THE LADY
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Sinossi:
THE LADY è la straordinaria storia di Aung San Suu Kyi e di suo marito, Michael Aris.
Si tratta anche del racconto epico della pacifica lotta della donna al centro del movimento democratico birmano.
Nonostante la distanza, le lunghe separazioni e un regime pericoloso e ostile, il loro amore resiste fino alla fine.
Una storia di devozione e di comprensione umana sullo sfondo dei disordini politici che continuano tutt’oggi.
Aung San Suu Kyi è figlia del generale Aung Sang che negli anni '40 fu a capo della rivoluzione nel suo paese che liberò la Birmania dal
giogo inglese. Aung San venne assassinato pochi mesi prima della dichiarazione di indipendenza e San Suu Kyi aveva solo due anni.
Viaggiò in seguito molto con sua madre che era nella carriera diplomatica e studiò negli Stati Uniti. Si laureò ad Oxford nel 1967 e dal
1969 lavorò a New York alle Nazioni Unite. Li incontrò Michael Aris, docente di cultura tibetana. San Sun Kyi e Michael scoprirono di
avere tanti interessi in comune, si innamorarono e
si sposarono nel 1972. Ebbero due figli.
La vita nella famiglia di San Suu Kyi scorreva serena finchè, nel 1988, le giunse la notizia che la madre, in Birmania (ora Myanmar) era
gravemente malata. San Suu Kyi partì per raggiungerla e, tornata al suo paese, vedendo le tragiche situazioni di vita del popolo, fondò
la Lega Nazionale della Democrazia che si ispirava all'ideale della non violenza proprio del pensiero del Mahatma Gandhi. Neanche un
anno dopo, le vennero comminati gli arresti domiciliari con la clausola vessatoria che le si dava la libertà per uscire dal suo paese ma
che dopo non vi sarebbe potuta più tornare. Nel 1990 il regine militare decise di indire le elezioni e la Lega Nazionale della Democrazia
vinse con largo margine, vittoria non riconosciuta dai militari che annullarono il voto e continuarono a gestire il potere.
San Suu Kyi decise di non partire dalla Birmania segnando così l'allontanamento definitivo dalla sua famiglia. Michael si comportò da
uomo innamorato e convinto delle idee della moglie allevò da solo i due figli fino al 1999 quando morì per un tumore.
I generali non permisero a San Suu Kyi di vederlo per l'ultima volta.
Decisa a combattere per il suo popolo San Suu Kyi continuò a vivere nel suo paese o agli arresti domiciliari o, per brevi periodi, libera
ma controllata.
Ha difeso e sta sempre difendendo i diritti che il popolo birmano ha di vivere libero usufruendo delle ricchezze del proprio paese.
Famoso fu il suo discorso di Swedagon per cui fu di nuovo posta agli arresti nella sua casa e quando, nel 1991 venne insignita del
premio Nobel fu la sua famiglia, Michael e i figlioli che andarono a Stoccarda a ritirarlo mentre ella ascoltava la cerimonia, da sola a
Rangoon, attraverso una piccola radio.
Nel novembre del 2010 San Suu Kyi venne definitivamente liberata e dal 2012 le è stata data la possibilità di partecipare alla vita
politica del suo paese.
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Genere:drammatico storico
Regia:Luc Besson
Titolo Originale:The Lady
Distribuzione:Good Films
Produzione:Virginie Besson-Silla, Andy Harries
Data di uscita al cinema:23 marzo 2012
Durata:127'
Sceneggiatura:Rebecca Frayn
Direttore della Fotografia:Thierry Arbogast
Montaggio:Julien Rey
Scenografia:Hugues Tissandier
Costumi:Olivier Bériot
Attori:Michel Yeoh, David Thewlis, Jonathan Raggett, Jonathan Woodhouse
Destinatari:Scuole Secondarie di II grado
Approfondimenti:
INTERVISTA CON LUC BESSON
“Per favore, usate la vostra libertà per aiutarci ad ottenere la nostra.” (Aung San Suu Kyi)
Come è venuto a contatto con The Lady?
Un giorno Michelle è venuta a chiedere il mio aiuto. Mi ha detto che aveva per le mani una sceneggiatura avvincente su Aung San Suu
Kyi e che stava cercando un produttore. Sarebbe stato magnifico se fossi stato libero per dirigerlo. In un primo momento le ho detto che
non ero disponibile. Quando poi ho letto la sceneggiatura, sono rimasto a bocca aperta!
Mi sono commosso per la storia di questa donna e ho scoperto di non sapere nulla di lei, se non quel poco che avevo letto sui giornali,
la punta dell'iceberg. Sono tornato subito da Michelle per dirle che volevo collaborare al progetto e che se non aveva ancora trovato un
regista, mi proponevo io.
Era davvero felice.
Poi, l’ha letta Virginie e ne è stata entusiasta. Michelle ci ha presentati al produttore inglese Andy Harries che ha ampliato la
sceneggiatura con la sua società, la Left Bank Pictures ed è iniziata l’avventura.
In che modo ha personalizzato la sceneggiatura?
La sceneggiatura era scritta molto bene anche se a volte si avvicinava un po’ troppo al documentario. Abbiamo passato alcuni mesi a
rielaborarla per darle un senso più ampio e cinematografico. Volevo trovare il giusto equilibrio tra il ritratto della lotta politica per la
democrazia di questa donna e quelle che ci immaginiamo essere state le sue sofferenze. Per rendere la storia più credibile e ancora più
coinvolgente avevo bisogno dei “cattivi”. Quindi dovevamo mostrare i generali e la Giunta Birmana che avevano governato il paese con
un pugno di ferro per sessant’anni, nonché i rapporti tra Suu Kyi e l’esercito.
Dal momento che non ha potuto incontrare Aung San Suu Kyi di persona, quali libertà ha potuto prendere per costruire il suo
personaggio?
Raccontare la storia di un personaggio ancora vivente senza poterlo incontrare è sempre frustrante.
C’è il timore di non essere fedeli alla realtà o, al contrario, di restare troppo legati ad essa.
Soprattutto quando non c'è nessuno in grado di guidarti. Abbiamo fatto ricerche leggendo tre o quattro libri su di lei che ci hanno aiutato
a comprendere meglio il suo incredibile destino. La storia di Aung San Suu Kyi può essere fatta risalire a suo padre, il Generale Aung
San. È stato il principale artifice della Rivoluzione Birmana che ha liberato il paese negli anni '40. Tuttavia, sia lui che i suoi ministri sono
stati assassinati quando lei aveva appena tre anni. Quando Suu Kyi ha riacceso la fiamma della Rivoluzione circa trent’anni dopo, ha
potuto beneficiare dell’aura di suo padre. Proprio come la protagonista del film La scelta di Sophie, che si è ritrovata a dover decidere
tra i suoi due figli durante la guerra, Suu Kyi ha dovuto scegliere tra la patria e la famiglia. Per tutto ciò che va al di là dell’aspetto
storico, sono state le persone a lei vicine che ci hanno guidato, spiegandoci cosa fosse plausibile e cosa no. Abbiamo fatto molte
ricerche e ci siamo documentati anche sulle persone all’interno della sua cerchia, come lo scrittore U Win Tin, rinchiuso in prigione per
25 anni, o Zargana, l’unico comico birmano che è stato condannato a 45 anni per le battute ironiche sui militari durante i suoi spettacoli.
E per quanto riguarda i generali?
È stato ancora più difficile perché avevamo pochissime foto e nessun libro è mai stato scritto su di loro. Abbiamo fatto affidamento sui
rapporti incredibilmente ben documentati di Amnesty International sulle centinaia di migliaia di prigionieri birmani fondati sulle
testimonianze di coloro che, liberati dopo qualche anno, hanno potuto raccontare la loro storia, la loro drammatica esperienza, e come
venissero trattati dai militari. Devo dire, però, che il film ha smorzato un po’ questo aspetto perché alcune delle storie erano talmente
cruente che avrebbero potuto perdere credibilità.
Ha capito subito che l’interpretazione di Michelle Yeoh sarebbe stata così intensa?
Perfino prima delle riprese, ci bastava vedere quanto Michelle fosse assorbita dal suo personaggio per capire che la sua interpretazione
sarebbe stata eccezionale. Era ossessionata dal ruolo. A parte Mulan, non ci sono molti altri ruoli oltre ad Aung San Suu Kyi per
un’attrice asiatica. Michelle non è solo quasi coetanea di Suu Kyi, ma le assomiglia anche! Quando arrivava sul set al mattino, i
duecento birmani attorno a lei si zittivano chiedendosi se fosse davvero lei o no. Per entrare nella parte Michelle aveva a sua
disposizione circa 200 ore di video di Suu Kyi, video che l'hanno aiutata ad acquisire la sua gestualità e il suo accento. Quando sei mesi
dopo ho incontrato Suu Kyi, ho avuto l’impressione che fosse Michelle con vent'anni di più.
Ha dovuto imparare il birmano per il film…
Il birmano è sicuramente la lingua più difficile che ci sia da imparare. All’inizio pensavo che sarebbe stata facilitata dalla conoscenza di
altre lingue, come il mandarino o il malese. Invece, mi ha spiegato che non era così e che le consonanti erano molto diverse. Ha
passato sei mesi a imparare i testi in birmano. In particolare, aveva il discorso originale di Shwedagon, che le ha permesso di
comprendere le idee di Suu Kyi. Si è esercitata molto, tanto che a volte è difficile distinguere tra l’attrice e la vera Suu Kyi. Sono rimasto
colpito dal modo in cui è riuscita a rendere in modo efficace quel discorso particolarmente difficile. Ha preteso molto da se stessa
perché era determinata a parlare un birmano impeccabile in modo che sembrasse la sua lingua madre.
David Thewlis, che si cimenta in un incredibile doppio ruolo, risulta credibile tanto nei panni di Michael Aris che in quelli di Anthony.
È uno di quei magnifici attori inglesi con una formazione teatrale. Mi ha detto che non gli capitava da tempo di commuoversi leggendo
un copione, come gli è successo questa volta. Da quando ha ccettato la parte è stato un piacere avere a che fare con lui, un rapporto
basato su buone maniere, amicizia e generosità. Inoltre, lui e Michelle si sono trovati molto bene.
E per quanto riguarda i bambini?
A Londra ne ho visti parecchi. Il criterio principale era la somiglianza. Poi veniva la motivazione, gli attori che abbiamo scelto credevano
davvero molto in questo film.
Come ha fatto a ricreare la casa di Suu Kyi?
La casa era un elemento molto importante. Vi ha passato quattordici anni, tagliata fuori dal mondo, senza linea telefonica, stampa o
televisione. Abbiamo cercato foto della casa, soprattutto degli interni, e abbiamo perfino usato Google Earth per ottenere le dimensioni
esatte. Poi, abbiamo costruito la casa in maniera identica, fino al minimo dettaglio. Per fare un esempio, il pianoforte è della stessa
marca di quello di Suu Kyi e le cornici delle foto dei suoi genitori sono identiche.
Alcune delle persone che avevano avuto l’opportunità di visitare la casa si sono sentite disorientate, avevano l’impressione di entrare di
nuovo in quella reale.
Quanto è stato difficile girare la scena della cerimonia del Premio Nobel?
Per questa scena, senza dubbio una delle più forti del film, avevamo accesso alle registrazioni originali dal momento che la cerimonia
era stata ripresa dalle telecamere di tutto il mondo. È stato molto interessante per gli attori, soprattutto per David Thewlis e i bambini,
perché hanno avuto a disposizione anche il minimo dettaglio a guidarli nell'interpretazione. D’altra parte, non avevamo nessuna
immagine di Suu Kyi all'ascolto della cerimonia per radio, quindi è stata la prima volta che si sono potuti vedere questi due momenti
concomitanti: l’assegnazione del Premio Nobel di fronte a una folla di duemila spettatori e questa donna, sola, in ascolto alla sua piccola
radio.
La scena del blocco militare è stata ispirata interamente alla realtà?
Questa scena ha avuto luogo a Danubyu, a qualche centinaio di chilometri da Rangoon. Suu Kyi ha attraversato da sola il blocco per
parlare al capitano, dicendo ai suoi sostenitori di aspettarla. I soldati non hanno avuto il coraggio di sparare. Al momento delle riprese,
però, era ancora agli arresti domiciliari e non è stato possibile chiederle cosa fosse successo veramente. Il problema principale era non
avere neanche una foto di Danubyu. Non avevamo idea di come fosse e avrei preferito che i nostri set fossero simili a quelli originali. Ho
parlato con dei birmani che conoscevano qualcuno che era stato laggiù, ma non sono riuscito ad avere nessun resoconto diretto da
persone presenti a Danubyu all’epoca dei fatti, probabilmente sono tutti morti o in prigione. Per cui, questa scena si può definire
costruita poiché l’ho girata nel modo in cui penso siano andate le cose. Ma non l’ho inventata. Suu Kyi ha davvero attraversato, da sola,
un muro di soldati armati.
Il discorso di Aung San Suu Kyi a Shwedagon incute un timore reverenziale.
Accanto a Michelle sul palco c’erano altre quindici persone circa del partito di Suu Kyi, la LND (Lega Nazionale per la Democrazia). Una
delle comparse in piedi a fianco a lei, un uomo sulla sessantina, si trovava in mezzo alla folla che si era riunita venti anni prima a
Rangoon per ascoltare il discorso. Ha passato l'intera giornata in lacrime, trovandosi sul palco a rivivere quel momento che
aveva avuto un forte impatto emotivo su di lui. Un’altra giovane e talentuosa attrice birmana mi ha detto di essere nata quel giorno. I
suoi genitori la prendevano sempre in giro dicendole che per colpa sua si erano persi il discorso!
Ovviamente era impensabile girare il film in Birmania…
Sapevamo che non avremmo mai ottenuto i permessi per le riprese, dato l’argomento trattato; in realtà, sarebbe stato lo stesso per
qualsiasi argomento! Abbiamo girato le quindici ore di metraggio in Tailandia, non lontano dal confine, in un paesaggio che ricordava
quello birmano. Tuttavia siamo riusciti a riprendere da tutte le angolazioni la Pagoda di Shwedagon, situata al centro di Rangoon, e
abbiamo ripreso gli attori con uno schermo verde alle spalle col quale potevamo coprire la pagoda.
Abbiamo anche girato a Rangoon (con una telecamera nascosta) e l’impressione è che il film sia stato realizzato interamente in
Birmania, anche se in realtà si tratta solo di una trentina di riprese.
Com’è stato girare in Thailandia?
Un piacere. Contrariamente a quanto si pensa in Europa, molti film vengono girati lì ogni anno. Le troupe sono professionali, rapide e
cordiali e fanno un ottimo lavoro. L’aspetto più complicato – a parte il caldo e l'umidità nauseanti— riguardava la comunicazione, visto
che ho dovuto far tradurre in inglese le mie richieste, che poi sono state tradotte in Thai e poi ancora in birmano per gli attori.
Il responsabile del casting, però, è stato grandioso e avevo un aiuto regista molto bravo con un ottimo senso dell'organizzazione. In
questo modo ho potuto lavorare seguendo i miei tempi, con giornate lavorative piene e poche pause. Credo che ci fosse una buona
energia per il film e per gli attori.
Come ha lavorato con il compositore Eric Serra?
Ho conosciuto Eric quando avevamo diciassette anni e aveva curato la musica per il mio primo cortometraggio. Perciò abbiamo un
rapporto amichevole e affettuoso, anche se i suoi ritmi di lavoro sono l’opposto dei miei. Mi piace pianificare tutto in anticipo, mentre lui
preferisce riflettere, osservare, prendere tempo. Poi, quando mancano solo undici settimane alla lavorazione - pochissimo! – va in
panico, smette di mangiare, smette di respirare e lavora. Riesce a comporre solo sotto estrema pressione. È molto faticoso per lui.
Quando finisce, dorme per venti giorni di seguito.
Fa sicuramente parte del suo talento, ha bisogno di pressione perché vive con la sua musica.
La liberazione di Aung San Suu Kyi nel Novembre 2010 deve essere stata una sorpresa.
Non ci aspettavamo che succedesse, perché era prigioniera da più di dieci anni consecutivi. Infatti, era una delle ragioni per girare il
film: era il nostro modo per dire che non abbiamo dimenticato questa donna e la sua lotta. La sua liberazione sarebbe dovuta avvenire
tempo prima, invece è accaduto nel bel mezzo delle riprese in Thailandia. La prima reazione è stata di entusiasmo, poi è sopraggiunto il
disorientamento. Stavamo girando questo film proprio per dare un contributo alla sua liberazione e ora venivamo a sapere che questo
stava accadendo ancora prima della fine delle riprese. Quella mattina di Novembre 2010, avevo girato la sua prima liberazione nel
1995: usciva dal cancello di legno, saliva le scale e salutava la folla in attesa. Quando siamo tornati in hotel la sera abbiamo acceso la
televisione e abbiamo visto lo stesso cancello e Suu Kyi vestita quasi allo stesso modo, con gli stessi fiori nei capelli, salire le scale e
salutare…
Cosa avete provato?
È stato come se qualcuno avesse rubato il metraggio del mattino. Per un attimo mi sono chiesto cosa stesse succedendo e se il film
avesse ancora senso. Tuttavia, siamo venuti subito a sapere delle restrizioni alla sua libertà. In realtà non era cambiato tanto da quando
era agli arresti domiciliari. Se lascia il suo paese, non può più farvi ritorno. Ufficialmente il suo partito non esiste più. Non può esprimersi
liberamente, né tantomeno organizzare assembramenti di persone. I suoi diritti fondamentali sono calpestati, anche se è stata liberata.
La conclusione è che il film ha mantenuto il suo significato. La stampa ha divulgato un discorso di Suu Kyi: “Usate la vostra libertà, per
aiutarci a ottenere la nostra”. È un appello a tutti gli artisti.
Crede che il film possa servire a sensibilizzare le coscienze?
Oltre alla Birmania e alle sofferenze personali di questa donna, quello che mi interessa di questo film è l’eco che potrebbe avere in tutti i
paesi democratici. Dovrebbe farci rendere conto della libertà di cui godiamo in Francia, dove nessuno va in carcere per aver letto un
giornale, dimostrando allo stesso tempo quanto sia fragile la democrazia. In Birmania, la maggior parte dei seggi parlamentari è
riservata ai militari: non è più una democrazia. Inoltre, il 95% della metà dei seggi rimanenti è occupato da ex capi dell’esercito. È la
farsa di un paese che vuole sponsorizzare un’immagine democratica per attirare affari e turismo. Venti anni fa, il popolo birmano aveva
espresso la propria volontà alle elezioni. Il partito di Suu Kyi, la LND, aveva vinto 392 seggi. I capi dell’esercito solo sette. Ma i risultati
delle elezioni non sono mai stati presi in considerazione. È nostro dovere osservare le nostre democrazie e controllare che la libertà di
parola, i diritti umani e la costituzione vengano rispettati.
Com’è andato l’incontro con Aung San Suu Kyi?
Innanzitutto, prima ancora di incontrarla, volevo che venisse messa a conoscenza del progetto.
Dopo tre mesi di tentativi siamo riusciti a farle arrivare un messaggio. Quando finalmente l’ho incontrata, mi sembrava di essere di
fronte a Gandhi. È impossibile non sentirsi piccoli e stupidi al cospetto di questa donna che irradia cortesia, gentilezza e semplicità. Non
ha paura di niente.
Neanche sessant’anni di prigione le farebbero cambiare idea. Per lei conta solo che la sua gente sia libera di avere accesso in egual
misura alle ricchezze del paese. Non ha interessi personali. È una lezione di umiltà. Dopo averla incontrata, non ci si può più lamentare
di niente! Vorresti sapere tutto di lei e lei non fa che chiedere di te. È curiosa e non le interessa scrivere un libro sulla sua vita.
È una persona ammirevole.
Aung San Suu Kyi
Biografia
Aung San Suu Kyi (Rangoon, 19 giugno 1945) è una politica birmana, attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani sulla scena
nazionale del suo Paese, devastato da una pesante dittatura militare, imponendosi come leader del movimento non-violento, tanto da
meritare i premi Rafto e Sakharov, prima di essere insignita del premio Nobel per la pace nel 1991. Nel 2007 l'ex Premier inglese
Gordon Brown ne ha tratteggiato il ritratto nel suo volume Eight Portraits come modello di coraggio civico per la libertà.
Figlia del generale Aung San (capo della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania, di cui fu segretario dal '39 al '41) e
di Khin Kyi, la vita di Aung San Suu Kyi è stata travagliata fino dai primi anni. Suo padre, uno dei principali esponenti politici birmani,
dopo aver negoziato l'indipendenza della nazione dal Regno Unito nel 1947, fu infatti ucciso da alcuni avversari politici nello stesso
anno, lasciando la bambina di appena due anni, oltre alla moglie, Khin Kyi, e ad altri due figli, uno dei quali sarebbe morto in un
incidente.
Dopo la morte del marito, Khin Kyi, la madre di Aung San Suu Kyi, divenne una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto
da diventare ambasciatrice in India nel 1960. Aung San Suu Kyi fu sempre presente al fianco della madre, la seguì ovunque ed ebbe la
possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che, nel 1967, presso il St Hugh's College di Oxford,
conseguì la prestigiosa laurea in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia. Continuò poi i suoi studi a New York e, nel 1972, cominciò a
lavorare per le Nazioni Unite. In quel periodo conobbe anche uno studioso di cultura tibetana, Micheal Aris, che, l'anno successivo,
sarebbe diventato suo marito, e padre dei suoi due figli, Alexander e Kim.
Ritornò in Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale Saw Maung prese il potere
e instaurò il regime militare che tuttora comanda in Myanmar. Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung
San Suu Kyi sposò la causa del suo paese in maniera non-violenta e fondò la Lega Nazionale per la Democrazia, il 27 settembre 1988.
Neanche un anno dopo le furono comminati gli arresti domiciliari, con la concessione che se avesse voluto abbandonare il paese, lo
avrebbe potuto fare; Aung San Suu Kyi rifiutò la proposta del regime.
Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il risultato fu una schiacciante vittoria della Lega Nazionale per la
Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi diventata Primo Ministro, tuttavia i militari rigettarono il voto, e presero il potere
con la forza, annullando il voto popolare. L'anno successivo Aung San Suu Kyi vinse il premio Nobel per la Pace, ed usò i soldi del
premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione, a favore del popolo birmano.
Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semi libertà, non poté mai lasciare il paese,
perché in tal caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche
quando al marito Michael fu diagnosticato il cancro, che di lì a pochi anni, nel 1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova.
Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San Suu Kyi fu riconosciuta una maggiore libertà d'azione in
Myanmar, ma il 30 maggio 2003, il dramma: mentre era a bordo di un convoglio con numerosi supporters, un gruppo di militari aprì il
fuoco e massacrò molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, ella riuscì a salvarsi ma fu di nuovo messa agli
arresti domiciliari. Da quel momento, la salute di Aung San Suu Kyi è andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un
intervento e vari ricoveri.
Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato agli inizi degli anni 2000 a essere un argomento internazionale, tanto che gli Stati Uniti
d'America e l'Unione Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma gli arresti domiciliari
furono rinnovati per un anno nel 2005 e ulteriormente rinnovati nel 2006 e nel 2007.
Per quanto sta facendo per la causa del popolo birmano, alcune prestigiose Università in Europa e in America vogliono assegnarle delle
lauree Honoris Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei diritti umani e della pace.
Il 9 novembre 2007, San Suu Kyi ha lasciato la sua abitazione dove era confinata agli arresti domiciliari e ha incontrato il ministro
nominato ad hoc dalla giunta militare al potere per il dialogo con l'opposizione, il ministro dei trasporti Aung Kyi. Un dirigente della Lega
nazionale per la democrazia ha detto che Suu Kyi ha anche incontrato tre esponenti del suo partito, che non incontrava da tre anni.
Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio 2008 il Congresso degli Stati Uniti le ha conferito la sua massima onorificenza:
la Medaglia d'Onore.
Il 3 maggio 2009 un mormone statunitense, John William Yethaw, ha raggiunto a nuoto la casa in cui è costretta agli arresti domiciliari
attraversando il lago Inya. Il 14 maggio la giunta militare ha arrestato, e il 18 successivo ha processato, San Suu Kyi per violazione degli
arresti domiciliari. Il termine dei domiciliari e la liberazione dell'attivista birmana dall'ultimo arresto sarebbero scaduti il 21 maggio.
Secondo buona parte della stampa internazionale e la stessa Lega nazionale per la democrazia, l'impresa di Yethaw è stato il pretesto
fornito alla giunta militare per mettere fuori gioco Aung San Suu Kyi prima di sottoporre il popolo birmano alla votazione di un
referendum per l'approvazione di un testo costituzionale che, di fatto, sancisce la continuazione del potere dei militari sotto forme civili,
escludendo del tutto la Lega nazionale per la democrazia.
L'11 giugno Aung San Suu Kyi è stata nuovamente condannata, questa volta a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa
della sicurezza che sono stati commutati poi, dalla Giunta militare, in 18 mesi di arresti domiciliari.
Il 13 novembre 2010 Aung San Suu Kyi è stata liberata.
L’8 dicembre 2012 le è stata data la possibilità di partecipare “in modo appropriato” alla vita politica del suo paese.
DAL SITO DI “AMNESTY INTERNATIONAL” SEZIONE ITALIANA
MYANMAR – LA SCHEDA DEL PAESE
L’Unione di Myanmar, nota anche come Birmania, è una nazione del Sud-Est asiatico. Si trova nella parte occidentale della penisola
d’Indocina. Si affaccia sul golfo del Bengala e sul mar delle Andamane e confina con Cina, Laos, Thailandia, Bangladesh e India. La
denominazione di Birmania, legata ad un’etnia particolare e come tale sgradita alle minoranze spesso in lotta con il potere centrale, è
stata abbandonata per assumere il nome ufficiale di Myanmar, etnicamente neutro.
MORFOLOGIA
Il territorio puo essere diviso in cinque parti dal punti di vista fisico: le montagne del nord, quelle dell’ovest, l’altopiano dell’est, il bacino
centrale e la zona costiera. Al nord le vette sono aspre ed elevate e si innestano direttamente nell’Himalaya, di cui costituiscono
l’estremo contrafforte. Nella zona occidentale invece le catene sono meno elevate. A est si estende l’altopiano di Shan, arido e incolto
nella sua parte settentrionale, ricco di foreste tropicali in quella meridionale. Verso ovest l’altopiano scende a strapiombo mentre verso
Sud esso si prolunga in rilievi che formano la zona costiera del Tenasserim. La zona costiera procedendo da nord verso sud presenta
coste alte e frastagliate, bagnate del golfo del Bengala; seguono il delta dell’Irrawaddy e le pianure costiere che si affacciano sul golfo di
Martaban. Infine nella parte più meridionale le coste ridivengono alte, rocciose e importuose.
IDROGRAFIA
L’idrografia è dominata dal fiume Irrawaddy, navigabile per circa 1450 km, che sfocia con un ampio delta nel golfo di Martaban, dove
sbocca anche il Sittang.
CLIMA
Il clima dipende dal regime monsonico sulla costa, con temperature abbastanza alte e piogge abbondanti durante le stagione estiva.
Nelle pianure centrali e sull’altopiano il clima è di tipo continentale, con scarse precipitazioni. Sulle coste le piogge raggiungono anche
5000 mm annui.
POPOLAZIONE
La popolazione birmana è molto composita, cosa che rende difficile l’integrazione dei vari gruppi etnici. I birmani costituiscono il 69%
della popolazione; abbastanza consistente è anche l’immigrazione di commer¬cianti cinesi, pakistani, thailandesi e indiani. La
popolazione ha subito un notevole incremento passando dai 13 milioni del 1921 ai 24 del 1964 ai 44.596.000 del 1993, ai 45.976.000
stimati nel 2001. L’aspettativa di vita è di 61 anni, la mortalità infantile è del 79%, dati che portano il Myanmar nella fascia dei paesi a
basso sviluppo umano. Grazie all’impegno per l’istruzione l’analfabetismo è stato ridotto al 15,3%, e quasi il 75% della popolazione vive
in villaggi.
ECONOMIA
L’economia si basa soprattutto sull’agricoltura e in particolare sulla risicoltura. Negli ultimi anni ci sono stati lievi segni di crescita, ma il
reddito pro capite resta uno dei più bassi al mondo. Le terre coltivate sono il 14% del totale, sui 2/3 delle terre arabili è praticata la
risicoltura e la meccanizzazione dell’agricoltura è solo agli inizi. Nella parte orientale del paese, nel cosiddetto “triangolo d’oro” è molto
comune la coltivazione di oppio. L’allevamento riguarda soprattutto i bovini e gli animali da cortile; ha un ruolo notevole nell’economia
anche la pesca. L’industria si occupa soprattutto della lavorazione dei prodotti agricoli locali, ma vi sono anche industrie tessili per la
lavorazione del cotone. In crescita il turismo attirato da un patrimonio artistico di prim’ordine costituito da templi, monasteri e monumenti
funerari.
•
Spunti di Riflessione:
di L.D.F.
1.
San Suu Kyi viveva negli USA, aveva un lavoro all’ONU che la soddisfaceva, un marito che amava e due figli cui
era legatissima. Quando, nel 1988, decise di partire per la Birmania per curare la madre ammalata, immaginava che non avrebbe visto
più la sua famiglia?
2.
Il non incontrare più i suoi familiari fu una scelta dolorosa di San Suu Kyi, impostole dal regime militare padrone
della Birmania dal 1962. Perché si parla di una scelta?
3.
Decisa a rimanere in Birmania, San Suu Kyi si dedicò al suo paese in cui gli abitanti vivevano (e vivono) in
condizioni degradate inimmaginabili e fondò un movimento la “Lega nazionale per la Democrazia” per opporsi politicamente al governo
dei generali. Perché i generali le permisero di arrivare fino a quel punto? La sottovalutarono oppure…?
4.
Perché, quando il potere militare cominciò a comprendere l’importanza che San Suu Kyi, aveva per il popolo
birmano, non la fece uccidere visto che, con tanti altri oppositori del regime, l’omicidio era stata la soluzione più pratica e ovvia?
5.
La giunta militare, nell’intento di far dimenticare al popolo ciò che era stato e ciò per cui aveva lottato prima del
ritorno di San Suu Kyi, aveva cambiato l’antico e storico del paese, Birmania, in Myanmar. C’era un altro scopo recondito per i generali
nel cambiare il nome del paese. Approfondite l’argomento.
6.
San Suu Kyi, nel fondare la lega nazionale della democrazia, si era ispirata a principi della non violenza del
Mahatma Gandi che riuscì in nome di questa sua politica a rendere, nel 1947, l’India uno Stato indipendente. Però quest’indipendenza
portò al suo omicidio alla divisione dell’India in due Stati. Approfondite l’argomento.
7.
Messa agli arresti domiciliari, San Suu Kyi diventò intoccabile per la giunta militare che comprese di non aver
bisogno di una martire la cui morte avrebbe potuto sollevare il paese. I generali compresero quanto San Suu Kyi avrebbe potuto essere
una martire anche relegata nella sua casa?
8.
Quando la Lega nazionale per la Democrazia vinse le elezioni nel 1990, i militari rifiutarono di cedere il potere. Il
popolo Birmano a una parola di San Suu Kyi avrebbe potuto sollevarsi. San Suu Kyi non lo permise e rimase agli arresti domiciliari. La
sua fu una scelta legata alla politica della non violenza da lei professata o la certezza che se si fosse comportata diversamente avrebbe
gettato il suo paese nel sangue?
9.
Famoso, durante i suoi brevi periodi di libertà fu il discorso che San Suu Kyi fece a Sarangon. Fu questo discorso e
l’eco che ne ebbe che fece comprendere ai generali quanto ella potesse essere pericolosa per il mantenimento del loro potere e la fece
conoscere al mondo? Effettuate ricerche in merito.
10.
Quante volte San Suu Kyi, nel suo isolamento, avrà pensato a Michael, suo marito e ai suoi figlioli? Quante donne
avrebbero avuto il coraggio di fare una scelta simile?
11.
Nel 1991 venne assegnato a San Suu Kyi il premio Nobel. I generali non le permisero di andare a Stoccolma e il
premio venne ritirato da Michael e dai ragazzi in una delle scene più commoventi del film mentre San Suu Kyi…. Commentate.
12.
Michael, il marito di San Suu Kyi, accettò la scelta della moglie perché l’amava o perché condivideva i suoi ideali o
per ambedue i motivi? Certo che egli fu un eroe quanto sua moglie! Siete d’accordo? Commentate.
13.
Nel 1999 chi diede la forza a San Suu Kyi di non lasciare il suo paese per tornare in USA dove suo marito stava
morendo?
14.
Come San Suu Kyi cercò, pur agli arresti domiciliari, di partecipare nel 2007 alla protesta silenziosa dei monaci
buddisti in difesa dei diritti umani. Protesta che il regime, dopo averla tollerata per alcuni giorni, represse con violenza?
15.
Un tentativo nel 2008 di entrare nella sua residenza da parte di un americano provocò un ritorno agli arresti
domiciliari per San Suu Kyi. Percjè questo inconveniente determinò un grave danno alla Lega nazionale per la Democrazia?
16.
San Suu Kyi ha vissuto per più di vent’anni, in massima parte, agli arresti domiciliari condizionatamente libera come
nel 2007. Il fatto di cui parliamo nella domanda precedente quanto ha contribuito che San Suu Kyi tornasse agli arresti domiciliari in
quanto la giunta militare non aspettava altro? Per quale motivo?
17.
Nel 2010 San Suu Kyi venne liberata. Quanto la sua libertà fu dovuta a un avvicinamento dei generali agli Stati
Uniti? E che interesse avevano e hanno gli USA a intessere relazioni diplomatiche con la giunta militare del Myanmar?
18.
Nel gennaio 2012 i generali hanno riconosciuto a San Suu Kyi la possibilità di intraprendere nel paese una carriera
politica “appropriata”. Secondo la vostra opinione, cosa intende la giunta militare al potere per il termine “appropriata”?
19.
Il film è uscito nelle sale il 23 marzo 2012, dieci giorni prima delle elezioni “libere” che si sono tenute in Birmania il
1° aprile. E’ una vittoria per San Suu Kyi ma è, secondo la vostra opinione, la prima di tante vittorie o un momento storico della Birmania
in cui i generali, pur allentando le briglie, saggiano l’evolversi della situazione per intervenire?
20.
Quanto conta, nella lotta subdola di cui parliamo nella domanda precedente, il fatto che San Suu Kyi sia oggi un
esempio per tutta l’umanità? In Birmania, come affermano Amnesty International e Human Rights Watch, vige ancora un regime di
terrore e di San Suu Kyi tutti provano a non parlare al punto che, per la scena leggendaria, in cui ella attraversa un muro di soldati, non
si sono trovati testimoni diretti. Se questa è la situazione nel paese come si può parlare di elezioni libere?
21.
In Birmania ci sono 120 diverse etnie che parlano 120 lingue o dialetti diversi. I generali stanno forse, con la loro
apertura politica, iniziando a comprendere che solo San Suu Kyi, con il suo carisma, potrebbe unire popolazioni tanto diverse? Ma
perché dovrebbero se, fino ad adesso, la giunta militare ha governato, arricchendosi con il pugno di ferro, dovrebbe cedere e accettare,
quanto meno, un equilibrio nel governo del paese? E’ il timore di una rivolta o la reazione che il mondo avrebbe ove San Suu Kyi fosse
messa in discussione o la necessità di provare ad avere rapporti diplomatici con altri paesi come ora sta accadendo con gli USA?
22.
Besson ha affermato in un’intervista che The Lady “è la storia di una donna fragile che peserà a stento 50 chili ma
che ha saputo resistere a una dittatura sanguinosa e a un esercito di 300 mila uomini”. Commentate.
23.
Non trovate strano, ove conosciate le opere pregresse del regista Luc Besson che un autore di film violenti come
Leon e Nikita si sia dedicato a una storia d’amore e di non violenza come quella di San Suu Kyi?
24.
Besson diresse, nel 1999, un film dedicato a Giovanna d’Arco, un film particolare, intriso di fede e di violenza. Se
avete visto ”Giovanna d’Arco” paragonate la figura di Santa Giovanna a quella di San Suu Kyi ed esprimete le vostre opinioni in merito
ai punti di contatto e alle differenze tra le due figure, una “creata” e una “vissuta” da Besson.
25.
Per favore usate la vostra libertà per aiutarci a salvare la nostra”. E’ una frase di San Suu Kyi rivolta a tutto il mondo
e che tutto il mondo ha raccolto. Quanto secondo la vostra opinione il film “The Lady” ha contribuito?
DAL SITO DI “AMNESTY INTERNATIONAL” SEZIONE ITALIANA
THE LADY
Consigli ai docenti:
PRIMA DELLA VISIONE DEL FILM
WALK ON
o
Fate ascoltare il brano degli U2 Walk on, contenuto nell’album All that you can’t leave behind (2000). Al termine,
distribuite il testo originale della canzone e chiedete di tradurlo (magari con il supporto dell’insegnante di Lingua inglese) oppure fornite
per la lettura il testo inglese con la traduzione italiana a fronte.
o
Stimolate una discussione tra gli studenti sul significato che attribuiscono ai versi, anche aiutandosi con le seguenti
domande:
28.
Chi può essere il “tu” a cui si rivolge l’autore?
29.
Perché l’autore spinge l’interlocutore a “esser forte” e ad “andare avanti”?
30.
Quale può essere il luogo per il quale l’interlocutore sta facendo i bagagli?
31.
Che significato possono avere i versi “Avresti potuto volare via/Un uccello che canta in una gabbia aperta/Che
volerà solamente, volerà solo per la libertà”?
32.
Perché la casa è “dove c’è il dolore”?
o
o
Successivamente, comunicate alla classe che la canzone fu ispirata agli U2 dalla vicenda di Aung San Suu Kyi.
Dividete la classe in gruppi e attribuite ad ognuno di essi il compito di effettuare, a scelta, una ricerca, usando varie
fonti, su: aspetti geografici, economici, sociali e culturali della Birmania/Myanmar; vicende politiche del Paese dalla Seconda guerra
mondiale ad oggi; la vita e l’azione di Aung San Suu Kyi.
o
Chiedete agli studenti di rileggere il testo di Walk on alla luce di quanto appreso in seguito alle ricerche effettuate.
Le parole della canzone assumono ora un senso diverso? Quale? Perché?
DOPO LA VISIONE DEL FILM
LIBERA DALLA PAURA
o
Invitate gli studenti a leggere il brano tratto dal volume di Aung San Suu Kyi, Libera dalla paura (Sperling & Kupfer
Editori, Milano 1996) e a rispondere alle domande successivamente proposte (Allegato 3)
o
Gli studenti potrebbero illustrare la storia di Aung San Suu Kyi attraverso un fumetto, un poster o altra forma di
espressione artistica. Gli elaborati potrebbero essere esposti in un locale della scuola e servire di spunto per far conoscere agli altri la
situazione dei diritti umani in Myanmar.
o
Chiedete agli studenti di commentare per iscritto la seguente affermazione di Aung San Suu Kyi:
Non è vivendo fino a novanta o cento anni che si conduce una vita piena; alcuni arrivano a tarda età senza aver fatto nulla per nessuno.
Vengono al mondo, vivono e muoiono senza fare qualcosa per gli altri e, secondo me, questo non è vivere. Una persona deve avere il
coraggio di assumersi la responsabilità per i bisogni altrui, volere questa responsabilità. Ciascuno di noi deve pensarla così e tutti
dobbiamo instillare il principio nei giovani. Dobbiamo allevare i nostri figli facendo capire loro che è giusto fare solo ciò che è meritorio.
o
Invitate gli studenti a condividere le proprie riflessioni e a confrontarle con quelle degli altri, discutendo e
argomentando le diverse posizioni.
o
Concludete, proponendo la lettura degli artt.18-19-20-21 della Dichiarazione universale dei diritti umani, nei quali
sono chiaramente affermati i dirittI alla libertà di pensiero, di espressione e di partecipazione politica.
PASSARE ALL’AZIONE
o
Organizzate un incontro a scuola con un rappresentante di Amnesty International, che illustri agli studenti la
situazione dei diritti umani nel mondo, le modalità e le tecniche di azione dell’associazio¬ne, le opportunità di attivismo che offre.
o
Invitate gli studenti a visitare il link http://www.amnesty.it/azioni-urgenti e a svolgere, singolarmente o in gruppo, le
azioni che vi sono proposte.
THE LADY - L'AMORE PER LA LIBERTÀ
Un film di Luc Besson. Con Michelle Yeoh, David Thewlis, William Hope, Martin John King, Susan Wooldridge.
Titolo originale The Lady. Drammatico, durata 145 min. - Francia, Gran Bretagna2011.
- Good Films uscita venerdì 23 marzo 2012. MYMONET RO The Lady - L'amore per la libertà
Un melò convenzionale che fa leva sul dramma umano della posata
ma coraggiosa 'orchidea d'acciaio'
La storia vera di Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace 1991 e 'orchidea d'acciaio' del movimento per la
democrazia in Myanmar. Dopo l'assassinio del padre, il generale Aung San, leader della lotta indipendentista birmana,
Suu cresce in Inghilterra e sposa il professore universitario Michael Aris.
Quando nel 1988 il suo popolo insorge contro la giunta militare,
Suu torna nel paese natale e inizia il suo lungo scontro
diretto
contro
il
potere
La figura di Aung San Suu Kyi, paladina dei diritti democratici che per la libertà del suo paese e del suo popolo
ha per oltre vent'anni sacrificato la propria libertà personale e gli affetti familiari è di certo una delle più toccanti e
ammirevoli fonti d'ispirazione politica e umana degli ultimi decenni. È comprensibile quindi che The Lady fosse tanto per
la scrittrice Rebecca Frayn che per il regista Luc Besson e, soprattutto, per la sua
interprete
Michelle
Yeoh
un
vero
e
Onde rendere più vicina allo spettatore una figura complessa che ha attraversato fasi tumultuose della Storia di un paese
di cui i più davvero poco sanno, Frayn e Besson hanno scelto la via della divulgazione, presentando il contesto storico
e politico in maniera essenziale (la principale riflessione sulla Storia del Myanmar è racchiusa nel racconto di sapore quasi
favolistico che Aung San fa alla figlia, e che funge da prologo del film), e di far leva sul dramma umano della protagonista.
Dopo il ritorno a Yangon nel 1988, Aung San Suu Kyi ha difatti potuto rivedere il marito solo cinque volte,
a causa di visti negati al consorte e della sua impossibilità di tornare in Gran Bretagna
(una volta lasciato il suolo birmano non le sarebbe più permesso il ritorno), cosa che le ha impedito di vedere
i
figli
crescere
e
di
assistere
Aris
durante
la
malattia
Un'impostazione che inscrive la drammaturgia di The Lady nelle convenzioni del melodramma e che, a conti fatti,
rischia di sminuire l'aspetto politico della battaglia di Aung San Suu Kyi.
Sul fronte della resa formale, Besson rischia poco ed emoziona solo a sprazzi
- ossia quando le situazioni tendono all'action (l'assassinio di Aung San,
il primo blocco di Suu agli arresti domiciliari dopo la vittoria alle elezioni). Michelle Yeoh, dal canto suo,
si spende nella sua migliore interpretazione (assai riuscita nella mimesi del contegno e della postura di Aung San Suu Kyi),
anche se si ha l'impressione che il gigione David Thewlis (nel ruolo di Aris) sovente le rubi la scena.
T HE LADY - RECENSIONE
Inviato il 27/10/2011 da Elena Pedoto
È lo straordinario personaggio di Aung San Suu Kyi, paladina del movimento democratico in Birmania, fondatrice
della Lega nazionale per la democrazia nel 1988, premio Nobel per la pace nel '91 e donna dal notevole carisma
umano e politico, ad aver ispirato l'ultimo film del regista franceseLuc Besson, un dramma umano che s'inscrive
nel più ampio dramma politico di uno dei popoli più violentemente sottomessi alla dittatura militare. Una lunga lotta
per la libertà (che continua tutt'oggi) alla quale Aung San Suu Kyi ha dedicato sé stessa e la sua vita, affrontando
in questo lungo e impervio percorso tantissime dolorose difficoltà che l'hanno resa portatrice sana di una lotta
pacifica per la democrazia capace di opporsi alla più ostile legge della violenza.
Nel 1947, quando bambina di soli due anni Aung San Suu Kyi (rigorosamente interpretata daMichelle Yeoh)
vede per l'ultima volta suo padre (il generale Aung San, leader della lotta indipendentista birmana, fatto fuori dai
suoi avversari politici), il suo destino è già scritto. Nonostante, infatti, gli anni di separazione dal proprio paese
natio trascorsi successivamente in Inghilterra (dove Suu Kyi sposerà il professore universitario Michael Aris David Thewlis - dal quale avrà due figli) e l'apparente distacco dalla lotta verso l'indipendenza iniziata da suo
padre, quando nel 1988 la donna tornerà in patria per assistere la madre, scoprirà con i propri occhi gli orrori e le
violenze che ancora tengono in ginocchio il suo paese. E sarà, a quel punto, naturale e quasi doveroso per lei
riprendere in mano il lascito politico e morale lasciatole del padre per ricominciare la lotta là dove il genitore era
stato costretto ad abbandonarla. Una lotta che porterà avanti con l'aiuto del suo popolo (eletta a guida per
plebiscito popolare) e della sua famiglia (sempre disposta a sostenerla pur nella disperazione di non poterla più
vedere). Quelli che seguiranno saranno per Suu Kyi anni di glorie (la schiacciante vittoria alle elezioni del 1990 e
l'assegnazione del Premio Nobel l'anno seguente), ma anche di grande buio (la ripresa del potere con la forza da
parte della dittatura militare subito dopo le elezioni e il successivo periodo di arresti domiciliari al quale seguirà uno
stato di semi-libertà che le impedirà comunque di lasciare il paese - se non in via definitiva - e di vedere i figli e il
marito, spentosi - senza più vedere sua moglie - nel 1999 per un cancro alla prostata). Una storia giocata tutta sul
filo di valori profondissimi e immarcescibili mirabilmente veicolati dallo spirito di una donna che per la sua
esemplare dualità (grazia endemica e indomita forza) è stata poi non a caso ribattezzata l'orchidea d'acciaio.
"ASPETTATI IL MEGLIO MENTRE TI PREPARI AL PEGGIO"
La fedeltà familiare e la vocazione
a
preservare
comunità
i
sono
diritti
i
delle
valori
che
accompagnano e sostengono The
Lady, un film in cui ritroviamo
(poco) la cinetica d'azione cara al
regista
francese,
ma
che
fa
invece ancora una volta leva su
una grande figura di donna, che
arriva a essere quasi una summa
di tutte le qualità delle ‘eroine'
femminili transitate per i film
di Besson.
Un
ritratto
molto
accorto e rispettoso della storia
originale (ri)visitato attraverso le lenti intimiste del dramma famigliare che finirà per condurre la donna di fronte alla
tragedia di dover scegliere tra il suo popolo e la sua famiglia, e che rifugge invece l'approfondimento più
strettamente storico-politico, lasciato quasi a fare da sfondo insieme alla bucolica immagine delle pagode al calar
del sole e dei paesaggi mozzafiato che accentuano la suggestione narrativa. Un Besson divulgativo e facilmente
accessibile (con qualche vetta d'emozione) che, nonostante la patina melò in cui avvolge la pellicola, riesce
nell'intento di portare alla luce questa immensa - ma troppo poco conosciuta - figura di donna che (in tempi di forte
crisi dei valori) può rappresentare l'esempio vivente di un valore positivo ante-litteram.
PAROLA DI LUC
In
seguito
alla
proiezione
del
film
abbiamo
incontrato il regista che ha sottolineato gli aspetti a
lui più cari di questo lavoro...
Besson racconta di aver deciso di voler dirigere lui
stesso questo film (sempre grato del fatto di potersi
permettere di scegliere con una certa libertà i film
da fare), subito dopo aver letto la sceneggiatura
di Rebecca
Frayn ed
esserne
rimasto profondamente commosso. Una decisione
presa soprattutto per la paura di veder rovinata una
storia così bella, e di così grande rilevanza umana e
sociale. La sua prerogativa, nella realizzazione di
questo
progetto,
è
stata
dunque
quella
di
raccontare (nella maniera più veritiera possibile sia la casa di Oxford sia quella di Myanmar sono il
ritratto fedele di quelle reali, e con mano sobria visto il delicato tema affrontato) il racconto di umana sofferenza
affrontato da questa donna (e dalla sua famiglia) in nome della libertà del suo popolo; una lotta di 30 anni che
potrebbe dimostrare (se la Storia vorrà) come la possibilità di raggiungere una maturità democratica senza
spargimenti di sangue sia realmente concreta. Una politica di divulgazione che secondo Besson è necessario
adottare per accendere i riflettori, ovvero gettare una luce ("qualsiasi essa sia si tratterà sempre di una luce
positiva" afferma il regista) su certe situazioni spesso troppo trascurate. Racconta inoltre Besson che è stato bello
contribuire con il film a quel processo di mobilitazione che, proprio durante le riprese e creando dunque un
toccante parallelo con la realtà dei fatti narrati, ha fatto sì che Aung San Suu Kyi venisse liberata (proprio il giorno
in cui anche lui aveva girato la scena della liberazione), in parte, in quanto restava comunque impossibilitata ad
abbandonare la Birmania, visto che non l'avrebbero più fatta rientrare. "E questa rinuncia a una vita normale", ha
dichiarato Besson, "rappresenta un atto assoluto d'amore e d'impegno da divulgare".
THE LADY
Uscita nelle sale Italiane: 23/03/2012
Genere: Biografico
Regia: Luc Besson
Interpreti: Michelle Yeoh, David Thewlis, Jonathan Raggett, Jonathan Woodhouse, Susan Wooldridge
Sceneggiatura: Rebecca Frayn
Durata: 145
Produttore: Europa Corp., Left Bank Pictures, France 2 Cinéma
Aung San Suu Kyi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Aung San Suu Kyi
Nobel per la pace 1991
Aung San Suu Kyi (birm.
[ʔàʊȄ sȹáȄ sṵ tɕì]; Yangon, 19 giugno 1945) è una politica birmana,
attiva da molti anni nella difesa deidiritti umani sulla scena nazionale del suo Paese, devastato da una pesante
dittatura militare, imponendosi come leader del movimento non-violento, tanto da meritare i
premi Rafto e Sakharov, prima di essere insignita del premio Nobel per la pace nel 1991. Nel 2007 l'ex Premier
inglese Gordon Brownne ha tratteggiato il ritratto nel suo volume Eight Portraits come modello di coraggio civico
per la libertà[1].
Indice
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1 Biografia
2 Progetti artistici dedicati
3 Mobilitazioni Internazionali
4 Onorificenze
5 Note
6 Opere
7 Bibliografia
8 Altri progetti
9 Collegamenti esterni
Biografia [modifica]
Figlia del generale Aung San (capo della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania, di cui fu
segretario dal '39 al '41) e di Khin Kyi, la vita di Aung San Suu Kyi è stata travagliata fino dai primi anni. Suo
padre[2], uno dei principali esponenti politici birmani, dopo aver negoziato l'indipendenza della nazione dal Regno
Unito nel 1947, fu infatti ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno, lasciando la bambina di appena due
anni, oltre che la moglie, Khin Kyi, e altri due figli, uno dei quali sarebbe morto in un incidente.
Dopo la morte del marito, Khin Kyi, la madre di Aung San Suu Kyi, divenne una delle figure politiche di maggior
rilievo in Birmania, tanto da diventare ambasciatrice in India nel 1960. Aung San Suu Kyi fu sempre presente al
fianco della madre, la seguì ovunque, ed ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e
successivamente inglesi, tanto che nel 1967, presso il St Hugh's College di Oxford, conseguì la prestigiosa laurea
in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia. Continuò poi i suoi studi a New York dove lavorò per le Nazioni
Unite e dove incontrò il suo futuro marito, Michael Aris, studioso di cultura tibetana, che sposò nel 1971 e col
quale ebbe due figli, Alexander (nato nel 1972) e Kim (nato nel 1977).
Ritornò in Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale Saw
Maung prese il potere e instaurò il regime militare che tuttora comanda in Myanmar. Fortemente influenzata dagli
insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung San Suu Kyi sposò la causa del suo paese in maniera non-violenta e
fondò la Lega Nazionale per la Democrazia, il 27 settembre 1988. Neanche un anno dopo le furono comminati gli
arresti domiciliari, con la concessione che se avesse voluto abbandonare il paese, lo avrebbe potuto fare; Aung
San Suu Kyi rifiutò la proposta del regime.
Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il risultato fu una schiacciante vittoria della
Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi diventata Primo Ministro, tuttavia i
militari rigettarono il voto, e presero il potere con la forza, annullando il voto popolare. L'anno successivo Aung
San Suu Kyi vinse il premio Nobel per la Pace, ed usò i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di
istruzione, a favore del popolo birmano.
Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semi libertà, non poté mai
lasciare il paese, perché in tal caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari non fu
mai permesso di visitarla, malgrado i numerosi interventi, degli Stati Uniti, del segretario Generale delle Nazioni
Unite Kofi Annan o di papa Giovanni Paolo II, neanche quando al marito Michael fu diagnosticato il cancro, che di
lì a due anni, nel 1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova.
Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San Suu Kyi fu riconosciuta una maggiore libertà
d'azione in Myanmar, ma il 30 maggio 2003, mentre era a bordo di un convoglio con numerosi sostenitori, un
gruppo di militari aprì il fuoco e massacrò molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, Ko
Kyaw Soe Lin, riuscì a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel momento, la salute di Aung
San Suu Kyi è andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri.
Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento internazionale, tanto che gli Stati Uniti
d'America e l'Unione Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma gli
arresti domiciliari furono rinnovati per un anno nel 2005 e ulteriormente rinnovati nel 2006 e nel 2007.
Per quanto sta facendo per la causa del popolo birmano, alcune prestigiose Università in Europa e
in America vogliono assegnarle delle lauree Honoris Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei
diritti umani e della pace.[senza fonte]
Il 9 novembre 2007, Aung San Suu Kyi ha lasciato la sua abitazione dove era confinata agli arresti domiciliari e ha
incontrato il ministro nominato ad hoc dalla giunta militare al potere per il dialogo con l'opposizione, il ministro dei
trasporti Aung Kyi. Un dirigente della Lega nazionale per la democrazia ha detto che Suu Kyi ha anche incontrato
tre esponenti del suo partito, che non incontrava da tre anni.
Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio 2008 il Congresso degli Stati Uniti le ha conferito la sua
massima onorificenza: la Medaglia d'Onore.
Il 3 maggio 2009 un mormone statunitense, John William Yethaw, ha raggiunto a nuoto la casa in cui è costretta
agli arresti domiciliari attraversando il lago Inya.[senza fonte] Il 14 maggio la giunta militare ha arrestato, e
il 18 successivo ha processato, Aung San Suu Kyi per violazione degli arresti domiciliari. Il termine dei domiciliari e
la liberazione dell'attivista birmana dall'ultimo arresto sarebbero scaduti il 21 maggio. Secondo buona parte della
stampa internazionale e la stessa Lega nazionale per la democrazia, l'impresa di Yethaw è stato il pretesto fornito
alla giunta militare per mettere fuori gioco Aung San Suu Kyi prima di sottoporre il popolo birmano alla votazione di
un referendum per l'approvazione di un testo costituzionale che, di fatto, sancisce la continuazione del potere dei
militari sotto forme civili, escludendo del tutto la Lega nazionale per la democrazia.
L'11 giugno Aung San Suu Kyi è stata nuovamente condannata, questa volta a tre anni di lavori forzati per
violazione della normativa della sicurezza che sono stati commutati poi, dalla Giunta militare, in 18 mesi di arresti
domiciliari.
Il 13 novembre 2010 Aung San Suu Kyi è stata liberata[3]. Il 1º aprile 2012 ha ottenuto un seggio al parlamento
birmano[4][5]. Nonostante ciò la Birmania non è ancora libera e il passato dittatoriale grava ancora sulla nazione.
Il 16 giugno 2012 ha ritirato il premio Nobel per la Pace. Ora sta iniziando a visitare vari stati, dato che le è stato
finalmente concesso il permesso dal Governo birmano. Andrà in Inghilterra dal figlio e in seguito anche in Francia.
Progetti artistici dedicati [modifica]
In tutto il mondo Aung San Suu Kyi è diventata un'icona della non-violenza e pace[6], tanto che numerosi cantanti e
gruppi musicali, tra cui Damien Rice, gli U2, i R.E.M. e i Coldplay le hanno dedicato brani musicali per sostenere la
sua causa; nel 2003 le fu assegnato l'European Mtv Music Award. In particolar modo, gli U2 le dedicano un brano
intitolato Walk On ("Vai avanti"). Per questo motivo è illegale importare, detenere o ascoltare in Birmania l'album
della band irlandese All That You Can't Leave Behind, in cui è contenuto tale brano. La sanzione prevista è la
reclusione da tre a vent'anni.[7] Nel 1997 il sassofonista Wayne Shorter e il pianista Herbie Hancock incisero
sull'album "1+1" un tema intitolato "Aung San Suu Kyi" che vinse il Grammy Awardcome Migliore composizione
jazz. Nel 2011 il popolare regista francese Luc Besson ha diretto il film "The Lady" incentrato sulla vita del premio
Nobel birmano.
Mobilitazioni Internazionali [modifica]
Il parlamento italiano e diversi Stati hanno espresso la loro solidarietà nei confronti di Aung San Suu Kyi. Molti
cantanti e gruppi musicali hanno espresso la loro solidarietà (Coldplay, U2...). In Francia, come si è già detto, un
film di Luc Besson è uscito nel 2011, intitolato in Italia The Lady - L'amore per la libertà.
Onorificenze [modifica]
Presidential Medal of Freedom
— Washington, 6 maggio 2008
Note [modifica]
1.
^ "Il coraggio" secondo Gordon Brown
2.
^ In merito alle cui idee politiche la figlia poi scrisse: Aung San Suu, Kyi, "THE TRUE MEANING OF BOH", in Asian Survey,
settembre 1991, Vol. 31 Issue 9, p793-797, 5p.
3.
^ Il voto in Birmania , San Suu Kyi eletta , Il corriere della sera, 1º aprile 2012
4.
^ Alessandro Ursic, Un seggio per San Suu Kyi, la Stampa, 1º aprile 2012
5.
^ Il trionfo di Aung San Suu Kyi "Abbiamo vinto in 43 seggi su 44", La Repubblica, 2 aprile 2012
6.
^ Cfr. Kyaw Yin, Hlaing, "Aung San Suu Kyi of Myanmar: A Review of the Lady's Biographies", in Contemporary Southeast
Asia: A Journal of International & Strategic Affairs, 29, no. 2 (August 2007): 359-376.
7.
^ http://archiviostorico.corriere.it/2000/novembre/29/Birmania_carcere_chi_sente_gli_co_0_0011295031.shtml.
AUNG SAN SUU KYI
L'INCESSANTE LOTTA PER LA LIBERTÀ COLLETTIVA
19 giugno 1945
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Aung San Suu Kyi nasce il 19 giugno 1945 a Rangoon, in
Birmania. Il padre è il generale birmano Aung San, esponente di
spicco del Partito Comunista Birmano e segretario del partito dal
1939 al 1941. La madre è Khin Kyi. La vita della bambina è
segnata da eventi drammatici già dalla tenera età, infatti, il padre
viene ucciso da alcuni oppositori politici nel 1947, dopo avere
raggiunto una trattativa con il Regno Unito per l'indipendenza
della Birmania.
L'unico punto di riferimento della bambina è la madre che
all'inizio degli anni Sessanta diventa uno dei personaggi politici
più importanti del Paese, ricoprendo il ruolo di ambasciatrice
birmana in India. In India è sempre vicino alla madre in occasione
delle sue apparizioni politiche; inoltre qui frequenta le migliori
scuole del Paese.
Dal 1964 al 1967 frequenta l'Università di Oxford, in Inghilterra, dove studia economia, politica e
filosofia. Alla fine degli studi accademici ottiene la laurea in Economia, Scienze politiche e Filosofia. Due
anni dopo si trasferisce a New York, dove continua i suoi studi universitari e lavora presso la sede
delle Nazioni Unite della città americana.
Nel 1972 conosce Micheal Harris, uno studioso della cultura tibetana e l'anno seguente lo sposa. Dal
loro matrimonio nascono due bambini: Kim e Alexander. Sul finire degli anni Ottanta deve lasciare gli
Stati Uniti per fare ritorno nella sua terra natale a causa del gravissimo stato di salute della madre Khin.
In questo periodo il suo Paese vive degli eventi politici drammatici, poiché il generale Saw Maung ha
preso in mano le redini del potere, impostando un regime dittatoriale.
San Suu Kyi si rende conto che la situazione politica della Birmania è diventata insostenibile, per cui nel
settembre dello stesso anno decide di fondare la Lega Nazionale per la Democrazia, che si basa sui
principi della non violenza predicati dal Mahatma Gandhi. Il regime, infastidito dall'operato della donna
e della sua organizzazione, decide di condannarla agli arresti domiciliari, salvo che non decidesse di
lasciare la Birmania. La donna decide, però, di non accettare le provocazioni restando nel Paese.
Due anni dopo si tengono le elezioni: la Lega Nazionale per la democrazia ottiene un successo
elettorale schiacciante, ma il regime militare decide di riprendere il potere con la forza, non accettando
la vittoria della donna che ha ottenuto un grande sostegno da parte della popolazione birmana.
Nel 1991 vince il premio Nobel per la pace che, con grande generosità, utilizza per costruire nel suo
Paese un sistema di istruzione e sanitario a favore del popolo. Dopo cinque anni passati agli arresti
domiciliari, le viene permessa la semilibertà; in realtà non è libera di agire in autonomia, poiché non gli
è permesso viaggiare in giro per il mondo. Se avesse lasciato la Birmania, infatti, il regime non gli
avrebbe permesso il ritorno.
In quegli anni quindi non può ricongiungersi con la famiglia e il marito e i figli non hanno il permesso di
andare in Birmania per andare a farle visita. Nella seconda metà degli anni Novanta il marito è colpito
da un terribile cancro. Alla moglie non è permesso di vederlo; rimane vedova nel 1999.
Tre anni dopo l'ONU fa pressioni sul regime birmano, affinché conceda a San Suu Kyi una maggiore
libertà. Finalmente la donna può circolare liberamente nel suo Paese. Nel 2003 però accade un evento
spiacevole per la Birmania, poiché i militari, in occasione di uno spostamento della donna al fianco di
molti sostenitori, decidono di sparare sulla folla uccidendo tantissime persone. Grazie alla prontezza
del suo autista, San Suu Kyi riesce a salvarsi, ma di lì a poco il regime dittatoriale la costringe
nuovamente agli arresti domiciliari senza alcuna ragione.
Gli Stati Uniti e l'Unione Europea continuano a fare pressioni sui militari con il fine di ottenere la sua
liberazione, ma i loro appelli non servono a persuadere il regime. In questo periodo le sue condizioni di
salute peggiorano, per cui è sottoposta a varie cure e a vari interventi in ospedale. Dopo avere ricevuto
numerose lauree honoris causa da numerose Università americane ed europee, quattro anni dopo San
Suu Kyi incontra un ministro del regime che è stato nominato ad hoc.
Il 6 maggio del 2008 il Congresso degli Stati Uniti la insignisce della più grande onorificenza, la
Medaglia d'Onore, per l'impegno profuso nella difesa dei diritti umani. Sembra che la situazione sia
favorevole alla sua liberazione, ma un episodio del 2009 altro non fa che aggravare la sua posizione. In
quell'anno, infatti, un fanatico religioso americano raggiunge la casa della politica birmana, che è
nuovamente costretta dal regime a prolungare gli arresti domiciliari in seguito all'accusa di essersi
allontanata dalla sua abitazione durante la detenzione.
Sempre nello stesso anno, con un discusso referendum popolare, i militari consolidano il loro potere nel
Paese estromettendo dalla vita politica la Lega Nazionale per la Democrazia. L'11 giugno 2009 inoltre la
donna viene condannata a tre anni di lavori forzati per via di un'assurda accusa di violazione della
sicurezza.
Dopo innumerevoli appelli fatti per la sua liberazione, San Suu Kyi è rimessa in libertà il 13 novembre
2010 potendo finalmente battersi per le rivendicazioni del suo popolo, utilizzando i precetti gandhiani
della non violenza per far uscire la Birmania dalla difficile situazione in cui si trova.
All'inizio del mese di aprile del 2012 viene eletta ed ottiene un seggio in parlamento dopo quindici anni
di arresti domiciliari. Poche settimane più tardi, il 18 giugno 2012, riceve formalmente a Oslo il premio
Nobel che le era stato assegnato 21 anni prima.
:
HTTP://BIOGRAFIEONLINE .IT/BIOGRAFIA.HTM?BIOID=1896&BIOGRAFIA=AUNG
+SAN+SUU+KYI
Il Times svela che la Lega nazionale per la democrazia, tornata alla
politica solo nel 2012, ha ricevuto finanziamenti dai magnati
milionari compromessi con la giunta dei militari. La leader
dell’opposizione: “Non c’è nulla di male”
FUOCO DI POLEMICHE SU AUNG SAN SUU KYI
SOLDI DAGLI OLIGARCHI DEL REGIME AL SUO PARTITO
18 gennaio 2013 - di Giordano Locchi
Cala un’ombra sopra il mito di Aung San Suu Kyi. E ha la forma ingombrante dei soldi che il suo partito, la
Lega nazionale per la democrazia (Nld), ha ricevuto da parte degli oligarchi del vecchio regime birmano. La
notizia è pubblicata dal Times di Londra: la Nld, tornata alla vita politica nel 2012, ha ricevuto finanziamenti
da tre grandi milionari della Paese. “Faccendieri”, come li ha definiti lo stesso quotidiano inglese, che negli
anni di governo dei militari hanno accumulato ricchezze grazie ai favori resi ai generali della giunta. Sono il
magnate delle armi Tay Za, che al partito della Signora ha versato 82mila dollari, il re della tv satellitare
Kyaw Win (158mila dollari donati) e Zaw Zaw, oligarca con interessi nell’edilizia e nel turismo, che di recente
è apparso in una fotografia in cui sorride a fianco della leader dell’opposizione.
Foto che appare come il simbolo tra i più lampanti dei dubbi che ora avvolgono la “perfezione” intorno alla
quale si è costruito il mito del premio Nobel per la pace in questi anni di lotta e di battaglie: compromissione,
resa, legami sottaciuti con un regime che per anni ha torturato e negato la libertà a un intero popolo e che ha
costretto alla reclusione in casa la stessa San Suu Kyi per 15 anni. Dubbi alimentati non tanto dal fatto che
la Signora ha confermato di aver ricevuto quei soldi (ufficialmente destinati a “scopi umanitari e iniziative per
l’educazione”), né dall’ammontare delle somme, non certo esagerate se confrontate con le disponibilità dei
finanziatori e le esigenze di un partito che tra poco potrebbe trovarsi a guidare la Birmania. Ma ingigantiti dal
tipo di spiegazione che San Suu Kyi ha dato nel sostenere che non ci sia nulla di sbagliato in questi
finanziamenti: “La gente può accumulare ricchezze nei modi più diversi – ha detto al quotidiano
birmanoIrrawaddy – ma per affermare che queste persone sono state coinvolte in attività illecite occorre
un’apposita inchiesta”. Come se non fosse chiaro che quei magnati hanno fatto la loro fortuna durante gli
anni del regime. Chi ha potuto fare affari e arricchirsi in Birmania, nei 50 anni della giunta, ha dovuto
sostenere, inevitabilmente e fino in fondo, le azioni dei generali. Mentre adesso che il regime sta mollando
lentamente la presa sul Paese, Zaw Zaw candidamente ha dichiarato: “Non voglio essere un cattivo oligarca,
ma un oligarca buono”.
Dietro i legami di Suu Kyi con i magnati, però, potrebbe esserci solo naturale pragmatismo politico. La
Signora, infatti, deve affrontare la necessità di non urtare il governo attuale in una situazione di nascente
democrazia e, a distanza di poco tempo dalla sua liberazione, deve fare patti con la realtà esistente per non
rischiare di nuovo l’estromissione. D’altronde la Nld è potuta tornare alla politica attiva solo lo scorso anno, e
adesso San Suu Kyi appare come la figura più quotata per la prossima guida del Paese. In Birmania i soldi
sono concentrati in poche mani, mentre la Costituzione vieta di ricevere finanziamenti dall’estero. L’attività
politica in ogni caso ha i suoi costi e compromessi. Questo spiegherebbe, come ricorda il Times , i silenzi
della Signora sulle violenze della maggioranza buddhista contro i Rohingya musulmani, o sulla campagna
militare contro la minoranza Kachin. San Suu Kyi mira a vincere le lezioni presidenziali nel 2015, e anche
per lei contano i voti.
http://www.reporternuovo.it/2013/01/18/fuoco-di-polemiche-su-aung-san-suu-kyi-soldi-dagli-oligarchidel-regime-al-suo-partito/
BIRMANIA, STORICO INCONTRO
TRA OBAMA E AUNG SAN SUU KYI
19 nov 2012 — G.A.
Barack Obama, è arrivato in Birmania e, dopo un colloquio con il presidente del Paese
Thein Sein, ha avuto un incontro privato con la leader democratica dell'opposizione e Nobel
per la pace, Aung San Suu Kyi. Si tratta di una visita storica, la prima in Birmania da parte di
un presidente in carica degli Stati Uniti.
Barack Obama, è arrivato in Birmania e, dopo un colloquio con il presidente del Paese Thein Sein, ha avuto un incontro
privato con la leader democratica dell'opposizione e Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi. Si tratta di una visita storica, la
prima in Birmania da parte di un presidente in carica degli Stati Uniti. Obama ha detto di aver visto segnali incoraggianti di
progresso nel Paese negli ultimi anni. Parlando al termine dell'incontro con Aung San Suu Kyi, Obama ha precisato che fra
quei segnali ci sono proprio il rilascio di Suu Kyi dai domiciliari e la sua elezione in parlamento. L'inquilino della Casa Bianca
ha affermato che la sua visita in Birmania segna la svolta per l'avvio di un nuovo capitolo nei rapporti con gli Stati Uniti. I
legami fra i due Paesi, ha detto Obama, diventeranno più forti se il percorso verso la democrazia proseguirà.
La visita di Obama in Birmania, nonostante sia di sole sei ore, ha un forte valore simbolico perché riflette una svolta nei
rapporti del Paese con gli Usa. A conclusione della breve permanenza, l'inquilino della Casa Bianca ha tenuto un discorso
all'università di Rangoon, luogo simbolo della lotta della Birmania per l'indipendenza dal Regno Unito e fulcro di molte
proteste pro democratiche. L'ex giunta militare chiuse i dormitori negli anni '90 temendo ulteriori rivolte e costrinse molti
studenti a frequentare le lezioni in campus alla periferia della città. Obama ha elogiato i progressi del Paese verso la
democrazia e ha chiesto ulteriori riforme.
In coincidenza con la visita di Obama il governo della Birmania ha rilasciato 66 detenuti, di cui almeno 44 prigionieri politici.
L'ordine di amnistia, già annunciato ieri dalla televisione di Stato, è stato il secondo in una settimana e l'ultimo di una serie di
misure attuate dal governo riformista del presidente Thein Sein. Nonostante l'esecutivo birmano neghi l'esistenza di prigionieri
politici sostenendo che tutti i detenuti sono criminali, l'amministrazione di Thein Sein ha reso il rilascio degli attivisti uno dei
punti centrali dell'agenda per le riforme democratiche. Tra le persone liberate oggi ci sono diversi attivisti per i diritti umani,
ha dichiarato l'ex prigioniero di coscienza Soe Tun.
l’incontro con Obama
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Il discorso pronunciato per il conferimento del premio Nobel per la Pace.
BREVE STORIA DELLA BIRMANIA
Nome precedente: Repubblica socialista dell’Unione birmana
Nota: dal 1989 le autorità militari della Birmania hanno cambiato il nome del paese in Myanmar. Questa
decisione non è stata approvata da nessuna legislatura e viene rifiutata da tutte le organizzazioni democratiche del
Paese e da molti governi.
DALLE ORIGINI ALL'IMPERO INGLESE
La preistoria della Birmania ha inizio con l’immigrazione di tre gruppi nella regione: i primi furono i mon, provenienti dall’odierna
Cambogia, poi fu la volta dei birmani mongoli, giunti dall’Himalaya orientale, seguiti dalle tribù tailandesi, originarie della Thailandia
settentrionale. Il regno birmano di Bagan fu il primo, nell’XI secolo, ad assicurarsi il controllo del territorio dell’attuale Birmania ma, non
essendo riuscito ad unificare gli eterogenei gruppi etnici, cadde prima dell’invasione dei tartari nel 1287. Per i successivi 250 anni la
Birmania fu in preda al caos; il territorio fu unificato solo alla metà del XVI secolo, grazie alla sete di conquista di diversi re di Taungoo
che riuscirono a sconfiggere definitivamente i siamesi. Nel XVIII secolo, con la nascita di nuovi regni fondati dai mon e da alcune tribù
delle colline, il paese subì un’ulteriore disgregazione. Nel 1767 i birmani invasero il Siam e saccheggiarono Ayuthaya, obbligando i
siamesi a trasferire la propria capitale a Bangkok.
Gli sporadici scontri di frontiera e le ambizioni imperialiste spinsero la Gran Bretagna a invadere il territorio nel 1824 e nuovamente nel
1852 e nel 1883. La Birmania fu annessa all’impero anglo-indiano; in seguito i britannici costruirono le abituali infrastrutture coloniali e
trasformarono il paese in uno dei più importanti esportatori di riso. Indiani e cinesi, arrivati con i britannici, si aggiunsero alla già
complessa miscela razziale.
VERSO L'INDIPENDENZA
La separazione dall’impero anglo-indiano, avvenuta nel 1937, causò in Birmania la nascita di movimenti indipendentisti. Durante la
seconda guerra mondiale i giapponesi cacciarono i britannici dalla Birmania e cercarono di ottenere l’appoggio politico della
popolazione. Per un breve periodo i birmani furono tentati dalla possibilità di conseguire l’indipendenza, ma si sviluppò presto un
movimento di resistenza. Nel 1948 la Birmania divenne indipendente; all’indipendenza seguì pressoché immediatamente un processo di
disgregazione causato dalle rivolte di tribù delle colline, comunisti, musulmani ed etnia mon.
IL 1962 E LA FINE DELLA LIBERTA'
Nel 1962 un’insurrezione guidata da un esercito di stampo comunista, con a capo il generale Ne Win, destituì il fragile governo
democratico indirizzando il paese sulla strada del socialismo. I venticinque anni che seguirono furono segnati da un costante declino
economico fino a quando, nel 1987 e nel 1988, i birmani decisero che era giunto il momento di avviare il cambiamento. Con
gigantesche manifestazioni di massa la popolazione chiese le dimissioni di Ne Win; la risposta cruenta dei militari nei confronti di coloro
che manifestavano per la democrazia determinò, in sei settimane di feroci scontri, la morte di 3000 persone. Dopo la nomina di alcuni
personaggi fantoccio da parte di Ne Win, un colpo di stato (presumibilmente ispirato dallo stesso Ne Win) portò al potere il generale
Saw Maung, a capo del Consiglio di Stato per la legge e l’ordine (SLORC), il quale promise di indire le elezioni nel 1989.
IL 1989 E L'INIZIO DELLA SECONDA ERA MILITARE
L’opposizione formò rapidamente un partito di coalizione, la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) capeggiato daAung San Suu
Kyi, figlia dell’eroe dell’indipendenza Bogyoke Aung San. Nel 1989 il governo pose Aung San Suu Kyi agli arresti domiciliari, ma
nonostante questo provvedimento la Lega Nazionale per la Democrazia riportò un successo schiacciante alle elezioni.
La giunta militare impedì di governare ai capi di partito democraticamente eletti, inclusa la stessa Aung San Suu Kyi. A ciò fece seguito
un’ondata di repressione brutale dei ribelli Karen e di collaborazione con l’esercito privato diKhun Sa, barone della droga, posto agli
arresti domiciliari nella sua comoda villa di Yangon, con tanto di assistenti personali, automobili di lusso, scorta militare e un impero di
proprietà immobiliari, provvedimenti che contribuirono a rafforzare il sospetto di un accordo di pace clandestino tra Rangoon e
l’organizzazione criminale di Khun Sa.
Durante la prigionia Aung San Suu Kyi si vide assegnare numerosi premi internazionali per la pace, tra cui il Nobel nel 1991. Per la
gioia del popolo birmano e dei suoi sostenitori in tutto il mondo, il governo le revocò gli arresti domiciliari nel luglio del 1995. Venne
comunque mantenuto a suo carico il divieto di varcare i confini della capitale fino a che fu arrestata nuovamente nel settembre del 2000
dopo un tentativo di lasciare la città.
Già nell’ottobre del 2000 erano in corso trattative segrete tra Aung San Suu Kyi ed il governo per il tramite di un negoziatore delle
Nazioni Unite, che sfociarono nel suo rilascio nel maggio del 2002. Le parti si impegnarono a proseguire le trattative e Aung San Suu
Kyi si dichiarò ottimista sulla possibilità di introdurre riforme democratiche nel paese.
Tuttavia nel maggio del 2003 Aung San Suu Kyi fu arrestata di nuovo in seguito a scontri violenti tra i suoi sostenitori una squadra di
manifestanti pro-governativi durante una sua visita nel nord di Birmania. Circa 70 sostenitori della NLD e alcuni abitanti dei villaggi locali
furono duramente picchiati , almeno un centinaio uccisi nel corso degli scontri. Aung San Suu Kyi fu di nuovo arrestata e si trova tuttora
agli arresti domiciliari.
Nel settembre del 2003 il primo ministro Generale Khin Nyunt ha redatto la propria “roadmap”, un percorso verso una democrazia
disciplinata, progetto definito come una manovra diversiva dagli Stati Uniti, insieme a Unione Europea, che hanno inasprito le sanzioni
nei confronti di Birmania dopo il nuovo arresto della Suu Ky. Gli sforzi per portare entrambe le parti al tavolo negoziale sono proseguiti
con una convenzione costituzionale nel maggio 2004, la cui legittimità è stata tuttavia minata dal boicottaggio della NLD. La sostituzione
avvenuta a pochi mesi di distanza del primo ministro Khin Nyunt è stata considerata come un segnale delle costanti difficoltà ai livelli più
alti del regime militare.Successivamente i nuovi capi hanno continuato ad attaccare l'NLD e le organizzazioni democratiche,
mantenendo agli arresti domiciliari la leader Aung San Suu Kyi e nelle carceri oltre 1000 detenuti politici, sindacalisti, attivisti e studenti.
Nel corso del 2005 l'arcivescovo Desmund Tutu e l'ex Presidente della repubblica Checa Vaclav Havel hanno presentato un durissimo
rapporto contro la giunta e hanno chiesto al Consiglio di Sicurezza di mettere all'ordine del giorno la questione birmana allo scopo di
arrivare ad una risoluzione vincolante che obblighi il governo birmano a negoziare con le Nazioni Unite un percorso credibile e in tempi
certi di pacificazione e democratizzazione del paese.
(Puoi trovare in allegato dei documenti utili)
Documenti
Storia della Birmania - tratta da Wikipedia
Cronologia della storia birmana
Puoi trovare in questa pagina una cronologia dettagliata della storia birmana a
partire dal 1945 e fino al 2007. Anni Quaranta e Cinquanta 1945 1° MAGGIO:...
Burma Cronology
The major dates in the history of Burma and Aung San Suu Kyi
Democrazia in Birmania
Con le elezioni del 27 maggio 1990 in Birmania si è avuta la vittoria della
democrazia. La Lega Nazioionale per la Democrazia (LND) ha ottenuto 392 dei 485
seggi al parlamento. Ma nonostante ciò,...
http://www.birmaniademocratica.org/ViewCategory.aspx?catid=4778b47d4d404723bf09cefbb15bd851
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