Peris Persi Il Paesaggio tra progetto e governo del territorio Istituto Interfacoltà di Geografia – Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” Associazione Italiana Insegnanti di Geografia – Sezione Marche Dottorato di Ricerca in Geografia ‐ XVIII ciclo Indice Presentazione P. Persi, Recondita armonia. Il Paesaggio tra progetto e governo del territorio Prima Sessione BENI CULTURALI E TERRITORIO NELLA RICERCA D’OLTRALPE Chairman: A. Melelli (Univ. di Perugia) M.R. Cozzani De Palmada, La Geografía de Don Quijote. Anotaciones para un parque literario E. Elamé, Paesaggi di tipo coloniale in Camerun: per un cambiamento di para‐
digma B. Gruet, Come un quartiere può cambiare: le vie del centro storico di Roma M. Roberts, Representing place and time in South Africa: an examination of three heritage tourism sites S. Şahin, S. Karabağ, M. Öztürk, The place of Turkey in world cultural heri‐
tage and Geography education: how is the concept approached in the new Secondary Geography Curriculum of Turkey? R.P.B. Singh, The Ganga Riverfront in Varanasi (India), a heritage zone in con‐
testation R.P.B. Singh, M. Fukunaga, The world heritage villages of Shirakawa‐go and Gokayama, Japan: continuing culture and meeting modernity. A lesson for south Asia M. Tchotsoua, Esoh Elamé, I segni del sacro e del magico‐religioso nel paesag‐
gio forestale: il caso dei boschi sacri in territori dei popoli Bamileké del Came‐
run J. Willms, Cultural heritage interpretation and leisure – Landscapes design: the postindustrial Ruhrgebiet example Seconda Sessione PAESAGGI, ECOSISTEMI E TECNOLOGIE CARTOGRAFICHE Chairman: O. Nesci (Univ. di Urbino) G. Antonelli, L. Falcioni, E. Viganò, L. Viganò, Le misure agro‐ambientali per l’imboschimento: valutazione dell’impatto sul paesaggio rurale delle Mar‐
che e di Urbino 13 15 27 29 39 48 54 59 59 66 67 75 87 88 5
A.R. Candura, O. De Paoli, E. Montacchini, Il paesaggio dell’acqua: proposta di catalogazione dei mulini idraulici pavesi su piattaforma GIS R. Ferlinghetti, M.R. Baldini, E. Marchesi, Reti ecologiche polifunzionali e partecipazione in aree a forte criticità. Alcune esperienze lombarde E. Finocchietti, L. Zarrilli, Paesaggio naturale e politiche di sviluppo territoria‐
le in Islanda L. Gregori, S. Rapicetta, Il corridoio fluviale del Tevere Umbro: una risorsa per la promozione del territorio L. Gregori, Evoluzione geomorfologica dell’Umbria: “Memoria della terra” nel‐
l’edificato delle città ed espressione della Geografia emozionale G. Lazzarin, Le “emergenze” culturali della Lessinia (VR): dalla loro schedatura alla realizzazione di una carta tematica R. Lorenzi, La stratigrafia paesaggistica: proposta di metodo per la mappatura dei paesaggi storici M. Mautone, M. Ronza, Patrimonio culturale e pianificazione territoriale: lʹap‐
proccio geografico per lʹindividuazione e la valorizzazione integrata delle in‐
varianti strutturali. Un modello applicativo: analisi stratigrafica del paesag‐
gio e strategie per il riassetto del sistema provinciale di Napoli M.D. Tantillo, I GIS, strumenti di conoscenza, per il progetto di recupero dei beni culturali. Il progetto per il SIT dell’area archeologica di Solunto Terza Sessione PAESAGGI DELLA TUTELA: TRA CONSERVAZIONE E ABITABILITÀ Sottosessione 3.1 ‐ Politiche dei beni culturali ed esperienze pilota Chairman: M.C. Giuliani Balestrino (Univ. di Genova) A.R.D. Accardi, I parchi preistorici: esperienze internazionali di “presentazio‐
ne” del paesaggio come riscoperta delle valenze immateriali S. Bellini, L’impianto eolico di Badia Calavena (Verona): un’esperienza pilota di sostenibilità G.C. Borellini, Sulla capacità di sentire i beni culturali. L’organizzazione insta‐
bile: enti pubblici territoriali e Ministero per i beni e le attività culturali. Rassegna critica e bibliografia orientativa M.C. Giuliani‐Balestrino, Colletta di Castelbianco. Il recupero telematizzato di un centro storico ligure A. Pietta, Un tentativo di recupero e valorizzazione delle risorse naturali: il caso della Riserva Naturale delle Torbiere del Sebino 6
98 105 116 124 131 139 145 153 166 173 174 184 190 200 205 M.C. Ruggieri Tricoli, Paesaggi del disastro: fratture, memorie, musei G. Vidali, Duemila anni di storia e arte nella Laguna Nord di Venezia: il Museo Provinciale di Torcello R.M. Zito, Segni, disegni e musei nel territorio: il caso tedesco * * * * * Sottosessione 3.2 ‐ Patrimoni culturali e progettualità Chairman: C. Pongetti (Univ. di Macerata) L. Baratin, H. Bonnici, La rappresentazione cartografica in un progetto di valo‐
rizzazione e recupero di particolari siti archeologici: le carreggiate storiche S. Betti, Alzaie statunitensi, europee ed italiane. Recupero, tutela e utilizzo C. Cacia, Il distretto culturale del Val di Noto: un bene “Patrimonio dell’uma‐
nità” A. Cesaroni, La “progettualità governata”del patrimonio culturale, ambientale e antropico: un esempio concreto di metodo applicato al Fiume Tronto M.C. Giuliani‐Balestrino, Un patrimonio dell’umanità da proteggere: le inci‐
sioni rupestri del Monte Bego M. Luni, O. Mei, Popolamento antico nel territorio medioadriatico: la centuria‐
zione del territorio di Forum Sempronii N. Pierpaoli, Archeologia dei paesaggi: ricerca, tutela e pianificazione territo‐
riale F. Pollice, A. Zacheo, Patrimoni dell’umanità. Opportunità e rischi di una va‐
lorizzazione turistica A. Ramarro, I beni culturali, una realtà geografica. Ipotesi di studio del patri‐
monio dell’umanità del Mediterraneo C. Renzoni, La dimensione del paesaggio nell’urbanistica italiana degli anni Sessanta: il caso del «Progetto 80» P. Rovati, El hórreo galiziano nel paesaggio rurale e nell’architettura tradiziona‐
le spagnola A. Sposito, Il paesaggio archeologico, tutela e reintegrazione L.D. Venanti, M. Mariani, P. Anderlini, Il tempio di S. Ercolano: degrado an‐
tropogenico, recupero e valorizzazione di un bene culturale nel centro storico di Perugia (Umbria) 213 223 229 238 240 248 260 268 275 282 290 294 303 310 317 327 333 7
Quarta Sessione PAESAGGI DELLO SVILUPPO Sottosessione 4.1 ‐ Nel segno del lavoro Chairman: M.G. Grillotti Di Giacomo (Univ. di Roma Tre) S. Ancilli, Valorizzare e conservare il paesaggio rurale in Area Naturale Protet‐
ta: il caso della Riserva della Marcigliana A. Cicioni, A. Melelli, Case di terra in Umbria: opportunità per interventi di recupero e di tutela E. Fabbri, A. Melelli, Terpen nella media valle del Tevere? E. Gamberoni, A. Ramarro, Originarie e future funzioni di due stabilimenti nel Veronese S. Grandi, La valorizzazione dei capanni da pesca in Emilia Romagna M.G. Grillotti Di Giacomo, Paesaggi da tavola, paesaggi da favola R. Guarneri, Le masserie nell’agrigentino: un bene culturale da recuperare e va‐
lorizzare M. Marengo, Gli spazi periurbani tra recupero e valorizzazione del paesaggio rurale e delle tradizioni sedimentate e modelli “urbani sostenibili”. Il caso della provincia di Arezzo M.L. Scarin, Paesaggio rurale tra degrado e rivalutazione. Casi di studio A. Tricoli, Passato industriale e identità del territorio: una proposta per il recu‐
pero della cartiera Galvani a Vittorio Veneto * * * * * Sottosessione 4.2 ‐ Nel segno degli otia Chairman: C. Robiglio (Univ. di Verona) L. Bagnoli, Ospedali elioterapici e colonie marine nella Riviera di Ponente ‐ Tu‐
tela, recupero e sviluppo territoriale P. De Felice, “Terra di lavoro”: tre poli turistici da integrare per uno sviluppo sostenibile P. De Ponti, Letteratura, beni culturali e ambiente turistico S. Mangano, Attività estrattiva e turismo sostenibile. Il caso della miniera ligu‐
re di Gambatesa E. Moretti, O. Nesci, D. Savelli, C. Savini, S. Teodori, F. Troiani, Arte, na‐
tura e fede: una proposta di itinerario geoturistico in terra Marchigiana 8
339 340 351 364 374 381 392 404 412 418 423 430 431 442 450 455 463 C. Robiglio, L. Osmani, Beni culturali e soggetti coinvolti in percorsi turistici: anelli di un itinerario adriatico di lunga percorrenza D. Russo Krauss, L’ospitalità diffusa come ipotesi di rianimazione turistica dei centri minori V. Spinetti, I centri abitati di frontiera in Namibia: contraddizioni di una realtà turistica * * * * * Sottosessione 4.3 ‐ Nel segno dello spirito Chairman: P. Persi (Univ. di Urbino) V. Albanese, Itinerari religiosi nell’Appennino parmense per la valorizzazione del territorio R. Bernardi, P. Marazzini, I differenti volti del sacro a Verona L.M. Cristini, Il «Progetto Antinori»: la riscoperta di un artefice dello spazio urbano tardobarocco tra Roma e Lisbona. Un programma di studio unisce studiosi dʹItalia e del Portogallo A. Di Campli, La costa infinita L. Masotti, La valorizzazione del patrimonio ebraico in due differenti contesti europei: casi di studio in Italia e Francia E. Mazzetti, “Luoghi dell’anima” o spazi del turismo? Problemi di identità e so‐
stenibilità degli ambienti insulari minori S. Ricciardi, L’Abbazia di Rambona a Pollenza (Macerata): bene culturale e ri‐
sorsa di sviluppo locale M.E. Zandomeneghi, Il sacro come fattore di organizzazione territoriale. Alcu‐
ni casi emblematici recenti Quinta Sessione PAESAGGI RELAZIONALI Sottosessione 5.1. ‐ Centri Storici e sostenibilità del Bene Culturale Chairman: C. Barilaro (Univ. di Messina) C. Barilaro, Centri storici minori e valori ambientali e culturali diffusi. Serra S. Bruno, la Certosa e la sua nuova identità M.L. Bonica, Recupero e valorizzazione dei beni culturali in Calabria: i centri storici abbandonati dell’area grecanica 470 480 487 496 497 504 514 519 529 539 546 555 561 561 573 9
G. Cavuta, Riqualificazione e sostenibilità del paesaggio. Un caso abruzzese B. Delle Donne, S. Palmentieri, I centri storici del Cilento in una prospettiva di valorizzazione territoriale L. Gabbaria Mistrangelo, La Torre dei Marchesi del Carretto, segno e sogno del Finale A. Galvani, Le regioni europee tra sostenibilità e governance: il caso di studio della Slesia R. Guglielmini, Poggioreale Antica di Sicilia: dal progetto di conoscenza al mo‐
dello di gestione G. Lucarno, Recupero e conservazione dei beni culturali walser in provincia di Verbania: il caso dei villaggi di Salecchio ed Antillone P. Mazzotti, Riqualificazione dei centri storici in un’ottica di protezione e pre‐
venzione sismica: saperi tecnici del laboratorio marchigiano M. Patruno, Il Sud: territori di una nuova modernità. Micro‐storie dal Sud: esplorare la complessità * * * * * Sottosessione 5.2. ‐ Senso dei luoghi e identità Chairman: V. Aversano (Univ. di Salerno) V. Aversano, L’identità territoriale attraverso la via cartografico‐toponimica: un caso di studio M. Carta, Rappresentazione identitaria e progetto di territorio. Le coste della Sardegna settentrionale G. De Giovanni, Le pietre di Pantelleria: fra memoria e materia F. Fatichenti, Fonti letterarie e iconografiche per la individuazione di “coni vi‐
suali” nella provincia di Terni G. Massimi, M. Fuschi, Per uno studio delle ricorrenze toponomastiche nel paesaggio culturale S. Palumbo, David Herbert Lawrence e la Valle di Comino: ipotesi per la crea‐
zione di un parco letterario A. Pasquali, I Parchi Letterari® per la valorizzazione dei saperi e delle identità delle aree marginali. Il caso del Parco Paolo Volponi M. Ugolini, Ambiguità e ambivalenze culturali dei beni minori. Le stazioni fer‐
roviarie dismesse del Montefeltro 10
581 589 596 604 612 619 630 641 649 651 659 667 675 685 694 698 705 Sesta Sessione BENI CULTURALI TRA DIDATTICA E FORMAZIONE Chairman: A. Melelli (Univ. di Perugia) F. Abbozzo, M.P. Palomba, Il bene culturale nell’esperienza del tirocinio uni‐
versitario: la «Villa del Colle del Cardinale» (Colle Umberto I – Perugia) S. Cancelli, L. Coltri, La didattica dei beni culturali a scuola per costruire l’identità del cittadino S. Cancelli, E. Gamberoni, Educazione al patrimonio e nuovi profili professio‐
nali: quale formazione? E. Lavagna, La fortezza del Priamar a Savona: risorsa di una nuova identità ur‐
bana. Risultati di un’indagine tra gli studenti di una scuola superiore savo‐
nese Elenco dei relatori 711 712 726 734 741 751 11
Quinta Sessione PAESAGGI RELAZIONALI 5.1. Centri Storici e sostenibilità del Bene Culturale Chairman: Caterina Barilaro (Univ. di Messina) Con la più recente rilettura dei fatti territoriali attraverso chiavi interpretative innovative, il dibattito culturale degli ultimi anni si è incentrato sulla necessità del recupero e della (ri)valorizzazione dei centri storici, individuati come luoghi perimetrati dai riferimenti del passato, che rappresentano gli scenari strategici su cui innescare processi di rivitaliz‐
zazione economica dei sistemi territoriali, e in particolare di quelli considerati marginali, attraverso l’esaltazione dei valori culturali. In quest’ottica, anche i beni culturali sono stati interpretati come “catalizzatori economi‐
ci” in grado di produrre sviluppo e la loro messa in valore li ha inseriti nel circuito delle più avanzate politiche territoriali, economiche e sociali. Questa valenza strategica è emersa dall’attenzione che i geografi hanno dedicato negli ul‐
timi anni ai centri storici e ai beni culturali e questo convegno, incentrato su tematiche di vasti orizzonti e di grande attualità, offre una preziosa occasione di riflessione e di con‐
fronto interdisciplinare. In particolare, la problematica relativa alla fruizione del patri‐
monio culturale nell’ottica di un uso sostenibile, che forma oggetto di analisi di questa sessione, pone il problema di riconoscere, da un lato, il peso e il valore che possiedono i beni culturali nella prospettiva di valorizzazione dei sistemi locali; dall’altro, la ricerca di un giusto equilibrio tra esigenze dello sviluppo economico e salvaguardia dei beni cultu‐
rali, in un processo omeostatico di tutela e fruizione. L’attenzione alle logiche della sostenibilità nella gestione beni culturali trova il suo pre‐
supposto nella riflessione che essi saranno tali solo se, una volta riconosciuta la loro va‐
lenza quale risorsa per lo sviluppo locale, si ha la sensibilità di farne un uso razionale at‐
traverso una gestione oculata, che miri a salvaguardarne la fisionomia identitaria che ne fa il modello ideale. (C. Barilaro)
Centri storici minori e valori ambientali e culturali dif‐
fusi. Serra S. Bruno, la Certosa e la sua nuova identità Caterina Barilaro Università di Messina Abstract Serra San Bruno, dipped into the heart of the plateau of the Serre Calabresi, in a unique and exceptional landscape in which nature and culture live in symbiosis, belongs to that theory of minor historical centres, with mostly agricultural economy, whose “minor” definition contains the outcome of historical processes that have decreed its marginaliza‐
tion. 547
Born towards the end of XI century, or in the beginning of XII, around the Certosa founded by Brunone from Cologne, at 790 m on the sea level, Serra San Bruno is a centre of ancient rural and craft tradition of great relief in territorial contest, that maintains im‐
pressive cultural emergencies. The recent opening of the Certosa Museum, true “cultural catalyst” of the area, together with strategical interventions that aim to match the natural values keeping and the development of cultural resources with their exploitation for new functions in eco‐tourist key, seem to give a new meaning to the territory, which becomes the basis on which build up the development, and that gives to Serra San Bruno a new identity, in the respect of well established values. Parole chiave: centri storici, beni culturali, identità, Serra San Bruno. Key words: historical centres, cultural properties, identity, Serra San Bruno. «Se è relativamente facile leggere un territorio o un pae‐
saggio, è indubbiamente assai più difficile coglierne l’anima, il segreto ammaliante del suo fascino, le ragioni misteriose che fanno vibrare le corde della nostra sensibilità e ci fanno sentire ed essere un tutt’uno coll’universo … ». (P. Persi, Il parco letterario: il quadrato e il cerchio) Introduzione Immersa in un paesaggio unico e ir‐
ripetibile, sincretismo di natura e storia, Serra San Bruno appartiene a quella teoria di centri storici minori, ad economia pre‐
valentemente agricola, la cui definizione “minore” contiene l’esito di processi stori‐
ci che ne hanno decretato la marginalizza‐
zione. La lettura del suo palinsesto, sedi‐
mentato e complesso, rivela i segni pro‐
fondi trasfusi dalle stratificazioni culturali sul territorio, i significati intrinseci agli spazi vissuti; ma anche le vocazioni am‐
bientali, l’amore per la storia passata che non nega la quotidianità del vivere i luo‐
ghi del presente e neppure lo slancio per inventare i luoghi del futuro. Serra San Bruno, città antica, si pre‐
senta oggi con un volto nuovo, che non ha cancellato la sua identificazione culturale, ma l’ha rinnovata e ravvivata, ricolman‐
dola di significati ancora più profondi. Gli interventi strategici messi in atto mirano a coniugare il mantenimento dei valori na‐
turali e la rivalorizzazione delle risorse culturali con la loro utilizzazione per nuo‐
ve funzioni in chiave ecoturistica, confe‐
rendo al territorio una nuova attribuzione di significato, che diventa la base su cui costruire lo sviluppo e che assegna a Serra San Bruno una nuova identità nel rispetto dei valori consolidati. 548
Serra San Bruno e la Certosa di Calabria Adagiata alle pendici del Monte Pe‐
coraro presso il torrente Ancinale, in una delle grandi conche montane originaria‐
mente bacino di un lago, a 790 metri di al‐
titudine, Serra San Bruno può considerarsi il capoluogo della regione delle Serre ca‐
labre e il centro più importante dell’omo‐
nimo comprensorio montano che congiun‐
ge la Sila a nord con l’Aspromonte a sud. Il suo territorio, che si estende per 39,58 Kmq, si avvale di una posizione fa‐
vorevole, trovandosi lungo la principale via di comunicazione che, insinuandosi da ovest per la valle del fiume Angitola e da est per quella del fiume Stilaro, penetra tra i due mari e fa da arteria principale alle diramazioni minori. Serra San Bruno è il cuore delle Serre, un naturale anfiteatro realizzato con la complicità dei raggi del sole che penetra‐
no tra i maestosi abeti bianchi 1 e gli im‐
ponenti faggi intersecati da ruscelli e am‐
massi di rocce granitiche. Riflessi di mille colori colpiscono il borgo che ospita, tra vicoli stretti e grandi spiazzi lastricati, an‐
tiche chiese e palazzi nobiliari, custodi di rare preziosità che sanno arricchire la mi‐
stica tranquillità che regala la Certosa. Un paesaggio smeraldo che fa da sfondo al si‐
lenzio e all’armonia della natura. La storia di Serra San Bruno è stret‐
tamente legata a quella della Certosa, una storia che ha come spartiacque – al crepu‐
scolo della civiltà bizantina e alle soglie del secondo millennio cristiano 2 – Bruno‐
ne di Colonia, l’umile eremita nordico che, lasciato il prestigio della cattedrale di Reims, incontra ed abbraccia l’autenticità di questa terra, di questa natura allora to‐
talmente incontaminata, e scrive una nuo‐
va pagina di storia (Fig. 1). Già casale di Spadola, Serra deve, dunque, la sua origine alla venuta del fondatore dell’ordine dei Certosini, che, nel 1091, ricevette in dono dal Gran Conte Ruggero il Normanno i territori situati tra il comune di Arena e quello di Stilo per la costruzione del suo eremo, la Certosa di Santo Stefano del Bosco, primo monastero certosino in Italia e secondo in Europa do‐
po la grande Chartreuse di Grenoble 3. Nel 1292 il convento passò ai Cistercensi e si ingrandì sempre più ottenendo vaste pro‐
prietà in varie parti della Calabria spesso con dominio feudale. I Cistercensi lo ten‐
nero fino al 1513, anno in cui Leone X lo restituì ai Certosini. Il prestigio cui la Cer‐
tosa assurse rapidamente aprì la strada per ottenere concessioni e privilegi sovra‐
ni, che si estesero alla giurisdizione feuda‐
le su altri centri. Fondata tra il 1090 e il 1101 grazie al‐
le varie donazioni che i Normanni, con grande accortezza politica, fecero all’Ordi‐
ne allo scopo di tenere a freno la popola‐
zione da poco sottomessa e indebolire così l’influenza bizantina, Serra andò soggetta fino al Settecento alla giurisdizione feuda‐
le della Certosa, divenendo un feudo tra i più estesi e importanti del Meridione ita‐
liano. Il centro abitato di Serra nacque, quindi, all’ombra del Monastero, quando il primo nucleo ospitò maestranze (lapici‐
di, pittori, artisti del legno intagliato 4, fabbri, decoratori e altri artigiani che han‐
no caratterizzato l’economia dell’intero comprensorio), chiamate ad eseguire i la‐
vori per la costruzione della casa brunia‐
na, e andò crescendo sempre più insieme all’importanza della Certosa. L’economia, fino alla metà del XVIII secolo, fu di tipo feudale; il monastero era il feudatario ecclesiastico, a cui erano sot‐
toposti villani e servi. Con il decadere del feudalesimo, l’economia serrese vide ap‐
parire i primi proprietari terrieri e l’arti‐
gianato locale, in particolare la lavorazio‐
ne del ferro e del legno, che diventò il set‐
tore trainante dell’economia locale tra Set‐
tecento ed Ottocento. Il terremoto del 1783 distrusse la cit‐
tadina e la Certosa insieme a molti dei suoi preziosi manufatti e scritti. L’Abbazia (una delle quaranta esistenti in Italia), ori‐
ginariamente di stile gotico e poi rima‐
neggiata su probabile progetto del Palla‐
dio, fu riedificata alla fine dell’Ottocento con forma riecheggiante il gotico france‐
se 5. Immersa tra aghifogli secolari, gigan‐
teschi faggi, querce e castagni enormi e avvolta nel più profondo silenzio, la nuo‐
va Certosa 6 ha scatenato fervide fantasie 7 e accesi entusiasmi, contribuendo a rinno‐
vare l’interesse verso questo luogo, che, nel 1984, ha ricevuto la visita di Papa Wo‐
jtyla (Fig. 2). La lenta ricostruzione del paese die‐
de luogo ad una tipologia di insediamento che si articola in due sezioni fondamentali che, oggi, accolgono oltre 7.000 abitanti: la parte settentrionale, denominata Terra‐
vecchia, rappresenta il nucleo del centro storico, con uno schema irregolare ravvi‐
vato dalla presenza di edifici che mostra‐
no l’influenza barocca; la sezione sud‐
occidentale, definita Spinetto, costituisce l’area di nuova e più recente espansione, con una direttrice rivolta verso la Certosa e con costruzioni che richiamano i villaggi alpini. Il 22 gennaio del 1863, per decreto di Vittorio Emanuele II, il centro acquisì l’attuale denominazione di Serra San Bru‐
no in devozione al Santo. I luoghi bruniani (il Calvario, il Dor‐
mitorio, il laghetto, la chiesa di Santa Ma‐
ria del Bosco e il Monastero, dove vivono ormai solo 16 monaci) rappresentano loca‐
lità di mistica bellezza, meta di un conti‐
nuo pellegrinaggio (Fig. 3). Nel 1994 viene aperto all’interno del‐
la Certosa, in un’ala accessibile attraverso un’entrata indipendente, il Museo, per ri‐
spondere alle quotidiane richieste da parte dei pellegrini e dei turisti, curiosi di cono‐
scere il modello di vita e la storia dei Cer‐
tosini. Il Museo conta venti ambienti e si sviluppa su un unico piano per circa 1.200 mq, dove si possono ammirare i capolavo‐
ri dell’arte e della spiritualità che i monaci certosini hanno prodotto nel corso di nove secoli. Articolato come itinerario spirituale e storico sulla presenza dell’ordine certo‐
549
sino in Calabria, si avvale dell’ausilio di pannelli didattici, foto, ricostruzioni di ambienti (ad esempio, la cella dei Certosi‐
ni, la biblioteca) 8 e di una sala per audio‐
visivi. La valorizzazione turistica e la nuova identità Caratterizzata da una economia di sussistenza ‐ basata sulla produzione, tra‐
sformazione e commercializzazione dei prodotti che l’ambiente naturale consenti‐
va di ottenere attraverso tecniche produt‐
tive che hanno conservato, nel tempo, i ca‐
ratteri essenziali grazie allo stato d’isola‐
mento, geografico e culturale, che ha se‐
gnato questi luoghi – la storia economica di Serra San Bruno è legata indissolubil‐
mente a quella della tradizione artigianale, che aveva fatto di questo paese un impor‐
tante punto di riferimento per tutta la Ca‐
labria. Una tradizione che si fa risalire all’etica del lavoro manuale proprio dei frati certosini, particolarmente favorita dall’ampia disponibilità di materie prime, quali il particolare tipo di roccia venata di ferro, l’immensa riserva di legname e l’abbondanza di acqua. Famiglie di mastri artigiani hanno lasciato nei secoli traccia della loro arte e, ancora oggi, seppure in forma assai minore, persiste questa antica tradizione che trova il proprio suggello nello stemma comunale, in cui sono raffi‐
gurati albero, sega, squadra, martello e in‐
cudine. Una tradizionale lavorazione della lana, esercitata in minuscoli opifici e in molte case di agricoltori, che forniva una produzione di discreto valore per il mer‐
cato meridionale, animava la cittadina, in‐
sieme all’arte del ricamo e del merletto che hanno reso famosa Serra San Bruno per i preziosi tovagliati. Le attività artigianali più importanti, però, erano: l’estrazione e la lavorazione del granito, la lavorazione del ferro battu‐
to, il taglio del bosco e la lavorazione del legno. Ognuno di questi settori ha lasciato meravigliose testimonianze che, ancora oggi, rendono ricca di significati la storia di Serra. Il granito, che veniva estratto dai ric‐
chissimi giacimenti presenti tutto intorno le montagne delle Serre, lavorato in loco dai “mastri” scalpellini e poi portato, in 550
groppa ai muli, in paese per la giusta col‐
locazione, ha inciso molto nell’economia serrese. I segni di tale attività si possono ammirare, percorrendo le strade del cen‐
tro storico, nelle facciate di alcune chiese di età barocca e nell’abbellimento dei pa‐
lazzi e delle case, le cui balaustre venivano completate con merlettati balconi in ferro battuto, realizzati dai “mastri forgiari” nelle officine sparse un pò per tutte le vie di Serra. Grazie alla presenza dell’abbondante legno dei boschi, nelle falegnamerie del paese venivano realizzati capolavori del‐
l’ebanisteria, che sono ancora visibili visi‐
tando le chiese più antiche del centro sto‐
rico, mentre i madonnari intagliavano sta‐
tue lignee che poi varcavano i confini di Serra e costituivano il vanto dell’artigia‐
nato locale. Il legno alimentava anche uno degli ultimi settori attivi dell’archeologia industriale di cui tutta l’area delle Serre era ricca in un passato non lontano: le car‐
bonaie, preziosa testimonianza di un’atti‐
vità che va scomparendo, ma che ha costi‐
tuito per secoli un importante segmento dell’economia locale. Nell’attraversare i boschi serresi, an‐
cora prima di vedere gli “scarazzi” fuman‐
ti, si sente l’odore acre e penetrante del‐
l’ossido di carbonio che esala dagli otto si‐
ti di carbonizzazione, ancora oggi in piena attività. Il carbone prodotto, a parte il con‐
sumo locale, viene destinato alle regioni del nord Italia, ma già si pensa all’espor‐
tazione all’estero, con forti spinte all’au‐
mento della produzione. L’intenso sfrut‐
tamento del legno ha provocato la scom‐
parsa di intere faggete, sostituite da campi di felci, e i noti fenomeni di dissesto idro‐
geologico che hanno reso il territorio una “zona a rischio”. Il settore artigianale, che ha costituito il motore trainante dell’economia locale specialmente tra Settecento ed Ottocento, è un segmento oggi notevolmente ridotto, tenuto in vita da pochi operatori che, un pò per hobby un pò per tradizione, conti‐
nuano la lavorazione del ferro e del legno. Le attività collegate direttamente o indirettamente allo sfruttamento forestale rappresentano, ancora oggi, la principale fonte di reddito tradizionale, come anche l’agricoltura praticata nei fianchi montani, sfruttati da sempre per una magra cereali‐
coltura, in rotazione con patate e legumi‐
nose, e per l’olivicoltura, che hanno dise‐
gnato un paesaggio agrario che conserva ancora, quasi intatti, i segni di una condi‐
zione socio‐economica e di un immobili‐
smo agro‐fondiario che ne hanno cristal‐
lizzato l’originario disegno. Punto di forza dell’economia locale sono i prodotti del sottobosco, diverse specie di funghi 9 presenti per parecchi mesi dell’anno che costituiscono una vera ricchezza, a cui fanno da contorno una in‐
finita varietà di piante officinali. Ma Serra San Bruno possiede anche una serie di peculiarità, naturali e costrui‐
te, in grado di dare un forte segno di iden‐
tità turistica al territorio. Una vocazione quest’ultima, che affonda le sue radici nel‐
la grande ricchezza dei valori storici e cul‐
turali, che trovano espressione nella bel‐
lezza e nella originalità del paesaggio, di‐
segnato da un patrimonio sedimentato dai processi di stratificazione storica, che la‐
scia affiorare in ogni suo angolo indivi‐
dualità e specificità di una civiltà profon‐
damente radicata nel territorio. Le tradi‐
zioni di un popolo, i suoi colori, i suoi pro‐
fumi, le sue emozioni traspirano da tutte le espressioni culturali, come, ad esempio, le numerose fiere, sagre e feste patronali dove sacro e profano convivono, che ani‐
mano per lo più i mesi estivi e che sono l’espressione più autentica di questo pro‐
fondo e vitale retroterra culturale che si perde indietro nei secoli. Una vocazione turistica che trova un punto di forza anche nel patrimonio naturale, caratterizzato da ambienti di grande pregio, riconosciuti a livello internazionale. Il territorio di Serra San Bruno è stato inserito, infatti, nella re‐
te europea di aree protette “Natura 2000” e, oltre a ricadere nel già costituito Parco Regionale delle Serre 10, ha al suo interno e confina con diversi Siti di Interesse Co‐
munitario (SIC) 11. Va ricordato, a questo proposito, come la Comunità Montana delle Serre Calabre da anni si attiva per la salvaguardia e la tutela ambientale, svol‐
gendo anche un’opera di promozione e divulgazione attraverso l’inserimento del proprio territorio nei grandi itinerari natu‐
ralistici, culturali e turistici d’Italia, la cui importanza è riconosciuta e apprezzata a più livelli, come risulta anche dai rapporti e dalle statistiche nazionali dell’Unicem (Unione nazionale comunità montane d’Italia) (Fig. 4). Un’importante funzione di polo di at‐
trazione di flussi turistici verso Serra San Bruno sembra avere avuto il Museo della Certosa, vero “catalizzatore culturale” del‐
l’area. Difatti, a partire dalla data della sua realizzazione (1994) fino ad oggi, è stata rilevata la presenza di oltre 30.000 visita‐
tori. Sono turisti provenienti oltre che dal‐
la stessa Calabria, da varie parti d’Italia, in particolare centro‐sud, e turisti europei, prevalentemente tedeschi e francesi. Cer‐
tamente si tratta, per la maggior parte, di un turismo di transito, o per meglio dire di “prossimità”, di visitatori che, trovan‐
dosi in vicine località di consolidata tradi‐
zione turistico‐balneare (come per esem‐
pio Tropea, Capo Vaticano, Soverato, Co‐
panello), scelgono di integrare il soggior‐
no marino con escursioni giornaliere nelle aree montane, alla ricerca di un patrimo‐
nio naturale e culturale singolare e di anti‐
che tradizioni. Un tipo di turismo che, na‐
turalmente, lascia scarso valore aggiunto sul territorio e contribuisce ancora in mi‐
sura modesta alla crescita dell’economia. Secondo i dati forniti dall’Ufficio Tu‐
ristico del comune di Serra San Bruno 12, le presenze turistiche nel 2005 sono state 3.756, di cui il 77% costituito da flussi na‐
zionali provenienti per il 58% da regioni a nord della Calabria, per il 19% dalla Sicilia e solo il 12% sono turisti calabresi. I mesi caratterizzati da una maggiore presenza turistica sono quelli estivi (da luglio a set‐
tembre). La situazione non si diversifica molto nel 2006 (dati riferiti ai mesi gen‐
naio‐agosto), che registra un aumento del‐
le presenze rispetto all’anno precedente, e cioè 4.528 con un incremento pari al 20,5%. Ancora rappresentativo il dato del‐
la componente italiana (55,7%), provenien‐
te in particolare dalla Calabria (24,9%), dal Lazio (14,7%) e dalla Sicilia (14,1%), ma con un decremento rispetto al precedente esercizio a favore dei flussi provenienti dai paesi europei, prevalentemente Ger‐
mania (24%), Inghilterra (6,3%) e Francia (3,3%). È da rilevare, inoltre, che il turismo di matrice estera presenta una propensio‐
ne alla permanenza, contrariamente ai flussi provenienti dalle altre regioni d’Ita‐
lia. Risalta, anche, il dato della eccessiva stagionalità, fortemente ancorata alla fa‐
scia estiva e, in particolare, alla parte cen‐
trale di questa. 551
Carente risulta ad oggi l’apparato ri‐
cettivo, che certamente scoraggia la possi‐
bilità di un turismo di sosta. Opportunità di pernottamento vengono offerte dal‐
l’unico hotel presente a Serra (Hotel Cer‐
tosa con 70 p.l.) e da due strutture agritu‐
ristiche (Fondo dei Baroni con 32 p.l. e Ro‐
seto con 20 p.l.). Altre strutture ricettive extralberghiere sono le case non abitate, che vengono affittate stagionalmente ai turisti. Obiettivo primario, di conseguen‐
za, deve essere una strategia per trattenere i flussi turistici, sviluppando in particolare la capacità ricettiva e l’ospitalità e, intorno ad esse, un complesso di attività integrate che si configurino come insieme di occa‐
sioni di svago e di crescita culturale. A tal fine, oltre al “turismo dei saperi”, sarebbe opportuno promuovere un “turismo dei sapori e dei profumi”, incentrato sulla promozione dei prodotti tipici e della ga‐
stronomia locale che portano con sé i colo‐
ri e gli odori della montagna. L’attuale fase del turismo a Serra San Bruno è, dunque, quella di uno sviluppo avviato, inferiore, però, alle potenzialità offerte dal territorio e rallentato da vincoli dell’ambiente naturale e di quello sociale. Bisogna, tuttavia, riconoscere che l’azione intrapresa da qualche anno dal governo locale persegue una di programmazione territoriale non episodica o settoriale, pun‐
tando decisamente sul metodo della con‐
certazione e sullo stimolo di nuove proget‐
tualità. Dopo avere individuato le princi‐
pali linee di intervento nella valorizzazio‐
ne delle potenzialità endogene del territo‐
rio (turismo, beni culturali, ambiente), nel‐
lo sviluppo delle piccole e medie imprese (servizi di rete, qualità e innovazione) e dell’artigianato tradizionale e tipico, l’am‐
ministrazione comunale ha incentrato la sua attività programmatoria‐progettuale nell’individuazione di un modello di svi‐
luppo integrato delle risorse ambientali, naturalistiche, tipico‐artigianali e su un modello di piccola ricettività diffusa (ri‐
funzionalizzazione del centro storico in paese‐albergo), cercando nel contempo di creare una immagine turistica. Importanti iniziative su cui sono state investite note‐
voli risorse sono il progetto per lo svilup‐
po del turismo “Serra San Bruno Città Al‐
bergo”, che permetterà di dare un notevo‐
le impulso all’economia della cittadina, e la creazione del consorzio di promozione 552
turistica “Serre Incoming”, realizzato con l’obiettivo di riunire e organizzare tutte le strutture ricettive del comprensorio delle Serre, al fine di favorire il turismo locale con l’offerta di pacchetti integrali dedicati, in particolare, alle scuole, alle associazioni, alle organizzazioni religiose e ai gruppi. Sempre nell’ottica di uno sviluppo endogeno, Serra San Bruno si è fatta pro‐
motrice di due importanti iniziative: il Pat‐
to Territoriale “Area Boschiva delle Serre Calabre” e l’ingresso nel G.A.L. “Serre Vi‐
bonesi”. Il patto territoriale, di cui Serra San Bruno è comune capofila, è stato stret‐
to con i comuni di Fabrizia, Mongiana, So‐
riano Calabro e Spadola, che presentano forti caratteristiche di omogeneità sul pia‐
no economico e sociale e la cui integrazio‐
ne trova conferma nelle consolidate inter‐
relazioni economiche e produttive esisten‐
ti. Il territorio interessato dal P.T. interessa una superficie di 124,4 Kmq, per una po‐
polazione residente di ca. 15.000 abitanti, il 45% dei quali si trova concentrato nel solo comune di Serra San Bruno. La parte‐
cipazione al programma comunitario pun‐
ta, invece, alla creazione di marchi di tipi‐
cità nel settore agro‐ambientale, dei pro‐
dotti del sottobosco, dei prodotti zootecni‐
ci, all’attivazione di adeguati canali com‐
merciali per i comparti lattiero‐caseario e ortofrutticolo, nonché alla promozione culturale del territorio e alla valorizzazio‐
ne delle risorse ambientali. Non è mancata, infine un’attenzione al rinnovo dell’arredo urbano, grazie al quale il centro storico si presenta oggi con un volto nuovo. Questo, insieme alle ini‐
ziative economiche e culturali in atto, as‐
segnano a Serra San Bruno una nuova i‐
dentità, che è comunque una riconoscibili‐
tà nella inevitabile trasformazione. I nuovi processi consentono, difatti, alla sua iden‐
tità culturale di rinnovarsi senza perdere in specificità e il suo modo di produrre e conservare il paesaggio continua a realiz‐
zarsi attraverso quella “normale” dinami‐
ca, nella quale la cultura stessa si perpe‐
tua. Serra San Bruno e il “bacino turistico‐cultu‐
rale” L’incontro tra ambiente, cultura e dimensione locale rappresenta certamente uno dei meccanismi più efficaci del para‐
digma di evoluzione delle aree tradizio‐
nalmente svantaggiate. Ma per valorizzare efficacemente le risorse ambientali e cultu‐
rali presenti in un’area e per conciliare le linee di sviluppo del territorio con gli o‐
biettivi culturali, è necessario “mettere a sistema” le risorse locali, promuovendo sistemi integrati che valorizzino appieno le opportunità turistiche (Fig. 5). In quest’ottica, Serra San Bruno può assumere concretamente il ruolo di polo gravitazionale dei processi di riorganizza‐
zione e di equilibrio di tutta l’area interna delle Serre, in cui sono riconoscibili altri piccoli centri storici caratterizzati anch’es‐
si da preziose risorse ambientali e cultura‐
li, ma attanagliati da marginalità economi‐
ca e sociale. Soriano Calabro, Mongiana, Fabrizia, Nardodipace, Filadelfia sono so‐
lo alcuni dei comuni con cui Serra potreb‐
be realizzare la “Rete dei centri storici mi‐
nori delle Serre Vibonesi”, in grado di proporre un’offerta turistica articolata e integrata, che valorizzi in pieno le nume‐
rose risorse dell’area: sono le antiche ar‐
chitetture religiose e civili; le rasule, artico‐
lati terrazzamenti abbarbicati ai versanti, ormai quasi del tutto scomparsi; le casejie, piccoli fabbricati in pietra, baluardi della presenza degli agricoltori nel luogo; i vec‐
chi sentieri della transumanza; gli inse‐
diamenti produttivi tradizionali (mulini, palmenti, frantoi, filande, carbonaie, fer‐
riere) che raccontano la storia di un mon‐
do contadino; i microecosistemi (fiumi, valli, boschi). Si tratta di “segni” culturali significativi da recuperare e riprogettare in chiave turistica, in una ricostruzione di coordinate storiche e culturali che, nell’as‐
NOTE segnazione di una nuova identità al terri‐
torio, riallacciano i legami delle comunità con i luoghi. L’obiettivo è creare, attraverso una strategia condivisa, un sistema locale di offerta turistica (SLOT) territorialmente circoscritto, dove si possano integrare il si‐
stema ricettivo con le attività commerciali e i servizi e con le altre risorse e opportu‐
nità presenti nell’area, in un nuovo “sape‐
re territoriale” che metta in circuito i valo‐
ri economici che si compongono con le culture dei luoghi. Un sistema locale così strutturato, o‐
rientando i flussi turistici verso i vari segmenti del turismo culturale, dell’ecotu‐
rismo, del turismo rurale, riuscirebbe a superare l’attuale tipologia del turismo “mordi e fuggi”, mitigando nel contempo gli effetti negativi dovuti alla concentra‐
zione delle presenze turistiche in aree co‐
stiere della Calabria di consolidata tradi‐
zione turistica. Si tratta, come si può intuire, di una strategia che tocca nel profondo il patri‐
monio identitario delle comunità locali, elevandolo a risorsa, e che si qualifica co‐
me costruzione reticolare di identità col‐
lettive, di identificazione in valori e opere comuni, di appartenenza simbolica a un identico universo culturale, di elaborazio‐
ne di una rete semantica di valori ed espe‐
rienze condivise. Tale impostazione rimane, a mio pa‐
rere, l’approccio meglio definito non solo per la “promozione” del territorio, ma an‐
che per la “riaffermazione” dell’identità di una comunità che vuole costruire le nuove geometrie del locale. Secondo recenti studi botanici, l’abete bianco cresce spontaneamente e resiste alle piogge acide. La bizantinizzazione ebbe un lento processo di decadenza, vittima essa stessa del feudalesimo. Il monachesimo basiliano dovette cedere progressivamente il primato agli ordini latini. Il numero crescente di cattedrali e monasteri attesta il successo della restaurazione cattolica, favorita dal sor‐
gere di un forte potere statale, regolamentato dalle leggi del feudalesimo. Difatti i Normanni, per consolidare la loro conquista, impressero forza alle formazioni monastiche occidentali. Si formaro‐
no così una serie di abbazie, riconducibili all’influenza benedettina o certosina, che, pur non rive‐
stendo il ruolo culturale svolto dai monasteri bizantini, esercitarono per circa tre secoli la funzione di stimolo per la rinascita agricola degli insediamenti disposti intorno ai fori religiosi. 3 Il primo monastero fu fondato nel Delfinato, regione del versante occidentale delle Alpi, a sud‐
ovest della Savoia, vicino all’attuale città di Grenoble, nel cuore del massiccio che, al tempo di Bruno, si chiamava “Cartusia”, donde il nome francese di “Chartreuse” e italiano di “Certosa”. 4 Il nome Serra è dovuto, appunto, alla presenza di numerose falegnamerie. 1
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553
Dell’originario complesso rimangono i resti della quattrocentesca cinta muraria a pianta quadrilate‐
ra e con torrioni cilindrici angolari, i ruderi della grandiosa facciata rinascimentale della chiesa, gran parte del secentesco Chiostro, la secentesca fontana barocca e il vecchio cimitero dei Certosi‐
ni. 6 È una delle due certose (l’altra è quella di Padula, in provincia di Salerno), tra le 40 oggi esistenti in Italia, ad essere abitata dai monaci certosini. 7 Leonardo Sciascia si recò alla Certosa di Serra San Bruno alla ricerca delle tracce del “passaggio” del famoso scienziato Ettore Majorana, quando stava scrivendo il libro La scomparsa di Majorana. In molti affermano, anche, che l’aviatore americano che sganciò la bomba atomica su Hiroscima, si sia rinchiuso nell’eremo per sfuggire ai suoi tormenti. Più recentemente, si è diffusa la convinzione della presenza nella Certosa dell’ex arcivescovo di Lusaka, monsignor Milingo. 8 Risalente al 1900, la Biblioteca raccoglie numerosi volumi strettamente legati alla spiritualità certo‐
sina, ma anche documenti relativi alla Calabria ed in particolare al territorio delle Serre. Fra le col‐
lezioni pregevoli sono da ricordare i 60 volumi in folio degli “Acta Sanctorum” dei Bollandisti, pergamene e volumi manoscritti, alcuni provenienti dalla stessa Certosa di Serra, altri da quella di Padula. 9 La diminuzione quantitativa dei funghi osservatasi negli ultimi anni e provocata dalla raccolta sconsiderata attuata con l’impiego di contenitori chiusi in platica che ne impediscono la naturale sporificazione, ha portato all’emanazione di una legge regionale (L.R. n. 30 del 26/11/2001), che au‐
torizza la raccolta di questi frutti solo dopo il conseguimento di una tessera, e obbliga l’uso di pa‐
nieri di vimini per permettere la caduta delle spore sul terreno, fissando il limite quantitativo a non più di 3 Kg per persona. 10 Istituito con L.R. n. 48 del 5/5/1990 e definito con DPGR n. 16 del 10/02/2004, il Parco Regionale del‐
le Serre tutela la catena montuosa che funge da raccordo ecologico tra la Sila e l’Aspromonte. 11 Si tratta del bosco di abeti Archiforo, raro esempio di formazione naturale di antichissime origini, il bosco di Santa Maria, le Riserve Biogenetiche del Marchesale e Cropani‐Micone, il bosco Lacina e i corridoi Serre‐Sila e Serre‐Bacino dell’Angitola, inseriti nella rete ecologica regionale. 12 Si è cominciato a fare un censimento dettagliato delle presenze turistiche a Serra San Bruno solo a partire dal 2005; dunque i dati fruibili sono riferiti agli anni 2005 e 2006 (gennaio‐agosto). 5
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Fig. 3 ‐ Laghetto di San Bruno (Ph. C. Barilaro) Fig. 4 ‐ Museo della Certosa (Ph. C. Barilaro) 557
Fig. 5 ‐ Scalinata di S. Maria (Ph. C. Barilaro) 558
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Centri storici minori e valori ambientali e culturali diffusi. Serra San