Torino, agosto 2006 Ciclo economico e mercati azionari Una verifica empirica sul mercato americano È piuttosto frequente in questi giorni leggere analisi in cui la debolezza dei mercati azionari americani viene messa in relazione alla difficile situazione congiunturale in cui versa l’economia USA. La stretta monetaria della FED, infatti, ha come obiettivo un rallentamento “tattico” della crescita, finalizzato ad estirpare sul nascere lo spettro dell’inflazione. Nei disegni di Bernanke, non appena l’inflazione verrà domata, le briglie verranno nuovamente allentate al fine di consentire un rapido recupero della crescita. L’artificioso rallentamento dell’economia diverrebbe così una breve parentesi nel corso di una fase espansiva di lungo termine. A sostegno di questa visione ottimistica viene spesso portato l’argomento secondo il quale, grazie alla migliorata capacità di analisi e di intervento delle autorità monetarie, la durata dei cicli economici starebbe variando e il futuro ci dovrebbe riservare fasi espansive sempre più lunghe e stabili alternate a fasi recessive sempre più brevi e di minor intensità. La lunga espansione degli anni ’90 rappresenterebbe il modello di questo nuovo paradigma; è stato peraltro fatto notare come l’attuale decennio stia offrendo, sotto il profilo congiunturale, un andamento molto simile a quello che lo ha preceduto come evidenzia il grafico che segue. In particolare: alla recessione del 1991 coincide il forte rallentamento della crescita registrato nel 2001; seguono, in entrambi i casi, fasi di espansione che culminano, rispettivamente nel 1994 e nel 2004, su livelli di crescita di circa il 4%; sia il 1995 sia il 2005, infine, sono caratterizzati da una flessione nella crescita. La similitudine fra il decennio in corso e quello passato Fonte: Ecowin Continuerà questo parallelismo? Alcuni iniziano a temere di no: infatti dati macroeconomici peggiori delle attese stanno facendo emergere il dubbio che la stretta abbia agito su di un’economia che stava già rallentando per cause “naturali”: quello che doveva risultare un semplice calmante 2 somministrato ad un soggetto sano (l’economia USA in espansione), oggi si teme si stia rivelando un vero e proprio veleno, poiché ad assumerlo sarebbe stato un soggetto fortemente debilitato (l’economia USA in frenata). Ecco perché, come detto, molti commentatori mettono in guardia gli investitori circa il futuro andamento del mercato azionario USA e, più in generale, circa il futuro di tutti i mercati azionari (muovendo dall’assunto che difficilmente il resto del mondo riuscirebbe ad evitare una recessione nel caso questa si dovesse presentare in America). Le borse, si dice, non potranno che subire un danno da una congiuntura debole Il seguito della presente nota è dedicato ad un approfondimento di questa affermazione mediante un’analisi storica del mercato azionario americano che abbraccia oltre mezzo secolo tra il 1949 ed il 2005. Per comprenderne in pieno la portata, occorre innanzi tutto definire meglio la scansione temporale della relazione esistente fra andamento dell’economia e rendimento dei mercati azionari. Se immaginiamo di poter anticipare l’andamento dei mercati azionari prendendo spunto dalle previsioni sull’economia e ragioniamo dunque secondo la logica rappresentata nello schema seguente, rischiamo di fare un po’ di confusione. leading Indicator (una statistica che tende ad anticipare il futuro andamento del ciclo economico) l’andamento del leading indicator consente di “prevedere” il futuro andamento dell’economia dato l’andamento previsto dell’economia si è in grado di prevedere l’andamento futuro dei mercati azionari 3 Questo ragionamento tuttavia ha, a nostro giudizio, un punto debole, ben evidenziato dall’analisi storica dell’economia USA per la quale l’indice S&P 500 è stato esso stesso un leading indicator molto potente. Nella figura seguente abbiamo evidenziato i punti di inversione della performance annua dell’indice S&P 500 che, secondo noi, hanno ben anticipato altrettanti punti di inversione nella crescita annua del PIL USA. In particolare mettiamo in relazione i rendimenti azionari annui con la crescita annua del PIL. Sia i rendimenti azionari sia la crescita economica sono espressi in termini reali: i rendimenti azionari, inoltre, tengono conto dei dividendi distribuiti nel corso di ciascun anno. I pallini bianchi sono posti in corrispondenza di punti di massimo della performance azionaria che hanno anticipato massimi della crescita economica; ai pallini rossi, invece, corrispondono minimi nei rendimenti azionari che hanno anticipato minimi della crescita economica. La performance reale dell’indice S&P 500 è un buon anticipatore del ciclo economico USA Anche l’analisi di regressione realizzata sul medesimo campione di dati e schematizzata nel grafico seguente dimostra come la performance annua dell’indice S&P 500 “spieghi”, in modo statisticamente significativo, la crescita reale dell’economia USA nell’anno successivo. 4 La nuvola di punti rappresentata nel piano i cui assi misurano la performance dell’indice azionario nell’anno t (ascisse) e la crescita economica nell’anno t+1 (ordinate) si compone di 57 rilevazioni: dal punto che mette in relazione la performance dell’indice S&P 500 del 1949 con la crescita del PIL USA nel 1950 a quello riferito alla performance azionaria del 2004 e alla crescita economica del 2005. La retta rossa interpolante i punti, ottenuta attraverso il metodo dei minimi quadrati, ha inclinazione positiva ed il suo coefficiente angolare supera il test statistico che ne conferma il segno positivo. La relazione fra performance reale dell’indice S&P 500 e la crescita reale USA La relazione stimata risulta essere la seguente: Δ% PIL t +1 = 0,03 + 0,09 Δ% S & P 500 t (10,62 ) R2 = 0,40 ( 5,98 ) 5 Queste nostre analisi sembrerebbero confermare la natura di leading indicator dell’indice S&P 500; si tratta peraltro di una questione assai nota e dibattuta in dottrina, non mancando, come spesso accade nella scienza economica, pareri contrapposti. A titolo di esempio ricordiamo comunque che fra i 10 componenti del Leading Index elaborato dal Conference Board compare proprio l’indice S&P 500. Ne deriva che, accogliendo l’idea che l’indice S&P 500 sia un leading indicator, lo schema per prevedere l’andamento dei mercati azionari che abbiamo presentato in precedenza diviene circolare. Per meglio comprendere questa affermazione riproponiamo di seguito il medesimo schema in cui al generico leading indicator abbiamo sostituito l’indice S&P 500. Andamento dell’indice S&P 500 consente di “prevedere” il futuro andamento dell’economia dato l’andamento previsto dell’economia si è in grado di prevedere l’andamento futuro dell’indice S&P 500 È evidente che se l’indice azionario anticipa il futuro della congiuntura, non è più possibile che da quest’ultima si possano ricavare vaticini circa l’indice azionario, poiché si arriverebbe all’assurdo che l’indice azionario anticipa sé stesso. Si potrebbe quindi affermare che il rallentamento dell’economia statunitense nel corso del 2006/2007 è già stato scontato in buona misura nelle modeste performance dell’indice S&P 500 degli ultimi tempi (+1,24% nel 2005 e praticamente 0% da inizio 2006); ma la cosa più importante da rilevare è la seguente: sarà l’andamento futuro dell’indice azionario a dirci se questo rallentamento si trasformerà in una recessione oppure no. 6 La relazione che abbiamo individuato tra andamento dei mercati azionari e ciclo economico ci dice che è molto comune che la performance dell’indice azionario raggiunga un minimo o un massimo prima che questi vengano raggiunti dal tasso di crescita del PIL. Guardando al nostro campione rileviamo che, tra il punto di inversione della performance azionaria e quello del tasso di crescita del PIL, è generalmente trascorso un anno, in un solo caso ne sono trascorsi due, mentre in due casi si sono osservati tre anni. Tale relazione quindi non può essere utilmente impiegata nella previsione dell’andamento dei mercati azionari che, come anzidetto, anticipano generalmente la tendenza del ciclo economico; al contrario questa relazione può essere impiegata, come fa il Conference Board, per prevedere il futuro andamento dell’economia partendo dall’andamento del listino azionario. Come si spiega questa “capacità” dei mercati azionari di anticipare l’economia reale? Andamento stilizzato del ciclo economico e del mercato azionario 7 A titolo di esempio, descriviamo lo scenario che si può ragionevolmente immaginare quando la crescita economica si avvicina al minimo del ciclo (il punto A nel grafico precedente): i tassi di interesse sono molto bassi; le quotazioni dei ridimensionate; titoli presumibilmente si sono le previsioni a medio termine sugli utili iniziano a migliorare. Queste condizioni, favorevoli ai mercati azionari, possono determinarne l’inversione. Il risveglio del mercato azionario così avviato può, a sua volta, divenire concausa della crescita economica poiché l’incremento dei prezzi delle azioni si trasmette all'economia reale attraverso tre canali: effetto ricchezza: i patrimoni dei consumatori crescono determinando una maggior propensione ai consumi; effetto “q”: il rapporto fra valore delle imprese e costo di sostituzione del capitale (la cosiddetta q di Tobin) cresce incentivando gli investimenti; effetto di bilancio: è l’effetto positivo che l’accresciuto prezzo delle azioni esercita sui bilanci delle famiglie, delle imprese e delle banche. Famiglie e imprese che detengono azioni i cui valori sono cresciuti accederanno, grazie all’aumentato patrimonio, più facilmente al credito e potranno così incrementare, rispettivamente, consumi ed investimenti. Le banche che detengono azioni vedranno i propri coefficienti patrimoniali migliorare e, conseguentemente, potranno espandere la concessione di crediti. Lo schema che segue sintetizza il processo di trasmissione del rialzo dei prezzi azionari all’economia reale. 8 Trasmissione delle variazioni dei prezzi azionari all’economia reale Crescita dei prezzi azionari Effetto “q” Effetto di Bilancio Effetto ricchezza Crescita Crescita Crescita Crescita degli degli dei dei investimenti investimenti consumi consumi Crescita della domanda aggregata Crescita del PIL Ragionamenti identici ma simmetrici spiegano perché, verso il massimo del ciclo economico (punto B nel grafico) i mercati azionari possono invertire la tendenza anticipatamente rispetto al ciclo stesso. Certo i timori di recessione non passano inosservati sui listini azionari: quando questi si diffondono, gli investitori diventano ancora più sensibili ad ogni notizia capace di rafforzare o indebolire l’ipotesi recessiva determinando un incremento della volatilità. In precedenti analisi abbiamo affermato che, essendo le azioni non più largamente sottovalutate come qualche anno fa, alcuni elementi di disturbo quali le tensioni geopolitiche o l’andamento del prezzo del petrolio avrebbero contribuito ad aumentare la volatilità dei mercati azionari. A questi elementi di disturbo ora dobbiamo aggiungere anche il timore di una recessione in USA: ne deriva che lo scenario ad elevata volatilità diviene ancor più credibile. 9 Quanto detto in precedenza, però, ci autorizza a pensare che il semplice timore di una recessione in USA (o di un forte rallentamento della crescita) non sia sufficiente a decretare l’inizio di una correzione dei mercati azionari. Quali strumenti sono dunque efficaci nel guidare le scelte di investimento? In forza delle difficoltà ora evidenziate nell’utilizzare dati macroeconomici per prevedere l’andamento dei mercati azionari, le nostre scelte di investimento vengono guidate da due analisi che non risentono di questo limite: analisi bottom up: astraendo dal contesto economico generale, individua gli investimenti più interessanti partendo dai fondamentali societari. Peraltro, poiché nelle nostre valutazioni utilizziamo dati di consensus riferiti a 2/3 anni futuri, l’eventuale rallentamento previsto dell’economia viene comunque tenuto in considerazione, nella misura in cui questo impatta sulle previsioni degli analisti relative alle variabili più sensibili al ciclo (fatturato, margini, utili etc.); analisi algoritimica: un sofisticato Sistema Esperto utilizzato in esclusiva dalla SIM individua punti di inversione degli indici di mercato. Osserviamo comunque che seguendo percorsi differenti non necessariamente si raggiungono conclusioni diverse. Infatti anche noi invitiamo alla cautela nell’investimento sul mercato azionario americano: lo facciamo da tempo e da molto prima che si parlasse di rallentamento dell’economia USA. Il giudizio deriva dalla valutazione dell’indice S&P 500 che effettuiamo sulla base dei fondamentali delle società che lo compongono (quindi in base ad un approccio 10 bottom-up): è grazie a questo tipo di analisi che il mercato americano ci sembrava e continua a sembrarci leggermente sopravvalutato. Non si tratta di una sopravvalutazione eccessiva, anche se da questo punto di vista qualche preoccupazione giunge dall’indice Nasdaq. Il medesimo approccio continua a farci considerare come preferibili i mercati europei le cui valutazioni sono ancora allettanti. È nostra opinione infatti che gli attuali prezzi di mercato siano generalmente ancora adeguati ai fondamentali delle società quotate in Europa e che quindi una robusta correzione sia piuttosto improbabile. 11 La presente pubblicazione è stata prodotta dall’Ufficio Studi della Cellino e Associati SIM S.p.A., è indirizzata ad un pubblico indistinto e viene fornita a titolo meramente informativo. Essa non costituisce attività di consulenza da parte della Cellino e Associati SIM S.p.A. né, tantomeno, offerta o sollecitazione ad acquistare o vendere strumenti finanziari. I dati utilizzati per l’elaborazione delle informazioni ivi riportate sono di pubblico dominio e sono considerati attendibili, tuttavia la Cellino e Associati SIM S.p.A. non è in grado di assicurarne l’esattezza. Tutte le informazioni riportate sono date in buona fede sulla base dei dati disponibili, ma sono suscettibili di variazioni anche senza preavviso in qualsiasi momento dopo la pubblicazione. 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