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COELHO, PAULO, As Valkírias
Copyright © 1992 by Paulo Coelho
This edition published by arrangements
with Sant Jordi Asociados Agencia Literaria S.L.U., Barcelona.
All rights reserved.
www.paulocoelho.com
ISBN 978-88-452-6580-8
© 2010 RCS Libri S.p.A.
Via Mecenate 91 – 20138 Milano
I edizione Bompiani: settembre 2010
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PAULO COELHO
LE VALCHIRIE
Traduzione di Rita Desti
ROMANZO
BOMPIANI
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(Nero pellicola)
Al nome che fu scritto il 12 ottobre 1988
nel Glorieta Canyon
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(Nero pellicola)
Oh, Maria, concepita senza peccato,
pregate per noi che ricorriamo a Voi.
Amen
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(Nero pellicola)
E un angelo si presentò a loro
e la gloria del Signore li circonfuse.
Luca, 2, 9
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(Nero pellicola)
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(Nero pellicola)
Prologo
J. e io ci incontrammo per cenare sulla spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro. Con tutta la gioia e l’entusiasmo di uno scrittore che stava per pubblicare il secondo
libro, gli consegnai una copia de L’Alchimista. Gli spiegai
che il romanzo era dedicato a lui: intendevo ringraziarlo
per tutto ciò che avevo appreso nel corso dei nostri sei anni di frequentazione.
Due giorni dopo, lo accompagnai all’aeroporto. J. aveva
già letto gran parte del mio testo e mi fece notare una frase: “Tutto ciò che accade una volta potrebbe non succedere mai più. Ma tutto ciò che succede due volte finirà per
accadere anche una terza.” Gli domandai cosa intendesse
dire. Mi spiegò che già in altre due occasioni avevo avuto
l’opportunità di vivere il mio sogno, eppure ero arrivato a
distruggerlo. Citò alcuni versi della Ballata dal carcere di
Reading di Oscar Wilde:
Si distrugge sempre ciò che più si ama,
in campo aperto, oppure in un’imboscata;
alcuni impiegano la leggerezza dell’affetto,
altri la durezza della parola;
i codardi annientano con un bacio,
i prodi con la lama della spada.
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(Nero pellicola)
Gli domandai cosa intendesse dire. J. mi suggerì di fare
gli Esercizi Spirituali secondo la regola di sant’Ignazio di
Loyola in un luogo isolato, giacché il successo suscita nelle persone sentimenti di gioia e di colpa nel contempo, e
io dovevo essere pronto ad affrontare ciò che mi sarebbe
accaduto a partire da allora.
A quel punto, gli dissi che uno dei miei sogni era trascorrere quaranta giorni in un deserto – J. la reputò un’ottima idea. Mi suggerì di recarmi nella regione del Mojave,
negli Stati Uniti: laggiù conosceva qualcuno che avrebbe
potuto aiutarmi a comprendere ed accettare il senso di
quello che tuttora amo: il mio lavoro.
Il risultato di questa esperienza è contenuto ne Le Valchirie. Gli eventi narrati nel libro riguardano il periodo
compreso fra il 5 settembre e il 17 ottobre 1988. Ho invertito la cronologia di alcuni episodi e, in due occasioni,
mi sono permesso di ricorrere all’invenzione per far comprendere appieno al lettore gli argomenti trattati – in qualsiasi caso, i fatti essenziali appartengono alla realtà. La
lettera citata nell’epilogo è custodita presso l’Archivio Notarile di Rio de Janeiro, repertata con il numero 478038.
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(Nero pellicola)
Le Valchirie
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(Nero pellicola)
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(Nero pellicola)
Stava guidando da quasi sei ore. Per l’ennesima volta,
domandò alla compagna seduta accanto se quella fosse la
strada giusta.
Per l’ennesima volta, la donna consultò la carta. Sì, era
la strada giusta – nonostante il paesaggio intorno fosse verdeggiante e vi scorresse un fiume, e la strada apparisse fiancheggiata da alberi.
“È meglio fermarci in una stazione di servizio e domandare,” disse lei.
Proseguirono in silenzio, ascoltando vecchie canzoni alla radio. Chris sapeva che non c’era bisogno di sostare in
una stazione di servizio, perché stavano procedendo nella
direzione giusta, sebbene lo scenario che li circondava risultasse piuttosto differente da quello che un viaggiatore si
sarebbe aspettato. In qualsiasi caso, conosceva bene il compagno – Paulo era un tipo ansioso e diffidente, e aveva la
convinzione che si fosse sbagliata nell’interpretare la mappa. Di sicuro, se avessero interpellato qualcuno, si sarebbe
tranquillizzato.
“Perché siamo venuti fin qui?”
“Perché io possa portare a compimento la mia prova,” rispose lui.
“Una prova piuttosto strana,” commentò la donna.
‘Sì, davvero molto strana,’ pensò Paulo.
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(Nero pellicola)
Parlare con il proprio angelo custode.
“D’accordo, parlerai con il tuo angelo, ma...” disse lei,
dopo qualche momento, “nel frattempo, che ne diresti di
conversare un po’ con me?”
Paulo rimase in silenzio, concentrato sulla guida: era
convinto che la compagna gli avesse indicato una strada
sbagliata. ‘È inutile insistere,’ pensò Chris – e sperò ardentemente che comparisse al più presto una stazione di
servizio. Uscendo dall’aeroporto di Los Angeles, avevano
imboccato subito quella superstrada, e adesso temeva che
il compagno fosse pervaso da un’enorme stanchezza e avesse un colpo di sonno mentre guidava.
E... quell’accidenti di posto non arrivava mai.
‘Avrei dovuto mettermi con un ingegnere,’ si disse.
No, non si sarebbe mai abituata a quel mollare tutto all’improvviso, per inseguire percorsi spirituali e spade e
conversazioni con angeli, a quel proseguire insistentemente
lungo il cammino della magia. ‘Ha sempre avuto l’abitudine di abbandonare ogni cosa, anche prima di incontrare J. Quasi una mania!’
Ripensò al giorno in cui erano usciti insieme per la prima volta. Erano finiti subito a letto e, una settimana dopo, lei si era trasferita con il tavolo da lavoro nel suo
appartamento. Alcuni amici comuni le avevano detto che
Paulo era uno stregone e, una sera, Chris si era ritrovata a
telefonare al pastore della chiesa protestante che frequentava chiedendogli di pregare per lei.
Durante il loro primo anno di convivenza, però, lui non
aveva parlato di magia neppure una volta. Lavorava in una
casa discografica, e questo era tutto.
L’anno successivo non aveva portato alcuna novità, tranne il fatto che Paulo si era licenziato per assumere un incarico presso un’altra etichetta musicale.
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(Nero pellicola)
Al terzo anno, ecco un nuovo licenziamento – ah, quella mania di abbandonare tutto! – e la decisione di intraprendere la carriera di autore di programmi televisivi.
Chris trovava piuttosto strano quel cambiare lavoro ogni
anno – ma… Paulo scriveva e guadagnava, e ciò consentiva loro di vivere agiatamente.
Poi, verso la fine del loro terzo anno di convivenza, ancora una volta lui aveva deciso di lasciare il lavoro. Non
aveva motivato la sua decisione: aveva detto soltanto che
era stufo di quella vita, che reputava inutile continuare a
licenziarsi, a passare da un impiego all’altro. Era arrivato al
punto in cui voleva scoprire ciò che voleva veramente. E
così avevano raggranellato un piccolo gruzzolo ed erano
partiti per girare il mondo.
‘In macchina, proprio come ora,’ pensò Chris.
E, ad Amsterdam, avevano incontrato J.: stavano prendendo un caffè nel bar dell’Hotel Brouwer e lasciavano
vagare i loro sguardi sul canale Singel. Quando lo aveva
visto, Paulo era sbiancato, in preda a una sorta di ansia;
poi, aveva fatto ricorso a tutto il suo coraggio e si era avvicinato al tavolo di quell’uomo alto, con i capelli brizzolati, in giacca e cravatta. Quella sera, dopo essere rimasti
soli – e dopo aver bevuto un’intera bottiglia di vino, anche se non reggeva l’alcol, ubriacandosi – lui le aveva confessato che, per sette anni, si era dedicato allo studio della
magia (comunque si trattava di qualcosa che Chris già sapeva: alcuni amici gliene avevano parlato). Tuttavia, a un
certo punto, aveva abbandonato: non le spiegò mai le ragioni di quella scelta, nonostante lei insistette nel domandargliele.
“Ho avuto la sensazione di vedere quell’uomo due mesi
orsono, nel campo di concentramento di Dachau,” le aveva detto, riferendosi a J.
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(Nero pellicola)
Lei ricordava perfettamente quel giorno. Paulo era scoppiato in lacrime, dicendo che udiva un richiamo, ma non
sapeva come rispondervi.
“Secondo te, devo tornare alla magia?” le aveva chiesto.
“Sì,” gli aveva risposto, sebbene non fosse affatto certa
delle sue parole.
Dopo l’incontro con J., tutto era cambiato. Erano cominciati rituali, esercizi, pratiche. Lunghi viaggi con quell’individuo quasi irreale, senza una data precisa di ritorno.
Ripetuti incontri con uomini strani e donne meravigliose,
vibranti di un’intensa aura di sensualità. Sfide e prove, interminabili notti insonni e lunghi fine-settimana chiusi in
casa. Ma adesso Paulo appariva molto più contento – non
doveva più passare la vita a licenziarsi. Insieme avevano
fondato una piccola casa editrice, e lui era riuscito a realizzare il suo sogno: essere uno scrittore.
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(Nero pellicola)
Finalmente comparve una stazione di servizio. Una giovane donna dai lineamenti indiani si avvicinò per servirli.
Entrambi scesero dall’auto per sgranchirsi le membra,
mentre la ragazza faceva il pieno di benzina.
Paulo prese la mappa e controllò il percorso. Erano sulla strada giusta.
‘Si è tranquillizzato, adesso. Forse mi parlerà,’ pensò
Chris.
“J. ti ha detto che incontrerai il tuo angelo qui?” gli domandò, con enorme cautela.
“No,” replicò Paulo.
‘Splendido, mi ha risposto,’ si disse Chris, mentre osservava la vegetazione rigogliosa. Il sole stava cominciando a
tramontare. Se non avesse controllato sulla mappa più volte, anche lei avrebbe dubitato che quella fosse la strada giusta. Dovevano mancare meno di dieci chilometri alla loro
destinazione, ma lo scenario sembrava indicare che si trovassero ancora lontani, molto lontani.
“J. non mi ha detto di venire proprio quaggiù,” proseguì
Paulo. “Sarebbe andato bene qualsiasi altro posto. Ma qui
ho un contatto, capisci?”
Certo che capiva. Paulo aveva sempre dei contatti. Si riferiva a queste persone come membri della Tradizione –
qualcosa che, nel suo diario, lei indicava con il termine
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(Nero pellicola)
“Cospirazione”. C’erano molti più stregoni e fattucchieri
di quanti si potesse immaginare.
“Qualcuno che parla con gli angeli?”
“Non ne sono sicuro. Una volta, J. ha accennato – in
modo assai vago – a un maestro della Tradizione che vive
da queste parti, e che conosce la maniera di entrare in contatto con gli angeli. Comunque, potrebbe trattarsi di una
diceria.”
Anche se forse stava parlando seriamente, Chris sapeva
che il compagno poteva aver scelto a casaccio quel posto,
uno dei tanti nei quali aveva un qualche “contatto”. Un
luogo dove gli fosse possibile evitare le incombenze della
vita quotidiana e concentrarsi sul Soprannaturale, sullo
Straordinario.
“Ma… in che modo riuscirai a parlare con il tuo angelo?”
“Non lo so.”
‘Che strana maniera di vivere,’ pensò. Seguì con lo sguardo il compagno, che si stava avviando verso la giovane indiana per pagare il conto. Sapeva solo che doveva parlare
con gli angeli – soltanto questo! Abbandonare tutto ciò
che stava facendo, salire su un aereo, viaggiare per dodici
ore fino a Los Angeles, guidare per sei ore fino a quella stazione di servizio, armarsi di spirito di sopportazione e infinita pazienza per trascorrere quaranta giorni nel deserto,
e tutto questo per parlare – o meglio, per tentare di parlare – con il proprio angelo custode!
Paulo le sorrise, e lei ricambiò il sorriso. In fin dei conti, non era poi così male. D’accordo, dovevano affrontare
alcune seccature quotidiane, pagare le bollette, versare assegni, compiere visite di cortesia, talvolta piegarsi ai soprusi.
Ma credevano ancora negli angeli.
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(Nero pellicola)
“Ci riusciremo,” disse Chris.
“Bello, il plurale. Ti ringrazio,” replicò lui. “Ma, qui, il
mago sono io.”
La giovane della stazione di servizio confermò che erano
sulla strada giusta. Viaggiarono per altri dieci minuti – con
la radio spenta, adesso. Affrontarono la pendenza di una
collinetta e, quando arrivarono in cima e scorsero il paesaggio sul fondo della valle, si accorsero di quanto fossero
in alto. Per sei ore, avevano viaggiato costantemente in salita, senza rendersene conto.
Ma ora erano arrivati.
Paulo accostò sul ciglio della strada e spense il motore
dell’auto. Chris guardò ancora indietro, per accertarsi che
fosse proprio vero: sì, poteva vedere alberi verdi, piante,
vegetazione.
Davanti a sé, lungo l’intero orizzonte, invece si stendeva il Mojave. L’enorme deserto che toccava quattro stati
americani, sfiorando il Messico: il deserto che aveva visto
molte volte nei film western quand’era bambina, il deserto che ospitava località con nomi strani come il Canyon
dell’Arcobaleno o la Valle della Morte.
‘È rosa,’ si disse Chris. Ma non proferì parola. Paulo stava fissando quell’immensità: forse cercava di scoprire dove abitassero gli angeli.
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(Nero pellicola)
Chiunque si trovi al centro della piazza principale può
tranquillamente vedere dove comincia e dove finisce Borrego Springs. Eppure in quella minuscola cittadina c’erano tre alberghi. D’inverno, i turisti andavano lì per
ritrovare la forma e il calore del sole.
Lasciarono il bagaglio in camera e si recarono a cena in
un ristorante messicano. Il giovane cameriere si trattenne
a lungo nei pressi del loro tavolo, sforzandosi di scoprire
che lingua parlassero: non vi riuscì, e finì per domandarlo. Allorché apprese che venivano dal Brasile, disse che non
aveva mai conosciuto un brasiliano.
“E adesso ne conosco due!” esclamò, ridendo.
L’indomani, quella notizia probabilmente sarebbe stata
conosciuta da tutto il paese. Non c’erano molte novità a
Borrego Springs.
Al termine della cena, Chris e Paulo andarono a fare una
passeggiata nei dintorni della cittadina, mano nella mano.
Lui voleva sentire il deserto sotto i piedi, respirare l’aria
del Mojave. Si ritrovarono a percorrere un sentiero costellato di sassi e rocce: dopo circa mezz’ora di cammino,
guardando verso est, poterono scorgere in lontananza le
poche luci di Borrego Springs.
Adesso riuscivano a contemplare più nitidamente la volta stellata. Si sdraiarono sul terreno e cominciarono a espri20
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(Nero pellicola)
mere un desiderio per ogni stella cadente che vedevano.
Non c’era la luna; le costellazioni brillavano.
“Hai mai avuto la sensazione che, in taluni momenti della vita, ci sia qualcuno che ti osserva?” domandò Paulo.
“Come puoi dirlo?”
“Posso, perché lo so. Ci sono momenti in cui, senza averne coscienza, si percepisce la presenza degli angeli.”
Chris ripensò all’adolescenza. All’epoca, quella sensazione era molto più forte.
“In quei momenti,” proseguì Paulo, “arriviamo a crearci una sorta di film, nel quale siamo i protagonisti e ci
muoviamo con la certezza che qualcuno stia vegliando su
di noi.
“Poi, man mano che cresciamo, pensiamo che tutto ciò
sia ridicolo. Ci sembra soltanto il sogno di una giovane
creatura che aspira a fare l’attore o l’attrice. E dimentichiamo che, nei momenti in cui recitavamo per una platea invisibile, la sensazione di essere osservati era molto
forte.”
Rimase in silenzio per un attimo.
“Quando mi ritrovo a fissare il cielo, spesso questa sensazione ritorna, seguita sempre dalla medesima domanda:
‘Chi sta vegliando su di noi?’”
“È vero: chi veglia su di noi?” chiese Chris.
“Gli angeli. I messaggeri di Dio.”
La donna teneva lo sguardo fisso al cielo. Voleva crederci.
“Tutte le religioni – e tutti coloro che sono entrati in
contatto con lo Straordinario – parlano di angeli,” proseguì Paulo. “L’Universo è popolato di angeli. Sono loro a
infonderci la speranza: un angelo ha annunciato ai pastori la nascita del Messia. Oppure a portare la morte: l’angelo
sterminatore è planato sull’Egitto e ha annientato gli abi21
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(Nero pellicola)
tanti delle case sulle cui porte non compariva alcun segno.
Sono loro che, con una spada fiammeggiante, ci impediscono di entrare nel Paradiso. Oppure, con un cenno della mano, ci invitano a entrare, com’è accaduto a Maria.
“Gli angeli spezzano i sigilli dei libri proibiti e suonano
le trombe del Giudizio Universale. Portano la luce, come
Michele; oppure le tenebre, come Lucifero.”
Chris si appellò al proprio coraggio e domandò:
“Hanno le ali?
“Non ne ho ancora visto uno,” rispose lui. “È qualcosa
che volevo sapere anch’io, e così l’ho domandato a J.”
‘Perfetto,’ pensò lei. Non era l’unica a essere incuriosita
da cose tanto semplici sugli angeli.
“J. mi ha detto che assumono la forma che noi immaginiamo. E questo perché sono il pensiero vivo di Dio e devono adattarsi alle nostre conoscenze e alla nostra
comprensione. Sanno che, se non facessero così, non riusciremmo a entrare in contatto con loro e a vederli.”
Paulo chiuse gli occhi.
“Sforzati di immaginare il tuo angelo custode e, in quel
preciso istante, ne avvertirai la presenza,” concluse.
Rimasero in silenzio, sdraiati nel deserto. Non si udiva
alcun rumore. Pian piano, Chris si ritrovò in quel suo film
dell’adolescenza, nel quale recitava davanti a platee invisibili. Quanto più si concentrava, tanto più aveva la certezza che intorno a sé aleggiasse una presenza forte,
amichevole e generosa. Si figurò il proprio angelo, con le
fattezze che gli aveva dato nell’infanzia: veste azzurra, capelli d’oro e immense ali bianche.
Anche Paulo stava immaginando il proprio angelo. Gli
era già capitato parecchie volte di penetrare nel mondo invisibile che lo circondava – per lui, non era certo una novità. Ma, da quando J. l’aveva spinto ad affrontare quella
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(Nero pellicola)
prova, avvertiva la presenza dell’angelo in maniera più concreta – come se gli angeli si manifestassero soltanto a coloro che credevano nella loro esistenza. Comunque,
indipendentemente dal fatto che si credesse, loro c’erano
sempre – messaggeri della vita, della morte, dell’Inferno e
del Paradiso.
Si figurò il suo angelo con un lungo mantello ricamato,
e lo fornì persino di un paio di ali.
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(Nero pellicola)
L’agente che stava facendo colazione al tavolo accanto si
voltò verso di loro.
“Non dovete andare nel deserto di sera,” disse.
‘È davvero una cittadina molto piccola,’ pensò Chris. ‘Si
sa tutto in un baleno.’
“Quando scende il buio, diventa assai pericoloso,” proseguì l’agente. “È il momento in cui i coyote e i serpenti
escono dalle tane. Poiché non sopportano il calore del
giorno, cacciano quando tramonta il sole.”
“Siamo andati là per vedere i nostri angeli,” replicò Paulo.
L’agente pensò che l’uomo avesse difficoltà a esprimersi
in inglese. Ciò che aveva detto non aveva alcun senso: “Angeli!” Forse intendeva qualcos’altro.
Chris e Paulo fecero colazione in fretta. Il “contatto” aveva fissato l’appuntamento per le prime ore del mattino.
Chris si stupì allorché vide Took per la prima volta – era
un ragazzo, la cui età non superava i vent’anni. Viveva in
un camper posteggiato nel deserto, ad alcuni chilometri
da Borrego Springs.
“Un maestro della ‘Cospirazione’?” domandò sottovoce
a Paulo, quando il giovane si allontanò per andare a prendere del tè ghiacciato.
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(Nero pellicola)
Il ragazzo tornò prima che il compagno potesse rispondere. Si sedettero all’ombra della “veranda”: un semplice
tendone montato lungo la fiancata del veicolo.
Parlarono di riti templari, di reincarnazione, di magia
sufi e dell’impegno della Chiesa Cattolica in America Latina. Il giovane sembrava possedere una vasta cultura.
Chris reputò assai divertente ascoltare la loro conversazione: sembravano due tifosi che discutevano di sport, giustificando alcune scelte tattiche e contestandone altre.
Parlarono di tutto – tranne che di angeli.
I raggi del sole cominciarono a scaldare l’aria: Chris e
Paulo bevvero dell’altro tè mentre Took, sempre sorridente, raccontava le meraviglie della vita nel deserto – comunque, non era un luogo che i turisti dovevano
frequentare di sera (l’agente aveva ragione). Aggiunse che
era meglio evitare anche le ore più calde del giorno.
“Il deserto è fatto per le mattine e i pomeriggi,” sentenziò. “Nelle altre ore è pericoloso.”
Chris continuò a seguire la conversazione ma, poiché si
era svegliata molto presto e la luce del sole era diventata
sempre più intensa, decise di chiudere gli occhi e fare un
sonnellino.
Quando si svegliò, il suono delle voci non proveniva più
dalla veranda. I due uomini si erano spostati dietro al camper.
“Perché hai portato tua moglie?” domandò Took, sottovoce.
“Perché stavo andando in un deserto,” rispose Paulo,
parlando anch’egli con voce sommessa.
Took rise.
“In questo modo, ti perdi la cosa migliore del deserto: la
solitudine.”
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(Nero pellicola)
(‘Che presuntuoso!’ pensò Chris.)
“Parlami di loro,” disse Paulo.
“Quelle donne ti aiuteranno a entrare in contatto con il
tuo angelo,” replicò l’americano.
(‘Altre donne. È sempre così: altre donne!’)
“Hanno insegnato anche a me. Comunque, le Valchirie
sono estremamente sospettose e dure. Si adoperano per seguire le leggi degli angeli e, come sai, nel regno di questi
non esiste né il Bene né il Male.”
“Cioè… non come li intendiamo noi.”
Era la voce di Paulo. Chris non sapeva chi o cosa indicasse il termine “Valchirie”. Ricordava vagamente di avere udito quel nome nel titolo di un brano d’opera.
“Per te è stato difficile vedere l’angelo?”
“‘Difficile’, no. Il termine giusto è ‘duro’. Accadde all’improvviso, quando le Valchirie si ritrovarono a passare
da queste parti. Avevo deciso di apprendere questa pratica soltanto per distrarmi: a quel tempo, non comprendevo ancora il linguaggio del deserto e trovavo tutto molto
noioso.
“Il mio angelo apparve su quella montagna – la terza,
laggiù. Stavo ascoltando distrattamente della musica da un
walkman. All’epoca, avevo un dominio assoluto della seconda mente. Ora sono più concentrato su altri pensieri.”
(‘Che diavolo sarà la «seconda mente»?’)
“Tuo padre ti aveva insegnato qualcosa?”
“No. E quando gli domandai perché non mi avesse parlato degli angeli, mi rispose che talune cose sono così importanti che bisogna scoprirle da soli.”
Rimasero in silenzio per un momento.
“Se ti capiterà di incontrarle, qualcosa ti faciliterà il contatto,” riprese il giovane.
“Che cosa?”
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(Nero pellicola)
Took proruppe in una sonora risata.
“Lo scoprirai. Comunque, sarebbe stato molto meglio
se tu fossi venuto da solo.”
“Il tuo angelo aveva le ali?” domandò Paulo.
Prima che Took potesse rispondere, Chris si era alzata
dalla sedia di metallo e, dopo aver girato intorno al camper, si era piazzata davanti a loro.
“Paulo, perché insiste con questa storia che sarebbe stato meglio che tu fossi venuto senza di me?” domandò, in
portoghese. “Vuole che me ne vada?”
Took seguitò a parlare con Paulo, senza prestare la minima attenzione a queste parole. Chris rimase in attesa di
una replica del compagno – inutilmente: era come se fosse diventata invisibile.
“Dammi le chiavi della macchina,” disse infine, dopo
che la sua pazienza si fu esaurita.
“Cosa vuole tua moglie?” domandò allora Took.
“Credo che le piacerebbe sapere cos’è la ‘seconda mente’.”
‘Maledetto! Nove anni insieme, e adesso racconterà a
quel ragazzo persino di quando ci svegliamo!’
Il giovane si alzò.
“Il mio nome è Took… Come il preterito di to take, ‘prendere’ in inglese, e non Gave, quello di to give, ‘dare’. Ecco
perché mi è difficile dare spiegazioni,” disse, fissandola. “Ma,
al di là di tutto ciò, tu sei davvero una bella donna.”
Il complimento sortì l’effetto immediato. A quanto pareva, quel tizio sapeva come trattare le donne, nonostante
la giovane età.
“Siediti e chiudi gli occhi, e io ti mostrerò cos’è la seconda mente,” disse.
“Non sono venuta nel deserto per apprendere le arti magiche, o per parlare con gli angeli,” replicò Chris. “Sono
qui per accompagnare mio marito.”
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(Nero pellicola)
“Siediti,” ripeté Took, ridendo.
Per una frazione di secondo, Chris guardò Paulo. Tuttavia non riuscì a scoprire che cosa ne pensasse della proposta dell’altro.
‘Rispetto il loro mondo, pure se non è il mio,’ si disse.
Anche se tutti gli amici erano convinti che avesse adottato seriamente lo stile di vita del compagno, di fatto parlavano assai poco del percorso spirituale di Paulo. Chris lo
accompagnava in determinati posti, le era capitato di portare la sua spada per una cerimonia, conosceva il Cammino di Santiago e, in virtù delle circostanze, aveva appreso
alcuni rudimenti della magia sessuale. Soltanto questo.
J. non le aveva mai proposto di diventare una discepola.
“Che faccio?” domandò a Paulo.
“È una decisione che spetta solo a te,” rispose lui.
‘Io lo amo,’ pensò Chris. Di sicuro, conoscere qualcos’altro sul suo mondo l’avrebbe avvicinata ulteriormente a lui. Si diresse verso la seggiola di metallo, si sedette e
chiuse gli occhi.
“A cosa stai pensando?” le domandò Took.
“A quello di cui stavate parlando. A Paulo che viene qui
da solo. Alla seconda mente. All’eventualità che il tuo angelo avesse le ali. E al motivo per cui tutto ciò suscita un
interesse così grande in me. In fin dei conti, penso di non
aver mai parlato di angeli.”
“No, no. Voglio sapere se sta accadendo qualcosa di strano nei tuoi pensieri. Se c’è qualcosa che non controlli.”
Chris sentì le mani del ragazzo che le sfioravano le tempie.
“Rilassati… Rilassati.” Il tono della sua voce era diventato più dolce. “A cosa stai pensando?”
C’erano suoni. E voci. Soltanto adesso cominciava a rendersi conto di ciò che stava pensando, sebbene le occupasse la mente da quasi un giorno.
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(Nero pellicola)
“A una canzone,” rispose lei. “Continuo a canticchiarla
silenziosamente da quando l’ho udita alla radio, ieri, mentre stavamo venendo qua.”
Sì, da allora aveva intonato di continuo quella melodia:
cominciava e finiva, finiva e ricominciava. Non riusciva a
scacciarla dalla mente.”
Took le ordinò di riaprire gli occhi.
“Ecco la seconda mente,” disse. “È quella che continua a canticchiare la canzone. Comunque, potrebbe essere impegnata da qualsiasi altra cosa. Per esempio, se
fossi innamorata, forse dentro di essa ci sarebbe la persona con cui desidereresti stare, oppure che vorresti dimenticare. Ma… ricorda, la seconda mente è piuttosto
complessa – e funziona indipendentemente dalla tua volontà.”
A quel punto, Took si rivolse a Paulo e rise.
“Una canzone. Proprio come accade a me: la mia seconda mente è sempre affollata di canzoni. Ma le donne
dovrebbero essere perennemente innamorate, e non avere canzoni che vorticano nelle loro teste! Ti è mai capitato di avere degli amori rinchiusi nella seconda mente?”
I due uomini scoppiarono a ridere.
“Si tratta degli amori peggiori. Terribili, oserei dire,”
proseguì Took, senza riuscire a trattenere il riso. “Uno
viaggia, tenta di dimenticare, ma la seconda mente seguita a ripetere incessantemente: ‘Lei apprezzerebbe davvero questa cosa’, oppure: ‘Ah, che bello se lei fosse qui!’”
Entrambi ridevano a crepapelle. Chris non diede importanza alle loro battute. Appariva sorpresa – non si era
mai soffermata a riflettere su quella faccenda.
Aveva due menti. Che funzionavano contemporaneamente.
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(Nero pellicola)
Took aveva smesso di ridere e si era spostato accanto a lei.
“Chiudi di nuovo gli occhi,” disse. “E ripensa all’orizzonte che hai avuto davanti.”
Chris si sforzò di immaginarlo. Poi si rese conto di non
aver mai guardato l’orizzonte.
“Non ci riesco,” disse, con gli occhi chiusi. “L’ho osservato soltanto distrattamente. So cosa c’è intorno a me, ma
non ho un ricordo preciso dell’orizzonte.”
“Apri gli occhi e guarda.” Chris obbedì. C’erano montagne, e rocce, e sassi, e una rada vegetazione bassa. Oltre a un
sole che brillava sempre più intenso e che sembrava trafiggere i suoi occhiali scuri e bruciarle gli occhi. “Tu sei qui,”
disse Took, con voce serissima. “Devi comprendere intimamente che ti trovi in questo posto, e che tutte le cose intorno ti trasformano – proprio come tu trasformi loro.”
Chris fissava il deserto.
“Per penetrare nel mondo invisibile e sviluppare i tuoi
poteri, è necessario che tu viva nel presente, qui e ora. Per
vivere nel presente, devi controllare la seconda mente. E
guardare l’orizzonte.”
Il giovane le disse di concentrarsi sulla melodia che, involontariamente, stava canticchiando: When I Fall in Love. Non conosceva tutto il testo e, di conseguenza,
inventava le parole o si limitava a vocalizzare i versi: “Tumlarà-tum-tum…”
Chris si concentrò. Ben presto la melodia abbandonò la
sua mente. Adesso era assolutamente pronta, attenta alle
parole di Took.
Ma sembrava che il ragazzo non avesse altro da aggiungere.
“Adesso ho bisogno di rimanere solo,” disse, infine.
“Tornate fra due giorni.”
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(Nero pellicola)
Poiché non avevano il coraggio di affrontare i cinquanta gradi del mezzogiorno, decisero di restare nella camera
del motel, avvolti dalla frescura dell’aria condizionata.
Nessun libro, niente di interessante da guardare. C’era solo da far passare il tempo, cercando di dormire – inutilmente.
“Andiamo a esplorare il deserto,” suggerì Paulo.
“È troppo caldo. Took ha detto che è pericoloso. Rimandiamo a domani.”
Paulo non rispose. Chris era sicura che, a quel punto,
stesse tentando di trasformare la permanenza nella stanza
del piccolo motel in una sorta di apprendistato. Si sforzava di dare sempre un senso a ciò che gli accadeva nella vita, e parlava unicamente per scaricare le tensioni.
Ma era qualcosa di impossibile: impegnarsi per dare un
senso a tutto significava mantenersi costantemente in uno
stato di allerta. Paulo non si rilassava mai – e lei si domandò quando si sarebbe stancato di quella storia.
“Chi è Took?”
“Suo padre era un mago dotato di poteri enormi, e lui
vuole continuare la tradizione di famiglia. Cioè, come i padri ingegneri desiderano che il figlio segua la loro strada…”
“È giovane, ma si obbliga a comportarsi da adulto. Sta
sprecando gli anni migliori della sua vita nel deserto.”
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(Nero pellicola)
“Per ogni cosa bisogna pagare un prezzo. Se Took riuscirà a completare questa esperienza senza abbandonare la
Tradizione, sarà il primo di una serie di giovani maestri a
vivere in un mondo che, pur comprendendolo, i vecchi
non sono più in grado di spiegare.”
Paulo si sdraiò sul letto e si immerse nella lettura dell’unico libro disponibile: la Guida degli alloggi nel Deserto
del Mojave. Non era affatto intenzionato a raccontare a
Chris che, oltre a quanto le aveva detto, c’era un’ulteriore
ragione per spiegare la presenza di Took in quel posto: essendo dotato di poteri paranormali, i maestri della Tradizione avevano incaricato il giovane di prodigarsi affinché
le porte del Paradiso rimanessero aperte.
Chris voleva chiacchierare. Si sentiva angosciata, prigioniera nella camera di quel motel, fortemente determinata
a non dare “un senso a tutto”, come faceva il compagno.
Era un essere umano normale, e non aspirava affatto a conquistarsi uno spazio nella comunità degli eletti.
“Non ho capito il senso di quello che Took ha cercato di
insegnarmi,” disse, incalzando Paulo. “La solitudine e il
deserto possono spronarci ad avere un contatto con il
mondo invisibile. Ma credo che pregiudichino le relazioni tra le persone.”
“Probabilmente avrà qualche spasimante che vive qui intorno,” replicò Paulo, ricordandosi di una frase del suo
maestro – “Magia e donne” – e cercando di porre fine alla conversazione.
‘Se dovrò passare altri trentanove giorni in questo modo,
finirò con il suicidarmi,’ si disse Chris.
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Nel pomeriggio, andarono in uno snack-bar che si trovava al di là della strada. Paulo scelse un tavolo accanto alla vetrina.
“Voglio che tu osservi con attenzione le persone che passeranno qui davanti,” disse a Chris.
Ordinarono dei gelati enormi. Lei aveva trascorso diverse ore concentrandosi sulla seconda mente, e ora riusciva
a controllarla assai meglio – il suo appetito, invece, sfuggiva sempre a qualsiasi controllo.
Esaudì la richiesta di Paulo. In quasi mezz’ora, solo cinque persone attraversarono lo spazio della vetrina.
“Che cos’hai visto?”
Chris descrisse i passanti nei particolari: vestiti, età approssimativa, oggetti che reggevano nelle mani. Ma, all’apparenza, non era questo che il compagno voleva sapere.
Cosicché seguitò a incalzarla, nel tentativo di ottenere risposte più soddisfacenti, ma vanamente.
“Va bene,” le disse, a un certo punto, rinunciando a insistere. “Ti dirò cosa volevo che notassi.
“Tutte le persone che sono passate qui davanti tenevano
lo sguardo leggermente rivolto verso il suolo.”
Per qualche momento, aspettarono che passasse qualcun
altro. Chris guardò e si disse che il compagno aveva ragione.
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“Took ti ha detto di osservare l’orizzonte. Ebbene, fallo.”
“Ma… cosa significa?”
“Tutti gli esseri viventi – uomini e animali – creano intorno a sé una sorta di ‘spazio magico’: perlopiù si tratta di
un cerchio con un raggio di cinque metri. Ciascuno di noi
presta attenzione a ciò che si trova al suo interno, indipendentemente dal fatto che siano persone o tavoli o telefoni o vetrine, e si impegna per mantenere il controllo sul
piccolo mondo che ha plasmato.
“I maghi, invece, guardano sempre più lontano. Ampliano questo ‘spazio magico’ e cercano di controllare
molte più cose. È quello che definiscono guardare l’orizzonte.”
“E… perché dovrei farlo?”
“Perché sei qui, adesso. Sforzati, e ti accorgerai che tutto cambierà.”
Quando uscirono dal bar, Chris focalizzò l’attenzione
sulle cose distanti. Notò le montagne, le rare nuvole che
comparivano mentre il sole scivolava verso il tramonto. Fu
pervasa da una strana sensazione: era come se vedesse l’aria
intorno a sé.
“Tutte le affermazioni di Took sono davvero importanti,” disse Paulo. “Ha visto il suo angelo custode e gli ha
parlato, e probabilmente si servirà di te per trasmettermi i
suoi insegnamenti. Di certo, conosce il potere delle parole; sa che i consigli inascoltati ritornano da chi li ha dati e
perdono la loro forza e la loro capacità di cambiare. Ecco
perché vuole avere la certezza che sei interessata ai suoi
suggerimenti.”
“Perché non si rivolge direttamente a te?”
“Nella Tradizione esiste una regola non scritta: un maestro non può mai insegnare al discepolo di un altro maestro. E io sono un allievo di J.
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“Ma, poiché vuole aiutarmi, ha scelto te come intermediario.”
“È questo il motivo per cui mi hai permesso di accompagnarti?”
“No. Avevo paura di trovarmi solo in un deserto.”
‘Avrebbe anche potuto rispondere che si è trattato di un
gesto d’amore,’ pensò Chris mentre facevano una passeggiata nella cittadina. Sarebbe stata la risposta più autentica.
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Bompiani ha raccolto l’invito della campagna
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Finito di stampare
nel mese di settembre 2010 presso il
Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche – Bergamo
Printed in Italy
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