ISSN 1825-0211
LA VERA STORIA DI XS0189741001
SUL VAR DI UNA OBBLIGAZIONE LEHMAN A
TASSO VARIABILE
Flavio ANGELINI
Quaderno n. 122 — Ottobre 2013
QUADERNI DEL DIPARTIMENTO
DI ECONOMIA, FINANZA
E STATISTICA
La vera storia di XS0189741001
Sul VaR di una obbligazione Lehman a tasso
variabile
Flavio Angelini∗
Sommario
Un bel giorno Scilla, una persona che vuole essere molto prudente, investe i risparmi di una vita su un’obbligazione. Scilla è tranquilla, perché
l’obbligazione, emessa dalla banca Lehman Brothers, rientra in un elenco di
obbligazioni dichiarate a basso rischio/rendimento dal consorzio Patti Chiari.
Il giorno dopo accende la radio e scopre che la banca è fallita. La sua vita,
da quel preciso istante, cambia. Questo lavoro è tratto da questa storia, che
è una storia vera.
Per ”rischio” si intendono due cose. Primo, il rischio di insolvenza. Questo
viene gestito attraverso il rating dell’emittente, inserendo nell’elenco solo emittenti con alto rating (Lehman aveva rating A). Secondo, il rischio di mercato,
ovvero il rischio che variazioni del prezzo del titolo possano portare perdite
all’investimento. Questo viene controllato attraverso il VaR, inserendo nell’elenco solo obbligazioni con basso VaR, non superiore a una certa soglia. Tale
soglia era fissata allo 0.3125% giornaliero per un livello di confidenza del 99%.
Insieme a Scilla ci sono varie migliaia di piccoli e medi investitori, per
nozionali complessivi di diversi miliardi di euro, sia semplici acquirenti di
obbligazioni Lehman, sia sottoscrittori di polizze assicurative in cui le obbligazioni Lehman erano inserite come garanzia di capitale. I numeri di questo
disastro sono forniti dal Corriere della Sera il 20 agosto 2010, che parla di 100
mila risparmiatori coinvolti per un investimento complessivo tra i 3 e i 4 miliardi di euro. L’espresso il 30 ottobre 2008 parla di 1.9 miliardi di esposizione
per 111 mila polizze.
∗
Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica, Università di Perugia, Via Pascoli, 20, 06123
Perugia, email [email protected], www.unipg.it/angelini
Molti di loro sono in causa con le loro banche e con il consorzio Patti
Chiari che si occupava di redigere l’elenco. Ci sono cause, ad esempio presso
i tribunali di Padova, Milano, Sanremo. Sostengono che il VaR delle loro obbligazioni aveva superato, abbondantemente e da vari mesi, la soglia massima
e dunque che quelle obbligazioni sarebbero dovute uscire dall’elenco.
Un semplice e diretto backtesting, rappresentato sommariamente nella Figura 1, mostra inequivocabilmente che le cause hanno un fondamento, in particolare per l’obbligazione XS0189741001 di cui si occupa il presente documento.
Ovvero, che qualsiasi misura di VaR al 99% giornaliero per XS0189741001 che
rientri nel limite massimo dello 0.3125% può essere dichiarata errata con un
margine di errore prossimo allo zero.
2
1
Introduzione
Un bel giorno Scilla, una persona che vuole essere molto prudente, investe i risparmi
di una vita su un’obbligazione. Scilla è tranquilla, perché l’obbligazione, emessa
dalla banca Lehman Brothers, rientra in un elenco di obbligazioni dichiarate a basso
rischio/rendimento dal consorzio Patti Chiari. Il giorno dopo accende la radio e
scopre che la banca è fallita. La sua vita, da quel preciso istante, cambia. Questo
lavoro è tratto da questa storia, che è una storia vera.
Per “rischio” si intendono due cose. Primo, il rischio di insolvenza. Questo viene
gestito attraverso il rating dell’emittente, inserendo nell’elenco solo emittenti con
alto rating (Lehman aveva rating A). Secondo, il rischio di mercato, ovvero il rischio
che variazioni del prezzo del titolo possano portare perdite all’investimento. Questo
viene controllato attraverso il VaR, inserendo nell’elenco solo obbligazioni con basso
VaR, non superiore a una certa soglia. Tale soglia era fissata allo 0.3125% giornaliero
per un livello di confidenza del 99%.
Insieme a Scilla ci sono varie migliaia di piccoli e medi investitori, per nozionali
complessivi di diversi miliardi di euro, sia semplici acquirenti di obbligazioni Lehman,
sia sottoscrittori di polizze assicurative in cui le obbligazioni Lehman erano inserite
come garanzia di capitale. I numeri di questo disastro sono forniti dal Corriere
della Sera il 20 agosto 2010, che parla di 100 mila risparmiatori coinvolti per un
investimento complessivo tra i 3 e i 4 miliardi di euro. L’espresso il 30 ottobre 2008
parla di 1.9 miliardi di esposizione per 111 mila polizze.
Molti di loro sono in causa con le loro banche e con il consorzio Patti Chiari
che si occupava di redigere l’elenco. Ci sono cause, ad esempio, presso i tribunali
di Padova, Milano, Sanremo. Sostengono che il VaR delle loro obbligazioni aveva
superato, abbondantemente e da vari mesi, la soglia requisito massima e dunque che
quelle obbligazioni sarebbero dovute uscire dall’elenco.
Un semplice e diretto backtesting, rappresentato sommariamente nella Figura
1, mostra inequivocabilmente che le cause hanno un fondamento, in particolare
per l’obbligazione XS0189741001 di cui si occupa il presente documento. Ovvero,
che qualsiasi misura di VaR al 99% giornaliero per XS0189741001 che rientri nel
limite massimo dello 0.3125% può essere dichiarata errata con un margine di errore
prossimo allo zero.
Questo è vero non solo a posteriori, cioè il giorno del fallimento, ma è vero
anche da vari mesi prima, sicuramente a partire dal marzo del 2008. Ad esempio,
l’1/4/2008, guardando i precedenti 250 giorni, si contano 19 violazioni di VaR, cioè
il 7.6% delle volte, contro l’ipotetico 1%. La probabilità che su 250 osservazioni si
abbiano 19 violazioni di un VaR al 99% corretto è di circa 2 su 1011 . Detto in altra
1
rendimenti logaritmici dal 6/4/2006 al 12/9/2008 e VaR giornaliero soglia 0.3125%
0.04
0.03
0.02
0.01
0
−0.01
−0.02
−0.03
−0.04
−0.05
−0.06
−0.07
−0.08
−0.09
−0.1
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 1:
Variazioni (rendimenti logaritmici) giornaliere dell’obbligazione
XS0189741001 e livello del VaR giornaliero limite massimo (0.3125%) (Fonte prezzi
dell’obbligazione: Bloomberg).
2
maniera, se ogni anno si facesse il backtesting, 19 violazioni in un anno di un VaR
corretto si avrebbero 2 volte ogni 100 miliardi di anni. L’1/4/2008 è stato giorno di
revisione dell’elenco Patti Chiari, in cui alcune obbligazioni sono uscite dall’elenco,
ma non quelle Lehman. Il 12/9/2008, il giorno di apertura dei mercati precedente
alla dichiarazione di fallimento di Lehman, si contano 34 violazioni nei 250 giorni
precedenti, il 13.6% delle volte. La probabilità che questo avvenga, sempre se il VaR
fosse stato corretto, è circa 1.3 su 1027 . I risultati della procedura di backtesting sono
illustrati nel dettaglio nel Paragrafo 4, che è dunque il paragrafo centrale del presente
documento. Nel Paragrafo 5 vengono effettuate delle stime di VaR dell’obbligazione
implementando metodi standard, utilizzati dalle banche, che tengono conto della
variabilità passata delle quotazioni di mercato dell’obbligazione. Tale paragrafo
serve come conferma, pur se superflua, che il VaR aveva effettivamente superato
la soglia requisito diversi mesi prima del fallimento. I risultati sono stati ottenuti
tramite MATLAB.
Il caso Lehman differisce dai casi precedenti, Argentina, Parmalat, Cirio, proprio in quanto alcune obbligazioni Lehman, tra cui quella analizzata nel presente
documento, erano inserite nell’elenco Patti Chiari. Patti Chiari, nato con dichiarati obiettivi informativi e di trasparenza (Elenco delle obbligazioni a basso rischiorendimento - Guida pratica [7]), doveva selezionare le obbligazioni in base a criteri
oggettivi che ne garantissero la bassa rischiosità, i quali criteri dovevano essere continuamente monitorati. L’investitore sarebbe stato avvertito se qualche parametro
avesse cambiato la misura della rischiosità del suo investimento o se la sua obbligazione fosse uscita dall’elenco. Questi investitori non cercavano obbligazioni ad alto
rendimento, come invece era stato per gli altri casi citati.
A parte la drammatica ricaduta sociale e economica del caso Lehman, il problema
è ancora attuale per i piccoli e medi risparmiatori. Le obbligazioni governative o
corporate, in quanto di struttura tipicamente semplice e facilmente comprensibile,
rappresentano possibili e appetibili forme di investimento, e spesso vengono proposte
dalle banche e dagli intermediari finanziari a cui la clientela al dettaglio si rivolge.
Potrebbe sembrare che un piccolo investitore, che investa per difendere il suo
capitale dall’inflazione e per avere rendimenti di entità limitata, sia interessato solo
al primo tipo di rischio, al rischio di insolvenza. Questo tipo di investitore terrà
probabilmente il titolo fino alla scadenza, percependo interessi periodici, che siano a
tasso fisso o variabile, e riprendendo il valore di rimborso acquistato alla scadenza.
Si potrebbe dunque argomentare che questo tipo di investitore non è interessato al
rischio di mercato. In realtà, potrebbe accadere che lei o lui vogliano liquidare, in
parte o per intero, il proprio investimento prima della scadenza. Questo potrebbe
avvenire sia per esigenze personali, sia per motivi legati all’emittente, ad esempio
3
una diminuzione della sua affidabilità creditizia, eventualmente certificata da un
abbassamento di rating, ma non necessariamente. Ad esempio, un aumento delle quotazioni dei CDS dell’emittente o notizie sui media, che faccia percepire che
l’investimento non è più sicuro come in precedenza. In questo caso, l’investitore
si troverebbe sicuramente a dover rivendere l’obbligazione a un prezzo minore di
quello a cui aveva comprato, subendo una perdita, la cui dimensione non è facile da
prevedere.
Basti pensare ai titoli di Stato dell’Italia, non solo i BTP di cui si parla sui media,
ma anche i CCT, percepiti come titoli a basso rischio. In realtà, le oscillazioni
di prezzo di tali titoli sono piuttosto forti e sicuramente non sono influenzate in
prevalenza dai tassi d’interesse dell’area Euro, bensı̀ da fattori legati alla situazione
dello Stato Italiano, in special modo la sua affidabilità creditizia. Stesso discorso
per tutte le obbligazioni corporate, in particolare quelle bancarie, che giornalmente
vengono proposte alla clientela al dettaglio come investimento a basso rischio. Se
uno osserva le serie storiche passate dei prezzi di questo tipo di obbligazioni, pur
dalla struttura molto semplice, sia governative che bancarie, si rende conto che non
si può più parlare di titoli a basso rischio e che occorre implementare dei metodi
efficaci per la misurazione del rischio di mercato insito in questo tipo di investimento.
Occorre inoltre che tale rischio sia comunicato al cliente in modo trasparente.
2
Le obbligazioni in esame
L’obbligazione presa ad esempio nel presente documento è una obbligazione molto
semplice, plain vanilla. È stata emessa da Lehman il 5/4/2004 con scadenza il
5/4/2011. L’obbligazione è indicizzata all’euribor a tre mesi più uno spread dello
0.35%, con cedole a cadenza trimestrale.
I prezzi giornalieri dell’obbligazione, forniti da Bloomberg, rappresentati nel grafico in alto della Figura 2, si riferiscono al periodo dal 5/4/2006 al 12/9/2008 (giorno
di apertura mercati precedente la dichiarazione di fallimento). Nel grafico in basso
della Figura 2 sono mostrati i rendimenti logaritmici giornalieri.
Da una semplice visione della serie dei rendimenti logaritmici del titolo, risulta
evidente che la serie non è stazionaria. Possiamo distinguere almeno due periodi,
separati intorno alla metà del 2007. Ma si vede anche un ulteriore cambio di regime
nei primi mesi del 2008, tra febbraio e marzo. Risulta altresı̀ evidente che la serie
presenta code grosse. Ad esempio, in circa due anni e mezzo, per 637 osservazioni,
considerando i valori di media µ e deviazione standard σ stimati sull’intero campione,
ci sono 3 valori minori di µ − 5σ, circa lo 0.5%, eventi estremi dunque.
4
serie storica prezzi dal 5/4/2006 al 12/9/2008
105
100
95
90
85
80
75
70
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
serie storica rendimenti logaritmici dal 6/4/2006 al 12/9/2008
0,03
0,01
0
−0,01
−0,03
−0,05
−0,07
−0,09
−0,1
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 2: Serie storica dei prezzi (in alto) e dei log-return (in basso) dell’obbligazione
LB (Fonte Bloomberg).
5
Dato il carattere della serie, le statistiche standard sono state calcolate sugli
ultimi 250 giorni e poi mosse giorno dopo giorno con un sistema di finestra mobile.
Al passare del tempo la volatilità su base annua passa dall’essere al di sotto dell’1%
nella prima parte del 2007 a raggiungere il 2% verso la fine del 2007, fino a salire
intorno al 6% nella prima parte del 2008 e raggiungere e superare il 7% nell’estate del
2008. L’asimmetria è sempre negativa e raggiunge anche i valori -5 e -6. La curtosi
invece è molto alta, nella parte centrale del 2007 è intorno a 40, per un periodo del
2008 raggiunge quasi il valore 100. Su tutto il campione abbiamo una curtosi di
153. La curtosi fornisce una misura della grassezza delle code della distribuzione dei
rendimenti, e i valori detti confermano la presenza di eventi estremi.
Le altre obbligazioni Lehman che mi risultano inserite nell’elenco alla data del 13
settembre 2008 sono: XS0179304869, XS0193035358, XS0205185456, XS0252834576,
XS0252835110, XS0128857413, XS0272543900, XS0138439616, XS0300055547,
XS0224346592, XS0257022714, XS0282937985.
Di queste sono in possesso della serie storica delle quotazioni, fornite da Bloomberg, e si potrebbe dunque effettuare la stessa analisi qui svolta per XS0189741001
e mostrare che non hanno caratteristiche di bassa rischiosità, perlomeno negli ultimi
mesi.
Il caso Lehman è sicuramente molto evidente e, forse, fa storia a sé. Ma basta
vedere la serie storica delle quotazioni del CCT con scadenza 1/7/2013 dal 5/4/2006
al 1/7/2013 rappresentata nella Figura 3 per rendersi conto che il problema è attuale
e coinvolge tutti i risparmiatori.
3
3.1
Il rischio di mercato e il VaR
Definizione e requisito Patti Chiari
Un portafoglio finanziario è soggetto al rischio di mercato, ovvero al rischio di diminuzione del valore di mercato della posizione. Questa diminuzione è causata dalle
variazioni sfavorevoli delle quotazioni di mercato dei titoli nel portafoglio. Nel lavoro
consideriamo il rischio di mercato di una obbligazione acquistata per investimento,
a tasso fisso o a tasso variabile, dunque il rischio di una diminuzione della sua
quotazione di mercato. In questo caso, un fattore di rischio, che ne influenza la quotazione di mercato, è rappresentato dai tassi d’interesse nella valuta di riferimento
dell’obbligazione. Un altro fattore che potrebbe influire è il tasso di cambio, nel
caso la valuta di riferimento dell’obbligazione sia una valuta estera. Considereremo
solo obbligazioni in euro, dunque questo tipo di rischio non è presente. Quello che
6
serie storica prezzi
102
100
98
96
94
92
01/01/06
01/01/08
01/01/10
01/01/12
01/01/14
01/01/12
01/01/14
serie storica rendimenti logaritmici
0.02
0.01
0
−0.01
−0.02
−0.03
01/01/06
01/01/08
01/01/10
Figura 3: Serie storica dei prezzi (in alto) e dei log-return (in basso) del CCT con
scadenza 1/7/2013 dal 5/4/2006 al 8/5/2013 (Fonte Bloomberg).
7
può invece influire in maniera rilevante, come vedremo, sono fattori connessi alla
situazione dell’emittente, in primis la sua affidabilità creditizia nei mercati finanziari. Questo è scritto nel documento tecnico RiskMetrics (2012) [4]: “The main risk
factors of corporate bonds are considered to be interest rate risk, which is due to
the fluctuation of risk-free interest rates and credit risk that incorporates the risk
of the default; or, in a mark to market approach, the creditworthiness of the issuer
changes.” 1
Uno degli indici più usati per la misurazione del rischio di mercato è il VaR. In
particolare, oggetto dell’analisi è il VaR con livello di confidenza del 99%. Detto in
maniera semplice, il VaR al 99%, è la perdita relativa2 che sarà superata soltanto l’1%
delle volte. Più precisamente, dato un orizzonte temporale di T giorni, si definisce
∆V la variazione di valore del titolo (in generale del portafoglio) in T giorni. Dato
un livello di confidenza p, nel nostro caso p = 99%, il VaR al livello di confidenza p
è definito come
∆V
≤ −V aR = 1 − p
Prob
V
dove V è il valore della posizione all’istante di valutazione e il segno meno serve
meramente per avere come VaR un numero positivo.
Il punto cruciale della stima del VaR risiede ovviamente nella stima della distribuzione di ∆V . Sebbene ci sia una vasta letteratura scientifica per la stima di tale
distribuzione e dunque per la stima del VaR, è indubbio che uno standard operativo
è rappresentato dai modelli e dalle metodologie proposte da RiskMetrics. Ma non
esiste il “metodo” per la stima del VaR. Nei documenti RiskMetrics si fa riferimento
a diversi modelli e metodi. In Mina e Xiao (2001) [3, Capitolo 7], si suggerisce inoltre di riportare i risultati di diversi metodi per l’analisi del rischio del portafoglio o
titolo in esame. Infatti, “The comparison of results from different methods is useful
to study the effect of our distributional assumption, and estimate the potential magnitude of the error incurred by the use of the model.“3 Per questi motivi, inoltre,
qualunque modello andrebbe testato, che è quello che faremo nel Paragrafo 4.
1
“I principali fattori di rischio di una obbligazione corporate sono considerati essere il rischio di
tasso d’interesse [...] e il rischio di credito che incorpora il rischio di insolvenza; o, in un’approccio
mark-to-market, i cambiamenti di affidabilità creditizia dell’emittente.”
2
Nell’accezione data in questo contesto da Patti Chiari. Altre volte ci si riferisce al VaR come
perdita in termini di capitale.
3
“Il confronto dei risultati di metodi differenti è utile per studiare l’effetto delle nostre assunzioni
sulle distribuzioni, e stimare la potenziale grandezza degli errori in cui si incorre utilizzando il
modello.”
8
3.2
Rischio di tasso
In questo paragrafo si vuole analizzare se il rischio di tasso, ovvero il rischio legato
alle variazioni di tasso d’interesse, sia sufficiente a spiegare la variabilità delle quotazioni di mercato del titolo e le perdite di valore subite dall’obbligazione in esame
e dunque a misurarne il rischio di mercato. Questa analisi si potrebbe estendere a
molte altre obbligazioni corporate o governative, in particolare quelle emesse dallo
Stato Italiano, e anche in tempi recenti.
Si ipotizza dunque che l’unico fattore che influenza le quotazioni dell’obbligazione
siano i tassi d’interesse interbancari dell’area euro, i cui dati sono stati reperiti
tramite Datastream. Si possono dunque utilizzare i principi di base della finanza
matematica, in particolare il principio di arbitraggio, per calcolare prezzi e variazioni
relative. L’obbligazione in esame diventa assimilabile a una obbligazione zero coupon
a breve, con scadenza inferiore a tre mesi, il periodo inter-cedolare, con l’aggiunta
di una cedola fissa (lo spread contrattuale). Si sottrae il rateo per ottenere i prezzi
puliti, epurati dall’effetto della vicinanza della cedola. I prezzi cosı̀ ottenuti sono
rappresentati nel grafico in alto della Figura 4. Nel grafico in basso si possono vedere
i relativi rendimenti logaritmici. Tali grafici vanno confrontati con la Figura 2 che
contiene i prezzi e rendimenti di mercato dell’obbligazione. Risulta evidente che
i tassi d’interesse non sono il fattore di rischio prevalente di tale obbligazione. Si
notino infatti i differenti limiti degli assi y tra i grafici delle Figure 4 e 2. I prezzi
di mercato del titolo hanno oscillato da poco più di 100 fino a scendere a meno di
75. I prezzi calcolati solo attraverso la curva dei tassi d’interesse vanno da poco
più di 101.5 a poco meno di 101, proprio in virtù del fatto che, considerando solo i
tassi d’interesse, l’obbligazione in esame è assimilabile a un titolo con scadenza al
più trimestrale, e dunque con bassa variabilità. Si noti inoltre che anche nel primo
periodo, in cui le variazioni dei prezzi di mercato erano comunque molto contenute,
il prezzo ottenuto solo con i tassi d’interesse è più alto di quello di mercato, proprio
perché non tiene conto dell’affidabilità creditizia dell’emittente e delle sue specificità.
Ad esempio, il 5/4/2006, primo giorno del campione analizzato e giorno di stacco
cedola, il prezzo teorico ottenuto è 101.58, sopra la pari per la presenza dello spread,
contro 100.61 della quotazione di mercato. Il rischio legato alla controparte c’è
sempre stato, ma ha assunto un ruolo via via predominante.
Nella Figura 5 è rappresentato il discount spread, o zero-discount margin, rispetto
alla curva dei tassi d’interesse interbancari, calibrato sui prezzi dell’obbligazione
(si veda O’Kane e Sen (2005)). Come si vede, nella prima parte del campione
lo spread è basso, circa 20 bps. Nella seconda parte del 2007 inizia ad alzarsi,
oscillare tra i 100 e i 200 bps. Da febbraio 2008 oltrepassa stabilmente i 200 bps,
9
simulation of (clean) prices with effective rates
102
101.5
101
100.5
100
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
simulation of log−return with effective rates
0,01
0,005
−0,005
−0,01
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 4: Prezzi (clean) teorici determinati solamente dalla curva dei tassi d’interesse
(in alto) e relativi rendimenti logaritmici.
10
discount spread
0.14
0.12
0.1
0.08
0.06
0.04
0.02
0
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 5: Discount Spread calibrato sui prezzi dell’obbligazione.
fino ad arrivare a superare anche i 600 bps. Questo misura di nuovo come i prezzi
dell’obbligazione siano prevalentemente spiegati da fattori legati all’emittente e non
dai tassi d’interesse.
4
Backtesting
Data l’ampia gamma di metodologie e modelli per la stima del VaR, i risultati
delle procedure devono essere sottoposti a test di verifica. Il backtesting è un test
statistico che viene utilizzato per la verifica del modello di stima del VaR, e rientra
11
nella categoria dei test d’ipotesi. Viene raccomandato alle banche dagli accordi di
Basilea, redatti dal Comitato di Basilea, in qualità di controllo dei loro sistemi di
stima del VaR per la definizione dei requisiti patrimoniali (si veda il documento del
Comitato di Basilea (1996) [1]).
Cosa ancora più importante, nell’ambito del presente documento, il backtesting
era parte della seconda fase del processo di composizione dell’elenco Patti Chiari:
“Dopo aver individuato le sottoclassi sulla base delle caratteristiche dei titoli [...],
per ciascuna sottoclasse si astrae un titolo “teorico” e ne viene determinato il VaR. Il
Processor associa poi i VaR teorici alle singole obbligazioni. Si verifica quindi il comportamento dei singoli titoli rispetto a quello “teorico” (procedura di backtesting)”
(pag. 19 della Guida all’operatore bancario [6]).
Il test in generale vuole verificare l’ipotesi che la stima di VaR ad un determinato
livello di confidenza effettuata dal modello sia corretta. Va sottolineato che i test
statistici sul VaR, in quanto percentile, sono piuttosto delicati, e a volte è complesso
interpretarne i risultati. Una discussione su questi limiti e problematiche si trova
nella letteratura scientifica, ma è anche contenuta nel documento del Comitato di
Basilea (1996) [1]. Ci sono due rischi nelle risposte, accettare l’ipotesi quando invece
la stima non è accurata, oppure rigettare l’ipotesi quando invece la stima è accurata.
Quest’ultimo è detto errore di tipo I ed è quello di interesse in questa trattazione.
Nel caso in esame i risultati sono talmente forti che sono difficilmente discutibili.
Con riferimento ai requisiti dell’elenco Patti Chiari, l’ipotesi che si vuole testare è: il VaR al 99% dell’obbligazione non ha mai superato lo 0.3125% giornaliero.
Secondo la Guida Patti Chiari [6], questo dovrebbe corrispondere a un VaR dell’1%
settimanale. In realtà, queste due cifre non corrispondono, come spiegato nell’appendice A.1. Si osservi che non è dato di sapere quale sia il VaR effettivamente
stimato, su cui andrebbe fatto il test. Il rigetto della soglia massima di VaR porta
comunque a maggior ragione a rigettare la stima effettiva e con maggiore probabilità
di non incorrere nell’errore di tipo I.
Per il backtesting, il Comitato di Basilea raccomanda l’uso di un anno di osservazioni giornaliere passate, ovvero 250 osservazioni. In breve, un dato giorno, si
considerano i 250 giorni passati e si producono le stime di VaR con il modello utilizzato per tutti questi giorni. Nel caso in questione abbiamo un valore fissato alla
soglia massima dello 0.3125%. Si osservano le realizzazioni passate dei rendimenti
del titolo e si contano il numero di violazioni, quando cioè il rendimento di un dato
giorno supera la stima del VaR effettuata il giorno precedente. Il test si basa sull’ipotesi che le violazioni siano indipendenti nel tempo. Il Comitato di Basilea (1996)
[1] definisce tre zone, la zona verde (0-4 violazioni), la zona gialla (5-9 violazioni)
e la zona rossa (≥ 10 violazioni). Per la zona rossa, il Comitato di Basilea afferma
12
che “outcomes in the red zone (ten or more exceptions) should generally lead to an
automatic presumption that a problem exists with a bank’s model. This is because
it is extremely unlikely that an accurate model would independently generate ten
or more exceptions from a sample of 250 trading outcomes.”4
La procedura è rappresentata nella Figura 1 su tutto il campione in esame. Il
grafico mostra la serie storica dei rendimenti logaritmici presenti nella Figura 2.
Viene ora evidenziato il livello del VaR di −0.3125% con una linea orizzontale. Le
violazioni sono tutti i superamenti della linea orizzontale da parte dei rendimenti.
Le violazioni su tutto il campione sono 37 su 637 dati, circa il 5.81%, da confrontare
con l’1%. Va però considerato che fino a metà del 2007 le fluttuazioni di prezzo
erano molto basse e, come si vede, non c’è stata alcuna violazione.5 Le violazioni
sono tutte occorse nell’ultimo anno, dunque nelle ultime 250 osservazioni.
Il test è stato effettuato ogni giorno a partire da 250 giorni dopo la prima data del
campione dei rendimenti, che è il 6/4/2006, quindi dal 21/3/2007 fino al 12/9/2008.
I risultati sono riportati nella Figura 6. Nel primo periodo (almeno fino a metà
2007), come già detto, non ci sono violazioni. Le violazioni iniziano nella seconda
meta del 2007, all’inizio in numero minore di 5, mantenendo le stime nella cosiddetta
zona verde. A cavallo tra il 2007 e il 2008 il test comincia a produrre delle violazioni
in numero maggiore o uguale di 5, dunque collocandosi nella zona gialla. A partire
dal 3 marzo 2008 si entra nella zona rossa e non se ne esce più, arrivando a superare,
qualche giorno prima del fallimento, le 30 violazioni. Ad esempio, l’1/4/2008, data di
revisione dell’elenco Patti Chiari, si contano 19 violazioni. La probabilità che questo
avvenga è di circa 2 su 1011 . Se ogni anno si facesse il backtesting, 19 superamenti
in un anno di un VaR corretto si avrebbero 2 volte ogni 100 miliardi di anni. Il
17/6/2008 si contano 23 violazioni. La probabilità che questo avvenga è 2 su 1015 .
Il backtesting è stato effettuato anche per verificare l’ipotesi che il VaR al 99%
giornaliero non abbia mai superato la soglia dello 0.47721%, il che corrisponderebbe
effettivamente all’1% settimanale (si veda l’Appendice A.1). I risultati sono meno
forti ovviamente, ma portano lo stesso a rigettare l’ipotesi.
In conclusione, il backtesting, effettuato in un qualunque giorno tra il 3/3/2008
e il 12/9/2008, rigetta l’ipotesi che il VaR al 99% giornaliero dell’obbligazione sia
dello 0.3125% o più basso. La probabilità di rigettare una stima corretta è remota.
4
“risultati nella zona rossa dovrebbero generalmente portare a una automatica supposizione
che esiste un problema con il modello della banca. Questo perché è estremamente improbabile
che un modello accurato generi dieci o più eccezioni indipendenti da un campione di 250 valori di
mercato.”
5
Il VaR giornaliero stimato nel Paragrafo 5 era ben al di sotto di 0.3125% in quel periodo, si
vedano le Figure 7 e 8.
13
backtesting: numero di violazioni su 250 osservazioni
35
30
25
20
15
10
5
0
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 6: Backtesting: numero di violazioni della soglia massima del 0.3125% del
VaR al 99% giornaliero su 250 osservazioni passate.
14
In particolare, se l’1/4/2008, il giorno di revisione dell’elenco, qualcuno avesse
effettuato un backtesting su una stima di VaR che rientrasse nel limite requisito,
avrebbe rigettato tale stima con una sicurezza del 99.999999998%.
In altri termini, la soglia massima requisito di VaR, e dunque le eventuali stime
di VaR, finiscono ampiamente nella cosiddetta zona rossa.
Pertanto, qualsiasi misura di VaR al 99% giornaliero per l’obbligazione che rientri
nel limite massimo dello 0.3125% può essere dichiarata errata con un margine di
confidenza ampissimo.
5
Metodi standard per la stima del Var
Per avere una prima sensata stima di VaR al 99% giornaliero dell’obbligazione si
possono applicare i metodi standard tra quelli maggiormente utilizzati dalle banche
per i loro portafogli, modello RiskMetrics con stima della volatilità tramite EWMA
e simulazione storica (si veda Finger (2012) [2]).
Si può inoltre adottare l’approccio descritto da Mina e Xiao (2001) nel cap. 1:
“In addition to straight equities, there are a range of instruments for which we have a
history of prices, but not a good pricing function in terms of underlying risk factors.
[...] Outside straight equities, we could model Brady bonds using their own time
series of prices instead of utilizing a model based on an underlying yield curve.”6
I metodi qui utilizzati sono anche in linea con la definizione della Guida all’operatore bancario di Patti Chiari [6] per cui “ll rischio di mercato di uno strumento
finanziario quotato può essere stimato misurando un indicatore della variabilità (volatilità) mostrata nel passato dalle quotazioni di mercato del titolo, indicatore che
fornisce una misura sintetica della prevedibile variabilità del valore di quel titolo
nel futuro. Uno dei più noti è l’indice VaR...”. Anche se abbiamo visto che Patti
Chiari dichiarava di non calcolare il VaR delle singole obbligazioni, ma di verificare
tramite backtesting il comportamento dei singoli titoli rispetto al VaR “teorico” di
una obbligazione rappresentativa.
I risultati della stima di VaR giornaliero tramite la simulazione storica sono
rappresentati nella Figura 7, utilizzando 250 e 500 osservazioni passate. Le stime
partono dunque dopo rispettivamente 250 e 500 giorni dall’inizio del campione.
6
“Oltre ai titoli azionari semplici, ci sono un insieme di strumenti per i quali abbiamo una storia
di prezzi, ma non una buona funzione di prezzo in termini di fattori di rischio sottostante. [...]
Oltre a semplici titoli azionari, potremmo modellare obbligazioni Brady usando la loro serie storica
di prezzi invece di utilizzare un modello basato sulla curva dei tassi sottostante.”
15
var giornaliero, simulazione storica con finestra mobile
0.035
0.0344
0.0312
250 oss
500 oss
0.0281
0.025
0.0219
0.0188
0.0156
0.0125
0.0094
0.0063
0.0031
0
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 7: Stima del VaR al 99% giornaliero dell’obbligazione tramite il metodo della
simulazione storica applicato ai prezzi, usando 250 e 500 osservazioni passate. Le
stime partono dunque da 250 o 500 giorni dopo l’inizio del campione.
16
I risultati della stima del VaR giornaliero tramite il modello RiskMetrics sono
rappresentati nella Figura 8. Il parametro della stima EWMA è stato posto pari a
λ = 0.94, in linea con le indicazioni RiskMetrics.
Le stime tramite simulazione storica, pur non andando oltre l’1.3% giornaliero
(a parte l’ultimo eccezionale giorno), collocano il VaR stabilmente sopra la soglia
dello 0.3125% a partire da verso la fine del 2007, e ampiamente sopra tale soglia da
marzo 2008. Anche il modello RM-EWMA produce stime al di sopra della soglia
negli stessi periodi, ma con andamento maggiormente variabile, arrivando a superare
anche valori del 2% giornaliero.
Confrontando i risultati ottenuti con i due metodi, si vede che quelli ottenuti
con il metodo della simulazione storica sono meno reattivi alle variazioni di regime,
dato che tengono conto in maniera uniforme di tutte le variazioni giornaliere passate, anche quelle precedenti alla metà del 2007 (in modo particolare usando 500
osservazioni passate) in cui il prezzo del titolo aveva un altro andamento.
Bisogna riportare che il metodo della simulazione storica produce risultati migliori nelle procedura di backtesting rispetto al modello RM-EWMA, ma non pienamente soddisfacenti. Infatti, nell’ultimo periodo finisce nella zona gialla, mentre il
metodo RM-EWMA nella zona rossa. Questo è dovuto probabilmente proprio alla
sua stabilità e minore reattività. La conclusione è che anche tali metodi non riescono a cogliere appieno il rischio di mercato dell’obbligazione, mancando di capacità
previsiva. Questo è dovuto al fatto che si sono trascurate importanti informazioni
sull’emittente, quali le quotazioni dei CDS e dei corsi azionari.
In alternativa, si potrebbe pensare di implementare un metodo basato sull’identificazione di fattori di rischio e su una formula di pricing che dipenda da tali
fattori. Se si volesse utilizzare solo la curva dei tassi come fattore di rischio, implementando un metodo di approssimazione lineare basato sul pricing tramite principio
di arbitraggio, e utilizzando delle stime di matrice varianza-covarianza EWMA per
le variazioni dei tassi d’interesse, le stime che verrebbero sono rappresentate nella
Figura 9. Come si vede, i valori massimi raggiunti dalle stime sono dell’ordine di
3.5 · 10−4 , ovvero di un ordine di grandezza inferiori rispetto alle stime precedenti.
Questo è in linea con il fatto che l’obbligazione, se non si considerano fattori legati
all’emittente, come la sua affidabilità creditizia, è assimilabile a un titolo con scadenza minore del trimestre. Questo metodo non tiene però affatto conto della variabilità
delle quotazioni passate del titolo, in accordo con quanto detto nel Paragrafo 3.2, e
porta dunque a valori gravemente sottostimati.
Per tener conto dei fattori legati all’emittente, si può, in linea con Mina e Xiao
(2001) [3], determinare uno spread calibrato che assumerebbe il significato di spread
creditizio. La formula di pricing è descritta ad esempio in O’Kane e Sen (2005) [5]
17
var giornaliero, ewma log−return
0.06
0.0594
0.0563
0.0531
0.05
0.0469
0.0438
0.0406
0.0375
0.0344
0.0312
0.0281
0.025
0.0219
0.0188
0.0156
0.0125
0.0094
0.0063
0.0031
0
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 8: Stima del VaR al 99% giornaliero dell’obbligazione tramite il modello
RM-EWMA applicato ai prezzi. Le stime partono da 112 giorni dopo l’inizio del
campione.
18
e lo spread (chiamato zero-discount margin) andrebbe calcolato in modo da riprodurre le quotazioni di mercato dell’obbligazione, data la curva dei tassi d’interesse.
Tale spread è stato già mostrato nella Figura 5. Applicando di nuovo il metodo dell’approssimazione lineare e stime EWMA della matrice di varianza-covarianza delle
variazioni dei fattori di rischio, i tassi d’interesse e lo spread, si possono produrre delle stime di VAR. Non è sorprendente che tali stime siano pressoché identiche a quelle
ottenute con il metodo EWMA applicato direttamente alle quotazioni dell’obbligazioni. Lo spread creditizio calibrato non è che una maniera diversa di esprimere
la differenza dei prezzi dell’obbligazione rispetto a quelli di un titolo bancario di
riferimento. Anche tale metodo pertanto non fornisce risultati soddisfacenti.
6
Conclusioni
Le obbligazioni emesse da Lehman Brothers, in particolare quella con codice ISIN
XS0189741001 analizzata in dettaglio nel documento, non potevano essere considerate a basso rischio, perlomeno negli ultimi mesi prima del fallimento. In particolare,
in quegli ultimi mesi, non soddisfacevano il requisito sul VaR per essere inclusi
nell’elenco redatto e controllato dal consorzio Patti Chiari.
Il problema, a parte le drammatiche ricadute sociali e economiche del caso Lehman, è attuale e riguarda i risparmiatori, dato che le obbligazioni governative o
corporate, di struttura tipicamente semplice e facilmente comprensibile, rappresentano possibili e appetibili forme di investimento, e vengono spesso proposte dagli
intermediari a cui la clientela al dettaglio si rivolge.
Quello che serve è una maggiore consapevolezza, sia da parte degli intermediari
che da parte della clientela al dettaglio, del rischio insito in tali obbligazioni. Questo
non è solamente legato al rischio di insolvenza dell’emittente. C’è altresı̀ il rischio
che fattori legati all’emittente, in particolare la sua affidabilità creditizia, causino
una perdita di valore dell’investimento, senza necessariamente che questa fallisca. Il
problema di una corretta misurazione del rischio di mercato di una obbligazione di
questo tipo sarà oggetto di studio futuro.
A
A.1
Appendici
VaR settimanale e giornaliero, che confusione
Dalla Guida all’operatore bancario redatto da Patti Chiari [6]: “...nell’Elenco sono
ammessi solo titoli di Stato e obbligazioni il cui VaR esprima - nel 99% dei casi 19
−4
3.5
x 10
VaR giornaliero metodo parametrico (senza discount spread)
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
01/01/06
01/01/07
01/01/08
01/01/09
Figura 9: Stima del VaR settimanale dell’obbligazione tramite il metodo parametrico
RM con solo rischio di tasso, senza inserire lo spread creditizio.
20
oscillazioni di valore non superiori all’1% su base settimanale. Ciò corrisponde a un
VaR giornaliero inferiore o uguale allo 0.3125%.”
Dal punto di vista strettamente teorico non esiste una formula che fa passare
dal VaR giornaliero a quello settimanale. Per stimare il VaR settimanale bisognerebbe determinare la distribuzione dei rendimenti settimanali. L’unico modo per
interpretare il “corrisponde” è fare uso della “regola della radice”. La regola della
radice ha i suoi fondamenti teorici, ma è anche prodotto di alcune semplificazioni e
viene utilizzata per la sua grande semplicità. Il fatto è che anche usando questa la
corrispondenza è sbagliata.
Infatti, la regola della radice dice che, considerando una settimana composta da
5 giorni lavorativi,
√
V aR settimanale = V aR giornaliero × 5
Dire VaR settimanale dell’1% significa dire, secondo questa formula, VaR giornaliero
0.44721%. Non si riesce a indovinare come venga fatto corrispondere la soglia di
VaR giornaliero di 0.3125%. In altri termini, a un VaR giornaliero dello 0.3125%
corrisponde un VaR settimanale di circa lo 0.7%.
Riferimenti bibliografici
[1] Basle Committee on Banking Supervision, (1996), Supervisory framework for the
use of backtesting in conjunction with the internal models approach to market risk
capital requirement
[2] Finger, C., (2012), Risk disclosure and backtesting, 2011 year in review,
MSCI.com
[3] Mina, J. and Xiao, J.Y., (2001), Return to RiskMetrics: The Evolution of a
Standard, RiskMetrics
[4] MSCI (2012), Quantifying the Bond Basis risk - A RiskMetrics RiskManager
Case Study, disponibile sul sito MSCI
[5] O’Kane D., Sen, S., 2005, Credit spreads explained, Journal of credit risk, vol1,
No. 2, 61-78
[6] Patti Chiari, Guida all’operatore bancario - L’elenco delle obbligazioni a basso
rischio-basso rendimento, ottenibile dall’autore su richiesta
21
[7] Patti Chiari, Elenco delle obbligazioni a basso rischio-rendimento - Guida
pratica, ottenibile dall’autore su richiesta
[8] Corriere della Sera (20 agosto 2010), Rivincita su Lehman
[9] L’Espresso (20 ottobre 2008), Centomila italiani traditi da Lehman
22
ISSN 1825-0211
QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI ECONOMIA, FINANZA E
STATISTICA
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models beyond Instrumental Variables
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