Opuscolo antimilitarista Cosa significa antimilitarismo anarchico Sommario - Cosa significa antimilitarismo anarchico p.3 - Cenni storici................................................ p.5 - Manifesto dell’antimilitarismo anarchico p.11 -Antinterventismo e diserzione.................... p.9 -Le donne e l’antimilitarismo...................... p.13 - La guerra in casa....................................... p.17 - La pace si fa a scuola................................ p.20 - L’occupazione militare in Sardegna........... p.30 - F35, nuovi strumenti ai killer di stato p.42 -Il campeggio contro la base di Mattarello p.47 - Gli anarchici contro il muro....................... p.50 - Le basi USA in Italia.................................. p.55 - Epilogo...................................................... .p.61 - Le potenze si preparano alla guerra p.63 Opuscolo autoprodotto dalla rete antimilitarista anarchica, Contributi di compagn* anarchic*e collettivi contro il militarismo. Finito di stamapare in proprio nel Settembre 09 Opuscolo antimilitarista Cosa significa antimilitarismo anarchico L’esercito è una scuola, soprattutto. E’ questo il suo compito di tutti i giorni: educare, persuadere, plasmare, convincere, abituare. Abituare a sopportare i soprusi, ad obbedire senza discutere, ad accettare le umiliazioni sol che provengano da uno che sulla manica della giacca ha un pezzo di stoffa in più. A. Manni Nelle ultime assemblee della Coordinazione anarchica, alla quale attualmente partecipano diverse realtà di collettivi ed individui, a livello nazionale, è emersa l'esigenza di esprimerci e riflettere sulla questione dell'antimilitarismo, sia data l'imminente e obsoleta ennesima presenza in Italia del prossimo G8 2009, sia poiché le nostre vite sono quotidianamente bombardate da un livello di militarizzazione sempre più crescente, soprattutto nelle città, ma più in generale in un clima che si insigna anche alla luce di una forte ripresa del militarismo, legalizzato o meno, che risulta a dir poco allarmante, con guerre che continuano a combattersi sbandierando la tanto gettonata difesa o conquista della fantomatica democrazia, e non a caso termini come questi, utilizzati dai media, appaiono come imminente richiamo ad un panorama mondiale di conflitto bellico globale e permanente. In occasione degli incontri del G8 che si svolgeranno quest'anno in Italia appunto, abbiamo voluto ricostruire una rinnovata forza di mobilitazione attorno alla questione antimilitarista. Le basi militari statunitensi sulle nostre terre, in particolar modo nelle isole come la Sardegna, le spese militari in forte crescita, gli investimenti delle banche nel commercio di armi, le aziende italiane produttrici di armi, l'esercito italiano impiegato in operazione di pubblica sicurezza, gli armamenti in dotazione alle forze dell'ordine sono l'aspetto lampante di una società ed un'economia pervasa da una cultura autoritaria e militarista. Per questo abbiamo contribuito a creare una rete di individualità e gruppi che siano in grado di monitorare le situazioni, analizzare i contesti, produrre informazione e nuovi canali di informazione, promuovere momenti di mobilitazione e azione diretta. Una rete che sia in grado di rilanciare il lavoro fatto da chi si è occupato di antimilitarismo in passato riuscendo ad intercettare il lavoro, la passione, la determinazione di chi, sempre di più, odia l'autoritarismo militare, in qualsiasi parte del mondo. Una rete antimilitarista aperta a tutti quelli che si ritrovano sui contenuti e sulle pratiche libertarie per presentare interventi, riflessioni, iniziative e mobilitazioni durante le giornate del G8, per costruire relazioni anche internazionali e porre le basi di una nuova stagione di lotta antimilitarista nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle piazze per sensibilizzare su questi temi tutti i cittadini che subiscono il militarismo in tutte le sue forme. Ed è proprio a questo proposito che nasce, all'interno della rete, l'idea di un opuscolo che parli di ANTIMILITARISMO in un'accezione fortemente libertaria, in cui se ne ripercorranno brevemente i cenni storici, le origini, passando poi ad analisi più attuali, per esempio leggendo il legame che intercorre fra militarismo e razzismo, o agli innumerevoli sviluppi e nuove forme che il militarismo sa darsi nel mondo attuale, per poi proseguire con due approfondimenti specifici: il primo sulla militarizzazione territoriale annosa e scandalosa della Sardegna, una meraviglia nel Mediterraneo scempiata dalle basi; l'altro su un pessimo 1 Opuscolo antimilitarista Cosa significa antimilitarismo anarchico tentativo, in alcune scuole di Lecco, di far passare i militari stessi come promulgatori di pace, invitandoli ad incontrare gli studenti all'interno di dibattiti e incontri dal titolo aberrante, se si pensa ai relatori:“la pace si fa a scuola”, travalicando il limite del revisionismo, stravolgendo la realtà per indurre ad un pensiero di paura e conseguente e inevitabile difesa. Lo scritto raccoglie materiale di analisi ed esperienze che è fatto di tanti contributi variegati proprio perchè più persone, provenienti da spazi e storie diverse, hanno scritto e condiviso, dal basso. C'è anche da specificare che trattandosi di un opuscolo lo spazio ridotto non ha acconsentito molti approfondimenti. A questo proposito i/le compagn* sard* stanno provvedendo alla stesura di altro materiale che formerà un opuscolo a se stante specifico per la situazione territoriale militarizzata dell'isola, con maggiori informazioni e dettagli. Oltre al cartaceo l'opuscolo è ovviamente scaricabile dal nuovo sito web creato ad hoc per la tematica antimilitarista, in cui è possibile apportare contributi, contenuti e modifiche e visionarne gli esistenti. Marzo 2009. Cosa significa antimilitarismo anarchico Organo e funzione sono termini inseparabili. Levate ad un organo la sua funzione o l'organo muore o la funzione si ricostituisce. Mettete un esercito in un paese in cui non ci siano nè ragioni nè paure di guerra interna o esterna, ed esso provocherà la guerra, o, se non ci riesce, si disfarà. Una polizia dove non ci siano delitti da scoprire e delinquenti da arrestare, inventerà i delitti e delinquenti, o cesserà di esistere. E.Malatesta Se si volesse cercare di definire il concetto di antimilitarismo nell'epoca attuale, letto con occhi moderni, per così dire “post-anarchici”, prima di passare ai cenni storici e ai preziosi scritti lasciati dagli anarchici dell'inizio del secolo, i più illustri e i più noti, potrebbe essere di utile spunto l'interpretazione che ne da S. Vaccaro nel libro Cruciverba, compilato come glossario, composto da un lessico vero e proprio, suddiviso in lemmi ordinati alfabeticamente: ANTIMILITARISMO Se il militarismo rappresenta il primato delle armi sulle ragioni di una politica civile, se il militare imprime un controllo “armato” della società e del suo sviluppo se il militare ha forza di espansione intimamente correlata a legami solidali tra medesime professioni oltre i ai limiti dei confini degli stati, se il militare condensa, in ultima analisi, l'estremizzazione di una arrogante volontà di potenza, che oltrepassa il ruolo specifico e strutturato delle forze armate all'interno di un ordinamento politico per configurarsi come “guerriero” che informa di sè totalmente gli ambiti della società, l'antimilitarismo anarchico è il puntuale contrappeso critico di ciascun vettore del primato militare. 2 Opuscolo antimilitarista Cosa significa antimilitarismo anarchico In quanto potere politico oppure accreditandosi autonomamente come leadership politica l'esercito è il braccio armato dello stato, grazie alla coscrizione permanente e obbligatoria al regime di professionalità, ipergratificata ai limiti della formazione di una casta speciale rispetto ad altre professioni, che si auto-alimenta nel continuo rincorrersi ciclico di richieste di finanziamento, piani di aggiornamento professionale e formativo, armamenti innovativi, quote del bilancio statale, commistioni e compartecipazioni tra personale militare e apparato industriale bellico che foraggia potenti lobbies parlamentari sensibili alle esigenze dell'intero circuito. L'antimilitarismo critica fortemente sia l'uso dello strumento militare nell'ambito della conflittualità politica, in funzione si polizia interna cioè, sia l'uso dello strumento militare quale forza di penetrazione economica e di invasione territoriale ai fini di conquista, annessione o colonizzazione. In tempi recenti, le ragioni antimilitariste hanno assunto come nuovo obiettivo l'utilizzazione dell'esercito internazionale quale forma di dominio per conto terzi (siano essi Nazioni Unite o superpotenze) attraverso non solo il modello della coalizione neo-protettorale, ma altresì attraverso il modello della pacificazione forzata tra contendenti impegnati in conflitti civili, anche mediante l'invio di aiuti umanitari. Queste nuove forme di intervento militare, tra l'altro ancora inidonee se non inutili e dannose per gestire situazioni inedite e compiti anomali, avallano la critica antimilitarista al ruolo delgi eserciti in funzione di politica interna e internazionale senza alcun riguardo alle popolazioni coinvolte. Ma l'antimilitarismo anarchico colpisce pure il connubio militare e industriale che, tramite il ricatto occupazionale, incita al perfezionamento di un'industria bellica che semina puntualmente morti e macerie nei quattro angoli del pianeta. La critica al complesso militare-industriale-politico non solo intende denunciare le speculazioni ai danni dell'erario o gli arricchimenti ipocriti sulla pelle delle vittime di ogni armamentario bellico, ma inoltre accoglie progetti di riconversione ad uso civile dell'industria bellica come via d'uscita al ricatto occupazionale ad un uso proficuo delle tecnologie scientifiche piegate al militare. L'antimilitarismo anarchico, inoltre, indirizza le proprie energie anche alla vita militare specificamente intesa, con tutti I suoi rituali di gerarchia, stupidità, infantilismo becero, arroganza, prevaricazione e mortificazione che chiunque abbia frequentato una qualsiasi caserma conosce fin troppo bene. I valori a cui si ispira l'antimilitarismo sono esattamente antitetici a quelli militari, di cui si denuncia instancabilmente il rischio di modellare personalità (distorte) al fine di prolungare mentalmente le proprie norme specifiche, introiettate durante la ferma di leva, anche al di là dello spazio militare vero e proprio. Più genericamente l' antimilitarismo anarchico potrebbe essere definito come ciò che è avverso alle guerre e quindi alle istituzioni militari, al loro sviluppo e a quanto concorra all’esaltazione e alla diffusione dello spirito militaristico. Per gli anarchici l’antimilitarismo ha una valenza particolare poichè può essere letto come prosecuzione della lotta alla gerarchia, all’autorità, allo Stato e ad ogni forma di dominio e discriminazione. Il movimento anarchico non ha mai avuto la pretesa di monopolizzare ideologicamente l’antimilitarismo, ma ha sempre voluto attribuirgli una valenza particolare, in qualche modo di specificità propria che lo contraddistinguesse da tutti gli altri antimilitarismi. Proprio perchè un antimilitarismo senza una lotta che metta in discussione l’esistenza stessa dello stato, delle istituzioni e del sistema di sfruttamento capitalistico, potrebbe risultare monco. Chi ha un po’ di memoria storica, sa che tutti gli eserciti nascono con una duplice finalità: di repressione e di controllo interno (entità statuale genericamente definita dall’età moderna) e di repressione e di controllo dell’integrità territoriale di fronte ai nuovi o vecchi nemici ed ai conseguenti confini. “Tutte le più grandi repressioni antipopolari della storia sono state condotte dagli eserciti dei propri paesi e, quand’anche fosse stata fatta da un qualsiasi ‘invasore’, non è mai mancata l’attiva collaborazione delle forze patrie. L’esercito, quindi, in base a questa funzione duale (interna ed 3 Opuscolo antimilitarista Cosa significa antimilitarismo anarchico esterna) non è mai stato scisso dal Potere che ad esso si accomunava e sorreggeva. Ecco perché non può bastarci un generico rifiuto dell’Istituzione militare senza che ad essa si accompagni un altrettanto serrata critica del potere statuale e delle sue diramazioni.(...) Per quanto riguarda il postulato della repressione interna, essendo noi selvaggiamente ribelli alle cose esistenti, non possiamo che essere contrari a uomini e donne in divisa istituiti ed istruiti a farci accettare le cose così come stanno.” Come già diceva Malatesta all'inizio del secolo XX, e’ la fatalità del sistema, è la storia monotona delle relazioni tra gli stati e tra le classi, che durerà eguale a se stessa fino a che dureranno stati rivali e classi privilegiate che si contendono il monopolio dello sfruttamento. Dovunque esistano stati, eserciti, classi detentrici di potere che sfruttano classi più povere, capitalismo, le guerre sono inevitabili; solo un cambiamento radicale e una lotta sociale collettiva che porti all'uguaglianza di tutti gli individui potranno consentire all’uomo di vivere in pace e armonia, senza stati e senza eserciti, né poteri gerarchici e coercitivi. “L’antimilitarismo è la dottrina che afferma che il servizio militare è un’azione abominevole e micidiale, e che un uomo non deve consentire di prendere le armi all’ordine dei padroni, e nemmeno combattere, eccetto che per la rivoluzione sociale”. “Possiamo, dunque, dirci pacifisti? Sì, a patto che a questo termine non vengano concesse deroghe di sorta: ricerca della pace sempre, ma lotta mai pacificata ad ogni forma di sfruttamento e di dominio”.Ln sostanza da sempre come anarchici abbiamo rifiutato il servizio militare e abbiamo contestato le manifestazioni militari, in quanto contrari al sistema gerarchico e al principio di comando e di sottomissione. Siamo da sempre contro tutte le guerre e contro tutti gli eserciti, strumenti di repressione e terrore nei confronti della popolazione civile, con l'unico obbiettivo di difendere lo stato e i potenti di turno. E guarda caso di solito finisce che dopo che è stata fatta una guerra chi comandava prima comanda anche dopo o se cambia nome è sempre funzionale alle gerarchie militari ed economiche. Il nostro internazionalismo e la nostra opposizione intransigente ad ogni forma bellica ovviamente non potranno mai coniugarsi con il sostegno a regimi o a dittatori. Chi manifesta contro la guerra con il tricolore o in generale con bandiere nazionaliste sono nostri nemici come chi bombarda, affama e distrugge. Non ci interessa democratizzare le forze dell'ordine, non crediamo né in guerre umanitarie né in bombe intelligenti, vogliamo abolire gli eserciti. Le armi saranno sempre spianate sui nostri petti contro il nostro destino. Dovremo lottare per riprenderci le nostre terre, il pane, la libertà, il riposo, l'amore, la gioia, l'avvenire, il nostro posto nelle vita, il nostro posto nella storia. Insorgeremo nel nome della giustizia sociale, smetteremo di obbedire a stati, militari e governi di qualsiasi colore, solo così ci riapproprieremo delle nostre vite e assaggeremo finalmente la vera libertà. 4 Opuscolo antimilitarista Cenni Storici La nascita del pensiero antimilitarista anarchico ” Il patriottismo è un sentimento artificiale e irragionevole, funesta origine della maggior parte dei mali che desolano l’umanità. Tutti i governi, con una sfacciataggine sorprendente, hanno sempre affermato e affermano che i preparativi militari e le guerre stesse sono necessarie per mantenere la pace. “ L. Tolstoj Il Risorgimento costituì un fertilissimo terreno di sviluppo del movimento anarchico italiano, anche grazie all'influenza di Bakunin che per diversi anni soggiornò in Italia. Proprio dal risorgimento nacque uno dei primi anarchici italiani, Carlo Pisacane, che oltre ad essere un uomo d’azione, fu anche un intellettuale di grande sapienza. Lasciò numerosi scritti, ispirati all’anarchismo proudhoniano, in cui espresse il suo pensiero libertario, federalista e antiautoritario. L’arrivo di Michail Bakunin in Italia (Firenze, 1864) permise di gettare le basi dell’organizzazione anarchica italiana: nel 1866 fu costituita la Fratellanza Internazionale e un Comitato Centrale Italiano. Inizialmente il neonato movimento anarchico italiano ebbe un seguito non costante e, soprattutto, non sembrò incidere più di tanto tra le masse. Successivamente, nonostante le difficoltà, la sezione napoletana riuscì a fondare il primo giornale anarchico italiano, "Eguaglianza", che però fu soppresso dopo soli tre mesi. Sempre a Napoli, nel 1867, si costituì la Società dei Legionari della Rivoluzione Sociale per merito di Giuseppe Fanelli e Saverio Friscia. Nei primi mesi del 1868 si costituirono le prime sezioni italiane dell'Internazionale, una di queste, la Sezione di Catania, inviò Saverio Friscia come delegato al Congresso di Bruxelles. Le prime organizzazioni anarchiche si coagularono (soprattutto in Umbria, Puglia e Emilia Romagna) intorno a personalità di spicco come Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Pietro Gori, Francesco Saverio Merlino, Andrea Costa (che poi passò al socialismo parlamentare nel 1882), Luigi Fabbri e altri. Questo il clima italiano pone le basi anche dell'antimilitarismo, che però prende realmente piede a ridosso dell'inizio del Novecento. Mentre l'Internazionale dei lavoratori (L'Aia, 1872) sancì l'espulsione degli anarchici, la sezione italiana dell'Internazionale socialista, durante il congresso di Rimini (1872), stabilì il predominio, in Italia, degli anarchici rispetto ai marxisti. Il XIX secolo vide il primo tentativo italiano di insurrezione rivoluzionaria a Bologna (1874), che terminò con l’arresto di tutti gli insorti. Un altro tentativo venne attuato nel 1877, nella regione del Matese. Malatesta, Cafiero e altri fervidi anarchici formarono la cosiddetta Banda del Matese che si prefiggeva lo scopo di espropriare i possidenti terrieri e di attaccare ogni forma di gerarchia e di autorità presenti nel Matese. Queste iniziative iniziative, oltre alle difficoltà ad operare efficacemente alla "legalmente" (basti pensare al Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario nato nel 1891) determinò conseguentemente, la repressione del movimento anarchico e la fuga forzata di figure di primo piano come Cafiero, Merlino (alla fine del secolo questi divenne un teorico del socialismo libertario), Malatesta e altri. A livello europeo si profila una politica espansionista degli stati di tipo colonialista. E per portarsi avanti le guerre servono braccia armate. Gli eserciti nella storia si 5 Opuscolo antimilitarista Cenni Storici costituirono come forza repressiva atta alla difesa e alla protezione delle classi dominanti e dello Stato. Proprio nel corso del tempo, in contrapposizione alle istituzioni militari, si svilupparono pensieri e movimenti antimilitaristi. La vera natura della pace in Europa di fine Ottocento è ben illustrata dalla pacifista austriaca Bertha von Stuttner , premio nobel per la pace nel 1905, nella sua opera di fama internazionale Glosse alla storia del tempo , del 1896: “In mezzo alla profonda pace”, era un modo di dire, usato sino a poco tempo fa, quando si parlava della situazione europea. Tale situazione è cambiata improvvisamente. Oggi, devono ammetterlo tristemente tutti I fautori della pace, siamo nel mezzo di una guerra generale. (...)Le colonne dei giornali sono piene di bollettini militari su vittorie e sconfitte, avanzate e ritirate, su assalti e scontri, come le pagine di un diario di un generale di stato maggiore, e l'aria echeggia dei lamenti dei massacrati e dei rapinati. Morti, morti, morti: questa è pur sempre la fine di ogni saggezza politica, la meta di ogni entusiasmo patriottico. Morte e massacri ovunque; si intravedono per la prima volta le conseguenze economiche e politiche delle prime guerre “per l'esportazione della democrazia” che in realtà hanno ovviamente mire coloniali. I tumulti popolari che si generano per le condizioni pessime di vita legate alle scelte delle politiche vigenti, che si diffondono in quasi tutte le nazioni, vengono represse sanguinosamente, dagli eserciti. Un esempio su tutti, a Milano si arrivò addirittura alle cannonate sparate sulla folla dal generale Bava Beccaris, durante le insurrezioni per il pane alla fine dell'Ottocento, mentre la Spagna sperimenta I primi campi di concentramento nella guerra contro Cuba e gli inglesi la seguono a ruota nella guerra anglo-boera. Si sviluppa così, a livello internazionale un sentito clima, seppur costretto alla semi clandestinità in alcuni momenti, fortemente contrario alle aggressioni militari, agli eserciti, che riesce a coinvolgere anche il mondo letterario e quello artistico. Innumerevoli I numeri di riviste satiriche illustrate anche da pittori che poi saranno famosi come Juan Gris e Picasso, per esempio, che scelgono il tema dell'antimilitarismo come oggetto di satira da raffigurare proprio con l'intento di combatterla, così come personaggi letterati come Leone Tolstoj che si unisce alle voci della protesta esprimendo a pieno petto il suo pacifismo; voci che si incontreranno nel 1889 a Parigi per il primo Congresso Mondiale della Pace, a cui era presente anche Ernesto Teodoro Moneta, un ex-garibaldino che diverrà portavoce del pacifismo italiano. In ambienti socialisti e anarchici cominciano però, pochi anni dopo, anche le dure repressioni e gli arresti. La fine dell'Ottocento vede da una parte una forte corrente individualista che porta avanti la cossidetta “propaganda con il fatto”, contemporanea e conseguente alle istanze repressive che vengono attuate nei confronti anche di chi solo si dichiara anarchico o peggio ancora propaganda l'idea rivoluzionaria nei luoghi di lavoro, nella produzione di riviste e giornali politici o la diffonde parlando con la gente, figuriamoci con chi decide di agire con ogni mezzo necessario. Con l'affacciarsi del XX secolo dunque la propaganda antimilitarista riceveva nuovo impulso in tutta Europa, sostituendo alle caratteristiche tolstojane del rifiuto dell'obbedienza, da cui aveva tratti spunti e motivi umani assai validi, quelle dell'azione diretta “figlia della ragione e della ribellione”, così come affermava la mozione conclusiva del Congresso sostitutivo dell' Alleanza Internazionale Antimilitarista, convocato dagli anarchici ad Amsterdam nel giugno del 1904 con la divisa “né un soldo, né un uomo per il militarismo”. Gli antimilitatisti parteciparono al congresso con una dettagliata 6 Opuscolo antimilitarista Cenni Storici relazione presentata dalla redazione di La Pace di Genova, rappresentati da Dossena. Il rifiuto tolstojano come metodo di azione antimilitarista e pacifista, consolidato dall'ascendente di cui godeva il suo promulgatore a livello internazionale, si era diffuso anche in ambiente socialista, configurandosi come un'umana reazione al fragore della dinamite, ma anche come un riconoscimento di impossibilità di vincere la violenza organizzata dello stato mediante la violenta reazione di gruppi ed individui più o meno organizzati. L'antimilitarismo tolstojano penetra in Italia nel periodo reazionario ma è seriamente ostacolato dai motivi rivoluzionari che si ripropongono anche al Congresso internazionale solidale di Londra del 1896. Qui I delegati italiani solidarizzano con l'idea dei compagni austriaci che considerano utopica l'idea di sciopero generale in caso di guerra. La confusione di idee e propositi è notevole, diversi coloro che scelgono la via della diserzione e perciò passare la vita esule o ospite degli istituti penali militari, altri invece, come Malatesta si investono a tutto campo in questa lotta, altri ancora addirittura scelgono la via dell'interventismo. Si inizia a riconoscere, e quindi a rifiutare di conseguenza le teorie tolstojane, come indispensabile, l'uso della violenza rivoluzionaria: “ contro la forza fisica che ci sbarra il cammino, non v'è per vincere che l'appello alla forza fisica, non v'è che la rivoluzione violenta, condizionata dal “limite segnato dalla necessità” e dal sentimento dell'amore”. Malatesta, per esempio, si oppose con la lotta, anche violenta, a tutte le organizzazioni militari, quali esercito e polizia, e a tutti gli organi che le controllano e le gestiscono: in primis stato e magistratura. Io non sono un pacifista. Io lotto, come facciamo tutti, per il trionfo della pace e della fraternità tra tutti gli esseri umani, ma non ignoro che il disarmo non potrà essere realizzato se non attraverso il mutuo consenso, e quindi fintanto che vi saranno uomini pronti a violare la libertà altrui si impone a questi ultimi la difesa se non vogliono essere eternamente battuti; so pure che l’attacco è spesso, se non il solo, il più efficace mezzo per difendersi. Inoltre penso che gli oppressi si trovano sempre in stato di legittima difesa e che hanno sempre il diritto di attaccare i loro oppressori. Ammetto quindi che vi sono delle guerre necessarie, delle guerre sacre: queste sono le guerre liberatrici, come lo sono generalmente le guerre civili, vale a dire le rivoluzioni Altro personaggio profondamente convinto che solo senza esercito, senza soldati, senza gente che faccia il mestiere di esercitare la violenza sui propri simili, non è possibile il permanere di alcun privilegio, sia politico che economico. Finchè ci sarà un governo, finchè ci sarà un Parlamento, e quindi finchè ci saranno le leggi, occorreranno sempre gendarmi e soldati per far osservare queste leggi. Logicamente quindi chi combatte il militarismo combatte il sistema dell'autorità dell'uomo sull'uomo; chi vuol essere veramente antimilitarista deve finire con l'essere anarchico. Viceversa l'anarchico ha tutto l'interesse per la propaganda delle proprie idee, l'obbligo anzi di essere essenzialmente antimilitarista, essendo il militarismo la forma e la esplicazione più odiosa della violenza autoritaria e il primo nemico della libertà. fu Luigi Fabbri, che considerava l'antimilitarismo un'arma contro l'autorità e il privilegio ma anche un mezzo di educazione morale atto a preparare la rivoluzione futura in un ambiente intellettualmente e psichicamente corrispondente. Il carattere dell'antimilitarismo anarchico sta in questo come nel proposito di voler rispondere con lo sciopero generale insurrezionale alla guerra, così come aveva indicato il congresso dell'Associazione 7 Opuscolo antimilitarista Cenni Storici Internazionale dei Lavoratori del 1868 e quello di Amsterdam del 1907. E mentre si affermava in tutti i paesi europei nascevano, nei medesimi anni, gruppi e circoli operai di tendenza sindacalista rivoluzionaria e anarco-sindacalista. Le riviste sul tema più diffuse, oltre a La Pace di Genova portato avanti da Bartalini, Il Libertario di La Spezia diretto da Pasquale e Zelmira Binazzi, L'Università popolare, di L. Molinari, il Pensiero libertario diretto da Pilade Fantasia, il Combattiamo, di Scali, Spadoni, Sartici, il Popolino di Zamboni, L'Aurora di Zavattero, Il Pensiero di Fabbri e Gori, L'Allarme di Zavattero... solo per citarne alcuni. Nasce a Torino un Comitato centrale di coordinamento della sezione dell'alleanza che aprì la discussione sull'atteggiamento ideologicamente e tatticamente più conseguente e conveniente da tenere di fronte all'obbligo del servizio militare: propendendo taluni per la diserzione anche in tempo di pace, pronunciandosi altri, invece, per la necessità di guadagnare l'esercito alla rivoluzione mediante l'abolizione dello spirito patriottico e del clima autoritario. Del primo parere furono fra gli altri Novatore, Misefari, Fedeli e naturamente Masetti. Di parere contrario furono invece diversi organizzatori sindacali come Negro o Meschi, che parlava di antimilitarismo attivo. Ma la maggior parte degli anarchici faceva la propria posizione più tollerante ed equilibrata di Fabbri e Malatesta, secondo cui un metodo non esclueva necessariamente l'altro, nel senso che ogni antimilitarista doveva comportarsi con il suo temperamento e le sue attitudini, in relazione con le circostanze del tempo. Anima di questa campagna antimilitarista che trascinerà il movimento operaio italiano sul piano dell'azione diretta rivoluzionaria, furono un gruppo di donne anarchiche, tra cui le più impegnate furono Zelmira Binazzi, Nella Giacomelli, Leda Rafaelli, Amelia Legati, Adele Darvisi, Irma Guidaloni, Emma Pagliai, Ersilia Mazoni e Maria Rygier. Era alle donne del resto che la propaganda antimilitarista si volgeva con insistenza, come alle più sensibili esponenti della società. Uno degli avvenimenti cruciali della storia antimilitarista si realizzò il 30 ottobre 1911, quando il muratore anarchico Augusto Masetti, al momento di partire per limpresa imperialistica italiana Libia, nel piazzale della caserma Cialdini di Bologna, in un atto estremo di "insubordinazione con vie di fatto verso superiore ufficiale", sparò, ferendolo leggermente, al colonello Stroppa mentre il colonnello stava istigando i militari all’odio verso il popolo libico. La protesta dilagava e il sentimento contro la guerra aumentava anche per le denunce fatte da Rompete le file e dalla rubrica aperta da Mussolini sull'Avanti circa le rappresaglie avvenute in Libia dalle autorità contro i soldati ribelli. Questi fatti insieme a quello di Antonio Moroni - arrestato per le sue idee antimilitariste - determinò l’insurrezione della cosidetta settimana rossa. Particolarmente “effervescente” fu il movimento che si oppose alla I Guerra mondiale, di cui si approfondirà qui di seguito. Si ricorda inoltre, nell’agosto del 1917 si ebbero moti operai antimilitaristi a Torino, ammutinamenti di truppe in Francia, scioperi a Berlino (1918) e in altre città tedesche. In Gran Bretagna gli obiettori di coscienza furono trattati duramente, il filosofo Bertrand Russell fu allontanato dall’insegnamento presso il College di Oxford (1916) e successivamente arrestato (1918) sempre per propaganda pacifista e per il favore all’obiezione di coscienza antimilitaristica. 8 Opuscolo antimilitarista Cenni Storici Anti-interventismo e diserzione Quel che ci preme negare subito che vi possa essere il benché minimo rapporto tra individualismo anarchico e guerra, come qualcuno vorrebbe far credere. Anzi, proprio la tendenza individualista dell’anarchismo è quella che maggiormente si allontana dalle ideologie democratiche in nome delle quali si è compiuto il mostruoso connubio guerrafondaio in Italia. Monanni L’effervescenza rivoluzionaria del 1913-14 raggiungerà il suo culmine con gli eventi della Settimana rossa del giugno del 1914. Ma alla fine di quello stesso mese l’attentato di Sarajevo contro l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria spariglierà tutte le carte. Con lo scoppio della Grande Guerra si prospettano cinque anni di mattanza continentale, che apriranno un solco mai più colmato all’interno del ribollente milieu sovversivo prebellico. Nella gran parte dei casi, gli internazionalisti antimilitaristi e i sostenitori della guerra rivoluzionaria (e antitedesca, come da tradizione risorgimentale) non si incontreranno più, se non per scontrarsi. Le defezioni dal campo internazionalista sono rilevanti, più che numerose: oltre a Mussolini, spiccano i nomi di Paolo Valera, di Filippo Corridoni, leader dell’Unione sindacale milanese, di Alceste De Ambris, segretario nazionale dell’Usi, e, insieme a loro, di una parte ampia, ma comunque minoritaria, del sindacalismo rivoluzionario. In campo anarchico, a parte il caso di Massimo Rocca, l’individualista amoraleggiante già convintosi delle virtù emancipatorie del militarismo ai tempi dell’impresa libica, vanno segnalati Maria Rygier, che era stata incendiaria redattrice del foglio clandestino antimilitarista Rompete le file! e animatrice della campagna pro Masetti, e Antonio Moroni, tipografo, militante dell’Usm già inviato alle compagnie di disciplina ai tempi del servizio militare per insubordinazione. All’interno della cerchia più stretta dei sodali di Monanni e della Rafanelli passati all’interventismo, Oberdan Gigli, segretario della Cdl di Finale Emilia, collaboratore e amico della coppia fin dai tempi di «Vir», e Mario Gioda, futuro organizzatore del fascismo torinese. La scelta di Monanni, della Rafanelli e del gruppo dei giovani “franchi tiratori” è nettamente antibellicista. Leda scrive l’opuscolo Abbasso la guerra!, mentre Molaschi redige «Il Ribelle», che si oppone al giornale anarco-interventista «La Guerra sociale», anch’esso stampato a Milano: e già prima delle “radiose giornate” del maggio 1915, la contrapposizione verbale trascenderà in quella fisica. La polemica contro marinettismo, rivoluzionari convertiti e anarcointerventisti è violenta e Giuseppe vi prende parte esprimendo con forza le proprie convinzioni dalle colonne dell’«Avanti!» e del «Libertario»: Coloro che ora farneticano di guerra rivoluzionaria, di fine del militarismo, di reintegrazione delle singole nazionalità difettano almeno del senso reale della politica, altrimenti non direbbero simili sciocchezze. [...] Se il fatto della guerra li ha sorpresi, vuol dire che sognavano; se li ha convertiti, vuol dire che non erano convinti, se li ha confusi con quella folla variopinta di pseudo socialisti e sindacalisti che gridano compassionevolmente alla guerra, vuol dire che erano degni di quel pantano. […] Quel che ci preme negare subito che vi possa essere il benché minimo rapporto 9 Cenni Storici tra individualismo anarchico e guerra, come qualcuno vorrebbe far credere. Anzi, proprio la tendenza individualista dell’anarchismo è quella che maggiormente si allontana dalle ideologie democratiche in nome delle quali si è compiuto il mostruoso connubio guerrafondaio in Italia. Opuscolo antimilitarista Nel 1916 Monanni, disertore alla chiamata alle armi, ripara in Svizzera. Rievocherà in seguito Leda: Il mio compagno era individuo d’azione. [...] dopo un doloroso e profondo esame della situazione, decise di farsi disertore, di passare il confine, con quanto rischio tutti quelli che lo avevano preceduto lo testimoniavano. [...] Se andava in guerra perdevo tutto di lui, anche l’anima. Disertando restava quello che era sempre stato: un Anarchico Individualista, ed io lo approvavo in pieno accordo. A Ginevra, accolto dalla rete di supporto organizzata da Luigi Bertoni, Giuseppe Monanni si dedica a un’attività pubblicistica febbrile, scrivendo articoli per l’«Avvenire anarchico» di Pisa, l’«Avanti!», persino per la turatiana «Critica sociale» e per la rivista «Les Tablettes», edita dal gruppo ginevrino di avanguardia Entre nous del Cafè Vigny, mentre la sua corrispondenza con la Rafanelli, cui le autorità rifiutano il passaporto, viene intercettata per ordine del ministero dell’interno. La situazione in Svizzera è al tempo stesso drammatica, per le difficili condizioni dei rifugiati e per le notizie che giungono dai fronti di guerra, ma anche foriera di nuovi e proficui incontri tra esuli da tutti i paesi coinvolti nel conflitto. Tra gli altri, Monanni avrà modo di conoscere lo scrittore francese Romain Rolland e l’artista belga Frans Masereel, entrambi collaboratori delle «Tablettes». Un membro di quello stesso gruppo, l’austriaco Stefan Zweig rievocherà l’atmosfera ginevrina di quegli anni: A Ginevra subito la prima sera incontrai anche il piccolo gruppo di Francesi e dia ltri stranieri raccolti attorno ai piccoli periodici indipendenti [...]. Stringemmo intima amicizia, col rapido slancio che è di solito proprio soltanto dei giovani. Ma sentivamo per istinto di essere al principio di una nuova vita. La maggior parte dei nostri antichi rapporti si erano rotti per l’accecamento patriottico dei nostri sodali. Avevamo bisogno di amici nuovi, e poiché stavamo allo stesso fronte, nella stessa trincea spirituale contro il medesimo nemico, venne formandosi spontaneamente fra noi una specie di appassionato sodalizio; dopo ventiquattr’ore la confidenza reciproca era grande come se ci conoscessimo da anni, e già scambiavamo, come appunto si fa al fronte, il tu fraterno [...]; sapevamo che a cinque ore di distanza ogni tedesco che sorprendesse un francese, ogni francese che cogliesse un tedesco lo assaliva alla baionetta o lo ammazzava con una bomba a mano, ricevendone in cambio una medaglia al valore; [...] sapevamo che i giornali avversari parlavano soltanto con la schiuma alla bocca, mentre noi, un pugno d’uomini fra tanti milioni, non soltanto sedevamo pacifici alla stessa tavola, ma ci sentivamo stretti da lealissima, appassionata fraternità. Sapevamo in quale contrasto ci ponessimo così di fronte al mondo ufficiale, sapevamo, facendo aperta professione di quelle amicizie, di metterci in pericolo personale di fronte alle rispettive patrie, ma appunto il pericolo spingeva la nostra impresa ad un fervore quasi estatico. [...] Eravamo sin nel profondo dell’anima ben convinti che i traditori non eravamo noi.[...] la coscienza di essere tanto pochi e tanto soli ci stringeva ancor più petto contro petto, cuore contro cuore. Negli anni più maturi non ho trovato mai un’amicizia così entusiastica come in quelle ore di Ginevra ed il legame ha resistito a tutti gli eventi successivi. Nel 1917 si trasferisce a Zurigo, meta privilegiata dei disertori e degli internazionalisti di tutta Europa, Lenin e i dadaisti del Cabaret Voltaire, tra gli altri. L’anarchico friulano Attilio Coppetti, anch’egli disertore e rifugiato a Zurigo, ci restituisce un altro efficace quadro del periodo: Epoca 1915-1920 durante la quale Zurigo fu pure il centro di importanti lotte e sommosse popolari. Rivivo colla mente le cariche della Cavalleria, attraverso il quartiere popolare di Ausser Sihl e risuona ancora oggi nelle mie orecchie il crepitio 10 Cenni Storici delle mitragliatrici durante i tumultuosi e sanguinosi moti popolari dell’Elvetia-Plats. Piazza bagnata dal generoso sangue di proletari e insozzata dall’ombra di un sinistro edificio carcerario (“la casa dei morti” come l’aveva battezzata Emilio Grassino). Gli anarchici stretti attorno all’infaticabile Bertoni e al «Reveil» erano allora numerosi e attivi in tutta la Svizzera e particolarmente nella regione zurighese. Il più forte gruppo di Zurigo si era poi arricchito di una schiera di ottimi compagni italiani che, valicando le Alpi avevano saputo dire “No” alla guerra. Opuscolo antimilitarista Qui Monanni gestisce la Libreria internazionale di Zwinglistrasse insieme agli anarchici milanesi Francesco Ghezzi e Enrico Arrigoni, e pubblica il pamphlet A testa alta!, inno alla diserzione datato marzo 1917, un mese dopo la caduta dell’ultimo zar di Russia. A quel punto la situazione è incandescente persino in Svizzera, e la frase con cui si conclude l’opuscolo è ben esemplificativa del clima e delle aspettative che si erano venute a creare:“Non abbiamo disertato per poltrire, ma per agire; e confidando sul terribile ammaestramento che i popoli tutti subiscono per causa dei loro governanti, ci apprestiamo a quella che sarà la vera nostra guerra.” Nel maggio del 1918, con la tensione al culmine e destinata a sfociare nel primo sciopero generale nazionale svizzero, Monanni viene coinvolto nel nebuloso complotto delle “bombe di Zurigo” e arrestato come anarchiste dangereux insieme a un centinaio di disertori e anarchici, in gran parte di origine italiana, tra i quali Enrico Arrigoni, Luigi Bertoni, Carlo Castagna, Ugo Fedeli, Dario Fieramonte, Francesco Ghezzi, Eugenio Macchi, Bruno Misefari, Carlo Restelli. L’accusa muove dal ritrovamento di alcune bombe sul tracciato della linea ferroviaria di Zurigo per estendersi alla cospirazione insurrezionale e al trasferimento di armi in Italia, e Giuseppe è fra quanti resteranno più a lungo nelle prigioni elvetiche: la carcerazione preventiva, cui seguirà l’assoluzione per i fatti contestati e l’espulsione in Italia come soggetto indesiderato, dura infatti venti mesi. Consegnato alle autorità italiane e tradotto al carcere militare di Firenze, Monanni viene quindi processato e condannato per diserzione. Ma i tempi dell’ubriacatura militarista sembrano quanto mai lontani, e la pena detentiva sarà lievissima, appena qualche mese. Il Manifesto internazionale anarchico contro la guerra La pace tra gli oppressi e la guerra agli oppressori. E.Malatesta Alla metà del 1913 l'atmosfera è favorevole all'intensificazione dell'agitazione. Errico Malatesta, che è rifugiato a Londra da oltre un decennio, sente il mutare dei venti e torna in Italia, fondando un periodico ad Ancona, Volontà. Egli intuisce che fra le forze sovversive esiste un motivo di unità che se opportunamente utilizzato potrà trascinare gli stessi loro vertici verso la lotta rivoluzionaria concreta, così come essa è intesa dagli anarchici, in altre parole, nella lotta contro il militarismo, braccio armato di monarchia e stato. Fondamentale è il ruolo del rivoluzionario che non deve mai abbandonare i suoi principi e solidarizzare coi potenti, ma lottare contro questi per la loro distruzione. La violenza di polizia ed eserciti potrebbe servire da molla per una qualche insurrezione liberatrice, ma ciò sarà possibile 11 Opuscolo antimilitarista solo con la solidarietà tra le masse, infatti Cenni Storici in mezzo allo scatenarsi delle più feroci passioni, quando le masse inconscie si lasciano trascinare dalle malvagie suggestioni delle classi privilegiate a scannarsi tra fratelli, essi (i rivoluzionari) debbono più che mai invocare la pace tra gli oppressi e la guerra agli oppressori” Malatesta e gli anarchici non hanno mai avuto dubbi sul fatto che la guerra fosse inevitabile, in quanto le cause che la generano sono contenute nel sistema sociale, nella società, che si fonda sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, una società in cui il lavoro è tenuto in mano da pochi potenti, che come parassiti mangiano sulle spalle dei lavoratori, accumulando ricchezza e potere. Per mantenere questi privilegi si ricorre all’uso di eserciti e organi repressivi, che vengono accettati dal popolo, il quale si illude servano a mantenere la pace, riponendo in questo modo tutta la sua fiducia nello stato. Così facendo la massa popolare commette un grande errore, dato che, come ben sappiamo, stati ed eserciti servono ad opprimere e fare guerre, ed è per questo che gli anarchici sono risolutamente contro ogni guerra fra i popoli; […] il compito degli anarchici, è quello di continuare a proclamare che non vi è che una sola guerra di liberazione: quella che in ogni paese è sostenuta dagli oppressi contro gli oppressori, dagli sfruttati contro gli sfruttatori. Il nostro dovere è di invitare gli schiavi a rivoltarsi contro i loro padroni. […] a tutti i soldati ed a tutti i paesi che credono di combattere per la giustizia e per la libertà, noi dobbiamo dichiarare che i loro eroismi ed il loro valore serviranno soltanto a perpetuare l’odio, la tirannia e la miseria. […] In periodi così torbidi, noi dobbiamo mostrare a questi uomini la generosità, la grandezza e la bellezza dell’ideale anarchico: la giustizia sociale realizzata attraverso la libera organizzazione dei produttori; la guerra e il militarismo scacciati per sempre; e la completa libertà vittoriosa per l’abolizione dello stato e dei suoi organi di distruzione. Sulla questione dell’antimilitarismo Malatesta ebbe uno scontro epistolare con Kropotkin, il quale sosteneva che un antimilitarista, nel caso scoppi una guerra, dovrebbe sempre essere pronto a combattere, schierandosi dalla parte della nazione più debole che viene invasa, ” un antimilitarista non dovrebbe mai partecipare alle agitazioni anti-militariste senza fare nel suo intimo il voto solenne che se la guerra avesse a scoppiare, ad onta di tutti gli sforzi per prevenirla, egli darà tutto l’appoggio della sua azione al paese che sarà invaso dal vicino, chiunque egli sia”. Nel momento dello scoppio di una guerra, colui che viene chiamato alle armi, sosteneva Malatesta, è impossibilitato a riconoscere chi sia l’aggressore e chi l’aggredito. “ Kropotkin sembra che abbia dimenticato l’antagonismo delle classi, la necessità dell’emancipazione economica, e tutti gli insegnamenti anarchici, quando dice che un antimilitarista deve sempre essere pronto, in caso di uno scoppio di guerra, a prendere le armi per difendere il paese che sarà invaso. Ora, considerando l’impossibilità, per lo meno per il lavoratore, di verificare in tempo chi sia il suo aggressore, praticamente ne consegue che l’antimilitarismo di Kropotkin insegna al lavoratore l’obbedienza ai comandi del governo”. Malatesta ritiene che Kropotkin ripudi l’antimilitarismo, poiché crede che le questioni nazionali debbano essere risolte prima delle questioni sociali, ma le rivalità tra nazioni, i nazionalismi, l’antagonismo tra i popoli e gli orgni repressivi, sono gli strumenti più efficaci di cui dispongono stati e governi per tenerci schiavi e succubi del loro potere. 12 Opuscolo antimilitarista Le donne e l'antimilitarismo Le donne e l’antimilitarismo La pace che noi vogliamo è una pace diversa da quella studiata nei famosi quanto inutili congressi. La pace che noi aneliamo è la pace non di una nazione, ma la pace per tutti i popoli della terra. Noi non vogliamo le alleanze tra diverse frontiere percheè appunto per noi le frontiere non hanno luogo di esistere. Leda Rafanelli Un elemento molto importante da sottolineare, è che nelle prese di posizione contro guerre ed eserciti ci sono anche molte voci di donne, coloro che subiscono doppiamente, come sempre, le politiche colonialiste: in primis poichè le conquiste e le annessioni rievocano atteggiamenti verso l'invaso, il conquistato fortemente patriarcali, gerarchiche e fallocratiche, inoltre perchè è proprio sulle donne che si riversano le tragiche conseguenze delle guerre, la mancanza dei compagni di vita, al fronte a combattere o in esilio per sfuggire alla leva, le perdite dei figli l'assunzione di troppe responsabilità e l'ingresso forzato nelle industrie trasformatesi per la maggior parte per le esigenze belliche. Doveroso ripercorrere la storia anche da un punto di vista di genere, soprattutto alla luce della tematica purtroppo più che mai attuale del militarismo onnipresente all'interno della nostra società, che si giustifica ed autolegittima in virtù di una sicurezza che i mass media inducono a desiderare. Le politiche securitarie del nuovo millennio, dell'Europa come rinata super-potenza impegnata in costanti guerre globali, sociali e permanenti, trovano anche largo consenso in virtù di una fantomatica esigenza di protezione -o celata schiavitù?- della figura della donna. Se a livello di guerre e militarizzazione globale le donne subiscono i peggiori soprusi perchè considerate bottino e carne da macello di cui abusare senza ritegno dagli invasori, “portatori di democrazia”,a livello di politica interna si giustifica una sempre più ingente militarizzazione dei territori proprio con la scusa che le donne siano i soggetti sempre a rischio più alto di violenze e per questo bisognose di sicurezza e visibile protezione,esplicitamente virile e machista, in divisa verde militare, con arma in bella vista. Quale escamotage migliore per rendere “buono” un uomo armato che si aggira per le strade delle nostre città in assetto da guerra, con la mimetica e il mitra a tracolla, con cui ci si scontra faccia faccia dietro un angolo, se non facendolo passare come l' eroe in difesa dei più deboli, e quindi, secondo loro, ancora una volta in difesa le donne-madri-lavoratrici-sfruttate-studentesse...- bottino da salvaguardare dalle “invasioni barbariche” dei fenomeni migratori del nuovo millennio e considerarle al contempo figure incapaci di potersi autogestire la vita e la propria autodifesa?! E intanto aumentano le telecamere, le pattuglie nelle strade, la militarizzazione crescente anche delle mansioni dei vigili urbani e della polizia locale, sino ad arrivare alla presenza aberrante dell'esercito nelle strade, quasi un presagio che tanto rimanda a situazioni dittatoriali e fasciste da cui ci siamo “liberati” meno di 70 anni fa.. Il tutto farcito a decreti legge che criminalizzano e eleggono capri espiatori, altamente selezionati, nelle fasce più disperate e disciminate della 13 Opuscolo antimilitarista Le donne e l’antimilitarismo popolazione italiana, di cui primi in classifica gli “immigrati non regolari”. Ma questo è ancora un altro discorso, che verrà affrontato successivamente. E' anche per questo che risulta a nostro parere importante dare rilevanza anche e sopratutto a quelle donne che agli inizi del 900 trovarono il modo per esprimere con pensiero e azione la loro radicale opposizione al militarismo. Nel panorama di inizio secolo si accentuano infatti la presenza e il protagonismo delle donne nella scena culturale e politica. Accanto alle grandi battaglie per la protezione del lavoro femminile e minorile, assume sempre maggior rilievo anche quella contro la guerra. Nel 1900, il primo Congresso internazionale delle donne. Prolifera la propaganda e la diffusione di materiali sull'argomento, e le donne anarchiche pubblicano nel 1912 La donna libertaria e L'alba libertaria, di stampo separatista, che però ebbero breve vita. Cofondatrici insieme ai loro compagni furono invece Nella Giacomelli e Leda Rafanelli,due figure altamente significative dell'antimilitarismo anarchico. Altra protagonista di campagne antimilitariste fino al 1914 quando invece passerà all'interventismo, è la polacca Maria Rygier. I giornali prettamente femminili e antimitaristi si svilupparono dapprima in ambiente socialista per poi diffondersi tra le compagne anarchiche; particolarmente interessanti risultano interventi sulle riviste come La pace, Energia, la Sciarpa nera, La Voce della donna, la Questione sociale e La rivolta..e sicuramente un momento significativo del giornalismo delle donne libertarie fu la rubrica “Palestra femminile” de L'Avvenire Anarchico, animata in particolare da due operaie tessili autodidatte: Priscilla Fontana e la figlia Jessa Fontana Peroni. Che l'opposizione delle donne non solo non passasse inosservata ma fosse vista come una minaccia al pari di quella degli uomini lo dimostrano i procedimenti giudiziari, gli arresti e i sequestri di giornali di cui furono oggetto molte socialiste e molte anarchiche. La caratteristica che contraddistigue il linguaggio di queste riviste è la dialogicità, legata ad una modalità relazionale aperta al confronto con le altre donne, ma non escludendo il soggetto maschile che oltre ad essere interlocutore diviene protagonista e vittima del militarismo e delle guerre. La varietà di tipologie espressive e l'uso del mezzo letterario è stato anche il tratto distintivo degli scritti antimilitaristi della Leda Rafanelli, che si fa interprete della “voce del popolo”. Ad essi si alternavano articoli polemici che denunciavano non solo la repressione dell'apparato militare, ma anche il dramma degli eccidi proletari e la falsità del mito della patria. Su La Pace Leda si lascia andare a prose poetiche, esprime l'empatia con il dolore delle madri che hanno perso I figli in guerra e con il tormento dei soldati messi di fronte all'ordine di sparare ai giovani della loro stessa classe sociale. A loro direttamente si rivolge per incitarli alla ribellione: non senti tu passare sulla testa/il soffio grave della ribellione, / che mugge con fragore della tempesta?/ Tu tornerai, felice, alla bellezza/ del tuo mar, dei tuoi sogni, del tuo amore (...). Ma pensa allora ad altri madri afflitte / alle vite nel brutale / scontro di sangue...alle anime sconfitte/ E lotta e pensa e porgi nel fatale/ conflitto, aiuto a quei che l'alme invitte/ al trionfo donar de l'Ideale. 14 Opuscolo antimilitarista Le donne e l’antimilitarismo Altra voce Fanny dal Ry, convinta dell'importanza dell'educazione delle coscienze futuri e ipotetici soldati, osserva che l'obbedienza militare è il frutto dell'ignoranza e dell'automatizzazione del meccanismo dell'obbedienza passiva, che parte con l'indottrinamento e i sistemi disciplinari autoritari sui bambini. Gli anni 1912-1913 sono un periodo di intensa agitazione e propaganda. Nei primi mesi del 1912 Maria Ryger lancia la campagna “pro-Masetti” . Maria diviene immediatamente un vessillo dell'antimiltarismo e Nella Giacomelli per prima loda la “virtù dei buoni esempi” come quello rapppresentato da questa donna coraggiosa per le sue dichiarazioni rivoluzionarie e il rifiuto di difendersi davanti ai giudici. Quando, l'anno successivo, la Rygier rifiuta di chiedere la grazia dopo la condanna definitiva a 5 anni di reclusione, La protesta Umana inizia una campagna di solidarietà nei suoi confronti e all'esempio di Maria Rygier da spazio anche L'Alleanza. Leda Rafanelli, ormai figura di riferimento del movimento anarchico e attivissima collaboratrice dei giornali liberatri, esorta la necessità di lottare per le vittime politiche, tra questi i soldati colpiti da codice militare per le loro idee sovversive. E alle sue novelle antimilitariste si ispirano altre donne anarchiche, come Isolina Gamberini in Strazio di madre. La campagna antimilitarista di Maria Rygier, liberata in seguito ad un'amnistia, riprende nel 1910 dalle pagine de L'Agitatore, con la denuncia I delitti del militarismo; dopo pochi mesi però verrà di nuovo arrestata in occasione di un comizio antipatriottico. Tra il 1910 e il 1911 le voci delle donne sembrano affievolirsi: La pace è costretta ad un lungo periodo di silenzio tra la seconda metà del 1911 e la primavera del 1913 per le difficoltà dovute a sequestri e condanne. Provvedimenti di censura e arresti sembrano voler placare le proteste. Ma nel 1913 la Rygier viene rilasciata e riprende la campagna antimilitarista facendo uscire su L'Agitatore un articolo/manifesto dal titolo Perchè siamo antimilitaristi, che le sarà rinfacciato nel 1914 quando passerà, a seguito delle convinzioni herveriste, all'idea dell'interventismo. Intanto appare sulla stampa anarchica, a proposito della guerra italo turca, la lettera de La Donna, intitolata S'io fossi mamma..., in cui un'ipotetica madre si rivolge al figlio che decide di arruolarsi con toni accesi di cambiare idea sul suo destino, di non diventare un assassino, di odiare la guerra fra popoli e non fomentarla, in un linguaggio struggente ma che ben incarna lo strazio materno di quelle donne che si vivono questa situazione. Dunque non risulta vero che tutte le donne tacciono dinnanzi alla tragicità della guerra, anzi sulla palestra femminile de L'Avvenire Anarchico, Jessa Pieroni ancora una volta si appella alle iniziative delle madri, e mostra l'esempio di “brave compagne” che partecipano alle manifestazioni contro la guerra. Velia Belani invece richiama i “giovani compagni lavoratori” all'ideale internazionalista: Nostra patria è il mondo intero. (...) L'umanità è l'insieme di tutte le patrie, nelle quali, senza restrizione di frontiera, senza distinzione di razza, tutti gli uomini, tutti i lavoratori, tutti gli sfruttati, tutti gli oppressi, devono sentirsi fratelli. A volte negli scritti trapelano anche segni di pessimismo e sconforto, ma in compenso nasce un altro periodico, nel 1913, La Libertà, curato da Leda Rafanelli, che nei suoi articoli riversa tutta la passione di un anticolonialismo vivificato anche dalla sua scelta di conversione alla fede musulmana. Nel 1914 ribadisce, in polemica con la Rygier, il rifiuto dell'odio di razza e della difesa della patria, 15 Opuscolo antimilitarista Le donne e l’antimilitarismo nella quale gli anarchici non si riconoscono. Al contempo smaschera l'ipocrisia di chi, in nome della latinità, invoca il dovere alla difesa del Belgio aggredito e dell'aiuto alla Francia. Leda è sicura che le donne rivoluzionarie o indifferenti – che sono la maggioranza – sono contro la guerra, per ragioni naturali, sociali e superioriprima di tutto per l'istinto, anche se la propaganda patriottica fa leva sul'esibizionismo delle dame dell'aristocrazia. Jessa Pieroni manifesta la stessa amarezza. Ai suoi articoli Leda Rafanelli affianca l'appassionato opuscolo Abbasso la guerra, di cui verranno ripostati alcuni stralci per concludere, e quando a fine anno ormai appare chiara la volontà interventista dell'Italia le sue parole confermano a scelta di socialisti e anarchici di stringersi in un fronte compatto contro il nemico comune. Sembra impossibile. Siamo coinvolti in un turbine di avvenimenti che sconvolgerà tutto ciò che fino a oggi sembrava emergere e vivere per la storia. Sembra che tutto sia stato vano, che qualcosa di ineluttabile sospinga l'Europa contro un baratro: come una zattera sospinta da irrefrenabili correnti verso un ostacolo a cui darà di contro nell'inevitabile catastrofe.E' dunque vero. La guerra europea è una realtà. E i popoli tutti chiamati a raccolta daranno il loro sangue.(...) Abbasso la guerra dunque. Abbasso questa Nemesi cieca che passa come un turbine avvelenato, miete le migliori vite, e lascia solo chi ha voluto la strage a dividersi la gloria e il frutto delle rapine sui troni. Vorrei trovare le parole più acute e roventi per maledire, vorrei trovare la forza per unire tutte le braccia di noi liberi, di noi consapevoli, per respingere inidietro il fantasma della morte che minaccia di avvicinarsi. Indietro indietro! Noi amiamo la vita, noi vogliamo la vita.(...) Abbiamo sempre combattuto per questo naturale e sacro diritto, abbiamo sempre gridato contro l'abuso di autorità che ci privava della libertà di esplicarla intiera – abbiamo sempre maledetto il privilegio della proprietà che ci impediva di goderla tutta; abbiamo sempre negato i regni dell'aldilà solo con la speranza di un ipotetico poi, toglieva alle folle proletarie la combattività necessaria a vincere le lotte di questa guerra reale! E ora che – per la volontà di un gruppo di coronati, (...)una voce si alza a dire a milioni di uomini : Morite per noi! Andate correte dove la strategia della guerra vi destinerà. Laciate tutto ciò che è vostro, dai vostri padri ai vostri figli! Abbandonate tutto ciò che formava la vostra vita, dal vostro lavoro al vostro pensiero, andate a uccidere, per la gloria delle nostre corone , per la grandezza delle nostre dinastie. (...) Così dice oggi il grupo di teste coronate. E poi? ... poi il pallido cavallo della carestia, il cavallo nero della morte... Le fonti eterne della vta esauste, la dispersione di tutto ciò che è bellezza e amore. E questa rovina deve procurarsela il popolo, il proletariato che sarà il primo a combattere, il primo a soffrire delle terribili conseguenze! No, no, no! Abbasso la guerra, indietro la visione paurosa di sangue e di morte. (...) In quest'ora torbida non è possibile seguire l'episodio del singolo, ma solo per questo dobbiamo ricordare che il nemico ogni popolo lo ha dentro i confini della sua terra, e che quello, per primo, va combattuto.(...) Una causa da difendere, al di sopra delle politiche dei monarchi, noi l'abbiamo! Se dobbiamo impugnare delle armi, se dobbiamo uccidere o essere uccisi, ebbene che la nostra guerra sia per la libertà del proletariato tutto, contro chi ha voluto spingerlo al macello. Leda Rafanelli 16 Gaia e il Circolo dei Malfattori, Milano. Sul sito è reperibile tutta questa parte storica con note e approfondimenti.Per la stesura del capitolo Antinterventismo e diserzione si ringrazia il contributo di Valentina Beretta. Opuscolo antimilitarista La guerra in casa La guerra in casa Se un giorno, qualcuno mi chiederà dov’ero quando deportavano la gente, quando le ronde imperversavano per le strade, quando uomini e donne morivano in mare e nei cantieri, quando i caporali avevano i loro schiavi, vorrei poter rispondere che ero lì, con gli altri, a passare il deserto. Siamo in guerra. Una guerra su più fronti, che si coniuga nella neolingua del peacekeeping, dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce dell’emergenza, dell’ordine pubblico, della repressione. Gli stessi militari delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi delle torture e degli stupri in Somalia, dall’estate del 2008 sono nelle strade e nelle piazze delle nostre città. Guerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia. Lo rivela l’armamentario propagandistico che le sostiene. Le questioni sociali connesse all’immigrazione, coniugate sapientemente in termini di ordine pubblico, sono il perno dell’intera operazione. La guerra quotidiana diventa “normale”, un mero rumore di fondo. Viviamo in uno dei paesi più sicuri del mondo ma i politici e i media hanno creato lo stato di emergenza permanente. L’uso spregiudicato della cronaca punta a creare tensione, suscitare indignazione, trasformare la differenza culturale in disvalore. Il razzismo più becero vi trova un favorevole terreno di coltura. L’emergenza, descritta con pittorica violenza, fa da sfondo all’elaborazione del tema dell’immigrazione irregolare, del clandestino delinquente, contro il quale predisporre nuove strategie disciplinari. Il meccanismo è semplice, un cortocircuito ben congegnato: norme razziste mantengono sotto costante ricatto tutti gli immigrati. Quelli regolari schiacciati dall’equiparazione tra contratto di lavoro e diritto alla permanenza legale nel nostro paese e quelli senza carte, obbligati ad accettare qualunque condizione di lavoro perché privi di ogni tutela. Gli immigrati clandestini, tali per legge, devono essere perseguiti e quindi giustificano con la loro stessa esistenza l’introduzione di sempre nuove norme repressive. In questo modo i padroni hanno a disposizione un grosso bacino di manodopera ricattabile, flessibile, a buon mercato; lo stato, per parte sua, crea l’emergenza e poi mette in campo gli strumenti per fronteggiarla. In questi anni i tanti provvedimenti legislativi che hanno dato corpus giuridico ad un diritto diseguale sono il segno di una grave frattura simbolica e reale. Il nucleo assiologico che segna l’apertura della modernità – libertà/eguaglianza – pur costantemente disatteso nella concretezza delle relazioni sociali, era tra i fondamenti imprescindibili dell’ordinamento giuridico liberale. La negazione dell’uguaglianza giuridica – sebbene meramente formale – è il segno dell’affermarsi di un’ideologia differenzialista che ha i suoi teorici nell’estrema destra di ieri e di oggi. Si apre così la via ad una concezione polemologica delle relazioni sociali. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Gli sgomberi violenti dei campi rom, delle baraccopoli dei disperati, delle case occupate da immigrati, il pattugliamento nei mari e i naufragi delle navi dell’esodo clandestino sono operazioni 17 belliche. L’internamento dei rom in campi regolamentati, la prigionia amministrativa degli immigrati Opuscolo antimilitarista La guerra in casa irregolari, la deportazione forzata sono l’ultimo atto di una guerra feroce. Gli accordi con i paesi di transito o di emigrazione diretta riproducono logiche coloniali: i governi locali sono pagati per operazione belliche al servizio delle potenze che lo richiedono. Gran parte dei paesi del nord Africa svolgono funzioni di polizia per conto del governo italiano. Sono moderni ascari. La disumanità dei campi di concentramento in Libia è nota, ma chi governa – sia di destra o di sinistra – può scaricare sul solo perfido Gheddafi la responsabilità di un orrore compiuto per scoraggiare l’immigrazione nel nostro paese. Anime belle e duri propugnatori della tolleranza zero fanno le stesse politiche, vestendole con gli abiti più graditi al proprio bacino elettorale. Alla fine, si sa, siamo sempre brava gente. Italiani brava gente. Ieri l’altro l’occupazione coloniale della Libia ha fatto centomila morti: impiccati o uccisi da fame e sete nello stesso deserto, dove oggi fame, sete, violenza ammazzano i disperati che il mare e le truppe italiane mandano indietro. Il paradigma della guerra come operazione di polizia, con i militari affiancati da specialisti dell’umanitario, perché il fine dichiarato non è la tutela di interessi di parte ma la generosa difesa dei civili, rende sempre più labile la separazione tra guerra e ordine pubblico, tra esercito e polizia. L’alibi della salvaguardia dei civili è una menzogna mal mascherata di fronte all’evidenza che le principali vittime ed obiettivi delle guerre moderne sono proprio i civili. Civili bombardati, affamati, controllati, inquisiti, stuprati e derubati: è quotidiana cronaca di guerra. Poi arriva la “ricostruzione”, la creazione di uno stato democratico fantoccio delle truppe occupanti, l’organizzazione di esercito, polizia, magistratura leali ai nuovi padroni. È la prosecuzione con altri mezzi della guerra guerreggiata, obiettivo e insieme strumento di guerra. La costruzione di un nuovo modello polemologico era necessaria perché la tensione pacifista – sin dalla fine dell’ultima guerra combattuta nel nostro paese – era molto forte. Prima c’è stata la guerra “umanitaria”, l’intervento di truppe per soccorrere popolazioni stremate, incapaci di difendersi, strette in paesi in cui dominava il caos. L’aspetto “poliziesco”, pur presente, era ancora in secondo piano. La più emblematica delle guerre “umanitarie” fu quella in Somalia: peccato che le foto di torture e stupri abbiano un po’ sporcato l’operazione. La guerra irachena di Bush padre e quella per il Kosovo hanno segnato il primo salto di paradigma: l’intervento umanitario è garantito da un’operazione di “polizia internazionale”. In Kosovo e Serbia l’aviazione italiana ha bombardato per settimane case, ospedali, ferrovie, fabbriche, strade. Prima i militari, poi la Croce Rossa. Come nei CIE, ieri CPT, inventati dal governo di centro sinistra nel 1999, pochi mesi prima delle bombe su Belgrado. A volte le coincidenze… Da qui ad applicare nel nostro paese teorie e tattiche sperimentate dalla Somalia all’Afganistan il passo era breve. Se la guerra è filantropia planetaria, se condizione per il soccorso sono le bombe, l’occupazione militare, i rastrellamenti, se il militare si fa poliziotto ed insieme sono anche operatori umanitari il gioco è fatto. L’11 settembre, le guerre afgana e irachena chiuderanno il cerchio. Riappare il fantasma della guerra “giusta”, quella che si combatte per difendersi da nemici irriducibili, malvagi, feroci; per affermare la 18 Opuscolo antimilitarista La guerra in casa superiorità di un modello politico, culturale, economico, finanche religioso. In Afganistan e Iraq si combattono guerre in nome dell’umanità. Astrazione assoluta per una guerra assoluta, la guerra contro il nuovo impero del male. Una guerra totale, perché il nemico può solo distruggerci o essere distrutto. Non c’è spazio per le mediazioni, non c’è spazio per i neutrali. La guerra umanitaria, l’operazione di polizia internazionale, la guerra giusta, la guerra totale hanno di volta in volta modellato le politiche del governo contro il principale nemico “interno”, l’immigrato povero, e con lui, i miliardi di diseredati cui la ferocia di stati e capitale ha sottratto un futuro. Ma nessuna politica disciplinare, per quanto dura, regge a lungo senza un discreto margine di consenso, senza il plauso dei più, senza il sostegno di buona parte della popolazione. La sindrome emergenziale suscita incertezza, sospetto, paura e i peggiori rigurgiti identitari. La paura dell’altro crea il nemico, lo cristallizza nello stereotipo razzista dello straniero povero e delinquente e rende normale l’eccezione: dalle violenze della polizia ai militari in armi per le strade. I comportamenti criminali di polizia, politici, magistrati verso gli immigrati sono giustificati ed approvati da tanti, troppi. Le notizie che pur filtrano dai CIE raccontano di pestaggi, psicofarmaci nel cibo, cure negate, umiliazioni quotidiane. Le storie dei migranti nel nostro paese disegnano un paese di uomini e no, di chi ha qualche diritto e chi non ne ha affatto. Dentro e fuori le leggi. La sanzione giuridica della disuguaglianza, poiché le leggi sono rappresentazione ritualizzata dei rapporti di forza all’interno della società, è il segnale che il terreno del conflitto sociale sta spostando il proprio asse: lo scontro di classe cede il passo alla guerra tra poveri. La crisi economica rende più concreti i timori di chi teme di perdere il poco che ha, di chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, di chi ha contratto un mutuo e non riesce a pagarlo, di chi vive di lavori precari, pericolosi, malpagati. Tuttavia il disagio di molti non si indirizza contro chi lucra, giorno dopo giorno, sulle vite di tutti, per rivolgersi invece contro chi sta peggio. Se non sapremo sconfiggere la paura dei più e la rassegnazione di tanti altri il limite degli orrori pensabili, quelli relegati nel passato, potrebbe spostarsi ancora di più. La nostra società ha da tempo oltrepassato l’orlo del baratro: la discesa è sempre più rapida e violenta. Sul fondo muri robusti difesi da guardie armate non lascerebbero alternativa alla guerra civile. Per alcuni è ormai inevitabile e i giusti non potranno che scegliere la propria barricata. È possibile ma non auspicabile, poiché in una società spezzata in due, quando alla paura di questi fa da contrappunto la furia disperata di quelli, non c’è spazio all’anticipazione di un tempo altro, scandito dal ritmo della libertà e dell’eguaglianza. Eppure non ci sono alternative: o si cambia davvero o non si cambia affatto, se non in peggio. Tra le rovine non si vive, si sopravvive. L’anima della rivoluzione è fatta di conflitto e prefigurazione utopica, di rotture e sperimentazioni e si costruisce giorno dopo giorno nell’humus della solidarietà, nella condivisione di un nocciolo di valori, nel loro inveramento nella pratica. Stiamo attraversando il deserto e in fondo non c’è nessuna promessa. Ma il deserto si attraversa in molti modi e attraversarlo bene è importante quanto arrivare alla fine. Non c’è tempo, non c’è più tempo da perdere. Questa è una storia che si racconta facendola. 19 Maria Matteo La pace si fa a scuola Opuscolo antimilitarista LA PACE SI FA A SCUOLA? Chi dopo la morte vuole andare in paradiso e' chi durante la vita vuole avere il potere, e chi in vita ha il potere e' chi consola le sue vittime con la prospettiva del regno dei cieli dopo la morte (Erich Muhsam) QUESTO DOSSIER INFORMATIVO NASCE DALLA VOLONTÀ DI RIDAR VOCE AD UNA LOTTA ANTIMILITARISTA.PRENDENDO INFATTI SPUNTO DALLA QUESTIONE DEL TRAINING DAY SI DEDUCE QUANTO ORMAI SIA DI IMPORTANZA STRATEGICA LA MILITARIZZAZIONE INTERNA ED ESTERNA. CON OLTRE 8000 MILITARI SCHIERATI NELLE COSIDDETTE "MISSIONI DI PACE" ED OLTRE 3000 SCHIERATI NELLE CITTÀ ITALIANE, C'È SENZ'ALTRO BISOGNO DI RECLUTARE NUOVE LEVE. QUESTO ANCHE PER IMPLEMENTARE LA REPRESSIONE E, IN QUESTO SISTEMA, PER "FAR GIRARE"L'ECONOMIA. SOPRATTUTTO IN QUESTO PERIODO DI CRISI, SI STA PALESANDO ULTERIORMENTE LA NECESSITÀ DIINVESTIRE IN NUOVI PAESI, E LA GUERRA È SENZ'ALTRO IL MODO MIGLIORE.NON È UN CASO CHE, DOPO AVER PARTECIPATO ALLA GUERRA IN IRAQ, ORA L'ITALIA ORGANIZZA DA OLTRE DUE ANNI L'"ITALIANEXPO" A ERBIL, NEL KURDISTAN IRACHENO. COME SPIEGA IL SITO DI QUESTA INIZIATIVA (WWW.ITALIANEXPO.IT), QUESTA È UNA FIERA DI SOLE AZIENDE ITALIANE CHE, ATTRAVERSO L'AMICIZIA CON LE ISTITUZIONI IRACHENE (RICORDIAMO CHE ORAL'IRAQ È IN MANO AD UNA CLASSE POLITICA FANTOCCIO VOLUTA DAGLI OCCUPANTI ANCHE SE SPACCIATA COME ELETTIVA), VOGLIONO APPROFITTARE DELLE POSSIBILITÀ DATE DAL MERCATO ESTERO. TRA LE AZIENDE CHE HANNO PARTECIPATO A QUESTA FIERA ANNUALE IN IRAQ, TROVIAMO NOMI DI IMPRESE BRIANZOLE, VALSASSINESI E LECCHESI, AZIENDE CHE, DOPO I LOSCHI AFFARI CHE STANNO FACENDO IN IRAQ, APPOGGERANNO CERTAMENTE LA PROSSIMA GUERRA CHE L'IMPERIALISMO OCCIDENTALE DECIDERÀ DI AFFRONTARE. IL PROGETTO "LA PACE SI FA A SCUOLA", NATO NEL DICEMBRE 2006, INONDATO DI PAROLE FORTI E SINISTRORSE COME PACE, UMANITARISMO, SCUOLA, HA MOSTRATO FIN DA SUBITO IL SUO VERO VOLTO. INFATTI LE LINEE GUIDA, FIRMATE AD ASSISI ALLA MARCIA PER LA PACE DEL 4 OTTOBRE 2007 , PALESANO LA VOLONTÀ DI TRATTARE LE TEMATICHE DEI "CARI" MILITARI ITALIANI IN MISSIONE DI PACE, PARLANDO DI MISSIONE IN LIBANO COME MODELLO DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI. LA SCUOLA, CON QUESTO PROGETTO PRESENTATO DAL GOVERNO DI CENTRO SINISTRA, ORMAI SOLITO A PARLAR DI PACE E VOTAR LA GUERRA, SI MOSTRA ANCOR PIÙ GUERRAFONDAIA E VOTATA AL NAZIONALISMO AD OGNI COSTO. CIÒ CHE SI VUOLE FARE NELLE SCUOLE NON È INSEGNARE LA PACE, BENSÌ INCULCARE LA GUERRA PER "OTTENERE LA PACE". LUNGI DAL DAR VOCE A LOGICHE PACIFISTE, CI ACCORGIAMO PERÒ FACILMENTE DI QUANTO SIA MISTIFICATORIO PRESENTARE PROGETTI DI PACE APRENDO LE PORTE DELLA SCUOLA AI MILITARI E AI LORO BANDI DI ARRUOLAMENTO. QUI SOTTO RIPORTIAMO DUE CIRCOLARI, UNA DEL MINISTRO FIORONI AGLI STUDENTI, L'ALTRA DEL MINISTRO PARISI AI MILITARI ITALIANI IN LIBANO, DATATE 4 OTTOBRE 2007. 20 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola Lettera del ministro Giuseppe Fioroni Care ragazze e ragazzi, viviamo in un contesto internazionale caratterizzato da guerre, terrorismo, grandi incertezze per interi popoli, bambini e ragazzi che come voi dovrebbero poter avere il diritto di andare a scuola "in pace", vivendo con i propri coetanei, senza per questo rischiare la vita.Dopo l'11 settembre 2001, il problema del terrorismo è entrato di prepotenza nei pensieri e nelle preoccupazioni di tutti, gettando un'ombra di incertezza sul futuro. Spesso non pensiamo al fatto che ciò che per noi è scontato per molti vostri coetanei non lo è. La pace è un traguardo da raggiungere. Nasce dal rispetto della persona umana, dalla difesa dei suoi diritti, dalla giustizia e dalla verità, principi affermati in modo chiaro all'interno della nostra Costituzione. E' un compito della scuola aiutare i ragazzi a capire il valore concreto di una parola tanto citata, cercando di individuare i fattori concreti che ne favoriscono la costruzione quotidiana. E' un'illusione pensare che non ci sia un rapporto tra quello che accade tutti i giorni nelle nostre classi, nei nostri quartieri, nelle nostre città e ciò che accade nel mondo. La vita di ognuno di noi è in qualche modo collegata a quella di tutti gli altri uomini, ed ogni giorno ciò che facciamo può favorire oppure ostacolare la costruzione della pace lì dove siamo. Per questa ragione ritengo sia molto importante essere consapevoli che anche oggi centinaia di giovani rischiano la vita e sono impegnati nei nostri contingenti, sotto l'egida e la bandiera dell'Onu, in una zona tormentata come quella del Libano in una chiara missione di pace. A tutti quelli che sono stati inviati in tanti luoghi di conflitto ma che operano con lo stesso spirito e la stessa volontà di pacificazione, non può che andare la nostra riconoscenza nella consapevolezza che la promozione della pace non può essere ridotta alla semplice condanna a parole della guerra, ma che deve diventare un'azione positiva per risolvere conflitti già esplosi o impedire che ne nascano di nuovi. Se la pace, a volte, ha la necessità di vestire divise militari, è perché è un bene tanto prezioso quanto fragile e può essere costruita solo garantendo il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana e la difesa della giustizia. Così, mentre seguiamo i nostri soldati, chiamati anche per noi a interporre il loro coraggio fra contrasti ancora vivi e a prodigarsi per mitigarli, dobbiamo anche lavorare per far crescere nei giovani conoscenze capaci di progettare nuovi futuri. Avrete, forse, delle cose da dire, delle riflessioni e delle emozioni da comunicare. Non si è mai troppo giovani per capire le cose difficili e per fare qualcosa che serva a risolvere i problemi. Forse potreste mandare i segni della vostra amicizia e della vostra solidarietà non solo ai militari sbarcati in Libano ma anche agli studenti di quelle terre: perché le vostre parole, le vostre musiche, i vostri disegni e le vostre poesie li confortino e gli restituiscano speranza ed ottimismo. I nostri militari potrebbero aiutarvi a mettervi in contatto con studenti israeliani, palestinesi o libanesi costruendo ponti di pace fra scuole di Paesi diversi ma di un unico mondo. Preferisco piantarla qui con i suggerimenti, perché la vostra creatività è certamente più ricca della mia. Sappiate solo che, per supportare idee, iniziative e progetti, il ministero mette a vostra disposizione anche un portale www.lapacesifascuola.it che mi auguro potrà diventare un vero e proprio luogo d'incontro e di scambio, superando barriere di ogni tipo, anche geografiche. Proponete le vostre idee. Noi faremo il possibile per aiutarvi a realizzarle. Grazie di cuore. Lettera del ministro Arturo Parisi Cari militari del contingente italiano UNIFIL, l'iniziativa che il Ministero della Difesa ha condiviso con il Ministero della Pubblica Istruzione "La pace si fa a scuola" mi offre l'occasione di rivolgermi direttamente a voi grazie ai moderni strumenti della comunicazione. Strumenti che 21 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola consentiranno alle mie parole di raggiungervi rapidamente ovunque vi troviate, in Patria o all'estero, nelle missioni per la pace alle quali tanti di voi hanno dato, e continuano a dare, il loro contributo di volontà, di impegno professionale, di solidarietà, di umanità. L'iniziativa ci offre l'opportunità di allargare l'interesse e la partecipazione intorno ai temi della pace, della libertà, del rispetto dei diritti umani, estendendo i nostri orizzonti al mondo della scuola, a quello dei volontari civili, italiani e di tanti altri Paesi. Voi state operando per costruire quella pace. Un impegno straordinario al quale l'Italia è chiamata dal progetto di società che, nell'articolo 11 della Carta Costituzionale, ci chiede di rifiutare la guerra come mezzo di composizione delle controversie tra i popoli e, contemporaneamente, di spenderci in difesa della pace promuovendo e partecipando alle organizzazioni internazionali che perseguono questo ideale."La pace si fa a scuola", dunque, e voi, che i banchi di scuola li avete lasciati da poco per abbracciare la professione militare, state mettendo in atto questo grande progetto teso a contribuire agli obiettivi ambiziosi della Comunità Internazionale. Così fate, da anni, in tante aree di crisi in tutto il mondo. Così fate in Libano, puntando a consolidare la sovranità di quello Stato, affinché possa esercitare il pieno controllo sul proprio territorio. La nostra volontà, la nostra ispirazione e determinazione che l'articolo 11 ha definitivamente scolpito nella nostra Costituzione, deve purtroppo, ogni giorno, fare i conti con la realtà di un mondo che pacifico non è. E' anche compito del nostro Paese, perciò, adoperarsi fattivamente per il raggiungimento di un ordine internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Per questo dobbiamo essere in grado di utilizzare le nostre risorse militari per affrontare tutte le sfide e i rischi che gravano sulla sicurezza nostra e del sistema internazionale nel quale siamo inseriti. Questo vale ovunque la pace sia in pericolo ma innanzitutto nella regione nella quale la geografia e la storia hanno collocato il nostro Paese. Ricorrendo ad un esempio, ho sempre affermato che ciò equivale a partecipare allo spegnimento degli incendi che divampano nel campo del vicino, guidati dalla consapevolezza e dalla preoccupazione che le fiamme non raggiungano anche il nostro campo. Questo è il senso della nostra partecipazione alla missione ONU in Libano. Tutto questo si chiama solidarietà, si chiama impegno civile, si chiama desiderio di consegnare alle generazioni che verranno un mondo migliore, libero dai veleni della violenza, del terrorismo, della sopraffazione. La pace è figlia dell'unità delle Nazioni di tutto il mondo. E la prova che la Nazioni Unite hanno dato di fronte alla crisi libanese è un augurio per una azione internazionale sempre più forte ed incisiva, perché sorretta da comuni valori di pace, solidarietà e reciproca fiducia. Quei valori che voi difendete in quella terra per mandato della Repubblica e con l'apprezzamento di tutti gli italiani, apprezzamento rappresentato nel voto corale del Parlamento. Questo è anche un modo per trasmettere con l'esempio un messaggio importante: la difesa dei deboli e della convivenza civile è il fine della nostra azione, il fine dell'azione delle nostre Forze Armate. Trasmettere questo messaggio attraverso un comportamento coerente ed imparziale è un fattore di forza per una missione militare che è a favore della pace. A partire dall'iniziativa "la pace si fa a scuola" vi invito perciò a mantenere un contatto costante con il mondo della scuola, perché la vostra dedizione, la vostra sensibilità, il vostro comportamento coerente e il vostro rispetto per la vita umana, possano alimentare la nascita di fermenti nuovi e innescare circuiti virtuosi di sicuro effetto per la pace ed il benessere di tutti i popoli del mondo. Dimostrerete così che indossare l'uniforme e cercare la pace non è un paradosso, ma la condizione ordinaria delle nostre Forze Armate. SE QUESTO PROGETTO NASCE DALL'INCONTRO TRA I VARI MINISTERI, IN LOMBARDIA SI È 22 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola CONSOLIDATO E DETERMINATO ATTRAVERSO ACCORDI TRA L'UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE E IL COMANDO MILITARE DELL'ESERCITO, COME DIMOSTRA IL SEGUENTE PROTOCOLLOD'INTESA. COME VISTO, UNO DEI PUNTI IN CUI SI ARTICOLA "LA PACE SI FA A SCUOLA" È IL PROGETTO TRAINING DAY, RIPORTATO QUI SOTTO (TRATTO DAL SITOWWW.TRAININGDAY.IT): IL PROGETTO Il termine è inglese, letteralmente significa giornata di addestramento. Il Training Day non è però solamente una giornata d'addestramento. E' piuttosto un percorso formativo volontario, per gli studenti delle scuole superiori, che termina con una gara a squadre. Durante questo percorso gli studenti (..anche i docenti) e le Forze Armate hanno l'opportunità di conoscersi. Sport e gioco di squadra, prove tecniche e pratiche attraverso le quali gli studenti possono condividere i Valoripositivi che appartengono alle Forze Armate, Corpi dello Stato, Protezione Civile ed ai Gruppi Volontari di Soccorso. Il Training Day è strutturato come una gara militare per pattuglie, caratterizzata da un mix di prove attinte da diversi ambitiprofessionali (scolastico, civile, militare, protezione civile, soccorso). Per giungere preparati alla gara sportiva, gli studenti frequentano un corso di formazione della durata di 36 ore. Il corso è lo strumento didattico attraverso il quale si trasferisce ai ragazzi una comune preparazione su tematiche perlopiù sconosciute, ma è anche un percorso di condivisione delle esperienze e dei Valori con il personale istruttore. Il personale istruttore è costituito da volontari (Militari della Riserva, personale della C.R.I. e delle Associazioni d'Arma, da docenti e da esperti nelle varie discipline), ed è propriodurante il corso che i ragazzi entrano in contatto con le diverse realtà professionali (FF.AA. V.V.F, Associazioni d'Arma#.). Con il personale dello staff, i ragazzi condividono peculiarità, passioni esperienze, Valori. Le giornate formative si tengono prevalentemente al sabato pomeriggio, suddivise in lezioni teoriche (Diritto Umanitario, Cultura Militare, Tecniche e tattica ) ed attività pratiche sul campo (agilità, topografia, orientamento, primo soccorso, tiro, sopravvivenza, gestione pratica di emergenze, lavoro di squadra) Le prove sono strutturate come simulazioni e richiedono, ai concorrenti, un approccio di squadra, capacità di analisi, conoscenze e competenze pratiche. Gli ambiti professionali dai quali hanno origine le prove sono i seguenti: # Militare (tecniche operative) # Protezione Civile(emergenze) # Sanitario educativo # Sanitario operativo(soccorso) # Diritto e convenzioni # Storico e culturale # Scientifico Tecnologico # Ginnico Sportivo # Tiro olimpico # Tiro con l'arco QUANDO E' NATO Il Training Day nasce a Brescia nel 2005, grazie all'iniziativa del Prof. Roberto Viani, Maggiore della Riserva Selezionata. Nasce e prende forma anche grazie alla disponibilità e collaborazione dell'allora Distretto Militare e di una scuola secondaria superiore; l'Istituto Euroscuola. Alla prima edizione, parteciparono una quarantina di ragazzi dell'Istituto Euroscuola, ma le edizioni successive, videro raddoppiare i partecipanti, ( ottanta 23 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola nel 2006 e cento nel 2007) con il coinvolgimento crescente di altri Istituti Scolastici. E' nel 2007 che il Training Day viene "scoperto" dal Comandante Militare Esercito Lombardia Gen. B. Camillo de Milato ed esce dalla sua dimensione locale. Grazie alla lungimiranza dell'alto Ufficiale il progetto viene inserito nei cinque progetti contenuti nel Protocollo d'Intesa tra l'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia ed il Comando Militare Esercito Lombardia, siglato dalle due istituzioni il 13 settembre 2007. Il Training Day viene così promosso al rango superiore e diffuso nelle province lombarde. TRAINING DAY 2008 - LOMBARDIA L'edizione 2008 (regionale) si è arricchita di contenuti e naturalmente si è ampliata nei numeri. Tramite l'Ufficio Scolastico Regionale e quelli Provinciali sono state interessate tutte le scuole superiori secondarie delle 11 province della Lombardia. Si sono potuti organizzare Training Day a Bergamo, Brescia, Como, Milano, Pavia e Varese. La manifestazione nel suo complesso ha visto l'adesione entusiasta di oltre quattrocento studenti lombardi, provenienti da 30 scuole differenti della regione. Gli studenti si sono prima misurati sui diversi campi provinciali e poi le migliori pattuglie di ogni girone (6 pattuglie) hanno potuto accedere alla finale regionale che si è tenuta a Brescia il 23 maggio 2008. I ragazzi oltre al circuito di 25 prove allestito dallo Staff di Brescia hanno vissuto anche l'esperienza dell'accampamento. Infatti più di 130 persone, tra studenti ed Istruttori hanno condiviso la notte prima della gara sotto le tende allestite dalla Protezione Civile dell'ANA di Brescia. La gara finale è stato un innegabile successo, 132 studenti, 36 pattuglie di cui due formate da docenti hanno affrontato con intensità palpabile le simulazioni proposte. La manifestazione ha goduto della prestigiosa presenza di diversi reparti dell`Esercito, sia negli appuntamenti provinciali che alla finale regionale. Notevole contributo è stato fornito dal 3° Rgt. Bersaglieri e dal 3° Rgt. AVES "Aquila" ed in particolare dal 4° Rgt. Alp. Par. Monte Cervino e dal 10° Rgt. Genio Guastatori, che erano presenti alla finale regionale anche in veste di direttori di prova. Alla finale regionale che si è tenuta a Brescia, oltre al Comandante Militare Esercito della Lombardia Gen. di B. Camillo de Milato era presente il vice Comandante della Regione Militare Nord Gen. B. Paolo Sulcis, ed una rappresentanza dell'Esercito Svizzero, particolarmente interessata al tipo di manifestazione. Tra le autorità civili significativa la presenza del Prefetto di Brescia Dott. Francesco Paolo Tronca, del Presidente della Provincia Arch. Alberto Cavalli, del vice Direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale Dott. Paolo Franco Comensoli e del Dirigente Scolastico Provinciale Prof. Giuseppe Colosio. La gara e le premiazioni si sono svolte nel Tiro a Segno Nazionale di Brescia. L'ESPERIENZA INGLESE Il Training Day nasce da un'idea (Maggiore Roberto Viani) che ha voluto far incontrare per gioco ai suoi studenti, professione, passione e valori. Molto del progetto attinge comunque ad esperienze e 24 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola realtà simili, consolidate in Europa. Una su tutte si pone l'esperienza inglese. In Inghilterra la professione militare è un'Istituzione storicamente consolidata e totalmente inserita nello stile di vita di quella società. Società che da tempo punta notevoli risorse sulla formazione civica dei suoi ragazzi in età adolescenziale, sia durante il percorso scolastico (ciclo delle medie primarie e secondarie) che in quello universitario. Sono appunto attive in Inghilterra due organizzazioni ufficiali non militari, ACF (Army Cadet Force) e CCF (Combined Cadet Force), che hanno il compito di promuovere le Forze Armate nelle scuole pubbliche e private, rivolgendo il messaggio ai ragazzi dai 14 ai 18 anni (Cadetti). Sono associazioni sportive giovanili a tutti gli effetti e godono del supporto del Ministero della Pubblica Istruzione e Ministero della Difesa. Queste associazioni propongono ed organizzano una formazione vera e propria, articolata su lezioni teoriche e diversificate attività sportive e addestrative (1 weekend al mese e stage di 2 settimane all'anno ) che hanno lo scopo di sviluppare la crescita personale del giovane che contestualmente esplora il mondo delle forze armate. In tutto il Regno Unito sono attivi più di 1000 centri ACF/CCF (nelle scuole delle maggiori città ) e raccolgono più di 70.000 studenti nella fascia di età che và dai 14 ai 18 anni. Lo staff degli ACF e CCF è costituito da volontari adulti (circa 8.000) con background differenziato. Ne fanno parte militari in sevizio e della riserva (Territorial Army), insegnanti e genitori; tutti partecipano in forma volontaria. Naturalmente tutte le attività sono patrocinate e sostenute dalle Forze Armate (logistica, vitto, alloggio, equipaggiamento) e sovente le sedi addestrative dei ACF e CCF sono all'interno della basi militari dell'Esercito Inglese. Il Training Day, quindi ha molte analogie con l'esperienza inglese. Per il futuro si prevede naturalmente di estendere l'iniziativa a tutte le province della Regione Lombardia e di rafforzare il collegamento con il territorio ed il tessuto economico e sociale. Giocoforza che per far fronte ad un impegno così articolato e poderoso risulta indispensabile, allo staff organizzatore, disporre di adeguati supporti nonché un maggior contributo da parte delle Forze Armate, (es. riconoscimento della manifestazione quale attività promozionale e supporto logistico con mezzi, materiali e gadget). Naturalmente il tutto non può prescindere anche dalla sinergia con le istituzioni civili direttamente coinvolte quali la Pubblica Istruzione e gli Enti locali territoriali. ASPETTI INNOVATIVI L'Iniziativa, è indubbiamente coraggiosa e innovativa per il panorama italiano. Coraggiosa in quanto nasce proprio all'interno di una scuola e và a bussare direttamente alla porta della FF.AA. , un percorso decisamente controcorrente che si è reso possibile grazie ad una serie di fattori basilari: # la necessità alle nostre Forze Armate di ampliare notevolmente la visibilità all'interno della società civile (in particolare nella scuola) e di proporsi quale scelta professionale "alternativa" rispetto a quelle civili. La presenza di un docente/Ufficiale della Riserva Selezionata, ideatore e promotore del progetto. # La disponibilità di personale motivato e qualificato costituito prevalentemente da Militari della Riserva (Riserva Selezionata e Completamento, C.R.I.) che di fatto hanno rappresentato il nucleo centrale degli staff organizzativi, provvedendo direttamente all'organizzazione, all'allestimento, alla docenza ed alla concreta effettuazione dell'intero progetto. # Il superamento da parte del mondo scolastico di anacronistici preconcetti che ponevano su piani assolutamente incompatibili le Forze Armate e la Scuola. Quelli elencati sono alcuni degli aspetti generatori, la cui esistenza ha permesso la nascita e progressione della manifestazione. Il più eclatante rimane comunque la dimostrazione di capacità resa sul campo dai Militari della Riserva, che, stante l'appoggio rappresentato dall'"investitura ufficiale", di fatto hanno permesso al progetto di raggiungere gli obiettivi prefissati. Impegno, motivazione, entusiasmo non sono mai venuti meno nonostante le difficoltà di varia natura ( logistiche ed economiche). Il Training Day è quindi la dimostrazione palese del contributo che può offrire alle Forze Armate una riserva organizzata, disponibile ed aggiornata. Visto il successo raggiunto si può tranquillamente parlare di nuovo ruolo specifico per la Riserva Militare o meglio di naturale vocazione. A questo proposito è innegabile come, proprio per l'appartenenza ed il radicamento nella realtà del proprio territorio di residenza, il riservista si ponga infine come il soggetto ideale su cui poggiare il fulcro dell'attuazione di iniziative analoghe, patrocinate dal Ministero della Difesa e con la supervisione delle locali Autorità Militari, in un ipotetico scenario di organizzazione su vasta scala delle stesse. Magg. (Ris. Sel.) Roberto Viani docente Istituto Euroscuola di Brescia Responsabile regionale Training Day 25 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola IL TD VISTO DALLA SCUOLA L'impressione generale che ricavo da quest'esperienza è che qualunque cosa i ragazzi cercassero l'hanno trovata e che qualunque cosa abbiano trovato evidentemente mancava loro. Parlo per esperienza ventennale trascorsa negli istituti secondari di Brescia e provincia: mai ho potuto notare un tale apprezzamento per un'iniziativa proposta agli studenti dal mondo degli adulti; da rilevare innanzitutto, per coloro che hanno partecipato per la prima volta, l'adesione entusiasta iniziale, mai venuta meno durante le ore del corso di addestramento, scaturita dalla visione di immagini relative alle passate edizioni e dalla semplice esposizione delle attività proposte. Ho potuto notare l'iniziale curiosità e diffidenza tipiche del mondo giovanile nei confronti di un progetto forse per loro, almeno inizialmente, non del tutto chiaro, trasformarsi in fiducia ed apprezzamento nei confronti degli istruttori e delle attività proposte; ho notato altresì la progressiva consuetudine alle procedure di rito con cui si sono aperte e chiuse tutte le giornate di corso: scattare sull'attenti all'alzabandiera, scandire le parole dell'Inno Nazionale, conosciuto da pochi ma imparato all'istante dagli altri, attendere a riposo ed ascoltare in silenzio le disposizioni impartite. In sei giornate di corso nessuno dei 130 ragazzi ha mai pensato di filmare se stesso o gli altri e pubblicare il filmato sui ben tristemente noti siti web: segno che erano tutti evidentemente impegnati a "vivere" il momento piuttosto che pensare ad esibirsi nell' arena mediatica cibernetica. Nonostante fossero così numerosi, le operazioni finali di pulizia dei locali che ci hanno ospitato hanno richiesto davvero pochissimo tempo: anche il personale interno del Poligono si è dichiarato stupito dell'ordine e dell' educazione dimostrati: non che regnasse solo ordine e disciplina, ma piuttosto che tutti fossero calati in un ruolo nel quale nessuno voleva sfigurare, quello del giovane sì, ma con giudizio; dubito che le punizioni facessero seriamente paura, da quel che ho visto, gli studenti non volevano sbagliare e si sono impegnati in tal senso: l'impressione è che si siano calati in una parte che gli ha dato più di quanto si aspettassero, e prova ne sono i sorrisi radiosi catturati dalle numerose fotografie di cui siamo in possesso. In queste giornate li ho visti collaborare, scambiarsi opinioni, aiutarsi nei compiti più difficili, anche tra squadre diverse, tralasciando o meglio dimenticandosi volontariamente che si trattava di una gara nella quale vinceva chi sapeva e faceva meglio degli altri. Anche questo è importante: l'assoluta mancanza di uno spirito agonistico fine a se stesso. Certo, alcuni lati negativi tipici dello studente medio sono rimasti, come il non ricordarsi di portare con sè penna e bloc notes oppure perdere la tessera assicurativa necessaria per svolgere la gara, anche questo è successo, ma solo marginalmente e in misura estremamente ridotta considerando il numero dei partecipanti; personalmente sono rimasta stupita dalla loro capacità di apprendere argomenti e pratiche così lontani dal loro vissuto quotidiano e scolastico. L'aspetto più notevole è sicuramente la socializzazione che si è venuta a creare nella diversità: questi ragazzi sono davvero diversi in tutto e per tutto, essi provengono infatti da scuole "alte" come i licei classico e scientifico, da istituti tecnici vari, industriale, agrario, commerciale, professionale, da scuole pubbliche e private: sono diversi sia per età che per rendimento scolastico, ma con tutto quel che si può benissimo immaginare in quanto a rivalità pregresse e latenti, non ho mai visto segni di insofferenza o peggio; anche per quanto riguarda l'aspetto multiculturale, ho notato una sostanziale e concreta integrazione dei non pochi ragazzi stranieri nelle fila dei loro omologhi italiani, idem per quanto riguarda la presenza femminile, quantificabile intorno al 20% del totale: le ragazze, in particolare, hanno dimostrato una fermezza di intenti davvero notevole nel partecipare ad un'attività per loro sicuramente fuori dagli schemi. L'impressione finale è quella di aver partecipato alla realizzazione di un'aggregazione di giovani accomunati dalla medesima esperienza e dalla condivisione di un valore alto della società , compito, questo, precipuo della scuola, ma che quest'ultima, forse troppo chiusa nei propri processi educativi, non ha saputo autonomamente creare. Prof.ssa Marina Raggi Insegnante di italiano e storia ITC Astolfo Lunardi - Brescia Tutto è iniziato per "gioco", d'altra parte non esiste proposta migliore per ragazzi ,che passano il loro tempo fra scuola , casa, sport, musica, ozio, che non il gioco. L'istituto in cui insegno da anni, partecipa a numerose iniziative rivolte agli studenti in diversi ambiti, culturale,sportivo, competizioni specifiche come l'olimpiade della matematica, chimica, informatica etc ma mai prima d'ora si era 26 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola trovato coinvolto in una manifestazione del genere. Una gara a squadre che permette ai ragazzi di tuffarsi per una giornata intera nell'universo militare facendosi una scorpacciata di quanto visto in film, documentari storici, libri.etc.". Fantastico " è stato il primo commento dopo la prima giornata di corso. Eh si , per poter partecipare alla competizione finale si richiede la frequenza al corso preparatorio di 40 ore ( non è una passeggiata!!) in modo tale che il team organizzatore , coordinato dal prof. Magg. Roberto Viani , persona seria e competente, inizia a " temprare " i giovani studenti che hanno aderito all'iniziativa. L'aspetto che maggiormente denota la serietà del progetto T.D. è il percorso che i ragazzi devono svolgere per arrivare alla meta tanto desiderata. La giusta alternanza tra lezioni teoriche e pratiche ha motivato, in modo straordinario, anche i più "ostici" a stimoli esterni diversi dalla routine .Il contatto con realtà per lo piu' sconosciute come Croce Rossa, Protezione Civile ,Esercito in un ambito di comune senso di solidarietà e coesione d'intenti,ha "acceso" in molti di loro quello spirito d'appartenenza che oggi, nei giovani, sembra perduto. Ricordo con estremo piacere quando i ragazzi, tornando a scuola, dopo aver frequentato le lezioni del corso preparatorio, scambiassero opinioni con "toni"e "linguaggi" inusuali, come se di volta in volta cominciassero a capire che per meritarsi la partecipazione alla gara dovessero rispettare un etica comportamentale uguale per tutti ( educazione civica a scuola ??? ecco un esempio concreto vissuto sulla propria pelle).Non esiste metodo piu'efficace che provare in prima persona, apprendere e mettersi in discussione, cooperare in team, ,tutte situazioni che nella scuola attuale spesso non trovano spazio concreto di applicabilità. Un plauso all'iniziativa, al team organizzatore,alle scuole partecipanti,ai docenti accompagnatori, alle istituzioni coinvolte ma in particolar modo all'amico Roberto per aver "ideato" e concretizzato un progetto educativo che assegna ai nostri ragazzi un ruolo da protagonisti. IL PROGETTO DEL TRAINING DAY È ARRIVATO ANCHE A LECCO, NEL CORSO DI QUEST'ANNO.PER RIUSCIRE NELL'INTENTO DI PORTARE I MILITARI NELLE SCUOLE, L'ESERCITO SI È SERVITO DIVARI PROFESSORI LEGATI ALL'AMBIENTE MILITARE (AD ESEMPIO CHIEPPA DEL BOVARA) E DI PROFESSORI SEMPLICEMENTE DESTRORSI.UNA VOLTA PROPOSTO, PERÒ IL PROGETTO HA COINVOLTO ALTRI INSEGNANTI, DA QUELLI DI DIRITTO A QUELLI DI EDUCAZIONE FISICA, PERSONAGGI CHE PROBABILMENTE IN QUESTO PERIODO DI CRISI HANNO SUBITO DATO IL LORO ASSENSO PUR DI QUALCHE SORDIDO EURO IN PIÙ DI STRAORDINARI...CHE INTELLETTUALI!!!! IL PROGETTO È ARTICOLATO COSÌ: UNA SCUOLA, L'ISTITUTO PER GEOMETRI "BOVARA" PER LECCO, SERVE DA "POLO"PER TUTTE LE ALTRE SCUOLE DELLA PROVINCIA. IN QUESTA SCUOLA SI SVOLGERANNO LE ORE DI LEZIONE E LA MESSA IN SCENA FINALE. LE ALTRE SCUOLE PROPONGONO AI PROPRI STUDENTI QUESTO CORSO, CON LA COMPLICITÀ DI ALCUNI PROFESSORI, DIVIDENDO I PROPRI STUDENTI INTERESSATI IN SQUADRE. OLTRE A QUESTO, IL COMANDO DELL'ESERCITO SI IMPEGNA AD AVERE LA DISPONIBILITÀ DI UN POLIGONO, COMO OMONTANO LUCINO, PER SVOLGERE UNA GIORNATA DI ADDESTRAMENTO AL TIRO. QUI SOTTO RIPORTIAMO LA PRESENTAZIONE DEL PROGRAMMA TRATTO DA UN DOCUMENTO INPOWER POINT FATTO DAL BOVARA, L'ARTICOLAZIONE DETTAGLIATA DELLE ORE DI CORSO I NOMI DI TUTTI I PROFESSORI COINVOLTI. 27 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola T RAI NI NG DAY s tudenti in uniforme....... per gioco ISTRUZIONI ED EQUIPAGGIAMENTO: I partecipanti dovranno indossare abbigliamento consono alla manifestazione, (TUTA o SPORTIVO) con braccia e gambe coperte; è consentito l'utilizzo di uniformi di tipo militare policrome (mimetica). Le calzature dovranno essere di tipo ginnico. Essenziale che la suola sia con grip antiscivolo. E'consentito l'uso di zainetti nei quali riporre l'attrezzatura didattica, viveri e ricambi. E' consigliato dotarsi di Kway. Ogni pattuglia provvederà in proprio a dotarsi di bussola, coordinatometro, goniometro, notes per appunti, calcolatrice. L e c c o s a b a t o 9 ma g g i o 2 0 0 9 T RAI NI NG DAY Or a r i , s i t o e r e c a p i t i dell'evento 08.00 arrivo dei partecipanti a Lecco 08.25 Alzabandiera 08.30 inizio competizione 16.00 fine della competizione 16.45 cerimonia di premiazione 17.30 Ammainabandiera 18.00 piccolo rinfresco e saluti Tutte le attività saranno svolte all'interno della struttura dell'Istituto BOVARA di LECCO (SCUOLAPOLOdelTD09) Telefono: 0341282348 - Fa cs imi l e: 0341 286828 E-mail: [email protected]. Per ogni evenienza rivolgersi al responsabile TD provinciale E-mail: odissea881@infinitoit sito web: www.odissea881 . edilsitus.com per urgenze: gsm 3482324881 FINALITA' ED ELENCO PROVE E' un evento sportivo, pensato e creato per gli studenti delle scuole superiori. Giochi di squadra e sana competizione sportiva per avvicinare il mondo della Scuola alle Forze Armate, alle Associazioni d'Arma, alla Protezione Civile e ai Gruppi Volontari di Soccorso. E' una gara tra squadre composte da quattro elementi (PATTUGLIA) che si confrontano in diverse discipline fisiche, tecniche e di cultura generale. Tutte le prove si svolgeranno nella PALESTRA e nelle zone ADIACENTI, all'interno della struttura dell'Istituto BOVARA, le cui tematiche interesseranno i seguenti ambiti: ORIENTAMENTO e CARTOGRAFIA, TECNICHE OPERATIVE, TECNICHE D'EMERGENZA, PROTEZIONE CIVILE, SOPRAVVIVENZA, PRIMO SOCCORSO, STORIA, CULTURA GENERALE, DIRITTO, LINGUA STRANIERA ( ingl ese) ,AGILITA' e SUPERAMENTO OSTACOLI, RICONOSCIMENTO MEZZI, MOVIMENTO TATTICO, MARCIA. OGGETTO: Progetto "Training Day 2009" BERGAMO Il Comando Militare Esercito "Lombardia", rappresentato dal Comandante Generale di Brigata Camillo De Milato e l'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, rappresentato dal Direttore Generale Dottoressa Anna Maria Dominici, nel mese di settembre 2007 hanno stipulato un Protocollo di Intesa avente come obiettivi tra l'altro la promozione di azioni di cittadinanza attiva e lo sviluppo di attività informative per stimolare tra i partecipanti un'attitudine alla creatività e a motivare gli studenti nella pratica degli sport. A seguito di tale accordo, in alcune province della regione Lombardia, è stata organizzata la competizione sportiva "Training Day 09": un percorso formativo extradidattico, fatto di sport, cultura e giochi di squadra, che avvicina gli studenti alle Forze Armate, Corpi dello Stato, Protezione Civile ed ai Gruppi Volontari di Soccorso. Percorso di condivisione dei Valori che permette ai ragazzi di vivere in diverse fasi, una esperienza educativa. Per gli studenti è un occasione per condividere con questi uomini e donne, valori e professionalità, ma soprattutto virtù preziose quali disponibilità, altruismo, coraggio e senso del dovere. Ai Dirigenti Scolastici Istituti di Istruzione Secondaria di II grado Statali e non statali Ai Docenti di Educazione Fisica BERGAMO e PROVINCIA Nell'ambito della provincia di Bergamo, grazie alla collaborazione del Gruppo Sportivo Militare della Riserva Milano, dell'Unione Nazionale Ufficiali in congedo d'Italia e dell'Ufficio Scolastico Provinciale, è stato costituito uno Staff organizzativo che ha pianificato le attività formative per lo svolgimento dell'iniziativa. La didattica e contenuti dovranno essere improntati ad una ampia multidisciplinarità. I contenuti dovranno attingere dai seguenti ambiti: # Civico, Culturale, Storico # Tecnico Scientifico # Soccorso e Sanitario 28 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola # Sportivo # Protezione Civile # Militare Il Corso di Formazione e tutte le attività pratiche di formazione saranno concordate con il Referente di ogni Istituto scolastico e dovranno prediligere sistemi formativi di condivisione della materia, incentivando il lavoro di squadra, con verifiche e simulazioni che richiedano un approccio di squadra. Importante stimolare gli studenti all'iniziativa ragionata e alla scelta condivisa. L'attività formativa si concluderà con una gara a livello provinciale che designerà le cinque migliori pattuglie che potranno partecipare alla finale regionale che si terrà a Milano. Inoltre l'Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo, e lo Staff del Training Bergamo, condividono l'intenzione di progettare e promuovere congiuntamente # Il Progetto Civico - Culturale, concorsi collegati con mostre tematiche o con ricerche negli archivi storici # Il Progetto Solidarietà, con il quale i nostri studenti italiani aiuteranno altri studenti meno fortunati di paesi in guerra, nello spirito di una cultura di pace. Il progetto troverà attuazione attraverso la progettazione ad opera degli studenti di un opera (piccola scuola, ambulatorio), che poi si realizzerà attraverso la sinergia di sponsor ed Associazioni d'Arma o di Volontariato # Il Progetto Orientamento finalizzato a proporre informazioni al fine di presentare le proposte professionali della Forza Armata, con i relativi bandi di concorso. # Il Progetto Integra, educativo sanitario per promuovere tra i giovani stili di vita positivi, in maniera tale che lo studente si costruisca in modo progettuale il proprio stato di salute benessere. Per opportuna conoscenza, in allegato, si trasmette il programma provvisorio delle attività che sarà confermato nelle sue date entro poche settimane. DAL PERIODICO "LA VOCE DELL'UNUCI" UNUCI Monza e Brianza e UNUCI Milano Concludono il TRAINING DAY 2008 Domenica 20 Aprile al Parco Nord di Milano, 72 Ragazzi del Triennio dei Licei della provincia di Milano e 32 istruttori, tra Ufficiali Sottufficiali e Graduati, della riserva del Comando Militare Esercito Lombardia, hanno preso parte alla esercitazione conclusiva del corso di formazione militare TRAINING DAY 2008 della provincia di Milano. Parte del protocollo di intesa Scuola-Esercito stipulato tra il Comando Militare Esercito (CME) Lombardia e l'ufficio scolastico regionale della Lombardia, il Training Day 2008 della provincia di Milano (TD08MI) è un corso culturale, tecnico e sportivo della durata complessiva di 40 ore didattiche, che intende avvicinare il mondo giovanile a quello militare dell'Esercito, con l'intento di trasmettere i valori propri della Forza Armata, stimolare nei giovani senso civico e rispetto delle regole di convivenza, portare a conoscenza delle possibilità formative e professionali che l'Esercito offre ai giovani dopo la maturità. Una importante collaborazione tra il personale della riserva dell'Esercito, l'Esercito stesso, le associazioni d'arma e la scuola che mette le basi per nuove e più ampie sinergie nel futuro, per giungere anche in Italia come in molti paesi europei ad un impiego più organico del personale della riserva, indispensabile raccordo tra mondo militare e società civile. L'organizzazione operativa del TD08MI ben diretta dal Ten. Paolo Montali e dal Ten. Maurizio Parolini, con il supporto delle sezioni di Milano e di Monza dell'Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia e la partecipazione di varie associazioni d'arma della provincia milanese, tra cui ANA AN GET ed AN B, ha raggiunto l'obiettivo di coinvolgere molti studenti in un'attività che ha permesso loro di conoscere da vicino l'ambiente militare, 29 Opuscolo antimilitarista La pace si fa a scuola condividerne i valori divertendosi e conseguendo tra l'altro il brevetto di primo soccorso BLS ed i crediti formativi riconosciuti dai loro istituti scolastici. Il programma didattico, svolto in due sedi, una presso il CME Lombardia a Milano e l'altra presso l'ITC Maggiolini a Parabiago, ha sviluppato diversi argomenti culturali tecnici e pratici riguardanti le principali discipline militari dell'esercito: cultura militare, topografia, tecnica militare, primo soccorso, trasmissioni, sopravivenza, armi e tiro; inoltre si sono svolte quattro giornate addestrative sul campo presso il 3° Reggimento Bersaglieri di Milano, presso l'Ospedale Militare di Baggio, presso i poligoni TSN diMilano e Legnano e l'esercitazione di fine corso al ParcoNord. All'Ordine Alzabandiera, dato alle ore 08:00, nella locale sede di Bresso dell'Associazione Nazionale Alpini, a circa 120 organizzatori,istruttori ed allievi in uniforme schierati sugli attenti, è iniziata la prima esercitazione finale TRAINING DAY della provincia di Milano; dopo un breve briefing e la consegna della documentazione, gli allievi suddivisi in squadre di quattro, hanno iniziato l'esercitazione valutativa finale, configurata come una vera e propria missione militare con tanto di inquadramento operativo ed ordini di missione, per dare ai ragazzi la giusta tensione emotiva e sensazione realistica: in parole semplici, muniti di bussola e carta topografica le squadre devono percorrere a piedi un percorso di circa 7 chilometri all'interno del Parco Nord, raggiungendo punti prestabiliti, dove gli istruttori li attendono con le prove pratiche valutative. Una vera e propria avventura da condividere e superare in squadra, aiutandosi l'un l'altro, dove ragazzi e ragazze hanno dovuto affrontare prove quali: Osservazione Notturna, all'interno di un'aula oscurata si deve individuare e riconoscere con l'ausilio di un visore notturno, tipologia e numero dei mezzi militari osservati; Posto di Osservazione ed Allarme, esercizio di topografia dove si devono rilevare sul terreno, con la bussola, gli azimuth di obiettivi sensibili segnalati tramite foto, quindi determinarne la posizione sulla carta topografica; NBC, prova pratica e teorica sulla protezione da aggressivi chimici, batteriologici e radioattivi con test di indossamento della maschera antigas; Stima Distanze con binocolo militare, tecnica d'impiego del reticolo estimometrico del binocolo per determinare la distanza di obiettivi osservati; Ricetrasmissione Messaggio, prova pratica di procedura di radicomunicazione utilizzando apparati radio portatili. Superamento Ostacoli, un vero e proprio percorso sportivo-militare con indossamento imbragatura di sicurezza, superamento di un corso d'acqua tramite ponte ad una fune ventrale, quindi passo del Leopardo sotto filo spinato e ritorno su ponte di corda Tibetano; Primo soccorso, prove pratiche di rianimazione con simulatore umano; Tecniche di Sopravvivenza, come allestire una barella speditiva e chiedere soccorso utilizzando un razzo di segnalazione; Cultura Militare, una verifica con test a risposta multipla sulle nozioni apprese. La popolazione civile spettatrice della manifestazione durante una bella giornata di sole, mentre passeggiava nel parco, si è mostrata particolarmente interessata, entusiasta e partecipe, specialmente dove gli allievi si cimentavano nelle prove più spettacolari come il superamento ostacoli.Il Gen. Camillo De Milato comandante del CME Lombardia, promotore di questa attività che ha come scopo tra gli altri, la formazione comportamentale dei giovani, in specie per contrastare i fenomeni di bullismo nelle scuole, ha personalmente presenziato alla manifestazione ispezionando sul campo i vari punti del percorso e manifestando piena soddisfazione per come gli ufficiali dell'UNUCI di Milano e Monza abbiano messo in pratica le sue direttive. Al termine del percorso, un anello all'interno del Parco Nord, rientrati alla base di partenza nella sede ANA di Bresso le squadre si sono potute rilassare e fraternizzare sia tra di loro che con gli istruttori gustando l'ottimo rancio preparato con cura e dagli alpini dell'ANA locale, ricreando quel clima cameratesco tipico dei ranci campali. La cerimonia conclusiva di premiazione, condotta dal responsabile provinciale del Training Day Ten. Paolo Montali e dal vice Ten. Maurizio Parolini , davanti al comandante del CME Lombardia Gen. Camillo De Milato, alla responsabile provinciale della scuola per l'educazione fisica Prof.ssa Federgari, al Delegato Regionale UNUCI della Lombardia Gen. Mario Sciuto, al presidente del CUB di Bellinzona (CH) Col. Brunetti, al Presidente della sezione UNUCI di Monza e Brianza Cap. Aurelio Boroni , ha visto conferire un tributo a coloro che meglio hanno messo in pratica quanto appreso, tramite una classifica data dalla somma dalle valutazioni che le squadre hanno ottenuto durante l'esercitazione. Per la cronaca vince il primo Training Day 2008 della provincia di Milano la squadra n° 9 dell' ITI Ettore Conti composta da Occhino Crhistian, Pinelli Luca, Pitzalis Michele, La Luce Riccardo. Contributo dei compagni/e di Lecco 30 Opuscolo antimilitarista BASI USA L'occupazione militare in Sardegna Salude e libertade, non b’ada oro chi la paghe. (salute e libertà, non c’è oro che le valga.) 31 Opuscolo antimilitarista Basi usa Premessa Descrivere in poche pagine la presenza militare in Sardegna è quasi impossibile, la situazione nell'isola non è paragonabile a quella di altre regioni dove è massiccia la presenza militare (Lazio e Sicilia), infatti una percentuale che si aggira attorno al 70% dell'intera area occupata da militari nello stato italiano è presente nella sola Sardegna. È difficile calcolare l'estensione esatta del demanio e delle servitù militari a causa del fatto che le aree demaniali appartengono a varie istituzioni ed alla complessità della situazione riguardo alle aree soggette a servitù. Ci limiteremo a descrivere brevemente le installazioni più importanti ma si invita il lettore e la lettrice a tener presente che i vari impianti sono collegati tra loro in maniera funzionale (le grandi esercitazioni interforze avvengono su tutto il territorio dell'isola), che esistono molte piccole/medie installazioni sparse per il territorio (caserme, piccoli poligoni, depositi ecc., noi ne abbiamo contato 67 più o meno legati a quelli descritti in questa sede), che ci sono pesanti interferenze nella gestione civile dello stazio marittimo ed infine che la quasi totalità dello spazio aereo dell'isola è gestito direttamente dai militari. Come primo esempio della pericolosità di questo enorme apparato assassino ricordiamo un caso che ha avuto risalto anche nella penisola. Il 24 Febbraio 2004 un piccolo aereo privato Cessna si schianta sulle montagne dei sette fratelli dietro Cagliari. L'aereo era condotto da due piloti professionisti ed uno in volo di addestramento e trasportava due cardiochirurghi e un tecnico dell'ospedale Brotzu di Cagliari, che portavano con loro un carico prezioso: un cuore appena espiantato a Roma e destinato a un paziente di Cagliari in attesa di trapianto. Rinviati a giudizio per omicidio colposo due graduati di Decimomannu, pare che il pilota del Cessna sia stato costretto a seguire quella rotta rischiosa e difficile a causa di esercitazioni militari che si svolgevano fra i vari poligoni sardi (Quirra, Capo Frasca, Teulada) ed impedivano di seguire la rotta ordinaria. Il poligono di Teulada Iniziato a costruire nel 1957, il poligono permanente è affidato all'Esercito italiano, ed è messo a disposizione della Nato. Esso si presta alle esercitazioni terra-terra, mare-terra, terra-mare. E’ il secondo poligono d'Italia per estensione: 50 kmq permanentemente interdetti, 250 kmq temporaneamente interdetti per esercitazioni a terra, 450 kmq temporaneamente interdetti alla navigazione per esercitazione a mare. Queste aree sono normalmente impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra -mare. Una parte del poligono e dell'area a mare è permanentemente interdetta anche agli stessi militari per motivi di sicurezza. Per adeguare il poligono alle nuove esigenze belliche sono 32 Opuscolo antimilitarista BASI USA stati costruiti due villaggi, uno in stile serbo-ortodosso, l'altro in stile mediorientale. Negli ultimi anni si sono svolte alcune delle esercitazioni che la Marina Militare statunitense svolgeva a Vieques (Puerto Rico), prima di essere scacciata a furor di popolo. Durante la più importante esercitazione NATO, la “Destined Glory” si sono svolte devastanti manovre di sbarco anfibio. Nei cinquant'anni di vita dell'installazione militare l'elevato ritmo delle attività - sostengono i vertici delle Forze Armate - non ha mai concesso il tempo necessario per provvedere alla bonifica obbligatoria per legge dopo ogni esercitazione. Il territorio della base (al cui interno è compreso uno degli ultimi sistemi di dune naturali rimasti in Italia) è reso arido da bombardamenti e cannonate. L'elevato ritmo delle attività e l’accumulo di ordigni e di residuati inesplosi è tale da rendere il 40% della zona sotto servitù militare non più bonificabile. A fronte di una mortalità generale inferiore alla media regionale, viene registrata la prevalenza per il tumore polmonare in entrambi i sessi (dal 18% al 92%), e tra gli uomini i tumori totali (tra il 10% e il 19%), i tumori linfoematopoietici e il linfoma non Hodgkin. Incidenti noti 1964 un ragazzo muore dopo aver trovato e maneggiato ignaro un ordigno abbandonato dai militari. 11 febbraio 1978 un caccia-bombardiere USA sgancia, per errore, una bomba di due quintali su Capo Malfatano. 28 luglio 1998 truppe d'assalto in esercitazione superano i confini della base di Teulada e invadono lo stagno di Porto Pino, dove, in quel momento, si trovavano parecchi pescatori. Dicembre 2000 una mina viene ritrovata nelle acque di santa Margherita di pula. 1 giugno 2004 alcuni proiettili di grosse dimensioni sparati durante un'esercitazione finiscono sull'arenile della spiaggia di Sant'Anna Arresi tra il panico dei bagnanti. I tre bossoli erano senza esplosivo, ma ugualmente letali. 3 giugno 2004 una dozzina di pescherecci, dei porti di Teulada e Sant'Anna Arresi - che protestavano contro le penalizzanti limitazioni del diritto di pesca nell'area di mare prossima al poligono di tiro di Capo Teulada - si sono ritrovate nel bel mezzo di un'esercitazione militare. Secondo quanto riferito dai pescatori, i colpi di cannone sono arrivati a circa 200-300 metri dalle imbarcazioni. Costanti, inoltre, gli incendi provocati, all’interno e nei pressi del poligono, dalla caduta di missili fuori rotta ed esplosivi. Le lotte dei pescatori I pescatori di Teulada e Sant'Anna Arresi alla fine degli anni '90 con una dura lotta vincente hanno imposto il riconoscimento del diritto al risarcimento danni per le giornate lavorative perdute a causa del "fermo di guerra". A seguito di questo primo ciclo di lotte poterono pescare nel tratto di mare interdetto fuori dal periodo delle esercitazioni e ricevettero un indennizzo per le giornate di lavoro perse, per un massimo di 120 giorni all'anno. Dopo pochi anni dalla “tregua” venne esteso il tratto di mare sottoposto a servitù militare e fu proibito esercitare la pesca sotto costa anche al cessare delle esercitazioni in quanto, secondo il comando, pericoloso a causa degli ordigni esplosi e inesplosi presenti nell'area. Gli indennizzi non solo non vennero ricalcolati per i 365 giorni persi all'anno, ma non venivano pagati già da alcuni anni. Dal dicembre 2003 i pescatori ripresero la lotta articolata in diverse fasi: presidi agli ingressi del poligono, rallentamento del traffico militare, assemblea permanente al porto che , dopo alcuni mesi, sfociò in un’uscita a mare impedendo lo svolgersi delle esercitazioni. Nonostante multe salatissime 33 Opuscolo antimilitarista Basi usa per l'infrazione del divieto e le cannonate dei militari, nell'Ottobre del 2004 impedirono per una settimana lo svolgersi della più grossa esercitazione della NATO, la ”Destined Glory”. Stando alle cifre rese note dallo stesso ministero della Difesa la settimana di blocco costò ai militari perdite per 24 milioni di euro. Nell’ottobre 2004 il sottosegretario alla Difesa Cicu, pur di fare iniziare l'esercitazione, firmò ufficialmente l'accordo che prevedeva: il 100% della paga giornaliera invece che il 70%, 158 giorni lavorativi retribuiti, la bonifica dell'area interdetta e la possibilità di pescare nei periodi non interessati dalle esercitazioni. A marzo 2005 riprese il blocco delle esercitazioni per esigere il rispetto degli impegni sottoscritti da Cicu, mentre a settembre i pescatori cominciarono una protesta sotto gli uffici della Regione. Soru si era infatti rifiutato di firmare l’accordo perché la Regione Sardegna non era stata coinvolta nella stesura. Si raggiunse l’intesa e ai pescatori vennero accordati gli indennizzi degli anni 2003, 2004, 2005. A settembre del 2005 furono i pescatori di Sant'Antioco a bloccare l'esercitazione “Destined Glory” nel tratto di mare compreso tra Porto Scudo e Cala Zafferano. A seguito di queste proteste, l'esercitazione venne trasferita da Capo Teulada a Capo San Lorenzo (cioè al Salto di Quirra). Il Poligono Interforze del Salto di Quirra Nasce il 20 agosto 1956, con il nome di «Poligono di armamento aeronautico del Salto di Quirra» con base a Perdasdefogu. Il 25 ottobre del 1956 si ebbe l’inizio delle attività, nel 1963 il poligono divenne pienamente operativo e nella seconda metà degli anni ‘60 il Ministero della Difesa permise anche agli Stati stranieri di avvalersi della struttura. È il poligono più grande d'Europa, si trova nella Sardegna sud-orientale in un territorio compreso tra le provincie di Cagliari e Ogliastra, in un'area nota come "Salto di Quirra". Si estende sia sulla terra ferma che in mare. Le aree in uso si distinguono in totalmente interdette (demanio militare) e in zone sottoposte a servitù, che vengono interdette a seconda delle esigenze del poligono. In realtà le zone adibite a poligono sono due: un poligono “a terra", con sede a Perdasdefogu dove si trova il Comando (11.600 ha) ai quali vanno aggiunte le servitù di circa 3.600 ettari tra cui troviamo anche la frazione di Quirra; un poligono “a mare", con il distaccamento di Capo San Lorenzo, che occupa sulla terra ferma un'area interdetta di 1.100 ettari, e a mare un’ area che durante le esercitazioni può arrivare all'interdizione di ben 11.237 miglia quadrate, una superficie più grande dell'intera isola. Alla militarizzazione dello sterminato tratto di mare e delle zone terrestri corrisponde la militarizzazione dello spazio aereo. La gestione del poligono di Quirra è affidata alla società Vitrociset per 18 Milioni di euro l’anno. Al suo interno si sperimentano armi di tutti i tipi e si esercitano forze armate anche non appartenenti alla NATO. Le principali attività addestrative consistono in lanci di razzi e missili, sganci di bombe, esercitazioni 34 Opuscolo antimilitarista BASI USA a fuoco, test esplosivi, tiri di artiglieria, cavalleria dell’aria e addestramento incursori. Funziona anche come grande fiera-mercato dove industrie private effettuano prove, sperimentano e collaudano missili, razzi, armamenti e materiali da guerra e conducono organismi militari, i potenziali clienti, per le dimostrazioni promozionali delle armi. Nel prezzo di “affitto”, 50.000 euro all’ora (cifra fornita dal comandante del PISQ nell’ottobre 2003), è incluso il diritto d'uso del mare sardo come bersaglio e discarica di missili e razzi di vecchia e nuova generazione. Tra le altre cose le aziende private testano: motori e razzi vettori per il lancio di satelliti, test di resistenza dei gasdotti (ENI), test dei sistemi d’arma dell’Eurofighter. Di rilevanza strategica è anche la sperimentazione degli UAV, Unmanned aerial vehicles, aerei senza pilota, anche conosciuti come droni. Recenti documenti indicano il PISQ come “sede del futuro poligono di guerra elettronica”. Sono in fase di avanzata progettazione interventi di ammodernamento e potenziamento. Il poligono entra nella competizione globale, si propone come “Un sistema che può aumentare il peso internazionale dell’Italia”. L’obiettivo dichiarato è sbaragliare la concorrenza degli altri poligoni accaparrandosi nuovi clienti paganti, “Da qui uno studio elaborato a Perdasdefogu che propone il Salto di Quirra quale alternativa nazionale ai poligoni di Svezia e Sudafrica”. Ampliamenti previsti: un grande centro-poligono di sperimentazione aerospaziale nazionale da rendere disponibile a tutte le realtà nazionali, statali e non; creazione di una cosiddetta «striscia tattica» che prevede un aeroporto già in fase di realizzazione; realizzazione di una scuola piloti e di un centro di addestramento alla guerra elettronica (armi antimissile) per aerei ed elicotteri militari. Prove ed addestramento relativi alle nuove generazioni di caccia europei. La grave situazione sanitaria è nota come “Sindrome di Quirra”, le sue cause precise non sono note, anzi, un impenetrabile mistero sembra circondarle. L’unica cosa certa è che sono sicuramente conseguenza delle attività militari, non essendoci in quella zona nessun’altra possibile causa di inquinamento ambientale. Denunce insistenti dei medici di base, a partire dal 2001, hanno evidenziato tra la popolazione che vive e lavora nel perimetro interessato dalle esercitazioni del poligono (appena 150 persone) un tasso assolutamente anomalo di tumori emolinfatici letali (14 casi nel 2002, oggi sono 20) Nel 2002 emerge anche un dato sconcertante, le malformazioni neonatali nel paese di Escalaplano, limitrofo alla base, ben 8 gravissime in un solo anno (su 21 nati). Altre denunce relative a personale della base (militari e radaristi) morti per linfomi e leucemie fulminanti sono poi emersi nel corso 35 Opuscolo antimilitarista Basi usa degli ultimi anni. Le cause ipotizzate per spiegare questa grave situazione sanitaria sono state diverse, si va da inquinanti di tipo radiologico (uranio impoverito), chimico (nanoparticelle di metalli pesanti, diossine, etc.), elettromagnetico (forti emissioni dovute al sistema radaristico). Un altro fattore che mette in serio pericolo le vite di coloro che vivono nei pressi della base sono gli incidenti causati da aerei e missili impazziti che più volte hanno sfiorato la strage schiantandosi vicino a persone ed edifici. ncidenti noti 1957 primo caso di missile fuori rotta lanciato dal P.I.S.Q. 1977 sommergibile nucleare FSN 653 urta il fondale vicino all'isola di serpentara, fa rotta per la Maddalena in violazione agli accordi internazionali. 1978 caccia bombardiere lancia per errore una bomba che va a finire in prossimità di una scuola materna a Villaputzu. 29 agosto 1998 nei fondali di Cala Moresca, ad Àrbatax, viene ritrovato un ordigno. 12 giugno 1999 viene ritrovato un missile sul fondale di Porto Corallo, a Villaputzu. 31 ottobre 2000 ad Àrbatax, dopo giorni di ricerche, vengono ritrovati e fatti esplodere in mare due missili usciti fuori controllo. Nel 2003 il 16 aprile un missile Aster 3056 anziché dirigersi verso il mare aperto si dirige verso la terraferma, il sistema di autodistruzione evita la tragedia ma parte dei resti del missile viene ritrovata nei pressi di un ovile a Villasalto; in giugno due missili della classe Hawk59 perdono il controllo e finiscono uno nei dintorni della base di Quirra rischiando di uccidere quattro operai agricoli e l’altro sulla spiaggia di Murtas in piena stagione turistica; sempre in giugno nella spiaggia di Cea tra Tortolì e Barisardo alcuni bagnanti incappano nell’ogiva di un radiobersaglio; Ottobre un siluro viene ritrovato sulle spiagge di Àrbatax. Giugno 2006 collisione tra due caccia nel corso di un'esercitazione, uno precipita a pochi chilometri al largo di Costa Rey a Muravera. Periodicamente si sviluppano incendi in relazione all'attività del poligono. Aeroporto militare di Decimomannu L'aeroporto di Decimomannu, è situato a circa 25 km da Cagliari in direzione nord / nord-ovest. Grava principalmente sulle aree del Comune di Villasor ma anche su quelli di Decimomannu, Decimoputzu e San Sperate, con una superficie di 18,16 kmq, di cui 5,72 kmq di demanio e 12,44 kmq di servitù. L’aeroporto viene utilizzato da italiani, tedeschi, inglesi e americani, soprattutto per l’addestramento al tiro nel Poligono di Capo Frasca. Rientra tra le basi concesse segretamente 36 Opuscolo antimilitarista BASI USA nell’ottobre 1954 alla Nato e agli Stati Uniti. Decimomannu diventa a tutti gli effetti un aeroporto il 3 giugno 1940. La costruzione delle strutture attuali ebbe inizio nella primavera del 1955 secondo gli standard della NATO. L’aeroporto nel 1970 prese la denominazione di Centro Addestramento al tiro (CAT). Il 1° Luglio 1970, con determinazione dello Stato Maggiore Aeronautica, il CAT assumeva l'attuale denominazione di Reparto Sperimentale e di Standardizzazione al Tiro Aereo (R.S.S.T.A.). La Base è anche sede dell’AWTI (Air Weapons Training Installation) una infrastruttura dedicata all’addestramento con i vari sistemi d’armamento aria-aria e aria-superficie. Con il passare degli anni la Base è arrivata ad avere il più alto numero di decolli e atterraggi d’Europa, circa 450 movimenti giornalieri. Dal 1940, prima dell’effettiva nascita dell’aeroporto NATO sono presenti le flotte della luftwaffe. Nel 1957 ebbe inizio l'addestramento della Canadian Air Force (CAF), seguita negli anni 60 dalla German Air Force (GAF), e dall'Aeronautica Militare Italiana (AMI) alla quale si aggiunse verso la fine del decennio la United States Air Force (USAF). Nel corso del 1970 la CAF lasciò Decimomannu e fu sostituita dalla Royal Air Force Britannica (RAF) esercitatasi sino al 1998. Attualmente i due utenti principali sono la German Air Force (GAF) e l'Aeronautica Militare Italiana (AMI), ma non mancano gli ospiti occasionali che vedono la partecipazione di tutte le Forze aeree della NATO e di altre forze straniere come Israele. Poligono di tiro di Capo Frasca Poligono di tiro sulla costa occidentale dell'isola, utilizzato dalle aeronautiche e dalle marine italiane, tedesche e NATO per esercitazioni di tiro a fuoco aria-terra e mare-terra. Vi sono situati impianti radar, eliporto e basi di sussistenza. Occupa una superficie a terra di 14,16 Kmq e impegna un'area di sicurezza a mare di 3 miglia lungo la fascia costiera e di 3 miglia quadrate all’interno del Golfo di Oristano, quest'area è interdetta alla navigazione. Territori coinvolti: Arbus, Terralba, Santa Giusta, Oristano, Cabras e Riola Sardo. Le ricadute sul territorio comprendono il divieto di esercitare la pesca e la presenza di ordigni inesplosi in mare e in terra. Il paese di Sant’Antonio di Santadi è morto e la quasi totalità degli abitanti, espropriati dei terreni, è stata costretta a emigrare. Incidenti noti 4 Settembre 1969 un aereo della NATO mitraglia una barca da pesca della cooperativa del golfo di Marceddì, trapassando entrambe le gambe di Manfredi Catalano, pescatore diciottenne di Terralba. 23 maggio 2001 una barca da pesca viene affondata da un missile partito dalla base di Decimomannu. 14 ottobre 2005 strage evitata per miracolo, un caccia AMX appena decollato rischia di precipitare sul paese a causa di un guasto al motore in fase di decollo, riesce un atterraggio di 37 Opuscolo antimilitarista Basi usa fortuna in aeroporto. La cosa si viene a sapere solo nel gennaio 2008 per via di una onorificenza concessa dal presidente della repubblica al pilota. 20 ottobre 2005 un cacciabombardiere AMX diretto a Capo Frasca ha un'avaria subito dopo il decollo, il pilota scarica carburante e munizioni e dirige l'aereo in una zona di campagna prima di lanciarsi con il paracadute. Strage evitata per un soffio: l'aereo senza controllo ha sfiorato case di campagna e contadini al lavoro sui campi prima di schiantarsi tra i carciofi. La notte tra il 22 ed il 23 maggio 2006 due aerei caccia monoposto F16 dell'Aeronautica militare italiana decollati dalla base militare di Decimomannu si sono scontrati in volo e sono precipitati vicino a Capo Ferrato. È accaduto durante una missione di addestramento nell'ambito dell'esercitazione multinazionale "Spring flag 2006". La Spring Flag La Spring Flag è la più importante esercitazione aerea che l’Aeronautica Militare italiana organizza ogni anno assieme agli eserciti alleati della NATO. Decine di aerei e quasi 2000 militari si esercitano nei cieli della Sardegna e della Sicilia proiettando la loro azione sui vari poligoni sardi. Lo scopo delle esercitazioni, come spiegano i militari, è quella di prepararsi a costituire “coalizioni di volonterosi” (Coalition of the Willing) come si è chiamato il raggruppamento di eserciti che ha invaso e distrutto l’Iraq nel Marzo 2003. Gli eserciti presenti infatti appartengono in gran parte a stati belligeranti; oltre che dall’Italia i militari provengono da Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Spagna, Stati Uniti e Turchia. Se si esclude la Grecia tutti questi velivoli si addestrano oggi per bombardare e uccidere domani in Afghanistan e in Iraq. Nel 2006 a questa stessa esercitazione hanno partecipato persino le forze aeree israeliane, che due mesi dopo hanno bombardato le città Libanesi per tutto il mese di Luglio, massacrando migliaia di persone. La guerra d’altra parte vende bene e fa gola, tant’è vero che parteciperanno alle esercitazioni del 2008, come osservatori (e potenziali acquirenti di armi) gli addetti militari delle ambasciate di Algeria, Brasile, Egitto, Emirati Arabi, Finlandia, Giordania, Kuwait e Romania. La base USA della Maddalena-Santo Stefano-Tavolara Nel nord dell'Isola sia per pericolosità che per imponenza, spiccava la base USA della MaddalenaSanto Stefano-Tavolara oggi dismessa (si veda più avanti). Rifugio e punto di appoggio per i sottomarini a propulsione nucleare della VI flotta, armati con missili a testata termonucleare. La base è stata concessa, dal governo italiano a quello USA, in base ad accordi stipulati nel 1954- '72-'78-'79, tuttora coperti da segreto militare, ed è stata a tutti gli effetti un'entità extraterritoriale sottoposta alla giurisdizione USA. I suddetti accordi concedevano ed hanno concesso per decenni una libertà alle forze militari straniere che gli stessi ministri USA definivano “unusual” (insolita) e che la stampa isolana di allora definiva come “il patto segreto firmato da Belzebù”. Nel 1972, infatti, il governo Andreotti stipula con gli Stati Uniti un accordo bilaterale segreto che tra 38 Opuscolo antimilitarista BASI USA il luglio e l'agosto dello stesso anno porta all'approdo sull'isola della nave appoggio Fulton e dei sommergibili della 69 task forse della VI flotta scortati dalla portaerei Kennedy e seguite da un imponente dispiegamento di navi da guerra. Il 15 settembre il portavoce del comando della marina militare statunitense rende noto l'utilizzo dell'isola de La Maddalena: Base USA per sommergibili a propulsione nucleare. Le proteste si scatenano in tutta l'isola ma vengono ignorate o addirittura derise dai diversi ministri che si susseguono negli anni. Nel frattempo tramite inchieste e indiscrezioni viene resa pubblica la forza presente nell'arcipelago: nave appoggio anche detta nave balia ed i famigerati Hunter Killer, i sommergibili d'attacco a propulsione nucleare che posseggono inoltre la possibilità di far partire missili Cruise Tomahawk con la capacità di colpire postazioni nemiche o presunte tali con il loro potenziale nucleare sino a tremila Km di distanza. Tutto questo deposito nucleare ambulante è ovviamente stipato dentro la nave appoggio e gli Hunter Killer poiché se fossero stati stipati sotto roccia in territorio italiano la nazione ospitante avrebbe potuto esercitare dei poteri di controllo a cui evidentemente gli Stati Uniti non erano disposti a sottostare. Una breve cronologia dei fatti venuti alla luce 1972 la pericolosità, i rischi sanitari, i rischi di contaminazione radioattiva dell’ambiente connessi al sistema di propulsione nucleare, sono indicati chiaramente da numerosi organismi scientifici, alcune forze politiche e numerose associazioni di base. 24 febbraio 1974 trapela la notizia che l’equipaggio della nave-balia è stato sostituito a causa di una contaminazione radioattiva. 22 marzo 1974 il Messaggero parla di probabili tracce di cobalto nelle acque, nascono tre neonati con gravissime malformazioni craniche. 29 novembre 1974 il settimanale corso Kirn denuncia il ritrovamento di rifiuti radioattivi sotterrati a S. Stefano e individuati con rilevatori geiger. Il giorno successivo i Comandi militari americani rassicurano: «Ci sono, ma non sono pericolosi». 12 febbraio 1976 medici di base denunciano tre casi di cranioschisi (bambini nati senza il cervello) e percentuali in eccesso di patologie tumorali. 20 settembre 1977 il sommergibile americano USS RAY, a propulsione e armamento nucleare, urta violentemente il fondale marino a 70 miglia a sud di Cagliari, riportando danni che non saranno mai precisati, ma che devono essere di una certa gravità, visto che il sottomarino deve urgentemente ricorrere all'assistenza della base di la Maddalena, da dove il fatto trapela. L'opposizione alla presenza militare in Sardegna cresce. 25 luglio 1978 il Corriere della sera denuncia la presenza di cobalto 58 e 60, radio-nichel, radio-zinco e radio-ferro. 10 luglio 1981 si registra un altro caso di cranioschisi. 1984 l’organizzazione internazionale Greenpeace analizza in laboratori privati campioni raccolti nell’area e accerta la presenza di sostanze radioattive provenienti dalle attività dei reattori nucleari. Le lotte popolari e istituzionali per il monitoraggio 39 Opuscolo antimilitarista Basi usa ambientale e la copertura sanitaria si sviluppano al punto da non potere più essere ignorate. Il ministro per la Difesa Spadolini dà l’assenso e, rielaborando "politicamente" le indicazioni degli enti scientifici, pone la condizione che la rete di allarme e di controllo stia lontana dalle installazioni militari e funzioni una tantum. 1987 a 15 anni dall’installazione della base prende il via una rete di monitor rispettosa delle direttive ministeriali: pochi rilevamenti, due all’anno e ben distanti da sommergibili e nave-balia per difendere fantomatici segreti militari. 1990 una risoluzione della Commissione Affari esteri della Camera «impegna il governo 1) a rendere pubblici tutti i dati sul rilevamento della radioattività ambientale a La Maddalena, sia civili che militari, e le ragioni della loro insufficiente attendibilità; 2) a far conoscere alla popolazione il piano predisposto in caso d’incidente nucleare; 3) ad applicare la Convenzione internazionale sulla "notifica tempestiva di incidente nucleare", firmata in sede AIEA nel dopo Chernobyl, rendendola operativa anche in relazione alle attività che si svolgono a La Maddalena.» 1991 la polizia apre il fuoco durante una manifestazione antimilitarista ferendo un ragazzo. Aprile 2001 a trent’anni dall’installazione della base atomica. un medico della Maddalena denuncia «C’è un’alta incidenza di focomelia, rachischisi e tumori ipofisari. Non sono mai stati fatti studi seri per verificare se la frequenza di patologie derivanti verosimilmente da alterazioni genetiche abbia un rapporto con i segretissimi impianti militari dell’arcipelago, soprattutto quelli che hanno a che fare col nucleare. In un anno ho scoperto sei casi di tumori ipofisari in persone fra i 35 e i 45 anni». 22 febbraio 2003 ancora disordini tra polizia e manifestanti durante un'iniziativa pubblica contro la presenza della base. 25 ottobre 2003 incidente al sommergibile nucleare Hartford reso noto solo 18 giorni dopo da un giornale inglese. In seguito all'incidente l'istituto indipendente di ricerca francese “CRIIAD” rileva la presenza di TORIO 234 nelle acque antistanti l'isola di Caprera. Il TORIO 234 è un elemento della catena dell'uranio impoverito e risulta essere un componente del combustibile nucleare del sommergibile. In seguito all'incidente la marina Usa ha rimosso il comandante del sommergibile e adottato provvedimenti contro otto membri dell'equipaggio, dimostrazione implicita che si è sfiorata una catastrofe dalle dimensioni inimmaginabili. Dal marzo 2007, dopo 35 anni di presenza e servitù militare USA i soldati americani lasciano l'isola iniziando lo smantellamento delle strutture e delle attività che si completerà nel giugno 2008. Purtroppo l'isola continua comunque ad essere soggetta alla presenza militare in quanto di stanza nell'arcipelago sono sempre presenti numerose forze militari italiane, inoltre anziché restituire il territorio alla popolazione sono attualmente in corso d'opera enormi strutture turistiche (inizialmente sarebbero dovute servire per il G8) che probabilmente ridurranno l'ex area militare in 40 Opuscolo antimilitarista BASI USA una nuova riserva per vips simile allo sfregio della Costa Smeralda, un buon esempio di riconversione dal militare al civile. Guerra interna L'aeroporto militare di Elmas e l'annesso CIE L'aeroporto militare di Elmas nasce durante la prima guerra mondiale, poi dal 1928 inizia l'utilizzo anche come aeroporto civile. Il suo ruolo strategico militare è stato ampiamente ridimensionato dall'apertura dell'aeroporto militare di Decimomannu. Era la base del 30° Stormo Elmas che è stato sciolto in data 31 luglio 2002. La base di Elmas, è ora sotto il controllo del 41° stormo di Sigonella, che la mantiene attiva solo come base di manutenzione di aerei militari. Fedeli alle promesse di riconversione al civile delle strutture militari in dismissione, il 04/06/08 viene inaugurato il C.P.T attualmente trasformato in CIE per decreto del ministro Maroni. È sito all'interno dell'area militare in parziale dismissione, il controllo della struttura è affidato alla Polizia mentre il perimetro esterno è controllato dalla Brigata Sassari. Viene utilizzato per la detenzione e identificazione di immigrati “clandestini” e come centro di “accoglienza” per i richiedenti asilo politico. I posti ufficiali sono 220. Fino ad ora (si attendono gli esiti del bando per la gestione del 2009) il lager è stato gestito dalla Società trapanese “Connecting People” e dall'associazione locale “Consorzio Solidarietà”, mentre per quanto riguarda lo sfruttamento dei richiedenti asilo l'associazione locale “Cooperazione e confronto” e la “Caritas”. Breve cronologia degli avvenimenti principali 17/09/2008 scoppia una rivolta al CPT di Elmas, i detenuti devastano gli ultimi due piani della struttura rendendola inagibile. 18/07/2008 un piccolo gruppo di antirazzisti è riuscito a raggiungere il cancello d'ingresso della zona presidiata (in territorio militare) srotolando striscioni sui reticolati e scandendo slogan al megafono in inglese francese e italiano, in solidarietà con gli insorti. 26/11/2008 Cinque algerini riescono ad evadere dal CPT. Ultimi mesi del 2008 casi di tubercolosi ed epidemia di scabbia mai o mal curati dai medici ed assistenti del CPT. 01/09 ormai confermata la trasformazione in CIE (centro di identificazione ed espulsione). 41 Opuscolo antimilitarista NO F35, Novara Gli F-35: nuovi strumenti nelle mani dei killer di stato. Ormai la decisione è stata presa in forma definitiva. Il fantasma della sovranità popolare si è espresso: l'8 aprile 2009 le commissioni difesa della camera dei deputati e del senato hanno dato parere favorevole in relazione al documento presentato dal governo relativo all'acquisto di centotrentuno F35 ed alla costruzione della linea di assemblaggio dei medesimi cacciabombardieri. La fabbrica della morte che servirà a mettere insieme i pezzi dei succitati cacciabombardieri di ultima generazione dovrebbe essere collocata dentro il recinto dell'aeroporto militare di Cameri, che si trova a pochi chilometri da Novara. Dentro questo aeroporto, che quest'anno festeggia i suoi cento anni di vita, si fa già da tempo un'opera preziosa per le forze aeronautiche italiane: infatti si fa la manutenzione di F-16 Falcon, di Tornado, di AM-X e, da poco, pure degli Eurofighters (i caccia europei di nuova concezione). La linea di montaggio degli F-35 si aggiungerebbe ad opere di morte già pienamente operative. Entro l'inizio del prossimo anno si deve iniziare a costruire lo stabilimento in questione, che verrà condotto dalle società capofila dell'impresa: da un lato la famigerata multinazionale statunitense Lockheed Martin, dall'altro il suo principale partner italiano, cioè Alenia Aeronautica del gruppo Finmeccanica. Gli F-35 sono cacciabombardieri monoposto, stealth (cioè invisibili ai radar), capaci di portare a bordo pure armamento nucleare e dotati di una strumentazione avionica ed elettronica davvero d'avanguardia. Verranno costruiti in tre versioni diverse: un modello a decollo ed atterraggio normali, uno a decollo verticale, uno a decollo ed atterraggio brevi fatto apposta per le portaerei. Gli F-35 si presentano come gli aviogetti dominatori della loro categoria per i prossimi decenni: perfetti strumenti di morte costruiti apposta per attacchi al suolo di ogni genere. Strumenti per fare terra bruciata nei territori dei nemici, per preparare invasioni, per stanare e distruggere truppe avversarie, per fare (certo per errore) stragi di popolazioni civili un po' dappertutto nel mondo e specialmente in quelle regioni riottose al dominio dell'Impero d'Occidente. Gli USA ne acquisteranno circa duemilacinquecento esemplari. L'Italia, come detto poco sopra, centotrentuno. Diversi altri paesi, tra i quali Regno Unito ed Israele, hanno fatto i loro ordinativi, seppure provvisori e subordinati alle politiche di bilancio dei prossimi anni. 42 Opuscolo antimilitarista NO F35, Novara All'impresa partecipano diversi paesi alleati degli USA; non partecipano però, tanto per fare pochi esempi, Germania e Francia. In Italia diverse imprese saranno coinvolte nella costruzione dei pezzi che dovranno poi essere assemblati a Cameri. Si è parlato inizialmente di una quarantina di siti industriali dislocati in dodici diverse regioni. Ora forse il numero è ridimensionato. Tuttavia l'impatto sul tessuto produttivo nazionale non dovrebbe essere irrilevante. L'Italia ha programmato la spesa di poco meno di due miliardi di euro per lo studio e l'avvio della produzione dei nuovi cacciabombardieri. Ovviamente tutti denari dei contribuenti, mentre alle imprese coinvolte resteranno gli eventuali utili. Ma è la dimensione complessiva del progetto a stupire: tanto per citare un'altra cifra, l'intero programma costerà agli USA circa trecento miliardi di dollari. I maggiori esperti e lo stesso sottosegretario alla difesa dell'ultimo governo Prodi, Forcieri, hanno definito tale progetto come la più grande e costosa impresa di costruzioni aeronautiche di tutti i tempi. E l'Italia ci si è ficcata dentro fin dall'inizio: non poteva certo sfuggire un'occasione del genere. Con logica perfettamente bipartisan, i vari governi che si sono susseguiti negli ultimi tredici anni si sono impegnati nei passi necessari a mandare a buon fine la cosa. Ha cominciato nel 1996 l'allora ministro della difesa del primo governo Prodi, cioè Andreatta. Si sono compiuti ulteriori atti necessari nel periodo del governo D'Alema, nel 1998, e poi pure in quello di Berlusconi nel 2002. La firma definitiva sulle pagine dell'accordo bilaterale tra USA ed Italia l'ha messa il già citato Forcieri, diessino e sottosegretario alla difesa dell'ultimo governo Prodi, nel 2007. Ora è arrivato il momento di tirare le somme. L'ultimo parere parlamentare dell'8 aprile 2009 ha avviato la fase conclusiva delle operazioni che porteranno alla costruzione della fabbrica della morte dentro il recinto dell'aeroporto militare di Cameri. Se davvero l'Italia ne acquisterà centotrentuno, i conti sono presto fatti: circa quindici miliardi di euro per l'intera operazione. Una bella somma specialmente in tempi di crisi o di emergenze varie. Per diversi anni la questione F-35 è stata quasi ignorata dai politici di vario orientamento. Anche nel movimento pacifista il tema è stato poco sentito (ammesso che fosse conosciuto almeno nei suoi aspetti principali) fino alla metà del 2006, quando se ne è iniziato a parlare, molto stranamente, solo 43 Opuscolo antimilitarista NO F35, Novara a livello locale, cioè nel novarese, scelto già da subito come possibile sede per l'assemblaggio dei nuovi cacciabombardieri. Il tema è forse emerso all'attenzione dei media grazie ad un'azione lobbista a favore degli Eurofighter, i caccia europei che forse avrebbero potuto subire danni dall'eccessivo impegno economico da parte di alcuni governi d'occidente impegnati pure nel progetto F-35, o meglio, per definirlo col suo nome originale, Joint Strike Fighter. All'interno delle stesse gerarchie militari si è forse verificato uno scontro tra i sostenitori dell'uno e quelli dell'altro velivolo. Hanno prevalso gli eclettici, cioè coloro che sostengono la complementarietà dei due tremendi ordigni di morte: gli Eurofighter a far da intercettori e da operatori, per lo più, di battaglie puramente aeree da ingaggiare contro altri velivoli, gli F-35 impegnati invece in attacchi al suolo in uno degli innumerevoli teatri di guerra in cui le truppe italiane sono attualmente impegnate insieme ai loro alleati. Sembra quasi che il possesso imminente degli F-35 (i primi pezzi dovrebbero uscire dalla fabbrica di Cameri nel 2013, mentre alcuni prototipi stanno già volando nei cieli americani) induca a rivedere e ad affinare una serie di strategie militari dirette ad accrescere il numero degli interventi d'aggressione e d'invasione di territori nemici, che, guarda il caso, sono spesso ricchi di risorse naturali o posizionati in luoghi di grande importanza per la conservazione di un vantaggio decisivo nei confronti di avversari e nemici. Le autorità militari italiane si comportano in modo altalenante: da un lato decantano le virtù tecnologiche del nuovo cacciabombardiere, dall'altro, in tutta modestia, dicono che è necessario acquistarne diversi esemplari, semplicemente per sostituire il parco dei vecchi veicoli sulla strada del pensionamento. Ci si riferisce, in particolare, all'imminente obsolescenza di Tornado e AM-X. Quindi non ci sarebbe da farla tanto lunga. Non si tratterebbe di una svolta politica e militare aggressiva, ma semplicemente di un avvicendamento sostenuto da ragioni eminentemente tecniche. Ma ciò entrerebbe in contraddizione con il trionfalismo di alcune dichiarazioni che esaltano le virtù innovative, non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello gestionale e manageriale, del progetto Joint Strike Fighter. 44 Opuscolo antimilitarista NO F35, Novara Trionfalismo che si fa sentire anche nella promessa di (addirittura) diecimila posti di lavoro (compreso l'indotto). Ecco la solita storia: siccome ci si vergogna di sostenere direttamente l'utilità di un mezzo costruito per aggredire e dominare, si adopera l'argomento dei posti di lavoro come utile risorsa per guadagnarsi il consenso della popolazione che dovrà subire l'impatto, per esempio, delle migliaia di voli di collaudo dei nuovi cacciabombardieri. Significativa, a questo riguardo, la recente nomina nel consiglio di amministrazione di Alenia Aeronautica del sindaco di Novara, il leghista Giordano. Mossa scontata, e comunque scandalosa, agita dagli esperti di Finmeccanica allo scopo di assicurarsi il sostegno (o almeno la non ostilità) della popolazione che vive nelle vicinanze dell'aeroporto di Cameri. Basta il miraggio di seicento assunzioni circa nel nuovo stabilimento d'assemblaggio per far tacere ogni protesta? Evidentemente questo è il pensiero delle autorità italiane, che tacciono del tutto i possibili rischi ambientali (il parco del Ticino confina con l'area militare che comprende sia l'aeroporto di Cameri che la caserma Babini, che, tra l'altro, è la sede di un reparto logistico di sostegno alla base NATO di pronto intervento sita in Solbiate Olona). Per non parlare dei rischi economici dell'impresa F-35. La spesa è enorme, sia per quanto concerne le casse italiane, sia nel complesso dei costi sostenuti da tutti i paesi coinvolti, USA in testa. Tutti possono agevolmente vedere quali siano le conseguenze degli investimenti militari in un'epoca di crisi economica grave. Ma di questo, come di altri dettagli tecnici non è ora il caso di occuparsene. Per ulteriori approfondimenti è utile andare a leggere gli abbondanti materiali contenuti nel sito www.nof35.org. Qui ci limiteremo a due ragionamenti conclusivi. Da un lato bisogna chiarire definitivamente perché è necessario opporsi al progetto di costruzione e di commercializzazione degli F-35. Dall'altro bisogna ipotizzare quali siano le strategie e le tattiche utili al raggiungimento di un qualche obiettivo significativo nelle pratiche di contrapposizione ai nuovi cacciabombardieri americani globalizzati. Bisogna opporsi agli F-35 assumendo una posizione nettamente antimilitarista. Questi nuovi cacciabombardieri saranno infatti uno degli strumenti principali per la conquista di nuove posizioni e per il controllo del territorio mondiale al servizio degli interessi delle potenze occidentali. E con questo non vogliamo certo decantare i meriti di stati oppressivi come Russia e Cina. Non si tratta di essere semplicemente e banalmente antiamericani. Si tratta di agire coerentemente contro la militarizzazione delle società e dei rapporti quotidiani, contro lo sfruttamento capitalistico, contro l'oppressione dei popoli, contro l'accaparramento delle risorse 45 Opuscolo antimilitarista NO F35, Novara operato dai soliti noti. Gli F-35 sono uno degli strumenti ipertecnologici che si stanno dando le oligarchie politico-economiche per raggiungere i loro obiettivi di dominio mondiale. Da libertari conseguenti non possiamo fare a meno di tentare di opporci a queste pratiche d'oppressione. Come agire allo scopo di raggiungere obiettivi soddisfacenti è altra cosa. La questione delle strategie da adottare è complessa. Certo le manifestazioni di piazza possono essere utili. Per esempio i due cortei che si sono svolti a Novara e a Cameri nel 2007 (uno il 19 maggio, l'altro i 4 novembre) sono stati utili a porre all'ordine del giorno la questione in un momento molto critico per la sinistra istituzionale allora al governo. Il corteo indetto per il 2 giugno 2009 potrebbe essere ancora utile a diffondere tra la popolazione locale e di tutto il paese una maggiore consapevolezza della criminalità insita nei progetti di costruzione di ordigni di morte. Una manifestazione molto partecipata e comunicativa nei confronti dei novaresi sarebbe certo molto utile. Tuttavia bisognerà ben riflettere sulle modalità di prosecuzione di una lotta che deve necessariamente farsi unitaria (in modo da ampliare il fronte dell'opposizione agli F-35), ma non può fare a meno di essere radicale e antipoliticista. Non si tratta di vedere quali siano le organizzazioni, i gruppi, le reti che sostengono tali iniziative di contrasto e di protesta. Certo più si è e meglio è, anche se alcune compagnie possono essere francamente imbarazzanti. Bisogna piuttosto sfuggire alla deriva di un pacifismo generico come pure alla tentazione di adoperare il tema per scopi del tutto diversi da quelli dichiarati. Insomma: lottare con decisione contro la fabbricazione l'acquisto degli F-35 potrebbe portare, se saremo accorti ed abili, all'aggregazione di un movimento antimilitarista di massa, nel quale agire in un contesto plurale e senza pretese egemoniche da parte di nessuno. Vedremo che cosa saremo in grado di fare, per esempio, quando a fine ottobre, nella fiera aerospaziale (dunque di armi e di armieri) di Torino ci sarà la probabile presentazione ufficiale europea degli F-35. Vedremo pure che cosa saremo in grado di fare quando, tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010, inizieranno a costruire lo stabilimento di Cameri. L'esito finale dei nostri sforzi dipenderà molto dalla nostra capacità di agire in modo unitario, indipendente, autogestito, rispettoso dell'identità e del credo di tutti coloro che sono coinvolti in questa lotta. 21 maggio 2009. Dom del Circolo Zabriskie Point di Novara (che partecipa all'Assemblea Permanente No F-35). 46 o Opuscolo antimilitarista Campeggio a Mattarello Il campeggio di Giugno contro la base di Mattarello. Dal 25 al 28 giugno si è svolto, a Trento, il primo campeggio antimilitarista contro la base militare di Mattarello. Ne tracciamo un resoconto per trarre in seguito alcuni spunti per il proseguo della lotta. Giovedì 25 si è tenuto, davanti alla stazione dei treni di Trento, un presidio con mostra, striscioni e interventi per accogliere i compagni in arrivo per il campeggio. All’inizio i poliziotti hanno identificato chi scendeva dai treni. L’intervento dei compagni nell’atrio della stazione – con megafono e volantini – ha fatto sì che le identificazioni smettessero. Ci si è in seguito spostati verso il parco del Gocciadoro – il parco più grande della città, dove dalla mattinata i compagni avevano cominciato ad allestire il campeggio. È stata occupata ed attrezzata la parte alta del parco perché – come spiegato nel volantino di presentazione dell’iniziativa – non volevamo chiedere al Comune di Trento (responsabile anch’esso del progetto militare di Mattarello) il permesso di contrastare la base di guerra. In serata, dopo l’assemblea di apertura e la cena, si è svolta la presentazione del libro Delta in rivolta. Pirateria e guerriglia contro le multinazionali del petrolio in Nigeria assieme alla proiezione del filmdocumentario Delta oil’s dirty business. Nella mattinata di venerdì, una quarantina di compagni, divisi in 7 gruppi, hanno ostacolato l’attività di quattro banche a Rovereto (la Bnl, la Unicredit, l’Intesa e la Banca di Trento e Bolzano). Ispirandosi ad un’iniziativa londinese chiamata “Stop the city”, i compagni hanno interrotto l’attività bancaria alternandosi in coda e chiedendo conto del coinvolgimento dell’istituto di credito nel mercato assassino della guerra (con i dati sulle intermediazioni nel commercio di armamenti e i relativi guadagni). Spiazzata la polizia, la quale non sapeva bene di cosa accusare gli antimilitaristi, imbarazzati e poi sempre più nervosi impiegati e direttori che scaricavano su altri le responsabilità… Una piccola iniziativa, che se estesa e meglio organizzata potrebbe creare non pochi disturbi. I compagni hanno poi distribuito più di mille volantini contro le “banche armate” e contro la base di Mattarello. Nel pomeriggio, una settantina di compagni si è ritrovata a Trento per realizzare, su di una via 47 Opuscolo antimilitarista 48 Campeggio a Mattarello centrale, un murales (“Sabotiamo la guerra dalle basi”). Alcuni blocchi del traffico hanno permesso di volantinare alle auto e di tracciare delle grandi scritte su altri muri. Dopo diversi interventi al megafono – tra cui quello di un disertore dell’esercito americano –, i compagni sono tornati al campeggio in corteo. Nello stesso pomeriggio, due gruppi di antimilitaristi anonimi hanno bloccato altrettante stazioni ferroviarie con dei cordini d’acciaio legati di traverso tra pali e binari. Stando ai giornali, degli striscioni appesi collegavano i blocchi alla guerra. In serata, al campeggio, intervento del disertore americano e di altri compagni (sul Rapporto NATO “Urban Operations in the year 2020”, sulla situazione a Vicenza e sulla resistenza contro le servitù militari in Sardegna). Al termine, lettura di alcuni brani tratti da La vita vera di Anna Zangrandi con accompagnamento musicale. Il giorno dopo, assemblea sulle prospettive di lotta (a Mattarello e non solo), su battaglie specifiche, azione diretta e antimilitarismo oggi. Un’occasione, anche, per discutere della giornata di venerdì, di come si passa dai gruppi di affinità al loro coordinamento informale e di come si intrecciano lotte territoriali e pratiche più generalizzate. Un intervento di alcuni compagni di Berlino ha raccontato la situazione attuale della lotta antimilitarista in Germania (dalla contestazione dei raduni pubblici dell’esercito ai sabotaggi dei veicoli militari). Diverse le assonanze emerse tra il progetto di lotta contro la base di Mattarello e quello contro l’ampliamento del Poligono Interforze del Salto di Quirra in Sardegna, in particolare sulla necessità di unire le battaglie locali con pratiche più diffuse di solidarietà e di attacco alle diverse ramificazioni della macchina bellica (dai centri di ricerca alle fabbriche di armamenti, dalle responsabilità politiche alle varie ditte coinvolte nelle installazioni di guerra). Sabato sera, in piazza Duomo a Trento, mostra, interventi, volantinaggio e concerto hip-hop (con No Chappi? Bourgeois! e Mistura Mortale). In piazza anche lo “Sputorneo antimilitarista” contro la gigantografia del ministro della guerra La Russa con tanto di medaglie premio. Buona la risposta dei passanti (davanti alla mostra, al concerto e anche alla gara di sputi…). A fine serata, nuovo corteo spontaneo per raggiungere il campeggio. Contemporaneamente al presidio di Trento, una quarantina di compagni interrompeva, a Rovereto, “Sentiero di Pace”, salendo sul palco dopo il concerto di De Gregori. Appena scavalcate le transenne, poliziotti, carabinieri e security aggredivano i compagni e ne ammanettavano uno (non prima di averlo preso a pugni). Solo la buona presenza numerica e la determinazione hanno permesso ai compagni di sfondare il cordone e di salire sul palco. Qui è stato srotolato un grande striscione e si sono sventolate le bandiere contro la base. Per togliersi dall’imbarazzo, gli organizzatori hanno fatto parlare un compagno per qualche minuto. Nell’intervento è stato ricordato che la guerra non è un evento di 90 anni fa, bensì il nostro presente, e si è attaccata la Provincia di Trento che, mentre parla di pace, finanzia con 400 milioni di euro una base di guerra. Gli antimilitaristi sono scesi dal palco solo dopo aver ottenuto il rilascio del compagno ammanettato e se ne sono andati a pugno chiuso. Buona la reazione di tanta gente presente al concerto. La domenica, al campeggio, si è svolta una lunga e partecipata discussione su guerra esterna e guerra interna (dalla militarizzazione dei territori al pacchetto sicurezza al rilancio del nucleare) con un approfondimento specifico del ruolo dell’esercito all’Aquila. Nel corso dell’assemblea si è parlato di un appuntamento comune nelle varie città per il 10/11 luglio contro la Protezione Civile e contro quell’esempio di ingegneria sociale che è la gestione in corso all’Aquila. A breve sul blog di “Rompere le righe” saranno disponibili dei materiali. Per quanto riguarda le prossime discussioni nazionali rispetto a Mattarello, si è deciso di ritagliarsi regolarmente uno spazio all’interno dell’assemblea mensile su guerra e sicurezza che si svolge ogni volta in una città diversa. Questo non solo per ridurre gli spostamenti dei compagni, ma anche per la consapevolezza che basi di guerra, dispositivi razzisti e controllo militare dei territori sono aspetti non separabili. o Opuscolo antimilitarista Campeggio a Mattarello Al campeggio hanno partecipato circa 300 persone, provenienti, oltre che da Trento e dintorni, da molte città italiane e non solo. Come già il convegno antimilitarista del 2 maggio a Trento (di cui sono usciti gli atti), il campeggio era per noi una tappa nella lotta per impedire la costruzione della base militare di Mattarello. Un’occasione per verificare l’interesse, per delineare assieme prospettive teoriche e pratiche e per sperimentare collettivamente alcune forme di azione. Oltre al discorso articolato nei giorni del campeggio (contro il capitale che finanzia la guerra, la normalità quotidiana che la riproduce, l’indifferenza che la sostiene, la falsa critica che la nasconde, ecc.), ciò che ci è piaciuto è stato il clima tra i partecipanti. Un clima di confronto, di fiducia, di complicità e anche di festa. Come già verificato nelle numerose presentazioni del progetto di lotta in giro per l’Italia, pensiamo che a stimolare l’interesse dei compagni – per noi davvero incoraggiante – non sia solo la posta in gioco (impedire una base militare), ma anche l’occasione di una lotta da costruire assieme come movimento anarchico, libertario e antimilitarista. Ci sembra un’esigenza assai diffusa e condivisa quella di affinare le nostre capacità individuali e collettive a partire da alcuni obiettivi concreti. Nel suo piccolo, il campeggio ha fatto emergere la possibilità di uscire dalle forme stereotipate di intervento (presidio/corteo) per sperimentare modalità di azione più articolate e imprevedibili. In questo mondo in liquidazione – è stato il ragionamento fatto da più compagni – le situazioni di scontro sociale saranno sempre più frequenti. Sta a noi essere risoluti e agili nel portare il nostro contributo rivoluzionario affinché invece della strada in discesa della guerra tra poveri si imbocchi il sentiero in salita della rivolta e della solidarietà. Sabotare la guerra è possibile. 3 luglio 2009 anarchici di Rovereto e di Trento P.S. Mentre scriviamo queste righe, leggiamo sui giornali locali che all’alba di giovedì 2 luglio, a Trento, un gruppo di antimilitaristi mascherati ha chiuso con catene e lucchetti gli ingressi del palazzo della Provincia, ha lanciato del catrame sul portone principale e vergato davanti all’entrata una grande scritta “NO BASE”. Fonte: Informa-Azione, 05/07/2009 49 Opuscolo antimilitarista Anarchici contro il muro Un esempio di azione diretta contro il militarismo Intervista a Uri Gordon, ativista degli anarchici contro il muro israeliani. L'idea di scrivere questo articolo nasce perchè nel mese di Maggio abbiamo invitato (circolo dei malfattori, centro studi libertari\archivio Pineli e studenti libertari) a Milano Uri Gordon anarchico e attivista di anarchici contro il muro. Nei quattro giorni passati con Uri, oltre a molte chiacchiere su le più svariate tematiche abbiamo fatto un seminario\laboratorio su l'anarchismo declinato al presente all'università statale di Milano e un incontro al circolo dei malfattori su la questione israelo\palestinese. In questo articolo cercherò di spiegare chi sono gli anarchici contro il muro con una introduzione sulla loro storia e con qualche domanda che ho fatto a Uri Gordon. Chi sono Anarchici Contro Il Muro. Gli anarchici contro il muro sono una bandiera nel cui nome vengono compiute azioni che sono diametralmente in opposizione non solo con l'occupazione, ma anche con le sue cause profonde, in opposizione con le prospettive personali ed il sistema politico, militare e civile, che all'intero di Israele sostiene l'occupazione. L'azione diretta e la lotta unitaria sta nel cuore degli ACIM, le premesse del gruppo possono essere fatte risalire alla fusione di due sotto correnti durante l'intifada di al-Aqsa, la seconda rivolta palestinese. Gli ACIM non ricevono finanziamenti da nessuna organizzazione o associazione ufficiale e non hanno dei funzionari retribuiti, contano interamente sulle donazioni dei compagni\e di tutto il mondo per portare avanti la loro lotta e le spese legali. Dal 2003 in centinaia sono stati arrestati e decine di attivisti sono stati mandati a processo. Per questo è molto importante la solidarietà internazionale di cui gli ACIM hanno bisogno, di legami pratici e produttivi, di inviti a tenere conferenze per far conoscere la loro lotta in giro per il mondo. Sono presenti in una vasta gamma di proteste in Israele, compresa la lotta contro le armi nucleari, che ha avuto il suo culmine nella Giornata di Hiroshima, il 6 agosto 07. Chi sono gli ACIM, come ha scritto il politologo Neve Gordon sulla edizione on-line di “The Nation” (30 luglio 2007): “Gli Anarchici Contro Il Muro non hanno dirigenti ufficiali, non hanno un ufficio e nemmeno dei funzionari retribuiti, eppure sono riusciti a fare molto di più di molte ONG ben funzionanti e di molti movimenti sociali insieme […] Come attivisti ebrei essi sanno molto bene che i militari israeliani si comportano molto diversamente quando gli ebrei sono presenti durante una manifestazione in Cisgiordania e sanno bene che il livello di violenza dei soldati, in genere molto severo, scema in intensità 50 Opuscolo antimilitarista Anarchici contro il muro quando ci sono loro nelle manifestazioni. Infatti, le forze militari hanno regole di ingaggio molto più restrittive nell’uso delle armi da fuoco, quando vi è la partecipazione di attivisti non palestinesi. Per cui, quando un pubblico comitato di un villaggio decide di fare una protesta non violenta contro l’occupazione delle terre, gli anarchici si mescolano con gli abitanti del villaggio, diventando uno scudo umano per tutti quei palestinesi che hanno scelto di seguire l’insegnamento del Mahatma Gandhi e di Martin Luther King. Ed anche se gli anarchici vengono di frequente picchiati ed arrestati, loro non si arrendono.” Prima di iniziare con qualche domanda, grazie Uri per la tua disponibilità, grazie di essere venuto in Italia per un fitto giro di conferenze che ti porteranno in una setimana in svariate città italiane per parlare dell'esperienza degli anarchici contro il muro. La prima domanda che ti vorrei fare è banale ma fondamentale per inquadrare l'esperienza di ACIM: Quando e come nascono gli Anarchici contro il muro? Gli ACIM sono un prodotto di due sottocorrenti che si sono incontrate nel 2003 un anno dopo l'inizio della costruzione del muro da parte di Israele, nel campo di protesta durato quattro mesi formato da attivisti palestinesi, israeliani ed internazionali nel villaggio di Mas'ha, che stava per perdere le terre a causa del passaggio del muro. Questo campo divenne il punto focale per una nuova forma di lotta unitaria, civile a democrazia diretta su base territoriale e di fatto iniziò una terza intifada conosciuta come “intifada del muro”. Anarchici contro il muro, che basi teoriche ha e che rapporto ha con il pensiero anarchico storico e attuale, cosa vuol dire per voi essere anarchici? Anarchici contro il muro è un movimento misto, non tutti gli attivisti che ne fanno parte sono anarchici, diciamo che ci si ritrova su affinità specifiche e in questo caso è quella di combattere contro il muro e l'occupazione in Palestina da parte dello stato di Israele. Gli ACIM cercano di evitare il peso eccessivo ed ingombrante delle impalcature ideologiche, per assumere come proprio centro di gravità le pratiche, non che l’analisi teorica ed i principi non siano necessari, dal momento che noi vi facciamo ricorso quando occorre decostruire i miti dell’apartheid sionista. Tuttavia, attualmente, le individualità che compongono gli ACIM preferiscono dedicarsi, alla decostruzione del muro di Israele e ad esprimere il loro dissenso contro la politica dell'occupazione dei territori palestinesi. Da un secolo, l’anarchismo costituisce una corrente secondaria ma tuttavia presente in Palestina e Israele, formando tre distinte ondate: il socialismo libertario delle prime comuni o kibbutz; le attività culturali e editoriali degli immigrati di lingua yiddish; e l’anarchismo contemporaneo israeliano. 51 Opuscolo antimilitarista Anarchici contro il muro Nella società palestinese esistono individualità simpatizzanti ma non c’è alcun movimento anarchico organizzato, data anche l’egemonia a sinistra di partiti marxisti quali il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Tuttavia la prima Intifada (1987-1989) guadagnò il sostegno degli anarchici in quanto insurrezione di base con un generalizzato rifiuto di pagare le tasse, scioperi generali, scontri urbani e la nascita di scuole clandestine e progetti per il mutuo appoggio. Sin dal 2000, gli anarchici israeliani ed internazionali hanno portato avanti campagne di solidarietà in Palestina. Gli sforzi dei militanti israeliani contro l’occupazione ed in solidarietà con i palestinesi furono rafforzate con l’inizio della seconda Intifada. La rete Ta’ayush (Parterniato Arabo-Ebreo), sebbene non dichiaratamente anarchica, si organizzava informalmente per rompere gli assedi e portare viveri alle città palestinesi, per difendere gli agricoltori, sotto attacco dei coloni e dei militari mentre coltivavano i loro campi. Dall’estate del 2001, arrivano molti anarchici stranieri in Palestina nelle file dell’International Solidarity Movement (ISM), che accompagnano i palestinesi nelle loro azioni non violente di smantellare i blocchi stradali e disobbedire ai coprifuoco; serviranno anche come scudi umani e testimoni oculari durante l’offensiva israeliana della primavera del 2002. Si indebolirà l’ISM in seguito all’assassinio dei due suoi militanti, Rachel Corrie e Tom Hurndall, nella Striscia di Gaza, e alla campagna di repressione israeliana che faceva perquisizioni degli appartamenti ed uffici dell’ISM, attuando deportazioni e negando i visti per poter entrare nel paese. A partire dalla primavera del 2003, gli anarchici israeliani iniziano ad organizzarsi autonomamente per collaborare con i palestinesi e con gli internazionali, particolarmente nella campagna contro la costruzione del Muro della Separazione nella West Bank. Allora facciamo un passo indietro per capire meglio, quali sono le radici e come si diffonde l'anarchismo in Israele? Le idee anarchiche erano piuttosto diffuse nella seconda e terza ondata di immigrazione ebraica in Palestina, ed erano centrali nella nascita dei primi kibbutz. Le prime 28 comuni furono fondate tra il 1910 e il 1914, in seguito ai tanti scioperi ed alle vertenze nelle colonie che erano state fondate durante la prima ondata. I fondatori, per lo più giovani e non sposati, costruirono le comuni in base ai principi del collettivismo, dell’uguaglianza e dell’autogestione, sperando di poter creare una società libera e socialista di ebrei ed arabi in Palestina. L’anarchismo era molto influente nel partito dei comunardi, Hapoel Hatzair (Il Giovane Lavoratore), il cui giornale includeva articoli di e su Proudhon e Kropotkin. 52 Opuscolo antimilitarista Anarchici contro il muro Aharon David Gordon (1856-1922), un impiegato della forestale che immigrò in Palestina all’età di 47 anni, divenne capo spirituale di Hapoel Hatzair e fu molto vicino all’anarchismo. Sotto l’influenza del misticismo chassidico e degli scritti di Nietzsche e Tolstoy, Gordon promosse il lavoro manovale collettivo come chiavealla rigenerazione ebraica, e la liberazione spirituale attraverso la creatività ed il ritrovato contatto con la natura. Fermo nel suo antimilitarismo e pacifismo, Gordon non parlò mai di uno Stato ebraico e faceva appello al rispetto e alla collaborazione con i contadini arabi. Trumeldor (1880-1920), un soldato immigrato che organizzò le prime forze ebraiche di difesa, fu influenzato da Kropotkin e Tolstoy e si dichiarò “anarco-comunista e sionista”. Ispirato da Trumpeldor, la Gdud HaAvodah (Battaglione del Lavoro) nacque come comune decentralizzata, le cui bande di muratori cercarono di creare una Comune Generale in Palestina. Gustav Landauer ebbe un’influenza diretta sui membri di Hashomer Hatzair (La Giovane Guardia), un movimento giovanile sionista-socialista per immigrati, che pose le basi della terza ondata di immigrazione dopo il 1919. I suoi membri facevano sovente riferimento esplicito all’anarchismo nei loro appelli all’indipendenza comunale, rapporti egualitari, democrazia diretta e rinnovamento spirituale. Verso la fine degli anni 1920 cominciò ad indebolirsi la tendenza anarchica in Palestina, specialmente con l’influsso di capitali privati nel paese e l’aumento nel controllo economico e politico dei kibbutz da parte delle istituzione centrali ebraiche in Palestina, sotto l’egemonia del partito di Ben Gurion, il Mapai (Partito Operaio della Terra di Israele). Torniamo all'attualità: cosa caratterizza questo movimento degli ACIM, e come viene visto dal'opinione pubblica israeliana? Come ti dicevo prima questo movimento è caratterizzato soprattutto dalla voglia di combattere contro il muro e l'occupazione dei territori, diciamo che la cosa che lo caratterizza di più è la pratica unitaria, israeliani e palestinesi uniti nell'azione diretta non violenta contro il muro. Per quanto riguarda l'opinione pubblica israeliana è difficile rispondere, la maggior parte degli Israeliani è a favore del muro e dell'occupazione soprattutto a parole perchè nella pratica anche la loro vita, la vita di tutti diventa più difficile con il muro e la sempre più ampia militarizzazione del terrirorio. Penso che gli ACIM non siano visti particolarmente bene dalla maggior parte dell'opinione pubblica israeliana, ma tu cosa mi diresti se ti girassi la domanda, come siete visti dall'opinione pubblica voi anarchici italiani? In effetti anche se viviamo una situazione completamente diversa dalla vostra è difficile rispondere alla domanda; come siamo visti dall'opinione pubblica qui in Italia, c'è una grande differenza da come ci dipingono i media a quello che siamo veramente, penso che siano importanti soprattutto i rapporti reali che riusciamo a creare nei territori in cui lottiamo 53 Opuscolo antimilitarista Anarchici contro il muro quotidianamente con le persone affini e non affini alle nostre idee e alle nostre pratiche. Chiaramente gli anarchici in Italia come in tutto il mondo sono diversi fra di loro e lottano in svariate tipologie differenti, comunque in ogni caso, non credo che gli anarchici in Italia siano ben visti dall'opinione pubblica. Invece come sono i rapporti con la comunità palestinese, in Israele? I rapporti con molti individui palestinesi sono buoni e anche con varie comunità palestinesi ma è innegabile che non sempre i rapporti sono perfetti, in Israele soprattutto negli ultimi anni il conflitto è aumentato con l'esercito che ha cominciato a sparare provocando morti e feriti anche fra gli attivisti israeliani, mentre con la gente comune dipende da situazione a situazione , da quartiere a quartiere. Oggi, gli anarchici contro il muro sono sempre attivi nella West Bank ed in Israele, hanno prtecipato all’opposizione alla seconda guerra del Libano nell’agosto del 2006 e alla guerra di Gaza nel gennaio del 2009. Hai notato un aumento della repressione di stato negli ultimi periodi? Sicuramente la repressione è aumentata molto contro gli attivisti degli anarchici contro il muro, in una delle azioni contro l'ultima guerra in Palestina ventun membri del gruppo sono stati arrestati dopo aver bloccato l’ingresso della base delle Forze Aeree Israeliane di Sde Dov, nella parte nord di Tel Aviv. I manifestanti, che indossavano maschere bianche macchiate di sangue finto, si sono sdraiati sulla strada fingendo di essere morti. Sono stati arrestati dopo essersi spostati dalla strada, mentre stavano già sul marciapiede. La protesta sarebbe dovuta servire a mostrare ai piloti delle Forze Aeree Israeliane il risultato delle loro azioni a Gaza. Dall’alto del cielo, un pilota che schiaccia un bottone può ignorare, dimenticare, o non essere neppure in grado di capire che in quel preciso momento ha ucciso persone innocenti. Grazie Uri, a te e a tutti gli anarchici contro il muro va la mia, la nostra solidarietà e speriamo che la lotta degli ACIM cresca sempre di più, sia sempre più conosciuta e supportata in tutto il mondo. Andrea Staid 54 A BASI USA IN ITALIA Basi USA in Italia Opuscolo antimilitarista 55 Opuscolo antimilitarista BASI USA IN ITALIA Elenco per Regioni Trentino Alto Adige 1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf. 2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni Usaf. Friuli Venezia Giulia 3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonchè uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di Aviano (Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo' in 78 giorni 9.000 missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force. Quest'ultima è dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European Command, dipianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo nell'Europa meridionale, ma anche in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un personale di 11.500 militari e civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord, ma l'impiego degli aerei della 16th Air Force sara' pianificato e diretto dal quartier generale di Aviano. 4. Roveredo [Pn]. Deposito armi Usa 5. Rivolto [Ud]. Base USAF. 6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell'Usaf. 7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell'Us Army. 8. Trieste. Base navale Usa. Veneto 9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze 56 A Opuscolo antimilitarista BASI USA IN ITALIA da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila. 10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [Usaf]. Probabile deposito di testate nucleari. 11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni. 12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti. 13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni 14. Codogno [Tv]. Deposito di armi e munizioni 15. Istrana [Tv]. Base Usaf. 16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa. 17. Verona. Air Operations Center [Usaf ]. e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa; Centro di telecomunicazioni [Usaf]. 18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa. 19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa. 20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa. 21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa. 22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar Usa. 23. Venezia. Base navale Usa. 24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa. 25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar Usa. 26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni Usa. 27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa. Lombardia 28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari. 29. Montichiari [Bs]. Base aerea [Usaf ]. 30. Remondò [Pv]. Base Us Army. 108. Sorico [Co]. Antenna Nsa. Piemonte 31. Cameri [No]. Base aerea Usa con copertura Nato. 32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento Usaf e Us Army, copertura Nato. Liguria 33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35 ]. 34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di telecomunicazioni della Us Army. 35. San Bartolomeo [Sp]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine: in un dossier preparato dalla federazione di Rifondazione Comunista si parla di "occupazione di aree dello specchio d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI flotta Usa]". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e undici istituti [dall'artiglieria, munizioni e 57 Opuscolo antimilitarista BASI USA IN ITALIA missili, alle armi subacquee]. Emilia Romagna 36. Monte San Damiano [Pc]. Base dell'Usaf con copertura Nato. 37. Monte Cimone [Mo]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 38. Parma. Deposito dell'Usaf con copertura Nato. 39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato. 40. Rimini. Gruppo logistico Usa per l'attivazione di bombe nucleari. 41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni Usa. Marche 42. Potenza Picena [Mc]. Centro radar Usa con copertura Nato. Toscana 43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il più grande deposito logistico del Mediterraneo [tra Pisa e Livorno], con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui, in 125 bunker sotterranei, e' stoccata una riserva strategica per l'esercito e l'aeronautica statunitensi, stimata in oltre un milione e mezzo di munizioni. Strettamente collegato tramite una rete di canali al vicino porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di supporto Usa e Base dell'US Army per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo, nel Golfo, nell'Africa del Nord e la Turchia. 44. Coltano [Pi]. Importante base Usa-Nsa per le telecomunicazioni: da qui sono gestite tutte le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo. Deposito munizioni Us Army; Base Nsa. 45. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'Usaf. 46. Talamone [Gr]. Base saltuaria dell'Us Navy. 47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e Tirli: Centro radar Usa con copertura Nato. 48. Livorno. Base navale Usa. 49. Monte Giogo [Ms]. Centro di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. Sardegna 58 50. La Maddalena - Santo Stefano [Ss]. Base atomica Usa, base di sommergibili, squadra navale di supporto alla portaerei americana "Simon Lake". 51. Monte Limbara [tra Oschiri e Tempio, Ss]. Base missilistica Usa. 52. Sinis di Cabras [Or]. Centro elaborazioni dati [Nsa]. 53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us Navy. 54. Torre Grande di Oristano. Base radar Nsa. 55. Monte Arci [Or]. Stazione di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed impianto radar Usa. 57. Santulussurgiu [Or]. Stazione telecomunicazioni Usaf con copertura Nato. 58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale. 59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Or ], all'incirca 100 chilometri di costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila ettari di zone "off limits": poligono di tiro per esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato. A Opuscolo antimilitarista BASI USA IN ITALIA 60. Cagliari. Base navale Usa. 61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto Usa con copertura Nato. 62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base aerea Usaf. 63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni missilistici. 64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona di addestramento per la Sesta flotta Usa. 65. Monte Urpino [Ca]. Depositi munizioni Usa e Nato. Lazio 66. Roma. Comando per il Mediterraneo centrale della Nato e il coordinamento logistico interforze Usa. Stazione Nato 67. Roma Ciampino [aeroporto militare]. Base saltuaria Usaf. 68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato, in probabile collegamento con le installazioni sotterranee di Monte Cavo 69. Monte Romano [Vt]. Poligono saltuario di tiro dell'Us Army. 70. Gaeta [Lt]. Base permanente della Sesta flotta e della Squadra navale di scorta alla portaerei "La Salle". 71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola telecomunicazioni Nato sotto controllo Usa. Campania 72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili Usa. Comando delle Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili e militari Usa. Si calcola che da Napoli e Livorno transitino annualmente circa cinquemila contenitori di materiale militare. 73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea Usaf. 74. Monte Camaldoli [Na]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 75. Ischia [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 76. Nisida [Na]. Base Us Army. 77. Bagnoli [Na]. Sede del più grande centro di coordinamento dell'Us Navy di tutte le attivit di telecomunicazioni, comando e controllo del Mediterraneo. 78. Agnano [nelle vicinanze del famoso ippodromo]. Base dell'Us Army. 80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa. 81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni Usa. 82. Giugliano [vicinanze del lago Patria, Na]. Comando Statcom. 83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria Usaf. 84. Mondragone [Ce]: Centro di Comando Usa e Nato sotterraneo antiatomico, dove verrebbero spostati i comandi Usa e Nato in caso di guerra 85. Montevergine [Av]: Stazione di comunicazioni Usa. Basilicata 79. Cirigliano [Mt]. Comando delle Forze Navali Usa in Europa. 86. Pietraficcata [Mt]. Centro telecomunicazioni Usa e Nato. Puglia 87. Gioia del Colle [Ba]. Base aerea Usa di supporto tecnico. 59 Opuscolo antimilitarista BASI USA IN ITALIA 88. Brindisi. Base navale Usa. 89. Punta della Contessa [Br]. Poligono di tiro Usa e Nato. 90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi sarebbero di stanza un migliaio di militari americani dell’Expeditionary Squadron;.Base dei Servizi Segreti. Electronics Security Group [Nsa ]. 91. Monte Iacotenente [Fg]. Base del complesso radar Nadge. 92. Otranto. Stazione radar Usa. 93. Taranto. Base navale Usa. Deposito Usa e Nato. 94. Martinafranca [Ta]. Base radar Usa. Calabria 95. Crotone. Stazione di telecomunicazioni e radar Usa e Nato. 96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 97. Sellia Marina [Cz]. Centro telecomunicazioni Usa con copertura Nato. Sicilia 98. Sigonella [Ct]. Principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta [circa 3.400 tra militari e civili americani ]. Oltre ad unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell'Usaf: elicotteri del tipo HC-4, caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l'una. 99. Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 100. Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa. Nota: un sottufficiale dell'aereonautica militare ci ha scritto, precisando che non vi sono installazioni USA in questa base militare italiana. 102. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell'Usaf. 103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato. 104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata. 105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 106. Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni. 107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 109. Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ]. 111. Trapani. Base Usaf con copertura Nato. 112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar Nato. 113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera Usa. Centro d'ascolto e di comunicazioni Nsa. 60 Opuscolo antimilitarista Epilogo I medici potranno denunciare i clandestini che andranno a farsi curare; carcere fino a 4 anni per coloro che, una volta espulsi, si trovinoancora sul territorio nazionale; punti a credito per il permesso di soggiorno; legalizzazione delle squadre paramilitari (definite eufemisticamente “ronde”); schedatura dei barboni, che segue a ruota le impronte digitali ai bimbi nomadi; restrizione ai matrimoni misti; ripristinodello stato dei luoghi, a carico dei colpevoli, per occupazione indebita delsuo lo pubblico cittadino (sindaci) ed extraurbano (prefetti); nessuna residenza a coloro che vivono nelle baraccopoli; carcere fino a tre anni se si oltraggia pubblico ufficiale; se c'è il sospetto che associazioni, gruppi od organizzazioni non riconosciute (vi rientrano quelle religiose di matrice islamica, ma anche le case occupate, i centri sociali) svolgano attività con finalità terroristiche, il Viminale può disporne lo scioglimento e ordinarne la confisca dei beni; il ministero dell'Interno potrà ordinare l'oscuramento dei siti Internet sui quali si commette il reato di apologia o si istiga a delinquere. O potrà chiedere che vi vengano apposti filtri adeguati. I siti «disobbedienti» dovranno pagare una sanzione dai 50mila a 250mila euro. Poi, i militari che fanno i poliziotti; I vigili che fanno i poliziotti; i vigili del fuoco che fanno i poliziotti; le guardie giurate che fanno i poliziotti; i controllori di biglietti che fanno i poliziotti; i dipendenti pubblici che diventano, poco a poco, dei poliziotti; i poliziotti che fanno i militari. Insomma, un bel proliferare i corpi armati… A tutto questo breve elenco di norme che sono già in vigore o che vi entreranno presto, vi sono poi tutte le misure sulla sicurezza prese dalle amministrazioni locali, in specie dai comuni, sia sinistrorsi che destrorsi (portatori entrambi della cultura del terrore): spesso costoro fanno a gara per dimostrare chi garantisce di più il controllo e la repressione territoriale. I commenti fra di noi sono superflui e qui non si sente solo più puzza di fascismo, ma un tanfo profondo, intenso, pervadente. Sconvolgente come l’assordante silenzio che ci circonda e forse, ma senza forse, l’incapacità, o meglio la non volontà, di rispondere a tutto questo. Il piano repressivo tocca tre grandi elementi presenti nella nostra società: 1.L’immigrazione, e con essa tutto ciò che è portatore d’altro. 2.La povertà, nelle sue varie forme stanziali e nomadi e con essa l’idea che essa, la povertà, sia una colpa. 3.Il dissenso politico, di ogni genere e sorta, con occhio particolare a quello radicale o estremo. E’ da una trentina d’anni, ma con una accentuazione sempre più forte negli ultimi, che il sistema dominante costruisce una forma dicapitalismo che realizza nel mercato, e quindi negli apparati della produzione e del consumo, una forma esaustiva di democrazia. Tutto ciò che eccede,devia, o contrasta la messa in valore monetario delle relazioni umane viene combattuto come la nuova peste. E’ una concezione non nuova dell’autoritarismo del sistema capitalistico: 61 Opuscolo antimilitarista Epilogo già negli anni '20 e '30 del secolo scorso aveva il capitale affidato i suoi affari alle formepiù dispotiche che il potere potesse disporre, siano state esse di mercato o di stato. Ma ora la finzione è riprodotta nell’unica libertà considerata come tale: il consumo, spesso nella sua forma più ansiogena, ovvero la rateizzazione. Dico questo perché mi chiedo frequentemente il perché dei molti silenzi che ci circondano: credo che il genere umano, in particolar modo quello occidentale, si stia adoperando in un doppio livello: 1.Il primo di sottrazione: tradotto significa che molti già ne hanno abbastanza di occuparsi di ciò che gli succede nel piccolo alveo nel quale sopravvivono, per dedicarsi a cause altre o diverse dall’ambito familiare, proprio perché credono che rintanandosi nella cuccia delle relazioni più strette possano garantirsi quella tranquillità che altrove non hanno (lavoro…). Fatica di Sisifo naturalmente, e molto spesso non ben ripagata. 2.Il secondo di punizione: ritornando, a costrizione, nel mondo, per obblighi di vario tipo (lavoro, precarietà, gite domenicali, feste di compleanno, matrimoni…), ai più, tutto ciò che esterno appare tremendamente pericoloso, insidioso oppure semplicemente fastidioso. E qui che s’invocano forche, punizioni esemplari, telecamere rassicuranti, prigioni eterne. Come se queste potessero salvare il “nido” che essi si sono costruiti attorno. In questa logica di finzione espropriativa permanete si consumano I giorni nella speranza che non accada nulla, nella rata da saldare, nell’aspettativa che il proprio corpo non li abbandoni, ma che gli venga conservato in un perenne “soddisfatti o ripagati”. Ma è proprio quel nulla apatico che sorregge il moderno fascismo e puntella forzosamente il sentimento di paura che permea ogni giorno del nostro vivere. Abbiamo smesso di pensare la libertà e di desiderarla ed abbiamo smesso di pensare che l’unico modo di pensarla è quello di riprenderci ciò che è sempre stato nostro e di metterlo a disposizione di tutti: una casa, una stabilità reddituale che non mendichi miseria, i treni anche a vapore o merci, i tram, i laghi, i fiumi, l’acqua, il sole, la terra e i suoi prodotti, nella misura in cui ci servono e ci fanno bene, l’energia, la salute pubblica e nei luoghi pubblici, la produzione nella misura in cui ci serve e ci fa bene, i parchi giochi ed i parchi divertimento, le navi, meglio se non merci, i traghetti a vapore, il giuoco del pallone…,le forme associate o non associate liberamente dello stare insieme, la libertà di venire e di andare... Quello che per noi è comunismo e quello che per noi è anarchismo. Pietro Stara 62 Opuscolo antimilitarista Epilogo Le potenze si preparano alla guerra: Record mondiale nelle spese militari. I 1464 miliardi di dollari di spese militari nel pianeta e l’espansione geometrica dei guadagni dei consorzi di armi di Europa e Stati Uniti, sono la prova più inconfutabile della relazione simbiotica di sopravvivenza stabilita dal sistema capitalista con i conflitti armati e le occupazioni militari. L'uno si retroalimenta dall’altro e entrambi i termini dell'equazione formano la pietra angolare dell’esistenza stessa del sistema che oggi controlla il mondo. In un solo decennio le spese militari sono aumentate del 50% e di fronte alla crescente “militarizzazione” del pianeta una domanda perseguita gli esperti: per quale guerra si preparano le potenze?” Finita l’Unione Sovietica e i processi della rivoluzione armata degli anni 70, oggi il sistema capitalista non ha nemici strategici che si domandino la possibilità di uno scontro militare aperto come durante l’epoca della Guerra Fredda. Ciononostante una spesa mondiale che sale ormai alla cifra incredibile di 1464 miliardi di dollari (oltre ai miliardari affari per le industrie delle armi) marca uno scenario di crescente escalation militare delle potenze e dei paesi in tutti i continenti. Le potenze si preparano per una nuova guerra intercapitalista? La spesa militare globale è cresciuta del 4% nel 2008 ed ha raggiunto la cifra record di $1464 miliardi, il 50% in più rispetto al 1999, in base ad uno studio dell’Istituto di Investigazione per la Pace Internazionale di Stoccolma (SIPRI) divulgato nella capitale svedese.“La crisi finanziaria globale ancora non ha avuto ripercussioni negli introiti e benefici delle grandi imprese delle armi”, segnala il SIPRI.Questa cifra equivale al 2,4 % del Prodotto Interno Lordo (PIL) mondiale e a 217 dollari per ogni abitante del pianeta, secondo l’organismo svedese.Il più grande incremento spetta agli Stati Uniti (58%), le rispettive assegnazioni di Washington sono aumentate di 219000 milioni di dollari dal 1999. Si sono quasi triplicate le spese militari in Cina e in Russia, fino a $ 42000 milioni e $ 24.000 milioni rispettivamente.Un notevole incremento delle spese militari è stato registrato in India, Arabia Saudita, Iran, Israele, Brasile, Corea del Sud, Algeria e Gran Bretagna, secondo il SIPRI. Le guerre di Obama Di questa cifra, l’attuale preventivo della Difesa degli Usa supera il 50% del totale della spesa in armi nel mondo. 63 Opuscolo antimilitarista Epilogo Finalmente il “sogno americano” di Obama si materializza in numeri: il preventivo destinato all’area della Difesa (il Pentagono) che include le guerre militari e le politiche occupazionali si aggira sui 730000 milioni di dollari per l’esercizio fiscale 2009.Allo stesso tempo, le occupazioni militari degli Usa in Iraq e in Afghanistan “hanno generato una spesa supplementare di 903000 milioni di dollari solo per gli Stati Uniti” nel periodo 1999-2008, ha aggiunto Sam Perlo- Freeman, direttore del progetto del SIPRI sulla spesa militare. La prima potenza imperiale è, senza sorpresa, il paese con le più grandi spesa in armi nel mondo, per il SIPRI. Per il SIPRI le spese degli Stati Uniti già rappresentano quasi un 42% di tutto il totale, più che gli altri 14 paesi riuniti, nel lascito della politica dell’ex presidente George W.Bush,. Dal 1999, le spese della difesa statunitense è aumentata di un 67% (a valuta costante), per situarsi in 607000 milioni di dollari l’anno scorso e arrivare a 730000 milioni nella finanziaria fiscale del 2009. Le spese militari globali hanno raggiunto, nel 2007, 1200 miliardi di dollari essendo aumentati i costi della “guerra al terrorismo” e delle operazioni dell’occupazione statunitense in Iraq e in Afghanistan.“L’idea della 'guerra contro il terrorismo' ha stimolato molti paesi a vedere i propri problemi attraverso una lente altamente militarizzata, usando questo argomento per giustificare le loro alte spese militari”, spiega Sam PerloFreeman, investigatore dell’istituto svedese. In questo modo si verifica la relazione diretta della “guerra al terrorismo” con i guadagni e l’espansione dei consorzi di armi degli Usa, che risultano essere, insieme alle industrie petrolifere e alle aziende di servizi (che includono le compagnie di assicurazioni private), i principali beneficiari delle invasioni e delle occupazioni militari, sia in Iraq come in Afghanistan come nei conflitti attuali e potenziali nel M.O e in tutto il pianeta, tra i quali sono già pianificate azioni militari contro l’Iran e la Siria L’ America Latina si militarizza n un dossier di giugno del 2008, il SIPRI affermava che i 12 paesi del Sud America, dopo il summit dei Presidenti dell’UNASUR, realizzato a Brasilia, progettano di costruire un Consiglio di Difesa regionale, hanno aumentato le loro spese in armi durante il 2007 di un 25%. Si tratta di un record per i paesi di questa regione, che viene iscritto in una tendenza mondiale all’aumento della spesa in armi capeggiata dagli Usa. In base ai dati del SIPRI, la spesa nella difesa dei paesi del Sud America ha raggiunto i 50000 milioni di dollari nel 2008 contro i 39961 nel 2007.Secondo questa organizzazione con sede a Stoccolma (che con l’ IISS di Londra è una delle due entità più riconosciute a livello mondiale per le stime sul spese, equipaggiamento e bilancio militare), la crescita della spesa militare corrisponde ad una tendenza generale dei paesi sud americani. Per quanto riguarda la cifra globale della spesa del Sud America, il 55% (più della metà) con 27.40 milioni di dollari spetta al Brasile, che per popolazione, territorio e PIL rappresenta la metà dei 12 paesi della regione. Nella lista delle più alte spese segue la Colomba con 6746 milioni di dollari, cifra che viene destinata al Piano Colombia ed alla guerra contro la Farc, al terzo posto si trova il Cile con 5395 milioni di dollari e quarto è il Venezuela con 3321 milioni di dollari, paese che dà alla sezione militare priorità politica. 64 Opuscolo antimilitarista Epilogo La Russia e la Cina si blindano La Cina, come la Russia, ha triplicato negli ultimi dieci anni la sua spesa in armi, e nel 2008 si è convertita per la prima volta nel secondo paese della lista dopo gli Stati Uniti. Pechino e Mosca hanno triplicato il loro bilancio militare in questo periodo, e la Russia “mantiene i suoi piani di spendere ulteriormente nonostante i suoi severi problemi economici”, indica lo studio realizzato dal SIPRI. Il SIPRI calcola che la Cina ha comprato armi per un totale di 84900 milioni di dollari, che rappresenta un 6% della spesa militare nel mondo, davanti alla Francia (4,5) e Gran Bretagna ( 4,5). “ In Cina, l’aumento (della spesa in armi) segue da vicino la crescita economica ed è vincolato alle sue aspirazioni di incrementare il suo potere” nello scenario internazionale, dice il SIPRI.La Russia, allo stesso modo che la Cina, ha approfittato dell’euforia economica degli anni precedenti alla crisi internazionale per riaffermare le sue ambizioni di superpotenza, salendo fino al quinto posto nella lista del SIPRI. Armi nel Medio Oriente La spesa militare nel M.O si è ridotta leggermente nel 2008, ma il SIPRI vede questa discesa come qualcosa di temporaneo dovuto al fatto che “molti paesi della regione (stanno) pianificando grandi acquisti di armi”. I paesi dell’Asia e del M.O aumenteranno la loro spesa militare durante i prossimi 20 anni per affrontare le tensioni che aumentano in queste regioni, ha detto questa settimana un alto rappresentate del gigante aerospaziale Boeing citato dalla agenzia EFE.“Crediamo che questi mercati siano quelli che avranno più espansione”, ha dichiarato il presidente della Boeing Intergrated Defence Systems, Jim Albagh, alla stampa di Singapore. Ha spiegato che a molti governi dell’Asia e del M.O preoccupa molto l’aumento di focolai di tensione regionali e approfitteranno della spinta delle loro economie per investire più risorse nella protezione delle loro frontiere e delle rotte commerciali. Gli Stati Uniti e il capitalismo militare Il concetto di “capitalismo transazionale” significa, nell’era informatica, la presenza di un “capitalismo senza frontiere” poggiato su due pilastri fondamentali: la speculazione finanziaria informatizzata (con sede territoriale a Wall Street) e la tecnologia militare- industriale di ultima generazione (la cui massima espressione di sviluppo si concentra nel Complesso Militare Industriale degli Stati Uniti) Come si è già verificato nella pratica, dopo che i carri armati e gli aerei nordamericani convertono in rifiuti infrastrutture, strade ed edifici dei paesi invasi militarmente, arriva l’esercito delle aziende transazionali a prendere al balzo la favolosa palla capitalista della “ricostruzione”.La combinazione del 65 Opuscolo antimilitarista Epilogo superpotere militare Usa con il superpotere economico-finanziario di Wall Street, ha dato come risultato l’Impero Unico, il cui raggio d’influenza e dominio comprende più di 180 paesi nei quali gli Stati Uniti hanno una presenza diretta o un'influenza militare in questo momento. In base ad un dossier della Comission on Reviw of Overseas Military Facility Structure of the Usa, gli Stati Uniti dispongono di più di 450000 militari effettivi nel mondo, quasi la metà in “situazione di combattimento”, contano su una rete di 825 installazioni militari in diversi luoghi del pianeta (15 grandi, 19 medie e 826 di grandezza minore), 5 comandi funzionali aerei, terrestri e navali (tra di loro il Comando Sud e la IV flotta) e 5 comandi geografici, ai quali si è aggiunta la recente creazione dell'AFRICOM. L’attuale preventivo destinato alla Difesa è 15 volte superiore a quello destinato al Dipartimento di Stato, ed il Pentagono dispone di 200 volte il personale destinato all’area della politica estera. Per avere un’idea approssimativa della cifra totale destinata alla Difesa Usa nel 2009, la stessa equivale a più del doppio del PIL (produzione annuale) di un paese petrolifero come il Venezuela e a più del triplo del PIL del Cile, e a quasi 20 volte quello della Bolivia. Ma c’è un paragone ancora più da incubo: quello che richiede l’ONU per “combattere la fame” nel mondo (700 milioni di dollari) equivale a solo l’1 % della finanziaria per la Difesa Usa. Il Pentagono farà la parte del leone nella finanziaria del 2009 con 730000 milioni di dollari destinati a sostenere la gigantesca struttura militare della prima potenza imperiale su scala globale. Inoltre, la siderale finanziaria della Difesa ingrassa l’espansione geometrica dei guadagni dei consorzi di armi del Complesso Militare Industriale statunitense, ed è la prova più irrefutabile della relazione simbiotica di sopravvivenza stabilita tra il sistema capitalista sionista con i conflitti armati e le occupazioni militari. In questo scenario- come si può apprezzare dalla grandezza della finanziaria per la Difesa- i primi passi del “sogno americano” di Obama sono già cominciati. Titolo originale: "El factor bélico: Escalada armamentista con record mundial de gastos militares" Fonte: http://www.iarnoticias.com 66 Note e appunti 67 Nelle ultime assemblee della Coordinazione anarchica, alla quale attualmente partecipano diverse realtà di collettivi ed individui, a livello nazionale, è emersa l'esigenza di esprimerci e riflettere sulla questione dell'antimilitarismo, sia data l'imminente e obsoleta ennesima presenza in Italia del prossimo G8 2009, sia poiché le nostre vite sono quotidianamente bombardate da un livello di militarizzazione sempre più crescente, soprattutto nelle città, ma più in generale in un clima che si insigna anche alla luce di una forte ripresa del militarismo, legalizzato o meno, che risulta a dir poco allarmante, con guerre che continuano a combattersi sbandierando la tanto gettonata difesa o conquista della fantomatica democrazia, e non a caso termini come questi, utilizzati dai media, appaiono come imminente richiamo ad un panorama mondiale di conflitto bellico globale e permanente. In occasione degli incontri del G8 che si svolgeranno quest'anno in Italia appunto, abbiamo voluto ricostruire una rinnovata forza di mobilitazione attorno alla questione antimilitarista. Le basi militari statunitensi sulle nostre terre, in particolar modo nelle isole come la Sardegna, le spese militari in forte crescita, gli investimenti delle banche nel commercio di armi, le aziende italiane produttrici di armi, l'esercito italiano impiegato in operazione di pubblica sicurezza, gli armamenti in dotazione alle forze dell'ordine sono l'aspetto lampante di una società ed un'economia pervasa da una cultura autoritaria e militarista. Per questo abbiamo contribuito a creare una rete di individualità e gruppi che siano in grado di monitorare le situazioni, analizzare i contesti, produrre informazione e nuovi canali di informazione, promuovere momenti di mobilitazione e azione diretta. Una rete che sia in grado di rilanciare il lavoro fatto da chi si è occupato di antimilitarismo in passato riuscendo ad intercettare il lavoro, la passione, la determinazione di chi, sempre di più, odia l'autoritarismo militare, in qualsiasi parte del mondo. Una rete antimilitarista aperta a tutti quelli che si ritrovano sui contenuti e sulle pratiche libertarie per presentare interventi, riflessioni, iniziative e mobilitazioni durante le giornate del G8, per costruire relazioni anche internazionali e porre le basi di una nuova stagione di lotta antimilitarista nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle piazze per sensibilizzare su questi temi tutti i cittadini che subiscono il militarismo in tutte le sue forme. Ed è proprio a questo proposito che nasce, all'interno della rete, l'idea di un opuscolo che parli di ANTIMILITARISMO in un'accezione fortemente libertaria, in cui se ne ripercorranno brevemente i cenni storici, le origini, passando poi ad analisi più attuali, per esempio leggendo il legame che intercorre fra militarismo e razzismo, o agli innumerevoli sviluppi e nuove forme che il militarismo sa darsi nel mondo attuale, per poi proseguire con due approfondimenti specifici: il primo sulla militarizzazione territoriale annosa e scandalosa della Sardegna, una meraviglia nel Mediterraneo scempiata dalle basi; l'altro su un pessimo tentativo, in alcune scuole di Lecco, di far passare i militari stessi come promulgatori di pace, invitandoli ad incontrare gli studenti all'interno di dibattiti e incontri dal titolo aberrante, se si pensa ai relatori:“la pace si fa a scuola”, travalicando il limite del revisionismo, stravolgendo la realtà per indurre ad un pensiero di paura e conseguente e inevitabile difesa. Lo scritto raccoglie materiale di analisi ed esperienze che è fatto di tanti contributi variegati proprio perchè più persone, provenienti da spazi e storie diverse, hanno scritto e condiviso, dal basso. C'è anche da specificare che trattandosi di un opuscolo lo spazio ridotto non ha acconsentito molti approfondimenti. A questo proposito i/le compagn* sard* stanno provvedendo alla stesura di altro materiale che formerà un opuscolo a se stante specifico per la situazione territoriale militarizzata dell'isola, con maggiori informazioni e dettagli. Oltre al cartaceo l'opuscolo è ovviamente scaricabile dal nuovo sito web creato ad hoc per la tematica antimilitarista, in cui è possibile apportare contributi, contenuti e modifiche e visionarne gli esistenti. Maggio 2009 Per info www.reteantimilitarista.info Non lasciare in pace chi fa la guerra