RIASSUNTO Sebbene in quest’ultima decade il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo sia migliorato significativamente, contribuendo inoltre ad una maggiore comprensione dei suoi meccanismi fisiopatologici, una cospicua percentuale di pazienti si dimostra tuttora resistente alle comuni terapie a base di antidepressivi serotoninergici. Questo lavoro, attraverso una review degli studi attualmente disponibili sulle strategie terapeutiche alternative di tipo sia farmacologico che non, si pone l’obiettivo di schematizzare quelle più promettenti e interessanti, esaminando anche i possibili fattori predittivi di risposta che possano condurre ad una individualizzazione sempre più precisa del trattamento e ridurre le probabilità di insuccesso. 2:2007; 85-102 Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università degli Studi di Pisa NÓOς DONATELLA MARAZZITI, GIORGIO CONSOLI, BERNARDO DELL’OSSO, MARIO CATENA LA CURA DEL PAZIENTE OSSESSIVO: LE PSICOTERAPIE E ALTRI INTERVENTI Terapie alternative nel disturbo ossessivo-compulsivo resistente Parole chiave: disturbo ossessivo-compulsivo, antidepressivi serotoninergici, terapie alternative, fattori predittivi. SUMMARY Although in the last decade the treatment of obsessive-compulsive disorder (OCD) has dramatically improved and has led to a better understanding of its pathophysiology, some patients do not respond to the commonly used-serotonergic drugs. In this paper, the most recent works on the alternative treatments of OCD will be reviewed, together with the positive and negative predictors of response, in order to tailor the approach to resistant OCD patients. Key words: OCD, commonly used-serotonergic drugs, alternative treatments, predictors of response. 85 Indirizzo per la corrispondenza: Donatella Marazziti, Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa, Via Roma, 67, Pisa. NÓOς 86 TERAPIE ALTERNATIVE NEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO RESISTENTE D. MARAZZITI - G. CONSOLI B. DELL’OSSO - M. CATENA INTRODUZIONE Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) e la clomipramina, un antidepressivo triciclico (TCA), sono considerati da oltre dieci anni il trattamento di prima scelta del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), tuttavia una percentuale oscillante tra il 30 e il 60% dei pazienti affetti da questa patologia e trattati con questi farmaci mostra uno scarso o nessun miglioramento dei sintomi1-4. Per questo motivo sono state proposte varie strategie alternative ai trattamenti in monoterapia con SSRI o clomipramina: associazione tra questi ultimi, dosaggi maggiori rispetto a quelli riportati nelle linee-guida, somministrazioni per via alternativa, associazioni con farmaci di diversa categoria (SSRI, inibitori del reuptake della noradrenalina - SNRI, neurolettici tipici e atipici, antiepilettici), procedure minimamente invasive, quali la stimolazione del nervo vago e la stimolazione magnetica transcranica, o più invasive, quali la stimolazione cerebrale profonda e interventi di resezione chirurgica del sistema nervoso centrale (SNC)5-8. Le basi neurobiologiche delle eterogenee strategie di associazione farmacologica e di incremento della posologia coinvolgono comunque un potenziamento dell’attività del sistema serotoninergico o una riduzione di quello dopaminergico. In caso di scarsa o assente risposta a un SSRI, la sostituzione di quest’ultimo con la clomipramina o viceversa ha mostrato una percentuale di risposta al trattamento più alta (33-40%) rispetto a quella ottenuta con la sostituzione di un SSRI con un altro SSRI (0-20%)9, anche se è stato dimostrato che un’elevata percentuale di pazienti resistenti ad almeno 2 trial con SSRI o clomipramina ha risposto al trattamento con citalopram o sertralina10,14. Un’ulteriore categoria di farmaci antidepressivi, che può essere considerata una valida alternativa in monoterapia agli SSRI, è rappresentata dagli SNRI ed in particolare la venlafaxina. La sua efficacia è stata dimostrata sovrapponibile a quella degli SSRI in diversi case report11 e successivi studi più controllati12. Anche l’utilizzo di vie alternative di somministrazione costituisce una valida strategia terapeutica nel trattamento del DOC resistente. Clomipramina e citalopram, somministrati per via endovenosa, sono risultati infatti efficaci nel trattamento di quei pazienti che non hanno risposto a questi farmaci assunti per via orale13. Per ovviare alla latenza di risposta degli SSRI, stimata tra le 8 e le 12 settimane, in uno studio a singolo cieco sono stati valutati efficacia e tollerabilità di un rapido e di un lento regime di titolazione della sertralina, 150 mg/die raggiunti al quinto o al dodicesimo giorno, con risultati migliori alla quarta e sesta settimana di trattamento a favore del primo regime14. Più di recente15, la somministrazione di clomipramina ad alte dosi fin dall’inizio (150 mg il primo giorno e 200 mg il secondo giorno, con incremento successivo fino al dosaggio massimo di 250 mg/die) è risultata favorire un più rapido e significativo miglioramento della sintomatologia. Già in uno studio precedente16 era stato dimostrato come una dose di carico di citalopram somministrato per via endovenosa in due giorni consecutivi provocava un miglioramento sintomatologico più rapido rispetto ad un graduale aumento della posologia sempre per via endovenosa. Per quanto riguarda le associazioni farmacologiche tra antidepressivi, studi condotti in aperto riportano dati incoraggianti relativamente alle associazioni tra clo- 2:2007; 85-102 NÓOς LA CURA DEL PAZIENTE OSSESSIVO: LE PSICOTERAPIE E ALTRI INTERVENTI mipramina e un SSRI17-19. In particolare, in uno studio randomizzato, condotto in aperto, 9 pazienti resistenti sia a clomipramina sia a fluoxetina hanno successivamente risposto all’associazione tra clomipramina (150 mg/die) e citalopram (40 mg/die)20. Particolare attenzione va, comunque, prestata in pazienti di età superiore a 40 anni o nei casi di sospetta patologia cardiovascolare con monitoraggio dell’ECG e dei livelli plasmatici di clomipramina e del suo metabolita, la desmetilclomipramina. I valori ematici minimi efficaci di clomipramina sono considerati pari o superiori a 200 ng/ml ed è consigliabile mantenere quelli complessivi del suo metabolita inferiori a 450 ng/ml per evitare l’insorgenza di tossicità cardiaca e a carico del SNC21,22. Una migliore risposta al trattamento e minori effetti collaterali sono stati dimostrati con 50 mg/die di sertralina in associazione a 150 mg/die di clomipramina rispetto a quanto ottenuto con un aumento del dosaggio di clomipramina in monoterapia da 150 mg/die a 250 mg/die in pazienti che mostravano una scarsa risposta al trattamento con clomipramina a 150 mg/die per 6 mesi23. In uno studio in doppio cieco contro placebo viene riportata una maggiore efficacia dell’associazione citalopram-mirtazapina rispetto a quella riscontrata con citalopram in monoterapia13. È stato inoltre pubblicato un caso di DOC resistente che ha risposto all’associazione di citalopram e reboxetina24. Pochi, invece, i dati disponibili per le associazioni con due SSRI22. I dati riguardanti le associazioni con neurolettici, sia tipici sia atipici, sembrano più convincenti: McDougle25, in uno studio a doppio cieco vs placebo, ha dimostrato l’efficacia di aloperidolo 6,2 mg/die in associazione alla fluvoxamina nei pazienti che non rispondevano a quest’ultima in monoterapia. Tra gli atipici sono risultati efficaci, in aggiunta agli SSRI, il risperidone26,27, anche in presenza di tic o in comorbilità con disturbo di personalità schizotipico28,29, e la quetiapina30-35. Risultati promettenti nel trattamento del DOC sono stati recentemente evidenziati con l’utilizzo di aripiprazolo (10-30 mg/die) in monoterapia in uno studio36 condotto in aperto per un periodo di trattamento di 8 settimane: 3 soggetti su 7 hanno mostrato una riduzione di almeno il 30% del punteggio totale alla Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (Y-BOCS). Dati contrastanti riguardano l’uso di olanzapina, che è risultata efficace in aggiunta a paroxetina37 e a fluvoxamina38 e inefficace in aggiunta a fluoxetina39, così come quello di clozapina40. Ampiamente valutato l’impiego di stabilizzanti del tono dell’umore nel trattamento del DOC resistente. Tra questi il topiramato (antiepilettico con proprietà glutammatergiche) si è dimostrato efficace in associazione agli SSRI41 e in particolare a paroxetina42. In uno studio retrospettivo41, 11 pazienti su 16 (69%) hanno risposto all’associazione con topiramato riportando un punteggio alla Clinical Global Impression (CGI) moderatamente migliorato o molto migliorato. Altri farmaci proposti nel trattamento del DOC resistente sono il riluzolo, antagonista glutammatergico43, la morfina, in un’unica somministrazione orale settimanale44, e la memantina45, ma si tratta perlopiù di case report. Per quanto riguarda il pindololo, i dati disponibili sono molto contrastanti, essendo risultato sia inefficace46 sia efficace47,48. È stato inoltre ipotizzato che sia necessario un dosaggio di pindololo di almeno 10 mg/die per bloccare adeguatamente i recettori presinaptici 5-HT1A ed aumentare di conseguenza la neurotrasmissione serotonergica che potrebbe essere terapeutica nel DOC49. 87 NÓOς TERAPIE ALTERNATIVE NEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO RESISTENTE D. MARAZZITI - G. CONSOLI B. DELL’OSSO - M. CATENA TRATTAMENTI NON FARMACOLOGICI NEL DOC: LA BRAIN STIMULATION Nell’ambito della brain stimulation rientrano la stimolazione del nervo vago Vagal Nerve Stimulation (VNS) – su cui non sono disponibili dati in pazienti con DOC – la stimolazione magnetica transcranica (Transcranial Magnetic Stimulation, TMS), la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) e la terapia elettroconvulsivante (Electro-Convulsant Therapy, ECT). Nessuna delle tecniche menzionate ha ricevuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration (FDA), né dall’EMEA per il trattamento del DOC e tali tecniche sono, pertanto, da considerarsi allo stato attuale sperimentali. La stimolazione transcranica magnetica La TMS è una tecnica non invasiva che trasmette impulsi magnetici alla corteccia cerebrale per mezzo di un coil applicato direttamente sul capo del paziente. Contrariamente all’ECT, i campi magnetici passano attraverso lo scalpo e la scatola cranica senza subire alcuna impedenza, come avviene con la diretta applicazione della corrente50. Ciò significa che una minor quantità di corrente elettrica viene trasmessa al cervello nella TMS rispetto all’ECT, e che la TMS può stimolare aree della corteccia cerebrale in maniera più selettiva e con meno effetti collaterali. Quando la TMS viene applicata in treni d’impulsi, come di solito nella pratica clinica, viene indicata come TMS ripetitiva o rTMS. I protocolli relativi all’impiego della TMS sono generalmente divisi in due tipi di procedure a seconda della frequenza di stimolazione adoperata: TMS a bassa frequenza (< 1 Hz) e TMS ad alta frequenza (fino a 20 Hz). Allo stato attuale sono stati pubblicati solamente 4 lavori che abbiano preso in considerazione l’utilizzo della TMS nel DOC51-54. Tali studi sono riassunti nella tabella I. Dall’analisi di questi lavori non è possibile trarre prove certe dell’efficacia della TMS nel DOC in quanto non tutti gli studi hanno utilizzato un gruppo di controllo, le aree trattate sono differenti (corteccia prefrontale dorsolaterale di sinistra e di destra, area supplementare motoria), così come differenti sono i parametri di stimolazione utilizzati (frequenza, intensità e numero di stimoli)55. Ciò che è possibile affermare, anche in virtù di una più ampia letteratura nell’ambito dell’impiego di TMS nella depressione, è che la stimolazione viene ben tollerata dai pazienti, non trattandosi di una tecnica invasiva né dolorosa. È dunque ragionevole ipotizzare un crescente impiego della TMS nel DOC e nelle sue forme resistenti. La stimolazione cerebrale profonda La DBS presuppone una procedura chirurgica in cui vengono impiantati, in anestesia generale, degli elettrodi all’interno di alcune regioni cerebrali (generalmente a livello dei lembi anteriori della capsula interna). Gli elettrodi deputati alla stimolazione diretta di tali aree sono connessi per mezzo di un cavo di connessione a un generatore d’impulsi che viene tipicamente posizionato sot88 LUNGHEZZA RISULTATI E DEL TRIAL CONCLUSIONI Alonso et al. 2001 DB; RA; PC; Pz ambulatoriali 18 pz con diagnosi di DOC (DSM-IV) e nessun altro disturbo di asse I; nessun drop-out 18 sessioni di 18 sessioni di TMS attiva a TMS inattiva bassa frequenza sulla CPDL di destra 6 settimane, 3 sessioni a settimana La stimolazione con TMS in bassa frequenza della CPDL destra non ha mostrato miglioramenti significativi nella sintomatologia OC (Y-BOCS) rispetto alla terapia inattiva. Nessun effetto collaterale rilevante riportato Sachdev et al. 2001 SB; AC; RA; Pz ambulatoriali 12 pz con diagnosi di DOC resistente al trattamento, il 75% dei quali con DM in comorbilità; nessun drop-out 10 sessioni di TMS attiva ad alta frequenza sulla CPDL di destra 10 sessioni di TMS attiva ad alta frequenza sulla CPDL di destra 2 settimane Significativa riduzione della sintomatologia OC nei due gruppi senza una significativa differenza tra questi. Tre pazienti hanno riportato cefalea. Non è stato utilizzato un gruppo di controllo Greenberg et al. 1997 AC; PC ; Pz ambulatoriali 12 pz con diagnosi di DOC resistente al trattamento, 6 dei quali con DM in comorbilità; nessun drop-out 1 sessione di TMS ad alta frequenza sulla CPDL di destra e 1 sessione a destra 1 sessione di TMS nella regione centro-occipitale Valutazioni fatte durante la stimolazione, 30 minuti e 8 ore al termine della stessa Studio challenge con TMS in cui i sintomi compulsivi si sono ridotti durante tutte le stimolazioni con TMS a destra ma non con TMS a sinistra ed in regione centrooccipitale. Sintomi ossessivi invariati dopo ogni tipo di stimolazione. Mantovani et al. 2005 UB; UC; Pz. ambulatoriali 10 pz con diagnosi di DOC (5 con DOC, 3 con sindrome di Tourette e 2 con entrambe le condizioni) 10 sessioni di TMS attiva a bassa frequenza sull’area supplementare motoria Non è stato utilizzato un gruppo di controllo 2 settimane Miglioramento significativo della sintomatologia OC e del quadro generale (CGI) alla fine del trattamento, mantenuti fino a 3 mesi di follow-up. 2:2007; 85-102 REFERENZA DISEGNO CARATTERISTICHE GRUPPO IN GRUPPO DI DELLO STUDIO DEL CAMPIONE TRATTAMENTO CONTROLLO NÓOς Tabella I. Studi con stimolazione magnetica transcranica (TMS) in pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo (DOC). LA CURA DEL PAZIENTE OSSESSIVO: LE PSICOTERAPIE E ALTRI INTERVENTI tocute a livello dell’area pettorale. Di recente, la DBS ha ricevuto l’approvazione dalla FDA per il trattamento dei disturbi motori intrattabili (tremore56-58 e morbo di Parkinson59). La precisa localizzazione anatomica degli elettrodi Pz= pazienti; RA= studio randomizzato; DB= doppio cieco; SB= cieco; UB= studio in aperto; PC= studio controllato con placebo; UC= studio non controllato; OC= ossessivo-compulsiva; Y-BOCS= scala Yale-Brown per la misurazione dei sintomi ossessivo-compulsivi; DM= depressione maggiore; CPDL= corteccia prefrontale dorso-laterale; CGI= Clinical Global Impression. 89 TERAPIE ALTERNATIVE NEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO RESISTENTE D. MARAZZITI - G. CONSOLI B. DELL’OSSO - M. CATENA NÓOς viene ottenuta con metodiche stereotattiche d’imaging tramite l’impiego della risonanza magnetica e della tomografia computerizzata. L’impianto cerebrale degli elettrodi non è volto a provocare una lesione tessutale. La stessa stimolazione può essere modificata o interrotta nel caso di effetti collaterali. La procedura è infatti reversibile dal momento che gli strumenti che vengono impiantati possono essere rimossi. Ad alte frequenze (> 100 Hz), la DBS inibisce la trasmissione neuronale e mostra un effetto di blocco nelle aree stimolate mimando l’effetto della lesione tessutale60. Il suo razionale nel DOC è dunque quello di andare a bloccare i circuiti iperattivi a livello dei gangli della base analogamente a quanto avviene negli interventi neurochirurgici. La reversibilità della procedura, tuttavia, risulta in una minore quantità di effetti collaterali rispetto ai tradizionali interventi neurochirurgici ablativi (capsulotomia, cingolotomia, termocoagulazione, gammaknife radiosurgery)55 tradizionalmente utilizzati nel trattamento del DOC resistente. È tuttavia opportuno sottolineare come la DBS comporti una serie di rischi legati all’intervento chirurgico, comprendenti sanguinamento, infezioni e possibili crisi convulsive55. In seguito ai primi case report indicativi di una potenziale efficacia terapeutica della DBS in pazienti con DOC, sono stati portati a termine due piccoli studi in doppio cieco che hanno evidenziato una percentuale d’efficacia per la DBS analoga a quanto riportato con altre tecniche neurochirurgiche ablative, con un verosimile minor carico di effetti collaterali per la DBS in virtù della reversibilità e della modificabilità dei parametri di stimolazione di quest’ultima. Gli studi menzionati61-67 sono esaminati nella tabella II insieme ad altri case report pubblicati sull’argomento. Dall’analisi dei risultati, è possibile rilevare come la DBS abbia mostrato un’efficacia analoga ai trattamenti neurochirurgici e possa verosimilmente essere considerata una valida alternativa a questi ultimi. La DBS è una tecnica che deve essere presa in considerazione solamente per pazienti con un livello di resistenza ai trattamenti standard inequivocabile ed una compromissione sostanziale delle attività socio-lavorative. Pur trattandosi di una tecnica chirurgica, considerata la possibilità di condurre studi controllati unitamente alla reversibilità e alla modificabilità dei parametri di stimolazione, è lecito ipotizzare un futuro sviluppo della DBS in ambito clinico. Terapia elettroconvulsivante La ECT, introdotta in psichiatria più di 70 anni fa, rimane una terapia estremamente efficace in alcune forme depressive e, tuttavia, il suo utilizzo nel DOC è stato piuttosto limitato. Dall’analisi degli studi68-73 con ECT nel DOC (tabella III), si evidenzia come la presenza di comorbilità depressiva o psicotica nell’ambito dei pazienti descritti, unitamente alla mancanza di un gruppo di controllo, rappresentino elementi che portano a ridimensionare l’efficacia di questo approccio ai pazienti con DOC resistente. Appare più verosimile ipotizzare come l’ECT sia stata in grado di migliorare le condizioni generali dei pazienti intervenendo sugli aspetti di comorbilità. Una recente evoluzione dell’ECT, ideata al fine di ridurne gli effetti collate90 Nuttin et al. 1999, 2003 e Gabriels et al. 2003 DB; PC; Crossover Pz ricoverati 6 soggetti con diagnosi di DOC (DSM-IV) resistente al trattamento e marcata compromissione socio-lavorativa Impianto di elettrodi quadripolari bilateralmente a livello dei lembi anteriori della capsula interna Stimolatori inattivi Fino a 21 mesi Durante la fase attiva di stimolazione 3 su 4 pz hanno mostrato un miglioramento sostanziale della sintomatologia OC con una riduzione del 35% alla Y-BOCS rispetto ai punteggi pretrattamento. Gli effetti collatreali riportati includevano disturbi della memoria e astenia. Successivamente altri 2 pz hanno completato il trial con risultati in linea con i primi 4 soggetti. Numero esiguo di pazienti valutati in DB a supporto dell’efficacia della DBS nel DOC resitente al trattamento Abelson et al. 2005 DB; PC; Pz ricoverati 6 soggetti con diagnosi di DOC (DSM-IV) resistente al trattamento e marcata compromissione socio-lavorativa Impianto di elettrodi quadripolari bilateralmente a livello dei lembi anteriori della capsula interna Stimolatori inattivi Fase in DB: 4 periodi consecutivi di 3 settimane (disegno on-off) seguiti da una fase in aperto Durante la fase in DB, 1 pz su 4 ha mostrato un miglioramento alla Y-BOCS > 35%. Durante la fase in aperto 2 pz hanno evidenziato lo stesso livello miglioramento. Un pz ha mostrato un’elevazione dell’umore in risposta alla stimolazione. Gli effetti collaterali, consistenti in nausea e diarrea sono stati perlopiù temporanei Aouizerate et al. 2004 UB; UC; Pz ricoverato 1 pz con DOC resistente al trattamento e marcata compromissione socio-lavorativa Impianto di elettrodi quadripoari, 2 a livello del nucleo accumbens e 2 a livello del nucleo caudato ventrale Fino a 15 mesi Miglioramento sostanziale dei sintomi OC a 12 mesi di stimolazione (Y-BOCS < 16) oltre ad un miglioramento della sintomatologia ansioso-depressiva occorsa nei 3 mesi successvi alla stimolazione. I tests neuropsicologici non hanno evidenziato alcun deficit nel periodo di trattamento Anderson et al. 2003 UB; UC; Pz ricoverato 1 pz con DOC resistente al trattamento e marcata compromissione socio-lavorativa Impianto di elettrodi quadripolari bilateralmente a livello dei lembi anteriori della capsula interna Fino a 10 mesi Miglioramento sostanziale della sintomatologia OC. Dopo 10 mesi di trattamento, il pz è potuto tornare a lavorare e le compulsioni erano del tutto scomparse Fontaine et al. 2004 UB; UC; Pz ricoverato 1 pz con DOC resistente al trattamento e morbo di Parkinson e marcata compromissione socio-lavorativa Elettrodi impiantati bilateralmente a livello del nucleo subtalamico 12 mesi Il miglioramento della sintomatologia OC iniziato già con la prima settimana di trattamento è stato evidente dopo 6 mesi con il raggiungimento della piena remissione ed è stato mantenuto a un anno dal termine del trattamento 2:2007; 85-102 GRUPPO IN GRUPPO DI LUNGHEZZA RISULTATI E TRATTAMENTO CONTROLLO DEL TRIAL CONCLUSIONI NÓOς REFERENZA DISEGNO CARATTERIDELLO STICHE DEL STUDIO CAMPIONE LA CURA DEL PAZIENTE OSSESSIVO: LE PSICOTERAPIE E ALTRI INTERVENTI Tabella II. Studi con deep brain stimulation (DBS) in pazienti con disturbo ossessivocompulsivo (DOC). Pz= pazienti; RA= studio randomizzato; DB= doppio cieco; SB= cieco; UB= studio in aperto; PC= studio controllato con placebo; UC= studio non controllato; OC= ossessivo-compulsiva; Y-BOCS= scala Yale-Brown per la misurazione dei sintomi ossessivo-compulsivi 91 NÓOς TERAPIE ALTERNATIVE NEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO RESISTENTE D. MARAZZITI - G. CONSOLI B. DELL’OSSO - M. CATENA Tabella III. Studi con terapia elettroconvulsivante (ECT) in pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo (DOC). REFERENZA DISEGNO CARATTERIDELLO STICHE DEL STUDIO CAMPIONE GRUPPO IN TRATTAMENTO LUNGHEZZA RISULTATI E DEL TRIAL CONCLUSIONI Maletzky et al. 1994 UB;UC; Pazienti ricoverati 32 pz con DOC (DSM-IIIR) resistente al trattamento trattati con ECT tra il 1979 e il 1991, 19 di questi con depressione ECT bilaterale e frontotemporale Media di 3,5 sessioni in un periodo di 2-3 settimane Miglioramento della sintomatologia OC evidenziato dopo 5 giorni dalla fine del trattamento e mantenuto a 6 mesi come confermato dale diverse scale di valutazione. 5 pazienti hanno riportato una modesta agitazione al termine del trattamento, trattata con BDZ efficacemente. Limitazioni metodologiche consistono nel numero limitato di pazienti, nella natura retrospettiva e non controllata dello studio e nella presenza di comorbilità depressiva nel campione Thomas et al. 2003 UB;UC; Pz ricoverato 1 pazient e con DOC resistente al trattamento e DM con sintomi psicotici Una sessione di ECT unilaterale frontotemporale Non specificato Dopo una singola sessione di ECT, il pz ha mostrato una remissione completa, mantenuta a 6 mesi con l’introduzione di venlafaxina a 150 mg/dl. Singolo case report limitato dalla comrbidità e dalla mancanza di scale di valutazioni obiettive Lavin et al. 1996 UB;UC; Pz ricoverato 1 pz con schizofrenia e DOC resistente al trattamento 12 sessioni di ECT bilaterale frontotemporale Non specificato Dopo 12 sessioni di ECT, la sintomatologia OC era marcatamente ridotta e il pz ha intrapreso trattamento con paroxetina e aloperidolo. Mantenimento del miglioramento a 6 mesi. Singolo case report limitato dalla comorbilità e dalla mancanza di scale di valutazioni obiettive Casey et al. 1994 UB;UC; Pz ricoverata 1 pz anziana con DOC resistente al trattamento e DM resistente 6 sessioni di ECT bilaterale, frontotemporale ripetute fino ad un numero complessivo di 15 nel corso di un anno 1 anno Risposta significativa già dopo una singola sessione di ECT. Tale risposta è stata protratta per i sintomi affettivi e temporanea per i sintomi OC. L’ECT di mantenimento successiva ha mostrato un’efficacia prolungata anche sulla sintomatologia OC. Effetti collaterali consistenti in confusione e cefalea transitory. Nessun riferimento a scale di valutazione Mellman et al. 1984 UB;UC; Pz ricoverato 1 pz con schizofrenia e DOC resistente al trattamento 12 sessioni di ECT bilaterale frontotemporale Notevole miglioramento della sintomatolo4 settimane di trattamento gia OC dopo tre settimane fino alla completa remissione dopo la nona sessione di ECT. Mantenimento del miglioramento a 10 mesi. Nessun riferimento a scale di valutazione Strassnig et al. 2004 UB;UC; Pz ricoverato 1 pz con DOC resistente al trattamento e Sindrome di Tourette ECT unilaterale (destra) fronto-temporale 9 sessioni in 3 settimane seguite da sessioni mensili di mantenimento 3 settimane Notevole miglioramento della sintomatologia OC dopo la nona sessione di ECT e mantenimento di tale condizione a un anno dal termine del trattamento. Nessun riferimento a scale di valutazione Pz= pazienti; RA= studio randomizzato; DB= doppio cieco; SB= cieco; UB= studio in aperto; PC= studio controllato con placebo; UC= studio non controllato; OC= ossessivo-compulsiva; Y-BOCS= scala Yale-Brown per la misurazione dei sintomi ossessivo-compulsivi; DM= depressione maggiore; BDZ= benzodiazepine. 92 2:2007; 85-102 Vi sono dei fattori che possono contribuire alla resistenza al trattamento e che vanno necessariamente presi in considerazione per evitare che dei pazienti siano erroneamente considerati come non responder. Sono da considerare anzitutto particolari condizioni organiche associate al DOC: patologie vascolari a carico del SNC, patologie neurovegetative quali la Corea di Huntington, l’intossicazione da monossido di carbonio, il DOC post-encefalitico, traumi cranici, interventi neurochirurgici21. Sintomi ossessivi indotti da abuso di sostanze o da antipsicotici atipici quali clozapina, olanzapina o risperidone in pazienti schizofrenici, come già sottolineato prima vanno tenuti presenti nel contesto adeguato21. Diagnosi differenziale andrà inoltre posta con sintomi ossessivi relativi a depressione maggiore, dismorfofobia, anoressia nervosa, sindrome di Tourette. Un ulteriore errore di valutazione può derivare da un trattamento di durata e con dosaggi inadeguati, ponendo un’importante distinzione tra i pazienti definibili come non responder e quelli che non tollerano il trattamento. Bisogna inoltre considerare l’aderenza al trattamento spesso influenzata dall’insorgenza di effetti collaterali quali sonnolenza o alterazioni della sfera sessuale, mentre situazioni vitali stressanti possono provocare una riesacerbazione dei sintomi ossessivi22. Secondo quanto ipotizzato da Greist74 e da Koran et al.75, una certa percentuale di pazienti potrebbe rappresentare dei metabolizzatori rapidi di vari farmaci o avere una barriera emato-encefalica poco permeabile che impedirebbe ai farmaci di raggiungere concentrazioni ematiche “terapeutiche”. Bisogna tenere conto infine di una serie di elementi individuali del paziente e caratterizzanti il quadro psicopatologico del paziente stesso quali possibili predittori di risposta al trattamento. Numerosi lavori riportano una correlazione tra risposta e genere, suggerendo che il sesso femminile sarebbe un fattore positivo di risposta agli SSRI, al contrario di quello maschile1,79-82. Esistono, però, anche dati opposti e contrastanti78,83. Altri studi hanno identificato nell’età di esordio del DOC un ulteriore fattore predittivo: un’età più avanzata d’esordio del disturbo, solitamente associata al genere femminile, sembra un fattore predittivo positivo di risposta83-91. L’esordio precoce è stato anche correlato alla familiarità positiva per DOC in uno studio epidemiologico92, suggerendo una relazione positiva tra familiarità e risposta al trattamento. La possibile correlazione tra dimensioni sintomatologiche e risposta al trattamento potrebbe condurre ad una maggiore specificità del trattamento, caratterizzando la tipologia del paziente per il quale una terapia risulterebbe più appropriata ed efficace e riducendo così anche la percentuale di fallimento NÓOς RESISTENZA AL TRATTAMENTO O NON RESPONDER? LA CURA DEL PAZIENTE OSSESSIVO: LE PSICOTERAPIE E ALTRI INTERVENTI rali, è la terapia convulsivante magnetica che si avvale della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva per avviare una crisi convulsiva dalla corteccia superficiale55. Trattandosi di una tecnica in pieno sviluppo, non sono disponibili dati relativi a pazienti con DOC e DOC resistente. 93 94 TERAPIE ALTERNATIVE NEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO RESISTENTE D. MARAZZITI - G. CONSOLI B. DELL’OSSO - M. CATENA NÓOς terapeutico. Molti autori hanno suddiviso i pazienti ossessivi in differenti sottogruppi sulla base della presenza/assenza di sintomi specifici, con risultati comunque contraddittori93,94. La presenza di compulsioni e di pensiero magico risulterebbe correlata ad una prognosi peggiore rispetto alla forma ossessiva pura95-100 e, d’altro canto, la prevalenza di ossessioni rispetto ai rituali sembra predire una buona risposta al trattamento77. Il sottotipo di paziente ossessivo collezionista risponderebbe meno alle terapie104,111,112: a conferma di ciò un recente studio con PET ha evidenziato che questi pazienti presentano un’alterazione metabolica cerebrale del glucosio diversa rispetto a pazienti con diversa sintomatologia e ai controlli107. Un altro metodo è quello di identificare sintomi altamente correlati tra loro e raggrupparli in un numero minore di domini93,94,101,102. Considerando i tre maggiori domini raggruppanti le tematiche ossessive: aggressivo/sessuali/religiose, di contaminazione e di simmetria/collezionismo, quest’ultimo risulta correlato con la presenza in comorbilità di sindrome di Tourette e di disturbo cronico da tic suggerendo che questo sottogruppo potrebbe beneficiare di terapia neurolettica102. Secondo Denys et al.77 una prognosi peggiore si avrebbe in presenza di ossessioni di contaminazione e prognosi migliore in presenza di ossessioni aggressivo/sessuali/religiose77. Considerando invece la suddivisione nei cinque domini: ordine/simmetria, collezionismo, contaminazione/pulizia, aggressività/controllo e sesso/religione 94 , la presenza di ossessioni sessuali/religiose sembra un predittore di scarsa risposta agli SSRI94,104, mentre il dominio ordine/simmetria non risulta correlabile alla risposta al trattamento85. Recentemente105 è stato proposto il trattamento con IMAO per la cura del dominio ordine/simmetria e delle ossessioni somatiche. La presenza di ossessioni di simmetria e rituali di ordine e collezionismo è stata messa in relazione a una migliore risposta nei pazienti refrattari trattati con cingulotomia106. È stata inoltre esaminata l’eventuale associazione tra i domini menzionati sopra con l’aderenza al trattamento: i pazienti con alto punteggio al dominio ‘collezionismo’ abbandonavano più precocemente i farmaci o mostravano scarso miglioramento, mentre il più significativo predittore di risposta è risultata essere la gravità di malattia prima del trattamento112. Ancora, è stato suggerito che pazienti con rituali di pulizia potrebbero peggiorare con gli SSRI89,108, e che le ossessioni somatiche sono più frequenti nei non responder83,109,110. Una scarsa risposta alla farmacoterapia è stata anche riscontrata nel DOC sia di breve che di lunga durata. In uno studio longitudinale113 si è notato che il decorso intermittente del disturbo è più frequente durante le prime fasi di malattia, mentre il decorso cronico subentra più tardivamente: pazienti con decorso intermittente sembrano avere in genere una prognosi migliore114-118. Il decorso episodico, inoltre, è associato al genere femminile, all’età di insorgenza più tardiva e al disturbo bipolare, dimostrandosi un fattore prognostico favorevole. In tre studi83,121,122 è stata evidenziata una relazione tra scarsa consapevolezza di malattia e scarsa risposta alla terapia, ma è stato riportato anche il dato opposto119,120. La gravità di malattia all’esordio, intesa come gravità del quadro sintomatologico prima della terapia, sembra correlata in modo direttamente proporzionale con la sintomatologia residuale77,82,84,91,118. 2:2007; 85-102 NÓOς LA CURA DEL PAZIENTE OSSESSIVO: LE PSICOTERAPIE E ALTRI INTERVENTI Un fattore che può influenzare negativamente la risposta al trattamento è rappresentato dalla comorbilità con un altro disturbo psichiatrico. McDougle et al.25 hanno dimostrato che pazienti con DOC in comorbilità con sindrome di Tourette necessitano di dopamino-antagonisti in associazione agli SSRI, come già dimostrato in pazienti ossessivi che presentavano una comorbilità con il disturbo schizotipico di personalità103. La comorbilità con disturbo di panico può necessitare di un lieve incremento di posologia degli SSRI22. I dati riguardanti la correlazione tra presenza di depressione maggiore (DM) in comorbilità al DOC e risposta al trattamento sono discordanti. In alcuni studi la DM è risultata molto rappresentata in pazienti ossessivi con scarsa risposta122,123, mentre in altri la DM sembra predire marginalmente un decorso meno grave88. Anche la presenza di disturbi di personalità è stata oggetto di discussione come probabile indicatore di resistenza al trattamento, con risultati controversi25,77,79,80,89,124-130. L’assenza di precedenti trattamenti, l’assenza di gravi sintomi ossessivocompulsivi e punteggi modesti alla Hamilton Depression Rating Scale (HAM-D) sembrano essere fattori prognostici positivi di risposta alla terapia farmacologica77. Già precedentemente era stato suggerito che pazienti che avevano già assunto terapie psicofarmacologiche presentano una ridotta probabilità di rispondere agli SSRI76,82,86,89. Sebbene siano da considerare meccanismi psicologici quali l’aspettativa negativa del paziente verso un nuovo trattamento farmacologico, la riduzione dell’aderenza allo stesso e i meccanismi neurobiologici quali desensibilizzazione del sistema serotonergico131, restano ancora da chiarire le cause alla base di tale relazione. La clomipramina a bassi dosaggi (25 mg) per via endovenosa è stata utilizzata come predittore di risposta alla stessa per via orale132. Un recente trial di pazienti cui sono stati somministrati 25 mg di clomipramina e.v. dimostra che quelli che peggiorano due ore dopo la somministrazione di clomipramina e.v. migliorano meno dopo due settimane di trattamento orale di clomipramina rispetto a quelli che non peggiorano132. L’ormone della crescita rivela delle anormalità associate al DOC in risposta al dosaggio di stimolo di 25 mg di clomipramina e.v., dando così la possibilità di distinguere i responder dai non responder dopo otto settimane di trattamento orale con clomipramina, indipendentemente dal tipo di somministrazione della dose iniziale di clomipramina133. Pazienti precedentemente trattati con sumatriptan, un agonista per il recettore 5-HT1D, sembrano rispondere meglio alla paroxetina134. CONCLUSIONI La risposta al trattamento del DOC è attualmente imprevedibile e la maggior parte dei pazienti ottiene una risposta solo parziale. Questo è dovuto principalmente alle conoscenze ancora incomplete riguardo ai meccanismi che sottendono la fisiopatologia e l’eziologia del disturbo. Le nostre possibilità d’intervento sono limitate al livello fisiopatologico e il successo terapeutico non è ancora sicuro. Se è vero che il sistema serotonergico ha un ruolo da protagonista nella fisiopatologia del disturbo ed è il principale bersaglio della 95 TERAPIE ALTERNATIVE NEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO RESISTENTE D. MARAZZITI - G. CONSOLI B. DELL’OSSO - M. CATENA NÓOς terapia farmacologica, è comunque poco plausibile che sia l’unico coinvolto. Diversi studi hanno evidenziato l’esistenza di anomalie di altri sistemi neurotrasmettitoriali, come il noradrenergico e il dopaminergico, e alterazioni di neuropeptidi come l’ossitocina, o disturbi a carico del sistema immunitario135 e probabilmente dei secondi messaggeri11. Si potrebbe ipotizzare che ad una tale eterogeneità dei meccanismi fisiopatologici coinvolti possa corrispondere l’eterogeneità delle manifestazioni cliniche e della risposta al trattamento. Le ultime scoperte nella farmacologia degli SSRI hanno, in effetti, evidenziato che questi farmaci, sebbene condividano proprietà comuni di inibizione del reuptake della serotonina, interagiscono con altri recettori e sistemi. Inoltre, per comprendere meglio quali siano i predittori di risposta e sviluppare così strategie terapeutiche più efficaci sarebbe utile poter suddividere i pazienti in gruppi omogenei sulla base della resistenza al trattamento. Sebbene numerosi studi siano stati indirizzati ad individuare i criteri clinici e non clinici di risposta agli SSRI, le conclusioni appaiono equivoche e a volte contraddittorie. Le ragioni di tali divergenze risiedono in diversi fattori tra cui l’esiguità o la disomogeneità dei campioni selezionati, l’arbitrarietà con cui è stata definita l’inadeguata risposta al trattamento e/o l’impiego di procedure di analisi statistica inappropriate. Il consorzio internazionale per il trattamento del DOC resistente (ITROC) ha redatto una scala che definisce 10 livelli di non risposta al trattamento al fine di creare un linguaggio comune per migliorare la comunicazione scientifica136. ITROC ha definito inoltre in modo specifico dosaggi e durata minima di un trattamento da adottare prima di poter definire un paziente non-responder. Il DOC richiede un trattamento farmacologico a lungo termine e le attuali linee-guida raccomandano un periodo di terapia di almeno due mesi per poter valutare il grado di risposta, di conseguenza, per periodi più brevi di trattamento, l’esito deve essere interpretato con cautela. Anche in caso di adeguato periodo di trattamento, il tipo e l’entità degli effetti collaterali sono importanti per ottenere un’adeguata aderenza alla terapia da parte del paziente e così un miglior risultato terapeutico. Se gli SSRI, a breve termine, sono meglio tollerati rispetto alla clomipramina, nel lungo termine provocano anch’essi invalidanti effetti collaterali come ad esempio le disfunzioni sessuali per cui, recentemente si è avuta una rivalutazione di questo TCA nella terapia del DOC. In conclusione, per quanto il trattamento del DOC rappresenti uno dei più importanti successi della psichiatria di questa decade, restano ancora da risolvere diversi problemi ed in particolare l’integrazione delle più recenti scoperte scientifiche con la pratica clinica per favorire una gestione del disturbo più ottimizzata. Bibliografia 1. McDougle CJ, Goodman WK, Lechman JF, et al. The psychopharmacology of obsessivecompulsive disorder: implications for treatment and pathogenesis. Psychiatr Clin North Am 1993; 16: 749-66. 96 2:2007; 85-102 NÓOς LA CURA DEL PAZIENTE OSSESSIVO: LE PSICOTERAPIE E ALTRI INTERVENTI 2. Fineberg N. Refining treatment approaches in obsessive-compulsive disorder. 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