N. R.G. 33572/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
OTTAVA CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Vincenzo Perozziello
dott. Marianna Galioto
dott. Angelo Mambriani
Presidente Relatore
Giudice
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 33572/2010 promossa da:
Convento delle Religiose di Sant’Orsola, Mavef s.r.l. in liquidazione, Pietro Faini Immobiliare
s.r.l., Prealpina Investimenti s.r.l., Punto Ufficio s.r.l., Streparava Holding s.p.a., Tecnidea s.r.l.,
Tre C s.r.l., i signori Giovanna Accetti, Mario Agostinelli, Gabriele Baglioni, Maria Chiara
Baglioni, Massimo Baglioni, Michela Baglioni, Alma Barbetti, Gabriella Belotti, Giovanni Belotti,
Giuseppe Belotti, Annamaria Belotti, Pierangela Belotti, Giorgio Benevenia, Giovanna Berta,
Alessandro Bertoli, Annarita Bertoli, Giorgio Bertoli, Giorgio Mario Bertoli, Luigi Bertoli, Maria
Grazia Bertoli, Maria Teresa Bertoli, Raffaella Bertoli, Sergio Bianchini, Manuel Bonardi,
Alessandro Bonicelli, Piero Bonicelli, Mauro Cassani, Fausta Paterlini, Anna Cassina, Maria
Cortinovis, Sandro De Paoli, Angelo Faini, Carla Faini, Pietro Faini, Ernesto Fasoli, Fabio
Fasoli, Laura Fasoli, Sergio Ferrari, Adriana Franceschetti, Elena Franceschetti, Giacomo
Franceschetti, Luigi Franceschetti, Paolo Franceschetti, Cesare Frizza, Davide Frizza, Marco
Frizza, Albina Frugoni, Pierino Galizzi, Giuliano Gnutti, Sandro Gori, Elvira Lanzini, Maria
Grazia Lanzini, Giampietro Liberini, Laura Mafazzioli, Dusolina Andreina Manzini, Carla
Marchetti, Chiara Marchetti, Guido Marchetti, Michele Marchetti, Maria Wilma Martinelli,
Giuseppe Masussi, Giovanni Battista Mazzolari, Annunciata Mazzucchelli, Fabrizia Mealli,
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Luciana Micheli, Donatella Mori, Giacomina Morosini, Regina Orisio, Federico Orlandi, Enrica
Pasini, Dolores Pasolini, Daniele Paterlini, Giuliano Paterlini, Paola Paterlini, Stefano Paterlini,
Emanuele Paterlini, Giambattista Luigi Prandelli, Luca Prandelli, Luigi Giacomo Prandelli,
Milena Prandelli, Paola Prandelli, Rosanna Prandelli, Bruno Racheli, Chiara Racheli, Roberta
Racheli, Spartaco Rubagotti, Francesco Saleri, Luca Saleri, Maria Cristina Saleri, Sergio Saleri,
Carlo Salini, Giacomo Saottini, Gualtiero Sforzini, Silvia Sforzini, Andrea Sierchio, Matteo
Sierchio, Pasquale Sierchio, Anna Sorlini Paterlini, Giulio Streparava, Erminia Streparava,
Paolo Raffaele Giuseppe Streparava, Eugenio Taglietti, Giuseppe Tampalini, Massimo Tobanelli,
Aurelio Valentini, Claudio Valentini, Gino Valentini, Walter Valentini, Nella Zamboni,
Giuseppina Zilioli (congiuntamente, gli “Attori”),
tutti con il patrocinio dell’avv. VISENTINI GUSTAVO e FARINA VINCENZO ed elettivamente
domiciliati presso lo studio VISENTINI in Milano v G.Vitali n 1
ATTORI
contro
MAURIZIO COZZOLINI (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. DISTEFANO ANTONIO e dell’avv. ,
elettivamente domiciliato in Via Manzoni, 9 20121 MILANO presso il difensore avv. DISTEFANO
ANTONIO
UNICREDIT SPA (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. CARBONETTI FRANCESCO e dell’avv. ,
elettivamente domiciliato in VIA PANZACCHI, 6 20123 MILANO presso il difensore avv.
CARBONETTI FRANCESCO
CONVENUTI
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'atto introduttivo del presente giudizio gli attori agiscono in qualità di (asseriti) azionisti di
BIBOP CARIRE spa all'epoca della delibera assembleare di approvazione (16.5.02) nonché di
efficacia (1.7.02) della fusione per incorporazione della medesima BIBOP in BANCA DI ROMA,
lamentando l'incongruità dei rapporti di cambio utilizzati nell'occasione e più in generale l'irregolare
gestione dell'intera operazione da parte dell'allora AD di BIBOP Maurizio Cozzolini (in relazione sia
alla decisione di procedere alla menzionata fusione sia alla successiva determinazione dei rapporti di
cambio).
In relazione a tale vicenda chiedono quindi, in via principale,
A) accertamento e dichiarazione di “giuridica inesistenza e inefficacia” della delibera di fusione
16.5.02;
B) risarcimento di conseguenti danni lamentati, sotto duplice profilo:
B1) per asserita irragionevolezza nel rapporto di concambio adottato, ex art. 2504 quater cc nei
confronti della società scaturita dalla fusione (oggi UNICREDIT spa) nonchè in solido nei confronti del
cessato AD Maurizio Cozzolini ex art. 2395;
B2) per asserita irragionevolezza, a monte, della scelta di fusione con BANCA DI ROMA, ex artt
2395-2043 cc nei confronti del menzionato dott. Cozzolini nonché, in solido, della stessa UNICREDIT
ex art. 2049 cc.
Entrambi i convenuti si sono ritualmente costituiti in giudizio, contestando nel merito gli addebiti loro
rivolti ma prima ancora sollevando una pluralità di questioni pregiudiziali rispetto all'esame dei fatti di
causa e in particolare:
a) inammissibilità della domanda sub A) a fronte dell'ormai sopravvenuto perfezionamento della
procedura di fusione (in data in realtà già precedente la proposizione della domanda di parte attrice) ex
art 2504quater cc;
b) difetto di legittimazione attiva degli attori in relazione a tutte le domande di risarcimento avanzate
nei confronti del convenuto Cozzolini, ovvero difetto di legittimazione passiva dello stesso al
riguardo - e conseguente infondatezza di merito della domanda proposta nei confronti di UNICREDIT
ex art. 2049 cc;
c) prescrizione dei diritti fatti valere, a fronte di azione esercitata a circa 8 anni di distanza dall'epoca
dei fatti contestati;
d) prova della titolarità di azioni BIBOP nell'intero arco di tempo necessario a legittimare l'esercizio
dell'azione proposta.
Il carattere potenzialmente dirimente delle questioni così sollevate ai fini del presente giudizio, in
relazione a tutte ovvero a parte delle domande avanzate dai 135 attori costituiti, ha indotto il g.i. a
rimettere la causa al Collegio immediatamente alla scadenza dei termini assegnati ex art. 183 cpc.
Venendo quindi ad esaminare analiticamente le menzionate questioni di carattere pregiudiziale, si
osserva quanto segue.
A) domanda di inesistenza/inefficacia della delibera di fusione - eccezioni sub a)
Sul punto le contestazioni proposte dai convenuti risultano solidamente fondate sull'inequivoca
formulazione dell'art 2504quater cc.
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In verità la stessa parte attrice appare ben consapevole del menzionato dato normativo laddove, nella
prima memoria ex art. 183 cpc, dà atto che “l'assetto societario conseguito dall'iscrizione dell'atto è
irreversibile e l'impossibilità di ripristinare lo status quo ante impone agli attori di invocare la tutela
risarcitoria ...”, deducendo in particolare che l'eccezione sollevata al riguardo da controparte sarebbe
“irrilevante visto che quella promossa è una domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza di
atti societari i cui effetti, ai sensi dell'art 2504quater cc, non possono essere rimossi qualunque sia il
vizio che inficia l'atto” (pagg 20-21) – per poi non ritornare più sull'argomento. Singolarmente tuttavia
la parte ha riproposto la medesima domanda, formalmente in via principale ed autonoma, in sede di
precisione delle conclusioni, per cui l'eccezione sollevata al riguardo dai convenuti appare pienamente
pertinente, impone una pronuncia e detta pronuncia non può che essere di accoglimento dell'eccezione.
B) domanda di risarcimento di danni - eccezioni sub b), c) e d)
° eccezioni sub b): difetto di legittimazione in relazione alla posizione Cozzolini (e conseguente
inammissibilità della domanda proposta contro UNICREDIT ex art 2409 cc)
Gli addebiti mossi da parte attrice nei confronti del convenuto Cozzolini paiono attinenti in realtà a
due profili ben distinti, che danno luogo alle distinte domande evidenziate sopra sub B1) e B2):
B2) All'AD si contesta in via generale (pagg 35/36 della memoria conclusionale) di avere “violato le
regole che governano il procedimento di fusione, in quanto ha aderito al relativo progetto senza che
fosse stata eseguita una due diligence contabile e legale completa della controparte negoziale e tale
mancata acquisizione e comunicazione di informazioni è ancora più grave se si tiene conto del fatto che
l'amministratore stesso era in possesso di documenti che evidenziavano gli svantaggi connessi
all'operazione in questione..”.
In particolare viene contestato al convenuto “di avere, in piena violazione dei doveri inerenti al suo
incarico, impedito al CdA della società di conoscere, controllare e gestire la trattativa con BANCA di
ROMA e poi ai soci di BIBOP di decidere in modo consapevole sull'aggregazione con il gruppo
romano..” (pag 27/28 della conclusionale): in tal senso si contesta specificamente che “sono state
nascoste, prima agli amministratori e poi ai soci, tutte quelle informazioni e quei documenti che
riflettevano il reale stato di sofferenza della BANCA di ROMA e dai quali emergevano i rischi che
sarebbero derivati a BIBOP da una integrazione con l'istituto romano” (pag 31 della conclusionale),
laddove “interesse primario della società e del suo organo di gestione era quello di essere messi in
condizione di valutare in modo compiuto tutti gli scenari possibili... nessun dato induceva a credere che
l'aggregazione con lo stesso potesse rispondere all'interesse di BIBOP (pag 35 della conclusionale).
Sotto tale profilo si ipotizza dunque una responsabilità diretta del menzionato AD ex art. 2395-2043 cc
di cui viene chiamata a rispondere in solido la stessa società scaturente dalla fusione (oggi
UNICREDIT) ex art. 2049 cc.
B1) “Cozzolini è responsabile anche per non avere usato la dovuta diligenza nella verifica e
nell'applicazione dei criteri di determinazione del rapporto di cambio nelle operazioni affinchè gli stessi
fossero congrui” (pagg 35/36 della conclusionale).
Sotto quest'ulteriore profilo, a fronte della dedotta responsabilità contrattuale della società ex art 2504
quater cc, si contesta altresì la condotta colposa/dolosa dell'AD quale concorso del terzo (estraneo al
rapporto contrattuale ma comunque giuridicamente rilevante ex art. 2043 cc) nel lamentato
inadempimento contrattuale della società.
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Per quest'ultima parte (diretto contributo causale prestato dall'AD Cozzolini, con colpa o dolo, nella
adozione di un rapporto di concambio in tesi irragionevole e relative conseguenze asseritamente
negative sul patrimonio individuale dei “vecchi” azionisti BIBOP) viene dunque indiscutibilmente in
rilievo una ipotesi di “danno diretto” maturato in capo ai singoli azionisti, che avrebbero in tesi
ricevuto un numero di azioni della società scaturente dalla fusione minore di quello che sarebbe loro
legittimamente spettato, e sotto tale profilo non pare evidentemente revocabile in dubbio la piena
legittimazione degli stessi ad agire in giudizio per il risarcimento del relativo danno non solo nei
confronti della società ritenuta inadempiente ma anche, ex art 2043 cc, di tutti quanti i soggetti
individuati come corresponsabili del lamentato inadempimento, in particolare (ex art 2395 cc) di
amministratori in carica – fatta salva naturalmente la distinta esigenza di adeguata deduzione e piena
prova dei profili di specifica responsabilità soggettiva nella specie ipotizzati.
A diversa conclusione il Collegio ritiene invece di dover arrivare per quanto attiene il distinto profilo
sub B2).
Invero, dalla stesa formulazione della domanda attorea (“...rischi derivati a BIBOP da una integrazione
con l'istituto romano... nessun dato induceva a credere che l'aggregazione con lo stesso potesse
rispondere all'interesse di BIBOP...”) risulta chiaramente che per questa parte vengono in rilievo
conseguenze asseritamente negative della decisione di fusione concernenti “direttamente” il patrimonio
della società e dunque solo “di riflesso” il patrimonio dei singoli azionisti, che pertanto non possono
reputarsi legittimati a chiedere alcun risarcimento in proprio.
Pare del resto significativo al riguardo che in relazione allo specifico titolo di responsabilità ora in
esame gli attori si limitino a riproporre la medesima domanda risarcitoria avanzata sub B1), come detto
propriamente ed esclusivamente elaborata in relazione al rapporto di cambio ritenuto ingiustificato,
laddove non pare corretto configurare un effettivo nesso di causalità tra i due aspetti giacchè l'asserito
minor valore di BdR (conseguente alle lamentate difficoltà della stessa che avrebbero dovuto
sconsigliare l'operazione di fusione) avrebbe di per sé dovuto semplicemente comportare un concambio
diverso e più favorevole per gli azionisti BIBOP: in tal senso l'(asserita) inadeguatezza dei criteri di
concambio utilizzati si pone dunque, nella medesima prospettazione degli attori, come condizione
necessaria e sufficiente per la produzione del danno lamentato, ad escludere la possibilità di ipotizzare
un effettivo nesso di causalità tra la condotta lamentata sotto il profilo in esame e il danno risarcibile
richiesto.
° eccezioni sub c): prescrizione
Per questa parte, a fronte di azione giudiziaria avviata a distanza di 8 anni dalla data del
perfezionamento dell'operazione di fusione in contestazione (e ritenuta evidentemente assorbita dalle
considerazioni sopra svolte in tema di difetto di legittimazione attiva ogni questione specificamente
inerente il titolo di responsabilità vantato sub b1) la discussione tra le parti si accentra sulla
adeguatezza o meno delle iniziative concretamente assunte dagli odierni attori nei primi mesi dell'anno
2007 al fine di interrompere il decorso dei termini di prescrizione.
c1) In primo luogo, a fronte della ampiezza della corrispondenza versata in atti dagli attori
(naturalmente in copia) e della molteplicità di contestazioni sollevate dai convenuti, pare il caso di
sottolineare subito come in realtà risulti non controverso in causa che tutti quanti gli odierni attori
hanno provveduto ad inviare piego raccomandato a proprio nome nei confronti della società scaturente
dalla fusione (all'epoca CAPITALIA) espressamente volto a richiedere il risarcimento dei danni
conseguenti all'asserita “irragionevolezza” dei criteri di concambio deliberati in sede di fusione. In tal
senso devono dunque reputarsi semplicemente prive di ogni rilievo ai fini qui in esame le numerose
contestazioni proposte dai convenuti in ordine alle (distinte) missive, pure prodotte in causa, con cui
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singoli attori, talora in proprio talora attraverso legali non muniti di procura speciale, hanno inviato
comunicazioni del più vario tenore formalmente indirizzate alle società “estinte” a seguito della fusione
o comunque diverse da CAPITALIA.
c2) Così ristretta l'esigenza di esame alle sole missive direttamente indirizzate a CAPITALIA dagli
odierni attori, per una analitica disamina delle diverse questioni sollevate in causa si ritiene sufficiente
fare diretto rinvio alla dettagliata ricostruzione di sintesi proposta dagli attori alle pagg 36-40 della
memoria conclusionale di replica depositata ed alle considerazioni al riguardo svolte dalla parte, che si
intendono qui pienamente condivise
In realtà deve ritenersi pienamente assorbente a parere del Collegio il fatto che in relazione a tutti
quanti i profili oggetto di discussione (effettiva corrispondenza tra gli avvisi di spedizione prodotti
dagli attori e quelli di ricevimento sottoscritti dalla banca, incongruenze denunciate nei numeri di
raccomandata, mancata sottoscrizione delle copie prodotte dagli attori, mancanza di data certa
sull'originale della ricevuta di ritorno delle raccomandate inviate da alcuni degli attori, produzione solo
parziale della copia della lettera interruttiva inviata da Paolo Franceschetti) la convenuta UNICREDIT,
benchè diretta destinataria (quale CAPITALIA) di tutte quante le missive in oggetto e come tale da
ritenersi pienamente in grado di svolgere difese propriamente di merito in relazione alla posizione di
ciascuno degli odierni attori in ordine alla corrispondenza in parola, ben lungi dal contestare i fatti
storici dedotti sul punto da controparte (e in particolare l'effettiva ricezione in data antecedente il
14.6.07 di lettere interruttive della prescrizione esattamente corrispondenti a quelle prodotte in copia
dagli attori e debitamente sottoscritte dagli interessati – laddove ben comprensibilmente le relative
firme non compaiono sulle copie trattenute dai mittenti) ed assumersi quindi precise responsabilità
riguardo ad una tale affermazione (quali ovviamente suscettibili di formale e significativo rilievo ex art.
96 cpc), si è limitata a lamentare l'asserita inidoneità del materiale documentale prodotto dagli attori a
comprovare la ritualità dei vantati atti di interruzione delle prescrizione.
Al riguardo non pare ovviamente revocabile in dubbio che spetti a chi sollevi eccezioni (nella specie gli
attori) l'onere di provare i fatti costitutivi delle difese così avanzate, ma è del pari da sottolineare che
l'ordinamento ha ormai anche formalmente riconosciuto, con l'inequivoca riformulazione dell'art 115
cpc, la piena vigenza nel sistema di un principio di “non contestazione” (peraltro già in precedenza
fissato in giurisprudenza ex art 167 cpc) che impone oggi di riconoscere che le menzionate esigenze di
prova sorgano in concreto solo a seguito e in conseguenza di una “specifica contestazione” di
controparte - nel più più ampio riconoscimento del pieno diritto di tutte le parti in giudizio di
concorrere a fissare e circoscrivere la materia del contendere, riconoscimento che inevitabilmente reca
con sé, quale suo speculare riflesso, un ampliamento degli oneri, anche processuali, che gravano su
ciascuna delle parti (v in particolare Cass 5356/09, secondo principio ancora da ultimo ribadito in Cass
23614/12), naturalmente pur sempre nei limiti intrinseci di esigibilità della relativa condotta
processuale, che evidentemente presuppongono l'effettiva conoscenza/ragionevole conoscibilità dei
fatti concretamente in rilievo
(in particolare, per quanto attiene la radicale distinzione tra “contestazione in fatto” e invocazione di
altrui oneri probatori, si richiama, esattamente in termini, Cass 13079/08 secondo cui, espressamente,
“l'affermazione del convenuto che l'attore ha l'onere di provare la sua qualità di coltivatore diretto non
equivale a contestazione del fatto, risolvendosi nel generico richiamo della regola di cui all'art 2697 cc,
inidoneo ad integrare la contestazione imposta dall'art. 167 cpc").
In relazione ad un numero limitato di azionisti i convenuti contestano, in punto di stretto diritto,
l'efficacia interruttiva della prescrizione di missive inviate personalmente da attori all'epoca titolari di
azioni in comproprietà ovvero formalmente intestate a società fiduciarie sul presupposto che l'esercizio
del relativo diritto avrebbe dovuto invece reputarsi spettante in via esclusiva, rispettivamente,al
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rappresentante comune dei comproprietari (nominato o da nominare) ex art 2347 cc ovvero alla società
fiduciaria intestataria.
A parere del Collegio entrambe le eccezioni in parola devono reputarsi infondate.
i) Per quanto riguarda la prima questione così sollevata (ai sensi dell'art. 2347 cc), il Collegio ritiene in
verità di dover convenire con gli opposti rilievi svolti dalla difesa di parte attrice laddove deduce la
concreta irrilevanza in fatto della menzionata eccezione in relazione al caso di specie che ha visto
l'inoltro congiunto della missiva interruttiva da parte di tutti i comproprietari.
Nel contempo pare comunque opportuno, ad anticipare alcuni profili di discussione rilevanti anche per
il prosieguo, rimarcare come qui debba reputarsi infondata anche in diritto la prospettazione in parola,
atteso che la peculiare disciplina di cui al comma 1° dell'art. 2347 cc (come assolutamente pacifico in
dottrina) attiene esclusivamente alle modalità di “esercizio dei diritti sociali nei confronti della società”,
senza invece incidere in alcun modo sul regime della “titolarità” delle azioni quale invece governato
dalla disciplina generale della comunione, con la prevista legittimazione di ciascun comunista per un
verso alla difesa giudiziale del diritto comune e per altro verso (per quanto qui più interessa in
relazione al caso di specie) ad agire per il risarcimento dello specifico danno che abbia subito in
proprio – esattamente nel medesimo senso Cass 679/64 e 2815/76, in cui espressamente si sottolineava
che “la disposizione che impone la nomina del rappresentante comune dei contitolari di quote o di
azioni sociali è volta non già a comprimere o limitare i diritti spettanti a costoro, ma soltanto a
disciplinarne l'esercizio...La titolarità dei diritti connessi alla posizione di socio spetta però pur sempre
ai predetti contitolari, i quali, anche in difetto della nomina del rappresentante, possono esercitarli,
tanto più quando, attuandosi il diritto attraverso la proposizione di una azione giudiziaria, l'esercizio
collettivo di esso non è suscettibile di arrecare alcun intralcio o nocumento al regolare svolgimento
della attività interna alla società”.
ii) Obiettivamente più complessa la questione sollevata in tema di (contestata) legittimazione ad agire
del fiduciante.
In verità non par dubbio che muovendo dai principi generali comunemente accolti in tema di negozio
fiduciario dovrebbe reputarsi senzaltro fondata l'eccezione in esame, a fronte della (ritenuta)
attribuzione al fiduciario della titolarità effettiva del bene oggetto di contratto, con l'unico limite di un
(mero) “obbligo” di restituzione (come ancora di recente Cass 13375/07 che proprio muovendo da tale
premessa ha negato la legittimazione del fiduciante all'esercizio diretto di azione risarcitoria). Ma,
come bene evidenziato dalla prevalente dottrina, la menzionata elaborazione (e la molteplicità di
precedenti giurisprudenziali invocabili a supporto) attiene ad ipotesi di intestazione “personale” in capo
a soggetti non qualificati e non invece a “società fiduciaria”, laddove a conclusioni esattamente opposte
è fin qui pervenuta la giurisprudenza della S.C. che ha sottoposto ad esame la specifica disciplina di
tale tipo societario ed il peculiare rapporto che viene ad instaurarsi tra fiduciante e fiduciario, a partire
dalla legislazione istitutiva del '39 e dalla normativa in tema di titoli azionari di cui al r.d. 239/42 ed
alla luce delle successive leggi di riforma della disciplina del mercato mobiliare e dello stesso codice
civile al riguardo.
In particolare in relazione alla menzionata fattispecie il giudice di legittimità è arrivato piuttosto ad
affermare, in esplicita adesione alla cd concezione germanistica della fiducia, che “Istituzionalmente
anche nei confronti dei terzi le società fiduciarie non sono proprietarie dei titoli azionari loro affidati in
gestione in virtù della disciplina legislativa che le regola. Non entrando i titoli azionari a far parte del
patrimonio della società fiduciaria (tanto da non essere aggredibili da parte dei creditori della stessa) la
loro proprietà non può che appartenere effettivamente al fiduciante, spettando alla società fiduciaria
soltanto la legittimazione ad esercitare i diritti connessi alla partecipazione societaria” (v in particolare
Cass 9355/97, sulla scia dell'orientamento già manifestato da SS.UU 6478/84 in materia tributaria e
poi puntualmente confermato, in riferimento ad una pluralità di fattispecie concrete, da Cass 10031/97
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e 4943/99 – in contrario avviso sembra porsi in verità la più recente pronuncia 10590/09 della
medesima sez 1^ Cass, cui qui si ritiene tuttavia di non potersi conformare giacchè non affronta affatto
la complessa problematica richiamata in ordine al tipo “società fiduciaria”).
Proprio all'interno di una tale prospettiva (che il Collegio ritiene di dover pienamente condividere) pare
il caso ricordare in particolare che, facendo riferimento alle numerose disposizioni normative che
qualificano il fiduciante quale “proprietario effettivo”, Cass 10031/97 ha ritenuto di sottolineare
espressamente come una tale configurazione rendesse “palese l'intento di attribuire a detto soggetto una
tutela di carattere reale, azionabile in via diretta ed immediata nei confronti di ogni consociato”. Né
alcuna possibile contraddizione pare ravvisabile in relazione al distinto principio, pure affermato, di
trasferimento al fiduciario della “legittimazione ad esercitare i diritti connessi alla partecipazione
societaria” giacchè (a prescindere qui da ogni questione di carattere generale in ordine alla effettiva
portata, esclusiva o meno, di un tale trasferimento) nel caso di specie si verte in tema di risarcimento di
danni non già di impugnazione di delibere o di qualsivoglia iniziativa di valenza endosocietaria (a
seguito ormai della ritenuta improcedibilità della domanda di declaratoria di inesistenza/inefficacia
della delibera di fusione): nella vicenda in esame la titolarità delle azioni pre-fusione rappresenta solo il
presupposto per la partecipazione al concambio, ma il danno conseguente alla lamentata incongruenza
del relativo rapporto non investe naturalmente le azioni in parola (tutte per definizione rappresentative
di una uguale frazione del capitale sociale) ma piuttosto il patrimonio personale del soggetto avente
diritto all'assegnazione (ovvero, in ipotesi di intestazione a “società fiduciaria”, direttamente il
patrimonio del fiduciante, per quanto fin qui detto, non certo della società fiduciaria da ritenersi invece
chiamata alla sola “amministrazione” dei titoli ricevuti) - e pare indubitabile che proprio alla titolarità
del patrimonio leso vada logicamente ricondotta la legittimazione all'esercizio della relativa azione
risarcitoria.
Alla stregua di tali valutazioni il Collegio ritiene pertanto di dover senzaltro respingere le eccezioni di
prescrizione sollevate dalla convenuta UNICREDIT.
Naturalmente, sulla scorta delle medesime considerazioni sopra svolte, deve escludersi che il
menzionato principio di non contestazione possa essere correttamente invocato in relazione alla
posizione del convenuto Cozzolino, che non risulta diretto destinatario delle lettere interruttive in
questione e che come tale non può ragionevolmente reputarsi onerato di “specifiche contestazioni” al
riguardo. Nella specie tuttavia, dato il vincolo di solidarietà che indiscutibilmente lega la posizione
degli odierni convenuti, la questione appare manifestamente irrilevante ai fini del giudizio alla stregua
del generale principio di cui all'art. 1310 coma 1° cc.
° eccezioni sub d): prova di effettiva legittimazione attiva degli attori
(in relazione alla residua domanda per asserita irragionevolezza del rapporto di concambio sub B1)
Per questa parte le eccezioni sollevate dai convenuti attengono alla titolarità delle azioni BIBOP in
capo agli attori:
d1)innanzitutto sotto il profilo della corretta individuazione del relativo tema di prova: arco di tempo in
cui andrebbe provata la menzionata titolarità, in tesi fino al momento di proposizione della domanda e
addirittura di pronuncia della relativa sentenza, in stretta analogia con la disciplina in materia di
impugnazione;
d2)in secondo luogo in ordine alla qualità del materiale documentale legittimamente utilizzabile a fini
di prova: asserita necessità di fare esclusivo riferimento alla documentazione MONTE TITOLI ai sensi
dell'art. 85 comma 3° dlgs 58/98 vigente pro tempore (oggi art 83 quinquies) e 21 reg. CONSOB 2008
(v pagg 23-24 della comparsa di costituzione UNICREDIT) quale forma di “prova legale” vincolata;
d3) comunque in relazione ad una ritenuta inidoneità in fatto della documentazione ritualmente
prodotta dagli attori nel rispetto delle preclusioni di legge.
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Il Collegio, per quanto attiene l'esercizio della azione risarcitoria ancora in rilievo, ritiene innanzitutto
infondate in diritto le questioni di carattere preliminare sollevate dai convenuti sub i) e ii) in quanto
costruite su una inaccettabile sovrapposizione tra le condizioni per l'esercizio da parte degli azionisti
dei distinti diritti loro spettanti, sociali da un lato e strettamente patrimoniali dall'altro (secondo le
medesime considerazioni già svolte in tema di azioni indivisibili e intestazione fiduciaria).
d1) Per quanto attiene in particolare la procedura di fusione e la corretta individuazione del relativo
tema di prova in materia di legittimazione ad agire, viene in rilievo la piena autonomia delle forme di
tutela accordate dal legislatore ai singoli azionisti:
/ in quanto partecipi dell'organizzazione sociale e come tale chiamati a partecipare alla sua gestione in
vista della “divisione degli utili” ex art 2247 cc, pare fuor di dubbio che gli stessi vedano il proprio
interesse ad agire condizionato alla attualità della titolarità delle azioni; d'altro canto è proprio la stretta
inerenza delle relative posizioni soggettive all'autonomo assetto di poteri e di rapporti rappresentato
dall'ente “società” che, nella prospettiva in esame, giustifica l'ammissibilità della imposizione di limiti
al loro diritto di impugnazione (fino al momento del perfezionamento della fusione), in un'ottica di
equilibrio tra diritti dei singoli azionisti e certezza delle relazioni giuridiche manifestamente volta a
tutelare fondamentali esigenze di funzionamento dell'ente societario e della sua collocazione nella
ordinaria rete di relazioni con i terzi;
/ ma i singoli azionisti partecipano pur sempre alla vita e alle sorti dell'ente sociale nell'attivo
perseguimento di un preesistente interesse strettamente individuale che attiene alla gestione del proprio
patrimonio personale e in tal senso l'investimento in azioni o quote sociali, se da un lato
indubbiamente si pone come misura della partecipazione del singolo al capitale sociale secondo l'ottica
di cui al precedente capoverso, sotto diverso e preliminare profilo rappresenta appunto una frazione di
tale patrimonio, come tale indiscutibilmente suscettibile di autonoma tutela: nella specie è proprio tale
duplicità di prospettiva che l'ordinamento riconosce, laddove espressamente interviene a bilanciare la
prevista compressione del diritto di impugnazione con l'attribuzione di una tutela risarcitoria che
evidentemente presuppone una chiara alterità tra i soggetti in gioco, del resto bene evidenziata dalla
espressa equiparazione tra soci e terzi proposta dal comma 2° dell'art 2504quater cc.
Alla luce di tali considerazioni ritiene dunque il Collegio che la scelta del legislatore di attribuire
rilievo ai fini risarcitori ad eventuali conseguenze negative dell'atto societario (nella specie la fusione)
sul patrimonio dei singoli, soci o terzi che siano, assumendo a riferimento l'autonomia delle relative
posizioni rispetto a quella dell'ente sociale, appare inevitabilmente incompatibile con la pretesa
(invocata qui dalla convenuta) di subordinare l'ammissibilità dell'azione ad un dato (la permanenza del
vincolo societario) che a questo punto risulta semplicemente estraneo alla fattispecie delineata dalla
norma.
Esattamente alle medesime conclusioni si ritiene d'altro canto di dover pervenire pure esaminando la
questione sotto il distinto profilo (pure invocato dai convenuti) della “effettività e permanenza ” del
danno lamentato a fronte di una eventuale cessione a terzi delle azioni detenute a seguito del
concambio: evidente infatti che in tale prospettiva rimarrebbe comunque in capo ai singoli soci (in tesi
ingiustamente sfavoriti dal rapporto di concambio adottato) il danno conseguente all'avere ceduto un
numero minore di azioni di quelle che sarebbero loro (asseritamente) spettate.
d2) Per quanto attiene l'invocato richiamo ad una pretesa "prova vincolata" ai sensi degli artt 83-85
TUF, alla stregua delle medesime considerazioni già sopra svolte sub c.iii), c.iv) e d.i).
Invero la disposizione invocata attiene alla legitimazione all'' ”esercizio dei diritti relativi agli strumenti
finanziari” e in particolare al regime di circolazione dei titoli da un lato, dall'altro all'esercizio dei diritti
tipicamente sociali di intervento in assemblea e di voto, laddove qui si controverte in tema di
risarcimento danni, dunque dell'esercizio di diritti inerenti non già singoli strumenti ma piuttosto
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l'intero patrimonio personale del soggetto agente asseritamente leso dalla “mancata attribuzione” di
strumenti finanziari cui in tesi avrebbe avuto diritto: in tal senso si ritiene non pertinente il riferimento
proposto dalla convenuta, come indebitamente volto ad introdurre una deroga alla ordinaria disciplina
codicistica delle prove attraverso l'invocazione di disposizioni normative arbitrariamente estrapolate
dal loro effettivo ambito di applicazione
- secondo le medesime conclusioni cui del resto è già pervenuta la CdA di Milano nel precedente
(impropriamente) invocato dalla stesa parte convenuta.
d3) Per quanto attiene infine la valutazione propriamente di merito della documentazione versata in atti
dagli odierni attori, alla luce anche della dettagliata disamina proposta dalla convenuta UNICREDIT in
relazione alla posizione di ciascuno di essi (v pagg 12-114 della memoria conclusionale di replica), si
può agevolmente osservare che:
d3i) per 72 posizioni (quali analiticamente esaminate alle pagg 8-26 della memoria conclusionale di
replica di parte attrice) la documentazione versata in atti entro i termini ordinari di preclusione di cui
alla memoria ex art 183 n 2 cpc copre pacificamente l'intero periodo 16.5-1.7 2002 qui reputato
rilevante, attestando specificamente il possesso ininterrotto della titolarità delle azioni per cui è stata
esercitata la presente azione (per i signori Gabriele Baglioni, Maria Chiara Baglioni e Massimo
Baglioni attraverso intestazione a EUROPEAN TRUST spa poi incorporata da CORDUSIO
FIDUCIARIA spa, per i signori Gualtiero Sforzini, Silvia Sforzini e Nella Zamboni attraverso
intestazione a FIDUCIARIA SAN PAOLO spa – v pag 32 della medesima memoria dell'attrice): per
costoro i convenuti si limitano a proporre le contestazioni in diritto esaminate sub i) e ii), ritenute
infondate dal Collegio;
d3ii) per altre 36 posizioni (quali analiticamente esaminate alle pagg 29-30 della già citata memoria
conclusionale di replica dell'attore) risulta oggi versata in atti documentazione di analogo tenore
probatorio solo all'esito e in conseguenza di ordine di esibizione emesso dal g.i. in accoglimento di
espressa richiesta istruttoria ritualmente formulata da parte attrice nella propria memoria ex art 183 n 2
cpc: al riguardo, a fronte di (fondate) contestazioni proposte dai convenuti in sede di costituzione circa
la mancata prova di un possesso ininterrotto nel periodo di interesse, parte attrice ha provveduto ad
inoltrare immediatamente richiesta di documentazione integrativa agli istituti di credito attraverso cui i
singoli azionisti avevano operato ma gli istituti in questione, fino ancora alla ben successiva data di
celebrazione dell'udienza di ammissione delle prove, non hanno ottemperato alla richiesta ricevuta e il
g.i. ha ritenuto sussistenti le condizioni per l'emissione di provvedimento ex art. 210 cpc, con decisione
contestata dai convenuti ma pienamente condivisa dal Collegio, e appunto all'esito di tale
provvedimento per tutti e 36 gli attori interessati si deve registrare oggi una situazione probatoria
esattamente analoga a quella esaminata al precedente cpv;
d3iii) per i signori Sergio Bianchini, Massimo Tobanelli, Emanuele Paterlini, Anna Paterlini Sorlini,
Sandro Gori, Convento delle Religiose di Sant'Orsola (v pagg 30-31 della memoria conclusionale di
replica dell'attore) l'incompletezza della documentazione proposta (rispetto alla esigenza di prova di un
possesso ininterrotto per tutto quanto il periodo di riferimento) risulta in realtà riconosciuta dalla stessa
difesa di parte attrice, per cui le relative domande devono essere necessariamente rigettate.
Per tutti i motivi fin qui indicati il Collegio ritiene di dover accogliere (solo) parzialmente le eccezioni
sollevate dai convenuti, nei termini e limiti di cui in motivazione, rigettando le domande proposte da
tutti gli attori in relazione ai capi A) e B2) della motivazione, nonchè in toto le domande proposte dagli
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attori esaminate al capo d3iii) della motivazione, rigettando invece per il resto tutte le ulteriori
eccezioni sollevate dai convenuti e sopra esaminate.
Alla pronuncia sui menzionati capi A), B2) e d3) segue necessariamente condanna dei soccombenti alla
rifusione delle spese di lite sostenute da controparte.
Ai fini della concreta determinazione degli importi da liquidare in ragione dei titoli indicati si ritiene
qui di dover senzaltro tenere conto del valore della causa e della complessità dei temi trattati, ma anche
della ritenuta infondatezza della maggior parte delle eccezioni sollevate dai convenuti e che hanno
richiesto notevolissimo dispendio di attività difensiva. Per quanto attiene d'altro canto le specifiche
posizioni esaminate sub d3iii) pare d'altro canto corretto rilevare che l'attività di esame non ha richiesto
in realtà un lavoro significativamente differenziato ed ulteriore rispetto all'esame delle altre posizioni lavoro comunque obiettivamente modesto rispetto all'insieme dei temi trattati. Di qui la complessiva
determinazione delle spese di lite liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così
dispone:
° dichiara l'inammissibilità della domanda proposta dagli attori per la declaratoria di
inesistenza/inefficacia della delibera di fusione in contestazione, con conseguente rigetto della
domanda di cui al capo A) della motivazione;
° accerta il difetto di legittimazione attiva di tutti gli attori ad agire nei confronti del convenuto
Maurizio Cozzolini in relazione alla decisione di procedere alla fusione con BANCA DI ROMA e
conseguentemente l'infondatezza della domanda proposta per questa parte contro la convenuta
UNICREDIT ex art. 2409 cc, con conseguente rigetto delle domande proposte nei confronti di entrambi
i convenuti di cui al capo B2) della motivazione;
° accerta il difetto di legittimazione attiva degli attori Sergio Bianchini, Massimo Tobanelli, Emanuele
Paterlini, Anna Paterlini Sorlini, Sandro Gori, Convento delle Religiose di Sant'Orsola in accoglimento
della eccezione di controparte esaminata al capo d3iii) della motivazione, con conseguente rigetto di
tutte le domande dagli stessi proposte;
° rigetta per il resto tutte le ulteriori eccezioni sollevate dai convenuti, nei termini e per le ragioni di cui
in motivazione;
° condanna gli attori Sergio Bianchini, Massimo Tobanelli, Emanuele Paterlini, Anna Paterlini Sorlini,
Sandro Gori, Convento delle Religiose di Sant'Orsola, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di
lite nei confronti dei convenuti UNICREDIT e MAURIZIO COZZOLINI liquidate in un importo
complessivo di euro 15.000 oltre iva e cpa in favore di ciascuno di essi;
° condanna tutti gli altri attori (con esclusione di quelli sopra menzionati) al rimborso delle spese di lite
inerenti il rigetto delle domande sub A) e B2) liquidate in un importo complessivo di euro 15.000 oltre
iva e cpa in favore di ciascuno dei convenuti costituiti
Provvede con separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio in relazione all'esame delle domande
di cui al capo B1) della motivazione
Milano, 29.1.13
Il Presidente
dott. Vincenzo Perozziello
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