IL MODELLO RAZIONALE NEL PROCESSO DI PIANIFICAZIONE STRUTTURA, LIMITI, IMPLICAZIONI 1. 2. 3. 4. GLI ASSIOMI DELLE DECISIONI RAZIONALI L’AMBIENTE UMANO, SISTEMA COMPLESSO E PROBABILISTICO IL MODELLO RAZIONALE DI PIANIFICAZIONE DALL’APPROCCIO RAZIONAL-COMPRENSIVO ALL’APPROCCIO DI TIPO COMPORTAMENTALE 5. I LIMITI DEL MODELLO RAZIONALE E LE CONSEGUENTI IMPLICAZIONI 6. DIFFERENTI CARATTERIZZAZIONI DEL CONTESTO DECISIONALE 1. GLI ASSIOMI DELLE DECISIONI RAZIONALI 1. Le preferenze debbono essere transitive; esse debbono essere elencate secondo un ordine dalla migliore alla peggiore. Se si preferisce, ad esempio, l’oggetto X all’oggetto Y, l’oggetto Y all’oggetto Z e l’oggetto X all’oggetto Z, allora le preferenze possono essere elencate nell’ordine X,Y,Z. Se le preferenze non sono transitive non significa che i soggetti che le esprimono sono esseri irrazionali; significa solo che l’analisi delle decisioni razionali non può essere usata per fare scelte che riguardano oggetti elencati in questo modo. 2. Probabilità e utilità sono indipendenti. La probabilità che un evento accada non deve essere influenzata dal valore assegnato all’eventualità che esso accada. L’immagine opposta è la sindrome dell’uva acerba: pretendendo di diminuire l’utilità di un risultato di fatto desiderato, ma improbabile. 3. I risultati non influenzabili sono irrilevanti Ciò significa che è necessario che non siano presi in considerazione i risultati o gli eventi che non sono stati modificati dalla scelta delle opzioni. Provando le possibili variabili proposte per lo studio e considerando la probabilità di influenzare le scelte rilevanti, è il modo in cui comunemente si applica l’assioma dell’irrilevanza dei risultati non influenzabili. Se la scelta in un determinato giorno è, ad esempio, tra recarsi al lavoro a piedi o in bicicletta, fattori rilevanti possono essere le condizioni meteorologiche, il tempo necessario per lo spostamento, le condizioni del traffico e così via; lo stato dell’economia, sebbene cruciale per molte altre decisioni, è irrilevante per questa scelta particolare e perciò può essere ignorato. Questo assioma è inestimabile come criterio per porre confini all’analisi di qualsiasi decisione; tali confini sono di crescente importanza nel determinare la necessità di informazioni per le decisioni quando i problemi diventano complessi, problemi che senza questi limiti sarebbero insolubili. 4. Le scelte imposte sono inammissibili Se l’analisi razionale mostra che un’opzione è superiore a tutte le altre che siano state valutate, un’altra alternativa non può essere scelta. 2. L’AMBIENTE UMANO, SISTEMA COMPLESSO E PROBABILISTICO L’ambiente umano è un eco-sistema. Si tratta di un sistema probabilistico molto complesso regolato da meccanismi di controllo non di tipo deterministico. Ogni mutamento delle attività intraprese da individui o da gruppi di individui, degli spazi che le ospitano e delle comunicazioni, determina ripercussioni che modificano il sistema. Questi mutamenti del sistema spingono altri a modificare il contesto in cui si trovano e così via. Si tratta di un processo ciclico in cui le azioni, di varia natura, corrispondono a momenti critici del ciclo e che chiamiamo modelli di comportamento. Se si assume che i modelli di comportamento prevalenti sono razionali, allora il processo di pianificazione che studia le relazioni fra gli esseri umani e l’ambiente può essere interpretato in modo razionale. 3. IL MODELLO RAZIONALE DI PIANIFICAZIONE STRUTTURAZIONE DEL CICLO (dal punto di vista di un gruppo di individui) 1. Viene analizzato l’ambiente e sulla base dei valori espressi dagli individui, vengono esplicitate determinate necessità, desideri. Alcuni di questi possono essere soddisfatti attraverso relazioni con l’ambiente. 2. Vengono formulati gli obiettivi generali e allo stesso tempo possono essere identificati taluni obiettivi più specifici (che devono essere raggiunti per garantire il conseguimento di quelli più generali). 3. Vengono esaminati possibili indirizzi di azione per raggiungere gli obiettivi. 4. Si valutano gli indirizzi possibili, facendo riferimento ai mezzi disponibili, ai costi, ai probabili benefici che ne deriveranno e alle conseguenze che tutto questo produrrà sull’azione, almeno nella misura in cui è possibile fare previsioni. 5. L’azione viene intrapresa sulla base di queste considerazioni. L’ambiente continua ad essere esaminato attentamente e nuove finalità e obiettivi possono venire formulati. 3. IL MODELLO RAZIONALE DI PIANIFICAZIONE STRUTTURAZIONE DEL CICLO (dal punto di vista dell’interesse pubblico) 1°. Stadio Viene analizzato l’ambiente, verificando le necessità e i desideri delle comunità. La decisione è quindi quella di adottare un atto di pianificazione. 2°. Stadio Vengono formulati gli obiettivi. La pianificazione pubblica deve identificare gli obiettivi che persegue. Gli obiettivi possono essere generali e/o specifici. Intorno agli obiettivi generali risulta alquanto facile ottenere condivisione (sviluppo economico, giustizia sociale, crescita culturale, tutela ambientale); più difficile risulta invece ottenere condivisione intorno ad obiettivi specifici (sviluppo dell’economia poggiata sull’attività edilizia, sviluppo dell’economia turistica, oppure sviluppo dell’economia in altri settori produttivi, ecc.). 3°. Stadio Il terzo stadio del processo di pianificazione consiste nell’individuazione di possibili indirizzi di azione. 4°. Stadio Il quarto stadio consiste nel comparare e valutare la gamma di alternative possibili già individuate. 5°. Stadio Il quinto stadio consiste nell’intraprendere l’azione. A differenza del singolo individuo, il pianificatore deve poter controllare un ampio numero di azioni che danno luogo a un continuo flusso di mutamenti nel corso del tempo. Ne consegue allora che il meccanismo di controllo deve essere continuo. 6°. Stadio Il piano deve poter essere revisionato e modificato in modo da adattarsi alle eventuali mutate circostanze. 4. DALL’APPROCCIO RAZIONAL COMPRENSIVO ALL’APPROCCIO DI TIPO COMPORTAMENTALE Le posizioni essenziali nell’ambito del dibattito sulla comprensività o limitatezza della razionalità sono sostanzialmente riconducibili a due tipi (estremi) di approccio: l’approccio razional-comprensivo l’approccio non astratto, di tipo comportamentale L’approccio razional-comprensivo L’approccio razional-comprensivo si astrae dalla confusione del mondo reale e presuppone che coloro cui spetta decidere abbiano: un problema ben definito; una gamma completa di alternative da considerare; tutte le informazioni di base; tutte le informazioni riguardo le conoscenze di ciascuna alternativa; tutte le informazioni riguardo i valori e le preferenze dei cittadini; tempo, capacità e risorse del tutto adeguate. E’ evidente che risulta impossibile seguire questo modello in senso stretto, dal momento che, in una qualsiasi applicazione pratica, sono subito necessari passi di radicale esemplificazione. L’approccio non astratto, di tipo comportamentale Tale tipo di approccio, proposto da Herbert Simon e James March, guarda come si comportano i costruttori di decisioni, quali sono le reali condizioni di lavoro, cosa fanno realmente. In tali circostanze si opera con: problemi ambigui e mal definiti; informazioni incomplete riguardo le alternative; informazioni incomplete riguardo la base e l’antefatto del “problema”; informazioni incomplete riguardo le conseguenze delle alternative ipotizzate; informazioni incomplete riguardo la gamma e la natura dei valori, delle preferenze, degli interessi; tempo limitato, capacità limitate, risorse limitate. Visto nell’ottica di queste condizioni “limitate”, il mondo appare assai diverso da quello dell’idealista razionale. 5. I LIMITI DEL MODELLO RAZIONALE E LE CONSEGUENTI IMPLICAZIONI La ‘scelta razionale comune’ di ogni gruppo sociale è altra cosa rispetto alla scelta razionale presa da individui o da unità sociali trattati come unità omogenee e indifferenziate. La decisione di gruppo dovrebbe riflettere la propensione delle preferenze espresse dagli individui che formano il gruppo e il processo di aggregazione dovrebbe essere abbastanza sensibile da rispondere ai cambiamenti nelle preferenze individuali con corrispondenti cambiamenti nelle scelte del gruppo. Kenneth Arrow provò nel suo “teorema impossibile” che non si può escogitare nessun sistema che si conformi completamente a questi requisiti. Bisogna allora ammettere che non può esserci sistema strettamente razionale in grado di aggregare le preferenze individuali in scelte sociali, finché alcune delle condizioni non siano allentate. Le scelte sociali, infatti, sono prese continuamente sebbene sia difficile determinare le preferenze dei gruppi attraverso l’aggregazione dei valori individuali. In molti gruppi la scelta è fortemente influenzata dallo stato di potere relativo dei partecipanti e alla fine sul tema spesso decide effettivamente la persona con la maggiore ‘influenza’. Una critica ben fondata della soluzione razionale dei problemi è stata avanzata da Herbert Simon, il quale ritiene che nessun processo decisionale reale può assolvere alle richieste di razionalità: informazione corretta, completa e simultanea considerazione di tutte le alternative possibili. Di conseguenza si fanno scelte solo “soddisfacenti”. Secondo Simon gli individui e le organizzazioni prendono le decisioni non solo in modo “soddisfacente”, ma anche secondo un approccio ragionevole. Dopo tutto, cercare in un insieme infinito di possibili alternative, come richiesto dal modello razionale, può risultare un processo senza fine e non c’è alcuna garanzia che si scoprirà una soluzione che raggiunga gli scopi predeterminati. Se gli obiettivi sono posti troppo in alto per poter essere raggiunti dalle opzioni disponibili, allora si può abbassare il livello delle aspirazioni per “adattarsi” alla migliore delle alternative. Al contrario, se si verifica inaspettatamente facile raggiungere gli obiettivi con una delle strategie disponibili, si possono elevare le mete e continuare la ricerca per una scelta superiore. Partendo da tali considerazioni Charles Lindblom adottò un modello chiamato “disgiunto incrementalismo”. Questo tipo di approccio differisce molto da quello razionale: il decisore “incrementalista” sviluppa solo poche possibili strategie e nessuna di esse differisce radicalmente dallo status quo. I motivi che inducono a preferire l’approccio “incrementalista” sono sostanzialmente due: - i decisori in realtà trovano impossibile trattare la massa di informazioni che l’approccio “razionale” richiederebbe per problemi di una qualche complessità e che perciò neanche tentano; - i decisori non percepiscono come corsi d’azione fattibili quelli che differiscono radicalmente da quelli cui sono abituati. Un modello che tenta di risolvere alcune delle contraddizioni tra l’approccio razionale e incrementale è quello contingente a “selezione mista” di Amitai Etzioni. Secondo questo modello, la soluzione dei problemi al ‘livello più basso e operativo’ può essere intrapresa nel modo “incrementale”, dove le scelte sono percepite come limitate ad alternative non troppo differenti dallo status quo. Ai ‘livelli più alti e strategici’ invece le decisioni possono essere assunte nell’ambito di un quadro più ampio di alternative possibili, in maniera quindi più razionale. Modelli decisionali come quello “soddisfacente” e quello “incrementalista”, possono definirsi, secondo Frederikson, a “razionalità ammortizzata”, in quanto l’impegno verso attività a breve termine e consensuali mira a rimpiazzare la ricerca sistematica per le scelte ottimali per ottenere i fini identificati. Anche se differiscono in qualche aspetto specifico e nella terminologia, tutti questi modelli hanno una cosa in comune: vedono la pianificazione come un processo sequenziale a più fasi, nel quale molte delle fasi sono legate a quelle precedenti per mezzo di circuiti di retroazione; in altre parole, le conclusioni raggiunte in una fase successiva possono portare ad una revisione della fase precedente o alla reiterazione dell’intero processo. 6. DIFFERENTI CARATTERIZZAZIONI DEL CONTESTO DECISIONALE Le diverse posizioni, da quelle razional-comprensive a quelle incrementali e che tendono al soddisfacimento, a quelle più politiche, si basano sugli assunti relativi alla realtà dell’ambiente decisionale. Dalla situazione idealizzata del razionalista corre un continuum che si spinge fino alle situazioni decisionali ben strutturate politicamente. Le differenti strategie politiche adottate in ciascuna situazione decisionale sembreranno appropriate a seconda del livello di complessità e di limitatezza della situazione stessa. Caratterizzazione del contesto decisionale Razionalità illimitata Razionalià limitata Limiti cognitivi Razionalità limitata Differenziazione sociale Razionalità limitata Conflitto pluralista Razionalità limitata Distorsioni strutturali 1. Situazione di razionalità illimitata (es. istruttoria tecnica semplice) Cominciamo con la situazione decisionale nel suo aspetto più semplice. Supponiamo che sia solo una la persona che deve decidere e che si tratti di un attore economicamente razionale. L’ambiente è il suo ufficio, un sistema chiuso per ipotesi. Il problema è ben definito. Il suo campo d’azione, l’orizzonte temporale, le dimensioni dei valori e le conseguenze che ne discendono sono chiaramente stabilite o disponibili. L’informazione è perfetta, complessa, accessibile, comprensibile. Il tempo disponibile è illimitato. In queste condizioni vi è una chiara e distinta strategia da adottare: la soluzione razionale del problema o l’ottimizzazione attraverso le spiegazioni tecniche a disposizione. 2. Situazione di razionalità limitata I: i limiti cognitivi (es. istruttoria tecnica complessa, subordinata al parere del dirigente) Ora cominciamo a restringere la situazione decisionale. Per ipotesi l’agente è ancora solo, ma questa volta il nostro costruttore di decisioni potrebbe anche fallire. Lo scenario è ora meno isolato; esso è aperto all’ambiente, consente al nostro costruttore di decisioni di osservare il comportamento degli altri e consente agli altri di dare un’occhiata, se non di intervenire. Il problema non è più così ben definito: il suo ambito è un po’ ambiguo. Valutare il problema diventa un po’ più difficile. L’informazione è imperfetta. Il tempo diventa una risorsa scarsa; bisogna prendere una decisione entro il mese e inoltre c’è da occuparsi di un altro pressante lavoro. In queste condizioni, la strategia dell’ottimizzazione probabilmente non andrà più bene. Sarà invece necessario la tattica del “soddisfacimento”. Una decisione soddisfacente, magari sub-ottimale, dovrà essere sufficiente. 3. Situazione di razionalità limitata II: la differenziazione sociale (es. redazione di un piano urbanistico esecutivo) Il nostro attore soggetto al fallimento non è più solo, ma in un mondo popolato da altri attori, da costruttori di decisioni, da personale e clienti, le cui capacità e intuizioni variano, pur rimanendo cooperative. L’ambiente di colui che deve decidere non è più il singolo ufficio, ma include diversi uffici. Lo scenario è ora socialmente differenziato, anche le interpretazioni del problema sono differenziate. L’informazione non è solo imperfetta, ma ha anche un carattere fortemente variabile, in situazioni ugualmente variabili, con meno di una semplice accessibilità. Il tempo diventa una risorsa socialmente preziosa. Non è solo limitato, ma i diversi attori avranno anche un diverso lasso di tempo da poter dedicare alla decisione o ai problemi in questione. In questa situazione il soddisfacimento da solo non basta. Il nostro costruttore di decisioni deve ora essere in grado di raccogliere le informazioni superando i confini organizzativi, usando le reti sociali, attingendo dalle fonti competenti. 4. Situazione di razionalità limitata III: il conflitto pluralista (es. redazione di un Piano Urbanistico Generale con un’ampia maggioranza politica) Nella pratica i costruttori di decisioni devono far fronte alle opposizioni, ai sospetti, agli appoggi intermittenti degli altri attori. Il mondo reale dell’amministrazione si fonda di rado sulla cooperazione. I vari settori della struttura tecnica organizzativa dell’amministrazione non saranno sempre dello stesso parere. Gli interessi differiscono. In un mondo pluralista lo scenario delle decisioni diventa più complesso. Oltre alla semplice differenziazione sociale, anche le organizzazioni in competizione complicano ulteriormente l’ambiente decisionale pratico. Le definizioni dei problemi in un ambiente pluralista sono molteplici. I diversi gruppi di interesse forniscono sensazioni e valutazioni diverse riguardo ai problemi in questione. L’informazione diventa ora una risorsa politica. Sarà soggetta a contestazioni, rifiuti, manipolazioni, distorsioni. Il tempo diventa una risorsa ardentemente desiderata. In queste condizioni, le strategie di ricerca e la “creazione di reti sociali”, i saggi consigli, non bastano. Di fronte alla competizione pluralista e al conflitto sono necessarie la contrattazione e la rettifica. La contrattazione incrementale è, date le assunzioni di pluralismo, all’ordine del giorno. Il compromesso politico a breve termine diventa una pratica strategia incrementale, una strategia che si rivela in assoluto la più sostenibile. 5. Situazione di razionalità limitata IV: le distorsioni strutturali (es. redazione di un Piano Urbanistico Generale con una debole maggioranza politica) Il potere non è ugualmente distribuito e plasma il contesto in cui i pianificatori e gli amministratori pubblici e più generalmente i costruttori di decisioni lavorano e agiscono. Dire che tutte le pretese esprimono degli interessi non significa che tutte le pretese sono ugualmente sincere o giustificate. Gli attori nel loro ambiente politico-organizzativo prendono spesso posizione l’uno contro l’altro in strutture politico-economiche che mostrano una continuità significativamente non casuale. Lo scenario decisionale non è caratterizzato da una pluralità casuale, ma da una pluralità ben strutturata, dove struttura e potere non sono nettamente separabili. L’informazione sfuma nella disinformazione. Il tempo, in queste condizioni, è potere, ma ancora una volta potere che probabilmente non è distribuito in modo eguale. In queste condizioni è difficile che le strategie incrementali rispondano alle realtà presenti. Le strategie che si rivelano appropriate in condizioni decisionali di severa distorsione strutturale e diseguaglianza sono strategie che tendono a ristrutturare; strategie che si orientano verso una effettiva eguaglianza, una partecipazione concreta e una voce democratica. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Alexander E. R. (1992), Approaches to planning, Lausanne, Gordon and Breach Science Publishers; trad. it., Introduzione alla pianificazione, Clean, Napoli, 1997. Arrow K. J. (1973), Social Choice and Individual Values, New York, Wiley. Forester J. (1989), Planning in the face of Power, Berkeley CA, University of California Press; trad. it., Pianificazione e Potere, Dedalo, Bari, 1998. Lindblom C. (1965), The Intelligence of Democracy: Decision Making Through Mutual Adjustment, New York, Free Press. March J., Simon H. (1958), Organisations, New York, Wiley & Sons; trad. it., Teoria della organizzazione, Etas Libri, Milano, 1995. McLoughlin B. J. (1969), Urban and Regional Planning. A Systems Approach; trad. it., La Pianificazione Urbana e Regionale. Un Approccio Sistemico, Marsilio Editori, Venezia, 1973.