MEZZOGIORNOECONOMIA IX LUNEDÌ 10 MARZO 2014 Sviluppo & territorio Primo piano Il patrimonio artistico I dati di Formez e Federculture A Pompei, Reggia di Caserta ed Ercolano il 43% del totale biglietti staccati nei siti meridionali Beni culturali In Italia incassi a due velocità Negli ultimi 15 anni visitatori in crescita del 30%, ma al Sud gli ingressi sono diminuiti di 25 mila unità DI EMANUELE IMPERIALI Il divario di interesse N on si fermano purtroppo i crolli nel sito archeologico di Pompei, una dei più noti biglietti da visita dell’Italia nel mondo. E ciò avviene tra rimpalli assurdi di competenze e incapacità di spendere i soldi stanziati per inspiegabili ritardi burocratici: mentre sia l’Unione Europea che i visitatori stranieri accusano l’Italia di disperdere un patrimonio dell’umanità. E che dire di uno dei più significativi esempi del barocco leccese, la Basilica di Santa Croce, la cui splendida facciata sarà vista, per almeno tre anni, offuscata da teli e impalcature per restauri dai numerosissimi turisti che vanno nel Salento? La verità è che il mancato sviluppo culturale del Sud oscilla tra ritardi e potenzialità. Il Mezzogiorno è una terra ricchissima dal punto di vista culturale, nella quale c’è un patrimonio diffuso costituito non solo da grandi attrattori, ma da migliaia tra musei, palazzi storici, aree di interesse naturale e artistico e un’infinità di tradizioni e rievocazioni storiche e popolari. Formez e Federculture stimano che nelle regioni meridionali, Isole comprese, sia presente un quarto del patrimonio culturale nazionale. Ciò vuol dire 1.150 dei 4.588 siti italiani. Tra i beni culturali del Mezzogiorno 15 fanno parte della lista del Patrimonio dell’umanità, ed equivalgono al 30% dei 49 siti Unesco nazionali. Purtroppo, però, a questa grande ricchezza e potenzialità del tessuto culturale del Mezzogiorno non corrisponde un’altrettanto ampia fruizione di questo patrimonio. I dati sono inequivocabili: i siti culturali statali del Sud nel 2012 hanno attratto 7 milioni e 400 mila visitatori, esclusi quelli della Sicilia, e hanno fatto incassare 28 milioni di introiti lordi. Negli ultimi 15 anni i siti culturali italiani sono riusciti a incrementare i propri visitatori del 30% circa, quelli del Sud, invece, sono rimasti al palo, anzi gli ingressi sono diminuiti di 25 mila unità. Un’ampia quota sia dei visitatori che degli introiti nel Mezzogiorno è rappresentata dai grandi attrattori, in particolare Pompei, la Reggia di Caserta, Ercolano, che insieme Il Mezzogiorno è meta turistica artistica solo per il 7,4% degli arrivi stranieri catturano oltre 3 milioni di visitatori, pari al 43% del totale del Sud, e incassano 21 milioni. Questi numeri evidenziano in modo chiaro che in questa parte del Paese c’è un grave problema di gestione e valorizzazione delle risorse culturali, oltre che un forte ritardo rispetto alle esperienze di gestione — fondazioni, imprese e istituzioni — costituite grazie ad un processo di esternalizzazione dei servizi pubblici da parte di Regioni ed enti locali del Centro Nord. Ma anche nel Mezzogiorno non sono del tutto assenti esempi virtuosi di una programmazione culturale efficiente, di rivitalizzazione dei luoghi d’arte, di creazione di nuova occupazione. Eccellenze in tal senso possono essere considerate il Consorzio del Teatro Pubblico Pugliese, il nuovo Museo di Arte contemporanea Don- naregina di Napoli, la Fondazione Federico II di Palermo, la Fondazione che in un piccolo centro di appena mille abitanti della Sardegna, ha valorizzato il sito Unesco di Barumini. A dimostrazione del fatto che la buona gestione è possibile e che le competenze non mancano, ma ancora molto c’è da fare per valorizzare queste esperienze e modernizzare l’offerta culturale del nostro Sud a beneficio di una maggiore attrattività turistica e di una più ampia fruizione da parte dei cittadini. Ciò sarebbe utile anche a fronteggiare l’allontanamento dei cittadini dalla cultura, con un vero crollo dei consumi nel Mezzogiorno. Il Sud si colloca ben al di sotto della media nazionale, pari al 7,3%, per spesa familiare in cultura e ricreazione: nelle regioni meridionali è del 5,7% sul totale, laddove nel Nord-Ovest arriva all’8,5%. Dall’alto in basso: Pompei, Reggia di Caserta e scavi di Ercolano Molto, dunque, c’è ancora da fare nelle regioni meridionali per accrescere l’accesso alla cultura, migliorare l’offerta e valorizzare il territorio e le sue ricchezze, generando così crescita sociale ed economica. Un settore che nel Paese, ma soprattutto nel Mezzogiorno, ha ampi margini di sviluppo. L’industria culturale e creativa può rappresentare una prospettiva importante di nuova occupazione qualificata e di sviluppo sostenibile del territorio. Ne è un esempio la localizzazione nelle aree meridionali di produzioni cinematografiche di richiamo internazionale, di laboratori di arti visive e la valorizzazione delle produzioni locali di qualità che ha rappresentato, in molti casi, un efficacissimo strumento di marketing territoriale. La Puglia, in particolare, è un caso virtuoso di come una strategia di lungo periodo centrata sui settori creativi, come il cinema e l’audiovisivo, abbia portato benefici economici ed occupazionali sul territorio, attraendo anche nuovi investimenti e facendo balzare la regione in cima alle classifiche delle destinazioni turistiche più richieste. Ma proprio i dati relativi al turismo danno la dimensione di quanto questo settore sia poco sviluppato al Sud in rapporto alle potenzialità attrattive del territorio. L’intero Mezzogiorno è meta turistica per 7 milioni e 200 mila stranieri, che rappresentano però solo il 7,4% degli arrivi nel territorio nazionale. Meno di quanti sono gli arrivi nella sola Toscana, 7 milioni e 800 mila. Le regioni meridionali che attraggono il maggior numero di turisti stranieri sono la Puglia, con 1 milione e 200 mila arrivi, e la Campania, con due milioni e mezzo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il programma comunitario «Grandi attrattori culturali»: oltre 40 milioni per la Campania e circa 30 per Sicilia, Puglia e Calabria La carica dei 135 milioni per il Meridione: subito cantierabili 46 interventi di restauro DI ROSANNA LAMPUGNANI N el Mezzogiorno stanno per arrivare 135 milioni destinati a 46 interventi di restauro e valorizzazione di beni culturali. Il ministero guidato da Dario Franceschini ha firmato giovedì scorso il decreto con cui si mettono a disposizione risorse «immediatamente cantierabili» — si legge nel comunicato ufficiale — una cifra che si aggiunge ai 222 milioni con cui a settembre sono stati finanziati altri 87 interventi. «Si tratta della più importante azione realizzata negli ultimi anni sul patrimonio culturale del Mezzogiorno d’Italia» , ha sottolineato Franceschini , spiegando che «questa operazione si inserisce nell’ambito del programma comunitario "Grandi attrattori culturali" coordinato dal ministero in stretta collaborazione con gli uffici per la Coesione territoriale della presidenza del Consiglio (il ministero è stato smantellato e la delega per la Coesione non è stata ancora ufficialmente affidata al sottosegretario Graziano Delrio, ndr), frutto di un’intensa azione congiunta e condivisa con le Regioni». La quota maggiore è stata destinata alla Campania: 43,060 milioni; segue la Sicilia con 33,760 milioni, la Puglia con 31,871 milioni e, infine, la Calabria con 26,800 milioni. Con questi fondi si lavorerà su fronti di diversa natura: si passa dalla ristrutturazione dell’area destinata alla Focara di Novoli Area archeologica del Bosco littorio di Gela e mosaico del parco di Vibo agli interventi per la Reggia di Caserta, dal recupero del parco archeologico urbano di Vibo Valentia all’area archeologica del Bosco littorio di Gela, tutti ritenuti indispensabili per la conservazione del patrimonio artistico meridionale. Cominciamo dalla Sicilia, dunque, cui sono destinati circa 34 milioni con cui so- stenere gli interventi programmati sul Polo museale di Siracusa (nello specifico la Galleria di Palazzo Bellomo, il Museo archeologico Paolo Orsi e l’area archeologica della Neapolis e dell’orecchio di Dioniso), il Polo museale di Ragusa (nello specifico le aree archeologiche di Parco Forza, Cava d’Ispica e il Museo Archeologico di Cama- rina), il Polo museale di Trapani (nello specifico il Museo regionale agostino Palazzo Pepoli, l’area archeologica di Segesta e il Museo Archeologico Baglio Anselmi) e per gli interventi di Gela. In Calabria sono in programma 14 interventi per circa 27 milioni e interessano il Castello Svevo di Rocca Imperiale, il Ca- stello di Oriolo, il Castello Carafa di Roccelletta Ionica, il Castello di Palizzi, i Fortini di Pentimele, il Complesso monumentale Sant’Agostino di Cosenza, il Santuario di San Francesco di Paola, la chiesa di San Giovanni Therestis, il completamento del Museo della civiltà contadina di Salina di Lungro, il recupero dei ruderi di Cirella e interventi per il borgo di Gerace e per i centri storici di Catanzaro e Cosenza e, come detto, il parco archeologico urbano di Vibo Valentia. La Campania ha poco più di 43 milioni per intervenire sulla Reggia di Caserta, il sito reale di Carditello, Villa Campolieto, l’abbazia di Montevergine, il castello di Francolise e il parco Partenio, cui è destinata la quota maggiore del budget, 12,8 milioni. Per la Puglia sono programmati quindici interventi — soprattutto nel Salento — per cui verranno utilizzati circa 32 milioni: Museo contemporaneo dell’Audiovisivo di Bari, recupero delle Mura Urbiche di Lecce, della Torre Matta di Taranto, delle storiche grotte di Tricase, ipogeo di San Sebastiano di Galatone Castello di Gallipoli, interventi di valorizzazione per il Polo di Taranto e per il complesso dello Spirito Santo di Lecce, il recupero dell’ex Convento di Santa Maria a Vieste, del Teatro di Apollo a Lecce, dello scavo archeologico di Porto Badisco a Otranto e del Palazzo baronale di Novoli e, quindi, recupero e restauro dell’area destinata a Focara di Novoli. Quindi, occhi puntati sui nuovi cantieri, per verificare come e in quanto tempo saranno utilizzate queste risorse e se produrranno i risultati previsti. Anche dal recupero e dalla valorizzazione del patrimonio artistico si misurano, infatti, le capacità delle amministrazioni regionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA