esperienze • Tutor clinico tra Università e Azienda sanitaria Tutor clinico tra Università e Azienda sanitaria: ruolo o funzione per il professionista infermiere? di Chiara Pellegatta Infermiere-cpse, uo di Pediatria, ao Ospedale di Circolo, Busto Arsizio Corrispondenza [email protected] L’attività di tutorato clinico, facilitando il discente nel suo apprendimento sul campo, richiede al professionista che la svolge un continuo aggiornamento in ambito sia clinico che formativo. Ciò garantisce una dinamicità di competenze sempre in evoluzione, competenze offerte in primo luogo allo studente, protagonista del percorso formativo, ma anche indirettamente alla qualità dell’assistenza. Ne deriva per il tutor clinico una posizione di interfaccia Università e Azienda sanitaria, inserendosi fattivamente nella possibilità di sviluppo dell’uno e dell’altro contesto formativo. Si è quindi ritenuta opportuna un’indagine nelle università del territorio lombardo, al fine di comprendere se, a oggi, il tutorato clinico sia considerato un ruolo o una funzione. Partendo dalla disamina della letteratura, della normativa, dal CCNL e dagli articoli scientifici reperiti da banche dati biomediche generali e specifiche del settore clinico-assistenziale ed educativo, sono stati raccolti dati relativi all’attività del tutor clinico, al fine di poter comparare quanto previsto con quanto emerso. Lo studio è stato condotto tra settembre-ottobre 2009 con riferimento all’a.a. 2008-2009; l’indagine di prevalenza ha utilizzato un questionario semistrutturato per la raccolta di dati quali-quantitativi, somministrato ai coordinatori didattici dei Corsi di laurea in Infermieristica del territorio lombardo. Alla luce dei dati emersi è stata inquadrata l’attuale posizione del tutor clinico, nel contesto sia universitario che aziendale. Risultati Si è registrata, in primo luogo, l’adesione formale del 100% delle università (7 atenei di cui 5 statali), con un ritorno dell’84% dei questionari distribuiti ai 32 coordinatori didattici delle diverse sedi, la cui dislocazione sul territorio permette di realizzare un’offerta formativa capillare, a fronte di una inevitabile eterogeneità organizzativa, strutturale e gestionale dei poli didattici. 1. Organizzazione delle diverse sedi formative Nelle aziende sanitarie lombarde si registra un numero di infermieri-tutor clinici (o assistenti di tirocinio, come de- finito in Lombardia) molto elevato, tanto da garantire nel 70% delle sedi universitarie 1 tutor clinico ogni 2 studenti; a fronte di questa evidente disponibilità di risorse, esiste tuttavia un’enorme variabilità organizzativa nelle attività di tirocinio e nella loro facilitazione. Dai dati raccolti emerge, inoltre, che: • il 100% degli infermieri assistenti di tirocinio sono dipendenti di aziende sanitarie e seguono lo studente in tirocinio in orario di servizio; • il 92% dei tutor clinici affianca l’attività assistenziale a quella di tutorato. Dal punto di vista contrattuale non è previsto alcun benefit per l’impegno aggiuntivo didattico-formativo: come previsto dalla normativa regionale, l’istituzione sanitaria dovrebbe garantire al “personale coinvolto nei CdL, la frequenza alle attività di formazione continua progettate a supporto delle funzioni”1; • solo nel 12% dei CdL in Infermieristica sono presenti e dominanti (90% del personale) tutor clinici con competenze di facilitatore dell’apprendimento clinico; nell’86% dei rispondenti tale preparazione deriva da corsi di aggiornamento – aziendali e non – di breve durata, mentre il restante 14% è in possesso di una formazione universitaria post-base mirata. 2. Requisiti dell’infermiere-tutor clinico In Lombardia la nomina del tutor clinico avviene nel 55% dei casi su proposta del coordinatore del CdL mentre nel restante 45% è a opera del tutor pedagogico, del direttore del Sitra. o del presidente di corso di laurea. Nel 93% delle sedi formative sono definiti dei criteri per reclutare l’assistente di tirocinio, seppur variabili tra azienda sanitaria e ateneo. Comparando i criteri definiti e i criteri realmente utilizzati a livello operativo all’interno delle sedi formative, emerge che i valori delle due variabili sono pressoché sovrapponibili. 3. Formazione del tutor clinico Il core curriculum del tutor clinico poggia su competenze cliniche, didattiche e formative, valorizzando gli aspetti psicopedagogici sottesi dalla leadership. L’evidenza mette in luce 1. Delibera Giunta Regionale 7/20950, Approvazione del protocollo d’Intesa tra la Regione Lombardia e le Università ubicate in Lombardia per la stipula di convenzioni relative ai corsi di Laurea delle Professioni sanitarie, 16 febbraio 2005. In: Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia (BURL), n. 10, serie ordinaria 7 marzo 2005. 45 L’infermiere 5-6/2010 esperienze • Tutor clinico tra Università e Azienda sanitaria gli ambiti d’azione dell’infermiere-tutor clinico, definendo le competenze mirate a tale funzione/ruolo (Figura 1). Nell’indagine è stato riservato un ampio spazio all’individuazione delle attività realmente svolte dal tutor clinico, sia in autonomia che in collaborazione con altri: ne emerge che gli strumenti a sua disposizione per l’attività formativa sono solo parzialmente utilizzati e che le attività svolte dal tutor clinico sono nettamente inferiori rispetto a quelle previste dal suo core curriculum (Figure 2 e 3, pag 47). Dai dati emersi da questa indagine si individuano alcune criticità: una marginalità delle competenze organizzative e gestionali del tutor clinico, configurando la sua attività subordinata e/o conseguente a quella di tutorato pedagogico; prevalgono invece le attività che trovano immediato riscontro con l’operatività e con lo studente (confronto/valutazione in itinere); tralasciati gli aspetti di progettazione e pianificazione dell’intervento formativo che gestisce. Nella Figura 3 sono presentate le attività svolte dal tutor clinico per lo studente: si noti la netta prevalenza di “sostegno/guida dello studente nell’esecuzione di tecniche infermieristiche” e “valutazione del discente al termine del percorso”. Il tutor clinico condivide con lo studente gli obiettivi da raggiungere, lo sostiene e lo guida nelle sue attività assistenziali e valuta il suo percorso; preoccupante è il fatto che non svolga continuativamente attività quali la definizione del contratto formativo (89%), la pianificazione infermieristica (67%) e l’analisi dei casi clinici specifici (89%). Per quanto concerne le attività svolte in collaborazione con il tutor pedagogi- • • • • COMPETENZE COGNITIVE Rilevare e valutare potenzialità Valutare la fattibilità dei progetti Effettuare un bilancio e un’autovalutazione dell’attività … COMPETENZE TRASVERSALI COMPETENZE DEL TUTOR COMPETENZE RELAZIONALE/COMUNICATIVA COMPETENZE PSICOPEDAGOGICHE • • • • Conoscere e utilizzare metodologie didattiche attive Stimolare quesiti Riservare momenti per il confronto Usare la valutazione formativa come strumento per migliorare il percorso formativo • Saper utilizzare la valutazione certificativa • …. COMPETENZE ORGANIZZATIVE • Progettare modi e tempi delle attività • Partecipare ai processi decisionali di competenza • Proporre progetti • Negoziare con l’organizzazione • Utilizzo contratto formativo • … • Tutor – studente – Rilevare bisogno formativo – Instaurare relazione educativa e rapporto di fiducia – … • Studente – utente – Facilitare sviluppo capacità relazionali/comunicative/ educative – … • Studente – membri gruppo/équipe – Acquisire capacità di lavoro in équipe – Favorire interazione professionale – … PROFILO PROFESSIONALE ATTIVITÀ SVOLTE COMPETENZE SPECIFICHE CONTESTO LAVORATIVO Figura 1 - COMPETENZE DEL TUTOR CLINICO 46 L’infermiere 5-6/2010 0 definizione tempi e modalità di valutazione articolazione di momenti di confronto in itinere tra studente e tutor clinico/tutor pedagogico articolazione metodi di confronto in itinere tra tutor clinico/tutor pedagogico/coordinatore di Unità Operativa definizione metodi/strumenti di insegnamento/apprendimento pianificazione della turnistica formulazione di ob. generali e specifici di tirocinio definizione del percorso formativo dello studente sedi CdL (%) 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 valutazione al termine del percorso (valutazione certificativa) valutazione in itinere (valutazione formativa) previsione di momenti per briefing e debrifing co, l’infermiere che affianca lo studente nell’esperienza di tirocinio si fa promotore di momenti di confronto in itinere sia tra professionisti, sia con lo studente e definisce tempi partecipazione a riunioni d’équipe motivazione di scelte assistenziali che si presentano durante il tirocinio analisi casi clinici specifici confrontandosi sulle tematiche di particolare interesse sostegno/guida dello studente nell’esecuzione di tecniche infermieristiche pianificazione dell’assistenza infermieristica rivolta ad uno studente condivisione obiettivi tirocinio definizione contratto formativo sedi CdL (%) esperienze • Tutor clinico tra Università e Azienda sanitaria mai raramente qualche volta spesso sempre non risponde Figura 2 - Attività del tutor clinico svolte in collaborazione con l’organizzazione universitaria e modalità di valutazione; al contrario, in modo saltuario e discontinuo partecipa alla definizione del percorso formativo dello studente (82%), degli obiettivi di tirocinio (81%) 100 90 80 70 60 mai raramente 50 qualche volta spesso 40 sempre 0 non risponde 20 10 Figura 3 - Attività del tutor clinico svolte con lo studente L’infermiere 5-6/2010 47 esperienze • Tutor clinico tra Università e Azienda sanitaria e alla pianificazione della turnistica (67%), così come alla definizione di metodi e strumenti di insegnamento/apprendimento attivo (63%). Conclusioni I percorsi formativi universitari fanno riferimento alle più moderne metodologie per favorire l’apprendimento; a tal fine l’attività di tutorato clinico è orientata allo sviluppo della professionalità del futuro infermiere. Il tirocinio consente al discente di familiarizzare con il contesto lavorativo, sviluppando capacità di lavoro in équipe finalizzate all’implementazione di pensiero critico, autonomia nel processo decisionale e comunicazione terapeutica; in ciò assume particolare rilevanza il tutor clinico, la cui attività favori- 48 L’infermiere 5-6/2010 sce l’applicazione del sapere teorico nella pratica clinica. Nell’espletamento delle sue attività, il tutor clinico deve conoscere a tutto tondo il ciclo educativo delle persone in formazione, valutando in particolare gli obiettivi del singolo e le competenze da acquisire nella specifica esperienza clinica: ciò permette al tutor la scelta di strumenti di insegnamento idonei e mirati e, con l’adeguato supporto, allo studente l’elaborazione di un progetto di tirocinio finalizzato all’apprendimento significativo. Le competenze richieste al tutor clinico necessitano di una formazione complementare a quella di base, ma la scarsa regolamentazione per il reclutamento di tutor clinici giustifica la disomogeneità delle caratteristiche e delle funzioni attribuite a questa figura/funzione. Al fine di garantire un tutorato di qualità, sono stati progettati e implementati in vari atenei percorsi formativi post-base, con l’obiettivo di sviluppare competenze tutoriali e di facilitazione dell’apprendimento. Nonostante l’offerta formativa universitaria, in Lombardia la presenza di tutor clinici con formazione e competenze necessarie per svolgere tale attività è molto ridotta. Dall’indagine si evidenzia che le potenzialità della figura sono poco utilizzate nell’attuale organizzazione universitaria, dove il tutor clinico spesso si limita a verificare l’acquisizione, da parte dello studente, di abilità gestuali e familiarità con l’ambito clinico. In Lombardia la quasi totalità degli infermieri svolge attività di tutorato clinico affiancandola all’attività clinica: ciò comporta che il professionista, in orario di servizio, deve garantire una presenza costante, attiva e competente allo studente e, contemporaneamente, gestire i percorsi assistenziali degli utenti. Si può forse spiegare in tal modo l’ingente numero di tutor: un tutorato così organizzato comporta per le aziende sanitarie un minimo dispendio di risorse umane ed economiche. Il tutorato clinico si limita a essere una funzione attribuita all’infermiere, limitata nel tempo, aggiuntiva rispetto all’attività clinica e circoscritta a una serie di attività progettate e richieste dall’organizzazione universitaria. Dalla letteratura emerge, invece, un chiaro profilo dell’infermiere-tutor clinico, al quale sono affidate responsabilità precise, a fronte di competenze incentrate sulla relazione d’aiuto e su una competenza decisionale ancorata a prove d’efficacia sempre aggiornate e al pensiero critico. è in quest’ottica che l’attività di tutorato clinico non può che essere definita un ruolo: se riconosciuto, motiverebbe il professionista a investire energie e risorse al fine di acquisire le competenze e i requisiti necessari per ricoprirlo. L’interazione costruttiva tra Università e Azienda sanitaria rappresenta l’unica possibile strada da perseguire per sostenere la trasformazione da quella che fino a oggi è considerata una funzione al riconoscimento del ruolo: l’utilizzo della contrattazione decentrata come previsto dal CCNL 1998/2001, la definizione di requisiti minimi trasversali tra gli atenei per il reclutamento dei tutor clinici e le convenzioni tra Università e Azienda sanitaria potrebbero essere i tre canali preferenziali sui quali agire.