frutticoltura Anno I IASMA Notizie 22.04.2002 Notiziario del Centro per l’assistenza tecnica dell’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige IASMA Notizie N. 9 - Sped. in a.p. art. 2 c. 20/C L. 662/96 D.C.I. TN - Stampa Tipografia Esperia Tn - Taxe payée/Tassa riscossa TN-CPO Dir. editoriale: Giovanni Gius - Dir. responsabile: Michele Pontalti S. Michele all’Adige, Via Mach 3 - Aut. Tribunale TN n. 1114 del 19.02.2002 ACTINIDIA: TECNICHE COLTURALI NEL PERIODO PRIMAVERILE Gli impianti di actinidia, presenti soprattutto nelle vallate del Trentino meridionale, sono generalmente in piena produzione, dato che la loro messa a dimora risale agli anni ottanta, periodo in cui le quotazioni dei kiwi erano piuttosto elevate. Gli impianti di recente realizzazione sono pochi e riconducibili alle ultime annate, periodo concomitante con la crisi della melicoltura. Tuttora si possono ottenere sufficienti redditività dagli impianti di actinidia purché le rese produttive e la qualità dei frutti espressa soprattutto in termini di pezzatura siano adeguate alle esigenze commerciali. Da osservazioni svolte in Trentino si è riscontrato che livelli produttivi di 50-70 kg di kiwi per pianta (corrispondenti a circa 250-350 quintali di kiwi per ettaro) sono ripetibili negli anni e sono compatibili con l’ottenimento di frutta di buona qualità organolettica e analitica oltre che di buona pezzatura. La tecnica di coltivazione dell’actinidieto va dunque orientata verso questi obiettivi produttivi in primo luogo con la potatura, che peraltro in questo momento è già stata eseguita. Nel nostro ambiente, con distanze di impianto di 4-4,5 m tra le file e 3-4 m tra le piante, si ritengono ottimali cariche di circa 400 gemme totali per pianta distribuite su tralci piuttosto lunghi. Anche altre tecniche di coltivazione, più proprie del periodo primaverile, hanno incidenza sul risultato quali-qualitativo dell’actinidieto. 2 IASMA Notizie CONCIMAZIONE È da evidenziare che l’obiettivo della concimazione è quello di evitare il depauperamento della fertilità e favorire l’attività microbiologica del terreno al fine di consentire la crescita e la fruttificazione delle piante, non certo quello di stimolare forzatamente la quantità di produzione e la crescita delle dimensioni dei frutti. Nel recente passato ed in parte tuttora, si è ritenuto che l’actinidia necessitasse di elevate quantità di fertilizzanti, azotati e letame in particolare. In realtà nella maggioranza delle situazioni gli actinidieti trentini presentano un frutticoltura buon livello vegetativo tale da supportare senza problemi i carichi produttivi riportati sopra. L’emissione di nuovi germogli utilizzabili per il rinnovo dei capi a frutto nella fase di potatura in genere è più che sufficiente. Anche la presenza di humus nel terreno è buona, grazie ai cospicui apporti di sostanza organica operati attraverso la trinciatura dei residui di potatura, dell’erba dell’interfilare e la decomposizione del fogliame. Data questa situazione l’apporto di elementi minerali con la concimazione va dimensionato sulla base delle asportazioni subite dal terreno con la produzione. Tabella 1: Asportazioni di elementi operate da piante adulte di actinidia con normale carico produttivo Organi della pianta Frutti Foglie Totale Azoto (Kg/ha) 36 55 91 Fosforo (Kg/ha) 16 18 34 Sulla base di queste asportazioni si possono ritenere sufficienti i seguenti apporti di elementi minerali per ettaro di actinidieto: • Azoto 60-80 Kg • Fosforo 30-40 kg • Potassio 60-100 Kg corrispondenti a circa 5/7 q/hl di concime complesso a medio titolo di azoto (tipo 12-618 o simili). Apporti maggiori di concime possono trovare giustificazione solo nei pochi casi di ridotta vigoria dell’impianto. La distribuzione dei concimi va effettuata in primavera. È da evitare soprattutto l’apporto di azotati nel periodo estivo al fine di non avere prolungamenti dell’attività vegetativa con conseguente peggioramento delle caratteristiche qualitative dei frutti ed aumento della loro sensibilità agli attacchi delle malattie fungine in fase di conservazione. Potassio (Kg/ha) 61 38 99 Magnesio (Kg/ha) 7 31 38 IMPOLLINAZIONE DEI FIORI E PEZZATURA DEI FRUTTTI In generale il livello di fertilità del terreno e la situazione vegetativa delle piante di actinidia sono buone, ma può accadere, seppure con effetto diversificato a seconda dell’annata e della zona, che parte dei frutti non abbiano pezzature idonee ad una buona valorizzazione commerciale. Ciò dipende da un difetto di impollinazione dei fiori. Nel grafico sono riportate le distribuzioni medie di due annate (1999-2001) per classi di pezzatura dei frutti provenienti da piante impollinate a mano, rispetto ad altre piante liberamente impollinate, in un actinidieto della zona di Arco in cui si riscontrano frequentemente difetti di impollinazione dei kiwi. La distribuzione delle pezzature della tesi impollinata manualmente è nella normalità ed in linea con le esigenze commerciali. Negli actinidieti in cui le pezzature dei frutti sono sensibilmente inferiori a quelle riportate è molto probabile che l’impollinazione dei frutti sia insufficiente. 3 frutticoltura IASMA Notizie Effetto dell’impollinazione manuale su kiwi Arco (1999 e 2001) > < Classi di pezzatura La relazione tra impollinazione e pezzatura dei frutti di actinidia è molto importante e diretta: il fiore femminile possiede circa 1500 ovuli, maggiore è il numero di ovuli fecondati e maggiore sarà la pezzatura. Per ottenere un frutto di 100 g sono necessari 1200 semi. Si è riscontrato inoltre che per ogni giorno di ritardo nella fecondazione si ha un calo di 8-9 g nel peso finale dei frutti. Spesso l’actinidicoltore è propenso a ritenere che la scarsa pezzatura dei frutti dipenda da problematiche di tipo nutrizionale. In realtà l’anomala impollinazione dei fiori non trova un rimedio efficace nell’insistere con la concimazione al terreno o per via fogliare, nè nell’aumento dell’irrigazione nel periodo estivo. Il diradamento manuale dei frutti di piccola dimensione può aiutare ad avere una maggiore uniformità di pezzatura, ma difficilmente può compensare la perdita quantitativa di prodotto. Dunque la strada maestra per risolvere il problema della pezzatura dei kiwi è quella di provvedere ad una loro ottimale impollinazione nel periodo fiorale. Le piante impollinatrici Ovviamente la prima scelta importante per ottenere una buona impollinazione si fa all’impianto, prevedendo un adeguato numero e una appropriata dislocazione delle piante maschili. L’aumento dei punti di emissione del polline negli impianti già realizzati si può ottenere facendo dei sovrinnesti, anche di singoli rami, con marze di varietà impollinanti, oppure allevando dei cordoni di piante maschili in senso trasversale alla direzione dei filari fino a raggiungere le file attigue. Corretto impiego dei pronubi L’importanza ed il ruolo dei pronubi nell’impollinazione del kiwi è ormai assodato; la loro attività è però influenzata da diversi fattori legati soprattutto alle caratteristiche dei fiori di questa specie. Per stimolare una maggiore attività delle api sui fiori di actinidia, è importante l’adozione IASMA Notizie di alcuni accorgimenti, quali lo sfalcio dell’erba nell’actinidieto subito prima della fioritura, in quanto i fiori del kiwi sono privi di nettare ed in presenza di fioriture di altre specie le api tendono a preferire queste ultime. Per una buona impollinazione sono necessari circa 8-10 alveari per ettaro. Le famiglie di api devono essere giovani, forti e nelle condizioni di poter lavorare efficacemente. Gli alveari vanno introdotti con almeno il 10% dei fiori femminili aperti in più punti dell’impianto. L’efficienza delle api migliora se gli alveari vengono dotati di trappole per la cattura del polline. Impollinazione manuale Il periodo utile per l’ottimale impollinazione dei fiori di actinidia è di 4-5 giorni. In questo breve periodo possono verificarsi situazioni che compromettono il buon esito di questo fenomeno, quali ad esempio: avverse condizioni climatiche, o più frequentemente, la contemporanea fioritura in zona di piante spontanee, anche a quote altimetriche superiori a quelle dove giace l’actinidieto (ad esempio la fioritura di robinia a 500-600 m slm), le quali attirano maggiormente le api ecc. Di fatto la scarsa visitazione dei fiori femminili di actinidia da parte delle api è un problema in costante aumento. Per ovviare a questi inconvenienti si può ricorrere alla impollinazione manuale che consiste nel raccogliere i fiori maschili in cesti per poi strofinarli sui fiori femminili. Con un mazzetto di 5-6 fiori maschili si impollinano 20-30 fiori femminili. Generalmente si effettuano almeno due passag- 4 frutticoltura gi: il primo quando sono aperti il 40-50% dei fiori, il secondo col 90-100% dei fiori aperti. L’intervallo tra i due passaggi può essere anche di soli 2-3 giorni se l’andamento climatico è caldo e soleggiato. Il costo per questa operazione (circa 60-70 ore per ettaro per ogni passaggio) è ampiamente ripagato nei casi in cui il difetto di pezzatura dei frutti sia un problema evidente. Nelle aziende trentine, generalmente di piccole dimensioni, il reperimento di manodopera per questa operazione non dovrebbe rappresentare un problema insormontabile. Le esperienze condotte nelle annate in cui maggiore è stato il problema della impollinazione (vedi grafico precedente) dimostrano un netto miglioramento delle pezzature negli actinidieti a impollinazione manuale. Va inoltre considerato che a seguito della impollinazione manuale si riducono la necessità ed i tempi per l’esecuzione di altre operazioni quali il diradamento manuale e la raccolta. La pratica dell’impollinazione manuale può non rendersi necessaria o essere ridotta ad un unico passaggio in piena fioritura nel caso in cui sia evidente e continuo il lavoro delle api sia sui fiori femminili che su quelli maschili per tutto il periodo fiorale. L’impiego di atomizzatori o di attrezzature di vario tipo, spesso di fabbricazione aziendale, impiegate per soffiare il polline prelevato dalle piante maschili dello stesso impianto o da altra provenienza sui fiori femminili, ha consentito di ottenere risultati alterni, generalmente inferiori a quelli ottenuti con l’impollinazione manuale; il loro utilizzo è conveniente laddove il problema dell’impollinazione non è particolarmente pressante.