PERIODICO SEMESTRALE DELLA COMUNITÀ DI LIVO Anno V - N. 1/06 - N.progr. 9 - aprile 2006 Aut. trib. Trento N. 1118 del 06/03/2002 - Spedizione in A.P. 70% D.C.B. TN Tassa pagata - Taxe Percue COMITATO DI REDAZIONE Direttore Carlo Alessandri Direttore responsabile Massimiliano Debiasi Comitato Massimo Betta Walter Bonani Erica Corradini Luigi Conter Vera Zanotelli Sede Redazione Municipio di Livo - Via Marconi, 54 - 38020 Livo (TN) In copertina: Livo vista dalla “vila” Grafica e stampa Tipografia QUARESIMA s.n.c. - Via Marco da Cles, 10 - 38023 Cles (TN) Tel. e Fax 0463.421375 - e-mail: [email protected] Fotocomposizione a cura della Redazione MEZALON 2 MEZALON INDICE Editoriale Avviso ICI Donne di potere Intervista doppia ASUC Dalle associazioni Una serata con l’AIDO I nonni Il viaggio del fratello La festa sotto l’albero Poesia “La Neo” Note sul restauro della Chiesa di San Martino pag. 3 pag. 4 pag. 5 pag. 6 pag. 9 pag. 12 pag. 16 pag. 17 pag. 18 pag. 20 pag. 22 pag. 23 Un bel sogno... C’era una volta... Ricordi Piccolo mondo agricolo Piccolo mondo antico Il baco da seta ospite nel Mezalon Come le cantine “de sti ani” ...dall’Argentina Fitoterapia e dolori reumatici Orari e indirizzi utili Servizi di emergenza pag. 27 pag. 29 pag. 31 pag. 36 pag. 37 pag. 41 pag. 42 pag. 43 pag. 44 pag. 46 pag. 47 3 EDITORIALE tri contesti, ma, appunto perché lontano nel tempo, bello e stabilizzante. E allora,... dai, facciamo uno sforzo e scriviamo: sul passato ma anche sul futuro, alimentando anche dibattiti, scambi di opinioni diverse ed appunto per questo e di per sé costruttive. In questo numero abbiamo dato l’inizio, abbiamo tracciato il solco: starà in tutti noi proseguirlo, alimentarlo, renderlo più profondo e pertanto più incisivo. Sarà anche questo un modo per una presenza attiva nella nostra Comunità. Il Direttore Carlo Alessandri MEZALON Anche questa volta abbiamo raggiunto la meta, abbiamo un nuovo numero del giornalino. Anche questa volta sono stati in molti a scrivere, ad aver compreso il valore di questo periodico piccolo, è vero, senza grandi pretese, ma grande per i messaggi di cui è portatore. E lo ripeto, a voi, cari lettori, siete stati puntuali nello scrivere. Eppure, dovremmo crescere, essere in tanti, altrettanti a proporre i propri vissuti, le proprie convinzioni, le proprie idee, nonché proposte. Che soddisfazione avere tante persone pronte ad esporre le proprie opinioni, a discutere su prospettive prossime e lontane, sul proprio futuro e su quello delle nostre Comunità. Si, i giovani, fra le quali, che a volte si pensa disimpegnati, ma che non è vero: basta lasciar loro il proprio spazio: subito lo sapranno riempire di valori, da loro stessi costruiti, se, però, il mondo, la comunità, la società che sta loro davanti sa far capire certi capisaldi ai quali ci si deve tener ben fermi. Ed allora, anche i meno giovani si sentono più invogliati a scrivere, per trasmettere in tal modo quelle convinzioni profonde, che prendono il nome di valori. Ben apprezzati sono sempre stati i racconti di esperienze del passato; è stato un modo per trasmettere tradizioni, o almeno il loro ricordo, alle generazioni giovani che non hanno conosciuto quei contesti, quelle vicende, in altre parole, quella cultura. Sui numeri dei giornalini passati, ed anche su questo, spiccano le fotografie del passato: ho visto e sentito giovani osservarle con piacere e con voglia di sapere; ho assaporato l’ansia di chi quelle fotografie le possedeva, nel riconoscere in esse qualche persona del passato, ma ancora conosciuta: un parente, un amico, un compaesano. Nel riconoscere, in una parola, un modello di vita di altri tempi, di al- 4 AVVISO ICI Si ricorda ai contribuenti che anche per l’anno 2006 verranno inviati a domicilio i bollettini per il pagamento dell’ICI emessi dall’Ufficio competente. Si specifica che la comunicazione delle variazioni effettuate nel corso dell’anno 2005, si accettano anche prima della scadenza prevista dal regolamento (30.06), in tal caso i bollettini conterranno gli importi aggiornati. Si riassume nella tabella allegata le principali aliquote e norme relative all’anno 2006. Aliquota ICI abitazione principale 4 per mille Aliquota abitazione data in uso a familiari 4 per mille Aliquota immobili posseduti oltre l’abitazione principale 5 per mille Aliquota terreni edificabili 5 per mille Aliquota terreni agricoli Esenti Detrazione abitazione principale 103,29 Detrazione abitazione data in uso a familiari 103,29 Importo minimo di versamento annuale 10,33 N. pertinenze a cui viene estesa la detrazione 1 Valore aree fabbricabili di tipo residenziale (del G.C. n. 07/06) 57,06 Valore aree fabbricabili di tipo produttive (del G.C. n. 07/06) 40,70 MEZALON MODALITA’ DI PAGAMENTO: due soluzioni – entro 30/06 e 20/12 Versamento su Conto Corrente Postale N. 12953386 intestato a : Comune di Livo – Servizio Tesoreria AVVISO NUOVI ORARI PER IL CENTRO RACCOLTA MATERIALI (CIS) Lunedì 15.30-19.00 Giovedì 15.30-19.00 Sabato 09.00-12.30 5 DONNE DI POTERE Donne di casa Non molti decenni fa a Preghena, nel giorno della Festa di S.Anna, era tradizione che i capi famiglia portassero le donne di casa all’osteria (già di per sé fatto straordinario) a bere la birra (ancora più straordinario). Questo in fondo era l’unico momento in cui la donna partecipava, in prima persona, alla vita civile del paese. Alla donna era affidata la gestione della casa, l’educazione dei figli e la cura del marito. Per così dire, se la donna era titolare del Ministero degli Interni, al marito spettavano in maniera esclusiva tutti i compiti del Ministero degli Esteri. Se qualcuno volesse cercare, nei libri della nostra memoria, indizi sul ruolo femminile nella nostra storia ristretta, rimarrebbe alquanto deluso. Don Luigi Conter nei suoi “Fatti storici di Livo” non sente il bisogno di dedicare più di una riga a nessuna donna; mentre Franco Lancetti in “LIVO: storia-vita-arte” in mezzo ad una valanga di nomi personali, cita soltanto la Sig.ra Bice Fauri, Segretario Contabile della Cassa Rurale. Certo le cose sono cambiate: anche in una società chiusa come la nostra, la donna ha sperimentato strade diverse da quel breve tragitto che univa soltanto casa, chiesa e bottega. Donne in sciopero “Nel ottobre del 1964”, racconta di sfuggita il Lancetti, “le cernitici della frutta del Consorzio SCAF fecero uno sciopero, non presentandosi al lavoro per ragioni sociali ed economiche.” A quanto sembra furono trattate molto duramente e non si videro riconosciuto nessun beneficio, ma fu comunque un momento molto importante...anche se passato nel dimenticatoio. Se qualcuna di quelle donne ricorda quelle giornate, le problematiche che le avevano generate sarebbe interessante che avesse voglia di ripercorrerle, magari mettendosi in contatto con la Redazione del Mezalon. Donne di oggi Nel Comune di Livo, alle recenti elezioni, erano quattro le donne candidate al Consiglio Comunale e tutte hanno riscosso grande successo; due di loro sono state anche scelte per andare a comporre la Giunta Comunale. Per aiutarvi a conoscerle meglio abbiamo posto alcune domande proprio ai nuovi Assessori Valeria Datres e Fabiola de Concini. MEZALON 6 INTERVISTA DOPPIA Nome Cognome: VALERIA DATRES Nome Cognome: FABIOLA de CONCINI Età: Stato civile: Figli Lavoro: Ruolo Istituzionale: Competenze: 45 anni CONIUGATA 2 FIGLIE OPERIAIA ASSESSORE SERVIZI AL CITTADINO Età: Stato civile: Figli Lavoro: 44 anni CONIUGATA 1 FIGLIO E 1 FIGLIA INSEGNANTE di economia aziendale c/o I.T.C.G. di Cles ASSESSORE SERVIZI AL CITTADINO Ruolo Istituzionale: Competenze: DOMANDE: (V = Valeria ; F = Fabiola) 1) E’ alla sua prima esperienza politica? V: Sì F: Sì MEZALON 2) Cosa l’ha convinta ad accettare questo ruolo? V: Per arricchire la mia vita di una nuova esperienza. F: La convinzione che solo operando attivamente si possono creare i presupposti per uno sviluppo culturale a Livo; una sfida personale che però si può vincere solo con la collaborazione degli altri consiglieri eletti, delle associazioni presenti sul territorio e dei giovani. 3) Cosa ha detto ai suoi figli quando ha deciso di candidarsi? V: A dire la verità ho detto loro soltanto che volevo candidarmi, ho sorriso per le loro risposte; la più piccola, Mara, mi ha chiesto ”Mamma hai sbattuto la testa?!”, mentre Elisa entusiasta mi ha incoraggiato a provarci. F: Ho cercato di spiegare loro il significato di una candidatura e il ruolo che il Consiglio Comunale riveste. 7 4) Cosa ha le detto suo marito quando ha deciso di candidarsi? V: Mio marito, a sorpresa, dato che solitamente gli uomini vogliono vedere la moglie sempre a casa, è stato il mio primo sostenitore. F: E’ una decisione che abbiamo preso insieme. 5) Quali contributi può dare una donna in una Amministrazione Comunale? V: Noi donne possediamo caratteristiche, quali sensibilità e capacità organizzative, molto utili in questo campo. F: Non credo che ci sia una stretta correlazione tra l’essere donna ed essere amministratore. Ognuno è tenuto ad apportare conoscenze e competenze acquisite nella vita quotidiana e nel proprio lavoro. 6) Come spiega il fatto che quattro donne hanno ricevuto quasi la metà dei voti dell’intero Consiglio Comunale? V: Non credo che questo successo di voti dipenda solamente da una distinzione donnauomo. Credo, invece, che la gente abbia voluto scegliere la persona che li rappresentasse meglio. F: Sicuramente fa urlare un bel “EVVIVA LE DONNE!”, anche se è probabile che sia anche il risultato di situazioni di diffuso parentado e di campanilismo tra le frazioni. 7) Una proposta che le sta particolarmente a cuore. V: Più di una proposta specifica mi sta particolarmente a cuore che ci sia un’Amministazione aperta alle esigenze di tutti i cittadini in modo coerente ed imparziale. F: Cercare di stimolare soprattutto i giovani a partecipare alle iniziative culturali che vengono proposte, nella speranza che col tempo siano loro stessi a proporle. 8) Una sfida per il futuro del nostro paese. V: Riuscire a coinvolgere e unire maggiormente la popolazione quando si tratta di realizzare un obiettivo comune, indipendentemente dal pensiero politico. F: Creare un paese unito, senza campanilismo e particolarismi, centro dell’offerta di servizi anche per le realtà territoriali limitrofe. 9) In Val di Non c’è qualcos’altro oltre alle mele? V: Premesso il mio rispetto per i contadini che grazie ai proventi del loro lavoro alimentano anche le altre forme di economia, si dovrebbe puntare su un maggior sviluppo del turismo per dare spazio e possibilità a chi ha idee nuove. F: Il territorio è certamente ricco di potenzialità turistico/culturali, ma la predisposizione mentale degli abitanti si creerà in maniera graduale. 10) Favorevole o contraria alla legalizzazione delle droghe leggere? V: Come mamma di due figli adolescenti non posso che essere contraria a qualsiasi cosa possa essere pericolosa per la loro salute. F: Contraria in assoluto. MEZALON 11) Emma Bonino Presidente della Repubblica? V: La trovo una donna determinata e capace non meno dei suoi colleghi uomini, quindi non vedo perché non possa meritare questa carica. F: Il prossimo Presidente non deve essere donna a tutti i costi. 8 12) Se potesse realizzare un sogno vorrebbe... V: ...poter accendere la televisione senza dover sentire terribili notizie quali la violenza sui minori. F: ...riuscire ad organizzare la stessa vita che conduco adesso in maniera più tranquilla; riservando un po’ più di tempo per me stessa. 13) Il personaggio che ammira maggiormente? V: Madre Teresa per il suo grande amore per i bambini. F: Non esiste uno in assoluto. Sono forse troppo critica e accanto ai pregi non posso fare a meno di notarne i difetti. 14) A cosa non rinuncerebbe mai? V: Ai dolci... F: A tante cose, soprattutto alla famiglia e al lavoro. 15) Un vizio e una virtù. V: Il nervosismo ma anche la disponibilità. F: I vizi ci sono, come per tutti: ma nessuno da citare in particolare. Per quanto riguarda le virtù cerco di evidenziarne qualcuna, ma lascio ad altri l’ardua sentenza. 16) Il libro sul comodino? V: ...la sveglia e un filo di polvere... F: I n questo periodo letture tecniche: Economia Aziendale-Finanze. In estate adoro la settimana enigmistica. 17) Cenerentola o Biancaneve? V: Biancaneve. Le offrirei una mela che le farebbe vincere il concorso di Miss Melinda. F: Nessuna delle due. 18) A quando un Sindaco donna per Livo? V: Non faccio una distinzione uomo o donna, basta che sia una persona valida. F: Quando una donna riuscirà a convincere gli elettori, uomini e donne, di essere veramente capace. Non ritengo comunque importante per lo sviluppo del paese che ciò accada. MEZALON Bonani Walter “La redazione invita tutti coloro che vivono all’estero o lontani dal Mezalon a spedirci materiale fotografico e notizie che descrivono il luogo in cui vivono” 9 ASUC L’APERTURA DELLA CAVA Una grande meta raggiunta: l’apertura della Cava di inerti in località Val. individuare un’altra area, indipendente dalla superficie della ditta Rauzi e quindi autonoma su tutto. Quest’ipotesi venne poi illustrata ai funzionari provinciali degli Uffici del settore minerario e dell’urbanistica. Un ampliamento del Piano cava, da inserire nel Piano provinciale dello sfruttamento dei giacimenti.Sembrava proprio l’uovo di Colombo. Così fu fatto: venne chiesto un sopraluogo da parte delle Autorità forestali e minerarie, che intervennero ed approvarono la proposta, sempre con la finalità suddetta, di sganciare la dipendenza dell’ASUC dal vincolo Rauzi. Dopodichè venne subito affidato all’ingegner Callegari con studio a Lavis, l’incarico di redigere il nuovo Piano,con un ampliamento verso nord. L’area ampliata ha permesso l’individuazione di due lotti: Lotto N°1: prevede un’estrazione di mc 444.100 di materiale,si trova subito a ridosso del fronte Sud e comporta un po’ di promiscuità con la Ditta Rauzi. In altre parole, per lo sfruttamento è necessario risolvere un annosa questione con la Ditta Rauzi, Vertenza con soluzione difficile ma non impossibile: sono necessari, però, tempi e risorse. Lotto N° 2: risulta più a Nord del lotto 1, è di mc 420.000 ed è completamente indipendente: questo poteva essere sfruttato subito, non appena ottenute tutte le autorizzazioni e, quel MEZALON Ad inizio legislatura, i componenti il Comitato ASUC di Preghena in carica, avevano posto come punto del loro programma la riattivazione della Cava in parola. Era una grande scommessa, visto il numero di anni che ormai era chiusa e viste anche le difficoltà sorte con la Ditta che fino agli anni Novanta vi aveva lavorato. Il Comitato, ancora nel 2003 aveva tentato un accordo con la Ditta Rauzi, per ampliare la zona di escavazione e così risolvere un’annosa vertenza che riguardava il fronte della cava nel versante sud, tutto dissestato, come appare a chiunque passi per la strada provinciale. Non si ottenne nulla di fatto. E, per di più, traspariva dai tentativi di accordo, un sentore di sfida, come dire che “ il manico del coltello” stava da una sola parte, ma non dalla nostra. Il Comitato, pertanto, pensò bene di non lasciarsi intimidire e, nel contempo, di trovare una soluzione alternativa, che permettesse all’ASUC di valorizzare il proprio patrimonio al massimo, senza alcuna condizione imposta, direttamente o indirettamente, da qualcuno. Bisognava,insomma, che l’ASUC avesse i mezzi per raffrontarsi con la Ditta con la voce forte; era indispensabile dare un segnale deciso e dimostrare che si poteva avere un futuro anche senza dover piegare il capo a nessuno. Al Comitato piacque l’idea del Presidente di 10 MEZALON che più conta, con un appalto ad asta pubblica e quindi con il massimo realizzo. Ed ancora: il realizzo a mc in questo lotto, avrebbe portato ad una base anche per l’altro lotto. Ci son voluti tre anni per ottenere tutte le autorizzazioni, con sopraluoghi a non finire ed osservazioni e consigli da ogni parte. Ci hanno veramente capiti, sia le autorità provinciali, minerarie, forestali ed urbanistiche, sia quelle comunali e comprensoriali: a tutti vanno i ringraziamenti da parte del Comitato ASUC, così come vanno a tutti i dipendenti comunali, che hanno dedicato alla nostra Amministrazione un lavoro impegnativo. Così siamo giunti all’indizione della gara di appalto, che è stata impegnativa e che ha ottemperato a tutte le normative, compresa quella della sua pubblicazione su due giornali nazionali( Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport) e due provinciali (Adige e Corriere del Trentino). L’asta è avvenuta il giorno 20 febbraio 2006, alle ore 14. Nella sala comunale erano presenti molti censiti di Preghena e questo ci ha fatto veramente piacere, soprattutto il battimani che ci hanno offerto. Per noi Amministratori è stato veramente emozionante: era un ringraziamento per il nostro operato, era il riconoscere che i nostri sforzi, le nostre sere trascorse in lunghe sedute, le nostre ore strappate agli affetti familiari, non erano state fatte invano; e questo ci dava e ci dà veramente la carica per andare avanti. L’asta, insomma, non era solo una procedu- ra per realizzare soldi ma era qualcosa di più partecipato: era la vendita di un patrimonio sentito proprio, era il riconoscere il nostro operato, era un caldo invito a procedere. La gara è stata vinta dalla Ditta Olmo,di Vender Vito con sede a Mezzocorona, con un offerta di Euro 6,17 al mc di materiale.La stima effettuata dall’ingegner Callegari, su misurazioni realizzate dal p.ind. Dalla torre Ivo, è di mc 420.000ed il prezzo base era di Euro 3,50; risulta facile capire quale fonte di reddito per l’ASUC si sia ottenuta. La Ditta ha l’obbligo di sistemare con calcestruzzo la strada di accesso e di spostare il tubo di irrigazione Soi del Consorzio Sauderno di Preghena. Il metodo di escavazione avverrà a gradoni discendenti, partendo dalla cima; appena un gradone sarà sfruttato, sarà ripristinato il verde ed il bosco, prima di procedere con il gradone successivo. In questo modo si eviterà di creare dissesti come avvenuto per il passato. Per garantirsi il tutto(pagamento del materiale, rinverdimenti, ecc. l’Amministrazione ha imposto una garanzia bancaria a Fideiussione per un importo di 400.000 Euro. L’apertura della cava è prevista per la primavera prossima. Ora un altro grande impegno:l’utilizzo oculato dell’entrata prevista in bilancio. Il Presidente prof. Alessandri Carlo, il suo vice Maninfior Ivo ed i suoi consiglieri Zorzi Paolo e Datres Franco, hanno già delle idee; però nel loro programma sta anche l’impegno di sentire i censiti in un’assemblea appositamente convocata . Vista la notevole somma, è doveroso sentire la base, gli elettori, i giovani e tutti, per una scelta veramente corretta e giusta: negli anni futuri, quand’anche la cava non fosse più in attività, la Frazione di Preghena deve avere comunque una fonte di reddito: quindi opere e quant’altro ma anche l’individuazione di fonti produttive. Carlo Alessandri - Ivo Maninfior -Paolo Zorzi - Franco Datres 11 ANCHE UN BATTIMANI PUÒ GRATIFICARE PIÙ DI OGNI ALTRA COSA moralizzati, demotivati e sono proprio queste manifestazioni di apprezzamento che danno la carica per andare avanti. Non valgono tanto i soldi, che pur sono importanti, ma valgono, per certi versi, molto di più questi modi di partecipare della gente e di manifestare una propria gratitudine. Quando la gente partecipa gli Amministratori si sentono molto più stimolati a fare. Ebbene, la partecipazione della gente è una grande soddisfazione per tutti: per i dipendenti dell’ASUC, noi Amministratori, per il Sindaco e suoi collaboratori, per le ditte presenti e per tutti i partecipanti. E’ stata una grande soddisfazione per l’ASUC aver raggiunto questa meta: abbiamo aggiunto un tassello in più alla nostra storia, alla storia del Mezzalone. Un grazie vada alle Autorità provinciali e comunali, che hanno creduto nelle nostre iniziative e nella validità delle istituzioni A.S.U.C. Maninfior Ivo MEZALON Come componente il Comitato ASUC di Preghena, ho partecipato a quella che poteva essere un’operazione burocratica di “asta” di un bene ma che si è poi dimostrato un momento di grande emozione. Parlo delle operazioni relative alla gara di appalto del lotto N°2 della Cava Val di Preghena, svoltasi presso la sala comunale di Livo il 20 febbraio 2006, alla presenza di numerosi censiti. All’inizio dell’assemblea il nostro Presidente ha illustrato diversi dettagli relativi alla storia della Cava, alle modalità di sfruttamento, nonché alle procedure e regole applicate alla gara di appalto. Ha inoltre sottolineato che non ci si dovrà trovare, a fine sfruttamento, in una situazione di dissesto, come avvenuto con il precedente sfruttamento e che quindi tutto dovrà procedere conforme a quanto prescritto dalle varie autorizzazioni che, del resto, non si discostano affatto da quanto ci impone la nostra sensibilità di Amministratori. Insomma un lavoro fatto e da fare non indifferente ed impegnativo, come detto dal Presidente. Ed è stato a questo punto che da una dei presenti è partito un forte “ ve lo meritate un applauso” e così da parte di tutti si è sentito un forte battimani. Per me ma anche per tutti gli Amministratori, per le varie altre autorità è stato un momento emozionante: l’atmosfera della sala, che prima sembrava così estranea è divenuta poi più calda, più partecipe. La sala era diventata un’altra sala. A volte anche gli Amministratori si sentono de- 12 DALLE ASSOCIAZIONI SEZIONE CACCIATORI MEZALON Una serata importante per la Sezione Cacciatori Sabato 28 gennaio a Cavizzana, presso la Locanda di S. Martino, si è tenuta la tradizionale cena di fine stagione venatoria della Sezione Cacciatori di Livo. In quest’occasione abbiamo avuto il piacere di ospitare il Vice Presidente del Consiglio Provinciale Nerio Giovannazzi e molti altri ospiti tra i quali: il Comandante della Stazione Carabinieri di Rumo Maresciallo Ungaro Massimiliano, l’Ispettore Forestale Conter Aldo, il Dott. Mario Pedrolli, la Guardia Forestale Datres Stefano, i Il Rettore Zanotelli Franco mostra soddisfatto Presidenti delle ASUC Dott. Alessan- l’omaggio appena ricevuto dri Carlo per Preghena e Conter Flavio per Livo, la Signora Maria Cristina Rossi vedova Rodegher, la Signora Alessandri Amelia in Bondì e Datres Tullio. Durante la cena il rettore della riserva Zanotelli Franco, ricordando il socio scomparso Rodegher Gianfranco, a nome di tutti i cacciatori ha consegnato un quadro ricordo alla moglie Maria Cristina. Gianfranco, socio da quarant’anni, membro del direttivo per 12 anni, cacciatore retto e onesto dotato di animo buono e generoso, sempre presente quando bisognava lavorare, con le sue battute era sempre pronto a portare allegria. Il rettore a nome dell’intera sezione cacciatori di Livo ha voluto dire un grazie caloroso a questo amico e socio esemplare. La serata è proseguita con altre tappe importanti come la consegna di una Targa ricordo consegnata da Nerio Giovannazzi all’ormai ex socio Datres Tullio classe 1917, meritevole di aver donato alla Sezione Cacciatori di Livo un gallo cedrone impagliato, trofeo questo che sarà esposto nella sede di Varollo. Un caloroso ringraziamento da parte di tutti i cacciatori della Riserva a Tullio che ha saputo privarsi di questo trofeo contribuendo L’amico Rodegher Gianfranco 13 così all’abbellimento della nostra e Sua sede. Prima di arrivare alla conclusione di questa simpatica e importante serata il segretario della Sezione cacciatori Aldo Pancheri a nome di tutti i cacciatori, ringraziando per il lavoro fatto fin ad ora e invitandolo a continuare con impegno e dedizione fino ad ora dimostrata ha donato al rettore della riserva Zanotelli Franco uno “Scheibe”, tipico quadro rotondo, dipinto a mano, raffigurante un cervo, opera del pittore alGiovanazzi si congratula con il Socio anziano Datres Tullio toatesino Gamper Wendelin. Il rettore visibilmente commosso ringrazia tutti i cacciatori per il pensiero avuto e augura a tutti “un in bocca al lupo per la stagione venatoria 2006”! GRUPPO SAT DI LIVO Gita al Gran Sasso 25-26 giugno 2005 Due giorni in Abruzzo brevi ma intensi. Partiti da Livo con il pullman abbiamo raggiunto e visitato L’Aquila, città famosa per la fontana delle 99 cannelle, e in serata ci siamo portati a Prato di Tivo dove abbiamo pernottato. Il giorno seguente siamo partiti per l’escursione alpinistica salendo sulla cima del Corno Grande, da cui siamo poi ridiscesi verso Campo Imperatore. In serata siamo ritornati in trentino molto stanchi ma estremamente soddisfatti. Aliprandini Valeria MEZALON 14 Attività anno 2006 MEZALON 19 febbraio 11 marzo 02 aprile 22/23/24/25 aprile 07 maggio 28 maggio 11 giugno 25 giugno 09 luglio 29/30 luglio 13 agosto 27 agosto 28 ottobre 26 dicembre MALGA DI LAUREGNO E MALGA CASTRIN CON LE CIASPOLE SERATA CON FILM GIORNATA ECOLOGICA GITA SOCIALE A ROMA GIORNATA DEL SENTIERO DA SANZENO A S.ROMEDIO, PARCO FLUVIALE NOVELLA VAL RIDANNA, MINIERE MONTENEVE GIORNATA DEL SENTIERO GITA IN AUSTRIA GIRO DEL SASSO PIATTO, PASSO SELLA ESCURSIONE ALLE LOBBIE, CRESTA CROCE-ADAMELLO ESCURSIONE SUL MONTE PELLER CASTAGNATA TOMBOLA Che ne pensate del “MEZALON”? Inviate le vostre idee e proposte a: Redazione Mezalon c/o Municipio di Livo - Via Marconi, 87 - 38020 Livo (TN) e-mail: [email protected] 15 CORPO VIGILI DEL FUOCO VOLONTARI La nuova caserma dei VVF di Preghena Approfittiamo delle pagine di questo notiziario per ringraziare l’Amministrazione comunale e quanti hanno collaborato per aver donato a noi VVF di Preghena una nuova “casa”. Erano alcuni anni ormai che noi vigili cullavamo l’idea di avere una nuova sede anche perché la “vecchia” caserma con il tempo era diventata troppo piccola e poco funzionale. E’ stato così individuato come edificio idoneo a tale scopo le ex Scuole Elementari. Il progetto, redatto e curato tra il resto da un nostro vigile del fuoco, Capobianco Cristian, nasce nel gennaio del 2003 e, dopo l’iter burocratico, nel settembre 2004 iniziano i lavori. Il progetto ha previsto innanzitutto uno sbancamento nel piazzale ad Ovest del fabbricato e l’ampliamento del deposito mezzi esistente con un comodo accesso verso la strada provinciale. L’ampliamento è stato completamente interrato ed il piazzale soprastante è stato innalzato fino alla quota pavimento del primo piano. Il locale destinato una volta a palestra è stato messo a nuovo così come le stanze a nord, utilizzate ora come spogliatoio, sala radio e servizi igienici. I lavori sono stati ultimati nel marzo del 2005. Noi tutti vigili siamo rimasti molto soddisfatti e felici dei lavori fatti e per questo ribadiamo la nostra riconoscenza e gratitudine verso il Sindaco e tutta l’Amministrazione comunale per l’impegno dimostratoci e per averci dato la possibilità di svolgere ancor meglio il nostro volontariato. Grazie! MEZALON 16 UNA SERATA CON L’AIDO PRELIEVO E TRAPIANTO DI ORGANI E TESSUTI Mercoledì 4 gennaio l’Amministrazione Comunale di Livo, in collaborazione con l’AIDO-Val di Non, ha organizzato una serata di sensibilizzazione sul delicato e attualissimo tema del prelievo e del trapianto di organi. Nella cornice della sala polifunzionale don Giacomo Marini a Varollo hanno relazionato sul tema il Dott.Carlo Rovati, Primario di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale S.Chiara di Trento, e il Sig. Marco Benvenuti presidente della Sezione AIDO della Val di Non. Con la disponibilità dell’atteggiamento e il tono informale i relatori hanno coinvolto i presenti in un vivace dibattito che si è protratto fino a tarda ora. MEZALON Nella stessa occasione l’Assessorato alla Cultura ha reso omaggio a coloro che, nel nostro comune, hanno conseguito un diploma di Scuola Professionale, di Scuola Secondaria Superiore o un Titolo di Laurea nell’anno 2005. Gli interessati sono stati insigniti di un diploma simbolico, creato dall’artista locale Luciano Zanotelli e hanno ricevuto un elegante gadget fornito dalla Cassa Rurale di Tuenno-Val di Non. Diplomati Laureati AGOSTI MARTINA AGOSTI MAURIZIO CAROTTA DAMIANO CAROTTA MIRCO CAROTTA ROBERTO DALPIAZ KATIA DATRES MATTEO FILIPPI SIMONE KERSCHBAMER MANUELA PARIS FABRIZIO RODEGHER MICHAEL SORANZO CRISTIAN BONANI DONATELLA FILIPPI DESIRE’ 17 I NONNI Questa filastrocca la dedico a tutti i nonni del nostro comune ed in particolare ai miei, ai quali dico: “Rimanendo sempre accanto a me, vedrete che una nuova infanzia rivivrete!” MEZALON Sono un bambino molto fortunato perché oltre a mamma e papà quattro nonni la vita mi ha regalato! Ma chi sono i nonni voi lo sapete? A suon di rime lo scoprirete! Ti posso dire per iniziare che come loro nessun altro ti sa viziare, anche se a casa loro fai la rivoluzione non arriva mai l’ora della punizione. Tutti i nonni possiedono una fabbrica di cioccolatini per far felici tutti noi piccini e soprattutto i nostri dentini. Il loro viso dalle rughe è segnato, perché da quando erano piccoli molto tempo è passato. I nonni hanno un po’ bianchi i capelli, quelli delle nonne invece sono sempre belli; a loro basta una magia e i capelli bianchi vanno via... Un giorno mentre giocavo con il telefonino chiesi al mio nonnino: “Ce l’avevi anche tu da piccolino?” E lui mi rispose sospirando: “Macchè non c’era neanche il telecomando!” “Ma allora non guardavi i cartoni alla televisione?” “Magari! Quelli erano solo un’illusione. Noi da piccoli nei prati i pastori facevamo e semplici giochi inventavamo. Poche cose avevamo eppure con quelle sì che ci divertivamo! La sera per riscaldarci nella stalla andavamo a ripararci, il riscaldamento sai non c’era e con una candela la luce si faceva. Mangiavamo quasi sempre polenta e patate e nemmeno ce le sognavamo caramelle e cioccolate. Voi bambini d’oggi siete portate sempre bei vestiti, i nostri invece erano sgualciti e sempre lo stesso mettevamo, sai...altro non avevamo. Tante cose ora tu non puoi capire, ma spero possano servire per il tuo avvenire: tutto ciò ti ho raccontato solo perché tu capisca quanto sei fortunato! Al giorno d’oggi si può avere tutto, devi però imparare a distinguere il bello dal brutto. Ma ora torna pure a giocare perché il mondo dei bambini è fatto soprattutto per sognare! Matteo Conter 18 IL VIAGGIO DEL FRATELLO Un racconto: MEZALON In un paese c’era una famiglia molto povera con tre bambini; la madre e il padre non sapevano più cosa fare perché non c’era più da mangiare. Il fratello più piccolo aveva sentito dire che chi fosse riuscito a superare il percorso che portava al castello del re avrebbe avuto in sposa la sua adorata figlia. Il ragazzo pensò allora che lui e la sua famiglia sarebbero diventati ricchi. La strada che portava al castello del re passava attraverso il Bosco Vecchio, un bosco scuro e pericoloso, pieno di insidie: si potevano incontrare maghi e streghe; nessuno era mai riuscito ad uscirne vivo. Il ragazzo non ci pensò due volte; prese l’unico pezzo di pane rimasto ed una spada e si diresse verso il castello del re. Lungo il tragitto incontrò uno gnomo, il padrone della montagna più alta. Quello strano essere, simile ad un piccolo uomo, promise al ragazzo un fiore magico se fosse riuscito a superare tre prove. La prima di queste consisteva nel non cadere in una trappola: un fosso scavato nel terreno e coperto con foglie. Nella seconda prova, invece, avrebbe dovuto sconfiggere un feroce soldato combattendo con la spada. La terza prova era l’attraversamento di un lun- ghissimo vecchio ponte di legno, un rudere cadente. Con molto coraggio, ma anche altrettanta fortuna, il ragazzo superò le prove. A quel punto, lo gnomo gli indicò la strada che portava in cima alla altissima montagna dove cresceva il fiore magico. Raccolto il fiore, il ragazzo riprese il cammino. Vicino al paese del re, incontrò un mostro brutto e sporco. Il ragazzo, senza paura, prese il fiore magico e questo subito emanò, invece del suo solito profumo, una grande puzza che finì addosso al orrendo essere, tanto da farlo scappare a gambe levate. Arrivato al castello, il re, non ancora soddisfatto, gli disse che avrebbe dovuto superare un’altra prova consistente nel racimolare un milione di scudi entro mezzanotte. Il fiore riempì immediatamente di denaro le tasche del ragazzo che si ritrovò più soldi di quanti ne servivano. Il re rimase sbalordito e capì che il ragazzo sarebbe stato il marito ideale per sua figlia. Il mostro venne imprigionato a vita nel castello. Il ragazzo si sposò con la figlia del re e vissero per tutta la vita felici e contenti. Anche la famiglia del giovane sposo si trasferì al castello e non ebbe più problemi di povertà. Monica Moscon Il 18 aprile Amelia e Silvio Bondì hanno festeggiato le Nozze d’Oro! Auguri e un forte abbraccio da: Tiziana, Ruggero, Donatella, Italo, Claudia, Gabriele. Un bacione dai nipoti: Serena, Ornella, Patrick, Francesca, Kevin, Stefano, Simon 19 QUANDO LA NEVE... La neve scende e imbianca il mondo; gli alberi sembran tende, tutto è più rotondo. La gente è occupata a fare le piste da slittino; e a fumare tende il camino. Poi arriva la lingua dorata, che la neve si lecca come fosse aranciata; e in quattro e quattr’otto... puff! La neve è sparita! Gianni Moscon PREGHENA, CARNEVALE Il suono della fisarmonica svegliò il vicinato e così in pochi minuti la sala si riempì di gente, chi per divertirsi, chi per curiosità. Si creò una bella atmosfera di grande allegria e gioia. Fu una sorpresa quando scoprimmo il volto per farci riconoscere. Tutti i presenti fecero un grande applauso e la festa continuò, ballando di tutto, dalla polka al valzer, dalla mazurca al passo doppio. Non mancarono i tradizionali balli dei nostri nonni come il rondò e la tarantella, perché partecipassero tutti, giovani ed anziani. Che bella notte!!! Erano le tre del mattino e fuori ci attendeva una bellissima sorpresa... la neve... i bianchi e morbidi fiocchi scendevano lentamente come una danza, come volessero imitarci. Alla fine con pochi soldi ci siamo divertite e si è divertito tutto il paese. A proposito, lancio un’idea, organizzare durante il carnevale come tradizione una festa mascherata con la partecipazione di grandi e piccoli, con dei buoni grostoli e vin brulè. Alessandri Silvia in Betta MEZALON Gina, Cornelia, Sandrina ed io avevamo un grande desiderio, quello di trascorrere una bella serata... “che facciamo?” ci chiedemmo. Bastò che una dicesse... “e se andiamo in maschera?” “Fantastica idea!!!” tutte d’accordo e via a cercare nel vecchio baule della nonna qualche gonna o qualche scialle adatto per l’occasione. Un nostro vicino molto gentilmente ci accompagnò con la sua fisarmonica, la faceva suonare a meraviglia e... via per la strada del paese, intonando le note di un’antica canzone che dice “vogliamo andare in maschera vestiti da bè bè, per... ecc.”, forse ci sarà chi la può ricordare. Durante il nostro cammino si unì a noi un altro gruppo. Si visitava gli amici di casa in casa e dopo i tre balli di regola, si salutava con inchini e strette di mano. Arrivati all’osteria dei Tomasi i presenti ci accolsero con allegria invitandoci a continuare la serata con loro e noi accettammo ben volentieri. 1946 20 LA FESTA SOTTO L’ALBERO 2005 Veramente un grazie dagli organizzatori a tutti quelli che hanno aderito all’iniziativa. E’ stato anche un momento, nonché votivo, di aggregazione e di socializzazione per tutti . Anche il nostro Parroco don Pio, che insieme Siamo giunti ormai, alla quarta edizione della al corteo ha percorso tutto il paese, ha avuto Festa sotto l’albero ed alla seconda per quan- parole di ammirazione per ognuna di queste to riguarda i Presepi. meraviglie, per ognuno di questi lavori allestiQuest’anno la festa si è svolta in due giornate: ti in ricordo della nascita di Gesù. sabato 17 dicembre, alle ore cinque del pomeriggio, sono stati inaugurati i presepi. Nu- Domenica 18 dicembre, si è svolta, invece, la merose sono state le persone che hanno fatto Festa sotto l’albero. il giro del paese, soffermandosi ad ogni pre- In piazza era stato eretto, come sempre, l’alsepe, accompagnate dagli zampognari vestiti bero di Natale, un maestoso abete, trasportacon i loro costumi tradizionali ed affaticati dal to non senza difficoltà dalle Palù e “trapiancontinuo gonfiare le loro capienti zampogne. tato” vicino alla fontana, davanti ad un bel I presepi erano ben una trentina, veramente presepio, dipinto su di un pannello da alcune tanti e costruiti tutti con arte e con originalità: ragazze del paese. qualcuno in un avvolto, altri in una tettoia o Così, davanti all’albero, nel pomeriggio si è in un ceppo, o nei luoghi più impensabili. radunata una grande folla di gente: c’erano Ogni presepio aveva qualcosa di diverso, tanti e tanti bambini, tanti ragazzi e ragazze, qualche aspetto caratteristico. nonché molti adulti di ogni età. MEZALON L’Amministrazione ASUC di Preghena presenta una delle sue attività svolte nel corso dell’anno 2005: “LA FESTA SOTTO L’ALBERO ed I PRESEPI ALL’ESTERNO DELLE CASE”. 21 porando il calore del piccolo fiammifero. Ma anche qui il “paradiso” c’era davvero! Tutti avevano portato qualcosa da mangiare: biscotti, grostoli, torte, tronchetti e tante altre leccornie: non c’era altro che l’imbarazzo della scelta. Poi, il momento clou della festa: l’arrivo di Babbo Natale! Ed è arrivato, su di una carrozza trainata da due splendidi cavalli, guidati da un cocchiere ben adatto al momento. Che voci di gioia dei bambini, quante fotografie scattate al Babbo che distribuiva i doni! E ancora: tutti i bambini hanno potuto fare il giro del paese, sulla carrozza: sembrava un sogno, sembrava di essere nel mondo di una qualche fiaba, di quelle fiabe che tanto piacevano e piacciono a tutti quelli che sanno provare profondi sentimenti. Poi, come la fiamma della piccola fiammiferaia, lentamente si è spenta la Festa, lasciando però, nel cuore di tutti, specialmente dei bambini, un ricordo indelebile, per poter dire un giorno...”C’ERO ANCH’IO!” Così si è cercato di contribuire a rendere il Natale un giorno speciale. Carlo Alessandri, presidente ASUC Preghena MEZALON Il presidente dell’ASUC ha dato inizio alla Festa, ringraziando tutti i presenti e ricordando anche chi, per qualsiasi motivo, ma soprattutto per malattia, non è potuto intervenire. Bravi i bambini della Scuola dell’Infanzia che, con premura preparati dalla maestra Marisa, vestiti da angioletti, hanno cantato simpatiche canzoncine. Bravi i bambini della scuola Elementare: la maestra Norma con cura li aveva preparati in una esibizione attenta e partecipata. Poi la lettura di messaggi, scritti sempre dai bambini e dai ragazzi e quindi appesi alle fronde dell’albero, che così veniva addobbato di tanti biglietti di vario colore e soprattutto diveniva sempre più un albero personalizzato da tutti i bambini. Altri messaggi erano stati scritti dai bambini delle varie classi della scuola elementare. Dopo essere stati letti, sono stati affidati ad un grappolo di palloncini e lanciati nel cielo, perché portino in altri “mondi” i tanti messaggi di amore e di pace scritti da mani innocenti e piene di buoni sentimenti. Il freddo era pungente, ma un vivido fuoco era stato acceso in mezzo alla piazza e così ognuno poteva riscaldarsi ed intanto sognare...come la Piccola Fiammiferaia, quando sognava la sua povera nonna, in paradiso, assa- 22 LA NEO La è tuta grisa l’aria e el fret l’ha n’poch cedù n’torna per incanto se n’par smorzà i remori, l’è tut chieto e alora von fora sula porta e vardi su, n’tal ciel. E senti n’chel moment demò el me cor che bat e vardi dre al me flà che n’par na nebbiolina, la è chiauda e propri fina la s’leva e sgola n’su. Ed ecco, a un a un i flochi da sota l’vot del ciel i s’mola e come plume i trotola e i bala n’tal nir giò. L’faliva, si, l’faliva e n’zi plan plan la pace la cambia l’vis del mondo e tut deventa muto se scuerta tut de blanch. E dopo l’flocha e i champi i va a dormir ben destri e sot sta cuerta i monti i va a posàr, i è strachi, i va a pasar l’invern. Se rua l’dì e la not ades la ven pu prest e sta stagion la è freda, l’è bel restar de dent. MEZALON Le chase incappucciade le se tegn ben struche ben strente a la so glesia e n’mez pasa la via. L’è ades che ven chel’ora de devozion cristiana, l’è chel moment che sòna dolce l’Ave Maria. Po’ cando tuti a dormer i va dopo la cena, dorm el so son placido ancha la Val e i boschi. E sot la tendra bata del blanch che tuto scuerta se sent demò de l’aca l’eterno mormorio. L’è alora che l’è bel girar a pè tut soli par el paes che sogna al lum dei so lampioni. No pasa n’ciun da st’ora l’flocha e tuto tas se stà a vardar la neo che l’è n’richam de lana. E alora chiaro e lento se scota n’chel silenzio l’ciacolar paesan de la nosa fontana. Dopo, la not, n’glacia e ariva n’dì seren e al sol che orbis, tut brilla e tut n’par de or. E n’torna i monti, i gregi e n’poch pu bas i pradi e pu vicin i orti i è tuti n’gran splendor. Se resta a bocha averta cando che po’ se leva e n’par amò n’bel sogno sto mondo tut neo. E n’zì con na flochada con tuto sto bel blanch ancha i pù grandi e vecli i pol tornar putei. Po’ dopo se torna ben prest ala realtà, bisogna far la rota con l’badil, de lena e po’ n’glarar le strade par no dover slitar, l’è fazil nar a piche e nar a farse mal. N’zì resta par i popi n’gran reial, la neo i cor a slizolarse e i se sa divertir. L’sol l’è bas e debol ma schiauda l’so chalor l’fa molar d’incanto tuto sto manto d’or. E alora plan plan la croda gio dai peci la sgocia dai pomari la s’desfa e la va n’flipa. E ancha dai cuerti erti con n’tremor la croda e la sfredis la schiena se la ven giò sul col. Lè bel vita sti momenti veder fumar le sciandole, al chaut dal debol sol e n’par che i se movia i cuerti e che i se levia n’ciel, con chel vapor che sgola e s’desfa sì n’ten gota che su n’ l’azur se pert. E dopo nà gio l’sol ven fret e tut l’se n’glacia le strade le ia i grostei ven not n’ten colp. N’spegio è già le strade da gocie s’fa glacini dal fret sponc già le man le è plene de diaolini. Alora presti e svelti se va a schaudar chei dedi, plan plan i se desglacia arent a n’bel foglar. Sparapani Alessandro Berlino 23 NOTE SUL RESTAURO DELLA CHIESA DI SAN MARTINO MEZALON L’intervento di restauro della chiesa di San Martino di Livo pur se principalmente è finalizzato alla conservazione di un luogo di culto religioso, è anche, come per tutte le chiese antiche, rivolto alla conservazione di un patrimonio storico e culturale di una comunità. Il restauro può essere, da molti, inteso come un semplice intervento tecnico per rinforzare la stabilità delle strutture e per rimuovere gli accumuli di polvere depositatasi nei secoli sugli arredi lignei. In realtà è qualcosa di più complesso, poiché è un momento di studio dell’intera struttura con particolare riferimento al suo evolversi nel corso dei secoli: tale studio o ricerca, in mancanza di documenti scritti, si affida alla rilevazione di piccoli indizi, quali le diverse caratteristiche delle murature, gli interventi dei singoli mastri, ecc. Questa ricerca che può sembrare uno sterile esercizio finalizzato a se stesso, consente invece di poter disporre di un ulteriore tassello nel quadro incompiuto della storia di una comunità. Inoltre la presenza o il riscontro di più artisti che hanno operato in una zona periferica offre l’immagine di una comunità non certamente isolata o chiusa. Nello specifico, il restauro della chiesa di San Martino ha portato ad individuare una primitiva chiesa medioevale priva di un campanile: l’aula di questa chiesa corrispondeva alle attuali tre campate più antiche ed era dotata di piccole finestre e di un tetto a capriate lignee. Il presbiterio era molto più piccolo, di forma semicircolare e terminava in corrispondenza dei primi scalini dell’attuale altare maggiore. L’arco santo doveva essere di minor ampiezza e completamente affrescato, come lo dimostrano gli affreschi del San Sebastiano e la splendida annunciazione, nonché un lacerto d’affresco rinvenuto sul lato sinistro. Appartenevano a questa chiesa anche gli affreschi presenti sulla prima campata destra dell’aula: ovvero una Santa Lucia ed una Madonna in trono con Bambino. A questa chiesa medievale appartengono anche gli stupendi affreschi esterni scoperti durante il restauro: San Cristoforo, San Antonio e San Rocco e San Martino. Nei primi decenni del 1500 fu avviato un intervento di ri- 24 MEZALON costruzione che trasformò radicalmente questo primo impianto. Fu costruito il campanile ed ampliato il presbiterio. Questo comportò l’allargamento dell’arco santo con la conseguente demolizione degli affreschi. Fu costruita la volta a costoloni, la quale per motivi di stabilità, richiese l’inserimento dei contrafforti esterni, che andarono a mutilare gli affreschi della facciata meridionale, mentre l’inserimento delle nuove finestre distrusse altri affreschi interni. Probabilmente in questo periodo furono dipinti anche i finti costoloni perimetrali, che in un certo senso alleggeriscono la volta. Per la costruzione delle finestre furono utilizzate delle pietre d’arenaria del luogo, molto friabile e quindi notevolmente esposte alle intemperanze climatiche: esse furono quindi intonacate e decorate a finti conci. Nel seicento la chiesa fu decorata con i Santi Rocco e Filippo e con una serie di pannelli raffiguranti la passione di Cristo. Sulla seconda campata destra era presente un pannello raffigurante una flagellazione, talmente deteriorato da non poter essere recuperato. Sulla seconda campata a sinistra è stata recuperata una scena di una caduta di Cristo, in parte rovinata dall’inserimento di una finestra. Non si è potuto recuperare un altro pannello, che si trova dietro l’altare del Rosario, mentre sono stati restaurati gli altri due pannelli già visibili dietro l’altare maggiore rappresentanti “Un entrata in Gerusalemme” (precedentemente letto sia da don Luigi Conter che da don Simone Weber come un “San Romedio con Orso”) e “Un’ultima cena”. Di un altro pannello raffigurante “Gesù nell’orto degli Ulivi”, documentato negli atti visitali, sono stati trovati solo alcuni lacerti. Nel Settecento si prolungo l’aula di ulteriori due campate e fu trasferito il portale d’ingresso in corrispondenza del lato meridionale. Questo intervento procurò tali danni agli affreschi di San Cristoforo e dei Santi Antonio e Rocco, che obbligò alla loro copertura e cancellazione. A metà Ottocento fu abbattuta la vecchia sacrestia sul lato settentrionale e costruita quella nuova: in quell’occasione si provvide al rinnovo degli intonaci estendendo l’intervento all’intera superficie esterna della chiesa, coprendo anche l’ultimo affresco esterno raffigurante San Martino. Durante i lavori di restauro, sia internamente che esternamente, si è provveduto al recupero integrale degli intonaci antichi. Per quanto concerne l’altaristica lignea, l’intervento non si è limitato alla eliminazione dei depositi polverosi ed al recupero delle cromie originali, ma sono stati rimossi interventi manutentivi più recenti che avevano in qualche modo manomesso e degradato le opere. Nel corso del restauro sono state rinvenute parti dell’antico altare maggiore quattrocentesco, che saranno ricollocate in Chiesa. Il restauro ha comportato un costo di circa 772.648,85 Euro, di cui 596.000,00 finanziati dal Servizio Beni culturali della Provincia Autonoma di Trento, liquidati in 10 rate alla scadenza del 31 dicembre di ciascun anno oltre ad una quota d’interessi pari ad Euro 183.919,00. Per far fronte alle spese, nel corso dei lavori, si è assunto un mutuo quinquennale con il Consorzio B.I.M Adige di 100.000,00 Euro al Tasso del 2,5% e un fido presso la Cassa Rurale di Tuenno. In questo modo si sono incassati i primi tre ratei e a fronte di 6.000,00 Euro pagato sinora a titolo d’interessi, si sono 25 incamerati 54.900,00 corrisposti dalla Provincia sempre a titolo d’interesse. Al termine dei lavori si valuterà se procedere con l’assunzione di un mutuo o se attualizzare i sette ratei che la PAT deve ancora versare. Si presume che sempre, giocando tra il tasso d’interessi praticati, la spesa complessiva a carico della Parrocchia per il restauro della Chiesa di San Martino sia di Euro sia di 87.729,82 di cui 30.871,81.= già coperti con offerte e iniziative. E’ possibile contribuire alle spese di restauro versando un contributo sull’apposito conto corrente intestato a “Restauro Parrocchia Natività di Maria” conto 07/0250395 coordinate bancarie J 08282 34960 aperto presso la Cassa Rurale di Tuenno, con la specifica “Restauro conservativo Chiesa di San Martino”; contributo detraibile dalla dichiarazione dei redditi. I Lavori di restauro della Chiesa di San Martino e quelli della Chiesa di San Antonio di Preghena, hanno riportato all’antico splendore un patrimonio artistico di notevole interesse. Recentemente sono iniziati i lavori di restauro della chiesa pievana della Natività di Maria di Varollo. Avremmo quindi a disposizione un patrimonio artistico di notevole interesse, che attende solo di essere giustamente valorizzato, scrollandosi quel complesso di inferiorità dovuto al solo fatto di essere ubicato in una zona periferica. A domanda risponde l’Architetto Michele Anderle, direttore dei lavori. MEZALON Che senso ha utilizzare tante risorse economiche nel recuperare opere del passato, tenuto conto che proprio in quel passato non andavano tanto per il sottile nel distruggere il vecchio per erigere il nuovo? Non sarebbe meglio procedere allo stesso modo? Ritengo che il patrimonio d’arte e di architettura tramandatoci dal passato costituisca la memoria storica più significativa di un paese e sappia rappresentare i valori di fede, cultura, tradizioni e bellezza che identificano in maniera significativa ed irripetibile l’unicità di una comunità umana. Proprio per questo motivo in tali situazioni è necessario operare con grande umiltà cercando di interpretare il significato profondo di un’opera che nasce carica di quelle specificità che caratterizzano appunto, una comunità dalle altre. Interventi moderni, che pure sono auspicabili e corretti nel contesto di un lavoro di restauro conservativo devono quindi tenere conto di questi fattori. Cosa la spinge ad occuparsi principalmente di restauro di chiese, piuttosto che dedicarsi alla sola progettazione di nuove strutture civili? La risposta a tale domanda riguarda la mia sensibilità ed i miei interessi personali che in questo caso trovano maggiore soddisfazione nell’approfondimento delle tematiche storiche ed artistiche piuttosto che nell’affrontare tematiche progettuali relative a nuove costruzioni. Ha progettato e diretto i lavori di restauro delle chiese di San Antonio e di San Martino. Sta curando la direzione dei lavori della chiesa della Natività di Maria di Varollo. Quali 26 MEZALON sono le affinità e le grosse differenze tra queste chiese? Preferirei rispondere a questa domanda al termine delle indagini e delle riflessioni che sono in fase di approfondimento nella pieve di Varollo. Fin d’ora però posso dire che tutte le chiese,originariamente di matrice medioevale, furono profondamente modificate nel corso della prima metà del Cinquecento in seguito all’impulso della committenza Aliprandini di Livo, autorevole e culturalmente preparata ad affrontare le tematiche relative alla traduzione degli antichi spazi celebrativi secondo il nuovo e moderno linguaggio architettonico e decorativo offerto dallo stile rinascimentale clesiano. Certamente si trattò di un progetto complesso ed ampio che coinvolse a vari livelli tutti gli edifici di culto del Mezzalone. Le differenze riguardano soltanto l’importanza cultuale e liturgica delle chiese stesse. Certamente la pieve di Varollo, proprio per la sua valenza simbolica di grande rilievo,ricordo che solo in essa veniva amministrato il battesimo, ebbe un’attenzione del tutto particolare rispetto alle chiese periferiche. In questi ultimi anni ha frequentato, per motivi di lavoro il Mezzalone. Può darci un suo personale parere sul patrimonio storico artistico del Mezzalone. Cioè oltre alle chiese, vi sono costruzioni o scorci di paese che hanno attratto la tua attenzione sia dal punto di vista architettonico o semplicemente per una loro caratteristica? L’area geografica del Mezzalone offre una ricchezza paesaggistica ed architettonica di particolare rilievo. Particolarmente interessante a mio giudizio appare l’abitato di Preghena, disteso lungo l’asse viario che lo attraversa da un capo all’altro e caratterizzato da un patrimonio architettonico per gran parte ancora integro Sarebbe estremamente importante che tale ricchezza possa essere trasmessa anche alle generazioni future e gli interventi di recupero e ristrutturazione dell’edilizia cosiddetta “minore” garantiscano la conservazione di tutti quegli elementi architettonici e decorativi che oggigiorno sono diventati veramente rarissimi. Penso non solo agli avvolti ed ai solai in legno ma anche alle cucine, ai forni per il pane, ai focolari e tutti gli attrezzi del vivere quotidiano che testimoniano il passato di quelle comunità. Conter Luigi 27 UN BEL SOGNO... Proprio per questi motivi io credo che il territorio del Comune di Livo sia inserito in una zona ideale per lo sviluppo di un turismo rurale, alternativo a quello delle tradizionali stazioni turistiche ed affiancato dalla crescita dell’agriturismo e del bed and breakfast. Per attirare l’attenzione dei potenziali ospiti, si potrebbero proporre delle visite nella settimana della fioritura, che rimane uno degli spettacoli naturali più suggestivi della valle, MEZALON In questi ultimi mesi, avendo bimbi piccoli da accudire, mi è capitato spesso di passeggiare per le vie dei paesi di Livo e Varollo. Passeggiate in solitudine se si esclude l’occupante del passeggino che per ora, però, non ha ancora sviluppato le sue facoltà espressive e dialettiche. Pur provenendo anch’io da un piccolo paese di montagna, il fatto di riuscire a passeggiare anche delle ore talvolta senza incontrare anima viva, mi è sembrato alquanto desolante, soprattutto nella bella stagione. Ed a pensarci, la possibilità di creare un pò di movimento e di sfruttare le peculiarità di questo territorio in modo diverso e complementare a quello che si fa ora non mancherebbero se solo lo si volesse. Mi riferisco a tutte quelle abitazioni che vengono occupate solo nel periodo della raccolta per ospitare i lavoratori stranieri e che per tutto il resto dell’anno rimangono vuote ed inutilizzate. Sono convinta che, visti i tempi che corrono, potrebbero esserci diverse famiglie con bambini ed anziani che avendo la necessità di sfuggire al caos, all’inquinamento ed alle elevate temperature estive delle città, non avrebbero difficoltà ad adattarsi a delle abitazioni magari non particolarmente moderne e ricercate ma offerte a dei prezzi accettabili a differenza di ciò che accade nei non tanto lontani luoghi a vocazione turistica Se da un lato mancano le strutture e le tradizioni turistiche, dall’altro la zona resta secondo me allettante in quanto in grado di offrire: • ambiente tranquillo e immerso nel verde dei frutteti e dei boschi (considerando che tutti quelli che vengono da fuori regione restano ammagliati dal paesaggio noneso e non sembrano essere eccessivamente infastiditi dai trattamenti antiparassitari che comunque nei mesi eletti per le vacanze estive, luglio ed agosto, già sarebbero ragionevolmente ridotti); • passeggiate nei frutteti e nei boschi, visite alle malghe ed escursioni sulle Maddalene; • posizione strategica per chi desidera visitare più zone della nostra regione trovandoci in prossimità di un crocevia tra Val di Sole, Val di Non e Val d’Ultimo (che potrebbe essere interessante per i turisti più dinamici); • dislocazione sul percorso previsto dall’associazione ”Strada della mela e dei sapori” delle Valli di Non e di Sole di cui il Comune ed alcuni suoi censiti fanno già parte; • abitazioni che suppongo essere modeste e quindi prezzi contenuti; • semplicità delle persone e tradizioni culinarie; • possibilità di avvicinarsi alla vita rurale ed ai suoi ritmi; • disponibilità dei servizi essenziali; • vicinanza a centri più grossi ai quali appoggiarsi per i servizi mancanti. 28 magari facendo cadere l’organizzazione della festa con tendone proprio in quel periodo come era già accaduto qualche anno fa ed approfittare della situazione per far conoscere la zona, proporre i prodotti locali e le possibilità di soggiorno. Ai visitatori si potrebbero proporre l’affitto di meli a distanza e coinvolgerli magari in alcune fasi della coltivazione o della raccolta . Questa è qualche idea scaturita nel corso delle “famose” passeggiate, ma certamente con la fantasia di tanti e la competenza necessaria le iniziative e le idee da proporre potrebbero essere le più svariate. A me sembra inoltre, che i luoghi frequentati dai turisti crescano non solo dal punto di vista economico ma anche culturale. In questi luoghi c’è un particolare interesse a migliorare la qualità della vita in vari modi e con l’offerta di più servizi. Che ciò avvenga per andare incontro alle esigenze dei turisti non toglie che torni utile soprattutto ai residenti. Secondo me questo aspetto potrebbe essere uno stimolo anche per la gente di questo Comune. Forse qui l’agricoltura ha monopolizzato tutte le risorse lasciando in secondo piano l’attenzione per le persone e per l’ambiente in cui vivono. Basta guardarsi in giro per vedere che i meli sono arrivati nei giardini di casa sacrificando orti e anditi preziosi per la vita all’aperto delle famiglie ed in particolar modo dei bambini. Molto spesso c’è chi non rispetta nemmeno quel minimo di normativa prevista per i trattamenti antiparassitari infischiandosene del diritto degli abitanti a vivere la propria casa ed il proprio giardino senza doversi preoccupare sistematicamente della deriva dei trattamenti chimici e magari senza cadere dal letto ad orari indecenti per il frastuono dei trattori talvolta lasciati accesi anche quando non serve. In conclusione, credo che accogliere ospiti provenienti da altre regioni, potrebbe essere una delle vie per ridimensionare questa monocoltura locale integrandola con altri interessi economici e coniugando l’aspetto strettamente produttivo con quello culturale. Non solo coltura quindi, ma anche cultura della mela. MEZALON Emanuela Gallina 29 C’ERA UNA VOLTA... TRASPORTI E TRASPORTO accorsi che quello stava cedendo sotto il peso del camion. Istintivamente affondai il piede sull’acceleratore ed il camion con uno sbalzo supero il ponte, evitando di cadere nel rio con tutto il suo carico ( fortuna o intercessione di San Romedio mi chiedo ancora). Raggiunto il Santuario scaricai il carico e dovetti caricare il materiale e trasportare gli uomini per costruire un ponte provvisorio, se volevo tornare a casa.. Tra i tanti viaggi effettuati uno fu del tutto speciale: il trasporto dell’orso ”Charlie” da Cles sino all’eremo di san Romedio. Infatti gli autisti che l’avevano trasportato da Milano, si rifiutavano di fare il tragitto sino all’eremo. Una mattina d’estate, a Cles, verso le ore nove arrivo “Charlie” in una robusta cassa di legno, con una grata sul davanti. Ci fu il trasbordo di “Charlie” da camion a camion. “Charlie” per essere tenuto calmo lungo il viaggio da Milano, era stato abbondantemente nutrito e quindi era necessario durante il tragitto fermarsi più volte per dissetarlo. Il camion con il suo carico “speciale” parti da Cles seguito dalle macchine delle autorità. A Dermulo fu fatta una sosta per l’abbeveramento: si procedeva mettendo l’acqua in un annaffiatoio e versandola poi nella grata, mentre “Charlie” s’affrettava a spalancare le sue fauci per berla. Un’altra sosta fu fatta anche a San Zeno. Arrivati all’inizio della salita per l’eremo, le macchine con le autorità si fermarono e queste proseguirono poi a piedi, mentre il camion arrancando arrivò sino alla porta del santuario e “Charlie”, dopo un lungo viaggio, arrivo nella sua nuova tana, dove, finalmente salvo, per lunghi decenni fu il simbolo vivente della storia di San Romedio. Racconto di Ettore Datres MEZALON Cinquant’anni fa, circa, pochi erano i mezzi a motore dalle nostre parti e la loro circolazione era resa difficile dallo stato delle strade. Ricordo ancora il disastroso incendio di Bresimo nel 1954 e gli anziani con brivido ricordano ancora la colonna di fumo che si vedeva salire dietro la montagna. Quando la prima notizia arrivò a Preghena tramite l’unico telefono esistente, Renzo Pancheri, che allora possedeva una Jeep per il trasporto del legname, caricò sul suo mezzo quanti più uomini poté, ma sulle salite che portavano a Bresimo, la Jeep arrancava e gli uomini dovevano scendere per poter proseguire. Fu allora che comperai un camion, un OM Leoncino col quale trasportai del materiale necessario per la ricostruzione delle case bruciate a Bresimo. Era uno dei pochi camions presenti nelle nostre valli: uno era a Rabbi, due a Cles e uno a Dambel. Cominciai così il trasporto di materiale edile: a Tassullo caricavo la calce e il cemento, a Vigo di Ton le tegole e a Trento i mattoni forati. A volte, arrivati a Bresimo, per raggiungere il luogo della costruzione, distante poche centinaia di metri dalla strada, ci voleva quasi un’ora un’ora e mezza a causa del terreno fradicio e scivoloso. Nel 1958, per conto della ditta Faustini Pancheri di Romallo, per la quale lavoravano anche alcuni uomini di Preghena (ricordo Carlo e Attilio Alessandri, Alberto Maninfior, Andrea Zorzi), portai il materiale necessario per la costruzione della grotta dell’orso dell’eremo di san Romedio. La strada era stretta e pericolosa e per fare certe curve era necessario fare molte manovre, anche in retromarcia. Stavo facendo il secondo o terzo trasporto di materiali, quando passando sul primo ponte di legno dopo l’attuale ristorante “al Mulino”, mi MEZALON 30 31 RICORDI... “I DOTORI” Sul primo numero del 2005 del “MezAlon” è stato pubblicato un articolo su don Arturo Vender di Preghena e mi sono ricordato di una vecchia foto che doveva esserci in casa. Finalmente l’ho trovata e ho pensato di inviarvela in quanto raffigura sia don Arturo, ma anche tutta la famiglia de Aliprandini sopranominati “I Dotori”. Questa foto è stata scattata il 26 agosto 1945 nel cortile di casa Aliprandini a Preghena in occasione dei 90 anni di mio nonno Luigi (poi deceduto in dicembre) che aveva sposato Amalia Vender (deceduta nel 1924) sorella di don Arturo. In questa fotografia è ritratta la famiglia de Aliprandini al completo. Si possono riconoscere in piedi da sinistra i figli tuttora viventi di Luigi, dott. Carlo (mio padre), Luigi, Margherita, Giulio, Gabriele, Bianca, Vittorio e Tomaso, mentre in basso Lidia (figlia di Carlo), il nonno Luigi, don Arturo e Luisa (altra figlia di Carlo). Il sottoscritto non era ancora nato. Enrico de Aliprandini MEZALON 32 I COSCRITTI DEL 1935 In piedi da sinistra: Rinaldo Zanotelli, Zorzi Giuseppe, Conter Paolino, Zanotelli Bruno, Zanotelli Luigi Seduti da sinistra: Agosti Vittorio, Conter Pio, Alessandri Elio, Zanotelli Vittorio MEZALON I VENDITORI AMBULANTI E’ una di quelle grigie giornate d’inverno durante le quali è bello restarsene in casa vicini al tepore di una stufa. La legna arde scoppiettando in scintille che per un attimo volteggiano e si sta a guardarle sognanti mentre nella memoria s’accendono ricordi lontani. Così mi rivedo piccolo, ancor prima delle Elementari, all’inizio degli anni Sessanta. Venivano a bussare a quei tempi alle porte delle nostre case piccoli mercanti, venditori che si guadagnavano da vivere proponendo la loro merce o il loro servizio da porta a porta. Rivedo delle donnine vestite di scuro ma con quel viso gentile e aperto di chi incontra tanta gente. Benchè le ricordi minute, il loro portamento era quello deciso di chi è avvezzo a camminare molto, portando sulle spalle uno stranissimo mobile in legno, con porticine e cassetti, un mini-negozio ambulante col quale trasportavano le loro merci. Erano le Cromere, un nome che deriva dal tedesco ”Kramer”, che appunto significa mercantucolo. Giravano di paese in paese e nelle case, per lo più nelle cucine, deponevano il loro carico ed esponevano aprendo i cassettini, i tanti bei bottoni, i rotoli di filo, gli aghi, le lane colorate, le sementi per gli orti, lodandone la buona qualità ed invogliando con fare esperto a comprare. Avevano anche utensili per la casa, come mestoli , piccole padelle e tante svariate cose necessarie in casa, poi le si vedeva ripartire sotto il peso del loro carico in direzione di altre contrade. Veniva a quei tempi anche “l’Ombrelaro”. 33 ben disposti a ricomperare il ferro vecchio pagandolo fior di quattrini. II figlio restava invece guardingo con i suoi occhi vigili e furbi dietro il bancone. Trattava le donne con brio, parlava loro in tono garbato e suadente, per gli uomini aveva sempre una battuta pronta e a noi bambini rivolgeva il suo sguardo attento, affinchè nulla sparisse senza essere pagato. Era sempre una gran gioia se poi, i genitori pregandoli e ripregandoli ci comperavano qualcosa. In quegli anni iniziava a fiorire il benessere e nelle case si sentiva il desiderio di adeguarsi così ai nuovi tempi anche apportando innovazioni nell’arredamento. Per far posto ai nuovi mobili, erano i vecchi letti, i cassettoni, gli armadi, i bauli, i comodini, i tavoli e sedie, che finivano esiliati in soffitta. In questa corrente di rinnovo, talvolta anche con il pretesto di sovvenzionarne l’acquisto, finivano poi detti venerandi mobili, nelle mani astute di persone dai modi compiti che bussando alle porte, chiedevano se ci si voleva liberare di qualche vecchiume, offrendo addirittura un pò di soldi, per il favore di portarli via. Si rivedevano poi andando in città, ben presentati e tornati a nuovo splendore, quelle cose pensate inutili, troneggiare nelle vetrine sapientemente decorate di carissimi antiquari. Si poteva invece riporre la fiducia nella qualità delle stoffe di cui aveva carico il camioncino quel Guerino di Rumo che riforniva affabile le case di quei tessuti necessari, per i letti e per i vestiti, dato che a quei tempi molti lavori di cucito li facevano le nostre mamme. Per quelli più complicati ci si rivolgeva invece ai molti sarti e sarte nei paesi, una professione allora fiorente che ora purtroppo si sta estinguendo. Mi ricordo la corsa che si faceva la domenica dopo pranzo, quando in fondo al paese si fermava il gelataio di Malè. Rivedo ancora il suo furgoncino rosso e giallo crema, con il portellone alzato che ne apriva così un lato e noi tutti intorno a guardare con occhi golosi quei coperchi argentati che scostava per affondare la sua paletta e mettere così sui coni o nelle coppette quell’indimenticabile buon gelato. Ora in tempi di Euro sembra addirittura impossibile che allora un cono costasse 15 o 20 Lire. Ricordo quel fruttivendolo MEZALON Me lo ricordo con la sua bella barba bianca, veniva dalla Val di Sole e sotto il braccio aveva sempre un fardello di ombrelli. Li riportava dopo qualche tempo riparati e funzionanti regalando sempre un sorriso che sembrava quello di Babbo Natale. Più grandicello poi avevo iniziato a frequentare la scuola. Tutto quello che ci serviva, lo comperavano i nostri genitori nel negozietto del paese, la cartella, i quaderni, la matita, i colori, la gomma, la penna con i pennini, l’inchiostro e la carta assorbente per le inevitabili macchie. Andando a scuola al mattino presto dopo la S. Messa, attraversavo la piazza per lo più vuota. Alla fine delle lezioni, succedeva tre o quattro volte all’anno riattraversandola a mezzogiorno di vederla colma di gente, tutta raccolta intorno alla variopinta bancarella dello “Scudelaro”. Era un evento che mi colmava di stupore e sgranando gli occhi guardavo incantato quel tavolone traboccante di colorita mercanzia allestito sul retro della chiesa. C’era di tutto, stoviglie, posate, affilati coltelli, scodelle da cui deriva anche il nome “Scudelaro” e poi scope, secchi, catini, pignate e tante cose utili per la vita quotidiana. Il reparto che più mi interessava era quello, dove si radunavano curiosi gli occhi di tutti noi bambini, lì c’erano i giocattoli, le macchinine, le pistole, le spade, “i seseri” , (le biglie) e i tanto ambiti palloni. Non c’era un giorno prestabilito per questo mercatino con un’unica bancarella, ma la notizia del suo arrivo si spargeva come un fuoco e la gente vi si riversava intorno a guardare, a comperare. I mercanti erano due uomini, padre e figlio. Il padre, con la sua voce possente girava per il paese a chiedere ferro vecchio e in molti si liberavano in tal modo di cose divenute col tempo inutili che venivano pagate a prezzo di peso. Si vedevano così in quel mucchio di ferramenta buttate lì con noncuranza, tanti attrezzi della vita d’altri tempi. C’erano “segoste”, catene, paiuoli, vecchie zappe, badili, ma anche qualche oggetto di bella fattura artigianale. Quanti documenti della storia di tutti i giorni che ora si ammirano nei Musei contadini, sono così finiti, per davvero poche lire nelle mani di chi non ignorandone il valore, trovava lontano da occhi ingenui, acquirenti MEZALON 34 che veniva regolarmente in estate, con il suo Volks Wagen targato Verona, pieno di verdure fresche e gridava “Banane, “fasoleti”, insalata, pomodori, pesche di Pescantina“. Pesava ogni cosa con la sua bilancia di ottone. Aveva i suoi affezionati clienti, tra i quali anche i primi villeggianti che privi di orto eran ben lieti così di far la spesa da lui. A quei tempi si aspettavano questi venditori, che a seconda della stagione visitavano i nostri paesi, poi ci siamo aggrappati al carro sempre in corsa del tempo e abbiamo aperto gli occhi su un benessere che concedeva pian piano in tutte le case, una televisione, un telefono, una lavatrice, un frigorifero e colmo del lusso, un bagno in casa. Ormai i negozi ce li andiamo a scegliere noi, là dove la convenienza riesce ad ipnotizzarci di più, comodi e indipendenti da orari, basta aprire il baule dell’auto, riempirlo e via. Con questo però non è finita la processione di gente che bussa alle porte e chiede “Vu cumprà?”. E’ cambiato l’accento, l’abbigliamento ed il colore della pelle. Non sono più le necessità che ci spingono ora a comperare da quei poveretti un accendino o un paio di calzini, bensì il buon cuore, o nel peggiore dei casi, infastiditi dalla loro insistenza, lo facciamo nella speranza che poi vadano via. Ero a casa per un pò di giorni quest’estate e mi e capitato di assistere ad una storia che dopo le pennellate di ricordi sui vecchi tempi si rivela come uno sgorbio assurdo. Un tizio si e presentato come arrotino, con già alcune forbici dondolanti ad ogni dito delle sue mani e proponeva un’affilatura che avrebbe reso come nuove le vecchie lame. Mia madre, contenta di sentire che era arrivato ancora il “Moleta” come tanti anni fa, gliene ha date due da far affilare. Vengo tra un’ora disse e nel frattempo io sono andato a far la spesa. Di ritorno trovai mia mamma e mia sorella, confuse e in subbuglio. Il tipo era tornato con le due forbici affilate e aveva preteso 40 Euro per il suo lavoro. Loro intimorite da uno sguardo che non ammetteva contraddizioni, lo hanno pagato. Per fortuna l’ho rintracciato, aveva nel frattempo portato le molte forbici avute in commissione nelle varie case ed incassato 20 Euro per forbice. Neanche a farlo apposta, mentre io infuriato dibattevo per farmi restituire i soldi incolpandolo di truffa, sono comparsi i Carabinieri e con il loro aiuto, i soldi sono tornati indietro. Sì, i tempi sono cambiati, ci hanno resi diffidenti e sarebbe bello se episodi come questo restassero l’eccezione. Sarebbe triste e deludente se tutti facessero così e per fortuna c’è stato un lieto fine. Chiudendo così questa passeggiata nel passato, vedo nitida l’impronta lasciatami da questi ricordi. E’ quella passione per i mercati e per le cose vecchie e usate. Mi attirano particolarmente i mercati delle pulci, con le bancarelle colme appunto di cose vecchie, di curiosità, spesso di oggetti divenuti inutili, ma che presi in mano raccontano la storia di chi li aveva posseduti. Ed è cosi che trovo vecchi e rari dischi, antiche foto, giocattoli di una volta, libri e un sacco di cose colme di quel magico fascino che è la patina del tempo. Così ovunque in Europa, ma soprattutto a Berlino, la mia città, faccio volentieri un giro per i mercatini dove la merce esposta dà la sensazione di trovarsi in un museo sotto il cielo, un libro aperto che racconta la storia ed i costumi di una città e dei suoi abitanti e talvolta ho la fortuna di trovare per pochi Centesimi dei piccoli tesori. Così in questo giro di giostra che è la vita, tutto si ripete, c’è chi butta per far posto al nuovo, c’è chi vende per fare il suo lavoro, c’è chi compera per i suoi buoni motivi e c’è chi si lascia trasportare da una vena di nostalgia, a rivalutare ed apprezzare le cose che in un modo o nell’altro ci raccontano la storia di altri tempi, facendoci pensare a persone care e a situazioni che per la scintilla di un istante ci regalano un sorriso. Sparapani Alessandro, Berlino 35 ...qualcuno si riconosce? MEZALON Riceviamo e pubblichiamo la pagella scolastica durante il periodo fascista di Zanotelli Rodolfo classe 1933 relativa all’anno scolastico 1942. 36 Piccolo mondo agricolo MEZALON UNA COLTIVAZIONE FACILE: IL LAMPONE Il lampone è una pianta appartenente alla famiglia delle rosacee, produce un frutto simile ad una mora che a maturazione si stacca intera dal suo ricettacolo. E’ un arbusto di origine europea e si trova facilmente anche allo stato selvatico lungo le strade dei nostri boschi. Un tempo, i nostri Avi, lo raccoglievano col nome di “ampome o ampomole” e lo usavano fresco. Da qualche anno a questa parte però, il lampone costituisce fonte di reddito ed è catalogato alla voce commerciale di “Piccoli frutti”. E’ largamente venduto sul mercato nazionale ed è pianta di facile coltivazione. Non ha molti parassiti e quindi la si coltiva in maniera naturale senza particolari trattamenti. È quindi considerato frutto ecologico e viene pagato molto se raccolto nella giusta maniera e confezionato secondo regola. Una vaschetta da 100 gr. sul mercato vale più di un Euro il che significa più di dieci € al kg. Se pensiamo che un filare di 25 metri può produrre anche 70 kg. all’anno, risulta chiaro che abbiamo un buon valore commerciale. Per i nonesi potrebbe costituire una buona idea, specie ora che la mela Golden da segni di stanchezza ed ha problemi di coltivazione... Il lampone ha diverse varietà e soprattutto si divide in due categorie: - Lampone monofiore, a fioritura unica - Lampone rifiorente a doppia fioritura Il primo ha frutto più grosso, la qualità è migliore, fiorisce a fine giugno e la raccolta inizia a metà luglio. Il rifiorente fiorisce prima ma poi ha una pausa e rifiorisce una seconda volta in agosto, per chiudere a settembre. La raccolta è continua, bisogna cogliere le more a giusta maturazione il che vuol dire ogni tre giorni circa, come per le fragole. L’impianto è semplice, si acquistano le piante dal vivaista serio e si pongono a dimora dentro una fossa profonda 25 – 30 cm , distanziandole fra loro di 50 cm. A Bresimo e Rumo, si possono vedere anche coltivate in serra. Dopo il primo anno di vegetazione, il lampone si pota a 60 cm di altezza e si attende la raccolta. Tutto qui. Il frutto si presta per il consumo fresco, per la congelazione ed anche per confezionare le squisite marmellate della nonna. Calovini Fabio 37 Piccolo mondo antico EL MOLINAR MEZALON Questo mestiere è vecchio quanto l’uomo, ma è ormai scomparso e macinare cereali in casa non è più d’uso. Non lo è più nemmeno il farlo in piazza dentro ad un mulino comunale. L’uomo preistorico, quand’era ancora pastore vagante e non coltivava la terra, già aveva rudimentali pietre da macina e pestelli ritrovati migliaia d’anni dopo, da archeologi e appassionati. In epoca precristiana venne d’uso il macinare dentro a mulini collettivi dove la comunità paesana si recava a turno pagando un nolo. Si trattava di strutture fisse, aventi macine del diametro di oltre un metro, azionate lentamente da animali o schiavi attaccati direttamente alla pietra. L’applicazione della ruota ad acqua, importata dall’Oriente dai commercianti veneziani è del fine ‘300. Nel Mezzalone, la storia documentata parla di un mulino ad acqua nel 1387 con un molino a ruota idraulica sul Barnes nella valle dei Molini, proprietà dei conti di Zoccolo (Zockel). Più tardi, nel 1393, ci sono tracce scritte di almeno quattro molini a Rumo e gli ultimi funzionarono fino agli anni sessanta proprio sul torrente Barnes. Macinare era un arte ed era molto importante per la comunità contadina averne almeno uno. A quei tempi infatti la Val di Non era considerata il granaio del Trentino e per questo ebbe larga diffusione il lavoro del mugnaio regolamentato anche dagli articoli della Carte di Regola, approvata dal Principe Vescovo di Trento. Dopo il 1700, ad opera dei saraceni, il molino venne perfezion a to con l’aggiunta di macine specifiche: una per ogni tipo di granella da macinare. Mi raccontò l’Annunziata Sparap a n i dei “Mori”, classe 1908, abitante al civico n° 54, che uno degli ultimi mugnai di Preghena fu “el Giovanella dei Ocleti” (che teneva molino nella Valle dei Molini) al secolo Datres Giovanni classe 1895 che la voleva per morosa, ma lei lo rifiutò dicendo che era sempre sporco di farina... Lo aveva anche Calovini Pietro, classe 1774 e poi i figli fino a Calovini Luigi, classe 1886 sposato a Maria Pancheri detta la “Beciara”. Erano mugnai di Preghena anche “El Pambo”, al secolo i fratelli Facini Alessandro ed Emanuele di Preghena. Emanuele visse al civico n° 66 fino al 1999 e lavorò nel suo mulino fino al 1972, quando una notte andò 38 accidentalmente a fuoco distruggendo anche quello vicino di proprietà dei “Molinari”. Più a monte e sempre sul torrente Barnes c’era un terzo mulino proprietà di Bondì Ernesto residente a Livo, il quale faceva coppia gemella con un quarto gestito da Decaminada Camillo residente a Cis e soprannominato ”El Benèla”. Più oltre, vicino alla centrale elettrica di Preghena, il quinto molino, quello già citato degli Ocleti. Un sesto mulino a cento metri dalla centrale elettrica era di Costante Dalpiaz, detto ”l’Barile” di Cis. Un chilometro più su, a Bresimo, ecco il mulino del “Pero Minèla”, al secolo Pietro Daprai residente a Fontana Vecchia. La struttura del molino ottocentesco era semplice, anche se il macchinario interno non lo era davvero. A piano unico, di forma rettangolare, larga circa otto metri e lunga dodici, ospitava il locale cucina, la sala delle macchine ad acqua e talvolta uno stallo per il mulo addetto al traino del carro. La sala macchine conteneva tre tipi di mole, una specializzata per il grano, segale e orzo a farina bianca, l’altra per il mais e il grano saraceno a farina colorata. Conteneva inoltre la pila a quattro-cinque pozzi per la brillatura dell’orzo. All’esterno, sul lato del torrente che gli scorreva accanto, s’alzava la grande struttura lignea delle quattro ruote a pale munite di canalette adduttrici dell’acqua in caduta sulle ruote motrici. Descriverlo nei particolari meccanici non è facile, meglio andarlo a vedere a Bresimo oggi restaurato e funzionante. MEZALON Il personaggio “El molinar” era l’operatore del mulino, una figura d’uomo semplice, gran lavoratore, che viveva laggiù al mulino. Sotto alle intemperie, specie d’inverno, quando il ghiaccio avvolgeva il mulino bloccandone le pale, lavorava tante ore al giorno e manteneva i contatti col paese e la famiglia percorrendo la strada comunale che oggi porta alla discarica di Cis. Meritava un monumento, ma invece, in Piemonte, gli hanno dedicato una canzone: “La Bela va al molino”. La tradizione a fine ‘800. A luglio si mietevano il grano, segale e orzo, si trebbiava a mano e si conservava il cereale secco in soffitta in un posto asciutto. Per il molinar iniziava il grande lavoro. La gente affluiva a lui coi sacchi di grano e il giorno dopo ritornava a prendersi il macinato. Quando il lavoro diminuiva, era lui che raggiungeva il paese col carro, prendeva in consegna i sacchi di cereale, li sistemava in successione ordinata sul carro e ritornava al mulino. La gente infatti, non macinava tutto il grano che aveva in una unica soluzione ma a rate, una o due ”staja” alla volta, (16-32 kg) in quanto non era facile conservare per mesi la farina. Finita la lavorazione, posava lo sfarinato dentro al sacco e lo sistemava sul carro nello stesso ordine di consegna e partiva per Preghena. Talvolta, ma non sempre, i sacchi da farina erano contrassegnati e questo facilitava la consegna del molinar. Il suo lavoro veniva pagato a farina, un baratto antico quanto il mondo ed era una ”minela” di farina ogni ”staio” di grano misurato: un ottavo di “stajo” (2 kg). Era un baratto, ma al tempo si aveva una scarsa conoscenza dei cereali e la stagione influenzava molto la resa in farina, suscitando spesso discussioni fra mugnaio e cliente. Un grano smilzo dava infatti poca farina e una ”minela” fissa di paga pesava molto sul macinato che si aveva ottenuto e la gente diceva...”l’è un ladro”. La Carta di Regola, anche per questo, imponeva al molinar norme precise ed una di queste era: “Mai misurare il grano a stari con le macine in movimento”. Il tremolio del pavimento avrebbe infatti alterato la misurazione. 39 Il sacco da molino era particolare, fatto in casa con tela di lino, stretto 40 cm e lungo circa 130, con laccio per la chiusura. Ogni famiglia ne aveva almeno uno. Partiva per il mulino riempito di granella e ritornava a casa legato come una lucanica. Nella prima sezione, sul fondo del sacco, veniva collocata la ”farina bòna”, oggi la “doppio zero” e si strozzava con un legaccio. Nella seconda veniva posta ”la farinetta” (tritello) e si legava nuovamente, nella terza sezione si collocavano le cosiddette ”semole” (crusca) e si chiudeva il sacco col legaccio in dotazione. Un sistema fatto di precedenze fisse e questo permetteva l’uso di un solo sacco per tre prodotti. A casa veniva vuotato il sacco con lo stesso rituale: prima la crusca, poi il tritello, quindi la farina doppio zero. Ad ogni operazione si ripiegava indietro su se stessa la tela vuota e sporca da prodotti precedenti e questo faceva sì che gli sfarinati, ultimi in fondo, non venissero mai inquinati. I molini artigianali del torrente Barnes vennero abbandonati negli anni cinquanta, lasciati franare su se stessi o accidentalmente bruciati. Ormai sono strutture obsolete e testimoni di quel tempo antico tanto caro alla nostra memoria. Peccato non averli conservati e la bella valle dei Molini avrebbe potuto essere oggi un polo turistico importante, capace di creare un indotto turistico a supporto dell’economia locale. C’erano da vedere la vecchia strada romana, i molini ad acqua, una medievale officina da fabbro, tre segherie alla veneziana e la centrale elettrica del Mezzalone datata 1900. Le cascatelle del torrente Barnes pieno di trote, il celebre Santuario di Baselga, tre castelli medievali e le terme radioattive di Fontana Vecchia. Partendo da Mostizzolo e arrivati alla vicina località “Toflin”, si visita la segheria Bonani. La strada romano-medievale avrebbe accompagnato il visitatore ai molini e poi in Val di Campo, alle malghe di Cis e Preghena, e su fino al sentiero “Bonacossa” per passare di cima in cima fino alle Palade. ... Calovini Fabio MEZALON 40 IL BACO DA SETA MEZALON OSPITE NEL MEZALON Ci fu un periodo in cui anche nel Mezalon era allevato il baco da seta e da quest’attività i contadini ricavavano un modesto contributo economico, ma molto utile in tempi dove le entrate finanziarie provenienti dall’agricoltura, dall’allevamento di pochi esemplari di mucche, capre, maiali, galline, conigli, erano scarse. Si narra che quest’imenottero sia stato importato dalla Cina in Europa da un frate, ponendo le uova dello stesso all’interno di un bastone forato e poi tappato. Il bombice del gelso o baco da seta è un insetto che è molto dannoso alla pianta stessa, perché si nutre delle sue foglie. Gli uomini, però, hanno da molto tempo imparato che il bombice può essere anche utile. La bava che il bruco emette per costruirsi il bozzolo s’indurisce a contatto dell’aria e diventa un filo sottile e lucente: un filo di seta. Il bozzolo è una specie di gomitolo di sottilissimo filo di seta. Gli allevatori immergono i bozzoli appena chiusi, nell’acqua calda, in modo da uccidere l’insetto e dipanare poi il filo di seta. Il filo di ciascun bozzolo è unito ad altri fili e poi tessuto per farne stoffe bellissime. Se gli allevatori lasciassero trasformare il bruco in farfalla, uscendo dal bozzolo, romperebbe il filo, che non si potrebbe più adoperare. La farfalla, che vive solo due settimane, depone circa 400 / 600 uova e le spruzza con una colla. La vita del baco da seta nel ciclo della metamorfosi è di appena 58 giorni. Il baco da seta, appena nato, è fornito di un grande appetito e mangia continuamente foglie di gelso, dapprima triturate finemente e poi anche intere e raddoppia di peso ogni giorno. Questo fa pensare che nel Mezalon c’erano tanti gelsi (morari) e la popolazione era molto impegnata a raccogliere le foglie per fornirle come alimento al bruco e queste dovevano essere sempre fresche, mai schiacciate, “il signorino” aveva le sue esigenze, non le mangiava se erano avvizzite. Ha fatto bene la famiglia Zanotelli di Scanna a preservare il vecchio e storico gelso, esprime un pezzo di storia secolare e un ricordo che la nonna ha voluto con insistenza conservare; (“Fate pure il garage, ma il “morar“ non sì tocca”, aveva detto e fatto!) Ogni cinque giorni circa, il baco da seta smette di mangiare e si addormenta per un po’. Quando si risveglia, perde la sua pelle, che è divenuta troppo stretta; ma gliene cresce 41 Bruno Sparapani MEZALON addosso un’altra. Dopo quattro volte che ha fatto la muta, il bruco è già molto cresciuto. E’ ormai lungo alcuni centimetri ed è di colore biancastro. Sotto la sua pelle si è formata una buona provvista di grasso. Quando è cresciuto abbastanza, il filugello si arrampica su un rametto, abbandona i suoi pasti, e si costruisce un involucro, deponendo un filo di seta che è tutto d’un pezzo e lungo più di un chilometro. Il filo che esce dalla filiera, una piccola apertura che si trova sotto la sua bocca, è formato da un liquido (la fibroina) e da una parte gommosa (la sericina) che al contatto dell’aria solidificano. Quando il filo, ora giallo, ora bianco, ora verdognolo, ha ravvolto l’animale, il bozzolo è compiuto. Nel bozzolo, il baco si è trasformato in pupa. Non è più larva, non è ancora farfalla. Non si muove, non prende cibo. Basta a nutrila, il grasso che aveva accumulato quando era bruco. Il filugello rimane nel bozzolo venti giorni circa; poi inumidisce con un suo liquido speciale un’estremità del bozzolo, ed urta fortemente il capo contro la parte rammollita. E dal bozzolo esce la farfalla. La femmina dal corpo grosso e tozzo, non può volare; il maschio tenta di fare qualche salto, ma nemmeno esso vola. All’uomo poco importa che la farfalla voli: gli basta che deponga le uova che l’anno prossimo gli permetteranno di riprendere l’allevamento dei bachi. L’allevamento dei bachi era fatto in contenitori di legno a forma di cassettone allungato lungo circa 2 mt. largo 40 cm, con bordo alto 10 cm, detti “le vinarole“ e posti uno sopra l’altro, distanziati per fare circolare l’aria, sorretti da piantane di legno con pioli (le plantane) e il luogo designato erano “le spleuze“. Mamma Gemma dei “Pimbi“ e altre persone raccontavano con entusiasmo questa loro attività, di quando erano giovani e dicevano che era affascinante osservare la schiusa delle uova poste su un panno bianco mantenuto umido e vedere uno dopo l’altro uscire i bruchi e poi osservali quando salivano sui ramoscelli (le fascine) e costruire il bozzolo. 42 COME LE CANTINE “DE STI ANI” Sono stato quest’inverno a trovare Luciano Zanotelli che nella sua casa di Preghena si sta dando da fare per recuperare un vecchio ed elegante avvolto per farne una piccola taverna. Per assecondare la sua vena artistica, dopo i successi con la pittura su tela, l’estroso pensionato ha deciso di dedicarsi anche alla pittura murale, sia a colori che a carboncino. Il suo intento è di rifarsi alle vecchie cantine dei tempi passati in cui, non di rado, si trovavano immagini e dipinti, anche se certo non così curati. Certo è una lodevole intenzione, ma ricordati Luciano che l’importante è “che le lugiange e ‘l vin i sia boni come kei da ‘sti ani!!!” MEZALON Walter Bonani 43 ... DALL’ARGENTINA NATALE, NOTTE DI PACE E AMORE Sui monti, sui piani lontani lontani, sui tetti vicini sugli alti camini dal ciel scende lieve la candida neve Sentite lontana la grande campana che in candida resta ci dice la festa nel mondo piccino è nato un Bambino Rita Betta Aspeè E’ nato riposa col viso di rosa in buia capanna gli cantan la nanna e scuoton le ali gli angeli, è Natale Così davanti al presepio mamma e papà ricordavano le canzoni imparate sui banchi di scuola, che ancor da piccoli ripetevano con loro. Cantava e piangeva il nostro caro papà, ricordava la sua cara mamma e i suoi cari lontani e sono sicura che gli sembrava sentire le campane del suo paesello che suonavano di sera. Qui in Argentina la neve non c’è a Natale e nemmeno c’è lui, ci rimangono ricordi di tempi felici, che sebbene lontani sembrano vicini, quando uniti in coro cantavamo... sui monti, sui piani... Rita Betta Aspeè MEZALON Bellissima l’idea di esporre a Natale i presepi lungo la via del paese, ho potuto ammirarli sul sito dedicato a Preghena. Spero che quest’iniziativa si ripeta negli anni futuri, perché oltre ad essere onore al Divino Messia, è pure motivo di incontro, di saluti e auguri. 44 FITOTERAPIA E DOLORI REUMATICI Chi soffre in modo cronico di artrosi o di reumatismi , magari anche in modo lieve, con l’arrivo della stagione invernale vede che i sintomi dolorosi tendono ad acutizzarsi, questo a causa del clima freddo e spesso umido. Le zone più colpite sono generalmente quelle della schiena, delle anche, delle ginocchia e delle mani anche se altre parti del corpo possono essere ugualmente interessate. Generalmente il dolore è più forte al mattino, ciò disturba non poco l’attività quotidiana così che la persona sofferente tende a muoversi sempre meno aggravando la sua situazione. A questi problemi cronici, che con il freddo peggiorano, se ne aggiungono altri, occasionali, che pure provocano dolore muscolare. Un colpo di freddo può portare a un torcicollo, un movimento brusco può provocare una distorsione o uno strappo muscolare. Comunque sia nella cura di queste situazioni dolorose la fitoterapia offre diverse piante medicinali in grado di aiutarci. MEZALON Nella fitoterapia occidentale utilizziamo spesso estratti di piante extra-europee, derivanti nella maggior parte dei casi dalla medicina tradizionale di diverse popolazioni. E’ ad esempio il caso della Boswellia, un albero originario dell’India, forse più conosciuto per il fatto che dalla sua corteccia si estrae una resina chiamata “incenso”, certamente conosciuto per l’uso che ne è sempre stato fatto durante le cerimonie religiose. La moderna ricerca ha evidenziato proprio nella resina della Boswellia una serie di sostanze chiamate acidi boswellici, dotati di una particolare attività farmacologica, ampiamente dimostrata: quella di frenare un enzima responsabile dell’infiammazione e del dolore , non solo nel caso delle articolazioni, ma anche in altre forme infiammatorie croniche quali la colite e l’asma bronchiale o acute come torcicollo, strappi muscolari ecc. Anche nella cura dell’artrite reumatoide la Boswellia ha confermato la sua validità : pazienti affetti da artrite reumatoide sono stati trattati con estratto di Boswellia, valutando la variazione della velocità di eritrosedimentazione (VES) e di altri parametri clinici. Gli studiosi hanno concluso che questo trattamentoè sicuro, ben tollerato anche nella terapia a lungo termine, capace di modificare l’andamento clinico della malattia, efficace nella riduzione del dolore e del gonfiore articolare e utilizzabile anche in associazione ad altri farmaci. La Boswellia grazie anche alla sua rapidità di azione risulta più adatta rispetto ad altre piante nel caso di problemi occasionali anche di forte intensità. Inoltre, a differenza dei comuni farmaci antinfiammatori è ben tollerata dallo stomaco. Nella terapia si utilizzano esclusivamente gli estratti secchi titolati in acidi boswellici (75-95%) che possiamo trovare sotto forma di compresse o capsule. Sono consigliati 200 -400 mg due-tre volte al giorno. Un’altra pianta molto utile per favorire la funzionalità dell’apparato muscolo scheletrico è l’Arpagofito, meglio conosciuto come Artiglio del diavolo. Questa pianta proviene dalla tradizione di alcuni paesi del Centro e Sud dell’Africa. Il nome assai curioso deriva dalla particolarità dei sui frutti, ricoperti di uncini in grado di attaccarsi alle zampe pelose degli animali costituendo talvolta delle vere trappole. 45 Dalla radice di questa pianta si ricava l’estratto secco ricco di principio attivo (arpagoside) che per risultare efficace deve avere almeno una concentrazione dell’1,8 %. La principale proprietà farmacologica della pianta è quella antinfiammatoria. Ideale è quindi il suo utilizzo per curare artrosi ad ogni parte del corpo, con un effetto non solo antidolorifico, ma realmente curativo. L’Artiglio del diavolo oltre che nelle malattie reumatiche in genere, può essere utilizzato anche come coadiuvante nel trattamento della gotta in quanto favorisce l’eliminazione degli acidi urici. L’attività antinfiammatoria e analgesica si esplica a dosaggi piuttosto alti (1-2 grammi di estratto due volte al giorno) e a questi dosaggi particolare attenzione dovranno prestare quei pazienti che soffrono di disturbi gastrici in quanto l’Artiglio del diavolo può risultare gastrolesivo. Se non si teme il suo sapore amaro si può assumere come estratto liquido o come tisana, anche se in queste forme l’efficacia è decisamente minore. Dopo aver illustrato le proprietà di due piante di origine extraeurpea voglio concludere l’argomento prendendo in considerazione una pianta il cui uso fa parte della nostra tradizione : l’Arnica. L’Arnica montana è una pianta erbacea perenne, che cresce nei pascoli e nei prati piuttosto umidi delle regioni alpine e prealpine dai 500 ai 2500 metri. Si presenta come una grande margherita tutta giallo-aranciata, dall’odore aromatico e dal sapore decisamente amaro. Le foglie intere, di un verde pallido, sono disposte in una rosetta basale. Uno o due paia di foglie sono situate più in alto e generalmente sono opposte. Dott. Luca Ceschi MEZALON A scopo medicinale si utilizzano i rizomi e le infiorescenze seccate accuratamente all’ombra. A tale proposito va ricordato che in molte regioni italiane compreso il Trentino Alto-Adige questa specie è protetta e quindi ne è vietata la raccolta. Giustamente l’arnica è stata definita fin dai tempi più antichi “la panacea dei caduti”, infatti usata localmente nelle distorsioni e sulle botte che lasciano lividi bluastri risulta veramente efficace. All’Arnica vengono attribuite proprietà antinfiammatorie e analgesiche, inoltre favorisce l’assorbimento degli ematomi. Il meccanismo dell’attività dell’Arnica non è conosciuto . Si ritiene che l’azione antinfiammatoria sia dovuta all’ elenalina e alla rutina presenti nella pianta per circa l’1 %. Fondamentale sembra essere anche la presenza di manganese e carotene . L’uso classico e moderno più accreditato e sicuro è quello esterno contro contusioni, distorsioni, e reumatismi. L’Arnica opportunamente diluita, come spiegato più avanti, deve essere applicata solo a condizione che la pelle sia integra e priva di abrasioni, altrimenti può provocare dermatiti assai fastidiose. In alcuni individui, dopo sensibilizzazione, può indurre dermatite da contatto. L’uso interno è desueto; infatti, se non in diluizioni omeopatiche, la sua assunzione può provocare cefalea, dolori addominali, palpitazioni e disturbi di tipo respiratorio. Per le applicazioni esterne sono per lo più utilizzate le tinture e le pomate. La tintura si prepara con 10 g di fiori essiccati in 100 ml d’alcool a 70° ( a macero per 7 giorni). Avvertenza importante per l’uso: La tintura non va mai impiegata pura, ma diluita cinque volte con acqua e glicerina. Per essere efficaci le pomate devono contenere il 10-15 % di Arnica come tintura o il 2-5 % come estratto fluido. 46 COMUNE DI LIVO Provincia di trento - Cap 38020 - Via Marconi, 54 tel. 0463.533113 - fax 0463.533093 ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO DEGLI UFFICI COMUNALI lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì 08.00 08.00 08.00 08.00 08.00 - 12.00 - 12.00 - 12.00 - 12.00 - 12.00 pom. chiuso pom. chiuso 13.30 - 17.30 pom. chiuso pom. chiuso lunedì mattina mercoledì 08.00 - 12.00 08.00 - 12.00 15.00 - 17.00 AMBULATORIO MEDICO LIVO TEL. 0463.533418 dott. ERNESTO PINDO martedì 08.00 - 12.00 dott. NARCISO BERGAMO lunedì martedì 15.00 - 16.00 08.15 - 09.15 dott.ssa MARIA CRISTINA TALLER martedì 17.00 - 19.00 IL SINDACO RICEVE PEDIATRA dott.ssa ELVIRA DE VITA 2° giovedì del mese 16.00 - 17.00 FARMACIA DI LIVO TEL. 0463.535014 mattino pomeriggio 08.30 - 12.30 15.30 - 19.30 MEZALON Riposo infrasettimanale: sabato pomeriggio - Turno festivo come da calendario CHIAMATE URGENTI NOTTURNE TEL. 328.6163342 UFFICIO POSTALE TEL. E FAX 0463.533116 Orario al pubblico da lunedì a venerdì sabato 08.00 - 13.30 08.00 - 12.30 CENTRO RACCOLTA MATERIALI lunedì 15.30/19.00 - giovedì 15.30/19.00 - sabato 09.00/12.30 47 TEL. 112 CARABINIERI - STAZIONE DI RUMO TEL. 0463.530116 POLIZIA TEL. 113 POLIZIA STRADALE DI MALÈ TEL. 0463.909311 EMERGENZA SANITARIA TEL. 118 OSPEDALE CIVILE DI CLES - CENTRALINO TEL. 0463.660111 GUARDIA MEDICA TEL. 0463.660312 PRONTO SOCCORSO TEL. 0463.660227 VIGILI DEL FUOCO TEL. 115 VIGILI DEL FUOCO VOLONTARI DI LIVO TEL. 0463.533575 VIGILI DEL FUOCO VOLONTARI DI PREGHENA TEL. 0463.533433 STAZIONE FORESTALE DI RUMO TEL. 0463.530126 CUSTODE FORESTALE DI LIVO TEL. 0463.533469 GUARDIA DI FINANZA TEL. 117 GUARDIA DI FINANZA DI CLES TEL. 0463.421459 SCUOLA MATERNA DI LIVO TEL. 0463.533522 SCUOLA ELEMENTARE DI VAROLLO TEL. 0463.533377 MEZALON CARABINIERI