Marzo-Giugno 2015 134 -135 JURASSIC WORLD Anno XXI (nuova serie) - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70% - DCB - Roma di Colin Trevorrow FURY di David Ayer MIA MADRE di Nanni Moretti YOUTH LA GIOVINEZZA di Paolo Sorrentino LA FAMIGLIA BELLIER - di Eric Lartigau IL RACCONTO DEI RACCONTI - TALES OF TALES di Matteo Garrone Euro 5,00 SILS MARIA - di Olivier Assayas LE REGOLE DEL CAOS - di Alan Rickman SOMMARIO n. 134-135 Anno XXI (nuova serie) n. 134/135 marzo-giugno 2015 Bimestrale di cultura cinematografica Edito dal Centro Studi Cinematografici 00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6 tel. (06) 63.82.605 Sito Internet: www.cscinema.org E-mail: [email protected] Aut. Tribunale di Roma n. 271/93 Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50) Versamenti sul c.c.p. n. 26862003 intestato a Centro Studi Cinematografici Spedizione in abb. post. (comma 20, lettera C, Legge 23 dicembre 96, N. 662 Filiale di Roma) Si collabora solo dietro invito della redazione Direttore Responsabile: Flavio Vergerio Direttore Editoriale: Baldo Vallero Segreteria: Cesare Frioni Redazione: Alessandro Paesano Carlo Tagliabue Giancarlo Zappoli Hanno collaborato a questo numero: Giulia Angelucci Veronica Barteri Elena Bartoni Marcello Inguscio Elena Mandolini Fabrizio Moresco Giorgio Federico Mosco Stampa: Tipostampa s.r.l. Via dei Tipografi, n. 6 Sangiustino (PG) Nella seguente filmografia vengono considerati tutti i film usciti a Roma e Milano, ad eccezione delle riedizioni. Le date tra parentesi si riferiscono alle “prime” nelle città considerate. Accidental Love ........................................................................................... 8 Affare fatto ................................................................................................... 45 Avangers: Age of Ultron .............................................................................. 19 Blackhat........................................................................................................ 22 Chi è senza colpa ........................................................................................ 56 Child 44 – Il bambino numero 44 ................................................................ 57 Divergent Series (The): Insurgent................................................................ 63 Famiglia Bélier (La) ..................................................................................... 47 Forza maggiore ........................................................................................... 52 Fury ............................................................................................................. 17 Home – A casa ............................................................................................ 61 Humandroid ................................................................................................. 49 Hunger Games: il canto della rivolta – Parte I.............................................. 36 John Wick .................................................................................................... 16 Jurassic World ............................................................................................. 11 Kingsman: Secret Service ........................................................................... 60 Leviathan ..................................................................................................... 28 Libro della vita ............................................................................................. 3 Mad Max: Fury Road.................................................................................... 26 Mia madre ................................................................................................... 35 Miniscule – La valle delle formiche perdute ................................................ 53 My Old Lady ................................................................................................ 58 Notte al museo 3 (Una) – Il segreto del faraone ......................................... 27 Padre (Il) ...................................................................................................... 55 Pitza e datteri .............................................................................................. 18 Promessa (Una) .......................................................................................... 38 Racconto dei racconti (Il) ............................................................................. 6 Regole del caos (Le) ................................................................................... 9 Ricco, il povero e il maggiordomo (Il) .......................................................... 50 Ritorno a Marigold Hotel .............................................................................. 39 Run All Night – Una notte per sopravvivere ................................................ 5 Samba ......................................................................................................... 54 San Andreas ................................................................................................ 13 Sarà il mio tipo? ........................................................................................... 20 Sciacallo (Lo) – Nightcrawler ....................................................................... 46 Scusate se esisto ........................................................................................ 29 Search (The) ............................................................................................... 51 Se Dio vuole ................................................................................................ 43 7 nani (I) ...................................................................................................... 59 Sils Maria ..................................................................................................... 40 Storia sbagliata (Una) .................................................................................. 10 Superfast, Superfurious! .............................................................................. 61 Third Person ................................................................................................ 25 Uno, anzi due .............................................................................................. 44 Vacanze del piccolo Nicolas (Le) ................................................................ 23 Vizio di forma................................................................................................ 14 Voce (La) – Il talento può uccidere .............................................................. 42 Youth – La giovinezza.................................................................................. 2 Indici dell’annata 2014............................................................................... 31 Film Tutti i film della stagione YOUTH – LA GIOVINEZZA Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna, 2015 Costumi: Carlo Poggioli Effetti: Fabio Traversari, Andrew Morley Interpreti: Michael Caine (Fred Ballinger), Harvey Keitel (Mick Boyle), Rachel Weisz (Lena), Paul Dano (Jimmy Tree), Jane Fonda (Brenda Morel), Mark Kozelek (Se stesso), Robert Seethaler (Luca Moroder), Alex MacQueen (Emissario della Regina), Luna Mijovic (Massaggiatrice), Tom Lipinski (Sceneggiatore innamorato), Chloe Pirrie (Sceneggiatrice), Alex Beckett (Sceneggiatore intellettuale), Nate Dern (Sceneggiatore divertente), Mark Gessner (Sceneggiatore timido), Paloma Faith (Se stessa), Ed Stoppard (Julian), Sonia Gessner (Melanie), Madalina Ghenea (Miss Universo), Sumi Jo (Se stessa) Durata: 118’ Regia: Paolo Sorrentino Produzione: Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori per Indigo Film in collaborazione con Medusa Film, in coproduzione con Barbary Films, Pathé, France 2 Cinéma, Number 9 films, C-Films Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 20-5-2015; Milano 20-5-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Sorrentino Direttore della fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Cristiano Travaglioli Musiche: David Lang Scenografia: Ludovica Ferrario F red Ballinger, compositore, direttore d’orchestra e Mick Boyle, regista cinematografico, sono due amici di circa ottant’anni che stanno trascorrendo un periodo di riposo e di cura in un elegante centro benessere ai piedi delle Alpi svizzere. Tutti e due famosi e apprezzati nel loro campo cercano di capire come utilizzare il pezzo di vita che resta: Mick, assistito dal suo gruppo di sceneggiatori sta scrivendo quello che potrebbe essere il suo ultimo film importante per il quale desidera la presenza di un’attrice che ha lavorato molto con lui e a lui particolarmente legata, Brenda Morel. Fred invece non intende dare vita a particolari progetti, nemmeno vuole accettare la grande opportunità di dirigere a Londra alcune sue composizioni famose per il compleanno della Regina Elisabetta. Fred è in compagnia della figlia Lena che sta per partire per la Polinesia con il marito Julian, figlio di Mick. Di colpo però il matrimonio va in pezzi, Lena è lasciata da Julian che ha perso la testa per Paloma Faith, cantante inglese di sfrenata sensualità: l’intervento dei due padri è inutile, Lena, rimasta sola, trascorre le sue vacanze col padre. È l’occasione per i due di chiarire una vita intera, o meglio, per Lena di rinfacciare al padre il suo egoismo, la sua aridità, l’incapacità sempre dimostrata di amare la moglie e la famiglia, impegnato com’era con la sua musica e le sue tournées. Fred e Mick trascorrono così il tempo a osservare gli ospiti dell’albergo a cominciare da uno stanchissimo e gonfissimo Maradona e a intrattenersi con chi è interessato alle loro considerazioni come il giovane attore Jimmy Tree, anche lui a riposo in quei luoghi per preparare il personaggio del suo prossimo film. Improvvisamente arriva in albergo proprio Brenda Morel che, al culmine di un tempestoso colloquio con Mick, gli dice che non parteciperà più al suo ultimo film, una ennesima pellicola, secondo lei, senza successo e senza interesse; preferisce accettare la scrittura di una serie televisiva che le darà tanti soldi, sufficienti per appianare i debiti e per un futuro tranquillo, lavoro molto più comodo e adatto alla sua età che gli “impossibili” film di Mick Boyle. Mick racconta questa forte delusione a Fred e mentre l’amico cerca di aiutarlo in qualche modo a superare il brutto momento lui si uccide gettandosi dalla finestra. Lena ha superato intanto il suo momento peggiore accettando la compagnia di uno strano ma serissimo alpinista che la porta a conoscere le vette più alte di quelle montagne. Fred dirige le sue composizioni di fronte alla Regina Elisabetta. aturalmente Youth – La giovinezza non è un film sulla giovinezza ma sulla vecchiaia e sui rapporti, conflittuali per lo più, densi di amarezza, di nostalgia e di rimpianti che quest’ultima ha con la prima. Due grandi vecchi sono stati scelti da Sorrentino per realizzare in immagini quello che lui aveva in testa e che aveva da subito, dentro di sé, considerato spaventosamente difficile da realizzare: far parlare la vecchiaia. Perché la vecchiaia non parla e quel pizzico di saggezza (molto N 2 Film piccolo a dir la verità) conquistato nel corso degli anni non serve ad alimentare la curiosità e la comunicativa di chi ha iniziato a percorrere quel tunnel di cui conosce benissimo la fine. Occorrevano, quindi, due fortissime icone, come attori e come personaggi che potessero dialogare con il proprio passato mettendo sul piatto il peso di quanto fatto nel corso della vita per superare l’acidità pericolosa e rabbiosa del presente. Michael Caine e Harvey Keitel si sono dimostrati semplicemente sublimi nel rappresentare tutto questo: negli occhi del primo abbiamo continuato a leggere il fascino, la seduzione indolente di Alfie e quell’ironia che ha reso grandi le sue interpretazioni; il secondo non ha abbandonato il cinismo, la superiorità sulfurea, la forza acre con cui ha costruito i suoi personaggi senza essere capace di difenderne la fragilità né la disperazione, difatti è lui che si uccide. Così Caine e Keitel hanno permesso che la storia di Fred e Mick non diventasse lacrimosa, sofferente, squallida ma mantenesse un che di virile e di guascone sfrontatezza, insomma che una storia di morte non parlasse così tristemente e tristamente di morte. Ma ciò non sarebbe bastato oppure sarebbe stato troppo semplice fermarsi qui. Occorreva porre la personalità dei due attori in un mondo fatto di passato e presente, di rassegnazione e indipendenza, di tempo bruciato e non più recuperabile e l’illusione di poter lasciare una traccia, almeno una sola sul poco di strada ancora rimasta. Serviva una dimensione particolare, un’altra dimensione a cui Sorrentino ci ha abituato e incantato, soprattutto con La Grande Bellezza: quella del sogno, ma non del tutto, piuttosto quella dell’utilizzare una dimensione onirica per posizionarvi dentro tutta la complessità, tutta la logica discordante dei rapporti tra i due grandi e dei loro reciproci, ultimi interrogativi sulla vita, sull’amicizia, sull’amore, sulle emozioni, sulla morte. Non casuale la scelta del luogo, lo stesso Schatzalp Hotel di Davos in Svizzera dove Thomas Mann ragionò sul potere autodistruttivo della borghesia europea (“La Montagna Incantata”) quando il posto era un sanatorio di lusso ai primi del novecento. Poi le terme, luogo deputato felliniano, dimensione metaforica per eccellenza dove è possibile ritrovare se stessi e i propri ricordi in uno spaesamento continuo che permette di non prendersi troppo sul serio e non dare eccessiva concretezza a quelle ombre che girano intorno, sfuggenti e severe, stravaganti e rigorose, dolcissime e tetre testimoni che quella festa, quel Tutti i film della stagione carnevale della vita sta stillando le sue ultime gocce e che con dolce pressione ti stanno sospingendo verso qualcosa che rappresenta solo una semplicissima fine. In questa atmosfera fiabesca, in cui non si capiscono i confini tra ciò che è vero e ciò che non lo è (per questo si può parlare tranquillamente di morte), Fred e Mick hanno davanti le persone anzi i personaggi che compongono il puzzle di quello che potrebbe essere il loro ultimo soggiorno insieme: un Maradona gonfio oltre il metafisico che sa palleggiare con una palla da tennis meglio di quando Maradona lo era davvero; un attore narcisista così attento al proprio ego da trasformarsi in marionetta di se stesso; due vecchi coniugi sempre soffocati nel muto, reciproco disinteresse ma pronti a divorarsi nel sesso tra le siepi del sottobosco; il legnoso e severo alpinista che alla fine conquista il cuore di Lena; il monaco tibetano pronto a levitare da un momento all’altro; e poi sceneggiatori pretenziosi e innamorati, massaggiatrici ispirate di poesia, mangiafuoco, prestigiatori, cantanti, musicisti che affollano le giornate dei due vecchi nella malinconia e nello sbeffeggio, nella materialità e nell’irreale a spronarli e stimolarli perché prendano coscienza che la clessidra sta esaurendo gli ultimi grani. Fino ai due incontri divini, divinamente raccontati. I cinque minuti di Jane Fonda, un’attrice di settantotto anni truccata da vecchia slabbrata, volgare, arrochita, sfrontata e pacchiana, una caricatura di se stessa capace di piazzare l’ultimo colpo d’artiglio sul personaggio di Keitel e sul film di Sorrentino: straordinaria. Poi la discesa in piscina di Miss Universo, Venere che invece di uscire dall’acqua vi si immerge, nuda, statuaria, indifferente e altera, olimpica e perfetta: è la mazzata definitiva sui due vecchioni che in un angolo della vasca la guardano smarriti, come meravigliati che esistano ancora simili prodigi, inebetiti, perduti e definitivamente paralizzati e consapevoli che un’emozione così gigantesca possa solo appartenere inesorabile e dolorosa a un passato bello e finito: sipario. Cosa fa Sorrentino di tutto cio? Fa il suo cinema, fa quello che ama fare. Intanto sottrae (come nelle sue opere precedenti) al film l’esigenza di una trama precisa a cui, quando questa è ben costruita il film è legato e in qualche modo sottoposto. Poi dà completa libertà alle atmosfere e ai sentimenti e le passioni che queste producono in una successione di immagini non concettualmente legate ma unite da un’idea estetica molto forte che comprende la gestione della scena, la costruzione della sequenza, l’uso della musica. Così è massima la libertà per tutti di trovare i legami e le svolte più ragionate che il regista senz’altro suggerisce ma non pretende: alla fine è possibile comprendere quanto tutto sia strettamente e fortemente visto con uno sguardo unitario, libero, spirituale, naturale, frutto di una unità culturale e spettacolare forte, dove “il bello” diviene argomento sensibile, materiale. In questo modo Sorrentino e il suo “mago” della fotografia Luca Bigazzi affastellano immagini di sogno e di reale, sfumate di barocco, ricche di significati e di stimoli, mai di conclusioni, piuttosto costruzioni di sguardi, di pensieri ed emozioni che alla fine chiudono un cerchio da cui non è possibile togliere nulla, nessun elemento è di troppo e va a concorrere nella personalissima visione di ciò che è l’esistenza stessa. Come dice Mick “Le emozioni non sono sopravvalutate, le emozioni sono tutto quello che abbiamo”. Fabrizio Moresco IL LIBRO DELLA VITA (The Book of Life) Stati Uniti, 2014 Regia: Jorge R.Gutierrez Produzione: Guillermo del Toro, Brad Booker, Aaron D. Berger, Carina Schulze per Reel FX Animation Studios, 20th Century Fox Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 28-5-2015; Milano 28-5-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Jorge R. Gutierrez, Doug Langdale Montaggio: Ahren Shaw Musiche: Gustavo Santaolalla Scenografia: Simón Valdimir Varela Effetti: Augusto Schillaci Durata: 95’ 3 Film È il 2 novembre e dei ragazzi arrivano svogliati a far visita a un museo, ma ad attenderli c’è una guida molto speciale. Questa racconta una storia incredibile avvenuta nel centro Messico, nella città di san Angel, ma che coinvolge anche altri due mondi sotto, ovvero la Terra dei ricordati guidata da La Muerte e ancora più in profondità la Terra dei dimenticati con a capo il malefico Xibalba; mentre a guidare le anime c’è il simpatico Candelaio (che ricorda il Nim Galuu di Epic). Proprio nel giorno dei morti durante i festeggiamenti, i sovrani ed ex amanti La Muerte e Xibalba fanno una scommessa su tre amici: Maria, la figlia del generale Posada, per la quale batte il cuore del dolce musicista Manolo e dell’intrepido combattente Joacquin. La Muerte scommette sulla conquista di Manolo mentre Xibalba su Joacquin, donandogli però una medaglia della vita eterna che lo rende invincibile. Il papà di Maria, dopo che questa aveva liberato dei maialini per le vie della città durante una scorribanda con Manolo e Joacquin, decide di mandarla a studiare in Europa dalle suore. Così alla stazione i due amici le promettono di continuare a pensare a lei fino al giorno del suo ritorno. Passano gli anni e Maria ritorna più bella e forte che mai e assiste a una corrida in cui gareggia Manolo. Questo però, d’accordo con Maria dall’infanzia, non intende uccidere i tori. Manolo ha infatti forti scontri con il papà, il quale difende la tradizione della famiglia Sanchez in cui si sono susseguite generazioni di toreri. Il generale Posada, ammirando la forza e il coraggio di Joacquin, pensa sia il più Tutti i film della stagione adatto a difendere la sua città e spinge la figlia a scegliere lui. Intanto Manolo corteggia l’amata con la sua chitarra e la sua musica, ma una sera durante un appuntamento romantico, Maria viene morsa da un serpente e apparentemente muore. Così Manolo per amore si uccide per poterla raggiungere nella Terra dei ricordati. Maria è morta per via di un inganno di Xibalba e del suo serpente ed è stata riportata in vita dalla medaglia di Joacquin. Manolo quindi non la trova lì tra i defunti ma ritrova tutta la sua famiglia; nel frattempo muoiono anche il padre e la nonna e tutti insieme aiutano il giovane Sanchez a ricongiungersi al suo amore. Dopo aver scoperto l’inganno di Xibalba, che nel frattempo si era preso come pattuito il regno de La Muerte, Manolo dovrà attraversare la caverna delle anime per andare da Il Candelaio che insieme alla Muerte lo aiuteranno a ritornare nella terra dei vivi. Intanto la città di San Angel si trova a dover combattere contro il cattivo Chakal. Manolo torna e insieme alla famiglia con l’aiuto di Joacquin e Maria, sconfiggono Chakal. Manolo e Maria coronano il loro sogno d’amore. er Gutierrez uno straordinario debutto alla regia dopo il corto Carmelo e una collaborazione alla serie tv d’animazione El Tigre: The Adventures of Manny Rivera realizzata per il canale Nickelodeon. Prodotto da Guillermo del Toro, il film illustra con tutte le sue peculiarità e la sua gioia contagiosa una storia che prende vita il giorno della festa messicana dei morti. Ma quello che a prima vista può sembra- P 4 re un prodotto chiuso e centrato sul culto precolombiano degli antenati defunti, in realtà parla a un pubblico universale. A partire dal fatto che il libro della vita appartiene anche alla tradizione ebraica e cristiana, la pellicola, pur ricordando La sposa cadavere ed in generale lo stile di Tim Burton, si distingue per una caratterizzazione formale ma soprattutto contenutistica molto serena e piacevole della morte. Scheletri così belli non se ne erano mai visti. Candidato al Golden globe 2015 come miglior film d’animazione, la pellicola di Gutierrez sfoggia dei punti di forza notevoli dal punto di vista grafico: dall’uso cromatico ricercato alla minuzia dei dettagli, dalla cura per gli effetti speciali e il notevole risultato tecnico della CG. Ma è una pellicola che strizza l’occhio al mondo occidentale e al sentire umano sotto vari aspetti: dall’importanza del ricordo e della famiglia, all’emancipazione femminile (la principessa non viene salvata ma combatte anch’essa con Manolo per la sua salvezza e per quella della propria città). Tantissime le citazioni letterarie e mitologiche (Iliade, Romeo e Giulietta) a quelle cinematografiche, ad esempio Aladdin (le prove da superare nella caverna delle anime il cui accesso è permesso solo a pochi eletti ricorda la caverna delle meraviglie del film disney del 1992, il vecchio in cui si trasforma Xibalba ricorda la trasformazione di Jafar). Il doppiaggio è ottimo e Il cast vocale originale include le voci di Hector Elizondo, Danny Trejo, Ice Cube e del tenore Placido Domingo nei panni del nonno di Manolo. Un pastiche cui si aggiunge una colonna sonora sullo stesso stile, che va dall’Ave Maria al tradizionale Cielito Lindo, dal pop dei Radiohead alle canzoni originali di Gustavo Santaolalla. Il brano cantato nell’arena è famoso e la serenata di Manolo ricorda una canzone di Francesco Renga. Un film sull’altruismo, sulla lealtà, sulle paure, sulla diversità e sul perdono. Il libro della vita narra la storia di personaggi rappresentati con dei burattini ma in realtà così tanto vicini a noi umani per la loro capacità di libero arbitrio. Basti pensare che anche la pagina di Manolo è ancora bianca e attende soltanto di essere scritta. Giulia Angelucci Film Tutti i film della stagione RUN ALL NIGHT – UNA NOTTE PER SOPRAVVIVERE (Run All Night) Stati Uniti, 2015 Regia: Jaume Collet-Serra Produzione: Vertigo Entertainment, Energy Entertainment Distribuzione: Warner Bros. Pictures Prima: (Roma 30-4-2015; Milano 30-4-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Brad Ingelsby Direttore della fotografia: Martin Ruhe Montaggio: Dirk Westervelt Musiche: Tom Holkenborg Scenografia: Sharon Seymour Costumi: Catherine Marie Thomas Effetti: Method Studios, Luma Studios, BUF Interpreti: Liam Neeson (Jimmy Conlon), Ed Harris (Shawn Maguire), Joel Kinnaman (Mike Conlon), Vincent D’Onofrio (Detective John Harding), Genesis Rodriguez (Gabriela N ew York. Jimmy Conlon è un uomo allo sbando: ex killer professionista (un tempo soprannominato ‘il Becchino’) e amico di vecchia data del boss della mafia irlandese Shawn Maguire, vive le sue giornate annegando i suoi tanti rimorsi dell’alcool. Il suo più grande dolore è non aver più alcun rapporto con suo figlio Mike che non vuole avere nulla a che fare con lui e che sta tentando di condurre una vita onesta lavorando come autista di auto di lusso per mantenere le sue due bambine e sua moglie, incinta del terzo figlio. Ancora in affari, Shawn Maguire non accetta un’offerta da parte del figlio Danny, spregiudicato trafficante di droga. Il vecchio boss irlandese si rifiuta di vendere un cospicuo carico di eroina proveniente dall’Albania. Danny rischia così di perdere la notevole somma di denaro che gli era stata promessa per organizzare il traffico di droga. Per una coincidenza del destino, una sera, Mike deve condurre proprio i trafficanti albanesi a casa di Danny. Per caso, sceso dall’auto, Mike assiste al brutale omicidio degli albanesi da parte di Danny. Proprio sul luogo del delitto, Mike perde il suo portafoglio e i suoi documenti. Mike torna a casa dove trova suo padre Jimmy, che gli fa promettere di non cercare Danny. Poi Jimmy va via. Ma poco dopo, tornato sui suoi passi, scorge Danny che ha rintracciato Mike e sta cercando di ucciderlo perché ritenuto un testimone scomodo del crimine da lui commesso. Jimmy si vede costretto a uccidere Danny un istante prima che il ragazzo faccia fuoco su Mike. Distrutto dal dolore per la morte Conlon), Nick Nolte (Eddie Conlon), Common (Andrew Price), Boyd Holbrook (Danny Maguire), Holt McCallany (Frank), Bruce McGill (Pat Mullen), Patricia Kalember (Rose Maguire), Beau Knapp (Kenan Boyle), Lois Smith (Margaret Conlon), Daniel Stewart Sherman (Brendan), James Martinez (Detective Oscar Torres), Radivoje Bukvic (Victor Grezda), Tony Naumovski (Samir), Lisa Branch (Angela Banks), Aubrey Omari Joseph (Curtis “Legs” Banks), Giulia Cicciari (Catelyn Conlon), Carrington Meyer (Lily Conlon), Gavin-Keith Umeh (Randle), Malcolm Goodwin (Colston), Roderick Hill (Billy Conlon), Ella June Conroy (Kirsten), Andy Murray (Paul), John Cenatiempo (Tommy), Barrington Walters Jr. (Terrell), Dan Domingues (Ricky), Devon O’Brien (Eric), Jelani Robert Joseph (Marcus) Durata: 109’ del figlio e ritenendo Mike responsabile dell’omicidio, Shawn manda dei poliziotti corrotti a prelevare il giovane per ucciderlo, ma Jimmy lo salva e lo porta dalla sua famiglia. Consapevole del fatto che Shawn non si fermerà finché non vedrà suo figlio morto, Jimmy fa in modo di mandare la moglie e le figlie di Mike in una villetta fuori New York e porta con sé il figlio per provare la sua innocenza. Ma Andrew Price, un killer mandato da Shawn, rintraccia i due. Dopo un inseguimento, nello scontro a fuoco Jimmy riesce ad avere la meglio ma resta ferito a una spalla. Mike porta il padre da suo zio Eddie e ritorna dalla sua famiglia nel rifugio fuori città. Cercando di porre fine alla faida, Jimmy va a stanare Shawn dal suo covo e riesce a uccidere la maggior parte degli uomini della sua gang. Poi Jimmy insegue Shawn tra i binari di una stazione ferroviaria e, dopo una resa dei conti tra i convogli di alcuni treni fermi, riesce a uccidere il suo vecchio amico e mentore. Jimmy si reca alla villetta fuori città e informa la polizia dove si trova. Nella casa di campagna, Jimmy chiede perdono al figlio dei suoi peccati, ma Mike non vuole che si avvicini alla sua famiglia. Ma la moglie di Mike, Gabriela, lo fa entrare e gli presenta le sue nipotine. Ma il killer di Shawn ha seguito Jimmy. Dopo un inseguimento e uno scontro a fuoco tra i boschi, Jimmy riesce a uccidere Price e a salvare la vita di suo figlio restando però gravemente ferito. Mike si precipita da Jimmy e, per la prima volta lo chiama papà, dimostrando di averlo perdonato per essere stato un padre assente e per tutti i peccati commessi nella sua lunga 5 carriera criminale. All’arrivo della polizia, Mike viene scagionato dall’ accusa di omicidio, mentre Jimmy muore tra le braccia del figlio. Nella scena finale Mike, tornato alla vita di tutti i giorni nel suo appartamento, si prepara per andare al lavoro. Prima di uscire, lancia un ultimo sguardo a una foto che lo ritrae con suo padre. adri e figli, legami di sangue e non, peccati, redenzioni, riscatti, passato e presente. Tutto si mescola e confonde in questo adrenalinico action movie nerissimo, diretto dal regista spagnolo Jaume Collet-Serra. Run All Night - Una notte per sopravvivere, il titolo del film racchiude l’essenza del racconto. Una sola notte per salvare la pelle, ma non solo, in gioco c’è molto di più per Jimmy Conlon e suo figlio Mike. Tutto in una sola tragica notte. Tutta una vita che può decidersi in poche ore, prima dell’alba di un nuovo giorno. Una chance, forse l’ultima, per poter correggere una vita. Il protagonista Jimmy Conlon deve passare attraverso l’espiazione delle proprie colpe per riallacciare il rapporto con un figlio per cui, forse, non è mai stato davvero un padre e che ora è nel mirino del suo vecchio amico e compagno di malavita. Lo scontro è quello tra due famiglie, quella tradizionale e quella ‘atipica’ del clan mafioso, un gruppo che segue le sue regole morali e un rigido codice etico per cui la lealtà è il valore fondante. Per il protagonista la famiglia criminale (quei Westies, terribili boss mafiosi irlandesi che comandavano a Hell’s Kitchen negli anni ’70) ha di fatto sostituito la vera famiglia. P Film Il film mette in scena un duello tra due uomini forti, uniti da un intenso passato e legati fortemente ai destini dei rispettivi figli, due giovani diversissimi tra loro. L’altro dualismo del film è proprio quello che lega i due giovani, il primo, onesto allenatore di boxe, padre di famiglia e autista di auto di lusso e il secondo, perduto negli eccessi di una carriera criminale fatta di droga e violenza. Noir ambientato nel cuore di una New York sporca e pericolosa e in alcuni luoghi tipici della mafia irlandese, come pub, treni sopraelevati, binari abbandonati (è proprio qui che avviene la resa dei conti finale tra il vecchio boss e il suo più fedele killer), Run All Night omaggia classici del genere come Il braccio violento della legge di William Friedkin. Collet-Serra dimostra grande abilità nel ricreare una certa atmosfera tipica dei ruvidi polizieschi anni Settanta puntando su scene d’azione adrenaliniche, con poca tecnologia (l’hi-tech è quasi del tutto assente) e molta tensione emotiva. Azione si, ma intrisa di realismo, dove il Tutti i film della stagione fine ultimo è salvare la propria pelle senza funambolici gesti eroici. Pellicola nera, notturna e malinconica, girata con stile asciutto, il film fa un tutt’uno degli stati emotivi dei personaggi con le ambientazioni. Il microcosmo di Jimmy e Shawn è fatto di luoghi cupi e claustrofobici (lo squallido appartamento del derelitto ex killer, il pub del boss mafioso nonché suo quartier generale) contrapposto all’unico mondo dai colori più caldi, quello di Mike e della sua famiglia (una casa piccola e modesta ma piena di vita). Gli attori sono il valore aggiunto: in primis i due grandi veterani del cinema hollywoodiano, Liam Neeson (che per la terza volta lavora con il regista spagnolo dopo Unknown – Senza identità e NonStop) ormai avvezzo a pellicole action e a ruoli di gigante stropicciato e cattivo (negli ultimi anni non ha fatto quasi altro) e Ed Harris grandioso vecchio boss della mafia irlandese, capace come al solito di illuminare la scena solo con il suo carisma. Accanto ai due divi, non sfigura il giovane attore svedese Joel Kinnaman (in questa stagione cinematografica al cinema anche in Child 44 – Il bambino numero 44 ispirato ai delitti del mostro di Rostov). L’azione la fa da padrona per quasi due ore, la tensione emotiva cresce, la violenza anche (gli amanti del genere saranno soddisfatti). Fino all’immancabile redenzione dell’eroe che arriva su un finale a dire il vero un po’ scontato a confezionare una pellicola girata con una mano abile a intrufolarsi tra le strade caotiche della Grande Mela o all’interno di giganteschi condomini popolari. Inseguimenti, sparatorie, sangue, conditi da una spruzzata di etica sull’importanza dei legami familiari, ma niente tirate retoriche o dialoghi buonisti; solo un abbraccio finale. Senza troppe parole. Perché la corsa è davvero senza fiato. Elena Bartoni IL RACCONTO DEI RACCONTI – TALE OF TALES Italia, Francia 2014 Regia: Matteo Garrone Produzione: Matteo Garrone, Jeremy Thomas, Jean e Anne Labadie per Archimede, Le Pacte, con Rai Cinema, Recorded Pictures Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 14-5-2015; Milano 14-5-2015) Soggetto: liberamente ispirato a “Lo cunto de li cunti”, raccolta di fiabe in lingua napoletana di Giambattista Basile Sceneggiatura: Edoardo Albinati, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso Direttore della fotografia: Peter Suschitzky Montaggio: Marco Spoletini Musiche: Alexandre Desplat Scenografia: Dimitri Capuani Costumi: Massimo Cantini Parrini Effetti: Bruno Albi Martini, Leonardo Cruciano Workshop Interpreti: Salma Hayek (Regina / “La Regina”), John C. Reilly (Re / “La Regina”), Christian Lees (Elias / “La Regina”), Jonah I l regista Garrone si è ispirato a tre delle cinquanta novelle che compongono “Lo cunto de li cunti”, scritto in lingua napoletana da Giambattista Basile e pubblicato postumo (1632/1634). La Regina o La Cerva Fatata. La Regina di Selvascura è pronta a tutto pur di avere un figlio, cosicché spinge il marito a realizzare quanto indicato Lees (Jonah / “La Regina”), Alba Rohrwacher (Circense / “La Regina”), Massimo Ceccherini (Circense / “La Regina”), Laura Pizzirani (Madre di Jonah / “La Regina”), Franco Pistoni (Negromante / “La Regina”), Giselda Volodi (Dama di corte / “La Regina”), Giuseppina Cervizzi (Dama di corte / “La Regina”), Jessie Cave (Fenizia / “La Regina”), Toby Jones (Re / “La Pulce”), Bebe Cave (Viola / “La Pulce”), Guillaume Delaunay (L’Orco / “La Pulce”), Eric MacLennan (Medico / “La Pulce”), Nicola Sloane (Damigella / “La Pulce”), Vincenzo Nemolato (Figlio dei circensi / “La Pulce”), Giulio Beranek (Figlio dei circensi / “La Pulce”), Davide Campagna (Figlio dei circensi / “La Pulce”), Vincent Cassel (Re / “Le due vecchie”), Shirley Henderson (Imma / “Le due vecchie”), Hayley Carmichael (Dora / “Le due vecchie”), Stacey Martin (La giovane Dora / “Le due vecchie”), Kathryn Hunter (Strega / “Le due vecchie”), Ryan McParland (Lacchè / “Le due vecchie”), Kenneth Collard (Arrotino / “Le due vecchie”), Renato Scarpa (Arrotino / “Le due vecchie”) Durata: 125’ da un negromante cioè uccidere un drago, strappargli il cuore, metterlo a bollire e cibarsene, cosa che le avrebbe permesso di restare incinta immediatamente. Così il re si immerge nel lago, trafigge con una lancia il drago addormentato sul fondo che con un estremo colpo di coda però uccide il re a sua volta. Il cuore estratto dai servi dal corpo del drago e poi bollito viene divorato dalla regina che risulta subito incinta; non 6 solo, anche la cuoca che aveva preparato la cottura dell’organo assorbendone i vapori resta incinta di colpo. Dopo pochi giorni le due donne mettono al mondo due maschi, Elias (il nobile) e Jonas (il figlio della serva). I due giovani crescono insieme legando le loro vite con un’amicizia sincera ma la regina, presto gelosa che il legame tra i due ragazzi superi l’affetto che lei pretende dal figlio, scaccia Jonas dal regno. Film Tutti i film della stagione Questi, accolto in casa da una famiglia di un villaggio lontano, un giorno si trova in pericolo nei boschi, assalito da un mostro; è proprio il suo amico Elias a trovarlo e salvarlo per poi riaffidarlo nuovamente, e senza tornaconto, alla famiglia che lo aveva accolto con così grande amore. La Vecchia Scorticata. Il Re di Roccaforte, ben deciso a pretendere il rispetto delle prerogative reali nell’avere per sé una bella lavandaia, invaghito della sua voce che ha sentito cantare una mattina, non capisce, accecato com’è dai suoi impulsi carnali che si tratta di una povera vecchia, Dora, che vive in una catapecchia insieme a sua sorella Imma. La povera Dora, che ha acconsentito a entrare velata e di notte, nel letto del re, subito scoperta è fatta precipitare dalle guardie fuori dalla finestra del castello. Lei però non piomba al suolo ma, sostenuta dai rami di un albero è aiutata da una megera, una strega che raccoglieva legna nei dintorni e da questa allattata al seno. Dopo poco, Dora si sveglia e si scopre una bellissima e affascinante ragazza dalla pelle di pesca che, ritrovata dal re ne diventa subito la moglie e quindi regina. Imma, invitata a corte con un bell’abito in regalo da Dora che le rivela l’inspiegabile sortilegio e le promette di aiutarla, perde completamente la testa di fronte a tanto sfarzo e pretende anche lei di diventare una bella e govane figliola. La sorella, per levarsela di torno le dice di andare a farsi scorticare, Imma la prende in parola e convince un tagliatore di pelli a scuoiarla viva: le scene finali vedono Imma che come un mostro sanguinante si avvia verso la Corte, mentre Dora, al culmine di una festa a palazzo si accorge con raccapriccio che la sua pelle sta tornando quella di prima, cioè di una povera vecchia rugosa e così fugge precipitosamente via dal marito e dalla reggia. La Pulce. Il Re di Altomonte accudisce ossessivamente una pulce che diventa così grande come un vitello, curandosi poco di sua figlia Viola che vorrebbe sposarsi ed entrare nella vita come le altre ragazze. Dopo un certo periodo, la pulce, nonostante l’accorrere di un medico, muore e il re, convinto in questo modo di tenere la figlia sempre con sé, emana un bando con cui promette la ragazza in sposa a chi saprà individuare a quale animale appartiene la pelle stesa nella sala del trono. Dopo tanti inutili tentativi, solo un brutto orco indovina trattarsi della pelle di una pulce! Viola è portata via dal brutto individuo con cui è costretta a vivere in una caverna sui monti; solo grazie all’aiuto di un gruppo di saltinbanchi, un tempo amici a corte, riesce a fuggire. Viola e i ragazzi sono scovati dall’orco che ne fa strage; lei con uno stratagemma riesce a tagliargli la gola e ritornare a corte dove è accolta dal padre pentito della sua follia, divenendo al suo posto regina. bitualmente, nel comporre una storia da cinema, l’autore approfondisce i temi e gli aspetti del suo racconto affinché i sentimenti, le passioni, le idee e i sogni siano espressi dai suoi attori, nuclei portanti della propria creazione, in immagini: lui poi le accumula, le gestisce e le mostra secondo le proprie convinzioni tecniche e la propria ispirazione poetica. Questo sistema, appunto abitualmente, fa esplodere l’emozione, porta lo spettatore a commuoversi, partecipare, immedesimarsi in ciò che vede, a gioire e soffrire con le azioni degli interpreti nel libero e misterioso transfert che è alla base della fruizione cinematografica. Non funziona invece così in questo bellissimo film di Garrone che alcuni hanno considerato inerte nel coinvolgimento emozionale, che resterebbe immobile e distante, congelato in una esteriore ricerca illustrativa e poco più. Questo però è il “Cunto de li Cunti” di Garrone che l’autore ha costruito mettendo A 7 in immagini la montagna di sensazioni, di echi, di suggestioni, meraviglie, splendori e orrori che l’opera di Basile gli ha suscitato nell’inquietante suggerimento di constatazioni legate al proprio tempo: la regina pronta a tutto e indifferente alla morte cruenta del marito pur di rimanere incinta, la vecchia impazzita per lo struggimento di farsi cambiare pelle, il padre ottuso fino all’assurdo pur di mantenere la figlia legata a sé, il monarca erotomane accecato dalla bramosia della carne fresca... Garrone è partito dalla vitalità umana e fiabesca della nostra tradizione più artigianale (e quindi più geniale) per colorare un quadro pittorico di sogni e paure, fantasie e allucinazioni e di un vero e proprio intimo coinvolgimento. Questo ha animato Garrone che da qui ha proseguito in senso contrario rispetto a ciò che abbiamo indicato come abituale, cioè verso l’interno e ha trovato i suoi attori pronti come una conseguenza logica, da poter caricare (e sovraccaricare) di tutto il bagaglio ossessivo, fantastico e fantasmagorico ispirato dal genio di Basile. Gli attori (tutti straordinari e senza distinzioni) hanno capito e hanno gestito l’impostazione poetica del loro autore come meglio non potevano fare: hanno asciugato ogni psicologismo, ogni introspezione e ogni interiorità nel diventare essi stessi rappresentazioni di immagini, proiezioni di un fantastico geniale, espressioni di un mondo di cui non si capisce i confini tra realtà e fantasia come se il genio di Basile avesse pensato a una traduzione cinematografica quasi trecento anni prima della sua invenzione. Fondamentale nella realizzazione poetica dell’autore, davvero un’altra chiave Film interpretativa e non di solo supporto di tutto il lavoro è il gioco dello spettacolo: mimi, saltinbanchi, giocolieri, ciarlatani, mangiafuoco, domatori di belve, incantatori con recite e poesie, insomma attori, jouers nel vero e purissimo senso del termine popolano le storie alla pari dei personaggi principali in una festa continua, festa dello sguardo, dei sensi e della mente, del piacere, festa del cinema. Ben vicino a questo panorama di jouers, cioè di manipolazione e presenza fantastica c’è la trasfigurazione del mondo animale, cioè orsi che s’intrattengono col Tutti i film della stagione pubblico, draghi dormienti, pulci allevate come bambini al nido d’infanzia, mostri cavernicoli che si accavallono a orchi, streghe, nani e mostricciattoli in un coloristico orrore e violenta sozzeria nella comune appartenenza al medesimo scoppio immaginario che ha bisogno di una dimensione ambientale vista attraverso gli stessi occhi della fiaba: così il castello di Sammezzano, il bosco claustrofobico di Sasseto, le gole di Alcantara o le mura misteriose di Castel del Monte sono fotografate da Peter Suschitzky con lo stesso sontuoso spessore visivo che abbraccia ogni elaborazione degli effetti speciali, non computerizzati ma completamente artigianali e raffinatissimi; Garrone, illusionista per primo dei suoi personaggi e delle sue storie, produce reinvenzioni, mutazioni, contaminazioni di un mondo che gli appartiene completamente: in questo è capace di prenderci per mano per farci regredire ansiosi e incuriositi, trepidanti e spaventati ma felicemente emozionati ai primi sogni orrorifici e meravigliosi della nostra infanzia. Fabrizio Moresco ACCIDENTAL LOVE (Accidental Love) Gran Bretagna, Stati Uniti, 2015 Regia: Stephen Greene Produzione: K. Jam Media, Persistent Entertainment, Vocal Yokels Distribuzione: Barter Entertainment Prima: (Roma 4-6-2015; Milano 4-6-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Kristin Gore (dal romanzo omonimo), Matthew Silverstein, Dave Jeser Direttore della fotografia: Max Malkin Montaggio: Mark Bourgeois, Robert K. Lambert Musiche: John Swihart Scenografia: Judy Becker Costumi: Marie-Sylvie Deveau I n una cittadina dell’Indiana, Alice fa la cameriera sui pattini per un ristorante drive in ed è promessa sposa allo sceriffo Scott. Tutto è pronto per la proposta di matrimonio, lui la porta a cena fuori, ha già l’anello nella sua custodia da porgerle quando a un operaio al lavoro sopra il loro tavolo sfugge di mano una sparachiodi e un chiodo va a finire nella testa della povera ragazza. Una volta in ospedale e in procinto di essere operata, i medici si rendono conto che Alice e la sua famiglia non hanno copertura assicurativa e richiedono per l’intervento 150.000 dollari. Per l’ospedale non è un’operazione urgente ma il chiodo può portare oltre a danni fisici alcune reazioni stravaganti come lussuria, crisi di panico, attacchi di rabbia o uso improprio e imprevisto di una lingua straniera. I soldi non ci sono, i genitori di Alice cercano di fare una colletta ma non riescono a raggiungere la cifra, la zia veterinaria, Rita, tenta di operarla senza successo e Scott la lascia per via di questa sua “patologia”. Così Alice in compagnia dei suoi fidati amici, il reverendo Norm e Keyshawn, va a Washington per parlare con il deputa- Interpreti: Jessica Biel (Alice Eckle), Jake Gyllenhaal (Howard Birdwell), James Marsden (Scott), Tracy Morgan (Keyshawn), Kurt Fuller (Reverendo Norm), Catherine Keener (Pam Hendrickson), Beverly D’Angelo (Helen Eckle), Steve Boles (Bob Eckle), Kirstie Alley (Zia Rita), Malinda Williams (Rakeesha), Paul Reubens (Edwin), David Ramsey (Bill Harshtone), Olivia Crocicchia (Marsha Weber), James Brolin (Speaker Buck McCoy), Bill Hader (Dottor Turnstall), Darlene Hunt (Dott.ssa Adams), Barbara Weetman (Vedova McCoy), Raymond L. Brown Jr. (Titolare “Burger Hop”), Albert Gore (Everett), Jenny Gulley (Brenda) Durata: 96’ to democratico Howard Birdwell. Dopo alcune ritrosie da parte degli impiegati dell’ufficio a farla parlare con Birdwell, Alice lo incontra in corridoio e, per via di alcuni effetti collaterali del chiodo che ha in testa, ha rapporti con il deputato. Così questo decide di prendere a cuore la sua causa e portarla avanti, come anche la precedente proposta del deputato Hendrickson di far costruire una base lunare. Intanto Alice per via di vari attacchi d’ira perde il proprio posto di lavoro. Il deputato, invece, sfrutta la disgrazia di Alice per fare la sua scalata politica e chiede di parlare con il presidente della Camera (il senatore Bramen) che muore in loro presenza per soffocamento. Alice durante il funerale dirà, mentendo, che prima di morire il presidente aveva come ultima volontà quella di far passare il decreto sulla sanità pubblica. Ma a remare contro Alice e Howard c’è il deputato Pam Hendrickson che vuole evitare a tutti i costi che passi questa legge continuando a sostenere la causa della costruzione di una base militare sulla luna. Intanto a sostenere Alice arrivano anche un gruppo di bambine scout. L’aiutano a fare propa8 ganda girando un video virale e vendendo anche biscotti. Per combattere questo decreto intanto la Hendrickson fa scoppiare uno scandalo lesbo tra due bambine che nel video si tengono per mano. Scott si pente del suo abbandono, torna dalla fidanzata ma lei ormai si dice innamorata di Howard, fuggito anche lui per codardia. Scott per aiutarla va a prendere Howard e lo riporta da Alice. Così il decreto l’indomani può arrivare in Parlamento. In un primo tempo bocciato, la legge passa solo parzialmente secondo quanto riporta il telegiornale. Alice avrà le sue cure e si sposerà con Howard mentre l’amico Keyshawn sposa la fidanzata Rakeesha. uesta commedia è un film demenziale, mal diretto e montato ancor peggio. Diretto da David O. Russell (The Fighter, Il lato positivo e American Hustle) parte produttivamente nel 2008 con il titolo Nailed ma a causa di problemi di liquidità viene interrotto in fase di lavorazione e terminato successivamente da altre figure professionali prendendo un altro titolo. Tra le tante difficoltà la pellicola ha visto anche l’intervento polemico del sinda- Q Film cato dell’International Alliance of Theatrical Stage Employees a causa del mancato pagamento di cast e troupe. Così il regista e sceneggiatore statunitense ha rinnegato il suo prodotto e, una volta assemblato dal nuovo proprietario Millennium Films, è uscito contro la sua volontà e con la regia attribuita allo pseudonimo “Stephen Greene”. La produzione è stata ritardata e chiusa quattro volte nel corso del 2008 e in fase di montaggio sono state girate le scene mancanti senza Russell. Questo spiega la sua uscita ad 8 anni di distanza; un vero peccato viste a posteriori le abilità creative e registiche di Russell. Il tema, ispirato al romanzo Sammy’s Hill scritto da Kristin Gore (figlia di Al Gore), con alla base una satira politica ben costruita potevano essere un ottimo spunto di lavoro. Tutti i film della stagione La pellicola doveva essere un omaggio a Frank Capra, remake al femminile di Mrs. Smith va a Washington (da cui riprende l’idea politica della presentazione di un decreto, la figura dei boyscout). Di Frank Capra c’è poco o nulla, mentre è costante la caratteristica presenza di strambi personaggi russelliani dei film successivi. A parte l’indiscutibile bellezza dei protagonisti (Jessica Biel, James Marsden e Jake Gyllenhall) risulta tutto estremamente ridicolo e sopra le righe: lo sbaglio è stato voler mettere troppi generi insieme. Un’impacciata satira politica di sfondo ( scalate politiche di personaggi moralmente discutibili, l’obamacare, lo scandalo delle lobbiste sexy che vendono il proprio corpo in cambio dell’attuazione di decreti, l’invenzione di scandalo dove non esiste come, ad esempio, le bambine lesbiche) con sopra un impianto veramente volgare (diversi cenni su orgasmi e prestazioni sessuali che raggiunge l’apice della bassezza nella scena di soffocamento del senatore Bramen in cui il reverendo Norm cerca di salvarlo con la manovra di Heimlich mentre la regia sembra suggerire tutt’altro). Per non parlare della scena patetica nel bosco dove Howard sta facendo un corso di sopravvivenza per diventare un vero uomo. Russell punta poi sul compositore John Swihart e su una track list con Etta James (At Last) e La Traviata verdiana (Libiamo, libiamo ne’ lieti calici). Niente a che vedere con il vero genere screwball né con lo slapstick. Giulia Angelucci LE REGOLE DEL CAOS (A Little Chaos) Gran Bretagna, 2014 Regia: Alan Rickman Produzione: Artemis Films, BBC Films, The Bureau, Lionsgate, Lipsync Productions Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 4-6-2015; Milano 4-6-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Alison Deegan, Alan Rickman, Jeremy Brock Direttore della fotografia: Ellen Kuras Montaggio: Nicolas Gaster Musiche: Peter Gregson Scenografia: James Merifield Costumi: Joan Bergin Effetti: Mark Holt, Ben Sheperd nno 1682. Sabine De Barra, donna volitiva e talentuosa, lavora come paesaggista nei giardini e nelle campagne francesi. Finché un giorno riceve un invito inaspettato: la donna è in lizza per l’assegnazione di un incarico alla corte di Luigi XIV. André Le Notre, l’artista della corte di Re Sole, è infatti incaricato di trovare persone per realizzare uno dei giardini del nuovo Palazzo di Versailles. L’impresa è onerosa, Re Sole accetta solo la perfezione e il suo Maestro non è da meno. La corte è ormai prossima al trasferimento definitivo a Versailles e il re, peraltro provetto ballerino, nulla intende trascurare per assicurare svaghi e benessere perpetuo ai duemila nobili chiusi in quella sublime gabbia dorata, da lui genialmente escogitata per non ostacolare il suo potere assoluto. Al primo incontro, Andrè ap- A Interpreti: Kate Winslet (Sabine De Barra), Matthias Schoenaerts (Andrè Le Notre), Alan Rickman (Re Luigi XIV), Stanley Tucci (Philippe, Duca d’Orleans), Steven Waddington (Thierry Duras), Jennifer Ehle (Madame De Montespan), Helen McCrory (Madame Le Notre), Danny Webb (Moulin), Phyllida Law (Suzanne), Alistair Petrie (De Ville), Adrian Schiller (Jean Risse), Morgan Watkins (Luc), Adrian Scarborough (Daniel Le Vielle), Adam James (Monsieur De Barra), Cathy Belton (Louise), Henry Garrett (Vincent), Ben Roberts (Jean), Kirsty Oswald (Françoise), Jamie Bradley (Du Vasse), Fidelis Morgan (Anne), Carolina Valdés (Regina Marie-Therese), Paula Paul (Madame Princess Palatine), Lois Wright (Marie-Claire) Durata: 112’ pare disturbato e indispettito dall’occhio attento di Sabine e dalla sua lungimirante natura, soprattutto dal fatto che la donna sembri non apprezzare il concetto di ordine. Più tardi però decide di rivalutare i suoi disegni e sceglie proprio lei per realizzare il progetto. Malgrado e forse proprio grazie al poco tempo a disposizione, il valore della ricerca artistica individuale di Sabine, della sua spontaneità e freschezza viene presto riconosciuto non solo da Le Notre. Così, nel periodo concessole per progettare e realizzare la sala da ballo all’aperto di Rockwork Grove, Sabine ha modo di sperimentare e conoscere da vicino le piccole e grandi rivalità di corte e di addentrarsi nell’intricata rete di regole ed etichette, messa subito al centro di intrighi. Le Notre è sposato a una donna che fa parte della nobiltà, che lo soggioga e lo minaccia, forte del proprio status e lo tra9 disce ripetutamente. Sfidando le differenze di genere e di classe, con grande sorpresa Sabine riesce a entrare addirittura in contatto con il re, e a guadagnare la fiducia di Philippe, suo fratello, duca d’Orleans. Mentre cerca di fare i conti con una tragedia che prepotentemente riemerge dal passato, la perdita del marito e della figlia in un incidente in carrozza di cui si sente in parte responsabile, i rapporti personali e professionali tra André e Sabine regalano a entrambi comprensione e appagamento. Pian piano, questo rapporto si trasforma in un sentimento profondo e, per quanto la moglie di lui cerchi di mettersi in mezzo, danneggiando anche il lavoro di Sabine, i due, complice anche il re, si ritrovano insieme. Il progetto viene ultimato e il re e tutta la sua corte inaugurano con grande soddisfazione e ammirazione lo splendido giardino di pietra, Bosquet des Rocailles. Film l titolo originale, A Little Chaos, non corrisponde a quello che ha assegnato la distribuzione italiana: in fondo, Alan Rickman non voleva probabilmente dettar legge in campo cinematografico, bensì confezionare un piccolo film originale, nel quale vestire in maniera “modesta” i panni del Re Sole. Rikman, ottimo attore inglese di lungo corso, alla seconda prova registica dopo L’ospite d’inverno del ’97, decide di fondere le sue due anime, stando anche davanti alla macchina da presa. E se suona contraddittorio, è perché Le regole del caos, così la traduzione italiana, è un progetto che si regge su incoerenze, a partire dai grandi attori anglofoni che giocano a fare i francesi. La corte di Versailles, poi, non si direbbe certo lo sfondo ideale di un film con un budget modesto, ma in questo senso la scommessa è vinta, perché, pur girando esclusivamente in Inghilterra, il regista e la sua troupe tecnica sono riusciti a ricreare le dinamiche estetiche e relazionali della corte con gusto e autenticità. Teatrale nell’impostazione, esplicito nel sottotesto, con la protagonista nobile d’animo contro una nobiltà meschina, capricciosa e comoda nei suoi abiti, il film, che ha chiuso il Festival di Toronto, è effettivamente, nonostante tutto, un oggetto originale, in virtù principalmente del suo soggetto: la sfida sociale e creativa di una paesaggista alla corte del Re Sole. Melodramma in costume, si pone l’obiettivo di sondare la psiche di una donna che deve fare i conti con il proprio passato e che sublima la sua sofferenza nel lavoro. Un personaggio decisamente fuori dal coro. Peccato che la sceneggiatura non si accontenti di essere un gioco che si I Tutti i film della stagione prende sul serio, come una danza a Versailles, ma si carichi del peso di fantasmi familiari e drammi ingombranti, fuori tema e fuori stile. Se ci sono dei difetti, qualche confusione ed errore storico, qualche falla nell’equilibrio complessivo, soprattutto a livello di sceneggiatura, non riescono tuttavia ad affossare del tutto la pellicola. Nonostante la compostezza registica, regala bei momenti nei suoi attori e una sequenza davvero sopra la media nell’incontro tra il re e Sabine nel frutteto, in una parentesi segreta, in cui non esistono più ruoli e gerarchie, nella quale tutto sembra possi- bile. Complessivamente gradevole e mai involontariamente macchiettistico, il film ha proprio nel suo essere ibrido un buon punto a favore e fa pensare a moderne versioni shakespeariane. Kate Winslet da sola ha la forza di farci credere qualunque cosa; figura di una donna tanto intraprendente e risoluta, una sorta di antesignana di un cambiamento nell’approccio maschilista al lavoro e alla vita all’epoca della corte francese. Solo Stanley Tucci è in grado di rubarle la scena. Nell’interpretare il Duca D’Orleans, fratello del re, dichiaratamente bisessuale, è evidentemente il più felice della compagnia. Altrettanto convincenti risultano le performance di Helen McCrory, M.me Le Nôtre e Jennifer Ehle, M.me de Montespan. A lasciare invece ampi margini di perplessità è piuttosto l’abbinamento Winslet- Schoenaerts. Al centro una storia d’amore, anche abbastanza prevedibile, in cui Andreas Schoenaerts, di sicuro non offre una tra le sue migliori interpretazioni e rimane freddo e monolitico. L’alchimia tra i due attori quindi indugia a esplodere e l’uomo e la donna non riescono a plasmarsi tra loro, così come si dice nel film. Dunque si potrebbe dire che è un’opera riuscita a metà, ricca di potenzialità, ma con nodi irrisolti. Il caos non è stato in grado di impostare completamente le sue regole per convincere lo spettatore, quanto piuttosto sembri governare un eccessivo ordine. Veronica Barteri UNA STORIA SBAGLIATA Italia, 2015 Regia: Gianluca Maria Tavarelli Produzione: Carlo Degli Esposti, Nicola Serra per Palomar con Rai Cinema Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 4-6-2015; Milano 4-6-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Angelo Carbone, Leonardo Fasoli, Gianluca Maria Tavarelli Direttore della fotografia: Marco Peroni Montaggio: Alessandro Heffler Musiche: Pietro Leveratto Scenografia: Francesca Bocca Costumi: Fabio Angelotti Interpreti: Isabella Ragonese (Stefania), Mehdi Dehbi (Khaleed), Francesco Scianna (Roberto), Stefania Orsola Garello, Nello Mascia, Pietro De Silva, Yessmine Ouni, Salima Al Wadi, Jazi Abderrazek, Daniele Pilli, F. Haydee Borelli, Andrea Bruschi, Marcello Montalto, Maurilio Leto, Roberta Bizzini, Massimiliano Davoli, Maria Amato Durata: 109’ 10 Film S tefania e Roberto sono marito e moglie. Acquistano una casa e sognano una vita normale. Lui militare in missione per l’Iraq, lei infermiera pediatrica. Un giorno Roberto muore per via di un attentato di un kamikaze e lei parte in missione volontaria con un’associazione (che esiste veramente e si chiama Emergenza Sorrisi) per andare a operare dei bambini che soffrono di labbro leporino. Con l’aiuto dell’interprete arabo Khalled andrà alla ricerca della famiglia dell’uomo che ha distrutto la sua vita. opo le serie televisive Maria Montessori - Una vita per i bambini (2007), gli episodi di Il giovane Montalbano (2012) e a nove anni di distanza da Non prendere impegni stasera (2006), il regista Gianluca Maria Tavarelli cerca di costruire, con l’aiuto degli sceneggiatori Angelo Carbone e Leonardo Fasoli, molto più di una storia d’amore. La vicenda, sebbene girata in Tunisia, è ambientata durante la seconda guerra del Golfo e nella Gela degli anni ’60, anni in cui si viveva l’incubo del Polo petrolchimico e dei suoi danni ambientali. Una storia sbagliata, dal titolo della D Tutti i film della stagione canzone di De Andrè che il protagonista Roberto dedica alla moglie Stefania, è un film dai temi troppo grandi per essere sviluppati un po’ troppo sommariamente. La ricerca di Stefania in terra irachena è troppo dilatata temporalmente, tanto da rendere a un certo punto noioso anche l’interessante montaggio in alternanza tra presente e passato e da far capire quello che succede quasi oltre metà film. Francesco Scianna interpreta Roberto, un militare con una doppia vita casa/fronte, non quindi di fedifrago, ma semplicemente di chi in missione vive anche un’altra dimensione. Isabella Ragonese nei panni di Stefania invece è molto razionale, intellettualmente stimolata e vicina ai problemi ambientali della sua città. Vorrebbe una famiglia e una vita normale, ma in realtà per lei non sarà mai così per la missione di suo marito. La loro vita cambia inesorabilmente con il passare del tempo e, proprio come davanti allo schermo attraverso cui comunicano a distanza per la maggior parte del loro tempo, vengono assorbiti nelle loro solitudini. Ma il nucleo centrale della vicenda, il filo rosso è l’incomunicabilità misteriosa, la difficoltà di comunicazione che Stefania ha con il marito e che poi si ritrova a dover affrontare con la guida Khalled. Una storia sbagliata, tale perché in questo percorso di perdono e di conoscenza, il destino è loro avverso ma anche perché i due coniugi appartengono a due mondi fino all’ultimo distanti. Molto bella la fotografia (curata da Marco Pieroni) che segue attraverso varie angolature il viaggio interiore di Stefania, il suo viaggio da donna che indossa il burka e, mettendosi in gioco, si catapulta nella diversità di un’altra cultura. (Tra gli attori noti in tv che compaiono all’interno del film citiamo Stefania Orsola Garello e Pietro De Silva). Il dolore di Stefania le fa ergere un muro davanti a sé che la porta a scontrarsi con Khaleed, l’unico aiuto in terra irachena. Quel dolore che la rende un automa di fronte a tutte quelle malformazioni che fino a poco tempo prima l’appassionavano. Quel petrolio che ha rovinato le vite degli abitanti siciliani e iracheni e che con la sua densità e il suo grigiore sommerge e copre, come il nero burka di Stefania, ben altre verità. Il suo campo visivo in terra irachena è apparentemente limitato, ma le darà occasione di avere tutto un altro sguardo sul mondo. Giulia Angelucci JURASSIC WORLD (Jurassic World) Stati Uniti, 2015 Regia: Colin Trevorrow Produzione: Amblin Entertainment, Universal Pictures, in associazione con Legendary Pictures Distribuzione: Universal Pictures International Prima: (Roma 11-6-2015; Milano 11-6-2015) Soggetto: Michael Crichton (dai suoi personaggi), Rick Jaffa, Amanda Silver Sceneggiatura: Rick Jaffa, Amanda Silver, Derek Connoly, Colin Trevorrow Direttore della fotografia: John Schwartzman Montaggio: Kevin Stitt Musiche: Michael Giacchino Scenografia: Ed Verreaux I l Jurassic Park ha ormai aperto i battenti da molti anni. Il sogno di John Hammond si è finalmente concretizzato e il nuovo parco si erige sulle rovine di quello vecchio. Simon Masrani, ricco imprenditore, ha preso il controllo della struttura, scalzando la InGen Corporation. Tra i membri dello staff figurano Claire Dearing, giovane scienziata e brillante donna di successo, responsabile di tutte le operazioni che si Costumi: Daniel Orlandi Effetti: Industrial Light & Magic, Legacy Effects, Image Engine Design, Hybride Technologies, Norther California VFX, Ghost VFX Interpreti: Chris Pratt (Owen), Bryce Dallas Howard (Claire), Vincent D’Onofrio (Hoskins), Ty Simpkins (Gray), Nick Robinson (Zach), Omar Sy (Barry), BD Wong (Dott. Henry Wu), Irrfan Khan (Simon Masrani), Jake Johnson (Lowery), Lauren Lapkus (Vivian), Brian Tee (Hamada), Judy Greer (Karen), Katie McGrath (Zara), Andy Buckley (Scott), Jimmy Fallon (Se stesso), James DuMont (Hal Osterly), Matthew Burke (Jim Drucker), Anna Talakkottur (Erica Brand), Yvonne Welch (Gabriella) Durata: 124’ svolgono all’interno del parco. A capo della ricerche comportamentali, riguardanti un gruppo di quattro Velociraptor, Blue, il capobranco, Charlie, Delta ed Echo, figura invece Owen Grady, un ex appartenente al corpo militare. Su invito di Claire, Zach e Gray, due ragazzini alla prese con l’imminente divorzio dei propri genitori, si recano al Jurassic World per stare un po’ insieme e passare più tempo con la zia, che però 11 oberata dagli impegni e dalle responsabilità che comporta la gestione di un parco così sofisticato, decide di affidare i due giovani alle cure della propria assistente, Zara. Claire infatti è completamente assorbita dalla presentazione prossima di un nuovo dinosauro, l’Indominus Rex, completamente ricreato in laboratorio dal capo genetista Henry Wu, attraverso sofisticate tecniche di ingegneria gene- Film tica. Da molto tempo infatti i turisti del Jurassic World sono sempre più esigenti, essendo ormai del tutto abituati alla visione dei vecchi animali che popolano il parco. L’obiettivo è dunque quello di rialzare l’interesse da parte del pubblico, poiché nessuno ha più paura dei dinosauri del Jurassic World. I comportamenti dell’Indominus Rex sono però del tutto ingestibili, la creatura infatti mostra una eccessiva aggressività, divorando prima il fratello (anch’esso ricreato in laboratorio) e cercando più volte di fuggire dalla propria recinzione. Per questo motivo, Claire e Simon decidono di chiedere una consulenza proprio a Owen, al fine di fugare qualunque dubbio sulla sicurezza della recinzione destinata a ospitare il mastodontico sauro. Durante l’ispezione però, Owen e un gruppo di tecnici rimangono vittime di una trappola ideata dall’animale, che grazie alla sua capacità di schermare il proprio segnale a livello termico, mimetizzandosi perfettamente con la vegetazione, trova il modo di uscire dalla sua gabbia, uccidendo brutalmente i tecnici. Owen riesce a mettersi in salvo, nascondendosi sotto una vettura e, cospargendo il suo corpo di benzina, distrae la bestia dal suo odore. Inutili i tentativi di inviare una squadra di recupero, che viene letteralmente spazzata via dalla furia dell’animale. A questo punto Owen capisce che l’unico modo per fermarlo è quello di abbatterlo con un’arma di grosso calibro. Gli interessi economici in ballo però prendono il sopravvento e Simon si rifiuta categoricamente di condividere l’idea dell’ex militare. Tuttavia l’intero parco viene messo in allarme, proprio mentre Zach e Gray sono a bordo di una Girosfera. I ragazzi, infatti, sono riusciti a liberarsi dalla custodia di Zara. A un tratto, si ritrovano in mezzo a un gruppo di Anchilosauri che vengono Tutti i film della stagione attaccati dall’Indominus Rex, che scatena una carneficina inaudita, nella quale vengono coinvolti anche i giovani, attaccati dalla creatura che distrugge la loro Girosfera. Fortunatamente però, Zach e Gray riescono a mettersi in salvo fuggendo dall’attacco dell’Indominus Rex, gettandosi da una cascata. La stessa Claire si rende improvvisamente conto che i suoi nipoti sono ancora in giro per il parco e, presa dal panico, chiede aiuto ad Owen per poter trovare i ragazzi. Tempestivamente giungono nel luogo in cui Zach e Gray erano poco prima del loro arrivo, ma trovano soltanto la Girosfera ridotta ormai ad un ammasso di rottami. Owen nota però che i nipoti di Claire sono riusciti a darsela a gambe, lasciando delle impronte sul terreno. Intanto Zach e Grey sono giunti presso le rovine del vecchio Jurassic Park e, grazie alle loro abilità meccaniche, riescono a rimettere in moto una vecchia Jeep abbandonata e ad allontanarsi, prima che Owen e Clair raggiungano lo stesso luogo. Simon Masrani, insieme ad un gruppo di soldati, cerca di abbattere l’Indominus Rex, ormai completamente a piede libero. Il dinosauro però, per fuggire, scatena contro l’elicottero pilotato da Simon l’attacco dei Pteranodonti, che successivamente si dirigono proprio nel cuore del parco gettandosi sui turisti, tra i quali anche la stessa Zara, catturata da uno Pteranodonte e divorata dal Mosasauro. Durante l’attacco dei Pteranodonti, Claire ritrova i suoi nipoti. Per mettere fine alla situazione gli uomini della InGen, capitanati dal Vic Hoskins che vede nella fuga dell’Indominus Rex l’occasione per poter collaudare i Velociraptor come arma da guerra, assumono il controllo delle operazioni di salvataggio. Lo stesso Owen, suo malgrado, parteciperà alla missione guidando i suoi raptor contro la minaccia. Gli uomini di Vic dovranno però fare i conti con un animale che è stato creato in parte con il DNA di Velociraptor. L’indominus Rex, infatti, riesce a comunicare con i raptor, divenendo il nuovo capobranco, il nuovo Alfa, e scagliando contro i soldati, Blue, Charlie, Delta ed Echo. Dopo il fallimento di questa operazione, però, Vic Hoskins non si arrende e vede nell’Indominus Rex un’arma militare ancora più potente, con l’intenzione di realizzare una versione ridotta dell’animale, con l’aiuto del capo genetista Wu, che da sempre aveva stabilito un accordo con Vic in tal senso. Mentre la InGen abbandona il parco portando con sé alcuni degli embrioni di dinosauro, Vic rivela nel laboratorio di genetica il suo piano a Claire ed Owen, ma proprio in quel momento uno dei Velociraptor irrompe nella struttura uccidendo Vic e facendo fuggire all’esterno dell’edificio Claire, Owen, Zach e Gray che però si ritrovano circondati dagli altri tre raptor, pronti ad attaccarli. Owen riesce a controllare nuovamente gli animali, ristabilendo con loro il legame di fiducia interrotto a causa dell’Indominus Rex.,che nel frattempo giunge sulla scena. Questa volta gli animali di Owen attaccano l’enorme sauro. La potenza dell’Indominus Rex però richiede l’intervento di un dinosauro che possa competere con lui, ed è in quel momento che Claire, illuminata da un’intuizione di Gray, decide di liberare il T-Rex. Lo scontro tra i due giganti è titanico. L’Indominus Rex sembra avere il sopravvento, ma ad un tratto il Velociraptor Blue interviene in soccorso del Tirannosauro. Entrambi i carnivori lottano contro il loro rivale. L’Indominus Rex è ormai sfiancato dalle ferite e barcollante viene spinto sul bordo della vasca, da dove fuoriesce il Mosasauro che lo trascina nell’acqua, divorandolo. Il T-Rex con un sguardo sembra ringraziare il Velociraptor e quest’ultimo si allontana, dopo aver scambiato lo stesso sguardo nei confronti del suo ammaestratore, Owen. Tutti i turisti sono stati evacuati dal parco, alcuni sono feriti, ma ormai in salvo. Zach e Gray vengono raggiunti dai loro genitori e Claire e Owen sembrano riavvicinarsi. Il T–Rex, nella scena finale, dimostra ancora una volta, ruggendo sul parco, di essere l’indiscusso re del Jurassic World. D 12 opo 21 anni da Jurassic Park realizzato da Steven Spielberg, che spalancava le porte all’era Film degli effetti speciali digitali, riportando in vita creature esistite 65 milioni di anni fa e accantonando la tecnica della stop motion, arriva in sala il quarto capitolo (ultimo?) di una saga cinematografica divenuta ormai un vero e proprio franchising, paragonabile ai Blockbuster diretti da Michael Bay, che con i suoi Transformers ha fatto registrare al botteghino cifre da capogiro. Anche per Jurassic Park, partendo dal terzo capitolo (ma in giusta misura anche nel primo e nel secondo) precipitiamo inarrestabilmente nell’universo del Blockbuster puro, tutto adrenalina ed effetti speciali, ove fanno la loro apparizione nuove specie di dinosauri, realizzati grazie al supporto della performance capture di attori professionisti. In Jurassic World fa la sua comparsa la genetica, responsabile della creazione di ibridi preistorici come l’Indominus Rex, protagonista assoluto di questo capitolo. Il film gioca tutte le sue carte per apparire un bellissimo “giocattolo” cinematografico; il problema però è che il regista (Colin Trevorrow) punta semplicemente a mettere in piedi una adrenalinica giostra priva di contenuti, proponendo dialoghi piuttosto scarni, allontanandosi abbondantemente dall’originalità dell’idea promossa da Steven Spielberg per il primo capitolo di una saga che forse non ha più nulla da dire. Tuttavia i primi tre quarti d’ora di Jurassic World offrono elementi interessanti, soprattutto nella presentazione dell’avveniristico parco che da anni ha aperto i battenti, dove la sicurezza e il controllo sugli animali sembrano ormai questioni di normale amministrazione. Effettivamente verrebbe voglia di poter visitare nella realtà un simile luogo! Purtroppo però quelle già deboli sfumature di realismo con cui si apre il film, a mano a mano si sbiadiscono sempre di più, perdendo di credibilità. Anche i personaggi coinvolti nella vicenda divengono progressivamente la parodia di se stessi: i nipoti dell’amministratrice del parco che a tratti sembrano quasi euforicamente compiaciuti delle pericolose situazioni in cui si ritrovano, Bryce Dallas Howard (figlia del regista Ron) che da donna di successo e brillante scienziata, si trasforma in una zia svampita e apprensiva, divenendo poi paradossalmente un’eroina tutta coraggio, disposta a farsi inseguire da un T-Rex, indossando tacchi di almeno dieci centimetri. Anche il protagonista maschile (un ormai lanciatissimo Chris Pratt, già visto nel colossal della Marvel Guardiani della Galassia) non rinuncia a battutine fuori luogo o a baci appas- Tutti i film della stagione sionati, mentre giganteschi pteranodonti banchettano, gettandosi in picchiata sui turisti terrorizzati. Senza dimenticare poi il ricco imprenditore (alter-ego più spavaldo, ma sicuramente più sbiadito, del vecchio John Hammond) che cerca di salvare la situazione improvvisandosi pilota di elicotteri. Jurassic World rimane un ottimo colossal da incasso, ma nulla di più, un’enorme giostra, o in questo caso un gigantesco parco, costruito con l’obiettivo di intrattenere gli spettatori per due ore abbondanti, ma in parte sovraccaricato da una eccessiva dose di ironia e da situazioni, che sono sicuramente divertenti, ma che sviliscono la pellicola. Anche i richiami al passato inseriti per rievocare i primi capitoli, più che stimolare emozioni nostalgiche, sono fondamentalmente leggere forzature o omaggi doverosi. Nel film la tematica sull’illusione da parte dell’uomo di avere il controllo su ciò che solo apparentemente può sembrare gestibile si riaffaccia nuovamente e una parte di questo controllo è possibile solo nel rispetto e nel riconoscimento di queste creature come essere viventi e non come semplice prodotto dell’ingegneria genetica. Soltanto il protagonista sembra rendersi conto di questa condicio sine qua non, guadagnandosi la fiducia dei suoi raptor. Il concetto purtroppo è trattato con superficialità, rispetto a come Spielberg, anche grazie ai dialoghi che intercorrevano tra i personaggi, aveva affrontato la questione. Resta tuttavia forte l’adrenalina, il film è godibilissimo ed il fascino dei Velociraptor, che hanno sempre rivestito un ruolo principale in tutta l’intera saga, rimane intatto. Oggettivamente poi ben costruito a livello visivo lo scontro titanico tra l’Indominus Rex e il T-Rex, icona del Jurassic Park. Vale la pena vedere Jurassic World se non altro per non dimenticare che la saga, pur deviando il suo percorso sulla strada del blockbuster marcatamente commerciale (che si preoccupa in modo eccessivo di stupire visivamente e di sbancare al botteghino a discapito della sceneggiatura che in questi casi scricchiola sempre un po’), nasce da un’intuizione a cui soltanto un mago della fantascienza come Steven Spielberg poteva arrivare due decenni orsono e che ha rivoluzionato il mondo degli effetti speciali rendendo possibile non solo il ritorno dei dinosauri sulla terra, ma la nascita di creature a cui soltanto la nostra immaginazione potrà imporre un limite. Marcello Inguscio SAN ANDREAS (San Andreas) Stati Uniti, 2015 Regia: Brad Peyton Produzione: Warner Bros., Village Roadshow Pictures, New Line Cinema, Flynn Picture Company Distribuzione: Warner Bros. Prima: (Roma 28-5-2015; Milano 28-5-2015) Soggetto: Jeremy Passmore, Andre Fabrizio Sceneggiatura: Carlton Cuse, Chad Hayes, Carey Hayes Direttore della fotografia: Steve Yedlin Montaggio: Bob Ducsay Musiche: Andrew Lockington Scenografia: Barry Chusid Costumi: Wendy Chuck Effetti: Image Engine Design, Cinesite, Proof, Hydraulx, Scanline VFX, Method Studios Interpreti: Dwayne Johnson (Ray), Carla Gugino (Emma), Alexandra Daddario (Blake), Colton Haynes (Joby), Ioan Gruffudd (Daniel Reddick), Archie Panjabi (Serena), Paul Giamatti (Lawrence Hayes), Kylie Minogue (Beth Riddick), Will Yun Lee (Dott. Kim Park), Matt Gerald (Harrison), Art Parkinson (Ollie), Hugo JohnstoneBurt (Ben), Breanne Hill (Larissa), Marissa Neitling (Phoebe), Alec Utgoff (Alexi), Morgan Griffin (Natalie), Todd Williams (Marcus), Arabella Morton (Mallory), Saskia Williscroft (Jenny Swann), John West Jr. (Joe), Ben McIvor (Dylan Dornboss) Durata: 108’ 13 Film U n pilota di elicotteri, Ray, esperto in missioni di salvataggio, con alle spalle un grave lutto familiare (la morte della figlia più piccola) sarà costretto a mettere da parte il suo passato per salvare la sua unica figlia e la ex moglie da un terribile terremoto di magnitudo 9.0 che si scatenerà a Los Angeles, a causa dei movimenti delle placche tettoniche nella faglia di Sant’Andrea. Contemporaneamente un sismologo cercherà di mettere in salvo l’intera popolazione, ma la rapidità dell’evento catastrofico che si scatena provocherà un disastro inimmaginabile. Tuttavia gli eventi drammatici riavvicineranno il protagonista alla propria famiglia. ra eruzioni vulcaniche devastanti, tornado di potenza sconvolgente, terremoti che arrivano a toccare magnitudo 9.0 e, come se non bastasse l’apocalisse, il cinema americano da un po’ di anni a questa parte ci ha abituati a un genere che tutti noi ormai conosciamo bene: il genere catastrofico o disaster movie. È proprio in questo filone cinematografico che rientra pure San Andreas, dove un terremoto provocato dallo spostamento delle placche tettoniche nella faglia più famosa al mondo, distrugge Los Angeles, San Francisco e dintorni. Il film, diretto dal regista Brad Peyton, come tutte le pellicole sui generis, da Twister, Vulcano 1997, fino al recente 2012 del “maestro” del genere, Roland Emmerich (che ci mette di fronte alla fine del mondo profetizzata dai Maya) è un concentrato di cliché “triti e ritriti” che troviamo in ogni singolo film che tratta questo tipo di argomento: il protagonista, in procinto di divorziare e padre di una adolescente, reduce della perdita della figlia più piccola, un sismologo (un’apprezzabile Paul Giamatti) che si rende conto della gravità della situazione solo cinque minuti prima che avvenga la catastrofe. Senza contare la scena finale, rigorosamente “made in America”, in cui lo sventolare della bandiera a stelle e strisce, con alle spalle uno scenario apocalittico, infonde speranza e di orgoglio il cuore dei protagonisti, ovviamente sopravvissuti al disastro. Il pregio di San Andreas però è sicuramente la costante tensione che trasmette nell’arco di due ore di proiezione, qualità che molti considererebbero scontata in uno spettacolo dove trionfa la forza distruttiva della natura. In realtà catastrofico non significa necessariamente avvincente, lo dimostra, ad esempio, il recentissimo e noiosissimo Into the Storm, che quanto ad azione e adrenalina lascia piuttosto a desiderare, divenendo, soprattutto nel finale, un prodotto piatto e T Tutti i film della stagione poco coinvolgente, limitandosi a offrire al pubblico immagini girate in presa diretta come mezzo finalizzato a offrire un tocco di originalità, rivelandosi tra l’altro un tentativo deludente, visto che la stessa tecnica era già stata utilizzata in film di più ampio spessore. San Andreas, al contrario, nella sua modestia offre spettacolo, suspense e intrattenimento, con immagini anche piuttosto impressionanti, attraverso un ritmo che non annoia lo spettatore in sala. Un Blockbuster tutto distruzioni, esplosioni, devastazioni e tsunami imponenti, riportati sullo schermo con adeguati effetti digitali e un’apprezzabile fotografia. Il regista ce la mette tutta a rendere San Andreas quanto più realistico possibile, sebbene riesca nel tentativo soltanto in parte, perdendosi nei cliché sopra elencati e nella quanto mai improbabile scena (che onestamente sfiora un tantino il ridicolo) in cui il protagonista, a bordo di uno “sfigatissimo” motoscafo costretto ad andare incontro a un’onda di almeno venticinque metri provocata da uno tsunami, riesce a non capovolgersi, evitando anzi una nave mercantile trasportata dall’onda e avendo addirittura il tempo di starla a guardare mentre si allontana!!!... Nonostante tutto però ho apprezzato la pellicola, anche in considerazione del fatto che il regista si era cimentato in precedenza in opere piuttosto infantili (Viaggio nell’isola misteriosa, Cani e gatti: la vendetta di Miss Kitty 3D), in qualche realizzazione di genere fantascientifico-apocalittico (Lobo, Monument 14) e in un thriller (Incarnate). Apprezzabile dunque lo sforzo nel tentare di mantenere una parvenza di serietà trattando dell’argomento. Anche San Andreas tuttavia, lascia spazio a qualche “risatina” durante alcune scene sicuramente troppo prevedibili e fin troppo catastrofiche, ma forse quello “sghignazzare” di fronte ai momenti maggiormente esasperati del film diviene un modo per esorcizzare la paura di potersi realmente trovare, in un giorno non troppo lontano, di fronte a una forza così dirompente. Non a caso San Andreas esce in sala in un momento in cui assistiamo sempre più frequentemente al verificarsi di calamità naturali a livello mondiale, che affliggono anche il nostro paese. È scontato dichiarare di non aspettarsi un capolavoro da questa pellicola, ma sicuramente sono assicurate due ore di buon intrattenimento per gli amanti del genere. Marcello Inguscio VIZIO DI FORMA (Inherent Vice) Stati Uniti, 2014 Regia: Paul Thomas Anderson Produzione: Joanne Sellar, Daniel Lupi, Thomas Anderson per Ghoulardi Film Company, Warner Bros. Distribuzione: Warner Bros. Prima: (Roma 26-2-2015; Milano 26-2-2015) V.M. 14 Soggetto: dal romanzo omonimo di Thomas Pynchon Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson Direttore della fotografia: Robert Elswit Montaggio: Leslie Jones Musiche: Jonny Greenwood Scenografia: David Crank Costumi: Mark Bridges Effetti: Crazy Horse Effect Interpreti: Joaquin Phoenix (Larry “Doc” Sportello), Josh Brolin (Tenente Detective Christian F. “Bigfoot” Bjornsen), Owen Wilson (Coy Harlingen), Katherine Waterston (Shasta Fey Hepworth), Reese Witherspoon (Vice Procuratore Distrettuale Penny Kimball), Benicio Del Toro (Sauncho Smilax, Esq.), Martin Short (Dott. Rudy Blatnoyd), Jena Malone (Hope Harlingen), Maya Rudolph (Petunia Leeway), Joanna Newsom (Sortilège), Eric Roberts (Michael Z. Wolfmann), Hong Chau (Jade), Serena Scott Thomas (Sloane), Michael Kenneth Williams (Tariq Khalil), Martin Donovan (Crocker Fenway), Sasha Pieterse (Japonica Fenway), Jeannie Berlin (Zia Reet), Timothy Simons (Agente Borderline), Peter McRobbie (Adrian Prussia), Sam Jaeger (Agente Flatweed), Jordan Christian Hearn (Denis), Katie Schwartz (Kimberly), Michael Cotter (Rhus Farthington), Sophia Markov (Amethyst Harlingen), Andrew Simpson (Riggs Warbling), Victoria Markov (Amethyst Harlingen), Charley Morgan (Dott. Igor), Christopher Karl Johnson (Sig. Robinson), Yvette Yates (Luz), Delaina Mitchell (Sig.ra Chastity Bjornsen), Martin Dew (Dott. Buddy Tubeside), Elaine Tan (Xandra), Jefferson Mays (Dott. Threeply), Keith Jardine (Puck Beaverton), Christopher Allen Nelson (Glenn Charlock) Durata: 148’ 14 Film alifornia, 1970. Doc Sportello, un investigatore privato occasionale e fumatore d’erba che passa le sue giornate sulla spiaggia di Gordita Beach, riceve la visita della sua ex ragazza Shasta Fay, che gli chiede aiuto per un caso complesso. Il suo nuovo compagno, il ricco palazzinaro Mickey Wolfmann, sarebbe oggetto di un complotto ordito da sua moglie e dal suo nuovo amante. Al suo ufficio Doc incontra Tariq Khalil che lo incarica di trovare Glen Charlock, un membro della “Fratellanza Ariana” che incontrò in prigione e che era una delle guardie del corpo di Wolfmann. Doc fa un sopralluogo al ‘salone di massaggi’ (in realtà un bordello) Chick Planet gestito da una misteriosa ragazza orientale di nome Jade e scopre che la trama dei misteri si infittisce. Mentre Doc fa ricerche su Charlock, viene colpito con una mazza da baseball e sviene. Si risveglia sdraiato accanto al cadavere di Charlock e circondato da poliziotti. Sportello viene condotto alla stazione di polizia dove viene interrogato dal detective Christian ‘Bigfoot’ Bjornsen. Doc viene a sapere che Wolfmann è scomparso senza lasciare tracce e viene aiutato dal suo avvocato, Sauncho Smilax, che lo fa rilasciare dalla polizia. Subito dopo, Doc viene coinvolto in un terzo caso: viene assunto dall’ex tossicodipendente Hope Harlingen per rintracciare suo marito scomparso misteriosamente, Coy. Nonostante le abbiano detto che l’uomo è morto, Hope è convinta che egli sia ancora vivo. Coy rintraccia Doc e gli dice che si sta nascondendo in una casa a Topanga Canyon. In seguito gli rivela di essere un informatore della polizia e di temere per la sua vita. Tornato nel suo ufficio, Doc riceve un messaggio di Jade in cui gli dice di fare attenzione alla “Golden Fang”. Sportello incontra la ragazza che lo informa che la “Golden Fang” è un’operazione internazionale di contrabbando di droga. Il suo avvocato Sauncho gli dice che c’è una barca sospetta chiamata Golden Fang e lo informa che l’ultima volta che la barca è stata vista salpare aveva a bordo Shasta Fey. Poco dopo, Doc si reca in un grande edificio sospettato di essere collegato alla “Golden Fang” e incontra il dentista Rudy Blatnoyd. Il giorno seguente, Bigfoot informa Doc che il dentista è stato trovato morto con una ferita al collo dovuta al morso di una zanna. Bigfoot decide di aiutare Sportello nella ricerca di Coy e gli dice di recarsi una clinica psichiatrica collegata alla “Golden Fang”. Lì Doc Tutti i film della stagione C trova Mickey Wolfmann che gli dice che si è sentito colpevole per tutto il male che i suoi affari immobiliari hanno provocato e confessa di voler regalare tutti i suoi soldi, ora che si sente più felice. Quando Doc torna a casa, trova Shasta Fay ad aspettarlo che confessa di essere stata indotta in errore da un “vizio di forma”. Doc fa sesso con la ragazza pur essendo consapevole che non tornerà a stare con lei. Poco dopo Penny, un’assistente procuratore distrettuale vecchia amica di Doc, gli porta un file confidenziale dal quale apprende che l’usuraio Adrian Prussia viene pagato dal dipartimento di polizia per uccidere e che una delle vittime è il precedente compagno di lavoro di Bigfoot. Prussia è legato alla “Golden Fang” e Doc capisce che anche Glen Charlock era coinvolto nell’affare. Doc si reca da Adrian ma viene rapito e drogato dal suo socio Puck. Doc riesce comunque a scappare uccidendo sia Puck che Adrian. Sopraggiunge lo sbirro Bigfoot che salva Doc, il quale, dopo essere stato condotto a casa, capisce che fin dall’inizio delle indagini è stato provocato e che qualcuno ha messo dell’eroina di contrabbando nella sua auto. In seguito organizza uno scambio: la droga viene consegnata alla Golden Fang in cambio della liberazione di Coy Harlingen. Intanto Mickey Wolfmann è di nuovo alla ribalta delle cronache, essendo tornato a essere il ricco palazzinaro. Doc e Shasta sono in auto diretti verso una località sconosciuta, Doc afferma che questo non significa che sono tornati insieme. 15 n difetto celato in un bene o in una proprietà che causa o contribuisce a causare il suo deterioramento, danno o eliminazione. Questi difetti di natura intrinseca, rendono l’oggetto di un rischio inaccettabile per un vettore o assicuratore”. Questa definizione del Vizio di forma è alla base dell’omonimo romanzo di Thomas Pynchon da cui Paul Thomas Anderson ha ricavato uno strano noir, avvolto nel fumo e nelle atmosfere psichedeliche della controcultura americana degli anni Settanta. Ed è proprio un ‘vizio intrinseco’ la chiave del mistero attorno a cui si sviluppa il film. Un noir psichedelico, un mix di riferimenti da Raymond Chandler fino a Hunter S. Thompson, un intreccio avvolto dalla cannabis, una parabola sulle utopie degli anni Sessanta destinate a schiantarsi sulla dura realtà del decennio successivo. Vizio di forma è tutto questo e molto altro, un film complesso, dal plot stratificato e a tratti inafferrabile, pieno di nonsense, doppi, opposti che si attraggono, respingono e confondono. Tossici, truffatori, surfisti, poliziotti, avvocati di diritto marittimo, strani dentisti cocainomani facenti parte di una misteriosa congrega che potrebbe essere solo un modo per evadere le tasse: ecco solo una parte della colorata e strana fauna che popola la pellicola. Il mistero si infittisce sempre più perché la congrega in questione, la “Golden Fang”, è sia una goletta in rotta verso San Pedro, sia un’organizzazione che affonda i denti nel commercio internazionale di eroina, nell’affare della riabilitazione e in quello che ‘sembra’ odontoiatria. “U Film Il nostro Doc Sportello viene man mano trascinato così in un turbinio di domande a cui è arduo trovare risposta: che fine ha fatto la guardia del corpo di Wolfmann, Glen Charlock? Cosa è successo al sassofonista surf-rock Coy Harlingen? E quali sono i veri rapporti del dentista cocainomane Rudy Blatnoyd con la misteriosa “Golden Fang”? Le indagini di Doc sono avvolte da un velo di tristezza, la stessa atmosfera malinconica dei libri di Pynchon, simbolo delle preoccupazioni dell’autore per il destino di un’America a cavallo tra due epoche, sospesa fra l’aria di libertà del ’68 e la stretta autoritaria dell’inizio degli anni ‘70. La spiaggia è il luogo centrale di quel sogno americano, destinato a infrangersi sul cemento della sperimentazione edilizia dove crescenti erano gli affari dei nuovi costruttori. Ma non finisce qui, perché il film è pieno di passaggi cruciali: la marijuana stava per cedere il passo all’eroina dei ‘cartelli’, gli ospedali psichiatrici venivano sostituiti dai centri di recupero, gli ideali di ‘peace and love’ venivano schiacciati Tutti i film della stagione da cupidigia, bieco affarismo, sesso a pagamento. Coscienza, subconscio, realtà, sogno: un racconto storico ma anche sognatore e ricco di significati nascosti. Serietà e comicità, doppi e opposti (l’investigatore Doc Sportello, interpretato da un perfetto Joaquin Phoenix, e la sua nemesi, il duro poliziotto Bigfoot, un grande Josh Brolin), significati multipli che non potevano che trovare posto in una California ‘posseduta’ da sesso droga & rock and roll. Sopra a tutti, un protagonista che è l’incarnazione dell’ultimo dei sognatori americani, un momento prima che ‘The Age of Aquarious’ entrasse di diritto nel mito. Certo trasferire sul grande schermo il complesso mondo di un narratore sui generis come Pynchon era, almeno sulla carta, impresa titanica. Ma solo un regista come Paul Thomas Anderson, autore di film pieni di sognatori, simboli e utopie, poteva farsi traduttore dell’esperienza viscerale esposta nel romanzo (e i richiami al mondo di film porno anni ’70 descritti nell’indimenticabile Boogie Nights sono più che evidenti, non solo per atmosfere e costumi). Per ammissione dello stesso regista, l’ispirazione deriva anche da un fumetto comico underground dal titolo “The Fabulous Furry Freak Brothers” creato proprio nel 1968 da Gilbert Shelton e incentrato sulle disavventure di tre sfigati sempre a caccia di droghe. I ‘Freak Brothers’ ovvero una gioiosa tenerezza allucinogena. Anche perché, dietro a tanti personaggi, suggestioni, ingranaggi complessi, giochi di scatole cinesi, il film rimanda in fondo un messaggio semplice: guardare al passato per sperare ancora in un futuro migliore. E se l’invito viene da uno strano detective sempre in sandali, col viso incorniciato da soffici basettoni, che vaga con lo sguardo un po’ perso per la ‘mitologica’ località di Gordita Beach, allora è certo che quella ‘gioiosa tenerezza allucinogena’ dell’ultimo dei sognatori americani arrivi a coinvolgere lo spettatore trascinandolo per due ore e mezza dentro un periodo storico pieno di illusioni e sogni ormai lontanissimi. Elena Bartoni JOHN WICK (John Wick) Cina, Canada, Stati Uniti, 2014 Regia: Chad Stahelski, David Leitch Produzione: Basil Iwanyk, David Leitch, Eva Longoria, Chad Stahelski, Mike Witherill per Summit Entertainment e Thunder Road in collaborazione con 87Eleven Productions e MJW Films in collaborazione con Defynite Films Distribuzione: M2 Pictures Prima: (Roma 22-1-2015; Milano 22-1-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Derek Kolstad Direttore della fotografia: Jonathan Sela Montaggio: Elísabet Ronaldsdóttir Musiche: Joel J. Richard, Tyler Bates Scenografia: Dan Leigh Costumi: Luca Mosca J ohn Wick, ex killer professionista, si è ritirato dal giro per sposarsi con Helen, che dopo pochi anni muore di tumore. Al funerale John incontra il suo vecchio collega Marcus, cecchino di professione, che gli fa le condoglianze, ma John è sospettoso. Nell’ultimo periodo, la moglie, prima di morire, aveva deciso di regalargli un cane che gli avrebbe donato un po’ di amore quando lei non ci sarebbe stata più. Per John è amore a prima vista per questo cucciolo e, come sempre, per la sua amata auto. Un giorno ad una stazione di servizio incontra dei malviventi russi e in Effetti: SPIN VFX, Locktix, Direct Dimensions Interpreti: Keanu Reeves (John Wick), Willem Dafoe (Marcus), Alfie Allen (Iosef Tarasov), Michael Nyqvist (Viggo Tarasov), Dean Winters (Avi), Adrianne Palicki (Sig.na Perkins), Omer Barnea (Gregori), Toby Leonard Moore (Victor), Daniel Bernhardt (Kirill), Bridget Moynahan (Helen), John Leguizamo (Aureilo), Ian McShane (Winston), Bridget Regan (Addy), Keith Jardine (Kuzma), Tait Fletcher (Nicholai), Kazy Tauginas (Ivan), Alexander Frekey (Alexander), Thomas Sadoski (Jimmy), David Patrick Kelley (Charlie), Clarke Peters (Harry), Kevin Nash (Francis), Vladislav Koulikov (Pavel), Lance Reddick (Charon) Durata: 100’ particolare ha uno scontro verbale con Joseph che vorrebbe la sua Mustang d’epoca. Così la notte stessa Joseph Tarasov e la sua banda irrompe in casa sua per rubargli la macchina e uccidergli il cane. Per questo John Wick comincia a farsi giustizia per la città di New York, finendo con l’uccidere tutti e tornare a casa con un nuovo cane con sé. er far capire ai lettori di quale pasta sia fatto questo film, basti pensare che Chad Stahelski viene da un passato come fighter di kick boxing, istruttore di arti marziali e stuntman. Pro- P 16 prio come stuntman di Matrix nel 1999 ha conosciuto Keanu Reeves. L’attore, prima protagonista di Man of Tai Chi (2013), che ha segnato il suo esordio in regia poi quasi in contemporanea di 47 Ronin, ha lavorato a stretto contatto con lo sceneggiatore Derek Kolstad e ha partecipato anche come produttore del film. La regia di Chad Stahelski e David Leitch riprende spesso lo stile da videogame volendo, al contempo, seguire la tradizione come La fontana della vergine (1960) di Bergman o Il giustiziere della notte (1974) di Michael Winner. In questa atmosfera cupa i dialoghi sono Film pochissimi, la sceneggiatura è scarna e dà vita a una trama davvero deboluccia e solo le coreografie, le sparatorie e le scene di combattimento, che ricordano i film di John Woo, sono visivamente perfette. Lodevoli le interpretazioni di Willem Dafoe, Adrianne Palicki, Ian McShane e Michael Nyqvist, mentre Keanu Reeves risulta poco espressivo, affascinante ma senza il physique du role come l’ultimo Sylvester Stallone di Jimmy Bobo-Bullet to the Head (2012). Reeves è stato l’Eletto nella guerra tra macchine e umanità in Matrix e per questo si deve rimanere convinti per l’intera ora e mezza di film che lui vinca sempre e sia un Tutti i film della stagione supereroe dalla schiena tatuata. Un duro. Così lo sceneggiatore David Kolstad dà per scontato che il pubblico sappia chi è John Wick. Tanto è vero che pare che sia solo tu spettatore a non conoscerlo e così cominci a dubitare che il personaggio provenga da qualche romanzo e da qualche serie televisiva precedente che non ricordi. Un film piatto, di superficie, come il personaggio di John Wick, dove regna il disinteresse totale e in cui l’unico elemento originale è la descrizione del Continental, una comunità di assassini a pagamento e del “loro” albergo zona franca che ha l’aspetto dell’Hilton. Tra combattimenti e uccisioni continue (si calcolano 75 vittime in tutta la pellicola) appaiono delle scene che ti pare aver visto poco prima. Se infatti provassi a mandare avanti e indietro il film ti accorgeresti di aver già visto lo stessa mossa tra gli vari scazzottamenti e lo stesso video della moglie che ciclicamente il protagonista rivede dolorosamente sul suo cellulare. Nessuna suspence né coinvolgimento emotivo per questo John Wick, in cui, per chi non ama i combattimenti allo sfinimento, almeno ci sarà da ridere per il personaggio un po’ buffo del figlio scemo di Viggo Tarasov, Joseph. Giulia Angelucci FURY (Fury) Stati Uniti, 2014 Regia: David Ayer Produzione: David Ayer, Bill Block, Ethan Smith, John Lesher per le Grisbi Productions, Crave Films, Huayi Brothers Media, in associazione con Qed International, Lstar Capital Distribuzione: Lucky Red Prima: (Roma 2-6-2015; Milano 2-6-2015) Soggetto e Sceneggiatura: David Ayer Direttore della fotografia: Roman Vasyanov Montaggio: Dody Dorn, Jay Cassidy Musiche: Steven Price Scenografia: Andrew Menzies Costumi: Owen Thornton S econda Guerra Mondiale, Aprile 1945, territorio germanico, ultimi scontri tra le forze alleate ormai padrone del fronte e quello che resta dell’esercito tedesco composto soprattutto da ragazzini: il sergente Collier guida un carro armato Sherman ad abbattere le ultime resistenze nemiche che pur alla fine del conflitto non risultano meno furiose. L’equipaggio del carro è composto da Boyd, Gordo e Grady, uomini che hanno combattuto agli ordini di Collier in Africa, Belgio e Francia e che per il loro sergente si farebbero ammazzare, sentendosi da lui ben guidati e rispettati. Si aggiunge all’ultimo momento, a rimpiazzare il mitragliere ucciso in combattimento, il giovanissimo Norman, destinato inizialmente alle retrovie come dattilografo e invece catapultato al fronte forse per un equivoco, forse per risolvere la difficile sostituzione dei caduti sulle linee di guerra. Norman impara presto, e duramente, la differenza tra lo stare seduto a una scri- Effetti: Taylor Tulip-Close, Mammal Studios, Look FX, Zero FX Interpreti: Brad Pitt (Don ‘Wardaddy’ Collier), Shia LaBeouf (Boyd ‘Bible’ Swan), Logan Lerman (Norman Ellison), Michael Peña (Trini ‘Gordo’ Garcia), Jon Bernthal (Grady ‘CoonAss’ Travis), Jim Parrack (Sergente Binkowski), Jason Isaacs (Capitano Waggoner), Xavier Samuel (Tenente Parker), Brad Henke (Sergente Davis), Kevin Vance (Sergente Peterson), Scott Eastwood (Sergente Miles), Alicia von Rittberg (Emma), Anamaria Marinca (Irma), Laurence Spellman (Sergente Dillard), Osi Okerafor (Benton), Daniel Dorr (Tenente Schmidt), Bernhard Forcher (Maggiore Müller), Edin Gali (Sergente Maggiore Wolfe) Durata: 134’ vania e confrontarsi con il nemico che ti vuole uccidere: è infatti costretto con la forza da Collier a giustiziare un prigioniero tedesco cosa che pur “istruttiva” lo segnerà per sempre. Il gruppo entra in battaglia per occupare una cittadina cardine della resistenza tedesca e, una volta eliminato il nemico, entra in città e passa delle ore in una casa abitata da due donne: lì tutti si sfamano e Norman ha un incontro d’amore con una delle due ragazze, cosa che non potrà dimenticare presto al punto da soffrire terribilmente quando la casa viene poco dopo bombardata e le due donne uccise. Ben presto Collier e i suoi sono destinati a una missione che sembrerebbe in partenza suicida: occupare insieme ad altri tre carri un incrocio di vitale importanza, fermare l’avanzata di un reggimento tedesco e permettere così al resto delle forze alleate di raggiungere gli obiettivi prefissati. 17 Lungo la strada il carro di Collier resta solo, gli altri annientati dai Tiger tedeschi, non solo, il suo Sherman s’impantana inservibile in mezzo al sentiero con un cingolo frantumato da una mina. Mentre il reggimento tedesco avanza i cinque, anziché darsi alla fuga preferiscono restare insieme e affrontare quella che si prospetta come la loro ultima missione. Il carro immobile in mezzo alla strada diventa quindi un avamposto da cui Collier e i suoi usano tutte le armi a disposizione per eliminare più nemici possibile; la loro abnegazione naturalmente non basta e, nonostante le numerosissime perdite subite, il nemico ha la meglio: in quattro restano uccisi, si salva solo Norman grazie a una botola sotto lo Sherman. I primi soccorritori americani salutano il giovane sopravvissuto come un eroe. I l film riprende la grande tradizione americana delle storie di guerra che hanno avuto nel corso degli anni due Film macro costruzioni nell’aggregare racconti, ambientazioni, fatti veri o manipolati, figure di eroi o di vigliacchi secondo la concezione etica/estetica del periodo. Anni 40’, 50’, 60’ del secolo scorso: i film di guerra seguivano soprattutto la linea della propaganda americana che celebrava (in maniera piuttosto asettica) vittorie ed eroismi contro tedeschi e giapponesi nella preparazione di un mondo libero che potesse godere di un benessere di stampo, appunto, americano. Il soldato Ryan di Spielberg e i due film di Eastwood dedicati a Jwo Jima hanno, insieme ad altri, ribaltato completamente l’ottica del racconto bellico affondandolo nel sangue per mostrare con crudo e giusto realismo cosa fosse stata davvero la guerra sia per i morti che per i sopravvissuti: un incubo di dolore scandalosamente eccessivo anche se, per alcuni aspetti, prezzo obbligatorio da “pagare” per la ricostruzione di un vivere civile. David Ayer, il regista di questo Fury, Tutti i film della stagione è un cineasta che da ragazzo ha vissuto per strada e ha fatto poi il sommergibilista nella Marina degli Stati Uniti: conosce quindi il confronto con il nemico, conosce il tasso di lacrime e sangue che ne può derivare. Ayer poi, forte delle sue esperienze personali e della caratterizzata gestione dei film di guerra del nuovo secolo si affida a un impianto drammaturgico antico come il cinema stesso ma sempre validissimo nel proporre e destrutturare le relazioni umane, esaltandone il valore e mettendo in luce la povertà e la vigliaccheria: l’ambiente chiuso, in questo caso quello di un carro Sherman. Avviene tutto nella claustrofobica crudezza dell’abitacolo dove non si può fingere, dove la paura è quello che è e la volontà di stare insieme e di rendersi utile al proprio compagno è continuamente minata dal desiderio di non essere lì, dalla voglia di dare corso alle sensazioni di benessere suscitate da un ricordo, da un desiderio, dalla dolcezza di quello che potrebbe essere e che non è. I rapporti all’interno di uno spazio così angusto (è inutile ricordare quanti sommergibili, quante diligenze del Far West, quante stanze chiuse hanno enfatizzato i contrasti, logorato i dubbi, incendiato le passioni, spazzato via le certezze) diventano così semplici, squadrati, tagliati con l’accetta: si è lì per morire; qualcuno, forse, per sopravvivere; non c’è tempo per dare spazio ai propri sensi di colpa, al demonio dell’istinto di sopravvivenza ricacciato indietro da spari e morti, da cadaveri che si accatastono, proiettili che finiscono, armi che si inceppano. Brad Pitt, finalmente uomo dopo tanti ruoli da superficiale bellone sciupafemmine, rappresenta subito la figura demiurgica capace di tenere sotto controllo i suoi uomini, le loro paure e le proprie, in una tensione drammatica che non viene mai meno, sia nelle tre grandi scene di battaglia, sia nei momenti di tregua: straordinaria la pausa sentimentale nella casa delle due donne che sembra poter sfociare nella violenza da un momento all’altro (gli uomini si uccideranno per violentare liberamente le donne o no?) e che viene risolta dall’improvviso richiamo in combattimento, come se ormai solo nel continuo confronto con la morte si possa trovare la padronanza di se stessi. Intorno allo Sherman destinato al martirio c’è una natura aliena dove il verde cupo dei boschi si mescola al fango e ai brandelli di carne dei morti, dove il cielo è di un colore indefinibile, mai giorno, mai notte, plumbeo acciaio come le armi, silenzioso compagno di tutti coloro che difendono la bandiera a stelle e strisce: non è un caso che il cinema americano stia riscoprendo in questo periodo la grandezza dei propri eroi dopo avere rinunciato a tante ambizioni di primato, per lo più illusorie e velleitarie, in giro per il mondo. Fabrizio Moresco PITZA E DATTERI Italia, 2014 Regia: Fariborz Kamkari Produzione: Adriana Chiesa Di Palma e Fabrizia Falzetti per Far Out Films, in collaborazione con Rai Cinema Distribuzione: Bolero Film Prima: (Roma 28-5-2015; Milano 28-5-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Antonio Leotti, Fariborz Kamkari Direttore della fotografia: Gogò Bianchi Montaggio: Mirco Garrone Musiche: L’orchestra di Piazza Vittorio Scenografia: Susanna Codognato Costumi: Francesca Leondeff Interpreti: Giuseppe Battiston (Bepi), Maud Buquet (Zara), Mehdi Meskar (Saladino), Hassani Shapi (Karim), Giovanni Martorana (Ala), Gaston Biwolè (Aziz), Esther Elisha (Fatima), Monica Zuccon (Cesarina), Hafida Kassoui (Miriam), Glaucia Paola Virdone (Mina), Leonardo Castellani (Lo Turco), Alessandro Bressanello (Il Sindaco) Durata: 92’ 18 Film Venezia la piccola e pacifica comunità musulmana viene sfrattata da Zara, affascinante parrucchiera mezzo francese e mezzo turca, proprietaria dell’immobile, a seguito degli impicci giudiziari con l’ex marito (che lei fa arrestare proprio durante un momento di preghiera nella moschea). Fulcro della comunità è Bepi Vendramin, veneziano doc, che per le proprie vicissitudini familiari e personali ha visto il prestigioso palazzo d’epoca in cui vive praticamente svuotato e sottoposto a vincoli di ogni genere e a decreti di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria. Bepi, come per fronteggiare con durezza le problematiche della sua vita si è convertito all’Islam, diventandone, pur nella sua bonarietà di fondo, uno dei più accesi e spietati sostenitori. Per rientare in possesso dei luoghi della moschea (ora trasformati da Zara in un efficientissimo esercizio di parrucchiere unisex) il gruppo chiede aiuto ai confratelli afgani che mandano un loro emissario, Saladino, giovanissimo imam, serio ma inesperto nei rapporti col pro- A Tutti i film della stagione prio prossimo (soprattutto se non è musulmano) e con la quotidianità della vita in Italia. Succede che i tentativi del giovane imam risultano molto goffi e primitivi e suscitano l’ira di Bepi che mediterebbe soluzioni addirittura esplosive e comunque finalizzate alla definitiva eliminazione di Zara. La soluzione invece è offerta dalle locali autorità ebraiche che forniscono ai fratelli musulmani uno dei loro immobili da trasformare in moschea; Zara si innamora dell’Imam che, al culmine dei suoi strampalati suggerimenti, viene rimpatriato dalla polizia; Bepi tenta invano di farsi saltare in aria con un giubbotto imbottito di esplosivo (acquistato però a basso prezzo in un emporio cinese) che fa completamente cilecca. l regista curdo-iraniano Fariborz Kamkari passa dalla cupa ambientazione del genocidio curdo perpetrato da Saddam Hussein (I fiori di Kirkuk, 2010) a una storia dedicata alla promozione dell’incontro multietnico a Venezia. Gli appartenenti a tutte le religioni, in questo I caso musulmani e cattolici, non solo possono convivere pacificamente ma sono in grado di integrarsi in un modo civile e responsabile del vivere, pur mantenendo ognuno le proprie convinzioni religiose. L’intento è encomiabile, tanto che addirittura nel racconto si concretizza anche la mano tesa delle autorità ebraiche nel mettere a disposizione dei fratelli musulmani i luoghi per la loro pregheira! La scelta dei modi per realizzare tutte queste buone intenzioni ci è sembrata però poco consistente e credibile: i personaggi sono oltre ogni limite dell’ovvio, goffi, evanescenti macchiette, ridicoli, per nulla supportati da dialoghi e battute che è meglio non definire. Il quadro che ne esce non solo è privo di qualsiasi effetto comico ma, nella sua concatenazione di eventi e comportamenti paradossali, siamo convinti non porti alcun bene alla causa di una generale integrazione, tanto meno all’esigenza di considerare l’Islam nel modo corretto, giusto e intelligente che merita. Fabrizio Moresco AVENGERS: AGE OF ULTRON (Avengers: Age of Ultron) Stati Uniti, 2015 Regia: Joss Whedon Produzione: Marvel Studios Distribuzione: The Walt Disney Company Prima: (Roma 22-4-2015; Milano 22-4-2015) Soggetto: dai personaggi dei fumetti Marvel ideati da Stan Lee e Jack Kirby Sceneggiatura: Joss Whedon Direttore della fotografia: Ben Davis Montaggio: Jeffrey Ford, Lisa Lassek Musiche: Brian Tyler Scenografia: Charles Wood Costumi: Alexandra Byrne Effetti: Industrial Light & Magic, Double Negative Interpreti: Robert Downey Jr. (Tony Stark/Iron Man), Chris o S.H.I.E.L.D. è stato smantellato e i Vendicatori sono usciti allo scoperto. Dopo aver oltrepassato il portale dei Chitauri ecco si ritrovano a Sokovia, paese dell’Europa orientale, ad attaccare una base dell’HYDRA comandata dal barone Wolfgang von Strucker, il quale effettua degli esperimenti sugli esseri umani utilizzando lo scettro di Loki. Una volta recuperato questo, Tony Stark decide di riesumare il progetto di Ultron, un’intel- L Hemsworth (Thor), Mark Ruffalo (Bruce Banner/Hulk), Chris Evans (Steve Rogers/Captain America), Scarlett Johansson (Natasha Romanoff/Vedova Nera), Jeremy Renner (Clint Barton/Occhio di Falco), Don Cheadle (Colonnello James “Rhodey” Rhodes/Iron Patriot), Aaron Taylor-Johnson (Pietro Maximoff/Quicksilver), Elizabeth Olsen (Wanda Maximoff/ Scarlet Witch), Paul Bettany (Jarvis/Visione), Cobie Smulders (Agente Maria Hill), Stellan Skarsgård (Erik Selvig), James Spader (Ultron), Samuel L. Jackson (Nick Fury), Anthony Mackie (Sam Wilson/Falcon), Claudia Kim (Dott.ssa Helen Cho), Andy Serkis (Ulysses Klaw), Thomas Kretschmann (Barone Wolfgang von Strucker), Hayley Atwell (Peggy Carter) Durata: 141’ ligenza artificiale a protezione del mondo mentre il Barone intende eliminare gli Avengers e ingaggia due orfani dai poter fenomenali: Wanda Maximoff e Pietro Maximoff. Ma nella creazione di Ultron, durante i festeggiamenti per la vittoria contro von Strucker, qualcosa va storto: Ultron uccide J.A.R.V.I.S., l’intelligenza artificiale di Stark e minaccia la squadra. Intanto Hulk e la Vedova Nera si innamorano. Ultron fugge poi con lo scettro di Loki e si rifugia nella base di 19 Strucker a Sokovia, dove potenzia il suo corpo e costruisce un’armata di droni. Così il robot recluta i gemelli Maximoff, che ritengono Stark colpevole della morte dei loro genitori. I vendicatori quindi scossi da questa nuova minaccia e dalle visioni indotte da Wanda, si rifugiano nella fattoria di Clint Barton; si scopre che Occhio di Falco ha una famiglia, la moglie Laura e due bambini. Ultron intanto si reca a Seul dalla dottoressa Helen Cho per creare un corpo perfetto con Film il tessuto sintetico da lei ideato. Quando questo comincia a trasferire la sua coscienza nel nuovo corpo, Wanda riesce a leggere nella sua mente, scoprendo così i suoi piani per l’eliminazione della razza umana, e insieme al fratello si rivolta contro il robot. Intanto Capitan America, Vedova Nera e Occhio di Falco arrivano a Seul per cercare Ultron: i tre riescono a recuperare il corpo sintetico, ma Ultron cattura Natasha, fugge e si reca a Sokovia dove crea con il vibranio una macchina per far sollevare la città. Mentre la città quindi galleggia nell’etere, Banner salva Natasha e in aiuto dei Vendicatori arrivano i gemelli, l’agente Nick Fury e Maria Hill a bordo della War machine. Pietro viene ucciso durante la battaglia e Wanda, disperata, abbandona la sua postazione per distruggere l’androide. Fortunatamente Stark e Thor riescono a sovraccaricare la macchina, Hulk si allontana a bordo di un quinjet, mentre la Visione distrugge definitivamente Ultron. Alla fine Thor torna ad Asgard, Stark e Barton si ritirano dalla squadra e Capitan America e la Vedova Nera si preparano ad addestrare una nuova squadra di Vendicatori. Tutti i film della stagione a sci-fi hollywoodiana creata dal potentissimo binomio tra Disney e Marvel con i personaggi dei fumetti ideati da Stan Lee e Jack Kirby torna dopo il successo del 2012 (con cui aveva incassato 1,5 miliardi di dollari) sul grande schermo. A dirigere questo episodio di nuovo il regista e autore di fumetti Joss Whedon che per la produzione esecutiva si avvale anche di Stan Lee e Jon Favreau. Con omaggio nel finale all’uso del cliffhanger degli anni gloriosi del cinema, in questo ennesimo successo blockbuster della Marvel, viene messa troppa carne al fuoco nello stesso film. La pellicola dura tantissimo (140 minuti) e il 3D non raggiunge gli standard degli altri film d’azione ispirati ai fumetti. Come sempre grandi interpretazioni di Scarlett Johannson, Robert Downey Jr. e Mark Ruffalo (la cui voce nella versione originale è di Lou Ferrigno).Nel cast anche Chris Hemsworth, Chris Evans e Samuel L. Jackson anche loro perfetti nei loro ruoli di super eroi. Nessuna novità rispetto agli altri episodi, (come al solito Tony Stark interpreta il ruolo dell’egoista di turno ma stavolta senza la compagna Pepper), nulla di stupefacente e sorprendente a parte la storia d’amore tra Hulk e la Vedova Nera e la scoperta della famiglia di Clint. L Troviamo le nuove figure dei gemelli che nel film vengono chiamati inumani ma in realtà nel fumetto sono mutanti. Questo cambio di nome è dettato dal fatto che i diritti dei mutanti ce li abbia la Twenty Century Fox. Con questo spin off il regista dirige così un episodio meno ironico rispetto al precedente; dopo una prima parte con ritmo abbastanza serrato, la seconda parte è piuttosto noiosa e lenta. Simpatica la scena in cui Capitan America riprende Stark sul linguaggio. Ma, a parte gli scherzi, il messaggio importante del film è che gli Avengers lottano per il bene e la pace dell’umanità e vorrebbero creare qualcuno/qualcosa che faccia al meglio tutto questo. La riflessione che ne scaturisce quindi è che con il desiderio estremo della ‘sicurezza a tutti i costi’ si crea una situazione più pericolosa del previsto; infatti per portare la pace sulla Terra viene creata un’intelligenza artificiale autocosciente per proteggere l’intero Pianeta, Ultron, ma che in realtà porterà alla distruzione. Come curiosità: nel fumetto a creare Ultron è lo scienziato Antmen a cui verrà dedicato prossimamente un film. Avengers: Age of Ultron piacerà di sicuro ai fan dei spin off della Marvel. Giulia Angelucci SARÀ IL MIO TIPO? E ALTRI DISCORSI SULL’AMORE (Pas son genre) Francia, 2014 Regia: Lucas Belvaux Produzione: Agata Films & Cie, Artemis Productions, France 3 Cinéma, RTBF (Télévision Belge), Belgacom Distribuzione: Satine Film Prima: (Roma 23-4-2015; Milano 23-4-2015) Soggetto: dal romanzo “Non il suo tipo” di Philippe Vilain Sceneggiatura: Lucas Belvaux Direttore della fotografia: Pierric Giantelmi d’Ille Montaggio: Ludo Troch Musiche: Frédéric Vercheval Scenografia: Frédérique Belvaux l film racconta una strana storia d’amore tra un filosofo e una parrucchiera, Clément e Jennifer. Lui è un giovane professore di filosofia scandinava e tedesca di Parigi che viene trasferito per un anno ad Arras, una piccola cittadina del nord della Francia. Lei è un’esuberante parrucchiera che da sempre vive ad Arras. La giovane donna I Costumi: Nathalie Raoul Interpreti: Émilie Dequenne (Jennifer), Loïc Corbery (Clément), Sandra Nkaké (Cathy), Charlotte Talpaert (Nolwenn), Anne Coesens (Hélène Pasquier-Legrand), Daniela Bisconti (Signora Bortolin), Didier Sandre (Padre di Clément), Martine Chevallier (Madre di Clément), Annelise Hesme (Isabelle), Amira Casar (Marie), Florian Thiriet (Johan Bortolin), Tom Burgeat (Dylan), Kamel Zidouri (Antoine), Christophe Moyer (Preside), Philippe Le Guay (Moderatore), Orjan Wikström (Dott. Stenmark), Michel Masiero (Uomo del soliloquio), Tiffany Coulombel (Babysitter) Durata: 111’ passa le sue giornate tra il lavoro in un salone, la cura di suo figlio e le colorate serate al karaoke dove esibisce le sue doti canore con due colleghe. Lui legge Kant e Proust, lei romanzi rosa e riviste di gossip ma l’attrazione è inevitabile. Ma il loro sentimento è destinato a scontarsi con due diverse visioni della vita e dei sentimenti. Dopo un taglio di capelli “fatale” 20 e dopo pochi appuntamenti, i due non sanno resistere alla passione. Nonostante ciò, Clément continua a passare ad Arras solo i giorni in cui ha lezione e a tornare a Parigi appena possibile. Ma col passare dei giorni, sempre più preso da Jennifer, il professore decide di trascorrere anche i suoi giorni liberi con la ragazza. Clément e Jennifer si avvi- Film cinano l’uno al mondo dell’altra: e così Jennifer inizia a leggere Kant e Proust mentre Clément accompagna la ragazza nel locale di karaoke dove si esibisce e viene travolto dall’irrefrenabile energia della musica pop. Se per Clément questo amore significa abbandonare il suo mondo e vivere all’istante, per Jennifer, invece, è un calarsi fino in fondo nel presente per immaginare un futuro insieme. La ragazza confessa a Clément di essere finita sempre con uomini sbagliati, uomini sposati che non avrebbero mai divorziato o uomini ossessionati solo dal sesso, e di aspettare ancora il principe azzurro. La sua natura sognatrice si scontra con i dubbi di Clèment: il giovane professore dubita di quello che sente e della natura dell’amore. La distanza tra i due diversi approcci alla relazione si fa sempre più sentire soprattutto durante una passeggiata tra i carri del carnevale. Jennifer prende tristemente coscienza che è impossibile per lei sapere come e quanto Clément la ami e sfoga le sue frustrazioni in una toccante esibizione canora nel suo locale preferito. Dopo poco tempo, Clément cerca Jennifer ma non la trova. Le colleghe e la titolare del salone di parrucchiere dove lavora dicono che sono giorni che la ragazza non si fa vedere. Arrivato all’appartamento della ragazza, il giovane filosofo resta di sasso nel trovarlo completamente vuoto. una delle domande più ricorrenti quando si conosce qualcuno da cui ci si sente attratti: Sarà il mio tipo? Il quesito è anche il titolo italiano di questa raffinata, intelligente, leggera (ma per nulla superficiale) commedia diretta da Lucas Belvaux tratta dal romanzo besteller “Non il suo tipo” (che è anche il titolo in originale del film) dello scrittore francese Philippe Vilain, edito in Italia da Gremese con il titolo “Sarà il mio tipo? E altri discorsi sull’amore”. Parafrasando Roland Barthes il titolo più indovinato del film potrebbe essere “Frammenti di un discorso amoroso”, una serie di situazioni e ragionamenti sull’amore, ma soprattutto di idee diverse sul sentimento che fa girare il mondo. Un professore parigino e una parrucchiera di paese, un uomo affascinante ma freddo, egocentrico, a tratti cinico e una giovane È Tutti i film della stagione madre single, passionale ma con la testa sulle spalle. Una storia che, complice una forte attrazione fisica, prende il volo, tra momenti intimi e uscite pubbliche (la scena nella discoteca di provincia con la parrucchiera che coinvolge in un travolgente ballo l’impacciato professore è da applauso). Ma i diversi approcci alla relazione vengono alla luce: da un lato Clément invita Jennifer a godersi il momento senza star troppo a pensare a ciò che accadrà in futuro, dall’altro Jennifer non vuole più sprecare tempo in storie senza un domani. Un intellettuale che viene coinvolto da una donna che è il suo opposto (come Arras è lontanissima da Parigi), un uomo che sembra imbarazzato da una ragazza dai gusti così sfacciatamente ‘popolani’ ma che poi non esita a definire ‘kantiana’. L’abilità del regista Belvaux è mantenere una posizione neutra, sposando le ragioni dell’uno e dell’altro e chiudendo con un finale aperto a diverse interpretazioni. Il film nasconde, sotto una patina di commedia, una profonda riflessione sui rapporti di coppia, sulla libertà, sulla vera natura di un sentimento complesso come l’amore (“Dubito di quello che sento, di quello che so dell’amore, di quello che credo di sapere. Ma non so niente.” ammetterà a un certo punto il filosofo). Complice una regia perfetta e senza sbavature e un ottimo lavoro di riscrittura del romanzo originale, Sarà il mio tipo? si 21 regge anche sulle grandi prove dei due attori protagonisti: un Loïc Corbery (attore della Comedie Française) perfetto e credibile nei panni dell’intellettuale freddo e un po’ snob che viene trascinato da una passione, forse, finora sconosciuta e una Emilie Duquenne (già premiata nel 1999 a Cannes per l’interpretazione di Rosetta di fratelli Dardenne), parrucchiera solare, sorridente e tenerissima allo stesso tempo. Ciò che disarma è proprio quel sorriso talvolta carico di sofferenza con cui lei guarda lui, consapevole di essere destinata a non riuscire a penetrarlo e a conoscerlo fino in fondo. E la presa di coscienza è amarissima: di fronte a un microfono, la bionda parrucchiera con l’hobby del canto intona l’immortale hit “I Will Survive” con il dolore ma insieme la voglia di riscatto nel cuore. Un velo di lucida amarezza incornicia la storia, dopo che la splendida protagonista ha scoperto di essere preda di un sentimento contraddittorio come la “felicità triste”. Si, perché è proprio questa ineffabile sensazione a imprigionare un amore e a renderlo incapace di spiccare il volo. A noi non resta che constatare ancora una volta come solo i registi di cultura francese (alcuni meglio di altri) riescano a rendere sullo schermo tali e tante sfumature di sentimenti con ineguagliabile e magico tocco. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione BLACKHAT (Blackhat) Stati Uniti, 2015 Regia: Michael Mann Produzione: Thomas Tull, Michael Mann, Jon Jashni per Legendary Pictures, Forward Pass Distribuzione: Universal Pictures International Prima: (Roma 12-3-2015; Milano 12-3-2015) Soggetto: Michael Mann, Morgan Davis Foehl Sceneggiatura: Morgan Davis Foehl Direttore della fotografia: Stuart Dryburgh Montaggio: Joe Walker, Stephen Rivkin, Jeremiah O’Driscoll, Mako Kamitsuna Musiche: Harry Gregson-Williams, Atticus Ross Scenografia: Guy Hendrix Dyas I n una centrale nucleare nei pressi di Hong Kong un hacker entra nel sistema con un malware (virus informatico) causando un surriscaldamento anomalo che provoca un’esplosione a un reattore. Poco dopo, a Chicago c’è un cyber-attacco al Mercantile Trade Exchange che provoca un’improvvisa impennata del prezzo della soia nel giro di poche ore. Il governo cinese, in riunione con l’FBI, capisce che entrambi gli attacchi informatici siano stati causati da un malware insinuatosi nell’accesso remoto, il RAT (Remote Access Tool). Il capitano Chen Dawai, dell’unità cyber crime dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese, viene incaricato di trovare il responsabile degli attacchi. Chen chiede subito l’aiuto di sua sorella, Chen Lien, un ingegnere informatico. Dopo l’incontro con l’agente dell’FBI Carol Barrett, viene fuori che il codice nel RAT era stato scritto da Chen insieme al collega e compagno di stanza al college Nicholas Hathaway. Dawai chiede all’FBI di far uscire Hathaway dalla prigione dove sta scontando una condanna di quindici anni per crimini informatici. All’uomo viene offerta libertà vigilata in cambio della sua collaborazione alle indagini. Nicholas inizia a fare ricerche insieme a Lien e scampa per miracolo a una trappola. A Hong Kong Hathaway e la sua squadra risalgono a un paramilitare di nome Kassar ma poco dopo scoprono che si tratta di una pista che porta a un’altra trappola. Ma Kassar e i suoi uomini riescono a scappare. Poco dopo, l’agente Barrett chiude un occhio mentre Hathaway si introduce nel sistema blindato della NSA per usare uno strumento di classificazione chiamato “Black Widow” per ricostruire i dati che sono stati corrotti. Costumi: Colleen Atwood Effetti: John Nelson, Philip Brennan Interpreti: Chris Hemsworth (Nicholas Hathaway), Tang Wei (Chen Lien), Viola Davis (Carol Barrett), Ritchie Coster (Elias Kassar), Holt McCallany (Mark Jessup), John Ortiz (Henry Pollack), Yorick van Wageningen (Sadak), Wang Leehom (Capitano Chen Dawai), Andy On (Alex Trang), Christian Borle (Jeff Robichaud), Sophia Santi (Mrs. Novo), Kirt Kishita (Paul Wang), Fabiola Sicily (Jasmine), Abhi Sinha (Daniels), Archie Kao (Sum), William Mapother (Rich Donahue), Jason Butler Harner (George Reinker), Spencer Garrett (Gary Baker) Durata: 135’ Nicholas capisce che il server dell’hacker responsabile di tutto si trova a Giacarta. La collega Lien scopre che l’hacker sta acquistando delle foto satellitari di un sito in un luogo deserto della Malesia. Ma l’intromissione illegale di Hathaway nel sistema della NSA viene scoperta e il governo statunitense richiede il suo ritorno in prigione. I superiori del Capitano Dawai sono d’accordo perché non vogliono andare contro il governo degli Stati Uniti mentre l’agente Barrett e il suo collega, l’agente Jessup, ricevono l’ordine di trattenere Hathaway. A questo punto Dawai, Lien e Hathaway riescono a sfuggire ai loro inseguitori e a prepararsi a lasciare Hong Kong per continuare le loro ricerche. Ma sono vittime di un attacco da parte di Kassar e dei suoi uomini. Mentre Dawai viene ucciso, poco dopo, sul luogo della sparatoria, arrivano gli agenti Barret e Jessup. Nel successivo scontro a fuoco, i due agenti dell’FBI vengono uccisi mentre Hathaway e Lien riescono a fuggire. I due partono alla volta della Malesia alla ricerca del sito che avevano visto nelle foto satellitari per capire quali siano i veri obiettivi delle operazioni di Kassar. Hathaway si accorge che l’attacco informatico alla centrale nucleare cinese era solo un test per un più ambizioso piano successivo mirato a distruggere diverse miniere di stagno in Malesia permettendo all’hacker di guadagnare una fortuna con le negoziazioni sulle azioni dello stagno usando i fondi derivati dalla precedente operazione di hackeraggio in borsa. Hathaway e Lien si recano a Giacarta dove riescono a entrare nel server dell’hacker. I due riescono a trasferire il denaro del pirata informatico dalla sua banca di Hong Kong costringendolo così a contattarli. L’hacker e Hathaway fissa22 no un incontro per negoziare la restituzione del denaro. Hathaway vuole incontrare l’hacker e Kassar da soli, ma i due si portano dietro i loro uomini. Il luogo dell’appuntamento è un’affollata parata pubblica. Hathaway insegue l’hacker e Kassar alle spalle. Kassar punta un fucile verso Hathaway ma l’uomo riesce a pugnalarlo con un cacciavite nascosto. Gli uomini di Kassar raggiungono Hathaway e lo feriscono. Nonostante ciò, Hathaway riesce a ucciderli. Nicholas si trova faccia a faccia con l’hacker e riesce a ucciderlo nonostante le ferite riportate. Con l’aiuto di Lien, Hathaway, sebbene malridotto, riesce ad allontanarsi dalla parata. Nella scena finale Lien e Nicholas lasciano l’Indonesia insieme. lackhat, letteralmente ‘cappello nero’, ossia un ‘hacker immorale’ e dagli intenti criminali. Il termine è utilizzato nel campo della sicurezza informatica per riferirsi a una persona dalle grandi capacità che opera però con fini illeciti. Si tratta di hacker che agiscono in modalità silenziosa e soprattutto per spionaggio governativo, sono i più esperti dal punto di vista informatico ma anche i più dannosi. Il nemico pubblico (uno dei tanti incontrati dal cinema di Mann) questa volta è un’invisibile e pericolosa organizzazione criminale informatica che opera da una postazione ignota: è il futuro della criminalità, in cui tutto il nostro mondo è controllato da invisibili e inafferrabili “bit”. La realtà digitale e le sue oscure implicazioni, quei mondi sotterranei che da sempre attraggono Michael Mann, quel lato nascosto che si nasconde spesso sotto la facciata: una tentazione fortissima per un film-scommessa come questo. B Film Blackhat è un thriller action coraggioso, dietro cui si cela una seria riflessione di un autore intelligente e profondo. Non sono molte le scene ad alto tasso di adrenalina perché nel film di Mann c’è molto di più. Nella prima parte sono concentrate le corse da una parte all’altra del mondo a caccia di indizi sulla fonte del cyber crime ma la ragion d’essere del film risiede nelle due realtà messe a confronto fin dal principio: un universo virtuale (quello che si nasconde dietro agli attacchi informatici) di fronte a un universo reale, quel mondo che si apre per il protagonista, che riconquista la libertà a patto di indagare su un colossale crimine informatico (significativa la scena in cui Nick, appena uscito di prigione, si ferma sulla pista di un aeroporto, e, vicino all’aereo su cui sta per salire, osserva lo spazio aperto che vede intorno a sé). Blackhat parla di una guerra, della guerra di oggi che ha cambiato armi, niente più pistole o fucili (sono lontani i tempi di Heat – La sfida) ma dispositivi invisibili, infinitesimali, non tangibili appunto, per cui è sufficiente avere una rete wireless Tutti i film della stagione per combattere: è questa l’idea alla base del film di Mann, coadiuvato in fase di sceneggiatura da Morgan Davis Foehl. La vertiginosa carrellata all’interno dell’architettura hardware all’inizio del film è altamente simbolica: nell’incipit l’occhio dello spettatore viene catturato e trascinato all’interno dei cavi che collegano diversi server e poi direttamente nei circuiti dove corre veloce lo scambio di dati. Un mondo interconnesso, interamente comandato dalla tecnologia, un universo virtuale nel quale ormai l’uomo è completamente immerso, incapace in alcuni casi estremi di tornare al mondo reale. Un dualismo, un contrasto, un doppio che è alla base di tutto il film e che nel bellissimo finale si scioglie in una fusione tra reale e virtuale. Tangibile e intangibile, luce e buio, uomo e fantasma (“ghostman” è il nickname scelto dal protagonista per comunicare on line con il villain di turno). Attraverso immagini di grande fascino (accompagnate da una colonna sonora di grande presa emotiva), Mann ci dice una cosa semplice: la paura maggiore per l’uomo del terzo millennio non viene dal ter- rorista di turno (o perlomeno non solo) ma dalla presa di coscienza della sua stessa vulnerabilità di fronte alle tecnologie che lui stesso ha creato per vivere “in sicurezza”. Ecco il paradosso dei paradossi che domina il nostro mondo pieno di paure. Tutti i dispositivi che usiamo quotidianamente sono destinati a sopravviverci, continuando dopo la nostra morte a immagazzinare dati e a distribuirli. Come in tutti i film di Mann, non mancano folgoranti scene d’azione dove la notte domina su tutto, come l’illustre predecessore Collateral (e la sua meravigliosa resa digitale), sequenze che contribuiscono a rendere Blackhat uno dei più riusciti saggi di un cinema molto personale, caratterizzato da un tocco d’autore pressoché unico. Mente e cuore, ragione e sentimento, macchina e uomo, frastuono e silenzio, azione e amore, tutto è compiuto, tutto va oltre, al di là di quell’eterno contrasto tra spettacolo puro e profonda introspezione che solo il cinema di Mann sa fondere con incomparabile maestria. Elena Bartoni LE VACANZE DEL PICCOLO NICOLAS (Les vacances du petit Nicolas) Francia, 2014 Regia: Laurent Tirard Produzione: Wild Bunch, M6 Films, Saint Sébastien Froissart Distribuzione: Bim Prima: (Roma 16-4-2015; Milano 16-4-2015) Soggetto: dal libro omonimo per ragazzi di René Goscinny e Jean-Jacques Sempé Sceneggiatura: Laurent Tirard, Grégoire Vigneron, Jaco van Dormael (collaborazione) Direttore della fotografia: Denis Rouden Montaggio: Valérie Deseine F rancia, anni ’50. L’anno scolastico è finito. Le sospirate vacanze sono arrivate. Il piccolo Nicolas, i suoi genitori e la nonna materna partono tutti insieme in auto diretti al mare. Nicolas saluta la bambina che è nel suo cuore, Marie Edwige, anche lei in partenza per le vacanze. La famiglia arriva all’Hotel Beau Rivage che si trova proprio su una bella spiaggia. Nicolas stringe nuove amicizie. Conosce Blaise, che non è in vacanza perché vive proprio lì, Fructueux che mangia di tutto, Musiche: Éric Neveux Scenografia: Françoise Dupertuis Costumi: Pierre-Jean Larroque Interpreti: Valérie Lemercier (Madre di Nicolas), Kad Merad (Padre di Nicolas), Dominique Lavanant (La nonna), François-Xavier Demaison (Il Brodo), Bouli Lanners (Sig. Bernique), Mathéo Boisselier (Nicolas), Luca Zingaretti (Produttore), Judith Henry (Sig.ra Bernique), Francis Perrin (Direttore), Daniel Prévost (Sig. Moucheboume), Bruno Lochet (Sig. Leguano), Fabienne Galula (Sig.ra Leguano) Durata: 97’ Djodjo che è inglese, è nato nella città di Shakespeare e ha i capelli rossi, Crépin, che scoppia a piangere per un nonnulla, e Côme, un bambino indisponente che vuole sempre avere ragione su tutto. I genitori di Nicolas fanno la conoscenza dei coniugi Bernique che hanno una figlia di nome Isabelle, una bambina curiosa che non smette di fissare Nicolas con i suoi occhioni grandi e un po’ inquietanti. Il bambino teme che i genitori vogliano farli sposare in futuro ed è terrorizzato alla sola idea. Intanto il papà di Nicolas scrive una 23 cartolina al suo capo ma poi ha un incubo nel quale sogna che l’uomo al lavoro gli ride alle spalle. Preda di un impulso, l’uomo scrive una lettera al suo capo in cui dà le dimissioni. Ma subito dopo riceve una telefonata proprio dal suo capufficio che lo ringrazia della cartolina e gli dice che ha grandi progetti su di lui. L’uomo si pente della lettera di dimissioni e si precipita alla cassetta della posta per cercare di forzarla e ritirarla prima che venga spedita. Nel frattempo, Nicolas e i suoi amici fanno uno scherzo nella stanza della fami- Film glia Bernique per costringerli a partire: i bambini collegano il tubo della doccia alla fognatura. Tornata in camera, la signora Bernique apre la doccia e ha una sorpresa di ‘color marrone’. Poco dopo Nicolas scopre che in realtà la piccola Isabelle è semplicemente timida e che conoscendola bene è una bambina simpatica. Ma i coniugi Bernique sono ormai decisi a lasciare l’albergo. Peccato che un guasto improvviso all’auto (in realtà manomessa dai bambini) impedisca alla famiglia di partire. Il direttore provvede a scusarsi facendo trovare alla famiglia la camera completamente ripulita. Intanto, in spiaggia, il produttore cinematografico italiano Massimo Massini, un uomo dal temperamento sanguigno e focoso che si era già fatto notare da tutti i villeggianti per i suoi comportamenti plateali, viene colpito dalla mamma di Nicolas che riesce a tenergli testa con il suo atteggiamento fermo e sicuro di sé. Il produttore invita la signora e suo marito a un party che si svolgerà in un noto locale quella sera. Alla festa, la signora colpisce ancora di più Massimo dopo essersi esibita in un sensuale numero di ballo sotto gli occhi meravigliati del marito. Il produttore vuole a tutti i costi la signora per il suo ultimo film. Il giorno dopo, la mamma di Nicolas è la star della spiaggia, inseguita da paparazzi e giornalisti che le vogliono strappare qualche dichiarazione. Quella sera nell’hotel ha luogo un ballo in maschera, il piccolo Nicholas lascia una lettera ai genitori in cui dichiara che lui e Isabelle sono andati a vivere insieme. Durante il ballo, i due bambini scappano e si rifugiano in una vecchia fortezza sul mare. Ma i due piccoli ignorano che quel posto è pieno di mine. Tutti gli invitati al ballo, partono alla ricerca dei due bambini. Confondendo il produttore Massini per il marito perché entram- Tutti i film della stagione bi mascherati con un pesante costume da orso, la mamma di Nicholas dice al produttore che rinuncia a fare il film e ad andare via con lui perché troppo innamorata del marito. Intanto i due bambini non vengono ritracciati e tutti tornano sconsolati in hotel dove, con grande sorpresa, ritrovano i due piccoli. Nicolas e Isabelle avevano lasciato la fortezza un attimo prima che le mine esplodessero. Le vacanze sono finite e Nicolas torna a casa con i genitori. Il bambino rivede Marie Edwige. La ragazzina gli detta una lettera da inviare a Isabelle in cui lui la lascia per tornare con lei. iecco Nicolas, il piccolo eroe nato dalla penna creativa di René Goscinny e dalla talentuosa matita di Jean-Jacques Sempé. Il primo film tratto dalla striscia a fumetti, Il piccolo Nicolas e i suoi genitori diretto da Laurent Tirard nel 2009, in Francia aveva ottenuto grande successo. E perché mai non tentare di nuovo l’avventura? Avrà pensato Tirard mettendosi alla regia di questo secondo capitolo delle avventure del delizioso e sveglio Nicolas (interpretato da Mathéo Boisselier che prende il posto di Maxime Godart del primo film). Come il primo film aveva rispettato le ambientazioni di epoca anni Cinquanta, anche questa volta si gioca con cromatismi vivaci, trasferendo la scena in una colorata località di mare sull’Atlantico tra hotel sulla spiaggia, ombrelloni, cabine, castelli di sabbia. Chiari rimandi e omaggi a un certo cinema, a classici del genere come Le vacanze di Monsieur Hulot di e con Jacques Tati o Hotel de la Plage di Michel Lang (fonti d’ispirazioni dichiarate dallo stesso regista), sono evidenti. Ma c’è di più, Tirard pesca a piene mani nel suo personale archivio cinefilo e piazza qua e là omaggi a maestri come Hitchcock (la scena della R 24 doccia “marrone” ricorda quella celebre di Psycho) o Fellini (quel produttore cinematografico italiano così focoso e pazzoide sembra uscito da un film del maestro riminese). Non manca nemmeno un omaggio al cinema più recente di Wes Anderson e alla fuga d’amore di Moonrise Kingdom. A essere perfettamente messe a fuoco questa volta sono quelle “smanie per la villeggiatura” della media borghesia in quel clima di spensieratezza che accompagnava il rito delle vacanze estive negli anni ’50 o ’60. A fare il resto, la scelta di un luogo magico come la Plage des Dames a Noirmountieren-l’Ile sulla costa atlantica: quella forma a mezzaluna, il piccolo hotel che la domina, il bosco tutt’intorno, tutto è in sintonia con l’atmosfera da fiaba retrò del film. Va dato atto all’attenta regia di Tirard di aver reso davvero godibili alcune scene che sul copione erano di una semplicità disarmante: è il caso della conversazione tra il papà di Nicolas e il proprietario di un piccolo bar sulla spiaggia o della scena finale del ballo in maschera. Ed è proprio nelle differenze tra il film e la striscia a fumetti di René Goscinny e Jean-Jacques Sempé che risiede il valore aggiunto di un film originale e a tratti sorprendente. Ma il merito della riuscita trasposizione va anche al co-sceneggiatore Grégoire Vigneron che ha trasferito insieme al regista il fumetto sul grande schermo. La scelta degli attori è perfetta ancora una volta: dalle riconferme del primo film (Kad Mérad e Valérie Lemercier, i genitori di Nicolas), fino alle new entry di Bouli Lanners (nei panni del buffo Monsieur Bernique) e Dominique Lavanant (la nonnina “affettuosa” e dispensa-caramelle). Menzione speciale per Luca Zingaretti, perfetto produttore cinematografico pazzoide e sopra le righe, dai chiassosi modi italiani. Tornando a dipingere un mondo retrò, colorato, edulcorato e innocente, Laurent Tirard firma un film piccolo piccolo ma pieno di buoni sentimenti e di nostalgia del tempo che fu. Un tempo in cui i bambini erano davvero bambini e i loro scherzi ingenui e innocenti (un mondo sulla falsariga del celebre bestseller per l’infanzia “La guerra dei bottoni”), un tempo in cui si apprezzavano davvero le tanto sospirate vacanze (dopo immancabili code di automobili) e in cui si mandavano ancora belle cartoline dai luoghi di villeggiatura. In perfetto equilibrio tra farsa e fumetto, caricatura e commedia sofisticata, Le vacanze del piccolo Nicolas è un gioiellino di leggerezza e originalità che fa tornare tutti un po’ bambini, anche se solo per poco più di novanta minuti. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione THIRD PERSON (Third Person) Stati Uniti, 2014 Regia: Paul Haggis Produzione: Paul Breuls, Michael Nozik, Paul Haggis per Corsan Distribuzione: M2 Pictures Prima: (Roma 2-4-2015; Milano 2-4-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Paul Haggis Direttore della fotografia: Gian Filippo Corticelli Montaggio: Jo Francis Musiche: Dario Marianelli Scenografia: Laurence Bennett Costumi: Sonu Mishra Effetti: Prime Focus Film M ichael è uno scrittore ex premio Pulitzer. Un tempo i suoi romanzi sono stati di grande successo ma sembra che ora abbia perso l’ispirazione di una volta. Anche la sua vita sentimentale è piuttosto confusa: ha lasciato la propria moglie Elaine, ora vive in un albergo di Parigi e ha una relazione con l’amante Anna, anche lei scrittrice. Il loro è un continuo gioco di seduzione all’interno dell’hotel e a complicare le cose la relazione incestuosa che Anna ha con il padre. Nel frattempo, a Roma, Scott, un uomo d’affari americano in un bar incontra una zingara Monika e se ne innamora. Lei come Scott ha una figlia, ma non riesce mai a vederla. Monika infatti è dipendente dal suo ricattatore Carlo che le chiede del denaro per evitare alla figlia un destino sicuro di prostituzione. Così Scott vuole aiutarla a tutti i costi, disposto a dare qualsiasi cifra pur di accontentarla. Intanto a New York, Julia ha perso la custodia del figlio dopo un grave incidente domestico. Il bambino ora vive con l’ex marito Rick, noto artista newyorkese mentre lei ottiene un nuovo lavoro come inserviente all’interno di un albergo e ingaggia un avvocato Theresa per riformulare il contratto di adozione. Cosa avranno in comune queste storie? opo aver diretto Crash – Contatto fisico (2004) e The next three days (2010) e sceneggiato film come Million Dollar Baby (2004), D Interpreti: Liam Neeson (Michael), Olivia Wilde (Anna), Adrien Brody (Scott), Moran Atias (Monika), James Franco (Rick), Mila Kunis (Julia), Kim Basinger (Elaine), Maria Bello (Theresa), Vinicio Marchioni (Carlo), Riccardo Scamarcio (Marco), Caroline Goodall (Dott.ssa Gertner), David Harewood (Jake Long), Loan Chabanol (Sam), Marius Bizau (Tassista di Parigi), Ilaria Genatiempo (Margaret), Michael Margotta (Daniel), Bob Messini (Giuseppe), Oliver Crouch (Jesse), Gianni Franco (Tassista di Roma), Michele Melega (Giorgio), Katy Louise Saunders (Gina), Daniela Virgilio (Claire), Fabrizio Biggio (Claude), Vincent Riotta (Gerry) Durata: 137’ Casino Royale (2006) e Quantum of solace (2009), Paul Haggis cambia genere e ci regala questo thriller dagli interessanti risvolti psicologici. Sarebbe riduttivo parlare di un film su tre storie d’amore. Si tratta soprattutto di una pellicola sulla mancanza di fiducia e su traumi non superati. Infatti dietro ogni storia e le sue difficoltà si cela un buio ancora più grande (Michael ha subito la perdita di un figlio, Anna ha un rapporto incestuoso con il padre, Sean ha perso la figlia, non si riesce a capire se il ricatto che Monika è costretta periodicamente a pagare sia per una figlia reale e se Julia abbia tentato di uccidere il figlio durante un incidente domestico). Il nuovo film di Haggis è ipnotizzante ma, allo stesso tempo, confuso. Lanciato al Toronto Film Festival del 2013, Third person narra la storia di uno scrittore che si trova alle prese con il suo nuovo romanzo che non decolla e decide di narrarlo in terza persona. La storia di questo scrittore, Michael, è perfettamente adattabile al film di Haggis: il regista, abituato più frequentemente alla sceneggiatura, una volta dietro la macchina da presa lascia incompiuti alcuni passaggi che nel caso della scrittura avrebbe certamente esplicitato al meglio. Stilisticamente parlando la pellicola risulta impeccabile, ma la storia non convince. Il film è molto lungo e si chiarisce il senso del film solo gli ultimi venti minuti. La terza persona usata come modalità narrativa dallo scrittore Michael può, a suo modo, essere considerata metafora della vita 25 e di chi non vuole entrarci pienamente ma solo stando ad osservare i passaggi in maniera distaccata e mantenendo un punto di vista esterno. Così negli spettatori si insinua il dubbio che il film giochi volutamente sull’ambiguità e la mancanza di chiarezza della trama. Dal punto di vista tecnico il doppiaggio è penoso e c’è una grande lentezza dello sviluppo per tutta la prima parte del film. Fuori posto nella pellicola la presenza di Riccardo Scamarcio, poco credibile come barista romano e Fabrizio Biggio nei panni di Claude, inserviente d’albergo. Cast per il resto molto azzeccato, preziosa e lodevole la fotografia di Gianfilippo Corticelli. Alcune scene sono davvero interessanti a livello tecnico ma soprattutto emotivo come la confessione di Julia a Rick sull’incidente del bambino, la rottura del telefono di Sean, la rottura delle rose di Julia e la scena in cui Rick la trascina a terra per allontanarla dal figlio. Tutte scene drammatiche e di disperazione. Anche allo spettatore più attento sorge il dubbio che le storie siano reali o frutto dell’invenzione dello scrittore. E a farci insinuare il dubbio che le storie siano legate tra loro un foglietto di carta su cui Julia e Michael segnano degli appunti. Possibile affidare l’intero intreccio a questo elemento? Le città sono diverse e allora come si spiega tutto ciò? Neanche l’apparizione di un bambino e il suo invito “Guardami!” può bastare. Giulia Angelucci Film Tutti i film della stagione MAD MAX: FURY ROAD (Mad Max: Fury Road) Australia, 2015 Regia: George Miller Produzione: George Miller, Doug Mitchell, P.J. Voeten per Kennedy Miller Mitchell Production, Village Roadshow Pictures Distribuzione: Warner Bros. Prima: (Roma 14-5-2015; Milano 14-5-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Brendan McCarthy, George Miller, Nick Lathouris Direttore della fotografia: John Seale Montaggio: Margaret Sixel Musiche: Junkie XL Scenografia: Colin Gibson Costumi: Jenny Beavan uturo non meglio identificato. Max, un uomo solitario dall’oscuro passato, viene catturato dai Figli della Guerra, seguaci del tiranno Immortan Joe, sovrano della Cittadella. L’imperatrice Furiosa, cresciuta sotto l’ala protettrice di Immortan Joe, ha il compito di guidare un’autocisterna verso Gas Town per recuperare del carburante. Improvvisamente però, durante il viaggio, la donna cambia rotta. Si scopre che Furiosa ha rapito le cinque bellissime mogli del tiranno che portano in grembo la prole che comporrà la stirpe futura. Nella Cittadella scatta immediatamente l’allarme e così, orde di Figli della Guerra, capitanati dal terribile Immortan Joe, si lanciano all’inseguimento della traditrice. Tra essi vi è il giovane Nux, guerriero disposto a compiere folli gesta F Effetti: Hybrid Enterprises, Iloura, The Third Floor, Method Studios, Tinsley Studio Interpreti: Tom Hardy (Max), Charlize Theron (Imperatrice Furiosa), Nicholas Hoult (Nux), Hugh Keays-Byrne (Immortan Joe), Zoë Kravitz (Toast), Rosie Huntington-Whiteley (Splendid Angharad), Riley Keough (Capable), Abbey Lee (The Dag), Courtney Eaton (Cheedo the Fragile), Nathan Jones (Rictus Erectus), Josh Helman (Slit), Coco Jack Gillies (Hope), Jennifer Hagan (Miss Giddy), John Howard (Il mangiatore di persone), Iota (Doof il guerriero), Megan Gale (La valchiria), Melissa Jaffer (Custode dei semi) Durata: 120’ pur di mettersi in mostra e dimostrare il suo coraggio. Nux ha tuttavia bisogno di Max, donatore di sangue sano, per rifocillarsi e mettersi in forze. Durante l’assurda corsa, Max riesce però a liberarsi e a raggiungere l’autocisterna di Furiosa. La donna inizialmente non si fida dell’uomo misterioso, ma ben presto comprende d’avere bisogno della sua forza per proseguire nella fuga. L’obiettivo di Furiosa è quello di raggiungere le Terre Verdi, suo luogo di nascita dal quale fu strappata da Immortan Joe svariati anni prima e ricostruire lì una civiltà sana e libera. Non c’è però tempo da perdere. Le bande di Figli della Guerra sono ormai alle costole: Nux riesce a infilarsi nell’autocisterna con lo scopo di neutralizzare Furiosa. Viene tuttavia bloccato da una delle cinque mogli, che, scoprendone il lato umano, lo invi- 26 ta a unirsi alla ribellione. L’autocisterna arriva finalmente nelle Terre Verdi, ma i fuggitivi scoprono che il tempo le ha trasformate in freddi, fangose paludi. Qui Furiosa incontra le ultime sopravvissute della sua civiltà, forti donne che si uniscono alla battaglia. Furiosa e Max comprendono che l’unica possibilità è quella di tornare alla Cittadella e conquistarla, essendo quasi tutti i Figli della Guerra impegnati sul campo. Ha inizio così la battaglia finale: dopo durissimi scontri, innumerevoli uccisioni e sacrifici, Max riesce finalmente a uccidere Immortan Joe e la compagnia a raggiungere la Cittadella e a liberarla. Furiosa sarà la nuova imperatrice, mentre Max prosegue, solitario, per la sua strada. sattamente trent’anni dopo il capitolo conclusivo della trilogia di Mad Max, il premio Oscar George Miller decide di tornare nelle sale proponendo un nuovo episodio della serie cult degli anni Ottanta. Con un budget di oltre centocinquanta milioni di dollari e due grandi protagonisti come Tom Hardy e Charlize Theron, la pellicola portava su di se’ enorme aspettativa e gigantesche attese. E non delude. Miller riesce, ancora una volta, a costruire con immensa caparbietà un mondo post-nucleare dispotico e repellente, paradossale, ma credibile, incarnato perfettamente dal suo Signore, l’Immortan Joe tanto disgustoso quanto potente. Il regista australiano ci guida tra le porte del palazzo reale per farci scorgere la quotidianità dei Figli della Guerra, plasmati nella cieca ubbidienza e nel sacrificio, ma anche per mostrarci dall’alto le condizioni del popolo, mutilato e affamato, costretto al consenso attraverso il ricatto del bene primario: l’acqua. E Film C’è tuttavia nell’apparentemente perfetto meccanismo del tiranno, una vite fuori posto, un ingranaggio mal funzionante: l’imperatrice Furiosa, mossa non soltanto dalla voglia di vendetta, ma dalla più alta speranza in un futuro diverso, migliore. Ed è proprio il personaggio ben interpretato da Charlize Theron a fare la differenza, a essere reale protagonista, ancor di più di colui che porta il nome della saga. Se infatti il Max Rockatansky del talento Tom Hardy è silenzioso, timido, a suo modo di- Tutti i film della stagione speratamente ironico, è Furiosa ad essere la “dura” del film, una guerriera mutilata nel fisico ma non nello spirito, inesorabile nella sua lotta e nella sua missione. Partendo dunque da queste basi solide, la pellicola si muove caoticamente in un inseguimento paradossale e divertente, una folle corsa per la libertà scandita dall’entrata continua di nuove, pittoresche bande che non può non ricordare, con le dovute differenze, I Guerrieri della notte di Walter Hill. Le esplosioni, gli assalti, gli scontri sono la cornice di un’assurda fauna di mostri disegnati nel dettaglio, muniti di armi inimmaginabili e alla guida di vetture futuristiche e antiche allo stesso tempo. Nell’insieme dunque, George Miller riesce, nonostante un plot elementare, a non annoiare mai, a coinvolgere, a divertire e far sorridere, insomma, ad intrattenere, unendo, con successo, forma e sostanza e stupendo una volta ancora. Giorgio Federico Mosco NOTTE AL MUSEO – IL SEGRETO DEL FARAONE (Night at the Museum 3: Secret of the Tomb) Stati Uniti, Gran Bretagna, 2014 Regia: Shawn Levy Produzione: Shawn Levy, Chris Columbus, Mark Radcliffe per 21 Laps, 1492 Pictures, in associazione con TSG Entertainment Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 28-1-2015; Milano 28-1-2015) Soggetto: Robert Ben Garant (personaggi), Thomas Lennon (personaggi), Mark Friedman, David Guion, Michael Handelman Sceneggiatura: David Guion, Michael Handelman Direttore della fotografia: Guillermo Navarro Montaggio: Dean Zimmerman Musiche: Alan Silvestri Scenografia: Martin Whist Costumi: Marlene Stewart Effetti: The Moving Picture Company, Method Studios, Di- L ondra 1893. Sono in corso degli scavi archeologici e il piccolo Cecil, figlio del capo spedizione, si imbatte in una tavola di Ahkmenrah; tavola che ha degli strani poteri e per questo la popolazione autoctona mette in guardia gli archeologi che “la fine è vicina!”. Siamo nel 2015 e il guardiano notturno Larry Daley sta organizzando una serata speciale per il museo. Ha invitato le autorità e tutti sono pronti per dare il meglio di sé quando prendono vita: la scimmietta Dexter, Teddy Roosevelt e la sua compagna indiana Sacajawea, i piccoli Jedediah e Octavius, l’egiziano Ahkmenrah, Attila e il primitivo Robert Fredericks. Sono tutti pronti per la grande serata a effetti speciali quando, a un tratto tutto va storto, perdono il controllo di loro stessi e sembrano completamente impazziti. È colpa della tavola che si sta riempiendo di una strana muffa e che dà loro vita. Così Larry si trova a dover affrontare, oltre a questa terribile emergenza che coinvolge i suoi amici del museo, anche il figlio adolescente Nick. Questo non vuole proseguire gli studi al gital Domain, Cinesite, Lola Visual Effects, Zoic Studios Interpreti: Ben Stiller (Larry Daley), Robin Williams (Teddy Roosevelt), Owen Wilson (Jedediah), Steve Coogan (Octavius), Ricky Gervais (Dottor McPhee), Dan Stevens (Sir Lancillotto), Rebel Wilson (Tilly), Skyler Gisondo (Nick Daley), Rami Malek (Ahkmenrah), Patrick Gallagher (Attila l’Unno), Mizuo Peck (Sacajawea), Andrea Martin (Rose), Ben Kingsley (Merenkahre, padre di Ahkmenrah), Rachael Harris (Madeline Phelps), Matt Frewer (Archibald Stanley), Mickey Rooney (Gus), Dick Van Dyke (Cecil), Bill Cobbs (Reginald), Anjali Jay (Shepseheret, madre di Ahk), Brennan Elliott (Robert Fredericks), Sophie Levy (Sophie), Patrick Sabongui (Amir), Percy Hynes White (C.J Fredericks), Louriza Tronco (Andrea), James Neate (Augustus) Durata: 97’ college, vorrebbe solo prendersi un anno sabatico e andare a fare il dj a Ibiza. Larry quindi si reca dal suo capo, il direttore del Museo di Storia Naturale di Manhattan, il dottor McPhee, che gli racconta di essere stato appena licenziato. Larry allora parla con Cecil, vecchio guardiano notturno del museo e figlio del capo spedizione del tempo, il quale ricorda la frase detta sulla tavola dalla popolazione autoctona e gli consiglia di andare a chiedere loro maggiori informazioni. Così Larry si reca da McPhee e chiede un’ultima cortesia: di poter portare la tavola con Ahkmenrah al British Museum di Londra. Il capo è un po’ confuso perché crede che gli effetti speciali di cui Larry e i suoi amici sono esperti non possano essere causati esclusivamente dalla tavola. Una volta ricevuto il permesso, Larry, il figlio e i suoi amici si recano al British Museum dove incontrano la guardiana Tilly e sir Lancillotto, il quale li aiuta a sconfiggere un triceratopo. Intanto Ted e Ottavio si perdono nella ricostruzione di Pompei e vengono salvati da Dexter. Anche la minaccia dell’enorme 27 serpente cinese viene sconfitta con il defibrillatore da Larry. Così una volta arrivati dalla moglie di Ahkmenrah e da Merenkahre suo padre, si viene a sapere che la tavola era stata fatta forgiare dal faraone Merenkahre per il figlio e che può prendere vita soltanto sotto il chiaro di luna. Il chiaro di luna è necessario per mantenere tutte le creature del museo in vita, senonché la tavola viene rubata da sir Lancillotto, convinto che sia il Santo Graal. Inizia così una lotta contro il tempo per riprendersi la tavola. Alla fine, dopo numerose disavventure, riescono nell’intento, il figlio di Larry decide di continuare a studiare al college, Larry a lasciare il suo impiego come guardiano notturno e i suoi amici all’unanimità prendono una decisione importante: che Ahkmenrah e la tavola rimangano a Londra, rinunciando così a prendere regolarmente vita ogni notte. hawn Levy, dopo quasi dieci anni dall’uscita del primo episodio di Una notte al museo, chiude la famosa trilogia fantasy per S Film famiglie. Impreziosita dall’ultima apparizione di Robin Williams nei panni di Teddy Roosevelt, suicidatosi l’11 agosto scorso e da Mickey Rooney, morto durante la produzione del film, nel film nel ruolo del guardiano Gus, questa nuova avventura non delude rispetto agli altri due episodi, anzi. Il film approfondisce la capacità di saper lasciare andare qualcosa di passato, a cui si è fortemente legati, come fa Larry quando decide di lasciarsi alle spalle l’impiego di guardiano notturno. Il protagonista della trilogia passa quindi a una fase di piena maturità come anche il figlio in conclusione del film. L’idea che un po’ disturba, a mio parere, è quella di rappresentare in maniera spettacolare, come un circo, il museo e ciò che esso contiene. Tutti i film della stagione Ma nel complesso il film funziona: merito di un cast di attori rodato che indossa i costumi delle rivisitazioni di personaggi storici con naturalezza che fa apparire spontanei gli scambi di battute. Carino ad esempio il cammeo di Hugh Jackman con tanto di citazione di Wolverine. Con l’attore australiano il regista ha girato insieme a Evangeline Lilly nel 2011 l’action - fantasy Real Steel. Veramente geniale la scena dell’inseguimento a sir Lancillotto di Larry e di Teddy nel quadro Relativity, litografia di Escher. Tra le tante presenze ricordiamo quella di Ben Kingsley, di Dick Van Dyck e della star di Downtown Abbey Dan Stevens. Azzeccatissima anche la paffutella Rebel Wilson nei panni della guardiana del British Museum Tilly. Come se non bastasse, lo stesso Ben Stiller si lancia in un doppio ruolo, dando vita a Le’, un uomo di Neanderthal che crede Larry suo padre. L’inizio sembra un omaggio alla saga di Indiana Jones e il finale si conclude a sorpresa con un bacio che non ci si aspetterebbe mai (un po’ fuori luogo come anche la pipì che la scimmietta fa sul modellino di Pompei per salvare i suoi piccoli amici). Nonostante quindi qualche pecca nella sceneggiatura ma con alcuni momenti registicamente e scenograficamente brillanti, Una notte al museo 3, regala al suo affezionato fandom una spensierata commedia d’azione, una degna conclusione per Larry e i suoi amici. Giulia Angelucci LEVIATHAN (Leviathan) Russia, 2014 Regia: Andrey Zvyagintsev Produzione: Non Stop Production Distribuzione: Academy Two Prima: (Roma 7-5-2015; Milano 7-5-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Oleg Negrin, Andrey Zvyagintsev Direttore della fotografia: Mikhail Krichman Montaggio: Anna Mass M are di Barents, costa russa settentrionale. Kolia vive in un piccolo centro con la seconda moglie Lilya, il figlio Roma avuto da un matrimonio precedente e gestisce un’autofficina presso cui si servono praticamente tutti. Musiche: Philip Glass Scenografia: Andrey Ponkratov Costumi: Anna Bartuli Interpreti: Aleksei Serebryakov (Kolia), Elena Lyadova (Lilya), Vladimir Vdovitchenkov (Dmitri), Roman Madyanov (Vadim Cheleviat), Anna Ukolova (Angela), Alexey Rozin (Pacha), Sergey Pokhodaev (Roma) Durata: 140’ I problemi cominciano quando il sindaco del posto, Vadim Cheleviat, mette l’occhio sulla piccola proprietà di Kolia, situata davvero in una bella zona, pensando di espropriarla con quattro soldi per avviare un fruttuoso progetto di speculazione edilizia nel coinvolgimento dei 28 potentati locali. Kolia rifiuta, il sindaco diventa più aggressivo e pretenzioso, passa alle minacce assicurando guai per tutti se il meccanico non si adatterà a ” ragionare”. Visto come si stanno mettendo le cose, Kolia fa venire da Mosca un suo vecchio amico ed ex compagno d’armi, Dmitri, ora valente avvocato nella capitale, perché lo aiuti a sistemare la questione. Effettivamente all’inizio l’opera dell’avvocato sembra essere promettente perché il dossier che Dmitri presenta al sindaco contiene una serie di prove dei suoi cattivi comportamenti amministartivi che non possono certo essere messi in piazza: per evitare lo scandalo, se proprio il sindaco desidera proseguire sulla strada dell’esproprio della proprietà contesa, deve fissare un indennizzo giusto e quindi alto per ripagare Kolia e la sua famiglia di quanto gli sarà tolto. Le cose però non vanno così perché ci si mette di mezzo il diavolo: Lilya infatti raggiunge l’avvocato nel suo albergo e in quattro e quattr’otto ci va a letto; non solo, la tresca è presto scoperta quando i due sono visti insieme dal bambino di amici durante un pic nic. Film Lilya e Dmitri sono picchiati a sangue da Kolia che però si riprende la moglie a casa. Subito dopo Dmitri è “prelevato” dal sindaco e dai suoi sgherri e pestato brutalmente (ancora!) affinché receda dai suoi propositi di denuncia sociale. La svolta è bella e fatta: Dmitri è in treno per tornare a Mosca sconfitto professionalmente e moralmente; Lilya si uccide gettandosi da una rupe dritta nell’oceano in tempesta; quando il suo corpo viene trovato Kolia è accusato di omicidio e così condannato a quindici anni di prigione. Dopo l’affidamento del ragazzo di Kolia, Roma, a una coppia di amici poliziotti, il sindaco provvede a demolire con le ruspe la casa contesa e a dare il via al progetto edilizio con la benedizione del capo della chiesa ortodossa e degli affaristi locali. ilm di grande approfondimento e potente spessore che vuole trovare radici in opere colossali come la Bibbia, nel riesumare la figura del povero Giobbe e con il seicentesco Leviatano di Hobbes nell’affrontare il tema della giustizia e della figura oppressiva e invadente dello Stato. Da una derivazione letteraria di così gravosa importanza, il russo Zvyagintsev F Tutti i film della stagione ha tratto un film pluripremiato (premio per la sceneggiatura a Cannes 2014, Golden Globe 2015 come migliore film straniero, candidato all’Oscar 2015 come migliore film straniero) che non ci sembra avesse bisogno di antenati così illustri per dimostrare ciò che sappiamo tutti da tempo: la corruzione e il violento sopruso del potere istituzionale travestito da stato non ha bandiera nè confini, mostrandosi uguale a se stesso in ogni latitudine. Qui la configurazione cinematografica dello strapotere ossessivo e impunito del regime dominante travalica ogni aspettativa ed è ampiamente giustificata da ciò che il regista conosce bene della Russia di Putin che sembra debba in pochi anni ribaltare i settanta di impoverimento comunista senza però abbandonare gli aspetti dell’autoritarismo zarista nè quelli della tirannide staliniana. Sotto quest’ottica, la fattura del film, con personaggi abbastanza ovvi, ha un impianto classico che mostra due punti irrisolti e una soluzione che rappresenta un vero e proprio valore aggiunto. Il personaggio di Kolia non risulta simpatico, trainante, positivo ma violento, sprezzante, volgare, incapace di dominarsi; ovviamente parteggiamo per lui ma con quanta fatica: ci siamo infatti chiesti perché gli autori avessero voluto dare un taglio così negativo a un personaggio che dovrebbe coagulare il corale sostegno degli spettatori. Il personaggio dell’avvocato, poi, risulta poco tratteggiato, quasi un punto interrogativo: scarno il suo contributo al dialogo se non nel confronto col sindaco corrotto; sembra poi non partecipare al caos suscitato dall’impiccio sessuale con la moglie dell’amico, non commenta, non dice, non si discolpa. Dopo essere stato picchiato e diffidato dalla banda del sindaco se ne va in treno sconfitto e scornato, senza un lamento, senza una pur artefatta spiegazione. Straordinario invece il continuo paralellismo tra la violenza immorale delle azioni degli uomini, la desolazione della loro arida esistenza e la desolazione del paesaggio che alterna onde nere di un mare gelido e assassino a lande acquitrinose e cimiteriali che accolgono carcasse di barche e scheletri di balene lì spiaggiate chissà quando: davvero un approfondimento poetico di forte impianto pittorico. A tutto ciò aggiungiamo la raffigurazione terribile di una corrotta chiesa ortodossa che, attraverso i suoi rappresentanti, copre i suoi sporchi legami con i potentati locali con vuote e retoriche prediche che esprimono solo un atteggiamento disumano e privo di alcun conforto verso chi invece avrebbe bisogno di tutt’altro. Fabrizio Moresco SCUSATE SE ESISTO Italia, 2014 Regia: Riccardo Milani Produzione: Fulvio e Federica Lucisano per Italian International Film con Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 20-11-2014; Milano 20-11-2014) Soggetto: Giulia Calenda, Paola Cortellesi, Furio Andreotti, Ivan Cotroneo, Riccardo Milani Sceneggiatura: Giulia Calenda, Paola Cortellesi, Furio Andreotti, Riccardo Milani Direttore della fotografia: Saverio Guarna S erena Bruno è una brava ragazza nata in un paesino abruzzese, Anversa, laureata in architettura con il massimo dei voti, ha preso un master e conosce molte lingue straniere. Dopo una serie di esperienze all’estero, lavora da anni a Londra, dove il suo talento e la sua dedizione sono adeguatamente apprezzati. Ma la nostalgia di Montaggio: Patrizia Ceresani Musiche: Andrea Guerra Scenografia: Maurizio Leonardi Costumi: Alberto Moretti Interpreti: Paola Cortellesi (Serena Bruno), Raoul Bova (Francesco), Corrado Fortuna (Pietro), Lunetta Savino (Michela), Cesare Bocci (Volponi), Marco Bocci (Nicola), Ennio Fantastichini (Dott. Ripamonti), Stefania Rocca (Maria), Timothy Martin (Jake), Francesco Tribuzio (Passeggero del treno) Durata: 106’ casa è tanta, i rapporti umani non sono il massimo e le manca il clima nostrano. Così Serena decide di tornare in Italia, ma il suo ritorno in patria non è tutto rosa e fiori. A Roma non trova un impiego nemmeno lontanamente paragonabile a quello che aveva in Inghilterra e si arrabatta facendo diversi lavori ben al di sotto delle sue capacità e competenze. La mat29 tina fa l’arredatrice presso il “Paradiso della cameretta” e poi progetta cappelle funerarie per ricchi cafoni, rimanendo persino a piedi, perché le rubano il motorino. Durante l’ennesima nuova attività professionale come cameriera, conosce il bel Francesco, gestore del ristorante, separato con un figlio e desiderato da tutte le donne. Anche lei infatti, come era pre- Film vedibile, si innamora dell’affascinante ristoratore, ma sotto la camicia non tutto è come sembra. Francesco è in realtà omosessuale ed è per questo che è finito il suo matrimonio. Tra i due, nonostante un primo momento di conflitto, nasce un bel rapporto, fatto di affetto e complicità, tanto che la ragazza si trasferisce a casa del ristoratore. L’uomo ha una vita sessuale vivace e tanti compagni occasionali. Tra gli amanti, quello preferito e con cui Francesco instaura un legame speciale, è Nicola. Intanto Serena presenta un progetto per rilanciare Corviale, uno tra i quartieri più martoriati della capitale, famoso per droga e delinquenza. Contrariamente alle previsioni il progetto viene approvato, ma alla presentazione Serena si trova di fronte a una società prettamente maschilista, dove l’essere donna diventa un vero intralcio. Così fa credere di essere l’assistente dell’architetto Bruno Serena e Francesco deve interpretare il ruolo, reggendole il gioco. In un primo momento riescono a cavarsela con una videochiamata, poi invece i due si trovano costretti a recitare la parte di persona. Intanto la ex moglie di Francesco gli affida il figlio e l’uomo si rende conto che è il momento di rivelare la verità riguardo la sua identità. Ma per non traumatizzarlo troppo fa recitare a Serena la parte della fidanzata. Intanto, nell’azienda dove ha presentato il progetto, c’è un architetto, Pietro, che sembra essere interessato a lei. Il datore di lavoro, il dottor Ripamonti, è un uomo ricco che non riesce a fare un passo senza l’aiuto dell’instancabile Michela, la quale sfrutta tutte le sue abilità e la sua adorazione al servizio di un uomo incapace di dirigere un’azienda, che non la contraccambia neanche. Il progetto di riqualificazione “chilometro verde” con cui Serena rilancia la sua vita è un sospiro verso la sopravvivenza reale di persone che vorrebbero degli spazi e una vita migliore. Il desiderio della donna va a scontrarsi però con un mondo del lavo- Tutti i film della stagione ro avverso alla meritocrazia femminile. Disgustata dall’atteggiamento di subordinazione e sottomissione dei suoi colleghi, Serena confessa la sua identità e apre gli occhi agli altri. Intanto Francesco recupera il suo rapporto con il figlio, che da solo smaschera l’omosessualità del padre. Serena e Pietro decidono di mettersi insieme sia sentimentalmente che professionalmente. al regista di Benvenuto Presidente Riccardo Milani, una nuova e divertente commedia con protagonista la coppia consacrata dal film Nessuno mi può giudicare. La storia è una fotografia crudele, ma al contempo divertente, sulla crisi dei giorni nostri. I giovani non hanno speranza e per emergere devono trasferirsi all’estero. Commedia degli equivoci, che per una volta non segue i percorsi tradizionali, ma fa sì che il cuore sorpassi il dio denaro e la ragione. Una scelta di sentimenti forte che, purtroppo, spesso i ragazzi di oggi non possono e non vogliono fare. Fuggire è spesso la soluzione più semplice, ma che sia la meno dolorosa e quella corretta non è dato saperlo. Sebbene il plot sia abbondantemente già visto, il team di sceneggiatori, che comprende Paola Cortellesi, Giulia Calenda e Ivan Cotroneo, lo adatta con intelligenza alla realtà italiana. Milani, ispirandosi alla vicenda dell’architetto Guendalina Salimei e al suo progetto su Corviale, che vinse un concorso di riqualificazione, sembra mettere tutti gli ingredienti al posto giusto, con una regia pulita, l’attenta caratterizzazione dei personaggi secondari e l’analisi della condizione del lavoro. Poi però alla trama, già di per sé ricca e complessa, si aggiunge una sottotrama che riguarda il personaggio di Francesco e che attinge a piene mani da film alla Ozpetek. La pellicola così prende una direzione assai nociva per la sua riuscita: la riduzione a macchietta di un personaggio, fino a quel momento riconoscibile e dignitoso. D 30 Non è il tema dell’omosessualità in sé a decretare questa deriva, ma il modo banale e già visto in cui è trattato. Scusate se esisto! poteva essere riuscitissimo e invece esagera, perdendo centro e direzione, quando sarebbe stato necessario rimanere saldamente sul pezzo e fidarsi del ritmo comico insito nella storia principale. Quel che è più amaramente ironico è che Scusate se esisto! mette in ridicolo un paese molto indietro per quel che concerne la meritocrazia. Attivo nel denunciare l’abuso prettamente maschilista ricorrente e quasi “normale” in Italia, che si discosta da ciò che succede, invece, all’estero, e in particolar modo a Londra, dove Serena ricopre un ruolo primario, impartendo anche direttive, come giusto che sia, a uomini di grado e titolo inferiore a lei. Purtroppo la nostalgia per l’Italia e forse un pizzico di risentimento e di orgoglio nel voler dimostrare il proprio valore anche nel proprio paese spingono la protagonista a tornare. Ciononostante il contraltare della protagonista, rappresentato dalla figura di Michela, la “donna ombra” del boss, interpretata con dolente ironia dalla sempre affidabile Lunetta Savino, può essere vista come un incentivo in più da tutte quelle donne che hanno la voglia e le capacità per emergere e far valere i loro diritti. A dimostrazione che la passione e la caparbietà può potare lontano. Paola Cortellesi è perfetta nei panni del “cervello di ritorno”, un po’ goffa alla Bridget Jones e adorabilmente fuori luogo, mentre Raoul Bova si cala perfettamente nella parte sia per avvenenza, sia perché riguardo i suoi gusti sessuali non sembra andare molto lontano dalla realtà, contrariamente a quanto l’alone di sex symbol che gli hanno creato intorno possa far immaginare. A completare il cast Ennio Fantastichini, cinico e odioso al punto giusto nei panni del datore di lavoro, Corrado Fortuna nel ruolo di Pietro e un cameo di Stefania Rocca, nella parte dell’ex moglie di Francesco. Veronica Barteri Film Tutti i film della stagione 2014 INDICE DELL’ANNATA INDICE DEI FILM A A proposito di Davis 40/127-128 Alabama Monroe – Una storia d’amore 8/129 Alex Cross – La memoria del killer 54/130-131 All Is Lost – Tutto è perduto 32/127-128 Allacciate le cinture 31/127-128 Amazing Spiderman 2 (The) – Il potere di Electro 12/129 American Hustle – L’apparenza inganna 7/127-128 American Sniper 16/132 Amici come noi 35/129 Amore Bugiardo (L’) 52/132 Anime Nere 26/130-131 Anita B. 56/127-128 Annabelle12/130-131 Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie 8/130-131 Arance e martello 47/129 Arbitro (L’) 3/130-131 Asterix e il regno degli dei 25/132 Asterix e Obelix al servizio di sua Maestà 31/132 B Beautiful Creatures: la sedicesima luna 19/132 Bella e la bestia (La) 38/127-128 Belle & Sebastien 51/127-128 Belluscone. Una storia siciliana 43/129 Birdman o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza 6/132 Blood17/132 Blue Jasmine 27/127-128 Buca (La) 14/130-131 Butler (The) – Un maggiordomo alla Casa Bianca 3/127-128 Butterfly Room (The)58/130-131 Captain America: The Winter Soldier 42/127-128 Castello magico (Il) 32/130-131 Cha Cha Cha 51/132 Chef – La ricetta perfetta 28/130-131 Cinquanta sfumature di grigio 8/132 Colpa delle stelle 4/130-131 Colpi di fortuna 18/130-131 Come ammazzare il capo 2 46/132 Comportamenti molto… cattivi! 13/130-131 Counselor (The) 37/127-128 Cuccioli – Il paese del vento 18/129 Gemma Bovery 55/132 Gente che sta bene (La) 39/127-128 German Doctor (The) 40/129 Gigolò per caso 16/129 Giovane e bella 50/127-128 Giovane favoloso (Il) 2/130-131 Giver (The) – Il mondo di Jonas 26/132 Godzilla10/129 Grande Match (Il) 21/127-128 H Hansel e Gretel e la strega della foresta nera 49/127-128 Hates – House at the End of the Street 30/127-128 Hercules – Il guerriero30/30-131 Hunger Games – La ragazza di fuoco 12/127-128 Hungry Hearts 13/132 D Dallas Buyers Club 52/127-128 Dietro i candelabri 9/127-128 Dino e la macchina del tempo 57/130-131 Disconnect36/127-128 Divergent37/129 12 anni schiavo 19/127-128 Dom Hemingway 34/129 Donna per amica (Una) 43/127-128 Drift – Cavalca l’onda 56/130-131 Due giorni, una notte 40/132 Due vie del destino (Le) – The Railway Man 22/130-131 Due volti di gennaio (I) 37/130-131 I Iceman (The) 33/132 Ida47/127-128 I, Frankenstein 15/127-128 Imitation Game (The) 2/132 Intrepido (L’) 44/129 Io sto con la sposa 45/130-131 J E …E fuori nevica 23/130-131 English Teatcher (The) 33/129 Epic – Il mondo segreto 3/132 Esp 2 – Fenomeni paranormali 14/132 Exodus – Dei e Re 32/132 Father and Son Frances Ha Fratelli unici Fuga di cervelli 22/127-128 33/130-131 29/130-131 31/129 N Jimi – All Is By My Side 49/130-131 Jimmy Bobo – Bullet To the Head 12/132 Jimmy P. 46/127-128 Joe40/130-131 Just Like a Woman 27/132 K O 24/132 Oculus4/129 Oldboy8/127-128 Onirica – Field of Dogs 27/129 P Last Vegas 35/127-128 Leggi del desiderio (Le) 4/132 Lego Movie (The) 21/129 Lei17/129 Locke30/129 Look of Silence G Gabrielle – Un amore fuori dal coro Madre (La) 21/132 Maldamore59/127-128 Maleficent42/129 Marsupilami20/132 Matrimonio da favola (Un) 19/129 Ma tu di che segno 6? 57/132 Maze Runner – Il labirinto 10/130-131 Mercenari 3 (I) – The Expendables 46/129 Milione di modi per morire nel West (Un) 17/130-131 Mister Morgan 20/129 Moglie del cuoco (La) 51/130-131 Moglie del sarto (La) 5/129 Moliere in bicicletta 44/127-128 Monters University 55/130-131 Monuments Men 14/129 Mossa del pinguino (La) 32/130-131 L C C’era una volta un’estate 59/130-131 Capitale umano (Il) 7/130-131 M Nebraska60/127-128 Nessuno mi pettina bene come il vento 40/129 Noah6/129 Noi 4 57/127-128 Nome del figlio (Il) 28/132 Non dico altro 32/129 Nostra terra (La) 38/130-131 Notte in giallo (Una)39/130-131 Kiki – Consegne a domicilio F (The) 52/130-131 Looper – In fuga dal passato 5/132 Lovelance13/129 Lucy42/130-131 48/132 31 Padre vostro 43/132 Pane e burlesque 4/129 Parental Guidance 60/130-131 Party Girl 20/130-131 Pazze di me 54/132 Film Perez50/130-131 Philomena2/127-128 Pinuccio Lovero – Yes I Can 12/129 Pompei62/127-128 Presto farà giorno 58/127-128 Pretore (Il) 9/129 Pride41/132 Q Quando c’era Berlinguer 4/127-128 Quel che sapeva Maisie 50/132 R Ragazzo invisibile (Il) – 38/132 Regno d’inverno (Il) – Winter Sleep 46/130-131 Repairman (The) 42/132 Resta anche domani 47/130-131 RoboCop5/127-128 Rompicapo a New York 21/130-131 S Saving Mr. Banks 26/127-128 Se chiudo gli occhi non sono più qui 35/130-131 Sedia della felicità (La) 2/129 Segnato (Il) 20/127-128 Segreti di Osage County (I) – 25/127-128 Sei mai stata sulla luna?53/132 Selma – La strada della libertà 30/132 Sex Tape – Finiti in rete 43/130-131 Sguardo di Satana (Lo) – Carrie 48/127-128 Shaun, vita da pecora 35/132 Si accettano miracoli 58/132 Si alza il vento 25/130-131 Sin City – Una donna per cui uccidere 6/130-131 Smetto quanto voglio 10/127-128 Sogni segreti di Walter Mitty (I) – 7/127-128 Solo gli amanti sopravvivono 34/129 Song ‘e Napule 36/129 Sotto una buona stella 61/127-128 Spiders 3D 63/127-128 St. Vincent 10/132 Still Alice 49/132 Still Life 56/127-128 Storia d’ìnverno 34/127-128 T Tango Libre 54/127-128 Tarzan 3D 18/127-128 Teoria del tutto (La) 45/132 Tutti i film della stagione Terzo Tempo (Il) 31/130-131 Thor – The Dark World 19/130-131 Ti ricordi di me? 29/129 Ti sposo ma non troppo 38/129 Titeuf – Il film 11/132 Tracks – Attraverso il deserto 28/129 Trascendence34/130-131 Trattativa (La) 16/130-131 300 – L’alba di un impero 14/127-128 Turner23/132 Tutta colpa del vulcano 41/130-131 Tutta colpa di Freud29/127-128 Tutto molto bello 15/130-131 Tutto sua madre 42/129 Annabelle12/130-131 Astérix et Obélix: Au Service de Sa Majesté 31/132 Astérix: Le Domaine des dieux 25/132 August: Osage County 25/127-128 B Beautiful Creatures 19/132 Behaving Badly 13/130-131 Behind the Candelabra 9/127-128 Belle & la bête (La) 38/127-128 Belle et Sebastien 51/127-128 Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) 6/132 Blood17/132 Blue Jasmine 27/127-128 Book Thief (The) 33/127-128 Broken Circle Breakdown (The) 8/129 Bullet to the Head 12/132 Butler (The) 3/127-128 Butterfly Room (The) 58/130-131 U Unbroken34/132 Undici settembre 1683 9/132 V Venditore di medicine (Il)39/129 Venere in pelliccia 23/127-128 Vinodentro36/130-131 Violinista del diavolo (Il) 55/127-128 Viviane36/132 C Captain America: The Winter Soldier 42/127-128 Carrie48/127-128 Casse-tête chinois 21/130-131 Chef28/130-131 Counselor (The) 37/127-128 W Walking on Sunshine 53/130-131 Wolf of Wall Street (The) 16/127-128 D Dalls Buyers Club 52/127-128 Dawn of the Planet of the Apes 8/130-131 Deaux jours, une nuit 40/132 Devill’s Violinist (The) 55/127-128 Dino Time 57/130-131 Disconnect36/127-128 Divergent37/129 Dom Hemingway 34/129 Drift56/130-131 X X Men: i giorni di un futuro passato 3/129 Z Zuppa del demonio (La) 24/130-131 TITOLI ORIGINALI A Alceste à bicyclette 44/127-128 Alex Cross 54/130-131 All Is Lost 32/127-128 Amazing Spider-Man 2 (The) 12/129 American Hustle 7/127-128 American Sniper 16/132 A Million Ways to Die the West 17/130-131 Gabrielle48/132 Garçon et Guillaume, à table! (Les) 42/129 Gemma Bovery 55/132 Gett le process de Viviane Amsalem 36/132 Giver (The) 26/132 Godzilla10/129 Gone Girl 52/132 Grave Encounters 2 14/132 Grudge Match 21/127-128 H Hansel & Gretel Get Baked 49/127-128 Her17/129 Hercules30/130-131 Horrible Boss 2 46/132 House at the End of the Street 30/127-128 House of Magic (The) 32/130-131 Hunger Games (The): Catching Fire 12/127-128 I Iceman (The) 33/132 Ida47/127-128 If I Stay 47/130-131 I, Frankenstein 15/127-128 Imitation Game (The) 2/132 Inside Llewyn Davis40/127-128 J Jeune & jolie 50/127-128 Jimi: All Is by My Side 49/130-131 Jimmy P. – Psychotherapy of a Plains Indian 46/127-128 Joe40/130-131 K English Teacher (The) 33/129 Enough Said 32/129 Epic3/132 Exodus: Gods and Kings32/132 Expendables 3 (The) 46/129 Eyjafjallajökull41/130-131 Kaze tachinu Kis uykusu Fading Gigolo 16/129 Fault in Our Stars (The) 4/130-131 Field of Dogs 27/129 Fifty Shades of Grey 8/132 18/132 33/130-131 G E F 32 Floquet de Neu Frances Ha 25/130-131 46/130-131 L Last Love 20/129 Last Vegas 35/127-128 Lego Movie (The) 21/129 Locke30/129 Look of Silence (The) 52/130-131 Looper5/132 Lovelace13/129 Lucy42/130-131 Film M Majo no takkyûbin 24/132 Maleficent42/129 Mama21/132 Maze Runner (The) 10/130-131 Monsters University 55/130-131 Monuments Men (The) 14/129 Mr. Turner 23/132 Tutti i film della stagione Empire 14/127-128 Titeuf, le film 11/132 Tracks28/129 Trascendence34/130-131 12 Years a Slave 19/127-128 Two faces of January37/130-131 U Unbroken34/132 N V Nebraska60/127-128 Noah6/129 Vénus à la fourrure (La) 23/127-128 O W Oculus4/129 Oldboy8/127-128 On a faille être amies 51/130-131 Only Loves Left Alive 34/129 P Paranormal Activity: The Marked Ones 20/127-128 Parental Guidance 60/130-131 Party Girl 20/130-131 Philomena2/127-128 Pompei62/127-128 Pride41/132 Wakolda40/129 Walk of Shame 39/130-131 Walking on Sunshine 53/130-131 Way Way Back (The) 59/130-131 What Maisie Knew 50/132 Winter’s Tale 34/127-128 Wolf of Wall Street (The) 16/127-128 C H Ceylan Nuri Bilge 46/130-131 Chabat Alain 20/132 Chandor J.C. 32/127-128 Chappuis Philippe (Zep) 11/132 Ciprì Daniele 14/130-131 Clichy Louis 25/132 Clooney George 14/129 Coen Ethan 40/127-128 Coen Joel 40/127-128 Coffre Alexandre 41/130-131 Cohen Rob 54/130-131 Costanzo Saverio 13/132 Curran John 28/129 Cutler R.J. 47/130-131 Hancock John Lee 26/127-128 Hayao Miyazaki 25/130-131 Hill Walter 12/132 Holofcener Nicole 32/129 Hughes Patrick 46/129 Daniels Lee 3/127-128 Dardenne Jean-Pierre 40/132 Dardenne Luc 40/132 De Angelis Edoardo50/130-131 Degruson Jeremy 32/130-131 Del Grande Gabriele45/130-131 Del Monte Peter 40/129 Desplechin Arnaud 46/127-128 DuVernay Ava 30/132 X Men: Days of Future Past 3/129 R INDICE DEI REGISTI I Iñarritu Alejandro Gonzáles 6/132 J Johnson Rian Jolie Angelina Jonze Spike Journey Duane 5/132 34/132 17/129 49/127-128 K Kafka John Klapisch Cédric Kloos Reinhard Knight Steven Kore-Eda Hirokazu 57/130-131 21/130-131 18/127-128 30/129 22/127-128 E L S A Saving Mr. Banks 26/127-128 Secret Life of Walter Mitty (The) 17/127-128 Selma30/132 Sex Tape 43/130-131 Shaun the Sheep Movie 35/132 Sin City: A Dame to Kill For 6/130-131 Soshite chichi ni naru22/127-128 Spiders63/127-128 Still Alice 49/132 Still Life 56/127-128 St. Vincent 10/132 Sur la piste du Marsupilami 20/132 Svecenikova djeca 43/132 Agugliano Antonio 45/130-131 Al Nassiry Khaled Soliman 45/130-131 Allen Woody 27/127-128 Amachoukeli Marie 20/130-131 Amelio Gianni 44/129 Amendola Claudio 32/130-131 Amini Hossein 37/130-131 Anderson Paul W.S.62/127-128 Andres Sean 46/132 Archambault Louise 48/132 Archibugi Francesca 28/132 Aronofsky Darren 6/129 Artale Enrico Maria 31/130-131 Astier Alexander 25/132 Eastwood Clint Edwards Gareth Elkabetz Ronit Elkabetz Shlomi Epstein Rob Faenza Roberto 56/127-128 Favreau Jon 28/130-131 Faxon Nat 59/130-131 Federici Alessio Maria 29/130-131 Ferlito Giuseppe 58/127-128 Ferrario Davide 24/130-131 Fickman Andy 60/130-131 Fincher David 52/132 Flanagan Mike 4/129 Fontaine Anne 55/132 Fonteyne Frédéric 54/127-128 Frears Stephen 2/127-128 Friedman Jeffrey 13/129 B Ball Wes Base Giulio Baumbach Noah Beattle Stuart Besson Luc Bianchi Diego Boone Josh 16/132 19/129 36/132 36/132 13/129 F T Tango Libre 54/127-128 Tarzan 3D 18/127-128 Theory of Everything (The) 45/132 Thor: The Dark World19/130-13 300: Rise of an Garrick Tim 13/130-131 Genovese Paolo 29/127-128, 53/132 Giva Max 53/130-131 Glatzer Richard 49/132 Goldsman Akiva 34/127-128 Gordon Green David40/130-131 Guzzanti Sabina 16/130-131 D X Railway Man (The) 22/130-131 RoboCop5/127-128 Bouchared Rachid 27/132 Bresan Vinko 43/132 Brill Steven 39/130-131, 43/130-131 Brizzi Fausto 54/132 Bruni Francesco 57/127-128 Burger Claire 20/130-131 Burger Neil 37/129 Burton Mark 35/132 10/130-131 9/129 33/130-131 15/127-128 42/130-131 47/129 4/130-131 G Gallienne Guillaume 42/129 Gans Christophe 38/127-128 33 LaGravenese Richard 19/132 Lando Enrico 35/129 Landon Christopher 20/127-128 Lawrence Francis 12/127-128 Lee Spike 8/127-128 Le guay Philippe 44/127-128 Leigh Mike 23/132 Leonetti John R. 12/130-131 Le Ny Anne 51/130-131 Longoni Angelo 59/127-128 Lord Phil 21/129 M MacFarlane Seth 17/130-131 Majewski Lech 27/129 Manetti Antonio 36/129 Manetti Marco 36/129 Manfio Sergio 18/129 Manfredonia Giulio 38/130-131 Maresco Franco 43/129 Marsh James 45/132 Martinelli Renzo 9/132 Martone Mario 2/130-131 Mazzacurati Carlo 2/129 McGehee Scott 50/132 McKay Chris 21/129 Film McQueen Steve Melfi Ted Mezzapesa Pippo Miller Christopher Miller Frank Mitton Paolo Miyazaki Hayao Morabito Antonio Moroni Vittorio Muccino Silvio Munzi Francesco Murphy Nick Murro Noam Muschietti Andres 19/127-128 10/132 12/129 21/129 6/130-131 42/132 24/132 39/129 35/130-131 4/132 26/130-131 17/132 14/127-128 21/132 N Nettelbeck Sandra 20/129 Nott Ben 56/130-131 Noyce Phllip 26/132 O O’Neill Morgan Oppenheimer Joshua Ozon François Özpetek Ferzan 56/130-131 52/130-131 50/127-128 31/127-128 P Padiha José 5/127-128 Parenti Neri18/130-131, 57/132 Pasquini Dania 53/130-131 Patierno Francesco 39/127-128 Pawlikowski Pawel 47/127-128 Payne Alexander 60/127-128 Peirce Kimberly 48/127-128 Percival Brian 33/127-128 Pfister Wally 34/130-131 Pignotta Gabriele 38/129 Pliquin John 14/132 Polanski Roman 23/127-128 Puenzo Lucía 40/129 R Rash Jim 59/130-131 Ratner Brett 30/130-131 Ravello Rolando 29/129 Reeves Matt 8/130-131 Ridley John 49/130-131 Risi Marco 51/132 Rodriguez Robert 6/130-131 Rose Bernard 55/127-128 Rubin Henry-Alex 36/127-128 Ruffini Paolo31/129, 15/130-131 Russell David O. 7/127-128 Russo Anthony 42/127-128 Russo Joe 42/127-128 Tutti i film della stagione Salvatores Gabriele 38/132 Scaglione Massimo 5/129 Scanlon Dan 55/130-131 Schaer Andréas G. 18/132 Scorsese Martin 16/127-128 Scott Ridley37/127-128, 32/132 Segal Peter 21/127-128 Shepard Richard 34/129 Siani Alessandro 58/132 Sibilia Sydney 10/127-128 Siegel David 50/132 Singer Bryan 3/129 Soderbergh Steven 9/127-128 Starzack Richard 35/132 Stassen Ben 32/130-131 Stiller Ben 17/127-128 Stromberg Robert 42/129 Zisk Craig Zucca Paolo INDICE DEGLI AUTORI A Angelucci Giulia 3/129, 31/129, 4/130-131, 32/130-131, 32/130131, 39/130-131, 54/130131, 55/130-131, 56/130-131, 57/130-131, 58/130-131, 59/ 130-131, 60/130-131, 3/132, 5/132, 9/132, 11/132, 12/132, 14/132, 17/132, 18/132, 19/132, 20/132, 21/132, 24/132, 27/132, 31/132, 51/132, 54/132 T Takács Tibor Taylor Alan 19/130-131 Taylor-Johnson Sam 8/132 Tempesta Manuela 4/129 Teplitzky Jonathan 22/130-131 Theis Samuel 20/130-131 Tirard Laurent 31/132 Tonderai Marc 30/127-128 Turteltaub Jon 35/127-128 Turturro John 16/129 Tyldum Morten 2/132 B Barteri Veronica 5/127-128, 9/ 127-128, 15/127-128, 17/127128, 43/127-128, 51/127-128, 61/127-128, 14/130-131, 23/ 130-131, 24/130-131, 30/130131, 46/130-131, 47/130-131, 50/130-131, 53/130-131, 10/ 132, 23/132, 36/132, 53/132, 58/132 Bartoni Elena 3/127-128, 10/127128, 12/127-128, 21/127-128, 27/127-128, 29/127-128, 30/ 127-128, 31/127-128, 48/127128, 44/127-128, 52/127128, 14/129, 17/129, 44/129, 21/130-131, 43/130-131, 28/ 132, 34/132, 38/132, 40/132, 41/132, 46/132 V Vallée Jean-Marc 52/27-128 Van Groeningen Felix 8/129 Vanier Nicolas 51/127-128 Vanzina Carlo 19/129 Veltroni Walter 4/127-128 Verdone Carlo 61/127-128 Veronesi Giovanni 43/127-128 Vicentini Orgnani Ferdinando 36/130-131 D V Virzì Paolo Vromen Ariel 33/129 3/130-131 Dell’Aquila Marianna 3/130-131 Di Giorgio Davide 61/132, 62/ 132, 63/132 7/130-131 33/132 G W Warchus Matthew 41/132 Webb Marc 12/129 Wedge Chris 3/132 Wells John 25/127-128 Westmoreland Wash 49/132 Giovanna Barreca 64/132 Giovannini Cristina 37/127-128 Grasselli Silvio 6/129, 34/130131, 4/132, 26/132, 42/132, 43/132, 48/132, 50/132, 60/ 132 Y M Yoon-Suk Choi 57/130-131 S Z Salemme Vincenzo 23/130-131 Zarantonello Jonathan 58/130-131 Mandolini Elena 18/127-128, 34/127-128, 39/127-128, 42/ 127-128, 55/127-128, 56/127128, 58/127-128, 59/127-128, 60/127-128, 62/127-128, 4/ 129, 5/129, 9/129, 10/129, 34 12/129, 13/129, 38/129, 39/ 129, 40/129, 42/129, 47/129, 8/130-131, 10/130-131, 12/ 130-131, 15/130-131, 18/130131, 20/130-131, 22/130-131, 28/130-131, 29/130-131, 31/ 130-131, 35/130-131, 36/130131, 38/130-131, 40/130-131, 51/130-131, 2/132, 8/132, 13/132, 35/132, 45/132 Moresco Fabrizio 2/127-128, 7/ 127-128, 8/127-128, 14/127128, 19/127-128, 22/127128, 23/127-128, 25/127-128, 32/127-128, 33/127-128, 35/ 127-128, 38/127-128, 47/127128, 50/127-128, 56/127-128, 57/127-128, 2/129, 8/129, 16/129, 20/129, 30/129, 34/ 129, 43/129, 43/129, 2/130131, 7/130-131, 16/130-131, 26/130-131, 45/130-131, 52/ 130-131, 6/132, 16/132, 32/ 132, 49/132, 55/132 Mosco Giorgio Federico46/129, 6/130-131, 17/130-131, 33/ 130-131, 37/130-131, 42/130131, 49/130-131, 25/132, 30/132, 33/132, 52/132, 57/ 132 P Piano Francesca 13/130-131, 19/130-131, 25/130-131, 41/ 130-131 S Sonno Enrico 4/127-128, 16/ 127-128, 20/127-128, 26/127128, 36/127-128, 46/127-128, 48/127-128, 49/127-128, 54/ 127-128, 63/127-128, 4/129, 12/129, 27/129, 28/129, 32/ 129, 33/129, 34/129, 37/129, 40/129 V Vergerio Flavio 62/130-131, 60/ 132, 62/132 TUTTO FESTIVAL A Pesaro 2014 Venezia 2014 62/130-131 68/132 Film Tutti i film della stagione MIA MADRE Italia, Germania, Francia, 2015 Regia: Nanni Moretti Produzione: Nanni Moretti, Domenico Procacci, Jean Labadie per Sacher Film, Fandango, Le Pacte, Rai Cinema, Arte France Cinéma Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 16-4-2015; Milano 16-4-2015) Soggetto: Gaia Manzini, Nanni Moretti, Valia Santella, Chiara Valerio Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Valia Santella Direttore della fotografia: Arnaldo Catinari Montaggio: Clelio Benevento Scenografia: Paola Bizzari M argherita, regista di successo anche se in crisi creativa, è alle prese, come se non bastasse il suo abituale stato di nevrosi, con una serie di problemi: la direzione del suo film molto impegnato e dal tema particolarmente attuale e doloroso, cioè la rivolta degli operai di una fabbrica che sta diventando di proprietà straniera con le relative conseguenze di tagli e licenziamenti; la gestione del suo protagonista americano, Barry Huggins, capriccioso e inconcludente che alla fine svelerà anche lui i suoi problemi; le difficoltà di rapporto con la figlia adolescente (vive con il padre da cui Margherita è separata); la fine amara e quasi senza motivo del suo ultimo rapporto sentimentale; la malattia di sua madre Ada, ex insegnante di latino e greco nei licei (e maestra illuminata a casa con la sua amatissima nipote), ora ricoverata in ospedale con una brutta crisi cardiorespiratoria che non fa presagire niente di buono. Margherita è aiutata da suo fratello Giovanni, ingegnere, che ha rinunciato al suo lavoro per dedicarsi completamente all’assistenza di sua madre e da cui lei si sente molto sostenuta affettuosamente e praticamente nell’affrontare i suoi problemi quotidiani professionali e affettivi e soprattutto, la situazione dolorosissima della malattia di Ada. Le giornate di Margherita proseguono convulsamente, soprattutto perché lei non riesce a tenere il filo degli eventi sotto controllo, a cominciare dal suo film, la cui lavorazione è sempre più ardua per le continue defaillances del divo americano che le è stato affidato sul set. Sua madre sta sempre peggio, Giovanni cerca di farglielo capire, ma il Costumi: Valentina Taviani Interpreti: Margherita Buy (Margherita), John Turturro (Barry Huggins), Giulia Lazzarini (Ada), Nanni Moretti (Giovanni), Beatrice Mancini (Livia), Stefano Abbati (Federico), Enrico Ianniello (Vittorio), Anna Bellato (Attrice), Tony Laudadio (Produttore), Lorenzo Gioelli (Interprete), Pietro Ragusa (Aiuto regista), Tatiana Lepore (Segretaria di edizione), Monica Scamassa (Medico), Vanessa Scalera (Infermiera), Davide Iacopini (Impiegato Elgi), Rossana Mortara (Ex alunna), Antonio Zavatteri (Ex alunno), Camilla Semino Favro (Margherita giovane), Domenico Diele (Giorgio), Renato Scarpa (Luciano) Durata: 106’ dolore di questa perdita che si sta avvicinando è per Margherita davvero troppo grande e non sa come prepararsi ad affrontarla; è afflitta da incubi notturni che insieme ai suoi ricordi, pur belli, della sua giovinezza con sua madre, non l’aiutano a mantenere la padronanza delle proprie giornate. Alla fine Ada muore; per Margherita e Giovanni il dolore è immenso, confuso e coperto dai gesti e dalle azioni obbligatorie che si compiono in situazioni di questo genere. Restano i libri di Ada a testimoniare una vita intensa di passione e cultura e che Giovanni e Margherita sfiorano con le mani per ravvivare e fortificare contemporaneamente i ricordi chiedendosi entrambi cosa possa restare di tutto questo. oretti ha smesso da tempo di occuparsi del disagio della sua generazione, della conflittualità dei rapporti con la famiglia e della impossibilità di raggiungere con l’amicizia e l’amore quell’assoluto totalizzante sempre ricercato come irrinunciabile e incorruttibile scelta morale. Ora è come se avesse trasformato la sua rabbiosa ricerca degli anni giovanili in solitudine, consapevole che la dimensione che più gli si adatta da qualche anno è di accettare in pieno le proprie contraddizioni, la propria inidoneità, la propria inadeguatezza. Di tutto questo, però, Moretti ha paura come se potesse consolidarsi nella costituzione ufficiale di un fallimento, oppure perché rappresenta già di per sé la constatazione di una sofferenza, troppo forte da gestire, troppo gravosa da sopportare. Qualè la via d’uscita, o almeno il modo M 35 per esorcizzare questa situazione perché non si tramuti nella sterilità di uno stallo improduttivo? Lo sdoppiamento, per tenere lontano da sé questo se stesso che fa soffrire e all’occasione metterlo da parte. Già in Habemus Papam abbiamo visto Moretti sdoppiarsi nella figura del papa eletto che rappresentava il massimo dell’incapacità, il culmine malinconico del tradimento di una persona priva ormai di ogni certezza e in quella dello psicoanalista del tutto inidoneo (anche lui!) ad aiutare questo papa in pectore a tal punto intimorito e che papa non voleva proprio essere. Qui è lo stesso, anzi lo stratagemma ha fatto un passo in avanti perché il tema è ancora più atroce, la perdita della madre, di fronte a cui Moretti non è proprio in grado di costituirsi come personaggio e allora lo sdoppia affidando se stesso alla sua alter ego, la regista Margherita, la dolcissima Margherita Buy, ormai la prima delle nostre attrici, grande nell’esprimere quelle angosce struggenti, quelle incompletezze e quelle paure, compagne del male di vivere di tutti noi. Dicevamo un passo in avanti perché la regista, in ossequio ai canoni recitativi dell’impostazione brechtiana, raccomanda in continuazione ai suoi attori di non immedesimarsi nel personaggio ma di recitare “standogli a fianco”, cosa che neanche lei sa bene in fin dei conti cosa voglia dire... È la soluzione bella e fatta per Moretti che si mette a fianco di Margherita per caricarle il fardello di tutte le sue ingestibili pene riservando per sè quelle del fratello Giovanni che “insegna” alla sorella come contenere la sofferenza in una distanza affettuosa e rarefatta, resa così più fattibile da sopportare. Film Naturalmente stiamo parlando di un film, di un film di Moretti per di più, che è impossibile catalogare in facili spazi psicoanalitici e nella linitatezza di aspetti solo intimistici. È un film e Moretti ha piacere di farlo il cinema: impossibile quindi non ricordare in occasione della conferenza stampa in cui Tutti i film della stagione Margherita presenta le linee fondamentali di quello che dovrà essere la sua pellicola, la conferenza stampa felliniana (8 1/2) in cui il povero Marcello oppresso dalle insistenti ottusità dei giornalisti è tentato addirittura di uccidersi con un colpo di pistola; lì un angoscioso senso di morte tocca il suo acme alla fine di un percorso di sterilità, prima che Marcello rivaluti il significato dell’esistenza riconducibile alla forza e all’incanto di una festa; qui, gli anni sono passati, una regista in crisi professionale e personale non pensa più di uccidersi ma resta annichilita, in una statuarietà mortuaria d’impossibilità a esprimersi e rispondere che conferisce alle inquadrature del film di oggi un non minore senso di disumana sofferenza. Ancora un altro tributo allo spettacolo (senza dimenticare la parte ingrata e difficile che Turturro porta avanti con intelligente e sensibile abnegazione) è costituito dal ruolo della madre affidato a Giulia Lazzarini, una delle grandi interpreti del nostro grande teatro da Strehler a Ronconi, davvero un asso tirato fuori dal cilindro di Moretti (per questo è un grande uomo di spettacolo non solo nel mettere su uno schermo l’espressione del disagio esistenziale): la concentrazione professionale di questa attrice unita alla sua emotività dolcissima, spezzettata da scoppi d’impeto e di umana disperazione è stato un grande regalo per chi considera la parola “stile” una costante obbligatoria e consapevole per tutti coloro che occupano uno spazio nel mondo dell’arte scenica. Fabrizio Moresco HUNGER GAMES – IL CANTO DELLA RIVOLTA – PARTE 1 (The Hunger Games – Mockingjay – Part 1) Stati Uniti, 2014 Regia: Francis Lawrence Produzione: Color Force, Lionsgate Distribuzione: Universal Pictures Intenational Prima: (Roma 20-11-2014; Milano 20-11-2014) Soggetto: dal romanzo di Suzanne Collins Sceneggiatura: Peter Craig, Danny Strong Direttore della fotografia: Jo Willems Montaggio: Mark Yoshikawa, Alan Edward Bell Musiche: James Newton Howard Scenografia: Philip Messina Costumi: Kurt Swanson, Bart Mueller Effetti: Rising Sun Pictures, Double Negative, Gentle Giant Studios Inc. Interpreti: Jennifer Lawrence (Katniss Everdeen), Josh L a fortunatissima saga di Hunger Games è arrivata al suo capitolo finale, o meglio alla prima parte del suo epilogo. Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte I comincia da dove si era interrotto il film precedente. Katniss Everdeen si risveglia dopo essere stata prelevata in stato di semi incoscienza nel Distretto 13 Hutcherson (Peeta Mellark), Liam Hemsworth (Gale Hawthorne), Woody Harrelson (Haymitch Abernathy), Elizabeth Banks (Effie Trinket), Julianne Moore (Presidente Alma Coin), Philip Seymour Hoffman (Plutarch Heavensbee), Jeffrey Wright (Beetee), Sam Claflin (Finnick Odair), Jena Malone (Johanna Mason), Stanley Tucci (Caesar Flickerman), Donald Sutherland (Presidente Snow), Toby Jones (Claudius Templesmith), Willow Shields (Primrose Everdeen), Wes Chatham (Castor), Natalie Dormer (Cressida),Gwendoline Christie (Comandante Lyme), Robert Knepper (Antonius), Michelle Forbes (Tenente Jackson), Stef Dawson (Annie Cresta), Mahershalalhashbaz Ali (Boggs), Elden Henson (Pollux), Evan Ross (Messalla), Patina Miller (Comandante Paylor) Durata: 123’ dopo aver annientato per sempre i Giochi. Ma la lotta per la sopravvivenza va intensificandosi, Katniss si è risvegliata in un mondo sconvolgente: il Distretto 13, centro della resistenza e della ribellione, è un luogo oscuro, sotterraneo, in apparenza raso al suolo. La ragazza viene nominata da Plutarch Heavensbee, esperto in comunicazione, e dalla Presidente 36 del Distretto Alma Coin come simbolo della ribellione ma, la Ghiandaia Imitatrice rifiuta l’offerta perché ancora scossa dagli ultimi eventi. La presidentessa Coin decide di lasciare tempo a Katiniss per decidere di accettare la proposta di rappresentare i ribelli. Poi, su consiglio di Plutarch, la spedisce nel Distretto 12 che è stato trasformato in macerie. La Film ragazza rimane scioccata dalla visione della devastazione dopo l’attacco di Capitol City. Si reca nella sua casa rimasta intatta e, dopo aver recuperato alcuni oggetti e Ranuncolo, il gatto della sorella, Katniss torna al Distretto 14 dove quella sera viene trasmesso uno speciale di Capitol City in cui appare Peeta. Quando il ragazzo chiede un “cessate il fuoco” durante un’intervista con Caesar Flickerman, Katniss capisce che la gente del 13 lo considera ormai una marionetta nelle mani del Presidente Snow. Quella notte Katniss si confida con la sorellina Prim che le consiglia di accettare il ruolo di Ghiandaia Imitatrice. Il mattino dopo, la ragazza comunica al comando che accetta il ruolo a patto che a tutti i vincitori degli Hunger Games catturati da Capitol City, quindi Peeta e Annie, la ragazza di Finnick Odair, venga concessa la libertà e l’immunità una volta terminata la rivoluzione. Dopo aver concluso gli accordi, Katniss si dichiara disponibile a girare dei video di propaganda da trasmettere per incoraggiare i ribelli a unire le forze. Ma Katniss si rivela una pessima attrice e i video risultano poco convincenti. Interviene il suo vecchio amico Haymitch che sostiene che per avere dei video validi la Ghiandaia Imitatrice deve essere se stessa e non seguire un copione. Katniss si reca quindi nel Distretto 8 insieme a una troupe per fare un video al fine di incitare i Distretti alla rivolta. Katniss si reca anche in un ospedale per visitare i feriti sopravvissuti ai bombardamenti, ma, una volta fuori, viene colpita da un’ondata di bombardieri. Insieme al fedele amico Gale, la ragazza riesce ad abbatterne alcuni. Appena terminate le ondate, Katniss viene ripresa mentre pronuncia un messaggio per il Presidente Snow: “Se noi bruciamo, voi bruciate con noi”. Passano i giorni e Katniss gira nuovi video mentre i ribelli degli altri Distretti attaccano le dighe di Capitol City . Quando la diga viene abbattuta, Capitol City sprofonda nel buio e i ribelli riescono a entrare nelle frequenze della città e a diffondere i video. Intanto Peeta compare con un nuovo messaggio dicendo che Capitol City attaccherà il Distretto 13 con le bombe. Tutti gli abitanti si rifugiano più in basso possibile. Katniss e la troupe escono fuori per registrare un messaggio ma, appena usciti, vedono nel terreno distrutto migliaia di rose bianche. Katniss si rifiuta di girare il messaggio avendo capito che se lei sarà la Ghiandaia Imitatrice, il Presidente Snow ucciderà Peeta. Senza avvisare Katniss, una squadra viene mandata a recuperare Peeta, Johanna e An- Tutti i film della stagione nie, tenendo Capitol City intenta a guardare gli schermi televisivi mentre Finnick rivela alcuni segreti. Il ragazzo dice che il vincitore degli Hunger Games sarà sempre un pupazzo di Capitol City. Intanto i ribelli salvano gli ex vincitori senza difficoltà. Ma il Presidente Snow appare a Katniss in un video e le dice che saranno proprio le cose che ama di più ad annientarla. E infatti, al ritorno dei ribelli con i vincitori, si scopre che Capitol City ha torturato Peeta con un procedimento detto ‘depistaggio’, una specie di lavaggio del cervello per cui il giovane è ora convinto che il nemico sia Katniss e, quando lei gli si avvicina per abbracciarlo, tenta di ucciderla. Intanto, la Presidente Coin annuncia a tutti i ribelli che, con gli ex vincitori dalla loro parte, sono pronti all’attacco a Capitol City. essun ‘gioco’, nessuna arena spettacolare, nessun costume scintillante di scena, solo guerra, devastazione, ordine militarista: questo è quello che emerge fin dalla prime scene di questa prima parte del cupo capitolo finale di Hunger Games, adattamento del terzo e ultimo romanzo di Suzanne Collins diretto ancora da Francis Lawrence, Hunger Games: Il canto della rivolta. Questa volta la posta in gioco è ancora più alta, è il mondo intero: la minaccia d’oppressione invade Panem. Per l’eroina Katniss è giunto il momento di diventare una vera leader, ora può combattere per ottenere giustizia e il ruolo che deve assumere è quello di Ghiandaia Imitatrice. Il mondo in cui si muove è il Distretto 13, dove tutto è misterioso e sotterraneo. Il suo ruolo comporta pesanti responsabilità, come apparire in video di propaganda per spronare la gente a unirsi alla ribellione. Ed è proprio questo il vero fulcro del film, anzi dell’intersa saga che qui mostra il suo vero volto. Il mondo distopico dipinto in questo capitolo infatti si accentra attorno al tema forte della ribellione a un regime dittatoriale: la lotta qui passa, non più per lo show televisivo, ma attraverso il video di propaganda. Non è un caso che la troupe che gira i video che vedono Katniss protagonista (un’eroina che qui, ancor più che nei film precedenti, simboleggia la rabbia, la volontà di ribellione contro ogni forma di coercizione e condizionamento) sia rappresentata in tutto e per tutto come un gruppo militare. Tra scenari di devastazione post-apocalittici e città rase al suolo (tanti i rimandi alla storia reale, la devastazione e i mucchi di ossa non possono non richiamare alla mente l’orrore dell’Olocausto della secon- N 37 da guerra mondiale) viene letteralmente costruita ‘la strategia di una ribellione’. I richiami alla realtà delle nostre guerre vicine e lontane sono più che evidenti, come fortemente presente è il tema di grande attualità della manipolazione della realtà attraverso i media (e della distanza tra la realtà e una sua presunta rappresentazione), qui chiaro in tutta l’operazione di propaganda bellica. È proprio qui che risiede la parte più interessante del film: un gioco di rispecchiamenti efficace, un sottile lavoro di rimandi. Quando l’eroina viene preparata e messa su un set per girare i video propagandistici, è il cinema che butta giù la maschera, cioè la fabbrica di miti per antonomasia (e la parabola della diva Lawrence ne è un chiaro esempio) fa vedere come si costruiscono questi miti, mettendo Katniss in un set a pronunciare battute che suonano come frasi di lancio (per di più vestita da Ghiandaia Imitatrice come in tutta la campagna di marketing del film). Katniss è un’arma di persuasione di massa così come lo è Peeta per la parte opposta, quella del Presidente Snow. Tra i punti a favore del film c’è il cast stellare: oltre a una Jennifer Lawrence in gran forma, sono da segnalare la grande prova della new entry Julianne Moore nei panni della presidente Coin e la presenza di un immenso Philip Seymour Hoffman (il film è dedicato alla sua memoria) nel ruolo di Plutarch Heavensbee, lui si capace di infondere un giusto tocco di sottile ironia alle tirate del suo personaggio sulla necessità dei compromessi e sulla potenza della propaganda mediatica. Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte I è il film della svolta, capace di far cambiare forma a una trilogia letteraria trasformandola in quadrilogia, secondo una logica diventata di gran moda tra le saghe di successo: moltiplicare, sdoppiare, allungare il brodo, dividendo in due parti gli ultimi capitoli cinematografici tratti da fenomeni letterari di grande presa (ricordiamo solo i due ultimi, e poco riusciti, film di The Twilight Saga: Breaking Dawn e il settimo e ultimo capitolo di Harry Potter e i doni della morte diviso anch’esso in due pellicole). Peccato che la strategia della moltiplicazione degli incassi tronchi la prima parte di Hunger Games: Il canto della rivolta proprio sul più bello. Ma d’altronde che saga sarebbe se non si lasciasse lo spettatore desideroso di vedere quello che succede nel definitivo capitolo successivo? L’attesa per l’infuocato finale è fissata per novembre 2015. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione UNA PROMESSA (Une Promesse) Belgio, Francia, 2013 Regia: Patrice Leconte Produzione: Fidélité Films, in associazione con Wild Bunch, in copruduzione con Scope Pictures Distribuzione: Officine Ubu Prima: (Roma 2-10-2014; Milano 2-10-2014) Soggetto: dal romanzo “Il viaggio nel passato” di Stefan Zweig Sceneggiatura: Jérôme Tonnere, Patrice Leconte Direttore della fotografia: Eduardo Serra Montaggio: Joëlle Hache Musiche: Gabriel Yared 1 912 Germania. Friedrich Zeitz, un giovane laureato in chimica ma di origini umili viene assunto come impiegato in un’acciaieria. Colpito dalla sua preparazione ed efficienza, il proprietario, Karl Hoffmeister, lo promuove a segretario personale. Poco tempo dopo, a causa dell’età avanzata e della salute precaria, il proprietario inizia a lavorare da casa facendo trasferire anche il giovane segretario. Lì Friedrick incontra la moglie del suo datore di lavoro, Lotte, una donna bella e molto più giovane. I coniugi Hoffmeister hanno anche un figlio, il piccolo Otto. Con il passare del tempo, Friedrich s’innamora appassionatamente di Lotte ma non osa rivelare i suoi sentimenti. Nella casa s’insinua così un intrigo romantico fatto di sguardi e silenzi, senza che trapeli mai un gesto. Friedrick, inoltre, tiene lezioni private per Otto. Il giovane segretario si trova costretto, a causa della salute precaria del suo datore di lavoro, ad accompagnare Lotte in diverse occasioni: al luna-park insieme a Otto o a una serata al teatro dell’opera. Quando il proprietario annuncia la sua intenzione di mandare il giovane segretario in Messico per gestire le sue miniere, la reazione scioccata della moglie rivela a Friedrich che anche lei è segretamente innamorata. Solo ora Lotte gli rivela apertamente di non poter vivere senza di lui. Il giovane promette alla donna e al figlio che tornerà. Durante l’ultima cena, la sera prima della sua partenza Friedrick propone alla donna di andare con lui, ma Lotte risponde che sarebbe una follia. Al momento della partenza però, Lotte fa a Friedrich una promessa: al suo ritorno, dopo due anni trascorsi in Messico, sarà sua. Separati dall’oceano, i due si scambiano lettere appassionate attendendo di rivedersi. Ma, alla vigilia del ritorno Scenografia: Ivan Maussion Costumi: Pascaline Chavanne Interpreti: Rebecca Hall (Lotte Hoffmeister), Alan Rickman (Karl Hoffmeister), Richard Madden (Friedrich Zeitz), Toby Murray (Otto Hoffmeister), Maggie Steed (Frau Hermann), Shannon Tarbet (Anna), Jean-Louis Sbille (Hans), Christelle Cornil (Impiegata ufficio postale), Sarah Messens (Magda), Jonathan Sawdon (Ingegnere), Caroline Donnelly (Signora del Luna Park), Peter Kern (Fotografo del Luna Park) Durata: 98’ dell’uomo in Germania, nel 1914, scoppia la prima guerra mondiale. Tutte le linee marittime fra Europa e Sudamerica vengono sospese, come i servizi postali. Lotte si reca più volte all’ufficio postale disperata: le sue lettere tornano tutte indietro e non ha più notizie di Friedrich. Intanto le condizioni di salute di Karl peggiorano. Sul letto di morte, l’uomo confessa alla moglie di aver capito il suo amore per Friedrich e di essere stato sempre consapevole di non poterle impedire di amare il suo giovane segretario. Dopo la morte del marito, per Lotte, distrutta dalla perdita, è sempre più difficile andare avanti. Otto anni dopo, Friedrich torna finalmente in patria e bussa alla porta della donna. Il loro amore sarà ancora vivo? I due si prendono del tempo per stare insieme e per capire se il loro sentimento si sia raffreddato. Friedrich e Lotte affittano una camera d’albergo, ma, dopo aver aperto la porta della stanza e aver visto il letto disfatto, decidono di uscire e passeggiare. I due si sentono a disagio e fuori luogo, come se il loro desiderio fosse stato troppo a lungo sospeso. Finché un giorno, Friedrich dice alla donna di essere consapevole del tempo che ci è voluto per ritrovarsi, poi, finalmente, la bacia promettendole che non la lascerà mai più. na promessa d’amore. Segreta, sussurrata, eterna, inviolabile. L’ultimo film di Patrice Leconte è un’intensa e struggente storia d’amore, un melodramma classico ma, allo stesso tempo, moderno su un amore impossibile messo alla dura prova da un matrimonio, da una separazione forzata, da una guerra, dallo scorrere del tempo. Solo la delicata e intelligente mano di Leconte poteva mettere mano a un roman- U 38 zo importante come “Il viaggio nel passato” di Stefan Zweig e tessere per il grande schermo un ricamo finissimo (con il tocco speciale di un finale aperto, meno cupo e disilluso rispetto al libro). Con l’ausilio di Jérôme Tonnerre, amico e collaboratore alla sceneggiatura del regista francese, Leconte scandaglia a fondo il significato della parola “desiderio” prima che quella di “amore”. Un desiderio così forte che i due protagonisti non possono esprimere, chiusi in un’opprimente interno borghese, con un capofamiglia dal cuore (non a caso) malato ma capace di intuire quello che sta accadendo sotto i suoi occhi. Una storia di attesa amorosa (spesso più bella dell’amore consumato) che sussurra, suggerisce, evitando di far concretizzare la passione attraverso scene bellissime in cui vengono mostrati piccoli gesti senza bisogno di troppe parole (una per tutte, il giovane innamorato che si inebria del profumo della donna soltanto annusando i tasti del pianoforte che l’amata ha appena suonato). Un sentimento forte, diluito nel tempo, nascosto nei meandri dell’animo, tra le pieghe di una pesante sottogonna o nel tocco impercettibile di uno sfiorarsi furtivo, dietro uno sguardo che indugia qualche secondo di troppo sull’altro. Perfetta la scelta dei tre protagonisti, tre attori inglesi (questo è il primo film girato in lingua inglese da Leconte) di grande fascino come Alan Rickman, Rebecca Hall e Richard Madden, bravissimi nel dare corpo a tre anime prigioniere di quella che può essere definita una “follia”: dichiarare il proprio amore con la promessa di viverlo solo successivamente. Un film su un sentimento che non cade però nelle trappole del sentimentalismo e proprio per questo di grande modernità. Come in suoi precedenti ‘gioielli’ (un titolo Film su tutti La ragazza sul ponte) ancora una volta il maestro francese obbliga i suoi personaggi a celare le emozioni, trattenere le passioni e sottoporsi al crudele gioco del desiderio sospeso. “Incalzante, intenso, sensuale”, sono i tre aggettivi usati dal regista nelle sue note per definire in breve il suo film. Un’opera dal ritmo piano, ma allo stesso tempo vertiginoso, definito da una messa in scena perfetta dove tutto (ambientazioni, luci, costumi, musiche) contribuisce a restituire l’intensità di una vibrazione segreta e taciuta ma potentissima. Un film molto sensuale perché, sono parole del regista, “parla del desiderio di chi ama”. “Amare senza sapere se si sarà ricambiati, sognare senza poter esprimere il proprio sogno, filmare il desiderio” perché questa è l’aspirazione, il fine dichiarato del cinema del regista francese, insuperabile quando si tratta di evocare e lasciare quasi tutto all’immaginazione. Tutti i film della stagione Perché questa è la quintessenza vera di un’arte che ha da sempre lo scopo di alimentare sogni e perché sono pochi i cineasti capaci, come Leconte, di fare ancora un cinema che restituisca la voglia e il piacere di sognare. Elena Bartoni RITORNO AL MARIGOLD HOTEL (The Second Best Exotic Marigold Hotel) Gran Bretagna, Stati Uniti, 2015 Regia: John Madden Produzione: Blueprint Pictures, Participant Media Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 30-4-2015; Milano 30-4-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Ol Parker Direttore della fotografia: Ben Smithard Montaggio: Victoria Boydell Musiche: Thomas Newman Scenografia: Martin Childs Costumi: Louise Stjernsward Effetti: Thomas Proctor, Double Negative S onny pensa di ampliare il suo Marigold Hotel acquisendo la proprietà di un secondo albergo; il Marigold infatti non è più in grado di aumentare il numero dei clienti, in quanto i suoi ospiti affezionati gli sono così affezionati che non lo abbandonano più, considerando le sue stanze un po’ retrò le più adatte per trascorrere gli ultimi anni di una serena vecchiaia. Per ottenere il finanziamento per questa maxi operazione Sonny, accompagnato da Muriel, co-manager dell’hotel, è volato negli Stati Uniti per proporre l’affare a una compagnia finanziaria che ha promesso il proprio interesse, previo rapporto di un ispettore che, in incognito, prima o poi arriverà al Marigold. Interpreti: Judi Dench (Evelyn Greenslade), Maggie Smith (Muriel Donnelly), Bill Nighy (Douglas Ainslie), Dev Patel (Sonny Kapoor), Celia Imrie (Madge Hardcastle), Penelope Wilton (Jean Ainslie), Ronald Pickup (Norman Cousins), David Strathairn (Ty Burley), Richard Gere (Guy), Tamsin Greig (Lavinia), Tena Desae (Sunaina), Lillete Dubey (Sig.ra Kapoor), Diana Hardcastle (Carol), Shazad Latif (Kushal Kadania), Danny Mahoney (Chet), Avijit Dutt (Nimish), Rajesh Tailang (Babul), Christy Meyer (Jasmine) Durata: 122’ Contemporaneamente al suo sogno di espansione imprenditoriale, Sonny deve occuparsi dell’organizzazione della sua festa di matrimonio con Sunaine, la fidanzata storica amata da sempre. Naturalmente c’è subito un intoppo a tutto questo: la presenza di Kushal, baldo e ricco giovane che non solo acquisisce dalla sera alla mattina la proprietà della nuova residenza grazie ai soldi di famiglia, ma è anche un gran ballerino, simpatico e seducente a cui Sunaine potrebbe non essere indifferente. Questa l’ossatura della storia che si divide e si suddivide in tanti rivoli quanti sono gli ospiti del Marigold: Douglas non riesce a dichiararsi a Emily che, nonostante la sua età, accetta un lavoro di 39 rappresentanza di tessuti, materia di cui è maestra, forse proprio per vederci chiaro e raffreddare la situazione col suo pretendente; Madge non sa quale dei suoi due ricchi corteggiatori scegliere e si dirige poi sul simpaticissimo tassista sempre al suo servizio; Norman e Carol sono in piena crisi e non sanno come gestire il loro bisogno di stare insieme e le reciproche scappatelle; naturalmente domina su tutto e tutti l’esperienza, la simpatia e il sarcasmo della vecchia Muriel, la decana del Marigold che conosce a fondo i segreti e la vita degli ospiti dell’albergo. A complicare le cose, ma poi non tanto, giunge il misterioso Guy Chambers, scrittore al primo romanzo lui dice, in realtà proprio l’ispettore della compagnia Film finanziatrice inviato per studiare la situazione del Marigold e riferire. Succede che Guy, innamoratosi perdutamente della madre di Sonny dia le dimissioni dal suo ruolo ispettivo, che Sonny possa realizzare i suoi desideri di imprenditore comprando, grazie ai finanziatori americani, un club nelle vicinanze e che il matrimonio con Sunaine avvenga finalmente con tutto lo sfarzo possibile. rmai il cinema ci ha abituati a operazioni del genere di cui gli americani con i loro capitali e la loro forza organizzatrice sono maestri; la base intanto: la terza età, negletta, dimenticata e accantonata per decenni in ruoli angusti di vecchi veri e basta, ora alla ribalta commerciale come la fascia che O Tutti i film della stagione può, se può, consapevolmente spendere e divertirsi per godersi gli anni che restano. In contrapposizione e insieme una storia di giovani che si amano ma forse no, si desiderano ma forse no, insomma si innamorano come Goldoni, Shakespeare e i commediografi latini hanno già detto e da tempo approfondito. Su questo e dietro a questo, un film già di successo, il primo Marigold, dedicato al gossip sentimentale e ai revival d’amore, dove drammi e problemi si annacquavano nelle più svariate soluzioni del lieto fine. L’ambientazione si ritaglia poi una gran parte nell’unire gli ultimi bagliori dell’India misteriosa, si intravede una stanca mucca pascolare in mezzo alla strada e un elefante passeggiare annoiato in lontananza, con i colori dei costumi e della tradizione inseriti nei fuochi d’artificio di una Bollywood che più smagliante non si può. Poi gli attori, tutti d’età, tutti di grande accademia, tutti a sciorinare le tecniche e i modi perfetti di porgersi e di incrociarsi sulla scena, dalla Dench alla Smith con la compagnia di Richard Gere, forse in vacanza da quelle parti. Risultato? Una furbata commerciale che potevano fare a meno di propinarci anche perché, ormai dovrebbero averlo imparato tutti, è facile che dopo un successo velato di originalità la ripresa sia piuttosto fiacca, scontata, inutile, sdolcinata e quello che sembrava interessante nel primo film ora rappresennti il risultato di una imperturbabile noiosità Fabrizio Moresco SILS MARIA (Sils Maria) Svizzera, Germania, Francia, Stati Uniti, 2014 Regia: Olivier Assayas Produzione: Cab Productions, CG Cinéma, Pallas Film, Vortex Sutra, Arte France Cinéma, Ezekiel Production Distribuzione: Good Films Prima: (Roma 6-11-2014; Milano 6-11-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Olivier Assayas Direttore della fotografia: Yorick Le Saux Montaggio: Marion Monnier Scenografia: François-Renaud Labarthe Costumi: Jürgen Doering Effetti: Mikael Tanguy Interpreti: Juliette Binoche (Maria Enders), Kristen Stewart M aria Enders è un’attrice famosa, sta raggiungendo Zurigo in treno con la sua assistente Valentine per ritirare un premio che gli sarà consegnato da Melchior, regista e drammaturgo altrettanto famoso che l’ha consacrata al successo vent’anni prima: Maria ha infatti interpretato nell’opera di lui “Maloja Snake” la parte di Sigrid, ragazza affascinante che seduce Helena, manager dell’azienda in cui lavora, portandola al suicidio. Durante il viaggio Maria viene avvisata che Melchior è morto improvvisamente per un infarto; dopo il primo smarrimento lei è convinta da Valentine a proseguire per la loro destinazione e ritirare ugualmente il prstigioso riconoscimento. A Zurigo l’attrice incontra il regista Klaus Diesterweg che ha intenzione di mettere in scena ancora “Maloja Snake” (Valentine), Chloë Grace Moretz (Jo-Ann Ellis), Lars Eidinger (Klaus Diesterweg), Johnny Flynn (Christopher Giles), Angela Winkler (Rosa Melchior), Hanns Zischler (Henryk Wald), Aljoscha Stadelmann (Urs Kobler), Luise Berndt (Assistente di Urs), Gilles Tschudi (Borgomastro di Zurigo), Benoït Peverelli (Berndt), Brady Corbet (Piers Roaldson), Claire Tran (Nuova assistente di Maria), Stuart Manashil (Agente di Maria), Peter Farkas (Giornalista), Nora von Waldstätten (Attrice film supereroe), Ricardia Bramley (Conduttrice Talk-show), Caroline De Maigret (Agente stampa), Arnold Giamara (Concierge a Waldhaus), Ben Posener (Giornalista), Sean McDonagh (Assistente teatrale) Durata: 124’ affidandole questa volta la parte di Helena mentre Sigrid sarà interpretata da JoAnn Ellis, giovanissima star emergente che ha raggiunto la fama con i blockbuster stellari infarciti di supereroi. Con grande riluttanza (la sua vita di interprete è troppo legata alla parte di Sigrid di vent’anni prima) e soprattutto sotto i consigli pressanti di Valentine, Maria accetta e insieme alla sua assistente si trasferisce in montagna: la vedova di Melchior, legatissima all’attrice, mette a disposizione delle due donne il cottage a Sils Maria nelle Alpi Svizzere dove potranno dedicarsi, senza alcun disturbo, all’approfondimento del testo e alla preparazione della parte. Il posto ha qualcosa di magico perché da lì si può assistere al fenomeno naturale chiamato proprio Maloja Snake (da cui il titolo dell’opera teatrale) consistente in 40 una formazione di nuvole che quando lo consentono le condizioni atmosferiche si snoda attraverso i passi dell’Engadina come un serpente. Durante una passeggiata in montagna, quando i rapporti tra l’attrice e la sua assistente hanno raggiunto uno strano aspetto tra il conflittuale e l’incompreso, Valentine sparisce per sempre come dissolta nell’aria. Ora Maria è a Londra, ha già conosciuto la giovane Jo-Ann che dopo i primi momenti di affettuosa ammirazione per lei la fa piombare nel vortice della sua attualità problematica, nevrotica, senza rispetto per nessuno: la moglie dell’amante di Jo-Ann tenta il suicidio, il gossip e la caccia senza limiti né decenza dei paparazzi impazzano; Jo-Ann e Klaus sembrano più interessati a tutto questo che ad approfondire le difficoltà del testo e i Film Tutti i film della stagione rapporti con Maria che risulta così messa in un angolo, da parte. Cominciano ufficalmente le prove: JoAnn, sentendosi al centro dell’interesse e della ribalta non ha alcuna comprensione per le esigenze della sua matura compagna di palcoscenico: per quest’ultima la parte di Sigrid è definitivamente tramontata e lontana. nnesima considerazione sull’essere attori, sui rapporti tra chi è attore e chi non lo è, sul tempo che passa e sembra lasciare dietro di sé solo occasioni perdute o traguardi conquistati e troppo presto superati e quindi al tempo presente inutili svolazzi di cenere su cui non è possibile costruire nulla; quindi una riflessione sulla malinconia che come un serpente oscuro si fa strada nell’anima per occuparne a tradimento ogni brandello e renderlo impotente nel contrastare i micidiali anni della maturità e del dopo senza più futuro. Non poteva essere un regista qualsiasi a trattare tutto questo ma un uomo di cultura con credenziali europee ben determinate, quindi un francese, addirittura un parigino referenziatissimo dai Cahiers du Cinèma (ha collaborato con loro dal 1980 al 1985), cioè Olivier Assayas, amico personale di Jean-Pierre Leaud, l’ultimo sacerdote della Nouvelle Vague; un regista, quindi, che non cadesse nella facile trappola di rifare spudoratamente (o di ricucinare addirittura) Eva contro Eva o Effetto Notte anche se il mondo a cui si è ispirato è senz’altro quello cioè la recita che tracima nella vita corrente per nutrirsene, divorarla ed esserne divorata nello stesso tempo. Assayas ha preferito invece qualcosa di più sofisticato e rarefatto, la strada del “doppio” o del “quadruplo” in un andirivieni continuo come il rifrangersi di un’immagine su specchi che si scheggiano e si ricostruiscono su se stessi in un rimando infinito. Non è poi un caso che Cannes 2014 abbia chiuso con questo film di Assayas, in un ideale passaggio di testimone col film di Polanski, Venere in pelliccia che chiuse l’anno precedente con un’uguale folla di personaggi (due protagonisti!) che si rifrangono gli uni sugli altri in un moltiplicarsi senza fine: il cinema ha bisogno spesso di autocelebrarsi nella stretta adesione tra le immagini prodotte e la loro giustificazione nell’intimità più profonda degli incubi e dei sogni dell’essere umano. Intanto la contrapposizione a specchio tra Maria e Valentine che assume E uno spessore sempre più incombente e inquietante durante il loro soggiorno in montagna. L’attrice, matura negli anni e nella professione ha a che fare giorno per giorno con il suo alter ego che gli mostra inconsapevolmente (o consapevolmente) e senza pietà il vantaggio della giovinezza, costruendo contemporaneamente lo specchio in cui Maria (come la Crimilde di Biancaneve) vede l’orrore della propria immagine costretta nell’interpretazione di Helena; battuta dopo battuta le parole reali di Valentine si mischiano, si sovrappongono alle parole del testo teatrale in un gioco delle parti, in cui non è più possibile distinguere la dimensione reale da quella di palcoscenico; Maria entra in corto circuito con la sua assistente, con il testo, con la parte che odia, con i suoi anni, con se stessa; al culmine di una situazione in cui tutto è mescolato Valentine scompare, come se avesse esaurito la sua funzione catalizzatrice; Maria ora è sola, chi è a questo punto Maria? L’altra faccia dello specchio è data dal confronto tra Maria e Jo-Ann Ellis: qui la situazione sembra all’inizio più semplice perché l’attrice hollywoodiana che, nonostante la giovane età, è ben consapevole dei meccanismi della competizione divistica, al primo incontro con Maria si dimostra una sua fan sfegatata, ammiratrice totale di tutte le sue interpretazioni, adoratrice della sua carriera al limite della piaggeria; quando però Maria sembra avere abbassato la guardia e le chiede una maggiore disponibilità in palcoscenico, la ragazza recupera il suo sguardo demoniaco (“Carrie” ha lasciato tracce vistose) e la stoppa: Sigrid è sua, sua soltanto, è lei la trionfatrice. Maria si ferma immobilizzata, la sua Sigrid è diventata adulta, forse qualcosa di più e 41 la costringe a riconoscersi in un ruolo che nella vita sta già interpretando, forse ha intravisto l’inizio di un viale del tramonto per lei già bello e confezionato. Ma questo è un altro racconto. Il film, molto sentito, molto voluto dalle tre protagoniste (sembra sia nato proprio da un’idea della Binoche che l’ha fortemente sostenuta) avrebbe avuto molto più fascino se fosse stato meno verboso e questo mostra senza indulgenza le crepe di sceneggiatura che rendono il lavoro troppo di testa, troppo intellettualistico. Godiamoci le tre attrici, praticamente la summa delle possibilità, della fantasia e della padronanza recitativa nelle varie fasi dell’espressione femminile. Se siamo abituati alla sicura gestione artistica e professionale di Juliette Binoche, è stata una rivelazione Kristen Stewart che ha messo il fascino paranormale di Twilight che l’ha resa celebre al servizio dell’interpretazione di Valentine, sfaccettata, enigmatica, via via arricchita di lampi e oscurità. Ugualmente perfetta la presenza di Chloe Grace Moretz come la nuova Sigrid, giovanissima interprete ma già fortemente temprata, dura, efficacemente diabolica nel mantenere il suo spazio territoriale conquistato. Non dimentichiamo il fascino naturistico del Maloja Snake, di cui Assayas ripropone la bellissima sequenza filmata nel 1924 dal maestro del cinema di montagna Arnold Fanck, scenario perfetto nell’accompagnare il muoversi sinuoso, infido e malinconico di tutto ciò che si dibatte sul palcoscenico di un teatro e della vita. Fabrizio Moresco Film Tutti i film della stagione LA VOCE – IL TALENTO DI UCCIDERE Italia, 2013 Regia: Augusto Zucchi Produzione: Ghete Stano per Blackout Entertainment, in collaborazione con Produzione Straordinaria Distribuzione: Distribuzione Straordinaria Prima: (Roma 7-5-2015; Milano 7-5-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Sorrentino Direttore della fotografia: Augusto Zucchi Montaggio: Eliana Consoni Musiche: Stefano Conti, Luciano Francisci l film parte qualche anno dopo la morte del protagonista, quando la figlia, desiderosa di scoprire la verità su quanto accaduto a suo padre, comincia a indagare sul suo passato. Gianni è un imitatore formidabile, ma di scarso successo. La sua carriera si è infatti arenata alle esibizioni nei locali notturni. L’uomo ha il dono di saper riprodurre alla perfezione qualsiasi voce. Riesce a “rubare” la voce di qualsiasi persona, solamente ascoltandola per pochi secondi. Nella sua vita privata è un tipo molto chiuso e riservato, ma quando si esibisce riesce a diventare un altro, proprio come se oltre a impossessarsi della voce altrui si prendesse anche la loro personalità. Questa sua dote viene subito notata da alcune persone molto potenti, che vorrebbero giostrarla per subdoli fini. Così in cambio della partecipazione a programmi tv, verrà chiesto a Gianni di imitare, al telefono, la voce di personalità di spicco per cospirare e tessere losche trame. Dotato di una straordinaria capacità di rubare la personalità di chi imita, ne riproduce perfettamente la voce diventando magicamente l’altro. Ciò, per il tramite dell’ambiguo analista presso il quale è in cura per gravi disturbi psichici collegati proprio alla sua capacità imitativa, lo conduce a entrare in un vortice pericoloso. Per questo viene contattato dai servizi segreti che gli chiedono, per il bene del Paese, di fare alcune telefonate con “altre” voci in cambio di un futuro professionale migliore. A una prima perfetta telefonata, con la voce di un ministro morto d’infarto, se ne susseguiranno altre sempre più compromettenti e pericolose. Una volta entrato nel gioco, è difficile uscirne e Gianni si rende conto di essere implicato I Scenografia: Stefano Bulgarelli, Erminia Palmieri, Fabio Vitale Costumi: Agostini Varchi, Susanna Ferrando Interpreti: Rocco Papaleo (Gianni), Antonia Liskova (Gloria), Augusto Zucchi (Amati), Giulia Greco (Giulia), Franco Castellano (De Bartolomei), Mattia Sbragia (Uomo dei Servizi Segreti), Augusto Fornari (Giornalista), Riccardo Polizzy (Manfredi), Roberta Geremica (Giornalista), Giulio Pampiglione (Nitti), Francesco Sechi (Tecnico in regia) Durata: 86’’ in uno o più omicidi. Tenta di sottrarsi, ma viene ricattato. I servizi segreti che si servono della sua voce per accreditare le più losche trame, incontrano lo psicanalista e scoprono il coinvolgimento di questo misterioso personaggio nei rapporti tra l’imitatore e i servizi segreti deviati. Un’indagine pericolosa che porta far emergere la verità su un traffico illecito di medicinali. La figlia non si limita a una lettura psicanalitica e, a suo rischio e pericolo, ma percorre anche la pista delle collaborazioni di suo padre a quel piano criminale che ha coinvolto magistrati e servizi segreti, produttori televisivi e giornalisti, ministri ed escort. Plagiato dallo psicanalista, arrivato a vendere l’anima in cambio di protezione e successo Gianni si toglie la vita. a storia si ispira alla misteriosa scomparsa del grande imitatore napoletano Alighiero Noschese, che in circostanze poco chiare la mattina del 3 dicembre del 1979 si tolse la vita, sparandosi un colpo alla tempia, mentre era ricoverato in un ospedale privato romano. La motivazione ufficiale fu una forte depressione. Ma è uno dei tanti gialli con mille domande ancora insolute. È la sua spettrale presenza il leit motiv di La voce Il talento può uccidere, debutto dell’attore, regista e autore teatrale Augusto Zucchi. Thriller che parte da uno spunto di partenza interessante, invece di un anomalo biopic, ma poi sviluppa un intreccio che risulta abbastanza deludente. Sotto le spoglie del noir politico, questo film d’altri tempi cela ambizioni che il budget e l’inesperienza non permettono di soddisfare. In un momento in cui sulle intercettazioni telefoniche si basa gran parte delle indagini e dell’interesse e della curiosità mediatica, laddove molte L 42 incriminazioni e molti processi si basano proprio su queste prove, l’imitazione delle voci attraverso l’uso del telefono potrebbe essere un tema molto attuale. Così pare di forte contemporaneità la tragedia esistenziale di un imitatore che diventando “gli altri”, non riesce più a ritrovare “se stesso”. Invece viene rappresentata un’Italia dei misteri e degli inganni, come un B-movie vecchio stile, dove l’immoralità si fonde con il decoro ed è difficile scorgere il confine tra ciò che è legale e ciò che non lo è. Lo svolgimento in flashback, con la figlia che indaga sulla fine del padre, è pieno di risvolti e complicazioni, ma pecca di ingenuità e semplificazione. Gianni non è altro che un personaggio alla continua ricerca della propria identità, il cui problema ha radici in un trauma infantile e che, insieme al grande senso di colpa per aver preso parte a uno schema criminale, servendosi del proprio talento vocale, lo ha portato al suicidio. L’idea di partenza è interessante, perché fa leva su un personaggio che ha segnato la televisione italiana con la sua presenza carismatica e inquietante ed è sorprendente l’interpretazione di Rocco Papaleo. L’attore mette a frutto la sua versatilità d’artista e la duttilità della sua voce per calarsi nei panni di un uomo-maschera che vive un’esistenza allucinata e straniante. Per quanto la messinscena sia eccessivamente artigianale e abbastanza caricata spesso cinematograficamente, priva di mezzi toni e sfumature, con dialoghi sopra le righe e una fotografia sporca, fatta di primissimi piani e luci di taglio. Il risultato è curiosamente disturbante. Le capacità degli altri attori del cast sono insufficienti e alcune scene spesso peccano di credibilità, per quanto girate in maniera quasi meccanica. Veronica Barteri Film Tutti i film della stagione SE DIO VUOLE Italia, 2015 Regia: Edoardo Falcone Produzione: Mario Gianani e Lorenzo Mieli per Wildeside con Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 9-4-2015; Milano 9-4-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Edoardo Falcone, Marco Martani Direttore della fotografia: Tommaso Borgstrom Montaggio: Luciana Pandilfelli Musiche: Carlo Virzì T ommaso è uno stimato cardiochirurgo romano, prepotente e severo con i suoi collaboratori. È sposato con Carla da molti anni ma il rapporto tra i due si è molto raffreddato limitandosi alla routine quotidiana. Tommaso e Carla hanno due figli: la più grande, Bianca, sposata con il bamboccione Gianni, ha interessi futili e non ha ideali, il più piccolo Andrea, un giovane brillante iscritto a medicina, sembra intenzionato a seguire le orme del padre con grande orgoglio di Tommaso. Negli ultimi tempi, però, Andrea è cambiato: passa molte ore chiuso nella sua stanza e la sera esce sempre con un suo amico senza dire a nessuno dove va. Il dubbio che assale tutti i familiari è uno solo: forse Andrea è gay. Ma per Tommaso non sarebbe comunque un problema: lui odia ogni forma di discriminazione ed è sua ferma convinzione che siamo tutti uguali. Arriva finalmente il giorno in cui Andrea convoca tutta la famiglia per fare coming out. Il ragazzo dichiara di aver incontrato una persona che gli ha cambiato la vita: questa persona è Gesù, per questo motivo ha deciso di diventare sacerdote. Per un ateo convinto come Tommaso è una doccia fredda. Mentre finge di assicurargli appoggio totale, cerca di capirci di più e inizia a seguirlo di nascosto. Una sera, Tommaso, accompagnato da Gianni, segue il figlio fino a una riunione di giovani, tutti pronti ad ascoltare e applaudire le parole di Don Pietro, un sacerdote davvero sui generis. Il prete ha un approccio moderno alla parola di Dio, usa spesso un gergo romano e ha un atteggiamento amichevole e confidenziale con tutti. Ma Tommaso è sospettoso, vuole scoprire qualche scheletro nell’armadio del sacerdote per screditarlo agli occhi di suo figlio. Tommaso avvicina don Pietro che si rivela subito pronto ad aiutarlo. Il cardio- Scenografia: Cristina Onori Costumi: Luigi Bonanno Interpreti: Marco Giallini (Tommaso), Alessandro Gassmann (Don Pietro), Ilaria Spada (Bianca), Edoardo Pesce (Gianni), Laura Morante (Carla), Enrico Oetiker (Andrea), Carlo De Ruggieri (Pizzuti), Giuseppina Cervizzi (Rosa), Alex Cendron (Fratta), Fabrizio Giannini (Questore), Silvia Munguia (Xenia), Urbano Lione (Paziente), Maurizio Lops (Mimmo) Durata: 87’ chirurgo si presenta come un uomo pieno di problemi: racconta di avere un fratello disabile e una moglie manesca che lo picchia di frequente. Dopo aver ottenuto uno squallido appartamento in prestito, Tommaso invita Don Pietro a casa sua e gli presenta sua moglie (la cui parte viene recitata dalla sua collaboratrice, l’infermiera Rosa) e suo fratello ritardato (impersonato da suo cognato Gianni). L’incontro è imbarazzante anche perché Gianni è un credibile ritardato mentale e Rosa si dimostra davvero manesca con Tommaso, ben contenta di vendicarsi dei tanti soprusi sopportati sul lavoro. Ma, proprio quando, tornato nel suo elegante attico, Tommaso riabbraccia il figlio appena tornato da un breve ritiro in un monastero, viene smascherato da Don Piero che era in visita da Andrea. Don Pietro ricatta Tommaso e, in cambio del suo silenzio, lo costringe a collaborare con lui per un mese nei lavori di ristrutturazione di una vecchia chiesa destinata a diventare la sua futura parrocchia. Col passare dei giorni, Tommaso si rimbocca le maniche per dare una mano al sacerdote e tra i due nasce una sincera amicizia. A lavori ultimati, Tommaso sembra rinato: ora si dimostra più umano sul lavoro e in casa cerca di riallacciare il rapporto con la moglie Carla, che nel frattempo lo aveva lasciato (anche se da separata in casa) e si era gettata in un’improbabile missione in prima linea a fianco delle proteste studentesche. Tommaso sembra un uomo nuovo e una novità lo attende: Andrea rivela di non essere più sicuro della sua vocazione e di aver quindi deciso di non entrare più in seminario, soprattutto ora che ha stretto un tenero legame con una ragazza. Tommaso scopre che Don Pietro era a conoscenza del ripensamento di Andrea da tempo ma che aveva comunque voluto mettere alla prova Tommaso. 43 Finito il mese di lavoro forzato alla chiesetta, tra Pietro e Tommaso è nata un’amicizia e il cardiochirurgo inizia ad aprirsi alla possibilità di credere in ‘qualcosa’. Ma una sera, Don Pietro è vittima di un incidente stradale. Ricoverato nell’ospedale in cui lavora Tommaso, in gravi condizioni, il sacerdote viene sottoposto a un delicato intervento chirurgico alla testa. Mentre tantissimi ragazzi pregano per lui in ospedale, Tommaso si reca in un prato di fronte a un lago dove lo aveva portato Pietro, osserva il miracolo della natura e guarda con fede al futuro. n prete scanzonato e dalla vocazione tardiva (dopo qualche soggiorno in prigione) e un cardiochirurgo ateo, arrogante e pieno di sé. Ecco un’altra strana coppia, sulla carta improbabile ma, di fatto, indovinata. Il valore aggiunto che innalza di una spanna Se Dio vuole rispetto alle consuete commedie italiane degli ultimi anni è il tema trattato: la religione, ovvero il divino, la necessità di credere in qualcosa di più elevato, qualcosa di superiore rispetto alla realtà quotidiana. L’abilità di Edoardo Falcone, qui al suo esordio nella regia (dopo una carriera di sceneggiatore di alcune commedie di successo come Nessuno mi può giudicare), ben coadiuvato in fase di scrittura da Marco Martani, è proprio quella di affrontare un argomento così delicato con leggerezza e garbo, senza prendere posizioni pro o contro la Chiesa cattolica. E così il confronto tra due posizioni, tra chi ritiene la Chiesa “la più oscurantista delle istituzioni” e chi pratica il mestiere del sacerdozio in modo attivo, tra la gente comune e tra i giovani che hanno davvero bisogno della parola di Dio, prende strade inaspettate. Nonostante l’evidente modello della vecchia commedia all’italiana basata sul U Film contrasto di due personaggi opposti, La prima parte del film può in alcuni tratti apparire debitrice di un piccolo gioiello del cinema d’Oltralpe dal titolo L’amore inatteso, piacevole commedia di Anne Giafferi del 2011 che vedeva protagonista un uomo folgorato da Gesù, un affermato avvocato che, attraverso la fede in Dio, ritrovava tanto: dall’abbraccio con il figlio a un nuovo rapporto con la moglie (cose che accadono anche nel film di Falcone al cardiochirurgo di Marco Giallini). Come nel film francese, la commedia di Edoardo Tutti i film della stagione Falcone sa giocare con i pregiudizi e i cliché di cui la Chiesa cattolica è spesso oggetto. L’ironia è si diretta ai credenti, ma anche a coloro che hanno dei pregiudizi nei confronti della religione. E si ride, molto, soprattutto in alcune sequenze (la scena della falsa famiglia di Tommaso con fratello ritardato e moglie grassa e manesca è tra le più riuscite ed esilaranti del film, anche grazie all’ottima recitazione degli attori). L’impianto narrativo della commedia è ben costruito, gli eventi hanno uno svolgi- mento naturale e conducono per mano lo spettatore tra risate e qualche momento di commozione non forzata. Agli attori va gran parte del merito della riuscita del film: dai due protagonisti, un Marco Giallini cardiochirurgo ‘star’ della sala operatoria, scontroso con collaboratori e pazienti e un Alessandro Gassman prete versione 2.0 in t-shirt e scooter, fino a una Laura Morante moglie insoddisfatta e annoiata e a una Ilaria Spada bellissima idiota. Una commedia italiana che esce dai soliti cliché ‘amori, bugie & tradimenti’ per trattare temi ben più importanti con leggerezza e ironia, capace di divertire senza mai scadere nel cattivo gusto, portatrice sana di messaggi edificanti, trascinata da un duo di interpreti in stato di grazia. Chissà, sarà stata una qualche misteriosa intercessione divina a regalarci una commedia come questa, capace di guadagnarsi l’approvazione del grande pubblico delle multisale e allo stesso tempo a non far storcere troppo il naso ai cinefili? Sarà perché in fondo si parla con levità di un tema universale: quella ricerca del senso della vita con cui ognuno di noi prima o poi si trova a dover fare i conti. Anche se la risposta può racchiudersi in una pera che cade dal ramo di un albero. Elena Bartoni UNO, ANZI DUE Italia, 2015 Regia: Francesco Pavolini Produzione: Guido De Angelis, Nicola De Angelis, Marco De Angelis per Dap Italy-De Angelis Group Distribuzione: Universal Pictures International Prima: (Roma 9-4-2015; Milano 9-4-2015) Soggetto: Maurizio Battista, Riccardo Graziosi, Paolo Logli, Alessandro Pondi Sceneggiatura: Maurizio Battista, Riccardo Graziosi, Paolo Logli, Alessandro Pondi, Stefano Voltaggio Direttore della fotografia: Fabrizio Lucci S ul parapetto di Ponte Milvio Maurizio minaccia di farla finita. Quando un ambulante tenta di distoglierlo dai suoi propositi l’uomo comincia a raccontare la storia che l’ha portato a quella decisione estrema. Tutto è cominciato con la morte di suo padre Nando, avvenuta durante un Montaggio: Emanuele Foglietti Musiche: Gianluca Misiti Scenografia: Eugenio Liverani Costumi: Liliana Sotira Interpreti: Maurizio Battista (Giorgio), Paola Tiziana Cruciani (Luana), Emanuele Propizio (Valerio), Ninetto Davoli (Nando), Veronica Corsi (Stefania), Claudia Pandolfi (Suellen), Ernesto Mahieux (Maimone), Rocco Barbaro (Rocco), Mago Silvan (Prete) Durata: 88’ incontro amoroso con la procace “badante” moldava, che viveva al piano di sotto. L’uomo è morto lasciandogli i debiti collezionati dal bar e la scoperta di non essere proprietario di casa ma affittuario, per di più moroso. Maurizio si trova costretto a vendere il bar ai cinesi per pagare i debiti, ma gli rimangono 44 pochi spiccioli e uno sfratto esecutivo. Non riesce a confidare le sue traversie neppure alla sorella, la vulcanica Suellen, che passa da un uomo a un altro. I soldi della vendita sono appena sufficienti a coprire i debiti e le spese del funerale. Ma Maurizio, fedele alla tradizione tramandata dal padre, decide di Film non svelare alla moglie Luana e al figlio Valerio di essere in bancarotta: gli stessi si sentono cosi autorizzati a organizzare in grande stile il matrimonio del giovane Valerio. Il ragazzo, senza arte né parte, che passa le giornate ai videogame ha infatti messo incinta la sua ragazza. Come se non bastasse, Luana pensando di poter contare sui soldi della vendita si sente in diritto di comprare oggetti inutili per la casa e la cucina attraverso le televendite. Poi promette ai due prossimi sposi di lasciare loro la casa di famiglia. I futuri suoceri, alternativi e sempliciotti, propongono invece agli sposini di trasferirsi in una palafitta abusiva sul mare di loro proprietà. Una cosa tira l’altra e Maurizio, incapace di mettere un freno a questa sequenza di eventi, dinanzi alle responsabilità a cui dovrà fare fronte, durante il matrimonio del figlio, nel momento in cui deve saldare il conto, decide di fuggire e si ritrova così sul parapetto del ponte, pronto a gettarsi giù. È un ambulante con le sue bolle di sapone a distoglierlo dal proposito, quando arriva il proprietario del ristorante… l suo debutto come regista e sceneggiatore, Francesco Pavolini dopo anni di gavetta televisiva realizza con Uno, anzi due una commedia provinciale, mettendo al centro il mattatore Maurizio Battista. Non c’è dubbio che l’intento principale sia soddisfare il pubblico più folto del genere comico, e in particolare quello romano, e poi in seconda battuta creare qualcosa di digeribile dal resto del paese. Non è solo una questione di dialetti e inflessioni, ma non c’è molto di più in termini di inventiva, che non siano le sue battute. Tuttavia, nonostante sia più che scontato che si cerchi disperatamente una maniera di unire tra di loro diverse gag e sketch, che per lo più vengono dagli spettacoli teatrali, il filo conduttore non riesce a coinvolgere. I temi e gli ambienti che racconta ricordano quelli descritti recentemente da Gianni Di Gregorio, concentrandosi su una romanità di quartiere, in questo caso Piazza Vittorio e dintorni, e su uno spirito popolano mai troppo distante dalla realtà. In particolare funziona bene il rapporto coniugale. Ai nostri giorni, la coppia, travolta da un destino avverso, diventa cartina di tornasole di una crisi economica che rivoluziona la quotidianità di chi scopre di dover ricominciare tutto daccapo per sbarcare il lunario. Maurizio, che ora deve inventarsi un’altra vita, attraversa un universo kitch ma credibile, con il mordente della battuta colorita, ma non volgare, riesce a descrivere in forma A Tutti i film della stagione ironica quella sindrome del vivere al di sopra delle proprie possibilità, in pieno diniego esistenziale, che ha causato la rovina di tante famiglie italiane piccolo borghesi (e non solo), e a veicolare un messaggio di resistenza umana secondo cui “un passo indietro e uno in avanti è un cha cha cha”, che ti fa sopravvivere e non solo il tragicomico andirivieni del gambero. Nonostante alcuni personaggi di contorno eccessivamente macchiettistici e dalle reazioni troppo insistite, la pellicola descrive una certa romanità verace, autentica e senza fronzoli, invece che arrogante e falsamente snob, legata alla tradizione e contemporaneamente aperta a un’allegra e solidale multi etnicità. Per riuscire nell’impresa sono state riciclate alcune vecchie scenette teatrali, utilizzati alcuni storici cavalli di battaglia (la donna che comanda sempre, per non parlare della Roma in mano ai cinesi) e si è provato a dar loro forma all’interno di un’unica storia. Peccato che il risultato è stato un’incapacità non solo di partire degnamente, ma anche di finire con un minimo di credibilità cinematografica. Perché dopo averne fatte combinare al suo protagonista di tutti i colori, mentendo spudoratamente alla propria famiglia, accumulando buffi e guai, Pavolini ha pensato bene di dare un salvifico colpo di spugna al tutto, negando allo spettatore un degno finale e scioglimento dei guai seminati nel resto della pellicola. E qui sorgono alcuni problemi strutturali legati tanto alla prova d’attore di Battista, in alcuni casi esageratamente marcata, quanto sulla sceneggiatura, scritta addirittura a otto mani. La prima parte del film è contrassegnata da gag forzate, poco divertenti e abbastanza scontate, soprattutto quelle legate al sesso, svolte con poca credibilità (il padre muore e il tutto viene preso alle leggera) con una regia che appare davvero poco incisiva. Poi per fortuna c’è qualche situazione comica, ma niente di clamoroso. Merito anche di un cast costellato da caratteristi estremamente capaci. Non solo Ninetto Davoli, morto ad inizio film ballando il chacha-cha con la segretaria, ma anche la bravissima Paola Tiziana Cruciani, il figlio “bambacione” presto padre e marito Emanuele Propizio, la “coatta” futura moglie Veronica Corsi, il sempre impeccabile Ernesto Mahieux, un insolito e improbabile Silvan, nei panni di un prete, il padre della sposa Rocco Barbaro, la comparsata di Nadia Rinaldi e la straripante ed esplosiva Claudia Pandolfi, negli abiti della sorella di Battista. Proprio la romanità della pellicola, vuoi o non vuoi, potrà essere tanto un freno quanto un suo punto di forza. Perché difficilmente un titolo simile sarà visibile fuori dal Lazio, anche se il comico, in quanto volto televisivo, è conosciuto in tutta Italia. Veronica Barteri AFFARE FATTO (Unfinished Business) Stati Uniti, 2015 Regia: Ken Scott Produzione: Allied Select Productions, New Regency Pictures, Studio Babelsberg, Escape Artists, Regency Enterprises Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 11-6-2015; Milano 11-6-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Steve Conrad Direttore della fotografia: Oliver Stapleton Montaggio: Michael Tronick, Jon Poll Musiche: Alex Wurmann Scenografia: Luca Tranchino Costumi: David C. Robinson Effetti: Zeo VFX Interpreti: Vince Vaughn (Dan Trunkman), Tom Wilkinson (Timothy McWinters), Dave Franco (Mike Pancake), Sienna Miller (Chuck Portnoy), James Marsden (Jim Spinch), Nick Frost (Bill Whilmsley), Ella Anderson (Bess Trunkman), Britton Sear (Paul Trunkman), Uwe Ochsenknecht (Maarten Daaervk), Bonita Friedericy (Helen Harlmann), Ken Scott (Turista), June Diane Raphael (Susan Trunkman) Durata: 91’ 45 Film D an, un impiegato venditore di una ditta che commercia in sfridi, scarti della lavorazione di metalli che vengono riciclati ed utilizzati, viene licenziato dalla Ceo Chuck Portnoy. L’uomo, ormai stanco dei soprusi e dei ritmi alienanti che gli vengono imposti, non si arrende e decide di aprire una società in proprio con Tim, un anziano costretto al pensionamento e Mike, giovane e timido principiante. Dopo un anno arriva la prima svolta, un accordo da chiudere in fretta con una partnership che li può rimettere in pista, prima che lo faccia la vecchia compagnia. Piccolo dettaglio: per farlo bisogna andare fino in Europa, mentre a casa i figli hanno ben più di un problema. Dan infatti deve far fronte all’iscrizione a una costosa scuola privata del figlio maggiore, che è vittima di bullismo nella scuola pubblica e una figlia minore piuttosto manesca. Per arrivare alla agognata stretta di mano che sancisca l’accordo il gruppo deve raggiungere la Germania, ritrovandosi come concorrente proprio Chuck Portnoy. Dan, Tim e Mike per cercare di far accettare il patto passano da saune unisex a locali per omosessuali e scambisti. Hanno a che fare con ostelli della gioventù, istruzioni di guida in tedesco, Oktober Fest e Mostre d’arte umane che li rendono oggetti in mostra. Si assiste a una progressiva europeizzazione dei tre, con tanto di protesta contro il G8, in cui vengono coinvolti. Tutti i film della stagione Intanto Dan da lontano cerca di incoraggiare i figli a essere sempre loro stessi. Intanto l’atmosfera tedesca aiuta Mike ad avere i primi rapporti con le donne e Tim a conquistare una simpatica cameriera. Il trio riesce finalmente a chiudere l’affare e può tornare a casa. critto da Steve Conrad, già sceneggiatore di La ricerca della felicità e I sogni segreti di Walter Mitty, Affare fatto è l’ultima commedia girata da Ken Scott. Un vero e proprio flop di critica e di pubblico, tanto che in madrepatria non ha recuperato con gli incassi neanche la metà del budget. E non è difficile comprenderne il motivo. L’intento, pare di capire, è quello di fare una commedia con dei risvolti e un’idea di fondo molto seri, un film che abbia qualcosa da dire sull’etica del lavoro e il mito del vincente, qualcosa che non sia la consueta retorica hollywoodiana, mescolando tutto ciò con l’umorismo demenziale. Eppure nulla funziona. Il regista francocanadese sembra ormai interessato a raccontare storie di uomini che non vedono davanti a sé un roseo futuro. Il trio dei protagonisti è decisamente mal assortito: “uomini d’affari”, scarti della società americana o troppo anziani, o timorosi e inadatti al servilismo, che cercano inutilmente di comprendere e adattarsi ad una città mitteleuropea come Berlino. Come reagisce l’uomo medio americano quando va all’estero? Sembra, come si dice S nel film, che gli statunitensi viaggino, ma di fatto restino mentalmente sempre a casa loro. Le gag demenziali ci sono tutte, così come ogni abusato espediente stilistico e narrativo: solo però svuotati d’ogni impatto comico, trascinati così a lungo da risultare volgari. Una sceneggiatura confusionale che sembra dover decollare quando i tre arrivano in Europa. Invece la Germania che esplorano è un coacervo di leggende metropolitane generiche, unisce le saune dei paesi scandinavi, con i continui rave, un’esagerata manifestazione della cultura, della stravaganza dell’arte e degli ostelli della gioventù. I tre riescono in pochi giorni a partecipare a tutte le tipiche stramberie che capitano, dipingendo un quadro a dir poco raccapricciante degli europei. Per non parlare del buonismo familista di fondo e del lieto fine scontato, che prevede il successo se davvero lo si desidera e se si è disposti a giocarsi il tutto per tutto. Vince Vaughn dovrebbe essere l’anima della pellicola, invece porta in sé una pesantezza e complessità che non gli appartengono, sacrificando la forza distruttiva della sua comicità. Il cast si avvale di altri interpreti di richiamo come Tom Wilkinson e, in ruoli secondari, Sienna Millere, Nick Frost, James Mardsen, oltre che del fratello d’arte Dave Franco, che dovrebbe essere la furia comica, ma è una voragine di tristezza e la morte stessa del ritmo. Veronica Barteri LO SCIACALLO – NIGHTCRAWLER (Nightcrawler) Stati Uniti, 2014 Regia: Dan Gilroy Produzione: Michel Litvak, David Lancaster, Jennifer Fox, Tony Gilroy, Jake Gyllenhaal per Bold Films Distribuzione: Notorius Pictures Prima: (Roma 13-11-2014; Milano 13-11-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Dan Gilroy Direttore della fotografia: Robert Elswit Montaggio: John Gilroy Musiche: James Newton Howard L os Angeles. Lou Bloom, ladro di materiali ferrosi e insieme disoccupato in cerca di lavoro, si trova casualmente a essere testimone di un incidente automobilistico e vede precipitarsi sul luogo dell’accaduto numerosi cameramen free lance o appartenenti a piccole società di produzione Scenografia: Kevin Kavanaugh Costumi: Meg Everist Interpreti: Jake Gyllenhaal (Lou Bloom), Rene Russo (Nina Romina), Bill Paxton (Joe Loder), Riz Ahmed (Rick), Kevin Rahm (Frank Kruse), Ann Cusack (Linda), Eric Lange (Cameraman), Anne McDaniels (LA Weather Girl), Kathleen York (Jackie), James Huang (Marcus),Viviana Chavez (Desiree), Dig Wayne (Rufus), Carolyn Gilroy (Jenny) Durata: 117’ d’immagini: questi riprendono senza scrupoli anche i dettagli più cruenti per vendere poi il materiale ai grandi network televisivi che lo utilizzano per i propri notiziari. Lou decide allora di fare lo stesso, si procura con i suoi ultimi soldi una cinepresa e un sistema radio per captare i 46 messaggi della polizia e vende il suo primo pezzo dedicato a una resa di conti tra criminali che lascia sul terreno morti e feriti ripresi senza pietà. Da questo momento, la scalata è vertiginosa: Lou capisce che per battere la concorrenza deve arrivare prima degli altri, riprendere le situazioni più macabre e Film darle in pasto a chi paga meglio. Così si crea un forte rapporto con Nina Romina, la producer della KLWA, un potente network della costa californiana che vede in Lou la persona adatta, in caccia di soldi e potere e disposto a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Lou ingaggia come secondo un altro disoccupato, Rick, che si accontenta all’inizio di quattro soldi e poi diventa sempre più pretenzioso; elimina, letteralmente Eric Lange, un pericoloso concorrente, sabotando i freni del suo pulmino di lavoro e causando così un incidente da cui il cameramen esce in fin di vita. La svolta che permette a Lou di puntare davvero in alto è costituita da uno scoop sensazionale: Lou riesce ad arrivare prima della polizia in una villa dove è stata sterminata un’intera famiglia; le immagini girate risultano straordinarie, Nina ottiene una risalita nello share del suo notiziario ma, nello stesso tempo, è costretta a promettere a Lou sempre più soldi e diritti d’intervento nell’organizzazione del network. La consacrazione arriva di lì a poco: Lou risale ai banditi autori della strage nella villa grazie a un pezzo delle riprese opportunamente tagliate e nascoste; avvisa la polizia che incastra i banditi in un conflitto a fuoco, ripreso, documentato e venduto alla KLWA a caro prezzo. Nella stessa occasione, riesce a far uccidere il suo collaboratore Rick, le cui richieste erano diventate insostenibili, da uno dei banditi che si era finto morto. Ormai Lou ha ciò su cui aveva puntato: denaro, una società di produzione tutta sua con quattro collaboratori fidati, legami di ferro con la KLWA e naturalmente Nina,ormai legata a lui oltre ogni eccesso. l sogno americano è diventato un incubo nel presentarci il prodotto finale di una lunga rincorsa verso una società che ha il profitto come unico fine e sostegno e che ha prodotto un individuo preparato solo per questo, privo di sentimenti e debolezze, forgiato unicamente sulle frasi precostituite dai manuali dedicati alla vendita e al successo, indifferente a ogni approfondimento culturale e perfino a qualsiasi strumento di carattere informativo. Questo è l’aspetto più interessante del film: un individuo alieno, un essere che appartiene all’ultima fase del genere umano prima della definitiva costituzione in un I Tutti i film della stagione mondo di robot; lo sguardo allucinato, una magrezza da rapace, l’andatura vampiresca di chi si accinge a rubare vite e immagini nelle ore notturne, perché la notte è la sua dimensione, oppure una non dimensione perché sono le ore in cui non c’è vita, non si vede nessuno per le strade deserte se non chi ruba e chi è derubato, chi violenta, chi spara e chi uccide. Un vampiro che succhia il sangue della realtà, ogni elemento che passa sotto il suo sguardo di cupidigia onnivora, affamata e assassina perché possa essere sfruttato dai suoi committenti. Altra potente immagine questa: un gruppo di demiurghi avulsi dalla vita, capitanato da un’amazzone volgare (perfetto il taglio che ne ha dato Rene Russo) interessato non a ciò che avviene, né tantomeno alla tragicità di fatti e persone, ma solo all’uso che se ne può trarre, ai soldi che ne possono derivare, al potere che può dilatare il proprio ego all’infinito. Così il cinema, anche in questo caso, accompagna e in alcuni momenti precorre il mutamento societario sviluppando una nuova etica che sembra trovare nella propria stessa deriva il consolidamento dell’homo novus come logo del terzo millennio: il protagonista di una degene- razione economica, politica e sociale è l’espressione di una nuova ideologia alla base di ogni forma di giornalismo e di comunicazione e di ogni forma di manipolazione che possa portare al profitto, unico, vero moloch a determinare il cammino dell’uomo. Il segnale che veramente tutto è cambiato è dato dal finale del film che, in altri tempi, non sarebbe stato ammesso perché il cinema americano ha sempre sostenuto la validità del lieto fine come vincolo d’onore (negli anni d’oro dello star system era addirittura obbligatorio e regolato da norme precise). Qui no, le azioni dello sciacallo non interessano alcun intervento della giustizia, hanno mano libera nella programmazione del proprio futuro da gestire secondo la nuova etica. Ottimo Jake Gyllenhaal, capace di assoggettarsi a diete, trucchi e allenamenti di postura per assumere su di sé la completezza dei peggiori vizi umani nella composizione sovraeccitata di un vero horror senza mostri ma popolato solo da ciò che resta di quelli che un tempo venivano chiamati esseri umani. Fabrizio Moresco LA FAMIGLIA BÉLIER (La famille Bélier) Francia, 2014 Regia: Eric Lartigau Produzione: Jerico, Mars Films, France 2 Cinema, Quarante 12 Films, Vendome Production, Nexus Factory, Umedia Distribuzione: Bim Prima: (Roma 26-3-2015; Milano 26-3-2015) Soggetto: Victoria Bedos Sceneggiatura: Victoria Bedos, Stanislas Carré de Malberg, Eric Lartigau (adattamento), Thomas Bidegain (adattamento) Direttore della fotografia: Romain Winding Montaggio: Jennifer Augé Musiche: Evgueni Galperine, Sacha Galperine Scenografia: Olivier Radot Costumi: Anne Schotte Interpreti: Karin Viard (Gigi), François Damiens (Rodolphe), Éric Elmosnino (Thomasson), Louane Emera (Paula), Roxane Duran (Mathilde), Ilian Bergala (Gabriel), Luca Gelberg (Quentin), Stéphan Wojtowicz (Sindaco), Bruno Gomila (Rossigneux), Céline Jorrion (Giornalista Fr3), Jérôme Kircher (Dott. Pugeot), Clémence Lassalas (Karène), Mar Sodupe (Sig.na Dos Santos), Manuel Weber (Veterinario) Durata: 105’ 47 Film I Bélier sono una simpatica famiglia di agricoltori della Normandia, che ha una particolarità: tutti i suoi membri sono sordomuti a eccezione della figlia maggiore Paula. È la 16enne, infatti, a tradurre con il linguaggio dei segni ciò che loro dicono e quello che le altre persone vogliono riferire loro, aiutando da sempre madre, padre e fratello minore a destreggiarsi nella vita di tutti i giorni. Le mansioni di Paula non finiscono qui, perché è sempre lei a gestire la fattoria e a vendere i prodotti agricoli della loro azienda al mercato. Paula, divisa tra lavoro e liceo; a scuola, durante il corso di canto, scopre per caso di avere una voce per andare lontano. Incoraggiata dal suo professore di musica, si iscrive al concorso canoro indetto da Radio France a Parigi. Indecisa sul da farsi, se restare con la sua famiglia o seguire la sua vocazione, Paula si prepara con il suo professore, nascondendolo alla famiglia. Per i Bélier infatti cantare rappresenta un sacrilegio, perché sordità e mutismo non sono handicap, ma qualcosa che li rappresenta, un’identità. Ad affermarlo è lo stesso padre di Paula, che decide di partecipare alle elezioni per diventare sindaco della città. Tutta la famiglia e alcuni amici stretti del paese li supportano nella campagna elettorale. Intanto Paula intraprende una relazione burrascosa con un suo coetaneo, anche lui scelto dal professore per il concorso canoro. Tuttavia il giovane presto Tutti i film della stagione demorde, mentre la ragazza, dopo avere rivelato il proprio sogno, si trova davanti il muro della famiglia. Senza di lei i familiari non saprebbero come mandare avanti la fattoria e le relazioni con gli altri. Durante il saggio di musica del liceo la famiglia Bélier partecipa, intuendo la bravura di Paula, non potendo ascoltarne la voce. Così papà Bélier il giorno successivo si offre di accompagnare la figlia alle audizioni a Parigi. Raggiunta dal suo professore di musica che l’accompagna al pianoforte, Paula fa un’ottima audizione, traducendo anche la sua esibizione ai genitori, affinché possano capirla. Realizzato il suo sogno, è pronta a lasciare i suoi e spiccare il volo. ampione di incassi in Francia e nella stagione appena passata, La famiglia Bélier è una commedia popolare di successo di sala e critica e vanta ben 6 nomination ai Cèsar. Il nuovo film di Éric Lartigau aggiorna con sorrisi il vecchio tema dell’adolescente alla ricerca di un’identità stabile, affrontando con coraggio il tema di un handicap così limitante, senza cadere nel pietismo. La sceneggiatura, a tratti irriverente e davvero spassosa, è riuscita a realizzare un prodotto che ribalta il punto di vista su colui che solitamente viene considerato diverso e questa diversità è determinata dallo sguardo degli altri. La storia è ben ordita e ogni personaggio gioca la sua parte con effetto e sincerità, mettendo in C 48 scena un quadro di una famiglia che quella difficoltà ha imparato a gestirla, intorno a essa è cresciuta e si è impratichita, partecipando attivamente ad ogni movimento della vita. È una famiglia universale come tutte le famiglie del mondo, che vive nella propria routine quotidiana, aggrappandosi ad alcune sicurezze. La loro voce e identità è rappresentata da Paula, fulcro e riferimento di tutti i componenti. Il ritratto di una famiglia in cui ancora si festeggia quando si diventa “signorine”, lontano dalle città, dentro una Francia bucolica, atemporale e irriducibile, che alla musica techno preferisce la chanson française, al formaggio di soia quello a latte crudo di mucca, alle hall degli aeroporti le piazze del paese. Per preservare quella Francia i Bélier sono addirittura disposti a scendere politicamente in campo e a battersi a voce alta (proprio loro che voce non hanno). In tempi di crisi, la commedia di Lartigau si rifugia nei valori di cui Paula è la portatrice sana. Perché il suo distacco dalle origini è solo fisico, mai totale, come le parole della canzone di Sardou, che la sentiamo cantare all’audizione. Lei “vola” , spiccando il salto verso nuovi spazi e tempi, in cui prepararsi alla vita. Ci si emoziona grazie a temi universali, affrontati con intelligenza e delicatezza: l’interdipendenza tra genitori e figli, lo scontro tra aspirazioni personali e soffocanti desideri altrui, l’accettazione sofferta del distacco e del cambiamento. Ma il film è reso tale grazie ad un cast irresistibile. I genitori di Paula sono interpretati da François Damiens e Karin Viard, due attori che hanno dovuto imparare il linguaggio dei segni, senza recitare neanche una battuta per tutta la durata del film. Una grande prova di bravura recitativa, resa attraverso un gioco di sguardi e gesti. Ma, soprattutto, grazie al contributo della debuttante Louane Emera, nei panni di Paula, ex concorrente dell’edizione francese della trasmissione musicale “The Voice”, che presta voce e immediatezza ad un personaggio in cerca di un posto nel mondo. L’unico vero sordomuto nel cast è il figlio più piccolo, interpretato da Luca Gelberg. E poi le melodie del celebre cantante parigino, Michel Sardou, che “accompagna” e dirige, prediletto dall’appassionato Éric Elmosnino nei panni del professore. Veronica Barteri Film Tutti i film della stagione HUMANDROID (Chappie) Stati Uniti, 2015 Regia: Neil Blomkamp Produzione: Neil Blomkamp, Simon Kinberg per Alpha Core, Media Rights Capital, Ollin Studio, Simon Kinberg Productions, Sony Pictures Entertainment Distribuzione: Warner Bros. Prima: (Roma 9-4-2015; Milano 9-4-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Neil Blomkamp, Terri Tatchell Direttore della fotografia: Trent Opaloch Montaggio: Julian Clarke, Mark Goldblatt Musiche: Hans Zimmer Scenografia: Jules Cook J ohannesburg. Futuro non meglio identificato. La Tetravaal, azienda specializzata nella produzione di armi e droni, fornisce alla polizia una serie di agenti robot con l’obiettivo di debellare la criminalità locale. Deon Wilson, sviluppatore dei robot, sta lavorando a un progetto personale: riuscire a creare un robot con una coscienza umana. Dopo vari mesi di lavoro, Deon riesce finalmente a completare il software e a installarlo in un robot difettoso destinato alla rottamazione. Frattanto l’ingegnere Vincent Moore, collega di Deon, ha creato il robot MOOSE, che non viene però acquistato dalla polizia, poiché ritenuto lento e pesante. Dopo che Deon ha installato il software nel corpo del robot, egli viene rapito da un gruppo di gangster che vogliono utilizzare il drone per rapinare un furgone portavalori. Deon spiega loro tuttavia, che Chappie, così viene chiamato il robot, ha bisogno di tempo ed educazione per sviluppare una propria personalità, possedendo caratteristiche simili a quelle umani. In accordo con i criminali, lo sviluppatore comincia un periodo di educazione del robot, che viene però influenzato dalla cultura gangster dei suoi aguzzini, che lo iniziano all’uso delle armi da fuoco. Nel frattempo Moore, mosso da invidia e voglia di rivalsa, manomette i chip dei robot poliziotti, mettendoli fuori uso. I criminali di tutta la città, saputa la notizia, danno vita a rapine, saccheggi e rivolte. Michelle Bradley, capo della Tetravaal, è così costretta a dare il suo consenso per l’utilizzo del MOOSE. Moore può finalmente utilizzare sul campo il suo robot. Parallelamente i gangster utilizzano Chappie per ultimare il loro colpo. Tornati alla base, Deon arriva di corsa per avvertirli dell’imminente attacco del MOOSE. Inizia così un lungo scontro tra il robot guidato da Moore e Costumi: Dianna Cilliers Effetti: Image Engine Design, Weta Workshop Ltd. Interpreti: Sharlto Copley (Chappie), Dev Patel (Deon Wilson), Ninja (Ninja), Yolandi Visser (Yo-Landi), Jose Pablo Cantillo (Yankie), Sigourney Weaver (Michelle Bradley), Hugh Jackman (Vincent Moore), Eugene Khumbanyiwa (King), Brandon Auret (Hippo) Sharlto Copley (Chappie), Dev Patel (Deon Wilson), Ninja (Ninja), Yolandi Visser (Yo-Landi), Jose Pablo Cantillo (Yankie), Sigourney Weaver (Michelle Bradley), Hugh Jackman (Vincent Moore), Eugene Khumbanyiwa (King), Brandon Auret (Hippo) Durata: 120’ Chappie che si pone a difesa di Deon e dei criminali, ormai diventati dei secondi genitori. Nello scontro, Deon viene ferito e Yolandi uccisa; ciononostante Chappie riesce ad avere la meglio distruggendo il robot nemico. Il robot porta il creatore ferito nella sede della Tetravaal e, grazie ad uno speciale casco neurotrasmettitore, riesce a mappare la coscienza di Deon e a trasferirla nel corpo di un robot. Deon, ripresosi, intima a Chappie di fare lo stesso, avendo la batteria quasi scarica e rischiando così di morire. Deon e Chappie sono quindi salvi, entrambi in un nuovo corpo robotico. Raggiunto Ninja, il criminale compagno di Yolandi, scopriamo che Chappie aveva memorizzato la coscienza della donna e così riesce a trasferirla nel corpo di un robot, riportandola in vita. l sudafricano Neill Blomkamp, classe ’79, torna a raccontare, dopo lo stupefacente District 9, una Johannesburg dispotica e futuristica. Siamo quindi, ancora una volta, di fronte a una tecno-metropoli calpestata dai problemi di ieri – criminali relegati al sottosuolo come giocattoli difettosi - e le soluzioni di domani: la cooperazione tra umani e droni, l’utilizzo della tecnica a favore della sicurezza, l’eliminazione fisica di tutto quello che è fuori dall’ordine costituito. Tutto sembra andare per il meglio, anche e soprattutto a Deon, inventore dei fantastici “droni dell’ordine”, apprezzato e celebrato dalla sua azienda. A Deon però questo non basta, e come vuole la natura umana, egli tenta di scoprire l’inscopribile, di creare l’increabile, di tentare il mai tentato: sviluppare un robot con una coscienza umana. Ecco dunque il vero tema centrale della pellicola. Chappie, nelle sue prime ore di esistenza, si pone verso il mondo con l’innocenza e lo stupore di un bambino di pochi anni. Ma se Deon farà di tutto per costruirgli attorno una magica bolla di sapone che lo protegga I 49 dall’orribile mondo reale, Ninja e Yolandi, prima aguzzini, poi genitori, lo costringeranno a confrontarsi con la durezza della strada e la crudeltà dell’uomo, insegnandoli che non si può essere soltanto buoni, che bisogna sapersi difendere, che soltanto i più forti saranno destinati a sopravvivere. In questo senso il film di Blompkamp ricalca, con la stessa sensibilità, le tematiche di District 9, ricreando quella piacevole amalgama di fantascienza e etica, di domande aperte e questioni morali, che, prima o poi, saremo costretti ad affrontare. Se nel primo lungometraggio tuttavia, questo tema rimaneva una costante per tutta la durata, nel caso di Humandroid Blompkamp sembra voler alleggerire, intrattenere e quindi divertire. La trasformazione di Chappie in gangstar, i personaggi di Ninja e Yolandi, interpretati da Watkin Tudor Jones e Yolandi Visser, esponenti del gruppo Die Antwoord alla loro prima apparizione sul grande schermo, cattivi poco credibili, troppo macchiettistici per incutere timore, e, in fondo, nobili d’animo o ancora le gag con il robot, le esplosioni, i muscoli, le armi esagerate, i colori accesi e via dicendo, sono tutti elementi che, pur divertendo, tolgono profondità alla pellicola, relegandola, per buona parte della durata, a puro entertainment. Il risultato finale è un ibrido di confusa intenzione, a metà tra un action ironico e scanzonato e un scienze fiction morale e distopico. Ai difetti vanno inoltre aggiunti l’opaco Hugh Jackman, villain senza spessore, e la quasi invisibile Sigourney Weaver, relegata a un ruolo di secondo piano. Nell’insieme dunque, Humandroid diverte, ma non convince, accenna, ma non approfondisce, restando un film riuscito a metà; un’occasione persa, che ci fa tuttavia sperare che il bravo Blompkamp possa tornare ai fasti di District 9. Tempo e talento non mancano di certo. Giorgio Federico Mosco Film Tutti i film della stagione IL RICCO, IL POVERO E IL MAGGIORDOMO Italia, 2014 Regia: Aldo, Giovanni, Giacomo, Morgan Bertacca Produzione: Paolo Guerra per Medusa Film, Agidi Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 11-12-2014; Milano 11-12-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Aldo, Giovanni, Giacomo, Valerio Bariletti, Morgan Bertacca, Pasquale Plastino Direttore della fotografia: Gianni Fiore Coltellacci Montaggio: Luigi Mearelli Musiche: Marco Sabiu Scenografia: Eleonora Ponzoni Costumi: Patrizia Chericoni Interpreti: Aldo (Aldo), Giovanni (Giovanni), Giacomo (Giacomo), Giuliana Lojodice (Calcedonia), Guadalupe Lancho (Dolores), Sara D’Amario (Camilla), Massimo Popolizio (Pa- G iacomo è uno spregiudicato broker finanziario che per un colpo di stato nel Paese africano di cui ha comprato i fondi di investimento vede annullate tutte le sue sostanze e quelle dei suoi clienti: la villa sequestrata, la moglie che lo abbandona per rifugiarsi nella ricca magione sul lago del padre rappresentano lo scenario in cui Giacomo è costretto a organizzare la sua nuova esistenza. Di questa fa strettamente parte Giovanni, suo maggiordomo fin dagli inizi della carriera che non può abbandonarlo perché anche la sua liquidazione è svanita nei fondi africani; in compenso Giovanni è stato abbandonato da Dolores, cuoca nella villa di Giacomo che, dopo una relazione di due anni col maggiordomo, non riuscendo a farsi sposare da lui se ne è tornata di gran carriera in Venezuela. Padrone e maggiordomo si imbattono però in un’altra figura, Aldo, venditore abusivo che vive con la madre Calcedonia, unica fonte di reddito con i suoi lavori di sarta e rammendatrice, allenatore di una squadra di calcio composta da bambini extracomunitari. Il fatto è che Giovanni e Giacomo investono con la macchina Aldo in fuga dai vigili e sono costretti a transare un, sia pur minimo, risarcimento che l’investito è destinato a non vedere mai perché di soldi non ce n’è per nessuno, tutti nei fondi africani! Non resta a tali maldestri amici che sistemarsi in casa di Calcedonia, subire le sue burbere pretese e inventarsi qualcosa per uscire dall’impasse. L’invenzione che viene in mente ai tre sarebbe questa: far passare Aldo, opportunatamente truccato e vestito, per un ricco petroliere dell’Azerbajan che così possa convincere Assia, occhiuta dirigente di dre Amerigo), Rosalia Porcaro (Samantha), Francesca Neri (Assia), Giovanni Esposito (Poliziotto aeroporto), Christian Ginepro (Burocrate), Chiara Sani (Luana), Lorenzo Covello (Cristian), Abdoulaye Ndiaye (Babatunde), Alessandro Bendinelli (Giangiacomo jr), Alfredo Jorge Peralta Hilares (Mariachi), Samuel Jaimes Gerson (Mariachi), Martin Alfonso Lopez Chavez (Mariachi), Gabriel Andree Otoya Angulo (Mariachi), Pedro Sarubbi (Kebabbaro), Cesare Gallarini (Vigile), Marco Merlini (Cameriere ristorante), Federica Famea (Segretaria Giacomo), Andrea Ramilli (Impresario pompe funebri), Daniela Vecchi (Proprietaria negozio libri), Valentina Bardi (Fioraia), Franco Maino (Suocero di Giacomo), Giorgio Centamore (Cliente Golf Club) Durata: 102’ un istituto finanziatore a concedere il credito necessario a Giacomo, e quindi agli altri due, per rimettersi in piedi. Le cose però non vanno lisce perché Assia, rivelatasi presto una mangiatrice di uomini e profondamente delusa dall’incapacità seduttiva del falso petroliere (traumatizzato fin da giovane perché abbandonato dalla futura sposa il giorno delle nozze) rifiuta ogni firma e ogni sostegno finanziario. Altri due avvenimenti si aggiungono all’esistenza complicata dei tre; la morte di Calcedonia e il matrimonio di Giovanni con Dolores richiamata precipitosamente dal Venezuela e ricomparsa con tre figli al seguito: il funerale e il matrimonio celebrato nella stessa occasione dall’amico padre Amerigo potrebbe significare la fine della vecchia vita e l’inizio di una nuova: forti degli insegnamenti di Calcedonia i tre organizzano una piccola impresa ambulante di taglio, cucito e riparazioni veloci su misura. Tale iniziativa si rivela presto redditizia e forse può costituire la base per un futuro migliore per tutti. on si può avere una vis comica dirompente all’infinito, originale e spumeggiante come quando è nata; è valido per tutti, forse, addirittura, anche per il grande Totò; è normale quindi per Aldo, Giovanni e Giacomo mostrare in questo ultimo film qualche segno di logoramento che certamente è stato evidente in primis proprio a loro, gente di spettacolo consumata e particolarmente sensibile ai cali di tensione e d’ispirazione. Tutto questo è reso evidente dal fatto che alla sceneggiatura hanno messo mano sei persone, una delle quali, Morgan Bertac- N 50 ca, ha anche collaborato alla regia in senso stretto. Come se Aldo, Giovanni e Giacomo sentissero la necessità di un sostegno per una impalcatura che non stava in piedi. Effettivamente la storia continua a girare su se stessa senza riuscire a prendere una strada definita; si ride raramente in questo film che dovrebbe essere esplosivo, avvincente ma non lo è; è privo invece di freschezza, novità, fantasia e originalità che non dovrebbe mai mancare nel cammino degli eroi della risata. Succede quindi che l’opera subisca una sorta di regressione nel mantenere validi i momenti in cui i tre, costretti in ambienti risicati e avulsi per qualche momento dallo sviluppo della storia danno il meglio nelle gag e nei non sense veloci apparentemente senza ragione, ricordo della precedente fortuna conquistata sulle tavole del palcoscenico e negli sketch televisivi. Quando invece la loro presenza si dilata nell’appartenere all’evoluzione del film, la loro forza si scioglie e la loro presenza perde completamente di mordente. Interessante invece, davvero un valore aggiunto che colora in più di un momento la storia, conferendole quel ritmo ironico spesso latitante è la partecipazione di due attori di “contorno”, Giuliana Lojodice e Massimo Popolizio che da tempo iniettano linfa vitale sulle nostre scene e sui nostri schermi, regalandoci dei preziosissimi squarci di ritmo e recitazione. Forse i tre potrebbero provare a fare solo gli attori, su storie e sceneggiature di altri e da altri diretti per prodursi in quel rinnovamento di idee e presenza scenica di cui hanno bisogno. Fabrizio Moresco Film Tutti i film della stagione THE SEARCH (The Search) Francia, 2014 Regia: Michel Hazanavicius Produzione: Thomas Langmann, Michel Hazanavicius per Petite Reine, La Classe Américaine, France 3 Cinema, Orange Sudio, Wild Bunch, Search Production, Sarke Sudio/Gfig Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 5-3-2015; Milano 5-3-2015) Soggetto: ispirato al film “Odissea tragica” (1948) di Fred Zinnemann Sceneggiatura: Michel Hazanavicius Direttore della fotografia: Guillaume Schiffman 1 999: seconda guerra cecena. Quattro persone sono coinvolte nel tritatutto degli orrori: Kolja, ragazzo russo di vent’anni, viene colto per strada in possesso di uno spinello e con questo pretesto è mandato nei reparti di addestramento. La sua personalità remissiva, allegra, gioviale e per nulla propensa alla violenza viene modificata e strutturata a servizio del fronte di guerra, grazie a un addestramento durissimo fatto di soprusi e aggressività. Quando arriva in prima linea, Kolja impara subito a sparare ai civili e a superare presto il terribile impatto della violenza sulle persone inermi. Il piccolo Hadji di nove anni assiste dalla finestra di casa nel villaggio occupato dai russi all’uccisione di suo padre e sua madre; la sorella Raissa, salvatasi casualmente, ritorna a casa e non trova Hadji e nemmeno l’altro fratellino ancora in fasce che Hadji ha depositato intanto presso una famiglia di ceceni per proseguire il suo camino, fino a raggiungere un centro di accoglienza organizzato da forze dell’Unione Europea. Carole, un’attivista dei diritti umani che si batte da tempo in sterili e inutili conferenze per dimostrare lo stato di devastazione della Cecenia, accoglie con sé Hadji che, profondamente traumatizzato e chiuso in un mutismo assoluto, trova per la prima volta quel calore e quella dolcezza che gli mancavano da tempo. Carole, da parte sua, per la prima volta sente di fare un’azione che esula dall’asfittica e ridicola organizzazione burocratico/ umanitaria a cui è abituata e chiede a Helen, responsabile del centro di accoglienza, di aiutarla nelle procedure di affidamento ufficiale di Hadji. Nel vortice casuale e fortunoso degli eventi di guerra anche Raissa e il neonato arrivano in quei luoghi alla ricerca di Hadji: la riunione della famiglia è commovente anche se Carole intende che Montaggio: Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius Scenografia: Emile Ghigo Costumi: Les Rincali Effetti: Georges Demétrau, Philippe Aubry Interpreti: Bérénice Bejo (Carole), Annette Bening (Helen), Maxim Emelianov (Kolia), Zukhra Duishvili (Raïssa), AbdulKhalim Mamatsuiev (Hadji), Lela Bagakashvili (Elina),Yuriy Tsurilo (Colonello), Anton Dolgov (“Pocket”), Mamuka Matchitidze (Padre), Rusudan Pareulidze (Madre) Durata: 159’ andranno in fumo tutti i suoi progetti di affidamento del piccolo orfano. ì, forse è vero che non si tratta di un film straordinario questo parziale remake di Odissea Tragica (Zinneman, 1948) con Montgomery Clift; forse è davvero incolore la passione registica limitata a un piatto e rimasticato giudizio su quanto sia dura la guerra vista come male assoluto; davvero sembrerebbe banale questa trattazione forgiata su un cumulo di luoghi comuni e sulla retorica dei sentimenti utilizzati senza risparmio né rispetto. Noi, a dir la verita, abbiamo trovato due incubi: la trasformazione del bonaccione russo (ci ricorda “Palla di Lardo” di Kubrick) in una macchina per uccidere, non solo, ma capace di usare la violenza più assurda e inaspettata sui propri compagni più deboli e la certezza della normalità dimostrata nello sterminio della popolazione inerme, bambini che vanno a scuola, vecchi che fuggono, donne paralizzate dal terrore. La modalità ristrutturativa del reparto di addestramento russo (al cui confronto il campo di Parris Island, è sempre Kubrick, sembra il Paese dei Balocchi), basata soprattutto sulla violenza all’ultimo sangue da parte di superiori, parte imbecilli parte psicopatici e sulla continua e persecutoria oppressione del nonnismo da caserma fa sprofondare lo spettatore nella consapevolezza amara di quanto sia lungo ancora il cammino verso la civiltà di questo pianeta. È un incubo di sangue e di assurdità questo, altro che mancanza di passione e sfoggio di retorica, è il constatare che la nascita della violenza e della spietatezza può avvenire in qualsiasi momento, intorno a noi, con noi, dentro le nostre case, dentro di noi. Secondo incubo: il piccolo orfano che raggiunge prima la salvezza e poi ritrova quel che resta della sua famiglia. La sua attesa muta mentre guarda dal- S 51 la finestra la fine dei genitori; l’accettazione dell’accaduto senza un fiato e lo slancio e l’abnegazione nel portare con sé nella fuga anche il fratellino e il suo doloroso abbandono in mani sicure; lo smarrimento di fronte alle divise di ogni genere, alla gente in fuga su camion o a piedi; lo sguardo di fronte a un pezzo di pane che finalmente gli è donato da una mano amica, il primo calore di una casa e di una persona che lo accolgono; lo scioglimento del suo mutismo serrato e lancinante, la gioia animalesca nel riabbracciare sorella e fratello. Abbiamo indicato uno dopo l’altro i punti salienti (solo il picco di una piramide, ce ne sono altri e tantissimi) di un dolore che ha colpito non solo i nostri sentimenti, ma la coscienza della nostra incapace, arida inutilità di fronte a questa tragedia, di fronte a ogni tragedia. Siamo convinti di dover lasciare dietro le spalle la sottolineatura di manierismo espressa da alcuni critici con il sopracciglio alzato e apprezzare la passione, il coinvolgimento e l’impegno civile con cui il regista Hazanavicius ha trattato così tanta disperazione con la forza lucida e innocente di un’etica senza risparmio, di una denuncia scarna e senza commenti politicizzati. Dovremmo parlare di un altro “incubo” cioè l’ignoranza, il disinteresse, la stupida impotenza delle organizzazioni umanitarie europee affogate nella noia e nella viltà di continue e sterili riunioni, utili solo per il gettone del loro rimborso spese; non ce n’è bisogno, basta la durezza e la denuncia senza parole con cui Hazanavicius presenta le scene in uno stato di accusa senza ritorno. Resta la forza d’animo e la civiltà dei personaggi interpretati da Annette Bening e dalla Bejo (moglie di Hazanavicius), restano gli occhi del piccolo Hadji a vigilare sul nostro cuore e sulla nostra ragione. Fabrizio Moresco Film Tutti i film della stagione FORZA MAGGIORE (Turist) Danimarca, Francia, Norvegia, Svezia, 2014 Regia: Ruben Östlund Produzione: Plattform Produktion Ab, Parisienne, Coproduction Office Aps, Motlys Distribuzione: Teodora Film Prima: (Roma 7-5-2015; Milano 7-5-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Ruben Östlund Direttore della fotografia: Fredrik Wenzel Montaggio: Ruben Östlund, Jacob Secher Schulsinger U na giovane famiglia svedese è in vacanza in un lussuoso albergo situato sulle Alpi francesi. Tomas, Ebba ed i loro figli Vera e Harry passano il primo felice giorno sulle piste da sci. Il secondo giorno, dopo essersi fermati a pranzo in una baita, assistono alla caduta di una valanga controllata, che rischia però di colpirli. Tomas, da prima calmo, viene colto da panico e fugge lasciando i figli e la moglie inermi. Passato il pericolo, torna al tavolo come nulla fosse. Ebba è sotto shock. La sera stessa la coppia va a cena con degli amici. La donna racconta l’episodio accaduto, ma Tomas nega di essere fuggito, sostenendo che la moglie abbia male interpretato il suo gesto. Ne nasce una forte discussione. Il giorno seguente la moglie decide di sciare per conto proprio, essendo innervosita dal comportamento del marito. Tomas si occupa dei figli. Le litigate tra i due continuano. Il piccolo Harry percepisce il nervosismo e piange più di una vol- Musiche: Ola Fløttum Scenografia: Josefin Åsberg Costumi: Pia Aleborg Interpreti: Johannes Kuhnke (Tomas), Lisa Loven Kongsli (Ebba), Clara Wettergren (Vera), Vincent Wettergren (Harry), Kristofer Hivju (Mats), Fanni Metelius (Fanni), Karin Myrenberg (Charlotte), Brady Corbet (Brady) Durata: 118’ ta, pregando il padre di “non divorziare dalla mamma”. Arrivati a metà settimana, i due vengono raggiunti da una coppia di amici: Mats, uomo maturo e pacato e Fanni, giovane ed energica. Dopo aver cenato serenamente tutti insieme, Ebba decide di raccontare una volta ancora l’episodio della slavina e una volta ancora il marito nega il tutto. A questo punto la moglie, esasperata, ricorda che Tomas stava riprendendo il video con il telefono e così mostra l’ineccepibile video agli amici e al marito stesso, che è finalmente costretto ad ammettere l’accaduto. Ne nasce una discussione sul comportamento degli esseri umani in casi estremi e Mats tenta di difendere Tomas, spiegando che è impossibile prevedere come ci comporteremmo in un’occasione simile. Tornando in camera tuttavia, litiga con Fanni che ne mette in dubbio il coraggio e la predisposizione al sacrificio. Il giorno dopo Mats e Tomas passano l’intera giornata insieme, confrontandosi e sostenendosi a vicenda. 52 Tornato all’albergo, Tomas ha una crisi di pianto durante la quale ammette alla moglie la sua inadeguatezza e la sua frustrazione. I bambini lo consolano. Arrivati all’ultimo giorno, la famiglia decide di andare sulle piste nonostante la nebbia e il forte vento. Tomas decide di partire per primo. Ebba si perde nella nebbia e urla in cerca di aiuto. Il marito torna indietro e la salva. La famiglia è quindi riunita sull’autobus che li riporterà verso casa. L’autista si rivela tuttavia evidentemente incapace. Ebba, colpita da panico, lo intima di aprire le porte e scende lasciando dietro a se’ i figli ed il marito. Poco dopo tutti i passeggeri abbandonano il veicolo e si incamminano. Un uomo offre una sigaretta a Tomas. Dopo aver rifiutato, l’uomo ritratta ed esclama fieramente: “Si, fumo”. incitore del Premio della Giuria per la sezione Un Certain Regard a Cannes nel 2014 e distribuito dalla casa di produzione indipendente Plattform Produktion (di cui il regista è cofondatore), il lungometraggio del talentuoso Ruben Östlund, classe 1974, approfondisce l’interessante e dibattuta tematica delle reazioni degli esseri umani di fronte a pericoli estremi e minacce incombenti. Ebba e Tomas infatti, apparentemente felici, benestanti ed appagati, vengono messi in crisi dall’istintiva reazione del marito di fronte ad una valanga. Reazione che lo porta a fuggire e a salvarsi, invece di difendere moglie e figli. Si può davvero condannare un individuo per aver semplicemente avuto paura? Cosa può la razionalità di fronte all’istinto di sopravvivenza? Ed ancora, sono le madri portate per natura al sacrificio e alla difesa dei propri figli, o seguono semplicemente lo schema previsto dal loro ruolo sociale? Domande queste, a cui il regista svedese tenta di dare risposte, non soltanto con V Film uno script valido, ma anche e soprattutto con le immagini. Dove infatti manca la sceneggiatura (troppe le scene di cui si poteva fare a meno), sono le infinite sequenze, i movimenti esasperatamente lenti e asettici della macchina da presa, a raccontare il vuoto, la monotonia, la catena di montaggio della vita di una coppia che non sembra mai davvero volersi bene, troppo impegnata a fare ciò che deve senza chiedersi davvero ciò che Tutti i film della stagione vuole. Östlund, che nasce come documentarista e regista di video sciistici, in Forza Maggiore sembra voler tornare alle origini, galleggiando tra la bianca neve delle Alpi francesi a ritmo flemmatico, senza però dimenticare una certa ironia, un certo divertimento nel raccontare le disperazioni di una coppia sull’orlo di una crisi di nervi. In questo senso, è in particolare il tema musicale a giocare con lo spettatore e ad avvertirlo prima di determinate scene, scene nelle quali sta per “cambiare il vento”. Nonostante un finale esageratamente simbolico, Forza Maggiore risulta un’opera convincente, solida, girata egregiamente e ben raccontata dai suoi interpreti, che conferma il talento di un regista eclettico e tecnicamente preparato, dal quale non ci si può che aspettare grandi cose. Giorgio Federico Mosco MINISCULE – LAVALLE DELLE FORMICHE PERDUTE (Miniscule – La vallée des fourmis perdues) Francia, Belgio, 2014 Regia: Thomas Szabo, Hélène Giraud Produzione: Futurikon Films, in coproduzione con Nozon Paris, Nozon Sprl, Entre Chien et Loup, 2D3D Animations Distribuzione: Academy Two Prima: (Roma 22-1-2015; Milano 22-1-2015) Soggetto: dalla serie Tv animata (2006) ideata da Thomas I n un luogo deserto nel cuore di una valle naturale, una coppia di giovani amanti ha appena terminato un pranzo al sacco. Il giovane sta prendendo un pisolino sotto gli alberi di pino, mentre la sua ragazza, che è incinta, sta leggendo un libro e sgranocchiando fragole. All’improvviso la giovane donna comincia ad avere le contrazioni. Il suo compagno si sveglia in uno stato di panico e la aiuta p. I futuri genitori si precipitano fuori in macchina, lasciando la tovaglia con i resti della loro picnic dietro di loro. Allo stesso tempo, non molto lontano, sotto le foglie ai margini di una radura, una coccinella è dare vita a tre bug bambino. Dopo la loro prima lezione su come decollare e volare, la piccola famiglia comincia a tornare a casa. Se non fosse che la coccinella più piccolo è anche il più intrepido e preferisce scoprire il mondo esterno per obbedire a sua madre e si toglie da solo nella foresta. Ben presto, la piccola coccinella coraggiosa incontra una banda di mosche che lo provocano e lo inseguono. La coccinella cerca di scappare, ma, a causa della sua mancanza di esperienza si è presto superato dalla banda, perde il controllo e cade in un crepaccio. Lasciato per morta dalle mosche, la coccinella arriva lentamente e si rende conto che ha perso un’ala nell’incidente. Quando scende la notte, si striscia fuori del crepaccio e chiama i suoi genitori. Szabo e Hélène Giraud Sceneggiatura: Thomas Szabo, Hélène Giraud Musiche: Hervé Lavandier Scenografia: Franck Benezech Effetti: Nozon Durata: 89’ Come nessuno risponde, la coccinella inizia a vagare nella foresta sotto la pioggia battente e, infine, trova rifugio in una scatola di zollette di zucchero abbandonati dalla giovane coppia. Il giorno seguente, una colonna di formiche nere, attratti dal profumo di zucchero, si dirige verso la scatola di latta. Su ordini da loro capo, la mandibola, le formiche operaie sollevano la scatola. Poco dopo, la coccinella, che era rimasto all’interno della scatola, salva la vita delle formiche una lucertola, guadagnando così il suo posto tra le formiche. Ma è solo l’inizio di una serie di avventure, perché la coccinella e le formiche nere incontreranno un avversario temibile: le formiche rosse. Convinte che dandogli come pedaggio una zolletta di zucchero e cambiando strada, riusciranno a scamparla, non si accorgono che le formiche rosse le seguono e le raggiungono nel formicaio, mettendolo sotto attacco. Grazie all’ingegno di una formica nera pazzoide, la coccinella si ricorda che nel pic – nic lasciato dagli umani c’era un pacco di fiammiferi, che potrebbero accendere dei fuochi d’artificio nascosti in fondo al formicaio. Così, mentre le formiche posizionano i fuochi d’artificio, la coccinella vola a recuperare i fiammiferi e riesce anche a salvare una coccinella femmina da un gruppo di mosche teppiste, vendicandosi anche di un torto subìto da cucciolo. Tornato al formicaio, la coc53 cinella consegna i fiammiferi e le formiche debellano l’attacco mandando via le rosse. Adesso è il momento della ricostruzione. Passa del tempo, la coccinella si è sposata con la femmina che aveva salvato e ormai ha la sua famiglia. Spesso torna al formicaio, ormai ricostruito e più saldo di prima, dove trova sempre ad attenderlo il suo migliore amico, la formica. er poco, non ha vinto l’Oscar come miglior film d’animazione. Minuscule di Thomas Szabo e Hélène Giraud è un delizioso capolavoro che si avvicina molto a Shaun, vita da pecora – Il film. Perché in entrambe le pellicole, i personaggi non parlano, ma si esprimono con rumori, suoni buffi ed espressioni facciali. La formica fischia, le mosche rombano come centauri sulle Harley, la coccinella ronza. Gli sguardi intensi degli insetti sono adorabili, seppur i loro occhi siano costituiti semplicemente da due grandi tondi bianchi, con al centro due pallini neri per pupille. La sceneggiatura è semplice, ma piena di vere situazioni comiche degne di Buster Keaton e Charlie Chaplin. Senza mai andare oltre e forzare quella che è la natura degli insetti, Szabo e Giraud raccontano una comicità muta impressionante; insomma Minuscule è il vero Bug’s life. Lotte per la sopravvivenza e la dura legge della Natura sono i padroni, ovviamente, del film, P Film ma non per questo non cedono il passo anche a buoni sentimenti. L’amicizia, anzi tutto, tra due esseri completamente diversi, che scoprono similitudini e analogie; magari gli esseri umani andassero oltre il colore della propria pelle, come la formica e la coccinella vanno al di là della loro fisionomia. Altro concetto affrontato è la famiglia: senza ci si sente persi. La coccinella, seppur trovando una nuovo nucleo di appartenenza nel formicaio, non dimentica mai le sue origini e, anzi, sogna spesso i suoi genitori e le sue sorelle; talmente tanto forte il desiderio di affetto Tutti i film della stagione e calore, che alla fine il protagonista si creerà una sua, di famiglia. C’è anche una bella sferzata al bullismo, che di questi tempi è un insegnamento sacrosanto da impartire alle nuove generazioni. Infine, c’è il forte concetto de “l’unione fa la forza” e non esistono in natura esseri viventi che lo rappresentino meglio come le formiche: capaci di spostare enormi oggetti, superare ostacoli, se uniti e compatti. Dal punto di vista tecnico è interessante è l’uso di scenari reali, su cui poggiano queste creature realizzate in computer grafica, che ricorda la commistione tra umani e cartoni della tradizione Disney. Se poi il girato è stato effettuato sul massiccio dell’Ecrins e nel Parco Nazionale di Mercantour, allora l’effetto finale è davvero sorprendente e mozzafiato. Diverse le citazioni cinematografiche disseminate nel film, ma la più sorprendente è la scena che omaggia Il Signore degli Anelli – Le due Torri, in cui viene riprodotta in scala, la battaglia del Trombatorrione. Dopo aver visto Minuscule, si comincia a guardare le formiche con occhi diversi. Touché. Elena Mandolini SAMBA (Samba) Francia, 2014 Regia: Eric Toledano, Olivier Nakache Produzione: Quad Films, Ten Films, Gaumont, TF1 Films Production, Korokoro Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 23-4-2015; Milano 23-4-2015) Soggetto: dal romanzo omonimo di Delphine Coulin Sceneggiatura: Eric Toledano, Olivier Nakache, Delphine Coulin (collaborazione), Muriel Coulin (collaborazione) Direttore della fotografia: Stéphane Fontaine Montaggio: Dorian Rigal-Ansous I l senegalese Samba è a Parigi da dieci anni, ospite di uno zio con cui lavora nella cucina di un ristorante dove è apprezzato per i suoi modi, la sua capacità e la sua simpatia. Purtroppo dalla sera alla mattina riceve dalla prefettura l’ordine di comparire in tribunale per la conferma di documenti che Samba non possiede. Si rivolge quindi a uno dei centri di accoglienza per ricevere aiuto e costituire con le testimonianze quell’identità non documentabile dai pezzi di carta. Nel centro, conosce Alice, dirigente aziendale che sta trascorrendo un periodo di volontariato dopo i disturbi psichici causati dal forte stress professionale che l’ha completamente esaurita e messa a terra. Da questo momento, la storia prende due strade ben precise che si confondono l’una sull’altra, allontanandosi e avvicinandosi subito dopo. Da un lato Samba che per il pronunciamento del tribunale è diventato un clandestino, deve vivere nascosto, accettare i lavori più umili e dequalificati Musiche: Ludovico Einaudi Scenografia: Nicolas de Boiscuillé Costumi: Isabelle Pannetier Effetti: Digital District Interpreti: Omar Sy (Samba), Charlotte Gainsbourg (Alice), Tahar Rahim (Wilson), Izïa Higelin (Manu), Issaka Sawadogo (Jonas), Hélène Vincent (Marcelle), Youngar Fall (Lamouna), Christiane Millet (Madeleine), Liya Kebede (Gracieuse), Clotilde Mollet (Josiane) Durata: 118’ e adottare un sistema di azioni e spostamenti che possano fargli evitare l’incontro con la polizia. Dall’altro Samba comincia a essere protagonista di una storia d’amore con Alice che entrambi riconoscono e, nello stesso tempo, sono convinti non possa portare lontano. Sono le ultime vicissitudini del giovane senegalese e la rinnovata capacità di Alice a riprendere il lavoro in azienda, cosa resa ora possibile dallo scopo che lei sente di avere oltre la propria affermazione professionale, a gettare definitivamente i due l’uno nelle braccia dell’altra per iniziare un percorso verso un’ipotetica felicità. ll’origine c’è un romanzo, “Samba pour la France” della regista e scrittrice Delphine Coulin, poi il lavoro di sceneggiatura e regia di Toldano e Nakache; i due autori, campioni d’incasso planetario con il loro Quasi amici, sempre protagonista Omar Sy, hanno voluto riproporre un’altra storia di A 54 incontro/scontro tra occidentali stanziali, colti, ricchi e ammalati, lì addirittura un disabile grave, qui una manager sbiancata e depressa e il mondo degli extracomunitari mai riconosciuti, né legittimati, ma sempre in fuga. Intorno una città, la capitale della Francia libertaria e accogliente da secoli ma indifferente a problemi sociali di questa portata, pronta a utilizzare la manovalanza nera senza accorgersi di niente e di nessuno. Intorno ancora un’amministrazione dello Stato che non sa che pesci prendere, ora persecutoria, ora indulgente, la polizia e, spesso ridicolmente inetta, l’organizzazione di sostegno sociale deputata a risolvere problemi destinati a rimanere insoluti. Il film si muove (poco) alternando commedia e tragicità, scoppi di allegria e dolore senza mai prendere una strada certa che possa rappresentare la linea retta di un racconto interessante; forse l’orribile e tristissimo episodio della strage nella redazione del giornale satirico può avere pesato nel tenere il film in una situazione Film Tutti i film della stagione statica, quasi di stallo che rende le due ore di durata un tempo immenso che sembra non finire mai. Lo stesso rapporto tra il simpaticissimo Omar Sy e l’esangue Charlotte Gainsbourg appare da subito per quello che è e diventerà senza che sia aggiunto altro nel corso del film. Interessante, invece, la presenza di Tahar Rahim che, accantonata la delusione di Il padre, ci offre un’interpretazione piacevolissima, di un arabo che si fa passare per brasiliano, guascone e sciupafemmine, pronto a far tutto senza saper fare niente, ma presente come amico e come persona che con intelligenza e furbizia cerca di sopravvivere in questo mondo impazzito e senza futuro. Fabrizio Moresco IL PADRE (The Cut) Germania, Francia, Italia, Polonia, Turchia, Russia, 2014 Regia: Faith Akin Produzione: Bombero International, in coproduzione con Pyramide Productions, Pandora Filmproduktion, Corazón International, NDR, Ard Degeto, France3 Cinéma, Dorje Film, Bim Distribuzione, Mars Media Entertainment, Opus Film, Jordan Films, Anadolu Kültür, Panfilm Distribuzione: Bim Prima: (Roma 9-4-2015; Milano 9-4-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Faith Akim, Mardik Martin Direttore della fotografia: Rainer Klausmann Montaggio: Andrew Bird Musiche: Alexander Hacke Scenografia: Allan Starski Costumi: Katrin Schendorf Effetti: Scanline VFX Interpreti: Tahar Rahim (Nazaret Manoogian), Sevan 1 915, Mardin, centro della Turchia abitato da numerose famiglie armene. Le milizie del movimento nazionalista che sostituirà presto e definitivamente il morente Impero Ottomano con la nuova repubblica, rastrellano il villaggio portando via tutti i giovani armeni. È l’inizio di uno dei grandi massacri etnici ancora in corso di elaborazione da parte degli storici. Il fabbro Nazareth Manoogian, separato dalla sua famiglia che presto sarà massacrata insieme alle altre, comincia il suo calvario di deserto in deserto, tra- Stephan (Barone Boghos), Shubham Saraf (Levon), Dina Fakhoury (Lucinée Manoogian), Zein Fakhoury (Arsinée Manoogian), Andrea Hessayon (Sig.ra Balakian), Hindi Zahra (Rakel), George Georgiou (Vahan), Akin Gazi (Hrant), Arévik Martirossian (Ani), Hatun Kazci (Delal), Bartu Küçükçaglayan (Mehmet), Feridun Koç (Dursun), Makram Khoury (Omar Nasreddin), Kevork Umezian (Ali), Kiram Umezian (Riza), Simon Abkarian (Krikor), Anna Savva (Sig. ra Krikorian), Kevork Malikyan (Hagob Nakashian), Arsinée Khanjian (Sig.ra Nakashian), Carlos Riverón (Todd), Carlos Calero (Alvin), Moritz Bleibtreu (Peter Edelman), Joel Jackshaw (Tom), Dustin MacDougall (Henry), Alejandro Rae (Danny), Badasar Calbiyik (Arman), Lara Heller (Lucinée e Arsinée Manoogian), Numan Açar (Manuel), Trine Dyrholm (Direttrice orfanotrofio) Durata: 138’ scinato dai soldati che ne ordinano un giorno una sbrigativa esecuzione all’arma bianca. Il suo carnefice ne ha pietà e non lo uccide ma lo ferisce profondamente alla gola togliendogli per sempre l’uso della parola. Presto in fuga dalla catasta dei morti suoi compagni, Nazareth è aiutato da un mercante turco di spezie che lo nasconde in casa sua, situata in un grosso centro di commercio dove il ferito si rimette in piedi. Cominciano intanto a propagarsi le notizie sulle stragi di armeni perpetrate dai turchi e Nazareth viene a sapere così che di tutta la sua famiglia si sono salvate 55 le sue due figlie amatissime di cui nessuno ha però traccia. Ben presto il filo si dipana perché intanto la guerra è finita, la nuova Turchia sta nascendo lasciandosi alle spalle i massacri etnici; nella vita ritornata quasi alla normalità, Nazareth viene a conoscenza che le figlie sono state promesse in matrimonio a due ricchi mercanti armeni residenti a Cuba dove lui si dirige subito imbarcandosi su un cargo come sguattero. La pista però non finisce ancora perché i matrimoni non si sono realizzati e le due giovani hanno preferito raggiungere l’America, Minneapolis. Film Nazareth non si dà per vinto e con mezzi di fortuna arriva nella città americana dove riesce a ricongiungersi finalmente con una delle due ragazze perché l’altra è nel frattempo morta di malattia. i sembra un film rimasto a metà di vari generi o quantomeno caratterizzato da tanti elementi che però non lo fanno appartenere a nessuno. Evidente da parte del regista Fatih Akin la scelta del kolossal alla David Lean dopo le prime esperienze maggiormente minimaliste, La Sposa Turca tanto per intenderci; è altrettanto evidente che se non C Tutti i film della stagione si è abituati a conduzioni simili, se non è congeniale la gestione del grande spazio, sia esterno che intimo ed emotivo, il risultato è traballante, una specie di stop and go di scene e racconti che non riescono a raggiungere nessuna strada maestra. Anche la scelta del subitaneo mutismo del protagonista che dura quasi tutto il film sfianca e appiattisce la conduzione della storia, imprigionando il protagonista, e noi con lui, in una statuarietà senza sviluppo da cui affiora ben poco; anche il singolare ed emozionante gemellaggio finale tra lui e Il Monello di Chaplin visto in una delle prime fortunose proiezioni del muto è un guizzo che certo non salva l’economia generale della struttura. Forse non si poteva chiedere di portare un peso così gravoso al giovane Tahar Rahim che pure avevamo molto apprezzato nella sua ascesa al potere del crimine in Il Profeta (Jacques Audiard, 2009) o forse non c’è stato il dovuto sostegno da parte dell’intervento registico che ha permesso una trattazione priva di slancio, ritmo e partecipazione nella pur ricca varietà di elementi che compongono tutta la storia. Fabrizio Moresco CHI È SENZA COLPA (The Drop) Stati Uniti, 2014 Regia: Michaël R. Roskam Produzione: Chernin Entertainment, Fox Searchlight Pictures Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 19-3-2015; Milano 19-3-2015) Soggetto: dal racconto “SOS Animali” di Dennis Lehane Sceneggiatura: Dennis Lehane Direttore della fotografia: Nicolas Karakatsanis Montaggio: Christopher Tellefsen Musiche: Marco Beltrami Scenografia: Thérèse DePrez Costumi: David Robinson Effetti: Brainstorm Digital B ob Saginowski è impiegato come barista nella città di Brooklyn in uno dei tanti drop bar, locali che funzionano da deposito per il riciclaggio di denaro. Lui è socio in affari con il cugino Marv. Un giorno, si imbatte in un cucciolo di pitbull ferito e abbandonato dentro un cassonetto. In questa occasione conosce Nadia, una tipa un po’particolare, ex proprietaria del cane. Decide di prendersi cura del cagnolino quando si imbatte in Eric Deeds, un tipo fuori di testa che rivorrebbe il cane indietro e che lo perseguita. In seguito Bob scopre che Nadia e Eric in passato stavano insieme. Nel frattempo dei rapinatori fanno un colpo nel loro bar e Bob non sa che è stato il suo socio in affari Marv ad architettare una truffa ai danni dei loro ricattatori tenendo i soldi per sé della rapina. Alla mafia cecena infatti i conti non tornano e così inviano ai due soci del denaro in una borsa insieme a un braccio tagliato, quello dell’incaricato rapinatore segnalato per via dell’orologio che aveva al polso. Interpreti: Tom Hardy (Bob Saginowski), Noomi Rapace (Nadia), James Gandolfini (Cugino Marv), Matthias Schoenaerts (Eric Deeds), John Ortiz (Detective Torres), Ann Dowd (Dottie), Michael Aronov (Chovka), James Frecheville (Fitz), Elizabeth Rodriguez (Detective Romsey), Tobias Segal (Briele), Michael Esper (Rardy), Morgan Spector (Andre), Ross Bickell (Padre Regan), Michael J. O’Hara (Sean), Lucas Caleb Rooney (Paul), Jeremy Bobb (Stevie), James Colby (Sully), Patricia Squire (Millie), Mike Houston (Donny), Khan Baykal (Tim Brennan), Danny McCarthy (Detective Dexter), Chris Sullivan (Jimmy) Durata: 107’ Le cose iniziano a farsi complicate e si scopre che Marv aveva provato a fare il doppio gioco per andare via dalla città: in fondo non aveva mai accettato che il suo ex locale fosse diventato dei ceceni. Alla fine si fa scoprire e viene fatto fuori dai proprietari del locale, mentre Bob uccide Eric. Così i ceceni si disfano del corpo di Eric e si riprendono il locale. ebutto hollywoodiano per Michaël Roskam alla regia, Chi è senza colpa - The drop in lingua originale, è un chiaro omaggio ai b movie degli anni ’40. Il film è tratto dal romanzo di Dennis Lehane, lo stesso autore di Mystic River, Boardwalk Empire, Gone Baby Gone e Shutter Island e ricorda i Padroni della notte di James Gray. Chi è senza colpa, ambientato a Brooklyn, a differenza del racconto che si svolge a Boston, appartiene al genere noir, pur distinguendosi nettamente da altri lavori simili usciti in questo ultimo periodo come John Wick o la serie di Takken per il suo D 56 taglio fortemente psicologico e l’attenzione alle sfumature del comportamento umano. Un film sull’innocenza, in cui ogni personaggio è vittima del proprio passato. Chi è senza colpa che ha partecipato al Toronto FF e al Torino FF, dialoga con l’episodio precedente Bullet Head (candidato all’Oscar tra i migliori film stranieri nel 2012) e vanta l’ultima apparizione di James Gandolfini nella straordinaria interpretazione del cugino Marv. Il doppiaggio non è dei migliori ma la forza del film, a mio parere, sta nella fotografia molto curata di Nicolas Karakatsanis e nella bravura di gran parte del cast. Tom Hardy è eccezionale, per il suo ruolo si è aggiudicato il premio 2015 London Critics Circle Film Awards con la Nomination per Miglior attore britannico dell’anno, come anche Noomi Rapace nel ruolo di Nadia (la ricordiamo per la Lisbeth Hender in Uomini che odiano le donne). Forse dettata da una scelta stilistica del regista, potrebbe risultare un po’ eccessivo far sì che il cane, il cucciolo di pitbull ritrovato da Bob, sia il perno della Film storia. Secondo alcune interpretazioni, il cane e la sua innocenza vanno interpretati come strumento di redenzione per tutti gli altri personaggi. Basti pensare che il titolo inizialmente previsto era Animal Rescue. Il film è piuttosto lento e si caratterizza per le atmosfere cupe. Il momento clou della storia arriva poi solo dopo un’ora abbondante, in cui gradualmente si dipanano equilibri e certezze. Una regia quindi volutamente Tutti i film della stagione malinconica (che sembra rendere omaggio alla tradizione scorsesiana di Quei bravi ragazzi) che lavora sulle ombre e i sensi di colpa dei protagonisti, che tolgono le loro maschere con lo svolgersi della vicenda. Inoltre colpiscono la solitudine e la tranquillità del personaggio di Bob e la voglia di riscatto dei protagonisti della storia. A conferma di questo, va ricordato, ad esempio, che Bob va la domenica a messa senza confessarsi e che viene pronunciata la frase “Il demonio non esiste, a volte Dio semplicemente ti dice che non puoi entrare. Che tu devi rimanere da solo”. Così la regia di Roskam, lavorando per anticlimax, ci porta nella sua mente, in un viaggio di violenza esplosiva e morte che culmina solo nell’ultimo atto, in un colpo di scena finale. Giulia Angelucci CHILD 44 – IL BAMBINO N.44 (Child 44) Stati Uniti, 2014 Regia: Daniel Espinosa Produzione: Ridley Scott, Michael Schaefer, Greg Shapiro per Summit Entertainment, Worldview Entertainment, Scott Free Productions Distribuzione: Adler Entertainment Prima: (Roma 30-4-2015; Milano 30-4-2015) Soggetto: dal romanzo omonimo di Tom Rob Smith Sceneggiatura: Richard Price Direttore della fotografia: Oliver Wood Montaggio: Pietro Scalia, Dylan Tichenor Musiche: Jon Ekstrand Scenografia: Jan Roelfs Costumi: Jenny Beavan Effetti: Image Engine Design eo Demidov è un eroe di guerra e dirigente del Ministero per la sicurezza dello Stato sovietico durante l’era di Stalin. Sposato con Raisa, Leo si occupa principalmente di stanare e punire i traditori del partito. Frattanto a Mosca vengono trovati una serie di corpi di bambini prima torturati e poi uccisi presumibilmente dalla stessa mano. Il partito tuttavia tende a minimizzare. Un giorno, il maggiore Kuzmin ordina a Demidov di denunciare la moglie in quanto sospettata di essere una spia. Leo si rifiuta e per questo viene punito. Lui e la moglie vengono spediti in un freddo paese della provincia degli Urali. Raisa, insegnante di professione, è costretta a lavare i bagni della scuola, mentre Leo entra a far parte della milizia locale come semplice poliziotto agli ordini del Generale Nesterov. Proprio nelle vicinanze del paese viene trovato l’ennesimo cadavere. Dopo numerosi scontri, Leo riesce a convincere il Generale Nesterov ad approfondire le indagini su quello che sembrerebbe essere un killer seriale di bambini. Demidov torna a Mosca insieme alla moglie per parlare con l’unica testimone di uno degli L Interpreti: Tom Hardy (Leo Demidov), Noomi Rapace (Raisa Demidov), Gary Oldman (Generale Mikhail Nesterov), Joel Kinnaman (Vasili), Paddy Considine (Vladimir Malevich), Jason Clarke (Anatoly Tarasovich Brodsky), Vincent Cassel (Maggiore Kuzmin), Fares Fares (Alexei Andreyev), Charles Dance (Maggiore Grachev), Tara Fitzgerald (Inessa Nesterov), Nikolaj Lie Kaas (Ivan Sukov), Josef Altin (Alexander), Xavier Atkins (Leo Demidov ragazzo), Agnieszka Grochowska (Nina Andreyeva), Michael Nardone (Semyon Okun), Petr Vanek (Fyodor), Sonny Ashbourne Serkis (Artur), Lottie Steer (Tamara Okun), Samuel Buttery (Varlan Babinic), Jana Stryková (Mara), Flynn Matthews (Figlio di Vlad) Durata: 137’ omicidi, ma scopre che Vasili, suo collega nelle armi, siede adesso sulla sua poltrona. Quest’ultimo tenta in tutti i modi di sabotare le indagini dell’uomo, riuscendo a rispedirlo verso i monti Urali. Sul treno tuttavia, Leo riesce a liberarsi e a fuggire insieme alla moglie. Tornato al paese, scopre che l’assassino di bambini, un chirurgo detenuto nei campi di lavoro tedeschi e poi divenuto pazzo, lavora in una fabbrica vicina. L’assassino, scoperto, fugge nel bosco, ma Demidov lo raggiunge e lo minaccia con una pistola. Proprio nello stesso momento, fa il suo arrivo Vasili, che uccide l’assassino e attacca Leo. I due si scontrano violentemente e Demidov viene ferito, ma, anche grazie all’aiuto della moglie, riesce a uccidere Vasili. Tempo dopo, ritroviamo Demidov a Mosca durante un colloquio con un superiore, che gli propone di intraprendere la carriera politica. Demidov rifiuta chiedendo di essere messo a capo della sezione omicidi. Viene accontentato. B andita dal Ministro della Cultura sovietico poiché dipingerebbe il popolo russo come “una massa 57 di orchi assetati di sangue”, la quinta pellicola di Daniel Espinosa si ispira alle vicende di Andrej Romanovič Čikatilo raccontate da Tom Rob Smith nell’omonimo romanzo del 2008. Attraverso le storie di un tremendo assassino di donne e bambini e di Leo Demidov, prima eroe di guerra, poi traditore, Espinosa tenta di raccontare le paranoie e i sospetti che si muovevano furtivamente tra le mura dell’URSS e attorno alla cerchia di potere di Iosif Stalin e che segnarono le vite di milioni di persone. Nei suoi infiniti, ingiustificati centotrentasette minuti tuttavia, il film non riesce quasi mai a convincere, a emozionare, a coinvolgere, risultando nient’altro che la parodia di un kolossal. Se soldi e possibilità non mancavano, vista la mole della produzione e la qualità del cast, è impossibile non inquadrare le colpe in uno script banale e prevedibile, privo di qualsivoglia profondità, segnato da dialoghi insignificanti e da personaggi superficiali, sciatti, anonimi. Non c’è racconto del male patologico dell’assassino, non c’è narrazione del turbamento, dell’ossessione, della sofferenza che dovrebbe essere il vero motore della pellicola. La regia di Espinosa non riesce Film ad andare oltre un uso spropositato di primi piani, che tolgono respiro a un film già claustrofobico e che non aggiungono nulla sul piano del ritmo, relegando ai poveri Tom Hardy e Noomi Rapace il compito di tenere a galla una pellicola alla deriva. Quello che più spaventa nel vedere Child 44 è che sembra crogiolarsi nella convinzione di Tutti i film della stagione essere un grande film, un film riuscito, un epico racconto dei mali dell’Unione Sovietica e delle dittature in generale. La retorica eroicità delle musiche, le battute recitate forzatamente – a volte imperiose, altre umane- l’immancabile finale strappalacrime, sono tutti elementi che non possono non pesare sul giudizio complessivo di un film che alla conta conclusiva non sa di niente, non lascia nulla, non ha sapore, ricordando quei panini che nelle accattivanti immagini pubblicitarie sembrano essere squisiti, ma che, una volta provati, non sono nient’altro che polistirolo. Giorgio Federico Mosco MY OLD LADY (My Old Lady) Francia, Gran Bretagna,Stati Uniti, 2014 Regia: Israel Horovitz Produzione: Cohen Media Group, Deux Chevaux/Katsize Film, in associazione con Krasnoff/Foster Entertainment Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 20-11-2014; Milano 20-11-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Israel Horovitz Direttore della fotografia: Michel Amathieu Montaggio: Jacob Craycroft, Stephanie Ahn Musiche: Mark Orton M athias, un uomo di quasi sessant’anni solo e senza lavoro, si reca a Parigi con gli ultimi risparmi, poiché il padre, deceduto da poco, gli ha lasciato in eredità un appartamento nella capitale francese. Sul luogo però, Mathias scopre che potrà vendere la casa soltanto quando l’attuale inquilina, l’anziana signora Mathilde, passerà a miglior vita. Non avendo altro luogo dove andare, l’uomo inizia una curiosa convivenza con la signora Mathilde e sua figlia Chloè, giovane insegnante di lingue. Col passare Scenografia: Pierre-François Limbosch Costumi: Jacqueline Bouchard Interpreti: Kevin Kline (Mathias Gold), Maggie Smith (Mathilde Girard), Kristin Scott Thomas (Chloé Girard), Stéphane Freiss (François Roy), Dominique Pinon (Monsieur Lefebvre), Noémie Lvovsky (Dott.ssa Florence Horowitz), Stéphane de Groodt (Philippe), Jean-Christophe Allais (Jean-Christophe), Elie Wajeman (Uomo al cancello) Durata: 106’ dei giorni, i tre approfondiscono la loro conoscenza e tra Mathias e Chloè si instaura un particolare interesse. Un giorno, tuttavia, durante una conversazione tra l’uomo e l’anziana signora, Mathias scopre che Mathilde ebbe un’importante storia d’amore con suo padre, che portò al tragico suicidio della madre. Di conseguenza anche Chloè viene a sapere dell’infedeltà di sua madre verso il papà. I due comprendono così il perché delle loro infanzie poco felici e della sofferenza dei loro genitori, arrivando a sospettare 58 di essere fratellastri. Una volta smentita questa ipotesi e condividendo il dolore dell’infanzia e di un’esistenza sventurata, i due si baciano e passano la notte insieme. A questo punto, la signora Mathilde invita l’uomo a trasferirsi definitivamente a casa loro. Mathias accetta e saluta simbolicamente il padre sepolto nel giardino della casa. srael Horovitz, regista e sceneggiatore teatrale di successo, debutta nel cinema a quasi ottant’anni compiuti con una particolare pellicola interamente girata tra i vicoli di Parigi. L’atmosfera iniziale, tipica della commedia, sembra offrirsi come ambiente naturale nel quale far muovere il protagonista Kevin Kline, un uomo dall’aria buffamente sconfitta che si ritrova beffato una volta ancora dalla sua triste esistenza. Quando Mathias incontra l’anziana Mathilde, interpretata da un’immensa Maggie Smith e successivamente Chloè, figlia della signora, Horovitz sembra volerci suggerire degli indizi per far intuire su quale articolazione si muoveranno i tre personaggi chiave della storia, dando l’illusione che si tratti dell’ennesima, banale, ripetitiva commedia. Inaspettatamente però è proprio nella profondità dei rapporti tra i personaggi, nell’appalesarsi della sofferenza, del dolore e della solitudine, che il film si muove in avanti, si eleva. Mathias e Chloè si ritrovano come anime gemelle, non legate dall’amore, o almeno I Film non ancora, ma dal tormento di un’infanzia vissuta sotto l’ombra di un matrimonio fallimentare, schiacciati dall’insostenibile assenza dei genitori, abbandonati al destino dei figli non amati abbastanza e dunque destinati all’infelicità. L’amore giovanile di Mathilde per il padre di Mathias, la folle passione inseguita con felice irrazionalità, ha inevitabilmente travolto tutto quello che le orbitava attorno, portando la madre di Tutti i film della stagione Mathias al suicidio e condannando i due figli, le due anime così lontane ma così vicine, alla perenne ricerca di una spiegazione, di una via d’uscita per il proprio malessere. La pellicola dunque, abbandona la leggerezza della prima parte, concentrandosi con sempre più forza sulla psiche dei personaggi, lasciando indietro le frivolezze della casa o dell’eredità, per sciogliere i nodi del passato con i quali sarebbe impossibile immaginare un futuro. Horovitz ci guida attraverso un palco trasferito sul grande schermo, nel quale sono i sentimenti umani, i detriti psicologici e la tremenda condanna dello stare al mondo, i veri motori di una pellicola che sorprende piacevolmente, anche grazie alle buone musiche e all’eccellente recitazione. Giorgio Federico Mosco I 7 NANI (Der 7bte Zwerg) Germania, 2014 Regia: Harald Siepermann Produzione: Douglas Welbat per 7 Dwarves Animation Company, in coproduzione con Cinemendo Erfital Film CC Medien, Transwaal Film Vip Medienfonds Distribuzione: Microcinema Prima: (Roma 30-4-2015; Milano 30-4-2015) Soggetto: Otto Waalkes (personaggi), Bernd Eilert (personaggi) B obo e gli altri 6 nani sono dei tremendi pasticcioni. Vivono nel paese di Fantabulosa dove la principessa Rose sta per compiere il suo diciottesimo compleanno. In questo giorno speciale terminerà, poi, una terribile maledizione che le è stata gettata contro dalla strega Perfidia. Se verrà punta prima di essere baciata dal suo vero amore lei e tutto il regno cadranno in un sonno profondo. Per questo, la principessa per 18 lunghi anni è stata costretta a vivere in una torre con un’armatura per rimanere protetta. Al castello per i suoi festeggiamenti sono stati invitati tutti i personaggi delle fiabe, inclusa la migliore amica di Rose, Biancaneve. Intanto mentre i 6 nani stanno preparando la torta per Rose, Bobo è andato nel bosco per cercare una mela per decorarla e così conosce Jack, il ragazzo innamorato di Rose, il quale nel frattempo viene rapito dalla strega. Jack era andato nel bosco perché l’amata gli aveva consigliato di nascondersi a casa dei suoi piccoli amici, non arrivandoci mai purtroppo. I nani, una volta andata distrutta la torta preparata per la principessa e persa quella più piccola, decidono di portare come regalo uno specchio trovato nel bosco, ma non sanno che all’interno vi è nascosta Perfidia. Intanto a palazzo iniziano i festeggiamenti, Sceneggiatura: Harald Siepermann, Daniel Welbat, Douglas Welbat Direttore della fotografia: Jo Heim Montaggio: Holger Trautmann, Sascha Wolff-Täger Musiche: Daniel Welbat, Stephan Gade Scenografia: Christian Hotze Effetti: Trixter Film, Optical Art Durata: 88’ Rose può disfarsi della sua armatura ma per una sbadataggine di Bobo, la fanciulla viene punta da un ago contenuto nell’anello di Perfidia. Così tutto il regno cade in un sonno profondo. Merlino prima di addormentarsi lascia loro una pozione che rende invincibili, una cera per pavimenti e una pozione per diventare invisibili. I nani prendono la cera. Così, anche grazie all’aiuto dei trichechi rapper, riescono ad arrivare al castello di Perfidia dove è rinchiuso Jack. Una volta arrivati, Bobo si perde nel castello e si imbatte nel drago Burny stufo di prendere sempre e solo ordini dalla strega e desideroso di amicizia. Bobo e Burny fanno amicizia, intanto gli altri nani liberano Jack e tutti insieme vanno a salvare la principessa. l lungometraggio d’animazione di Boris Aljinovic e Harald Siepermann (conosciuto per la realizzazione di film di animazione di qualità, tra cui Mulan, Tarzan e Le follie dell’imperatore) ha come protagonista Rose, che ricorda le fattezze di Elsa di Frozen. La principessa festeggia il suo compleanno al quale vengono invitati un po’ tutti i personaggi delle fiabe classiche, evento seguito anche a livello mediatico. In questo ricorda un po’ i simpatici festeggiamenti di Hotel Transylvania. Una I 59 favola sull’amore, sull’amicizia (“Tutti per uno, uno per tutti”, “L’unione fa la forza”) ma soprattutto sul valorizzare le debolezze di ciascuno di noi. La fiaba ben si adatta a questo periodo in cui sembrano essere di moda i pot pourri di fiabe. Segnale di poca originalità? La Germania è la patria di nascita di questo progetto d’animazione e vede i sette nani con un nuovo nome Sveltolo, Rambolo, Cremolo, Nuvolo, Splendolo, Muscolo, capitanati dal piccolo Bobo. Dopo Into the woods anche qui troviamo Cappuccetto Rosso, Biancaneve, Mago Merlino, il Gatto con gli Stivali e tanti altri in una versione infantile alla Tolkien. Curiosa la scelta di voler adottare di base la storia di La Bella Addormentata fondendola con Biancaneve e i sette nani. Molto carino e positivo il personaggio del drago Burny, (che ricorda un po’ il Falcor de La storia infinita), ben fatti gli intervalli musicali, molto belli gli effetti digitali e i colori anche se a tratti sembra di trovarsi in un videogame più che in un cartone animato. Altro elemento a sfavore di questo lungometraggio è quello di voler mettere troppa realtà e mondo degli adulti all’interno: l’ammiccante Biancaneve in guepière non è in tinta con l’atmosfera di tutto il cartone, il Lupo che fa delle morbose avances a Cappuccetto Rosso così come anche i Film trichechi che si vantano di essere popolari su You Tube con i loro brani rap. Per il resto un film semplicemente per i più piccoli, senza grandi effetti speciali, come siamo abituati di solito. Bellissima Tutti i film della stagione la parte iniziale narrata attraverso i disegni di bambini. La morale della favola è che non bisogna essere super eroi per fare cose grandiose. Anche i più piccoli possono fare passi da gigante. Bisogna prima imparare ad allacciarsi le scarpe e ricordare che serve solo una cera per pavimenti per salvare la principessa! Giulia Angelucci KINGSMAN: SECRET SERVICE (Kingsman: Secret Service) Stati Uniti,Gran Bretagna, 2014 Regia: Matthew Vaugh Produzione: Adam Bohling, David Reid, Matthew Vaugh per Marv Films, 20th Century Fox Corporation Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 25-2-2015; Milano 25-2-2015) Soggetto: dal fumetto omonimo di Mark Millar (testi), Dave Gibbons (disegni) Sceneggiatura: Matthew Vaughn, Mark Millar, Dave Gibbons Direttore della fotografia: George Richmond Montaggio: Eddie Hamilton, Conrad Buff Musiche: Henry Jackman, Matthew Margeson L ’ agente segreto Harry Hart – nome in codice Galahad- sta svolgendo una delicata missione in Medio Oriente con i suoi uomini. Durante un interrogatorio, per un suo errore, rimane ucciso un giovane agente. Hart si reca dalla famiglia – la moglie e il figlio piccolo- per informarli della perdita e consegnar loro una medaglia al valore su cui è inciso un numero d’emergenza da contattare in caso di bisogno. Qualche anno dopo, il figlio dell’agente deceduto, oramai diventato adolescente, viene arrestato per il furto di una macchina e compone il numero per chiedere aiuto. Liberato da Hart, Eggsy scopre che suo padre lavorava per un’agenzia di servizi segreti chiamata Kingsman e decide di partecipare alle durissime selezioni per accedervi. Dopo aver sbaragliato la concorrenza grazie alle sue abilità e al suo coraggio, raggiunge la prova finale insieme alla giovane Roxy, ma la fallisce miseramente. Roxy viene dunque selezionata come nuovo agente. Frattanto, il temibile Valentine e la sua aiutante Gazelle stanno tramando un piano di distruzione mondiale: attraverso dei chip sottocutanei, essi vogliono portare l’umanità all’estinzione, eccezion fatta per i loro seguaci, e far ripartire, così, la terra da un punto zero. Tornato al quartier generale della Kingsman, Eggsy scopre che anche Artù, capo dell’organizzazione, è coinvolto nel terribile piano di Scenografia: Paul Kirby Costumi: Arianne Phillips Interpreti: Taron Egerton (Gary ‘Eggsy’ Unwin),Colin Firth (Harry Hart/Galahad), Samuel L. Jackson (Valentine), Mark Strong (Merlin), Michael Caine (Arthur), Sofia Boutella (Gazelle), Jack Davenport (Lancelot), Mark Hamill (Professor James Arnold), Samantha Womack (Michelle Unwin), Morgan Watkins (Rottweiler), Edward Holcroft (Charlie), Sophie Cookson (Roxy),Tom Prior (Hugo), Tobi Bakare (Jamal), Nicholas Banks (Digby), Lily Travers (Lady Sophie), Fiona Hampton (Amelia) Durata: 129’ Valentine e così, attraverso un’abile mossa, lo uccide. Anche l’agente Hart viene però ucciso da Valentine. A questo punto, Eggsy, Roxy e l’agente Merlino sono rimasti i soli a poter fermare Valentine e Gazelle. Dopo essersi introdotti nella base segreta dei due, Eggsy e gli altri agenti riescono a bloccare l’avvio dei chip. Nell’efferato scontro finale, il giovane agente uccide Gazelle e Valentine. L’umanità è salva. Qualche tempo dopo, Eggsy raggiunge la madre e la sorella in una nuova casa, dove potranno cominciare una nuova esistenza. inque anni dopo Kickass, Matt Vaughn torna a collaborare con il fumettista Mark Millar per trasporre sul grande schermo la sua nuova creatura. Lo stile scelto, dunque, non poteva che rimandare alla pellicola precedente: un grande, esagerato fumetto pop nel quale tutto è lecito. Il sangue che fiocca a litri, le scene violente, le stragi di innocenti, sono tutte abilmente celate dalla maschera della finzione, del semi-serio, dall’incredibile (inteso come non-credibile). Anche i cattivi, certamente crudeli e senza scrupoli, sono traditi dai difetti più banali come il sigmatismo da cui è afflitto il personaggio di Samuel L. Jackson. Rispetto a Kickass tuttavia, la nuova pellicola di Vaughn si presenta come grande elogio (o parodia?) dei film di spionaggio di tradizione anglo- C 60 americana. Dal ragazzo che vuole aiutare il prossimo travestendosi da supereroe, stavolta passiamo a un giovane cockney, uno della generazione persa, cresciuto senza padre, più sulla strada che tra le mura domestiche. La divisa che il giovane Eggsy indosserà non sarà composta da un mantello o da una maschera, bensì da un elegante, ben tagliato abito da uomo. I servizi segreti Kingsman infatti formano innanzitutto gentiluomini, educati, distinti e che sappiano preparare un buon Martini. In questo senso è palese che Vaughn strizzi l’occhio al più famoso degli agenti britannici, lo 007 nato dalla penna di Ian Fleming, vera ispirazione dell’intera pellicola. Con un cast eccezionale, delle scene esagerate e il debutto positivo di Taron Egerton, classe ’89, nel cinema che conta, si può dire che Kingsman- Secret Service, sia un film piacevole, equilibrato nel suo essere sopra le righe e apprezzabile, nonostante un plot prevedibile. Quando nel marzo 2013, Vaughn fu costretto a scegliere tra lavorare a Kingsman- Secret Service o a X- Men- Giorni di un futuro passato, egli motivò così la sua scelta: “è la decisione più folle della mia vita, rinunciando a un gorilla da 800 milioni per fare Kingsman. Ma Kingsman riflette di più la mia personalità”. Piangeranno le sue tasche, ma non il suo pubblico. Giorgio Federico Mosco Film Tutti i film della stagione SUPERFAST & SUPERFURIOUS (Superfast) Stati Uniti, 2015 Regia: Jason Friedberg Produzione: Peter Safran, Jason Friedberg, Aaaron Seltzer per The Safran Company Distribuzione: Key Films Prima: (Roma 5-3-2015; Milano 5-3-2015) Soggetto e Sceneggiatura: Jason Friedberg, Aaron Seltzer Direttore della fotografia: Shawn Maurer Montaggio: Peck Prior Musiche: Tim Wynn Scenografia: Jooodi Ginnever L ucas White si reca alla corsa di macchine clandestine guidate da Vin Serento (Torello), con la sua macchina con sopra la targa I love Justin Bieber e un unicorno colorato, senza saper parcheggiare. Si presenta così subito il suo personaggio parodia di Brian O’Conner di Fast and furious (interpretato da Paul Walker). Gareggiano in quattro, come al solito vince Torello e arriva la polizia. Lucas si fa vedere da Torello picchiato da un poliziotto ma, in realtà, è tutta una messa in scena. Anche lui è un poliziotto in missione tra i corridori clandestini. Lucas però, nonostante la sua aria da cretino, sfila a Curtis, miglior amico di Torello, la compagna, nonché sorella di Torello Mia /Jordana, se ne innamora e la mette incinta. Riesce poi a entrare nelle grazie di Torello al posto di Curtis e insieme conquistano la fiducia del criminale dei criminali ovvero il boss Juan Calos de la Sol, l’uomo per cui Lucas si è trovato a essere ingaggiato dalla polizia in questa missione. I due vengono chiamati dal criminale per guidare una sua costosissima auto e portarla in un posto preciso. Lucas per sbaglio, in un’irruzione inaspettata della polizia, uccide il detective Hanover. Così Torello decide di ingaggiare altri tre nella banda (Rapper Cammeo, modella aspirante attrice e un asiatico) per incastrare De La Sol e rubargli il bottino nascosto nel suo locale Taco Bell in centro. Il piano non va proprio come previsto, Lucas e Torello scappano con tutto il locale attaccato alla macchina, Michelle corona il suo sogno lesbico e scappa via insieme alla poliziotta braccio destro del detective Johnson e De La Sol riesce a fuggire. Costumi: Maressa Richtmyer Interpreti: Alex Ashbaugh (Lucas White), Dale Pavinski (Vin Sorento), Lili Mirojnick (Jordana), Andrea Navedo (Michelle), Omar Chaparro (Juan Carlos de la Sol), Daniel Booko (Curtis), Dio Johnson (Detective Rock Johnson), Joseph Julian Soria (Cesar), Rick Silver (Richie), Cuete Yeska (Jose), Chillie Mo (Bullet), DaJuan Johnson (Agente Brooks), Luis Chávez (Hector), Shantel Wislawski (Agente Julie Canaro), Amin Joseph (Dre), Chanel Celaya (Ivana), Kenny Yates (Agente Randal Cox), Gonzalo Menendez (Detective Hanover) Durata: 100’ ason Friedberg & Aaron Seltzer, dopo Epic Movie, Scary Movie, 3ciento, Senza paura, senza vergogna... senza cervello! (2000), Angry Games e Mordimi firmano questa nuova parodia (o spoof volendo usare la terminologia inglese) prendendo spunto dalla tecnica ZAZ, ovvero quella ispirata dai Zucker-Abrahams-Zucker con Una pallottola spuntata. Pur essendo partita un po’ scettica perché non amante del genere demenziale, devo ammettere di aver trovato il film passabile soprattutto per il fatto di non essere estremamente volgare. La scritta che appare in locandina sotto il titolo “Le dimensioni contano” potrebbe essere fuorviante e poco stimolante soprattutto per chi non ama il genere demenziale americano. Probabilmente sarà più semplice da apprezzare per chi non è un fan del genere Fast and Furious. Certo il film poteva essere meglio lavorato, forse la sceneggiatura risente dei tempi di uscita un po’ brevi per coincidere quasi J con l’ultimo episodio di Fast and Furious, ma la riuscita non è delle peggiori. Per chi vuole passare una serata tra amici, Superfast, superfurious! è un film senza tante pretese. Alcune trovate sono davvero carine: l’ironia sulle assicurazioni, sui social, sulle reti telefoniche, sui saldi, sui bisogni fisiologici, l’uso del dialetto per alcuni personaggi, la dipendenza dal baby oil del detective Rock Johnson, Torello che si depila mentre gareggia e vince, la corruzione dei poliziotti quando Rock si fa sfuggire il ricercato. La parodia include anche gli stereotipi sugli ingaggi di Vin Diesel nei vari episodi della serie: così troviamo la parodia di Han Lue con quella del ragazzo asiatico, di Fenix Rise (Dre chiamato da Torello rapper cammeo) e di Gisele Harabo (con la modella aspirante attrice Ivana). D’altronde, come dice il finto Torello, “la radunata multietnica c’ è in tutti i Fast and Furious”! Giulia Angelucci HOME – A CASA (Home) Stati Uniti, 2015 Regia: Tim Johnson Produzione: Dreamworks Animation Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 26-3-2015; Milano 26-3-2015) Soggetto: dal libro per ragazzi “Quando gli alieni trovarono casa” di Adam Rex Sceneggiatura: Tom J. Astle, Matt Ember Montaggio: Alexander Berner, Jessica Ambinder-Rojas Musiche: Lorne Balfe Effetti: Mahesh Ramasubramanian Durata: 94’ 61 Film O h è uno dei tanti alieni boov, la specie migliore di sempre, la cui specialità è la fuga. La loro prossima meta di trasloco è la terra così decidono di trapiantare gli esseri umani in Australia per poter avere una nuova casa da abitare. Oh però è speciale, per lui casa è soprattutto quella del cuore dove potrà incontrare nuovi amici e condurre una nuova vita. Purtroppo però nessuno vuole essere suo amico, per gli altri è invisibile. I boov cambiando casa desiderano avere una vita migliore. In questo modo però non si accorgono della sofferenza che portano agli uomini, soprattutto alla piccola Tip, alla quale viene portata via la mamma (la signora Tucci). Oh è entusiasta della sua nuova casa, decide di inaugurala con una bella festicciola ma per la sua distrazione si sbaglia e invia l’invito a tutta la galassia, terribili Gorg inclusi. Così il piccolo alieno per questo suo sbaglio diventa un ricercato ed è costretto a scappare. Incontra Tip e il suo gatto ma la loro conoscenza inizia per il verso sbagliato: la bambina infatti prova antipatia e rabbia per quello strano esserino e lo accusa di aver fatto rapire la madre. Oh si trova ancora una volta rifiutato e decide di modificare la macchina usando come carburante bevande ghiacciate e a base di scorza d’arancia e uvetta passa. Così Oh e Tip fuggono insieme verso Parigi per ritrovare la mamma di Tip pensando si trovi lì. Intanto, il capo dei boov, il capitano Smek, cerca di risolvere il guaio creato da Oh e manda il poliziotto Kyle per arrestarlo. Questo cerca di trattenerli durante una sosta a una stazione di servizio ma non vi riesce. Così i due si trovano costretti a fare il viaggio insieme creando, in questo modo, l’occasione per stringere un grande amicizia. Intanto il capitano Smek, dopo il fallimento del poliziotto, chiede consiglio ai suoi che gli dicono di tentare tutte le possibili combinazioni per arrivare alla password inserita nell’invio errato di Oh. Questo, una volta arrivato a Parigi insieme alla sua compagna di viaggio, si accorge dello sforzo inutile dei suoi simili e che sta diminuendo il tempo perché il suo messaggio arrivi ai Gorg. Inserisce così la password risolvendo l’emergenza incombente. No- Tutti i film della stagione nostante il pericolo sia scampato, Smek vuole ugualmente punirlo per i numerosi errori commessi in passato. Dopo aver scoperto che la mamma di Tip si trova, in realtà, in Australia i due scappano riprendendo il loro viaggio insieme. A metà del percorso, la macchina ha un guasto e, per farla ripartire, Oh usa un chip dalle proprietà speciali recuperato da una navicella Gorg distrutta. Questo chip fa ripartire il veicolo ma la frattura tra i due si crea una volta giunti in Australia; appena arrivati infatti la navicella dei boov sta per lasciare il continente e Oh, provocando la delusione di Tip, decide di lasciarla al suo destino per tornare nel suo paese. Durante il tragitto però l’alieno e i suoi compagni incontrano i terribili Gorg che, di nuovo grazie al suo aiuto, scampano il pericolo. Così salvati i suoi simili, Oh viene scelto come loro nuovo capo e gli viene dato lo scettro con la pietra magica di Smek. Si accorge però di essere triste e che ha lasciato Tip da sola e senza aiuto. Torna quindi sulla terra e aiuta Tip a trovare la mamma. Nel frattempo arrivano i Gorg e Oh restituisce loro la pietra, trofeo rubato in precedenza dal vecchio comandante. Solo una volta restituita la pietra Oh capisce che i Gorg in realtà sono piccoli esserini dentro una enorme armatura e che quella pietra è preziosissima per loro perché racchiude la loro specie in germe. Così Tip e la mamma vanno a vivere con Oh sulla terra; questo può dare una festa sentendosi finalmente integrato e a casa. partire dal romanzo di Adam Rex (“The True Meaning of Smekday”), la Dreamworks ci regala un nuovo capolavoro di animazione. A guidarci in questo viaggio il tenerissimo e pasticcione Oh che ci ricorda un po’ il simpaticissimo Flik di “A bug’s life”. Un film dei nostri giorni sulla tecnologia ma soprattutto sull’umanità, narrata attraverso la vicenda di piccoli alieni. Nonostante l’inizio sia un po’ lento e a tratti noioso il film arriva a livelli estremi di profondità. Il perdono, la solitudine, l’accoglienza e l’accettazione della diversità sono solo alcuni dei concetti chiave racchiusi in questo cartone. A 62 Oh è un emarginato, un diverso che viene premiato e riconosciuto soltanto alla fine come qualcosa di raro. Viene punito per le tante volte che ha sbagliato senza essere mai perdonato e compreso. Un film su valori sbagliati (i boov credono nel valore della vigliaccheria, la loro specialità è quella di scappare e di occupare posti altrui) e su quelli contro i quali si lotta. Un film dai contenuti quindi importanti ma che avrebbe potuto forse dare di più nella forma oltre al fatto di essere coloratissimo. In particolare la scena del ritrovamento della password con quelle sfere giganti in cui i cervelli dei boov sono collegati tramite un macchinario ricordano per certi versi l’ambientazione di Matrix. Molto carina e curata la colonna sonora, impreziosita dalle canzoni di Rihanna, della quale la protagonista Tip riprende sembianze dell’infanzia e voce. Tra le voci originali Jennifer Lopez, Jim Parsons (Sheldon Cooper della sitcom della CBS The Big Bang Theory) e Steve Martin nei panni di capitano Smek che ricorda per la sua pazzia Re Julien di Madagascar. Il suo personaggio è simpatico e fa battute divertenti come ad esempio quando ordina ai suoi di nascondersi dai nemici nella via lattea perché i Gorg sono intolleranti al lattosio. Una battuta originale tipica del nostro tempo per un personaggio figlio del mondo mass mediatico in cui si finge sempre quando si comunica. Stuzzicante il modo di parlare dei Boov con i loro neologismi e le loro creazioni linguistiche; forse avrei evitato la battuta sul terzo bisogno elementare comune tra i boov e gli umani. Quando i boov (come anche gli esseri umani) lasciano un posto per occuparne un altro non considerano che quella nuova casa e quindi lo spazio vitale viene sottratto agli altri. Home – A casa è ambientato nello spazio ma è soprattutto una riflessione sullo spazio interiore di ciascuno di noi. Dove un alieno può essere vicino a noi più di quanto si possa immaginare. I protagonisti si mettono in viaggio per varie destinazioni (Antartico, Parigi, Australia) dimenticando che esiste una meta sola: la dimora del cuore. Giulia Angelucci Film Tutti i film della stagione THE DIVERGENT SERIES: INSURGENT (The Divergent Series: Insurgent) Stati Uniti, 2015 Regia: Robert Schwentke Produzione: Red Wagon Entertainment, Summit Entertainment Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 19-3-2015; Milano 19-3-2015) Soggetto: dal romanzo omonimo di Veronica Roth Sceneggiatura: Brian Duffield, Akiva Goldsman, Mark Bomback Direttore della fotografia: Florian Ballhaus Musiche: Joseph Trapanese Scenografia: Alec Hammond Costumi: Louise Mingenbach I protagonisti della precedente pellicola Tris, Quttro, Peter e Caleb vengono accusati di aver sterminato gli Abneganti e sono così costretti a fuggire trovando rifugio nel villaggio dei Pacifici. Si scopre dell’esistenza di una antica scatola che contiene delle informazioni preziose per la sopravvivenza della civiltà. La scatola può essere aperta soltanto da un Divergente superiore agli altri. Ha quindi inizio una lunga caccia per individuare un Divergente che sia in grado di superare tutte le prove e aprire il misterioso involucro. Tris e Quattro si mettono in viaggio imbattendosi in un’inaspettata sorpresa: Evelyn, madre di Quattro, ritenuta morta da tempo, è invece a capo degli Esclusi. I due vengono successivamente ospitati dai Candidi ai quali dimostrano di essere innocenti, convincendoli della colpevolezza di Jeanine. È proprio Jeanine a scoprire che l’unica Divergente ad essere in grado di aprire la scatola è Tris. A questo punto, la malvagia minaccia di uccidere Eric e Max convincendo Tris a consegnarsi. Durante l’ultima delle varie prove, tuttavia, la ragazza viene colpita da Peter e cade in un sonno profondo. Quattro e gli Esclusi arrivano in suo aiuto e, dopo averla risvegliata, riescono finalmente ad aprire l’antico involucro: scopriamo che Chicago era stata scelta come “ghetto” nel quale Effetti: James Madigan, Luma Pictures Interpreti: Shailene Woodley (Beatrice ‘Tris’ Prior), Theo James (Quattro), Naomi Watts (Evelyn), Kate Winslet (Jeanine Matthews), Octavia Spencer (Johanna), Miles Teller (Peter), Daniel Dae Kim (Jack Kang), Jai Courtney (Eric), Ray Stevenson (Marcus Eaton), Zoë Kravitz (Christina), Ansel Elgort (Caleb), Maggie Q (Tori Wu), Mekhi Phifer (Max), Emjay Anthony (Hector), Keiynan Lonsdale (Uriah), Rosa Salazar (Lynn), Suki Waterhouse (Marlene), Jonny Weston (Edgar), Ben Lamb (Edward), Justine Wachsberger (Lauren), Ashley Judd (Natalie), Rich Graff (Aeneas) Durata: 119’ confinare l’umanità per un esperimento. Il video viene diffuso e i cittadini delle cinque fazioni assaltano i confini che delimitano la città. Frattanto nello scontro finale, Evelyn uccide Jeanine riportando la pace. rosegue la trasposizione cinematografica della trilogia di Veronica Roth, giovane scrittrice statunitense che elaborò la sua opera prima, poi divenuta bestseller mondiale, tra un esame universitario e l’altro. Rispetto al primo capitolo tuttavia, nonostante sia trascorso un solo anno, i produttori decidono di mischiare le carte cambiando sceneggiatori e regista. Il precedente episodio era infatti stato degnamente girato da Neil Burger (The Illusionist, Limitless), mentre stavolta troviamo il tedesco Robert Schwentke (Red, Un amore all’improvviso) dietro la macchina da presa. Cambiare però non sempre risulta essere la scelta migliore. Rispetto a Divergent , la nuova pellicola della serie sembra invero fare vari passi indietro da più punti di vista. Se il plot della trilogia non ha mai convinto del tutto per la sua mancanza di originalità (impossibile non pensare continuamente a un Hunger Games venuto male), anche regia e recitazione lasciano a desiderare, tradendo continuamente una mancanza di credibilità. Schwentke tenta goffamente di P 63 dare velocità e ritmo alla storia attraverso una regia dinamica e che si presta più all’action che alla fantascienza. Il risultato è però scadente, complice l’incapacità da parte degli attori – Miles Teller e Shailene Woodley su tutti – di dare non soltanto profondità sentimentale, ma una basilare espressività ai propri personaggi, i quali non fanno altro che emanare per tutta la durata della pellicola – ben centoventi minuti – odore di plastica, di artificiale, di fittizio. Più in generale è evidente l’inadeguatezza da parte degli sceneggiatori e del regista nel costruire un reale mondo immaginario, una meta- realtà, un iperuranio, che sappia far sognare e far riflettere, creare qualcosa di nuovo raccontandoci tuttavia qualcosa di familiare, approfondire questioni fondamentali con dignità letteraria e caparbietà cinematografica, ovvero quello che Hunger Games è riuscito a fare e che Insurgent tenta comicamente di imitare. Nel complesso le due ore di pellicola riescono appena ad adempiere alla funzione basilare che film di questo genere possiedono per propria natura: intrattenere. Oltre a questo però, poco, pochissimo. Non ci resta che attendere, nostro malgrado, l’episodio finale della serie, con l’augurio, o forse la convinzione, che si possa soltanto migliorare. Giorgio Federico Mosco Film Tutti i film della stagione VALUTAZIONI PASTORALI Accidental Love – n.c. Affare fatto – n.c. Avangers: Age of Ultron – n.c. Blackhat – n.c. Chi è senza colpa – n.c. Child 44 – Il bambino numero 44 – n.c. Divergent Series (The): Insurgent – n.c. Famiglia Bélier (La) – consigliabile-problematico / dibattiti Forza maggiore – complesso-problematico / dibattiti Fury – n.c. Home – A casa – consigliabile / semplice Humandroid – n.c. Hunger Games: il canto della rivolta – Parte I – n.c. John Wick – n.c. Jurassic World – consigliabile-semplice Kingsman: Secret Service – n.c. Leviathan – consigliabile-problematico / dibattiti Libro della vita – n.c. Mad Max: Fury Road – complesso / problematico Mia madre – consigliabile-problematico / dibattiti Miniscule – La valle delle formiche perdute – n.c. My Old Lady – n.c. Notte al museo 3 (Una) – Il segreto del faraone – n.c. Padre (Il) – consigliabile / velleitario Pitza e datteri – consigliabile-brillante / dibattiti Promessa (Una) – consigliabile-problematico / dibattiti Racconto dei racconti (Il) – consigliabile-problematico / dibattiti Regole del caos (Le) – n.c. Ricco, il povero e il maggiordomo (Il) – consigliabile / semplice Ritorno a Marigold Hotel – consigliabile / poetico Run All Night – Una notte per sopravvivere – n.c. Samba – n.c. San Andreas – n.c. Sarà il mio tipo? – consigliabile / problematico Sciacallo (Lo) – Nightcrawler – n.c. Scusate se esisto – complesso / superficialità Search (The) – complesso-problematico / dibattiti Se Dio vuole – consigliabile-problematico / dibattiti 7 nani (I) – consigliabile / semplice Sils Maria – n.c. Storia sbagliata (Una) – consigliabileproblematico / dibattiti Superfast, Superfurious! – n.c. Third Person – n.c. Uno, anzi due – n.c. Vacanze del piccolo Nicolas (Le) – n.c. Vizio di forma – complesso / problematico Voce (La) – Il talento può uccidere – n.c. Youth – La giovinezza – complessoproblematico / dibattiti IL RAGAZZO SELVAGGIO è l’unica rivista in Italia che si occupa di educazione all’immagine e agli strumenti audiovisivi nella scuola. Il suo spazio d’intervento copre ogni esperienza e ogni realtà che va dalla scuola materna alla scuola media superiore. È un sussidio validissimo per insegnanti e alunni interessati all’uso pedagogico degli strumenti della comunicazione di massa: cinema, fotografia, televisione, computer. In ogni numero saggi, esperienze didattiche, schede analitiche dei film particolarmente significativi per i diversi gradi di istruzione, recensioni librarie e corrispondenze dell’estero. Il costo dell’abbonamento annuale è di euro 30,00 - periodicità bimestrale. 64 SILS MARIA - di Olivier Assayas LE REGOLE DEL CAOS - di Alan Rickman Marzo-Giugno 2015 134 -135 JURASSIC WORLD Anno XXI (nuova serie) - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70% - DCB - Roma di Colin Trevorrow FURY di David Ayer MIA MADRE di Nanni Moretti YOUTH LA GIOVINEZZA di Paolo Sorrentino LA FAMIGLIA BELLIER - di Eric Lartigau IL RACCONTO DEI RACCONTI - TALES OF TALES Euro 5,00 di Matteo Garrone