Bee-bot, fare robotica con un giocattolo programmabile a banalità limitata Patrizia Battegazzore Membro della Rete Regionale Piemonte per l’uso didattico della Robotica Docente della Direzione Didattica Primo Circolo di Tortona Corso Romita 18, 15057 Tortona, Alessandria pj r.i t Si analizzano gli utilizzi di questo giocattolo programmabile, all’interno di un percorso tra gli anni ponte della scuola dell’infanzia e la scuola primaria. Si definisce il come e il perché tale oggetto è stato individuato come strumento didattico, non banale, valido per l’introduzione della Robotica, nella scuola di base, capace di creare i prerequisiti per gli sviluppi futuri degli apprendimenti di carattere tecnologico e non solo. cu 1. Introduzione ww w. ro bo A partire dalle prime intuizioni di Seymour Papert, un prestigioso studioso entrato, negli anni sessanta, al MIT (Massachusset Institute Techhnology) di Boston, uno dei centri di ricerca che ha visto l’avvento dei pionieri dell’Intelligenza artificiale, la Robotica educativa è “cresciuta” e si è affermata come disciplina e metodologia capace di “costruire“ la conoscenza. Il Costruzionismo di cui egli formulò l’idea, l’invenzione del linguaggio Logo e la prima produzione di Kit Robotici, alla portata dei bambini, sono stati elementi fondamentali per lo sviluppo di questa nuova disciplina. Un buon patrimonio di ricerca e valide esperienze, si sono successivamente sviluppate anche in Italia; tra queste, intorno alla seconda metà degli anni 90, la realizzazione di un progetto che ha portato le tecnologie, e tra esse anche la Robotica, per la prima volta all’interno della scuola dell’Infanzia di Reggio Emilia, per opera di Augusto Chioccariello, quale ricercatore dell’Istituto di tecnologia e didattica del Cnr di Genova. Sono passati diversi anni ma l’esperienza realizzata allora è ancora di estrema attualità. Essa può essere ampliata e maggiormente diffusa nelle scuole, per mezzo di nuovi strumenti tecnologici a basso costo, facilmente reperibili sul mercato (grazie anche ad una maggiore sensibilizzazione della società, in genere, verso il mondo tecnologico), perché un numero sempre maggiore di bambini possa apprendere in modo attivo e costruttivo, problematico e contestuale, come può avvenire quando si hanno a disposizione degli “oggetti su cui riflettere”. Bee-bot, che vado a presentare, vuole essere uno di questi. A. Andronico, L. Colazzo (Eds.): DIDAMATICA 2009 – ISBN 978-88-8443-277-3 DIDAMATICA 2009 2. Prima esperienza con Bee-bot ww w. ro bo cu pj r.i t Arrivato alla Rete Regionale del Piemonte per l’uso Didattico della Robotica [Sito della rete di scuole ] [IRRE Piemonte], per merito di Giovanni Marcianò, presente al WorldDidac 2006 di Basilea, Bee-bot è stato inizialmente sperimentato a Baveno, con una progettazione mirata alla continuità materna – primaria [Marcianò, 2007b], dall’insegnante della rete Regionale, Simonetta Siega (già sperimentatrice di didattica innovativa [Marcianò G., Siega S., 2005]), nel periodo a cavallo tra l’anno scolastico 2006/07 e il 2007/08. Anche nella mia scuola, un istituto di scuola primaria e dell’infanzia, facente parte della Rete regionale Piemonte, il progetto di sperimentazione, è stato avviato nell’a.s. 2007/08 con più classi: due sezioni di scuola dell’infanzia dei 5 anni, due classi prime, ora prima e seconda della scuola primaria. La caratteristica che ha fatto scegliere di provare Bee-bot, a noi insegnanti già abituate ad utilizzare la Robotica in classe, è stata la sua estrema semplicità d’uso: è una piccola ape di plastica, sulla cui schiena sono presenti dei tasti funzione, con i quali attivare dei semplici movimenti, molto precisi. Il passo in avanti o indietro è fisso e misura 15 centimetri; le rotazioni a destra e a sinistra sono di 90 gradi esatti. Ad ogni movimento corrisponde un lampeggiamento dei grandi occhi di Bee-bot, caratteristica che lo rende particolarmente amichevole. E’ possibile scegliere di accompagnare ogni movimento con un bip sonoro, che si diversifica alla conclusione di una sequenza; questa può essere formata fino ad un massimo di 40 step. Inoltre, con questo oggetto, la programmazione avviene alla pressione di ogni tasto e ognuno ha una sola funzione, quindi non è necessario imparare il funzionamento di hardware e software connessi, rendendolo accessibile ai bambini più piccoli ma anche ai diversamente abili. L’intuizione di una possibile integrazione con la didattica tradizionale per compiere le prime astrazioni di eventi ordinati e verificare la correttezza del proprio pensiero con qualcosa di tangibile, per rafforzare, ad esempio, la lateralità, per narrare storie, per rappresentare lo spazio esplorato, lo hanno reso estremamente interessante dal punto di vista didattico. Fig.1 – Bee – bot e la sua casetta 2 Bee-bot, fare robotica con un giocattolo programmabile a banalità limitata 2.1 Bee – bot e i bambini cu pj r.i t Per presentare Bee-bot ai bambini, solitamente, è stato organizzato un momento particolare dell’attività didattica quotidiana, dove far comparire le piccole scatole a forma di casetta (fig. 1), dentro le quali sono riposte le apirobot. Invitati dall’insegnante ad esplorare il loro funzionamento, i bambini, divisi in gruppi, ciascuno dei quali con un solo Bee-bot, iniziano a pigiare pulsanti per far muovere l’ape casualmente (fig. 2); l’interesse cade dopo poco, quando presi dall’affanno di volere l’ape tutta per sé, cominciano i primi litigi. Fig.2 – Prima conoscenza ww w. ro bo Occorre l’intervento dell’insegnante per riportare ordine e per iniziare a riflettere. In un clima costruttivista [Papert,1980] , [Marcianò, 2007a], si pongono interrogativi, invitando i piccoli a rispondere con ordine. Importante in questa fase è riuscire a creare un atteggiamento di ascolto, dove non ci sia solo il silenzio necessario per sentire le parole, ma una capacità più profonda di udirle e connetterle ai propri significati, così da sviluppare il primo nucleo di linguaggio comune relativo all’argomento Bee bot. Ci si ferma, si ascolta.. I bambini cominciano a parlare poco per volta e a dire ciascuno le proprie osservazioni. Pongono interrogativi, provano a rispondere, ciascuno secondo il proprio punto di vista, favorendo la comprensione, da parte dell’insegnante, di qualcosa in più del loro mondo [Perticari, 1996]. L’insegnante interviene solo per riprendere il discorso, per riformulare quesiti dei bambini rimasti sospesi; annota le osservazioni , chiede conferma delle decisioni prese dal gruppo, conferma le ipotesi fatte dai piccoli. Al termine di questa prima fase di familiarizzazione con Bee-bot, i bambini decidono di scegliere un nome per l’ape, come si fa con un animale vero che ci appartiene. I diversi gruppi classe si organizzano per fare delle votazioni; i più piccoli utilizzano dei simboli con cui scegliere, tra una serie di nomi, il preferito: Maja, Occhi dolci, Lucas, Gaia.. eccone alcuni. 3 DIDAMATICA 2009 2.2 La motivazione ww w. ro bo cu pj r.i t La voglia di imparare, di conoscere viene facilmente conquistata se l’insegnante è capace di imparare con i propri alunni, se ha il coraggio di porre delle domande di cui non si conoscono le risposte [Von Forester, 1987] e se si coinvolgono i bambini nella loro ricerca. Inoltre, la possibilità per tutti di utilizzare il proprio stile cognitivo, di intervenire con i propri interessi, le competenze, le storie di ognuno e persino gli imprevisti, le confusioni, le brutte figure, gli sbagli rendono l’attività di robotica coinvolgente, non banale, capace di smuovere gli entusiasmi di piccoli e grandi. Da questa metodologia di ispirazione costruttivista, nascono le storie inventate dagli alunni, dove Bee-bot viene mascherato da personaggio protagonista. Su tabelloni quadrettati, 4 x 4 quadrati da 15 centimetri, è stato possibile posizionare ostacoli da aggirare per arrivare da un punto di partenza ad uno di arrivo, sorteggiando le figure, come se si trattasse di una tombola. I bambini “insegnano” a Bee-bot ad aggirarsi nell’orto alla ricerca di fiori su cui posarsi. Lo “portano” allo zoo, per fare amicizia con altri animali. E ancora lo “istruiscono” per l’esecuzione delle operazioni di addizione o sottrazione. Il contesto in cui viene posto l’insegnamento è sempre di tipo mentale/sensoriale [Perticari, 1996]: il corpo vive le esperienze della mente perché il bambino pensa, agisce per programmare ed esegue con il suo corpo le operazioni, poi riflette e, con la mente e con il linguaggio, opera il confronto tra la previsione e ciò che accade veramente. Credo che questa sia la vera forza di Bee-bot. Fig. 3 – Esperienze strutturate con Bee-bot alla Scuola dell’infanzia 3. Analisi Critica Dopo quasi due anni di osservazioni dirette e sperimentazioni di percorsi con i bambini, credo sia opportuno raccogliere i materiali prodotti per una prima verifica dell’uso di questo piccolo giocattolo programmabile, così da evidenziarne pregi e difetti. 4 Bee-bot, fare robotica con un giocattolo programmabile a banalità limitata Per realizzare questo lavoro ho predisposto una scheda di osservazione, dove, con le colleghe del mio circolo, ho cercato di definire le possibili criticità riscontrate nella presentazione o nell’uso di certi tasti-funzione del Bee-bot. Dalla quantità di osservazioni raccolte appare evidente come dietro ad un semplice giocattolo, si nasconda, in realtà, un oggetto che permette di affrontare la complessità di un percorso di robotica: Bee-bot, ci ha dato la possibilità di prendere coscienza del dominio d’azione, entro il quale è possibile sviluppare le competenze di base della Robotica della scuola primaria. t 3.1 Presentazione e prima conoscenza ro 3.2 Il tasto GO bo cu pj r.i Secondo una visione olistica, Bee-bot viene esplorato e conosciuto nella sua interezza; il primo approccio avviene attraverso la casualità, i suggerimenti dei compagni, la descrizione dell’insegnante e la sua comprensione dipende dalle abilità del ricevente [Bateson, 1977]. I bambini non procedono in modo sequenziale ordinato, ma percepiscono globalmente Bee-bot come oggetto capace di accompagnarli nell’esplorazione dello spazio. Per prove ed errori arrivano ad una conoscenza approssimata dei vari comandi: se vengono lasciati liberi di scrivere una lista di istruzioni, utilizzano, fin dall’inizio, tutti i pulsanti, anche se non sanno ancora bene quale sarà il comportamento globale conseguente. In questa prima fase i bambini comprendono l’uso di ogni tasto singolo; questo rimane ancora contesto-indipendente rispetto a quello che potrà fare o non fare insieme a tutti gli altri tasti. ww w. Il comando GO viene dato mediante il tasto verde, rotondo , posto al centro della piccola tastiera sulla schiena dell’ape. Si differenzia dagli altri tasti per colore, forma e dimensione. Generalmente è stato oggetto di liti tra i bambini, perché tutti vorrebbero schiacciarlo, dopo aver programmato l’ape, per vedere partire l’esecuzione di Bee-bot. Premuto dopo una sequenza di comandi, permette la loro esecuzione, per un numero infinito di volte. Se Bee-bot viene spento, però, al momento della riaccensione, schiacciando GO, non succede nulla. Solo un lampeggiamento degli occhi o eventualmente un bip a segnalare che la memoria è completamente vuota. 3.3 I tasti AVANTI e INDIETRO I comandi AVANTI e INDIETRO sono frecce arancioni poste l’una in direzione opposta all’altra; la prima, rivolta verso il muso dell’ape; l’altra, verso 5 DIDAMATICA 2009 cu 3.4 I tasti DESTRA e SINISTRA pj r.i t la parte posteriore. Significative sono state le osservazioni fatte sul davanti e il dietro del nostro corpo, sul significato di avanti inteso come movimento in direzione del nostro sguardo, sul significato di indietro inteso come movimento verso il lato dove non ci sono gli occhi. Una sequenza fatta con un numero N di AVANTI permette di avanzare di quel numero preciso di passi. I bambini della scuola dell’infanzia si sono divertiti a contare i passi dell’ape, facilitandone la memorizzazione, mentre nella scuola primaria, utilizzando una linea dei numeri da 1 a 10, costruita su carta quadrettata di 15 centimetri, è stato possibile esercitarsi con l’esecuzione delle prime operazioni di addizione e sottrazione. Con due Bee-bot che camminano affiancati sulla linea dei numeri in direzione avanti, ma per una quantità differente di passi, è stato possibile effettuare dei confronti e quindi apprendere i concetti alla base della sottrazione come differenza. Un Bee-bot programmato per compiere tre passi in avanti, ha segnato sulla linea dei numeri quelli appartenenti alla tabellina del 3 e ha avviato così al concetto di moltiplicazione. ww w. ro bo Con questi tasti prende vita la vera e propria esplorazione dello spazio e si aprono discorsi relativi all’acquisizione della lateralità. In tutti i casi è stato importante riflettere sul significato di destra e sinistra intesa come destra o sinistra di qualcuno. Grande valore hanno assunto le esperienze con il corpo, per cui l’aula di robotica, il corridoio , la classe si sono trasformate per eseguire esercizi di psicomotricità. L’ape è stata programmata per svolgere i percorsi fatti dai bambini ma anche i bambini hanno eseguito percorsi fatti dall’ape, in un clima di scambio e di insegnamento/apprendimento simmetrico. 3.5 I comandi PAUSE e CLEAR Inizialmente questi tasti non sono stati oggetto di molte domande perché i bambini non ne hanno intuito l’utilità. Inoltre essendo posizionati ai lati della tastiera, in modo simmetrico, uno a destra e uno a sinistra, con i comandi scritti in inglese, è stato necessario confrontarli e riflettere su di loro in modo mirato, per individuarli con maggior facilità e sperimentarne l’uso. PAUSE è stato utilizzato soprattutto nelle storie, per fermare momentaneamente l’avanzamento di Bee-bot. Nell’attività musicalepsicomotoria, con il tasto pause sono stati creati dei ritmi alternando movimento e pause, eseguiti dai bambini in gruppo. Talvolta sono stati utilizzati anche strumentini musicali e ciò ha permesso di rendere estremamente piacevoli questi momenti, interessanti anche per lo sviluppo delle competenze musicali. 6 Bee-bot, fare robotica con un giocattolo programmabile a banalità limitata ro bo cu pj r.i t CLEAR si è rivelato un tasto di notevole complessità: istintivamente i bambini hanno iniziato a cliccarlo tutte le volte che iniziavano una programmazione. Spesso la lista dei comandi era scritta su un foglio di carta e veniva inserita, un comando dopo l’altro, dall’inizio alla fine. In un gruppo classe i bambini hanno imparato a scrivere i comandi utilizzando una lista di simboli (che si sostituivano alle parole AVANTI INDIETRO DESTRA SINISTRA GO) producendo un primo esempio di codice per la stesura di un algoritmo. Solo con l’acquisizione di una maggior sicurezza, il tasto CLEAR è stato cliccato con minor frequenza: la capacità di memorizzazione aumentava con l’esercizio e veniva supportata sempre di più dal ragionamento. Nel caso preciso di un percorso più complesso, realizzato sul foglio quadrettato 5x5 , i bambini hanno proceduto cliccando una prima serie di tasti per poi verificarne la correttezza; in un secondo momento hanno fatto percorrere a Bee-bot la prima parte del percorso e successivamente hanno cliccato sui successivi tasti per avanzare di un’altra parte di percorso, tutto ciò per piccoli tratti, aggiungendo uno o due step per volta e poi verificandone la correttezza, fino al raggiungimento della posizione d’arrivo. Tale modo di procedere e le considerazioni sul perché non era mai stato cliccato il tasto CLEAR, ha permesso di comprendere, a livello essenziale, il concetto di memoria. I bambini hanno rilevato che la memoria di Bee-bot era maggiore di quella di qualsiasi compagno ed era meno soggetta all’errore. 4. Valutazione ww w. Per valutare quanto realizzato con Bee-bot, fino ad ora, credo sia importante procedere con una rilevazione delle competenze raggiunte dai bambini, non solo in campo tecnologico , ma estese all’aspetto del sapere curricolare. Si consideri che nelle attuali prime e seconde della scuola primaria, Bee-bot è uno strumento in uso, integrato nell’attività curricolare, quindi non “relegato” alle ore di informatica o ai laboratori facoltativi opzionali, come invece succede in altre esperienze. [Pekarova,2008] Dalla discussione con il gruppo di lavoro delle insegnanti della mia scuola, pare interessante confrontare le competenze a fine prima, con quelle di un gruppo di controllo. Si decide così di definire il tipo di prova, a cui sottoporre i bambini delle due prime, che hanno realizzato il percorso di Robotica, e la classe prima che non ne ha mai fatto uso. 7 DIDAMATICA 2009 ww w. ro bo cu pj r.i t La somministrazione del test viene effettuata da un’insegnante competente in Robotica che non sia l’insegnante di classe. Le prove riguardano il curricolo dell’ ambito spazio-temporale, in particolare sono indirizzate alla valutazione intermedia di classe prima e riguarderanno la percezione spaziale (in particolare destra sinistra) , la capacità di ordinare una sequenza composta da almeno tre step, la definizione di un percorso per andare da un punto A ad un punto B, su fogli quadrettati da 1 centimetro. I risultati saranno riportati, nelle date del prossimo Convegno Didamatica 2009. Un’altra valutazione necessaria riguarda la competenza tecnologica raggiunta dagli alunni; la valutazione è rivolta a ciascuna classe del progetto Robotica e vuole essere una riflessione sul modo di procedere degli alunni e sul metodo di lavoro dell’insegnante: si vuole valutare se all’interno delle classi si impara in modo efficace. I dati, rilevati dalle osservazioni sistematiche, possono essere tabulati in momenti diversi dell’attività (inizio, intermedio, finale), per consentire correzioni e cambiamenti di marcia, relativi a un certo dominio d’azione, ben definito (tipico di ogni di robot utilizzato). Si è osservato, infatti, che gli studenti procedono nel raggiungimento dei livelli di competenza immediata secondo una scala a livelli, che provo a definire, in uno dei tanti modi possibili, così come li ha proposti a più riprese Hubert Dreyfus [Dreyfus, Dreyfus, 1987]. In questo caso specifico, penso ad una serie di livelli, da utilizzare come analizzatori ( non come classificatori) che permettano di raccontare come si è imparato quel che si è imparato. Livello 1: Esordiente Si può definire esordiente colui che non si accorge di non sapere ancora fare pienamente delle cose in un dominio di azione in cui gli interessa agire efficacemente. E’ un esordiente colui che impara a leggere, a nuotare, colui che va a scuola-guida per imparare a guidare l’auto. Egli impara le regole ma è ancora impacciato nella loro applicazione. Livello 2: Principiante Principiante può essere considerato chi ha preso la patente; conosce le regole e cerca di applicarle prendendo le decisioni in modo autonomo, imparando a riconoscere quegli aspetti che sono portati dalle diverse situazioni da affrontare. E’ colui che comincia a fare esperienza e a confrontare le esperienze fatte per migliorare il suo modo di agire. Livello 3 : Competente Per rapportarsi alle diverse situazioni problematiche, la persona competente seguirà solo quelle regole di comportamento che l’esperienza gli avrà dimostrato essere più rilevanti. In questo modo sarà in grado di semplificare i ragionamenti e di migliorare l’efficacia delle sue scelte. 8 Bee-bot, fare robotica con un giocattolo programmabile a banalità limitata 5. Conclusioni bo cu pj r.i t Tutte le azioni saranno percepite come contesto-dipendenti, cioè concatenate tra loro passo passo e coniugate con la visione d’insieme di una situazione o di un problema. Per il competente sarà possibile prevedere le azioni e anticipare possibili sbagli relativi alla complessità del compito da risolvere, sarà in grado di intervenire con accortezza anche nel proprio gruppo di lavoro, consigliando e discutendo per ottenere il miglior risultato. Livello 4: Efficiente (competenza di alto profilo) Il livello dell’efficienza permette all’individuo di cogliere gli aspetti globali di una situazione, intervenendo sulla sua soluzione in modo immediato, anche intuitivo, dimostrando di saper utilizzare tutta la sua esperienza per fronteggiare qualsiasi tipo di situazione con scioltezza. Tale livello può giungere all’eccellenza (livello 5), quando l’individuo fa la cosa più giusta, quando va fatta, come va fatta, talvolta intuendo la soluzione senza completa consapevolezza. Tale livello può essere raggiunto solo con una profonda conoscenza del dominio d’azione in cui si opera e ritengo che, nella scuola primaria, questo possa avvenire solo dove si opera, per un numero di anni consecutivi, sempre con lo stesso robot. Attualmente nella mia realtà si preferisce , invece operare con Robot diversi ( Bee-bot, Scribbler/Parallax, RCX, NXT della serie LEGO), per analizzare aspetti differenti della Robotica (linguaggi, costruzione finalizzata all’uso, programmazione,..) . Pertanto non inserisco tale livello nella tabella di valutazione degli alunni della mia Scuola. ww w. ro Il lavoro di analisi dei possibili funzionamenti di tutti gli elementi di un Robot è stato realizzato e concluso solo con Bee-bot. Con questo “oggetto”, penso, infatti, sia stato molto più semplice perché, come già affermato in apertura di questa relazione, è un Robot molto “elementare”, in cui le variabili di funzionamento sono veramente limitate. Questa, però, potrebbe essere una strada anche per gli altri Robot, che vengono utilizzati nelle classi dove si realizzano esperienze di Robotica educativa e dove questa disciplina vuole essere occasione di apprendimento per tutti gli studenti, in egual misura. Per concludere, ritengo opportuno ricordare quanto, in Piemonte, sta avvenendo sul fronte della Robotica: a Torino, dal 21 al 23 maggio, per la prima volta in Italia, approderà una manifestazione di RobocupJunior under 19 [H.H. Lund, L. Pagliarini], frutto dell’esperienza consolidata di chi con la Robotica lavora da anni: il prof. Andrea Bonarini, Professore straordinario presso il Dipartimento di elettronica e informazione del Politecnico di Milano, uno dei massimi esperti di studi sull’Intelligenza Artificiale; il già citato prof Augusto 9 DIDAMATICA 2009 r.i t Chioccariello, Ricercatore dell’Istituto Tecnologie didattiche del CNR di Genova, e il Dirigente Scolastico dell’ITIS S. Lirelli – IPSIA G. Magni di Borgosesia, Giovanni Marcianò, già Ricercatore dell’ANSAS Piemonte (ex IRRE), conduttore del “Progetto per l’uso Didattico della Robotica”, da cui è nata la Rete Regionale di cui fa parte anche il mio Istituto. Sarà sicuramente un’occasione di crescita, dove vincerà chi avrà imparato ad imparare. Per gli alunni della Scuola dell’Infanzia e della Scuola primaria, e per i loro insegnanti, non resta che cominciare a prepararsi, per non arrivare impreparati alla prossima prima edizione italiana della RoboCupJunior under 14. Bibliografia pj Bateson, G. Verso un'ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1977 cu Demo, G.B., Marcianò G., Contributing to the Development of Linguistic and Logical Abilities through Robotics, Atti Convegno. EuroLogo 2007, Bratislava, Agosto 2007. Dreyfus Hubert, Mind over Machine: The Power of Human Intuitive Expertise in the Era of the Computer (con il fratello Stuart Dreyfus), Free Press, 1986, bo Sito della Rete di scuole, http://www.beinascogramsci.it/html/robotica/robotica.html Forester H. von, Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma, 1987 ro H. H. Lund, L. Pagliarini, RoboCupJunior with LEGO MINDSTORMS, in Proc. Of Int. Conf. On Robotics and Automation 2000, IEEE Press, NJ 2000 IRRE Piemonte, Uso didattico della Robotica, Torino 2005. Sito di progetto http://robotica.irrepiemonte.it ww w. Marcianò G., La Robotica quale ambiente di apprendimento, in Andronico A., Casadei G. (acd) DIDAMATICA 2007 – Informatica per la didattica, Cesena, 2007a, p. 22-32. Marcianò G., Robotica a scuola, Lulu Press, USA, 2007b Papert S., Mindstorms: children, computers and powerful ideas, Basic Books, USA, 1980 Papert S., Logo Philosophy and Implementation, LCSI, Canada, 1999 Pekarova Janka, Using a Programmable Toy at Preschool Age: Why and How?, SIMPAR 2008 (Venezia) pp.112-121 Perticari P. , Attesi imprevisti, Bollati Boringhieri,1996 10