stipula con gli Stati Uniti un accordo bilaterale segreto che tra
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Opuscolo antimilitarista
BASI USA
il luglio e l'agosto dello stesso anno porta
all'approdo sull'isola della nave appoggio Fulton e
dei sommergibili della 69 task forse della VI flotta
scortati dalla portaerei Kennedy e seguite da un
imponente dispiegamento di navi da guerra. Il 15
settembre il portavoce del comando della marina
militare statunitense rende noto l'utilizzo dell'isola
de La Maddalena: Base USA per sommergibili a
propulsione nucleare. Le proteste si scatenano in
tutta l'isola ma vengono ignorate o addirittura
derise dai diversi ministri che si susseguono negli
anni. Nel frattempo tramite inchieste e indiscrezioni
viene resa pubblica la forza presente
nell'arcipelago: nave appoggio anche detta nave balia ed i famigerati Hunter Killer, i sommergibili
d'attacco a propulsione nucleare che posseggono inoltre la possibilità di far partire missili Cruise
Tomahawk con la capacità di colpire postazioni nemiche o presunte tali con il loro potenziale
nucleare sino a tremila Km di distanza. Tutto questo deposito nucleare ambulante è ovviamente
stipato dentro la nave appoggio e gli Hunter Killer poiché se fossero stati stipati sotto roccia in
territorio italiano la nazione ospitante avrebbe potuto esercitare dei poteri di controllo a cui
evidentemente gli Stati Uniti non erano disposti a sottostare.
Una breve cronologia dei fatti venuti alla luce
1972 la pericolosità, i rischi sanitari, i rischi di contaminazione radioattiva dell’ambiente connessi al
sistema di propulsione nucleare, sono indicati chiaramente da numerosi organismi scientifici, alcune
forze politiche e numerose associazioni di base. 24 febbraio 1974 trapela la notizia che l’equipaggio
della nave-balia è stato sostituito a causa di una contaminazione radioattiva. 22 marzo 1974 il
Messaggero parla di probabili tracce di cobalto nelle acque, nascono tre neonati con gravissime
malformazioni craniche. 29 novembre 1974 il settimanale corso Kirn denuncia il ritrovamento di rifiuti
radioattivi sotterrati a S. Stefano e individuati con rilevatori geiger. Il giorno successivo i Comandi
militari americani rassicurano: «Ci sono, ma non sono pericolosi». 12 febbraio 1976 medici di base
denunciano tre casi di cranioschisi (bambini nati senza il cervello) e percentuali in eccesso di
patologie tumorali. 20 settembre 1977 il sommergibile americano USS RAY, a propulsione e
armamento nucleare, urta violentemente il fondale marino a 70 miglia a sud di Cagliari, riportando
danni che non saranno mai precisati, ma che devono essere di una certa gravità, visto che il
sottomarino deve urgentemente ricorrere all'assistenza
della base di la Maddalena, da dove il fatto trapela.
L'opposizione alla presenza militare in Sardegna
cresce. 25 luglio 1978 il Corriere della sera denuncia la
presenza di cobalto 58 e 60, radio-nichel, radio-zinco e
radio-ferro. 10 luglio 1981 si registra un altro caso di
cranioschisi. 1984 l’organizzazione internazionale
Greenpeace analizza in laboratori privati campioni
raccolti nell’area e accerta la presenza di sostanze
radioattive provenienti dalle attività dei reattori nucleari.
Le lotte popolari e istituzionali per il monitoraggio
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Opuscolo antimilitarista
Basi usa
ambientale e la copertura sanitaria si sviluppano al punto da non potere più essere ignorate. Il
ministro per la Difesa Spadolini dà l’assenso e, rielaborando "politicamente" le indicazioni degli
enti scientifici, pone la condizione che la rete di allarme e di controllo stia lontana dalle
installazioni militari e funzioni una tantum. 1987 a 15 anni dall’installazione della base prende il via
una rete di monitor rispettosa delle direttive ministeriali: pochi rilevamenti, due all’anno e ben
distanti da sommergibili e nave-balia per difendere fantomatici segreti militari. 1990 una
risoluzione della Commissione Affari esteri della Camera «impegna il governo 1) a rendere
pubblici tutti i dati sul rilevamento della radioattività ambientale a La Maddalena, sia civili che
militari, e le ragioni della loro insufficiente attendibilità; 2) a far conoscere alla popolazione il piano
predisposto in caso d’incidente nucleare; 3) ad applicare la Convenzione internazionale sulla
"notifica tempestiva di incidente nucleare",
firmata in sede AIEA nel dopo Chernobyl,
rendendola operativa anche in relazione alle
attività che si svolgono a La Maddalena.» 1991
la polizia apre il fuoco durante una
manifestazione antimilitarista ferendo un
ragazzo.
Aprile
2001
a
trent’anni
dall’installazione della base atomica. un medico
della Maddalena denuncia «C’è un’alta
incidenza di focomelia, rachischisi e tumori
ipofisari. Non sono mai stati fatti studi seri per
verificare se la frequenza di patologie derivanti
verosimilmente da alterazioni genetiche abbia
un rapporto con i segretissimi impianti militari
dell’arcipelago, soprattutto quelli che hanno a
che fare col nucleare. In un anno ho scoperto
sei casi di tumori ipofisari in persone fra i 35 e i
45 anni». 22 febbraio 2003 ancora disordini tra
polizia e manifestanti durante un'iniziativa pubblica contro la presenza della base. 25 ottobre 2003
incidente al sommergibile nucleare Hartford reso noto solo 18 giorni dopo da un giornale inglese.
In seguito all'incidente l'istituto indipendente di ricerca francese “CRIIAD” rileva la presenza di
TORIO 234 nelle acque antistanti l'isola di Caprera. Il TORIO 234 è un elemento della catena
dell'uranio impoverito e risulta essere un componente del combustibile nucleare del sommergibile.
In seguito all'incidente la marina Usa ha rimosso il comandante del sommergibile e adottato
provvedimenti contro otto membri dell'equipaggio, dimostrazione implicita che si è sfiorata una
catastrofe dalle dimensioni inimmaginabili.
Dal marzo 2007, dopo 35 anni di presenza e servitù militare USA i soldati americani lasciano
l'isola iniziando lo smantellamento delle strutture e delle attività che si completerà nel giugno
2008.
Purtroppo l'isola continua comunque ad essere soggetta alla presenza militare in quanto di stanza
nell'arcipelago sono sempre presenti numerose forze militari italiane, inoltre anziché restituire il
territorio alla popolazione sono attualmente in corso d'opera enormi strutture turistiche
(inizialmente sarebbero dovute servire per il G8) che probabilmente ridurranno l'ex area militare in
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Opuscolo antimilitarista
BASI USA
una nuova riserva per vips simile allo sfregio
della Costa Smeralda, un buon esempio di
riconversione dal militare al civile.
Guerra interna
L'aeroporto militare di Elmas e l'annesso
CIE
L'aeroporto militare di Elmas nasce durante la
prima guerra mondiale, poi dal 1928 inizia l'utilizzo anche come aeroporto civile. Il suo ruolo
strategico militare è stato ampiamente ridimensionato dall'apertura dell'aeroporto militare di
Decimomannu. Era la base del 30° Stormo Elmas che è stato sciolto in data 31 luglio 2002.
La base di Elmas, è ora sotto il controllo del 41° stormo di Sigonella, che la mantiene attiva solo
come base di manutenzione di aerei militari.
Fedeli alle promesse di riconversione al civile delle strutture militari in dismissione, il 04/06/08
viene inaugurato il C.P.T attualmente trasformato in CIE per decreto del ministro Maroni. È sito
all'interno dell'area militare in parziale dismissione, il controllo della struttura è affidato alla Polizia
mentre il perimetro esterno è controllato dalla Brigata Sassari. Viene utilizzato per la detenzione e
identificazione di immigrati “clandestini” e come centro di “accoglienza” per i richiedenti asilo
politico. I posti ufficiali sono 220.
Fino ad ora (si attendono gli esiti del bando per la gestione del 2009) il lager è stato gestito dalla
Società trapanese “Connecting People” e dall'associazione locale “Consorzio Solidarietà”, mentre
per quanto riguarda lo sfruttamento dei richiedenti asilo l'associazione locale “Cooperazione e
confronto” e la “Caritas”.
Breve cronologia degli avvenimenti principali
17/09/2008 scoppia una rivolta al CPT di Elmas, i detenuti devastano gli ultimi due piani della
struttura rendendola inagibile. 18/07/2008 un piccolo gruppo di antirazzisti è riuscito a raggiungere
il cancello d'ingresso della zona presidiata (in territorio militare) srotolando striscioni sui reticolati e
scandendo slogan al megafono in inglese francese e italiano, in solidarietà con gli insorti.
26/11/2008 Cinque algerini riescono ad evadere dal CPT. Ultimi mesi del 2008 casi di tubercolosi
ed epidemia di scabbia mai o mal curati dai medici ed assistenti del CPT. 01/09 ormai confermata
la trasformazione in CIE (centro di identificazione ed espulsione).
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Opuscolo antimilitarista
NO F35, Novara
Gli F-35: nuovi strumenti nelle mani dei killer di stato.
Ormai la decisione è stata presa in forma definitiva. Il fantasma della
sovranità popolare si è espresso: l'8 aprile 2009 le commissioni difesa della
camera dei deputati e del senato hanno dato parere favorevole in relazione
al documento presentato dal governo relativo all'acquisto di centotrentuno F35 ed alla costruzione della linea di assemblaggio dei medesimi
cacciabombardieri.
La fabbrica della morte che servirà a mettere insieme i pezzi dei succitati
cacciabombardieri di ultima generazione dovrebbe essere collocata dentro il
recinto dell'aeroporto militare di Cameri, che si trova a pochi chilometri da
Novara.
Dentro questo aeroporto, che quest'anno festeggia i suoi cento anni di vita,
si fa già da tempo un'opera preziosa per le forze aeronautiche italiane: infatti
si fa la manutenzione di F-16 Falcon, di Tornado, di AM-X e, da poco, pure
degli Eurofighters (i caccia europei di nuova concezione).
La linea di montaggio degli F-35 si aggiungerebbe ad opere di morte già
pienamente operative.
Entro l'inizio del prossimo anno si deve iniziare a costruire lo stabilimento in
questione, che verrà condotto dalle società capofila dell'impresa: da un lato
la famigerata multinazionale statunitense Lockheed Martin, dall'altro il suo
principale partner italiano, cioè Alenia Aeronautica del gruppo Finmeccanica.
Gli F-35 sono cacciabombardieri monoposto, stealth (cioè invisibili ai radar),
capaci di portare a bordo pure armamento nucleare e dotati di una
strumentazione avionica ed elettronica davvero d'avanguardia. Verranno
costruiti in tre versioni diverse: un modello a decollo ed atterraggio normali,
uno a decollo verticale, uno a decollo ed atterraggio brevi fatto apposta per
le portaerei. Gli F-35 si presentano come gli aviogetti dominatori della loro
categoria per i prossimi decenni: perfetti strumenti di morte costruiti apposta
per attacchi al suolo di ogni genere. Strumenti per fare terra bruciata nei
territori dei nemici, per preparare invasioni, per stanare e distruggere truppe
avversarie, per fare (certo per errore) stragi di popolazioni civili un po'
dappertutto nel mondo e specialmente in quelle regioni riottose al dominio
dell'Impero d'Occidente.
Gli USA ne acquisteranno circa duemilacinquecento esemplari. L'Italia, come
detto poco sopra, centotrentuno. Diversi altri paesi, tra i quali Regno Unito
ed Israele, hanno fatto i loro ordinativi, seppure provvisori e subordinati alle
politiche di bilancio dei prossimi anni.
42
Opuscolo antimilitarista
NO F35, Novara
All'impresa partecipano diversi paesi alleati degli USA; non
partecipano però, tanto per fare pochi esempi, Germania e
Francia.
In Italia diverse imprese saranno coinvolte nella
costruzione dei pezzi che dovranno poi essere assemblati a
Cameri. Si è parlato inizialmente di una quarantina di siti
industriali dislocati in dodici diverse regioni. Ora forse il
numero è ridimensionato. Tuttavia l'impatto sul tessuto
produttivo nazionale non dovrebbe essere irrilevante.
L'Italia ha programmato la spesa di poco meno di due miliardi di euro per
lo studio e l'avvio della produzione dei nuovi cacciabombardieri.
Ovviamente tutti denari dei contribuenti, mentre alle imprese coinvolte
resteranno gli eventuali utili.
Ma è la dimensione complessiva del progetto a stupire: tanto per citare
un'altra cifra, l'intero programma costerà agli USA circa trecento miliardi
di dollari.
I maggiori esperti e lo stesso sottosegretario alla difesa dell'ultimo
governo Prodi, Forcieri, hanno definito tale progetto come la più grande e
costosa impresa di costruzioni aeronautiche di tutti i tempi.
E l'Italia ci si è ficcata dentro fin dall'inizio: non poteva certo sfuggire
un'occasione del genere. Con logica perfettamente bipartisan, i vari
governi che si sono susseguiti negli ultimi tredici anni si sono impegnati
nei passi necessari a mandare a buon fine la cosa. Ha cominciato nel 1996
l'allora ministro della difesa del primo governo Prodi, cioè Andreatta. Si
sono compiuti ulteriori atti necessari nel periodo del governo D'Alema, nel
1998, e poi pure in quello di Berlusconi nel 2002. La firma definitiva sulle
pagine dell'accordo bilaterale tra USA ed Italia l'ha messa il già citato
Forcieri, diessino e sottosegretario alla difesa dell'ultimo governo Prodi,
nel 2007. Ora è arrivato il momento di tirare le somme. L'ultimo parere
parlamentare dell'8 aprile 2009 ha avviato la fase conclusiva delle
operazioni che porteranno alla costruzione della fabbrica della morte
dentro il recinto dell'aeroporto militare di Cameri.
Se davvero l'Italia ne acquisterà centotrentuno, i conti sono presto fatti:
circa quindici miliardi di euro per
l'intera operazione. Una bella
somma specialmente in tempi di
crisi o di emergenze varie.
Per diversi anni la questione F-35
è stata quasi ignorata dai politici
di vario orientamento. Anche nel
movimento pacifista il tema è
stato poco sentito (ammesso che
fosse conosciuto almeno nei suoi
aspetti principali) fino alla metà
del 2006, quando se ne è iniziato
a parlare, molto stranamente, solo
43
Opuscolo antimilitarista
NO F35, Novara
a livello locale, cioè nel novarese, scelto già da subito come possibile sede
per l'assemblaggio dei nuovi cacciabombardieri.
Il tema è forse emerso all'attenzione dei media grazie ad un'azione lobbista
a favore degli Eurofighter, i caccia europei che forse avrebbero potuto subire
danni dall'eccessivo impegno economico da parte di alcuni governi
d'occidente impegnati pure nel progetto F-35, o meglio, per definirlo col suo
nome originale, Joint Strike Fighter.
All'interno delle stesse gerarchie militari si è forse verificato uno scontro tra i
sostenitori dell'uno e quelli dell'altro velivolo. Hanno prevalso gli eclettici,
cioè coloro che sostengono la complementarietà dei due tremendi ordigni di
morte: gli Eurofighter a far da intercettori e da operatori, per lo più, di
battaglie puramente aeree da ingaggiare contro altri velivoli, gli F-35
impegnati invece in attacchi al suolo in uno degli innumerevoli teatri di
guerra in cui le truppe italiane sono attualmente impegnate insieme ai loro
alleati.
Sembra quasi che il possesso imminente degli F-35 (i primi pezzi dovrebbero
uscire dalla fabbrica di Cameri nel 2013, mentre alcuni prototipi stanno già
volando nei cieli americani) induca a rivedere e ad affinare una serie di
strategie militari dirette ad accrescere il numero degli interventi
d'aggressione e d'invasione di territori nemici, che, guarda il caso, sono
spesso ricchi di risorse naturali o posizionati in luoghi di grande importanza
per la conservazione di un vantaggio decisivo nei confronti di avversari e
nemici.
Le autorità militari italiane si comportano in modo altalenante: da un lato
decantano le virtù tecnologiche del nuovo cacciabombardiere, dall'altro, in
tutta modestia, dicono che è necessario acquistarne diversi esemplari,
semplicemente per sostituire il parco dei vecchi veicoli sulla strada del
pensionamento. Ci si riferisce, in particolare, all'imminente obsolescenza di
Tornado e AM-X.
Quindi non ci sarebbe da farla tanto lunga. Non si tratterebbe di una svolta
politica e militare aggressiva, ma semplicemente di un avvicendamento
sostenuto da ragioni eminentemente tecniche.
Ma ciò entrerebbe in contraddizione con il trionfalismo di alcune dichiarazioni
che esaltano le virtù innovative, non solo dal punto di vista tecnico ma anche
da quello gestionale e manageriale, del progetto Joint Strike Fighter.
44
Opuscolo antimilitarista
NO F35, Novara
Trionfalismo che si fa sentire anche nella
promessa di (addirittura) diecimila posti di
lavoro (compreso l'indotto).
Ecco la solita storia: siccome ci si vergogna di
sostenere direttamente l'utilità di un mezzo
costruito per aggredire e dominare, si adopera
l'argomento dei posti di lavoro come utile
risorsa per guadagnarsi il consenso della
popolazione che dovrà subire l'impatto, per
esempio, delle migliaia di voli di collaudo dei
nuovi cacciabombardieri.
Significativa, a questo riguardo, la recente nomina nel consiglio di
amministrazione di Alenia Aeronautica del sindaco di Novara, il leghista
Giordano. Mossa scontata, e comunque scandalosa, agita dagli esperti di
Finmeccanica allo scopo di assicurarsi il sostegno (o almeno la non ostilità)
della popolazione che vive nelle vicinanze dell'aeroporto di Cameri.
Basta il miraggio di seicento assunzioni circa nel nuovo stabilimento
d'assemblaggio per far tacere ogni protesta? Evidentemente questo è il
pensiero delle autorità italiane, che tacciono del tutto i possibili rischi
ambientali (il parco del Ticino confina con l'area militare che comprende
sia l'aeroporto di Cameri che la caserma Babini, che, tra l'altro, è la sede
di un reparto logistico di sostegno alla base NATO di pronto intervento sita
in Solbiate Olona).
Per non parlare dei rischi economici dell'impresa F-35. La spesa è enorme,
sia per quanto concerne le casse italiane, sia nel complesso dei costi
sostenuti da tutti i paesi coinvolti, USA in testa. Tutti possono
agevolmente vedere quali siano le conseguenze degli investimenti militari
in un'epoca di crisi economica grave.
Ma di questo, come di altri dettagli tecnici non è ora il caso di
occuparsene. Per ulteriori approfondimenti è utile andare a leggere gli
abbondanti materiali contenuti nel sito www.nof35.org.
Qui ci limiteremo a due ragionamenti conclusivi. Da un lato bisogna
chiarire definitivamente perché è necessario opporsi al progetto di
costruzione e di commercializzazione degli F-35. Dall'altro bisogna
ipotizzare quali siano le strategie e le tattiche utili al raggiungimento di un
qualche obiettivo significativo nelle pratiche di contrapposizione ai nuovi
cacciabombardieri americani globalizzati.
Bisogna opporsi agli F-35 assumendo una posizione nettamente
antimilitarista. Questi nuovi cacciabombardieri saranno infatti uno degli
strumenti principali per la conquista di nuove posizioni e per il controllo
del territorio mondiale al servizio degli interessi delle potenze occidentali.
E con questo non vogliamo certo decantare i meriti di stati oppressivi
come Russia e Cina. Non si tratta di essere semplicemente e banalmente
antiamericani. Si tratta di agire coerentemente contro la militarizzazione
delle società e dei rapporti quotidiani, contro lo sfruttamento capitalistico,
contro l'oppressione dei popoli, contro l'accaparramento delle risorse
45
Opuscolo antimilitarista
NO F35, Novara
operato dai soliti noti.
Gli F-35 sono uno degli strumenti ipertecnologici che si stanno dando le
oligarchie politico-economiche per raggiungere i loro obiettivi di dominio
mondiale. Da libertari conseguenti non possiamo fare a meno di tentare di
opporci a queste pratiche d'oppressione.
Come agire allo scopo di raggiungere obiettivi soddisfacenti è altra cosa. La
questione delle strategie da adottare è complessa. Certo le manifestazioni
di piazza possono essere utili. Per esempio i due cortei che si sono svolti a
Novara e a Cameri nel 2007 (uno il 19 maggio, l'altro i 4 novembre) sono
stati utili a porre all'ordine del giorno la questione in un momento molto
critico per la sinistra istituzionale allora al governo. Il corteo indetto per il 2
giugno 2009 potrebbe essere ancora utile a diffondere tra la popolazione
locale e di tutto il paese una maggiore consapevolezza della criminalità
insita nei progetti di costruzione di ordigni di morte. Una manifestazione
molto partecipata e comunicativa nei confronti dei novaresi sarebbe certo
molto utile.
Tuttavia bisognerà ben riflettere sulle modalità di prosecuzione di una lotta
che deve necessariamente farsi unitaria (in modo da ampliare il fronte
dell'opposizione agli F-35), ma non può fare a meno di essere radicale e
antipoliticista.
Non si tratta di vedere quali siano le organizzazioni, i gruppi, le reti che
sostengono tali iniziative di contrasto e di protesta. Certo più si è e meglio
è, anche se alcune compagnie possono essere francamente imbarazzanti.
Bisogna piuttosto sfuggire alla deriva di un pacifismo generico come pure
alla tentazione di adoperare il tema per scopi del tutto diversi da quelli
dichiarati. Insomma: lottare con decisione contro la fabbricazione
l'acquisto degli F-35 potrebbe portare, se saremo accorti ed abili,
all'aggregazione di un movimento antimilitarista di massa, nel quale agire
in un contesto plurale e senza pretese egemoniche da parte di nessuno.
Vedremo che cosa saremo in grado di fare, per esempio, quando a fine
ottobre, nella fiera aerospaziale (dunque di armi e di armieri) di Torino ci
sarà la probabile presentazione ufficiale europea degli F-35.
Vedremo pure che cosa saremo in grado di fare quando, tra la fine del 2009
e l'inizio del 2010, inizieranno a costruire lo stabilimento di Cameri.
L'esito finale dei nostri sforzi dipenderà molto dalla nostra capacità di agire
in modo unitario, indipendente,
autogestito, rispettoso dell'identità e
del credo di tutti coloro che sono
coinvolti in questa lotta.
21 maggio 2009.
Dom del Circolo Zabriskie Point di
Novara (che partecipa all'Assemblea
Permanente No F-35).
46
o
Opuscolo antimilitarista
Campeggio a Mattarello
Il campeggio di Giugno contro la base di
Mattarello.
Dal 25 al 28 giugno si è svolto, a Trento, il
primo campeggio antimilitarista contro la
base militare di Mattarello.
Ne tracciamo un resoconto per trarre in
seguito alcuni spunti per il proseguo della
lotta.
Giovedì 25 si è tenuto, davanti alla stazione
dei treni di Trento, un presidio con mostra,
striscioni e interventi per accogliere i
compagni in arrivo per il campeggio.
All’inizio i poliziotti hanno identificato chi
scendeva dai treni. L’intervento dei compagni
nell’atrio della stazione – con megafono e
volantini – ha fatto sì che le identificazioni
smettessero.
Ci si è in seguito spostati verso il parco del
Gocciadoro – il parco più grande della città,
dove dalla mattinata i compagni avevano
cominciato ad allestire il campeggio. È stata
occupata ed attrezzata la parte alta del parco
perché – come spiegato nel volantino di
presentazione dell’iniziativa – non volevamo
chiedere al Comune di Trento (responsabile
anch’esso del progetto militare di Mattarello)
il permesso di contrastare la base di guerra.
In serata, dopo l’assemblea di apertura e la
cena, si è svolta la presentazione del libro
Delta in rivolta. Pirateria e guerriglia contro
le multinazionali del petrolio in Nigeria
assieme
alla
proiezione
del
filmdocumentario Delta oil’s dirty business.
Nella mattinata di venerdì, una quarantina di
compagni, divisi in 7 gruppi, hanno
ostacolato l’attività di quattro banche a
Rovereto (la Bnl, la Unicredit, l’Intesa e la
Banca di Trento e Bolzano). Ispirandosi ad un’iniziativa londinese chiamata “Stop the city”, i
compagni hanno interrotto l’attività bancaria alternandosi in coda e chiedendo conto del
coinvolgimento dell’istituto di credito nel mercato assassino della guerra (con i dati sulle
intermediazioni nel commercio di armamenti e i relativi guadagni). Spiazzata la polizia, la
quale non sapeva bene di cosa accusare gli antimilitaristi, imbarazzati e poi sempre più
nervosi impiegati e direttori che scaricavano su altri le responsabilità… Una piccola
iniziativa, che se estesa e meglio organizzata potrebbe creare non pochi disturbi. I compagni
hanno poi distribuito più di mille volantini contro le “banche armate” e contro la base di
Mattarello.
Nel pomeriggio, una settantina di compagni si è ritrovata a Trento per realizzare, su di una via
47
Opuscolo antimilitarista
48
Campeggio a Mattarello
centrale, un murales (“Sabotiamo la guerra dalle basi”). Alcuni blocchi del traffico hanno
permesso di volantinare alle auto e di tracciare delle grandi scritte su altri muri. Dopo diversi
interventi al megafono – tra cui quello di un disertore dell’esercito americano –, i compagni
sono tornati al campeggio in corteo.
Nello stesso pomeriggio, due gruppi di antimilitaristi anonimi hanno bloccato altrettante
stazioni ferroviarie con dei cordini d’acciaio legati di traverso tra pali e binari. Stando ai
giornali, degli striscioni appesi collegavano i blocchi alla guerra.
In serata, al campeggio, intervento del disertore americano e di altri compagni (sul Rapporto
NATO “Urban Operations in the year 2020”, sulla situazione a Vicenza e sulla resistenza
contro le servitù militari in Sardegna). Al termine, lettura di alcuni brani tratti da La vita vera di
Anna Zangrandi con accompagnamento musicale.
Il giorno dopo, assemblea sulle prospettive di lotta (a Mattarello e non solo), su battaglie
specifiche, azione diretta e antimilitarismo oggi. Un’occasione, anche, per discutere della
giornata di venerdì, di come si passa dai gruppi di affinità al loro coordinamento informale e di
come si intrecciano lotte territoriali e pratiche più generalizzate. Un intervento di alcuni
compagni di Berlino ha raccontato la situazione attuale della lotta antimilitarista in Germania
(dalla contestazione dei raduni pubblici dell’esercito ai sabotaggi dei veicoli militari). Diverse
le assonanze emerse tra il progetto di lotta contro la base di Mattarello e quello contro
l’ampliamento del Poligono Interforze del Salto di Quirra in Sardegna, in particolare sulla
necessità di unire le battaglie locali con pratiche più diffuse di solidarietà e di attacco alle
diverse ramificazioni della macchina bellica (dai centri di ricerca alle fabbriche di armamenti,
dalle responsabilità politiche alle varie ditte coinvolte nelle installazioni di guerra).
Sabato sera, in piazza Duomo a Trento, mostra, interventi, volantinaggio e concerto hip-hop
(con No Chappi? Bourgeois! e Mistura Mortale). In piazza anche lo “Sputorneo antimilitarista”
contro la gigantografia del ministro della guerra La Russa con tanto di medaglie premio. Buona
la risposta dei passanti (davanti alla mostra, al concerto e anche alla gara di sputi…). A fine
serata, nuovo corteo spontaneo per raggiungere il campeggio.
Contemporaneamente al presidio di Trento, una quarantina di compagni interrompeva, a
Rovereto, “Sentiero di Pace”, salendo sul palco dopo il concerto di De Gregori. Appena
scavalcate le transenne, poliziotti, carabinieri e security aggredivano i compagni e ne
ammanettavano uno (non prima di averlo preso a pugni). Solo la buona presenza numerica e la
determinazione hanno permesso ai compagni di sfondare il cordone e di salire sul palco. Qui è
stato srotolato un grande striscione e si sono sventolate le bandiere contro la base. Per togliersi
dall’imbarazzo, gli organizzatori hanno fatto parlare un compagno per qualche minuto.
Nell’intervento è stato ricordato che la guerra non è un evento di 90 anni fa, bensì il nostro
presente, e si è attaccata la Provincia di Trento che, mentre parla di pace, finanzia con 400
milioni di euro una base di guerra. Gli antimilitaristi sono scesi dal palco solo dopo aver
ottenuto il rilascio del compagno ammanettato e se ne sono andati a pugno chiuso. Buona la
reazione di tanta gente presente al concerto.
La domenica, al campeggio, si è svolta una lunga e partecipata discussione su guerra esterna e
guerra interna (dalla militarizzazione dei territori al pacchetto sicurezza al rilancio del nucleare)
con un approfondimento specifico del ruolo dell’esercito all’Aquila. Nel corso dell’assemblea
si è parlato di un appuntamento comune nelle varie città per il 10/11 luglio contro la Protezione
Civile e contro quell’esempio di ingegneria sociale che è la gestione in corso all’Aquila. A
breve sul blog di “Rompere le righe” saranno disponibili dei materiali.
Per quanto riguarda le prossime discussioni nazionali rispetto a Mattarello, si è deciso di
ritagliarsi regolarmente uno spazio all’interno dell’assemblea mensile su guerra e sicurezza che
si svolge ogni volta in una città diversa. Questo non solo per ridurre gli spostamenti dei
compagni, ma anche per la consapevolezza che basi di guerra, dispositivi razzisti e controllo
militare dei territori sono aspetti non separabili.
o
Opuscolo antimilitarista
Campeggio a Mattarello
Al campeggio hanno partecipato circa 300 persone, provenienti, oltre che da Trento e dintorni, da
molte città italiane e non solo.
Come già il convegno antimilitarista del 2 maggio a Trento (di cui sono usciti gli atti), il
campeggio era per noi una tappa nella lotta per impedire la costruzione della base militare di
Mattarello.
Un’occasione per verificare l’interesse, per delineare assieme prospettive teoriche e pratiche e
per sperimentare collettivamente alcune forme di azione. Oltre al discorso articolato nei giorni
del campeggio (contro il capitale che finanzia la guerra, la normalità quotidiana che la riproduce,
l’indifferenza che la sostiene, la falsa critica che la nasconde, ecc.), ciò che ci è piaciuto è stato il
clima tra i partecipanti. Un clima di confronto, di fiducia, di complicità e anche di festa. Come
già verificato nelle numerose presentazioni del progetto di lotta in giro per l’Italia, pensiamo che
a stimolare l’interesse dei compagni – per noi davvero incoraggiante – non sia solo la posta in
gioco (impedire una base militare), ma anche l’occasione di una lotta da costruire assieme come
movimento anarchico, libertario e antimilitarista. Ci sembra un’esigenza assai diffusa e condivisa
quella di affinare le nostre capacità individuali e collettive a partire da alcuni obiettivi concreti.
Nel suo piccolo, il campeggio ha fatto emergere la possibilità di uscire dalle forme stereotipate di
intervento (presidio/corteo) per sperimentare modalità di azione più articolate e imprevedibili.
In questo mondo in liquidazione – è stato il ragionamento fatto da più compagni – le situazioni di
scontro sociale saranno sempre più frequenti. Sta a noi essere risoluti e agili nel portare il nostro
contributo rivoluzionario affinché invece della strada in discesa della guerra tra poveri si
imbocchi il sentiero in salita della rivolta e della solidarietà.
Sabotare la guerra è possibile.
3 luglio 2009
anarchici di Rovereto e di Trento
P.S. Mentre scriviamo queste righe, leggiamo sui giornali locali che all’alba di giovedì 2 luglio, a
Trento, un gruppo di antimilitaristi mascherati ha chiuso con catene e lucchetti gli ingressi del
palazzo della Provincia, ha lanciato del catrame sul portone principale e vergato davanti
all’entrata una grande scritta “NO BASE”.
Fonte: Informa-Azione, 05/07/2009
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Opuscolo antimilitarista
Anarchici contro il muro
Un esempio di azione diretta contro il militarismo
Intervista a Uri Gordon, ativista degli anarchici contro il muro israeliani.
L'idea di scrivere questo articolo nasce perchè nel
mese di Maggio abbiamo invitato
(circolo dei
malfattori, centro studi libertari\archivio Pineli e
studenti libertari) a Milano Uri Gordon anarchico e
attivista di anarchici contro il muro. Nei quattro giorni
passati con Uri, oltre a molte chiacchiere su le più
svariate
tematiche
abbiamo
fatto
un
seminario\laboratorio su l'anarchismo declinato al
presente all'università statale di Milano e un incontro
al circolo dei malfattori su la questione
israelo\palestinese. In questo articolo cercherò di
spiegare chi sono gli anarchici contro il muro con una
introduzione sulla loro storia e con qualche domanda
che ho fatto a Uri Gordon.
Chi sono Anarchici Contro Il Muro.
Gli anarchici contro il muro sono una bandiera nel cui nome vengono compiute azioni che
sono diametralmente in opposizione non solo con l'occupazione, ma anche con le sue cause
profonde, in opposizione con le prospettive personali ed il sistema politico, militare e civile,
che all'intero di Israele sostiene l'occupazione.
L'azione diretta e la lotta unitaria sta nel cuore degli ACIM, le premesse del gruppo possono
essere fatte risalire alla fusione di due sotto correnti durante l'intifada di al-Aqsa, la seconda
rivolta palestinese.
Gli ACIM non ricevono finanziamenti da nessuna organizzazione o associazione ufficiale e non
hanno dei funzionari retribuiti, contano interamente sulle donazioni dei compagni\e di tutto il
mondo per portare avanti la loro lotta e le spese legali. Dal 2003 in centinaia sono stati
arrestati e decine di attivisti sono stati mandati a processo.
Per questo è molto importante la solidarietà internazionale di cui
gli ACIM hanno bisogno, di legami pratici e produttivi, di inviti a
tenere conferenze per far conoscere la loro lotta in giro per il
mondo.
Sono presenti in una vasta gamma di proteste in Israele,
compresa la lotta contro le armi nucleari, che ha avuto il suo
culmine nella Giornata di Hiroshima, il 6 agosto 07.
Chi sono gli ACIM, come ha scritto il politologo Neve Gordon sulla
edizione on-line di “The Nation” (30 luglio 2007):
“Gli Anarchici Contro Il Muro non hanno dirigenti ufficiali, non
hanno un ufficio e nemmeno dei funzionari retribuiti, eppure
sono riusciti a fare molto di più di molte ONG ben funzionanti
e di molti movimenti sociali insieme […] Come attivisti ebrei
essi sanno molto bene che i militari israeliani si comportano
molto diversamente quando gli ebrei sono presenti durante
una manifestazione in Cisgiordania e sanno bene che il livello
di violenza dei soldati, in genere molto severo, scema in intensità
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Opuscolo antimilitarista
Anarchici contro il muro
quando ci sono loro nelle manifestazioni. Infatti, le
forze
militari hanno regole di ingaggio molto più restrittive
nell’uso
delle armi da fuoco, quando vi è la partecipazione di
attivisti non palestinesi. Per cui, quando un pubblico
comitato di un villaggio decide di fare una protesta non
violenta contro l’occupazione delle terre, gli anarchici
si mescolano con gli abitanti del villaggio, diventando
uno scudo umano per tutti quei palestinesi che hanno
scelto di seguire l’insegnamento del Mahatma Gandhi
e di Martin Luther King. Ed anche se gli anarchici
vengono di frequente picchiati ed arrestati, loro non si
arrendono.”
Prima di iniziare con qualche domanda, grazie Uri per
la tua disponibilità, grazie di essere venuto in Italia per
un fitto giro di conferenze che ti porteranno in una
setimana in svariate città italiane per parlare
dell'esperienza degli anarchici contro il muro.
La prima domanda che ti vorrei fare è banale ma fondamentale per inquadrare l'esperienza di
ACIM:
Quando e come nascono gli Anarchici contro il muro?
Gli ACIM sono un prodotto di due sottocorrenti che si sono incontrate nel 2003 un anno dopo
l'inizio della costruzione del muro da parte di Israele, nel campo di protesta durato quattro mesi
formato da attivisti palestinesi, israeliani ed internazionali nel villaggio di Mas'ha, che stava per
perdere le terre a causa del passaggio del muro.
Questo campo divenne il punto focale per una nuova forma di lotta unitaria, civile a democrazia
diretta su base territoriale e di fatto iniziò una terza intifada conosciuta come “intifada del
muro”.
Anarchici contro il muro, che basi teoriche ha e che rapporto ha con il pensiero anarchico
storico e attuale, cosa vuol dire per voi essere anarchici?
Anarchici contro il muro è un movimento misto, non tutti gli attivisti che ne fanno parte sono
anarchici, diciamo che ci si ritrova su affinità specifiche e in questo caso è quella di combattere
contro il muro e l'occupazione in Palestina da parte dello stato di Israele.
Gli ACIM cercano di evitare il peso eccessivo ed ingombrante delle impalcature ideologiche, per
assumere come proprio centro di gravità le pratiche, non che l’analisi teorica ed i principi non
siano necessari, dal momento che noi vi facciamo ricorso quando occorre decostruire i miti
dell’apartheid sionista.
Tuttavia, attualmente, le individualità che compongono gli ACIM preferiscono dedicarsi, alla
decostruzione del muro di Israele e ad esprimere il loro dissenso contro la politica
dell'occupazione dei territori palestinesi.
Da un secolo, l’anarchismo costituisce una corrente secondaria ma tuttavia presente in
Palestina e Israele, formando tre distinte ondate: il socialismo libertario delle prime comuni o
kibbutz; le attività culturali e editoriali degli immigrati di lingua yiddish; e l’anarchismo
contemporaneo israeliano.
51
Opuscolo antimilitarista
Anarchici contro il muro
Nella società palestinese esistono individualità simpatizzanti ma non c’è alcun movimento
anarchico organizzato, data anche l’egemonia a sinistra di partiti marxisti quali il Fronte
Popolare per la Liberazione della Palestina. Tuttavia la prima Intifada (1987-1989) guadagnò il
sostegno degli anarchici in quanto insurrezione di base con un generalizzato rifiuto di pagare le
tasse, scioperi generali, scontri urbani e la nascita di scuole clandestine e progetti per il mutuo
appoggio. Sin dal 2000, gli anarchici israeliani ed internazionali hanno portato avanti
campagne di solidarietà in Palestina. Gli sforzi dei militanti israeliani contro l’occupazione ed in
solidarietà
con i palestinesi furono rafforzate con l’inizio della seconda Intifada. La rete Ta’ayush
(Parterniato Arabo-Ebreo), sebbene non dichiaratamente anarchica, si organizzava
informalmente per rompere gli assedi e portare viveri alle città palestinesi, per difendere gli
agricoltori, sotto attacco dei coloni e dei militari mentre coltivavano i loro campi. Dall’estate del
2001, arrivano molti anarchici stranieri in Palestina nelle file dell’International Solidarity
Movement (ISM), che accompagnano
i palestinesi nelle loro azioni non violente di smantellare i blocchi stradali e disobbedire ai
coprifuoco; serviranno anche come scudi umani e testimoni oculari durante l’offensiva
israeliana della primavera del 2002. Si indebolirà l’ISM in seguito all’assassinio dei due suoi
militanti, Rachel Corrie e Tom Hurndall, nella Striscia di Gaza, e alla campagna di repressione
israeliana che faceva
perquisizioni degli
appartamenti ed uffici
dell’ISM,
attuando
deportazioni e negando i
visti per poter entrare nel
paese. A partire dalla
primavera del 2003, gli
anarchici
israeliani
iniziano ad organizzarsi
autonomamente
per
collaborare
con
i
palestinesi e con gli
internazionali,
particolarmente
nella
campagna contro la
costruzione del Muro
della Separazione nella
West Bank.
Allora facciamo un passo indietro per capire meglio, quali sono le radici e come si diffonde
l'anarchismo in Israele?
Le idee anarchiche erano piuttosto diffuse nella seconda e terza ondata di immigrazione
ebraica in Palestina, ed erano centrali nella nascita dei primi kibbutz. Le prime 28 comuni
furono fondate tra il 1910 e il 1914, in seguito ai tanti scioperi ed alle vertenze nelle colonie
che erano state fondate durante la prima ondata. I fondatori, per lo più giovani e non sposati,
costruirono le comuni in base ai principi del collettivismo, dell’uguaglianza e dell’autogestione,
sperando di poter creare una società libera e socialista di ebrei ed arabi in Palestina.
L’anarchismo era molto influente nel partito dei comunardi, Hapoel Hatzair (Il Giovane
Lavoratore), il cui giornale includeva articoli di e su Proudhon e Kropotkin.
52
Opuscolo antimilitarista
Anarchici contro il muro
Aharon David Gordon (1856-1922), un impiegato della forestale che immigrò in Palestina
all’età di 47 anni, divenne capo spirituale di Hapoel Hatzair e fu molto vicino all’anarchismo.
Sotto l’influenza del misticismo chassidico e degli scritti di Nietzsche e Tolstoy, Gordon
promosse il lavoro manovale collettivo come chiavealla rigenerazione ebraica, e la liberazione
spirituale attraverso la creatività ed il ritrovato contatto con la natura. Fermo nel suo
antimilitarismo e pacifismo, Gordon non parlò mai di uno Stato ebraico e faceva appello al
rispetto e alla collaborazione con i contadini arabi.
Trumeldor (1880-1920), un soldato immigrato che organizzò le prime forze ebraiche di difesa,
fu influenzato da Kropotkin e Tolstoy e si dichiarò “anarco-comunista e sionista”. Ispirato da
Trumpeldor, la Gdud HaAvodah (Battaglione del Lavoro) nacque come comune decentralizzata,
le cui bande di muratori cercarono di creare una Comune Generale in Palestina.
Gustav Landauer ebbe un’influenza diretta sui membri di Hashomer Hatzair (La Giovane
Guardia), un movimento giovanile sionista-socialista per immigrati, che pose le basi della terza
ondata di immigrazione dopo il 1919. I suoi membri facevano sovente riferimento esplicito
all’anarchismo nei loro appelli all’indipendenza comunale, rapporti egualitari, democrazia
diretta e rinnovamento spirituale.
Verso la fine degli anni 1920 cominciò ad indebolirsi la tendenza anarchica in Palestina,
specialmente con l’influsso di capitali privati nel paese e l’aumento nel controllo economico e
politico dei kibbutz da parte delle istituzione centrali ebraiche
in Palestina, sotto l’egemonia del partito di Ben Gurion, il Mapai (Partito Operaio della Terra di
Israele).
Torniamo all'attualità: cosa caratterizza questo movimento degli ACIM, e come viene visto
dal'opinione pubblica israeliana?
Come ti dicevo prima questo movimento è caratterizzato soprattutto dalla voglia di combattere
contro il muro e l'occupazione dei territori, diciamo che la cosa che lo caratterizza di più è la
pratica unitaria, israeliani e palestinesi
uniti nell'azione diretta non violenta
contro il muro.
Per quanto riguarda l'opinione
pubblica
israeliana
è
difficile
rispondere, la maggior parte degli
Israeliani è a favore del muro e
dell'occupazione soprattutto a parole
perchè nella pratica anche la loro vita,
la vita di tutti diventa più difficile con il
muro e la sempre più ampia
militarizzazione del terrirorio.
Penso che gli ACIM non siano visti
particolarmente bene dalla maggior
parte dell'opinione pubblica israeliana,
ma tu cosa mi diresti se ti girassi la domanda, come siete visti dall'opinione pubblica voi
anarchici italiani?
In effetti anche se viviamo una situazione completamente diversa dalla vostra è difficile
rispondere alla domanda; come siamo visti dall'opinione pubblica qui in Italia, c'è una grande
differenza da come ci dipingono i media a quello che siamo veramente, penso che siano
importanti soprattutto i rapporti reali che riusciamo a creare nei territori in cui lottiamo
53
Opuscolo antimilitarista
Anarchici contro il muro
quotidianamente con le persone affini e non affini alle nostre idee e alle nostre pratiche.
Chiaramente gli anarchici in Italia come in tutto il mondo sono diversi fra di loro e lottano in
svariate tipologie differenti, comunque in ogni caso, non credo che gli anarchici in Italia siano
ben visti dall'opinione pubblica.
Invece come sono i rapporti con la comunità palestinese, in Israele?
I rapporti con molti individui palestinesi sono buoni e anche con varie comunità palestinesi
ma è innegabile che non sempre i rapporti sono perfetti, in Israele soprattutto negli ultimi anni
il conflitto è aumentato con l'esercito che ha cominciato a sparare provocando morti e feriti
anche fra gli attivisti israeliani, mentre con
la gente comune dipende da situazione a
situazione , da quartiere a quartiere.
Oggi, gli anarchici contro il muro sono
sempre attivi nella West Bank ed in Israele,
hanno prtecipato
all’opposizione alla
seconda guerra del Libano nell’agosto del
2006 e alla guerra di Gaza nel gennaio del
2009.
Hai notato un aumento della repressione
di stato negli ultimi periodi?
Sicuramente la repressione è aumentata
molto contro gli attivisti degli anarchici contro il muro, in una delle azioni contro l'ultima
guerra in Palestina ventun membri del gruppo sono stati arrestati dopo aver bloccato
l’ingresso della base delle Forze Aeree Israeliane di Sde Dov, nella parte nord di Tel Aviv. I
manifestanti, che indossavano maschere
bianche macchiate di sangue finto, si sono
sdraiati sulla strada fingendo di essere morti.
Sono stati arrestati dopo essersi spostati dalla
strada, mentre stavano già sul marciapiede.
La protesta sarebbe dovuta servire a mostrare
ai piloti delle Forze Aeree Israeliane il risultato
delle loro azioni a Gaza. Dall’alto del cielo, un
pilota che schiaccia un bottone può ignorare,
dimenticare, o non essere neppure in grado di
capire che in quel preciso momento ha ucciso
persone innocenti.
Grazie Uri, a te e a tutti gli anarchici contro il
muro va la mia, la nostra solidarietà e speriamo
che la lotta degli ACIM cresca sempre di più, sia sempre più conosciuta e supportata in tutto
il mondo.
Andrea Staid
54
A
BASI USA IN ITALIA
Basi USA in Italia
Opuscolo antimilitarista
55
Opuscolo antimilitarista
BASI USA IN ITALIA
Elenco per Regioni
Trentino Alto Adige
1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf.
2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni Usaf.
Friuli Venezia Giulia
3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di
telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base
sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di
cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la
Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonchè
uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la
cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di
Aviano (Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing,
dotata di due squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo' in 78
giorni 9.000 missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force.
Quest'ultima è dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European
Command, dipianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo
nell'Europa meridionale, ma anche in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un
personale di 11.500 militari e civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo
quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base
per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord, ma l'impiego degli aerei della 16th Air Force
sara' pianificato e diretto dal quartier generale di Aviano.
4. Roveredo [Pn]. Deposito armi Usa
5. Rivolto [Ud]. Base USAF.
6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell'Usaf.
7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell'Us Army.
8. Trieste. Base navale Usa.
Veneto
9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army,
che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze
56
A
Opuscolo antimilitarista
BASI USA IN ITALIA
da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un
battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione
di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero
essere circa duemila.
10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [Usaf]. Probabile deposito di testate
nucleari.
11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni.
12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti.
13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni
14. Codogno [Tv]. Deposito di armi e munizioni
15. Istrana [Tv]. Base Usaf.
16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa.
17. Verona. Air Operations Center [Usaf ]. e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa;
Centro di telecomunicazioni [Usaf].
18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa.
19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa.
20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa.
21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa.
22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar Usa.
23. Venezia. Base navale Usa.
24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa.
25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar Usa.
26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni Usa.
27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa.
Lombardia
28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari.
29. Montichiari [Bs]. Base aerea [Usaf ].
30. Remondò [Pv]. Base Us Army.
108. Sorico [Co]. Antenna Nsa.
Piemonte
31. Cameri [No]. Base aerea Usa con copertura Nato.
32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento Usaf e Us Army, copertura Nato.
Liguria
33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35 ].
34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di telecomunicazioni della Us Army.
35. San Bartolomeo [Sp]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre
strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa
dell'Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine: in un
dossier preparato dalla federazione di Rifondazione Comunista si parla di "occupazione di
aree dello specchio d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI
flotta Usa]". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine
Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra,
composta da cinquecento persone e undici istituti [dall'artiglieria, munizioni e
57
Opuscolo antimilitarista
BASI USA IN ITALIA
missili, alle armi subacquee].
Emilia Romagna
36. Monte San Damiano [Pc]. Base dell'Usaf con copertura Nato.
37. Monte Cimone [Mo]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
38. Parma. Deposito dell'Usaf con copertura Nato.
39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato.
40. Rimini. Gruppo logistico Usa per l'attivazione di bombe nucleari.
41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni Usa.
Marche
42. Potenza Picena [Mc]. Centro radar Usa con copertura Nato.
Toscana
43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il più grande deposito logistico del Mediterraneo [tra Pisa e
Livorno], con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui, in 125
bunker sotterranei, e' stoccata una riserva strategica per l'esercito e l'aeronautica
statunitensi, stimata in oltre un milione e mezzo di munizioni. Strettamente collegato tramite
una rete di canali al vicino porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di
rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di supporto Usa e
Base dell'US Army per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo, nel
Golfo, nell'Africa del Nord e la Turchia.
44. Coltano [Pi]. Importante base Usa-Nsa per le telecomunicazioni: da qui sono gestite tutte
le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo. Deposito
munizioni Us Army; Base Nsa.
45. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'Usaf.
46. Talamone [Gr]. Base saltuaria dell'Us Navy.
47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e Tirli: Centro radar Usa
con copertura Nato.
48. Livorno. Base navale Usa.
49. Monte Giogo [Ms]. Centro di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
Sardegna
58
50. La Maddalena - Santo Stefano [Ss]. Base atomica Usa, base di sommergibili, squadra
navale di supporto alla portaerei americana "Simon Lake".
51. Monte Limbara [tra Oschiri e Tempio, Ss]. Base missilistica Usa.
52. Sinis di Cabras [Or]. Centro elaborazioni dati [Nsa].
53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us
Navy.
54. Torre Grande di Oristano. Base radar Nsa.
55. Monte Arci [Or]. Stazione di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed impianto radar Usa.
57. Santulussurgiu [Or]. Stazione telecomunicazioni Usaf con copertura Nato.
58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale.
59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Or ], all'incirca 100 chilometri di
costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila ettari di zone "off limits": poligono di tiro per
esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato.
A
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BASI USA IN ITALIA
60. Cagliari. Base navale Usa.
61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto Usa con copertura Nato.
62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base aerea Usaf.
63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni missilistici.
64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona di addestramento per la Sesta
flotta Usa.
65. Monte Urpino [Ca]. Depositi munizioni Usa e Nato.
Lazio
66. Roma. Comando per il Mediterraneo centrale della Nato e il
coordinamento logistico interforze Usa. Stazione Nato
67. Roma Ciampino [aeroporto militare]. Base saltuaria Usaf.
68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione telecomunicazioni Usa con
copertura Nato, in probabile collegamento con le installazioni
sotterranee di Monte Cavo
69. Monte Romano [Vt]. Poligono saltuario di tiro dell'Us Army.
70. Gaeta [Lt]. Base permanente della Sesta flotta e della
Squadra navale di scorta alla portaerei "La Salle".
71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola telecomunicazioni Nato sotto controllo Usa.
Campania
72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili Usa. Comando delle
Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili e militari
Usa. Si calcola che da Napoli e Livorno transitino annualmente circa cinquemila contenitori di
materiale militare.
73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea Usaf.
74. Monte Camaldoli [Na]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
75. Ischia [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
76. Nisida [Na]. Base Us Army.
77. Bagnoli [Na]. Sede del più grande centro di coordinamento dell'Us Navy di tutte le attivit di
telecomunicazioni, comando e controllo del Mediterraneo.
78. Agnano [nelle vicinanze del famoso ippodromo]. Base dell'Us Army.
80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa.
81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni Usa.
82. Giugliano [vicinanze del lago Patria, Na]. Comando Statcom.
83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria Usaf.
84. Mondragone [Ce]: Centro di Comando Usa e Nato sotterraneo antiatomico, dove
verrebbero spostati i comandi Usa e Nato in caso di guerra
85. Montevergine [Av]: Stazione di comunicazioni Usa.
Basilicata
79. Cirigliano [Mt]. Comando delle Forze Navali Usa in Europa.
86. Pietraficcata [Mt]. Centro telecomunicazioni Usa e Nato.
Puglia
87. Gioia del Colle [Ba]. Base aerea Usa di supporto tecnico.
59
Opuscolo antimilitarista
BASI USA IN ITALIA
88. Brindisi. Base navale Usa.
89. Punta della Contessa [Br]. Poligono di tiro Usa e Nato.
90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi sarebbero di stanza un migliaio di militari americani
dell’Expeditionary Squadron;.Base dei Servizi Segreti. Electronics Security Group [Nsa ].
91. Monte Iacotenente [Fg]. Base del complesso radar Nadge.
92. Otranto. Stazione radar Usa.
93. Taranto. Base navale Usa. Deposito Usa e Nato.
94. Martinafranca [Ta]. Base radar Usa.
Calabria
95. Crotone. Stazione di telecomunicazioni e radar Usa e Nato.
96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
97. Sellia Marina [Cz]. Centro telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
Sicilia
98. Sigonella [Ct]. Principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale,
supporto logistico della Sesta flotta [circa 3.400 tra militari e civili americani ]. Oltre ad
unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell'Usaf: elicotteri del tipo HC-4,
caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari
del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l'una.
99. Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
100. Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa. Nota: un sottufficiale dell'aereonautica militare ci
ha scritto, precisando che non vi sono installazioni USA in questa base militare italiana.
102. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell'Usaf.
103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato.
104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata.
105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
106. Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni.
107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
109. Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ].
111. Trapani. Base Usaf con copertura Nato.
112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar
Nato.
113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera Usa. Centro d'ascolto e di
comunicazioni Nsa.
60
Opuscolo antimilitarista
Epilogo
I medici potranno denunciare i clandestini che andranno
a farsi curare; carcere fino a 4 anni per coloro che, una
volta espulsi, si trovinoancora sul territorio nazionale;
punti a credito per il permesso di soggiorno; legalizzazione delle squadre paramilitari (definite eufemisticamente “ronde”); schedatura dei barboni, che segue a
ruota le impronte digitali ai bimbi nomadi; restrizione ai
matrimoni misti; ripristinodello stato dei luoghi, a carico
dei colpevoli, per occupazione indebita delsuo lo pubblico cittadino (sindaci) ed extraurbano (prefetti); nessuna residenza a coloro che vivono nelle baraccopoli;
carcere fino a tre anni se si oltraggia pubblico ufficiale;
se c'è il sospetto che associazioni, gruppi od organizzazioni non riconosciute (vi rientrano quelle
religiose di matrice islamica, ma anche le case occupate, i centri sociali) svolgano attività con finalità terroristiche, il Viminale può disporne lo scioglimento e ordinarne la confisca dei beni; il ministero dell'Interno potrà
ordinare l'oscuramento dei siti Internet sui quali si commette il reato di apologia o si istiga a delinquere. O
potrà chiedere che vi vengano apposti filtri adeguati.
I siti «disobbedienti» dovranno pagare una sanzione dai 50mila a 250mila euro. Poi, i militari che
fanno i poliziotti; I vigili che fanno i poliziotti; i vigili del fuoco che fanno i poliziotti; le guardie giurate che fanno i poliziotti; i controllori di biglietti che fanno i poliziotti; i dipendenti pubblici che
diventano, poco a poco, dei poliziotti; i poliziotti che fanno i militari. Insomma, un bel proliferare i
corpi armati… A tutto questo breve elenco di norme che sono già in vigore o che vi entreranno
presto, vi sono poi tutte le misure sulla sicurezza prese dalle amministrazioni locali, in specie dai
comuni, sia sinistrorsi che destrorsi (portatori entrambi della cultura del terrore): spesso costoro
fanno a gara per dimostrare chi garantisce di più il controllo e la repressione territoriale.
I commenti fra di noi sono superflui e qui non si sente solo più puzza di fascismo, ma un tanfo
profondo, intenso, pervadente. Sconvolgente come l’assordante silenzio che ci circonda e forse,
ma senza forse, l’incapacità, o meglio la non volontà, di rispondere a tutto questo.
Il piano repressivo tocca tre grandi elementi presenti nella nostra società:
1.L’immigrazione, e con essa tutto ciò che è portatore d’altro.
2.La povertà, nelle sue varie forme stanziali e nomadi e con essa l’idea che essa, la povertà, sia
una colpa.
3.Il dissenso politico, di ogni genere e sorta, con occhio particolare a quello radicale o estremo. E’
da una trentina d’anni, ma con una accentuazione sempre più forte negli ultimi, che il sistema
dominante costruisce una forma dicapitalismo che realizza nel mercato, e quindi negli apparati
della produzione e del consumo, una forma esaustiva di democrazia. Tutto ciò che eccede,devia,
o contrasta la messa in valore monetario delle relazioni umane viene combattuto
come la nuova peste. E’ una concezione non nuova dell’autoritarismo del sistema capitalistico: 61
Opuscolo antimilitarista
Epilogo
già negli anni '20 e '30 del secolo scorso aveva il capitale affidato i suoi affari alle formepiù
dispotiche che il potere potesse disporre, siano state esse di mercato o di stato. Ma ora la
finzione è riprodotta nell’unica libertà considerata come tale: il consumo, spesso nella sua
forma più ansiogena, ovvero la rateizzazione. Dico questo perché mi chiedo frequentemente il
perché dei molti silenzi che ci circondano: credo che il genere umano, in particolar modo quello
occidentale, si stia adoperando in un doppio livello: 1.Il primo di sottrazione: tradotto significa
che molti già ne hanno abbastanza di occuparsi di ciò che gli succede nel piccolo alveo nel
quale sopravvivono, per dedicarsi a cause altre o diverse dall’ambito familiare, proprio perché
credono che rintanandosi nella cuccia delle relazioni più strette possano garantirsi quella tranquillità che altrove non hanno (lavoro…). Fatica di Sisifo naturalmente, e molto spesso non ben
ripagata. 2.Il secondo di punizione: ritornando, a costrizione, nel mondo, per obblighi di vario
tipo (lavoro, precarietà, gite domenicali, feste di compleanno, matrimoni…), ai più, tutto ciò che
esterno appare tremendamente pericoloso, insidioso oppure semplicemente fastidioso. E qui
che s’invocano forche, punizioni esemplari, telecamere rassicuranti, prigioni eterne. Come se
queste potessero salvare il “nido” che essi si sono costruiti attorno. In questa logica di finzione
espropriativa permanete si consumano I giorni nella speranza che non accada nulla, nella rata
da saldare, nell’aspettativa che il proprio corpo non li abbandoni, ma che gli venga conservato
in un perenne “soddisfatti o ripagati”. Ma è proprio quel nulla apatico che sorregge il moderno
fascismo e puntella forzosamente il sentimento di paura che permea ogni giorno del nostro
vivere. Abbiamo smesso di pensare la libertà e di desiderarla ed abbiamo smesso di pensare
che l’unico modo di pensarla è quello di riprenderci ciò che è sempre stato nostro e di metterlo
a disposizione di tutti: una casa, una stabilità reddituale che non mendichi miseria, i treni anche
a vapore o merci, i tram, i laghi, i fiumi, l’acqua, il sole, la terra e i suoi prodotti, nella misura in
cui ci servono e ci fanno bene, l’energia, la salute pubblica e nei luoghi pubblici, la produzione
nella misura in cui ci serve e ci fa bene, i parchi giochi ed i parchi divertimento, le navi, meglio
se non merci, i traghetti a vapore, il giuoco del pallone…,le forme associate o non associate
liberamente dello stare insieme, la libertà di venire e di andare...
Quello che per noi è comunismo e quello che per noi è anarchismo.
Pietro Stara
62
Opuscolo antimilitarista
Epilogo
Le potenze si preparano alla guerra: Record mondiale nelle spese
militari.
I 1464 miliardi di dollari di spese militari nel pianeta e
l’espansione geometrica dei guadagni dei consorzi di armi
di Europa e Stati Uniti, sono la prova più inconfutabile
della relazione simbiotica di sopravvivenza stabilita dal
sistema capitalista con i conflitti armati e le occupazioni
militari. L'uno si retroalimenta dall’altro e entrambi i
termini dell'equazione formano la pietra angolare
dell’esistenza stessa del sistema che oggi controlla il
mondo. In un solo decennio le spese militari sono
aumentate del 50% e di fronte alla crescente “militarizzazione” del pianeta una domanda
perseguita gli esperti: per quale guerra si preparano le potenze?” Finita l’Unione Sovietica e i
processi della rivoluzione armata degli anni 70, oggi il sistema capitalista non ha nemici
strategici che si domandino la possibilità di uno scontro militare aperto come durante l’epoca
della Guerra Fredda. Ciononostante una spesa mondiale che sale ormai alla cifra incredibile di
1464 miliardi di dollari (oltre ai miliardari affari per le industrie delle armi) marca uno scenario
di crescente escalation militare delle potenze e dei paesi in tutti i continenti.
Le potenze si preparano per una nuova guerra intercapitalista?
La spesa militare globale è cresciuta del 4% nel 2008 ed ha raggiunto la cifra record di $1464
miliardi, il 50% in più rispetto al 1999, in base ad uno studio dell’Istituto di Investigazione per
la Pace Internazionale di Stoccolma (SIPRI) divulgato nella capitale svedese.“La crisi
finanziaria globale ancora non ha avuto ripercussioni negli introiti e benefici delle grandi
imprese delle armi”, segnala il SIPRI.Questa cifra equivale al 2,4 % del Prodotto Interno Lordo
(PIL) mondiale e a 217 dollari per ogni abitante del pianeta, secondo l’organismo svedese.Il più
grande incremento spetta agli Stati Uniti (58%), le rispettive assegnazioni di Washington sono
aumentate di 219000 milioni di dollari dal 1999. Si sono quasi triplicate le spese militari in
Cina e in Russia, fino a $ 42000 milioni e $ 24.000 milioni rispettivamente.Un notevole
incremento delle spese militari
è stato registrato in India,
Arabia Saudita, Iran, Israele,
Brasile, Corea del Sud, Algeria
e Gran Bretagna, secondo il
SIPRI.
Le guerre di Obama
Di questa cifra, l’attuale
preventivo della Difesa degli
Usa supera il 50% del totale
della spesa in armi nel mondo.
63
Opuscolo antimilitarista
Epilogo
Finalmente il “sogno americano” di Obama si materializza in
numeri: il preventivo destinato all’area della Difesa (il
Pentagono) che include le guerre militari e le politiche
occupazionali si aggira sui 730000 milioni di dollari per
l’esercizio fiscale 2009.Allo stesso tempo, le occupazioni
militari degli Usa in Iraq e in Afghanistan “hanno generato
una spesa supplementare di 903000 milioni di dollari solo
per gli Stati Uniti” nel periodo 1999-2008, ha aggiunto Sam
Perlo- Freeman, direttore del progetto del SIPRI sulla spesa
militare. La prima potenza imperiale è, senza sorpresa, il
paese con le più grandi spesa in armi nel mondo, per il
SIPRI. Per il SIPRI le spese degli Stati Uniti già
rappresentano quasi un 42% di tutto il totale, più che gli altri
14 paesi riuniti, nel lascito della politica dell’ex presidente
George W.Bush,. Dal 1999, le spese della difesa statunitense
è aumentata di un 67% (a valuta costante), per situarsi in
607000 milioni di dollari l’anno scorso e arrivare a 730000
milioni nella finanziaria fiscale del 2009. Le spese militari globali hanno raggiunto, nel 2007,
1200 miliardi di dollari essendo aumentati i costi della “guerra al terrorismo” e delle operazioni
dell’occupazione statunitense in Iraq e in Afghanistan.“L’idea della 'guerra contro il terrorismo'
ha stimolato molti paesi a vedere i propri problemi attraverso una lente altamente militarizzata,
usando questo argomento per giustificare le loro alte spese militari”, spiega Sam PerloFreeman, investigatore dell’istituto svedese. In questo modo si verifica la relazione diretta della
“guerra al terrorismo” con i guadagni e l’espansione dei consorzi di armi degli Usa, che
risultano essere, insieme alle industrie petrolifere e alle aziende di servizi (che includono le
compagnie di assicurazioni private), i principali beneficiari delle invasioni e delle occupazioni
militari, sia in Iraq come in Afghanistan come nei conflitti attuali e potenziali nel M.O e in tutto
il pianeta, tra i quali sono già pianificate azioni militari contro l’Iran e la Siria
L’ America Latina si militarizza
n un dossier di giugno del 2008, il SIPRI affermava che i 12 paesi del Sud America, dopo il
summit dei Presidenti dell’UNASUR, realizzato a Brasilia, progettano di costruire un Consiglio
di Difesa regionale, hanno aumentato le loro spese in armi durante il 2007 di un 25%. Si tratta
di un record per i paesi di questa regione, che viene iscritto in una tendenza mondiale
all’aumento della spesa in armi capeggiata dagli Usa. In base ai dati del SIPRI, la spesa nella
difesa dei paesi del Sud America ha raggiunto i 50000 milioni di dollari nel 2008 contro i
39961 nel 2007.Secondo questa organizzazione con sede a Stoccolma (che con l’ IISS di
Londra è una delle due entità più riconosciute a livello mondiale per le stime sul spese,
equipaggiamento e bilancio militare), la crescita della spesa militare corrisponde ad una
tendenza generale dei paesi sud americani. Per quanto riguarda la cifra globale della spesa del
Sud America, il 55% (più della metà) con 27.40 milioni di dollari spetta al Brasile, che per
popolazione, territorio e PIL rappresenta la metà dei 12 paesi della regione. Nella lista delle più
alte spese segue la Colomba con 6746 milioni di dollari, cifra che viene destinata al Piano
Colombia ed alla guerra contro la Farc, al terzo posto si trova il Cile con 5395 milioni di dollari
e quarto è il Venezuela con 3321 milioni di dollari, paese che dà alla sezione militare priorità
politica.
64
Opuscolo antimilitarista
Epilogo
La Russia e la Cina si blindano
La Cina, come la Russia, ha triplicato negli ultimi dieci anni la sua spesa in armi, e nel 2008 si
è convertita per la prima volta nel secondo paese della lista dopo gli Stati Uniti. Pechino e
Mosca hanno triplicato il loro bilancio militare in questo periodo, e la Russia “mantiene i suoi
piani di spendere ulteriormente nonostante i suoi severi problemi economici”, indica lo studio
realizzato dal SIPRI. Il SIPRI calcola che la Cina ha comprato armi per un totale di 84900
milioni di dollari, che rappresenta un 6% della spesa militare nel mondo, davanti alla Francia
(4,5) e Gran Bretagna ( 4,5). “ In Cina, l’aumento (della spesa in armi) segue da vicino la
crescita economica ed è vincolato alle sue aspirazioni di incrementare il suo potere” nello
scenario internazionale, dice il SIPRI.La Russia, allo stesso modo che la Cina, ha approfittato
dell’euforia economica degli anni precedenti alla crisi internazionale per riaffermare le sue
ambizioni di superpotenza, salendo fino al quinto posto nella lista del SIPRI.
Armi nel Medio Oriente
La spesa militare nel M.O si è ridotta leggermente nel 2008, ma il SIPRI vede questa discesa
come qualcosa di temporaneo dovuto al fatto che “molti paesi della regione (stanno)
pianificando grandi acquisti di armi”. I paesi dell’Asia e del M.O aumenteranno la loro spesa
militare durante i prossimi 20 anni per affrontare le tensioni che aumentano in queste regioni,
ha detto questa settimana un alto rappresentate del gigante aerospaziale Boeing citato dalla
agenzia EFE.“Crediamo che questi mercati siano quelli che avranno più espansione”, ha
dichiarato il presidente della Boeing Intergrated Defence Systems, Jim Albagh, alla stampa di
Singapore. Ha spiegato che a molti governi dell’Asia e del M.O preoccupa molto l’aumento di
focolai di tensione regionali e approfitteranno della spinta delle loro economie per investire più
risorse nella protezione delle loro frontiere e delle rotte commerciali.
Gli Stati Uniti e il capitalismo militare
Il concetto di “capitalismo transazionale” significa, nell’era informatica, la presenza di un
“capitalismo senza frontiere” poggiato su due pilastri fondamentali: la speculazione finanziaria
informatizzata (con sede territoriale a Wall Street) e la tecnologia militare- industriale di ultima
generazione (la cui massima espressione di sviluppo si concentra nel Complesso Militare
Industriale degli Stati Uniti)
Come si è già verificato
nella pratica, dopo che i
carri armati e gli aerei
nordamericani convertono
in rifiuti infrastrutture,
strade ed edifici dei paesi
invasi militarmente, arriva
l’esercito delle aziende
transazionali a prendere al
balzo la favolosa palla
capitalista
della
“ricostruzione”.La
combinazione
del
65
Opuscolo antimilitarista
Epilogo
superpotere militare Usa con il superpotere economico-finanziario di Wall Street, ha dato come risultato
l’Impero Unico, il cui raggio d’influenza e dominio comprende più di 180 paesi nei quali gli Stati Uniti
hanno una presenza diretta o un'influenza militare in questo momento. In base ad un dossier della
Comission on Reviw of Overseas Military Facility Structure of the Usa, gli Stati Uniti dispongono di più
di 450000 militari effettivi nel mondo, quasi la metà in “situazione di combattimento”, contano su una
rete di 825 installazioni militari in diversi luoghi del pianeta (15 grandi, 19 medie e 826 di grandezza
minore), 5 comandi funzionali aerei, terrestri e navali (tra di loro il Comando Sud e la IV flotta) e 5
comandi geografici, ai quali si è aggiunta la recente creazione dell'AFRICOM. L’attuale preventivo
destinato alla Difesa è 15 volte superiore a quello destinato al Dipartimento di Stato, ed il Pentagono
dispone di 200 volte il personale destinato all’area della politica estera. Per avere un’idea approssimativa
della cifra totale destinata alla Difesa Usa nel 2009, la stessa equivale a più del doppio del PIL
(produzione annuale) di un paese petrolifero come il Venezuela e a più del triplo del PIL del Cile, e a
quasi 20 volte quello della Bolivia. Ma c’è un paragone ancora più da incubo: quello che richiede l’ONU
per “combattere la fame” nel mondo (700 milioni di dollari) equivale a solo l’1 % della finanziaria per la
Difesa Usa. Il Pentagono farà la parte del leone nella finanziaria del 2009 con 730000 milioni di dollari
destinati a sostenere la gigantesca struttura militare della prima potenza imperiale su scala globale.
Inoltre, la siderale finanziaria della Difesa ingrassa l’espansione geometrica dei guadagni dei consorzi di
armi del Complesso Militare Industriale statunitense, ed è la prova più irrefutabile della relazione
simbiotica di sopravvivenza stabilita tra il sistema capitalista sionista con i conflitti armati e le
occupazioni militari. In questo scenario- come si può apprezzare dalla grandezza della finanziaria per la
Difesa- i primi passi del “sogno americano” di Obama sono già cominciati.
Titolo originale: "El factor bélico: Escalada armamentista con record mundial de gastos militares"
Fonte: http://www.iarnoticias.com
66
Note e appunti
67
Nelle ultime assemblee della Coordinazione anarchica, alla quale attualmente partecipano diverse realtà di
collettivi ed individui, a livello nazionale, è emersa l'esigenza di esprimerci e riflettere sulla questione
dell'antimilitarismo, sia data l'imminente e obsoleta ennesima presenza in Italia del prossimo G8 2009, sia
poiché le nostre vite sono quotidianamente bombardate da un livello di militarizzazione sempre più
crescente, soprattutto nelle città, ma più in generale in un clima che si insigna anche alla luce di una forte
ripresa del militarismo, legalizzato o meno, che risulta a dir poco allarmante, con guerre che continuano a
combattersi sbandierando la tanto gettonata difesa o conquista della fantomatica democrazia, e non a caso
termini come questi, utilizzati dai media, appaiono come imminente richiamo ad un panorama mondiale di
conflitto bellico globale e permanente.
In occasione degli incontri del G8 che si svolgeranno quest'anno in Italia appunto, abbiamo voluto ricostruire
una rinnovata forza di mobilitazione attorno alla questione antimilitarista. Le basi militari statunitensi sulle
nostre terre, in particolar modo nelle isole come la Sardegna, le spese militari in forte crescita, gli
investimenti delle banche nel commercio di armi, le aziende italiane produttrici di armi, l'esercito italiano
impiegato in operazione di pubblica sicurezza, gli armamenti in dotazione alle forze dell'ordine sono l'aspetto
lampante di una società ed un'economia pervasa da una cultura autoritaria e militarista. Per questo abbiamo
contribuito a creare una rete di individualità e gruppi che siano in grado di monitorare le situazioni,
analizzare i contesti, produrre informazione e nuovi canali di informazione, promuovere momenti di
mobilitazione e azione diretta. Una rete che sia in grado di rilanciare il lavoro fatto da chi si è occupato di
antimilitarismo in passato riuscendo ad intercettare il lavoro, la passione, la determinazione di chi, sempre
di più, odia l'autoritarismo militare, in qualsiasi parte del mondo.
Una rete antimilitarista aperta a tutti quelli che si ritrovano sui contenuti e sulle pratiche libertarie per
presentare interventi, riflessioni, iniziative e mobilitazioni durante le giornate del G8, per costruire relazioni
anche internazionali e porre le basi di una nuova stagione di lotta antimilitarista nelle scuole, nei luoghi di
lavoro e nelle piazze per sensibilizzare su questi temi tutti i cittadini che subiscono il militarismo in tutte le
sue forme.
Ed è proprio a questo proposito che nasce, all'interno della rete, l'idea di un opuscolo che parli di
ANTIMILITARISMO in un'accezione fortemente libertaria, in cui se ne ripercorranno brevemente i cenni storici,
le origini, passando poi ad analisi più attuali, per esempio leggendo il legame che intercorre fra militarismo e
razzismo, o agli innumerevoli sviluppi e nuove forme che il militarismo sa darsi nel mondo attuale, per poi
proseguire con due approfondimenti specifici: il primo sulla militarizzazione territoriale annosa e
scandalosa della Sardegna, una meraviglia nel Mediterraneo scempiata dalle basi; l'altro su un pessimo
tentativo, in alcune scuole di Lecco, di far passare i militari stessi come promulgatori di pace, invitandoli ad
incontrare gli studenti all'interno di dibattiti e incontri dal titolo aberrante, se si pensa ai relatori:“la pace si
fa a scuola”, travalicando il limite del revisionismo, stravolgendo la realtà per indurre ad un pensiero di paura
e conseguente e inevitabile difesa.
Lo scritto raccoglie materiale di analisi ed esperienze che è fatto di tanti contributi variegati proprio perchè
più persone, provenienti da spazi e storie diverse, hanno scritto e condiviso, dal basso. C'è anche da
specificare che trattandosi di un opuscolo lo spazio ridotto non ha acconsentito molti approfondimenti. A
questo proposito i/le compagn* sard* stanno provvedendo alla stesura di altro materiale che formerà un
opuscolo a se stante specifico per la situazione territoriale militarizzata dell'isola, con maggiori informazioni
e dettagli. Oltre al cartaceo l'opuscolo è ovviamente scaricabile dal nuovo sito web creato ad hoc per la
tematica antimilitarista, in cui è possibile apportare contributi, contenuti e modifiche e visionarne gli
esistenti.
Maggio 2009
Per info www.reteantimilitarista.info
Non lasciare in pace chi fa la guerra
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Opuscolo antimilitarista