PERIODICO SEMESTRALE DELLA COMUNITÀ DI LIVO
Anno V - N. 1/06 - N.progr. 9 - aprile 2006
Aut. trib. Trento N. 1118 del 06/03/2002 - Spedizione in A.P. 70% D.C.B. TN
Tassa pagata - Taxe Percue
COMITATO DI REDAZIONE
Direttore
Carlo Alessandri
Direttore responsabile
Massimiliano Debiasi
Comitato
Massimo Betta
Walter Bonani
Erica Corradini
Luigi Conter
Vera Zanotelli
Sede Redazione
Municipio di Livo - Via Marconi, 54 - 38020 Livo (TN)
In copertina: Livo vista dalla “vila”
Grafica e stampa
Tipografia QUARESIMA s.n.c. - Via Marco da Cles, 10 - 38023 Cles (TN)
Tel. e Fax 0463.421375 - e-mail: [email protected]
Fotocomposizione
a cura della Redazione
MEZALON
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MEZALON
INDICE
Editoriale
Avviso ICI
Donne di potere
Intervista doppia
ASUC
Dalle associazioni
Una serata con l’AIDO
I nonni
Il viaggio del fratello
La festa sotto l’albero
Poesia “La Neo”
Note sul restauro della
Chiesa di San Martino
pag. 3
pag. 4
pag. 5
pag. 6
pag. 9
pag. 12
pag. 16
pag. 17
pag. 18
pag. 20
pag. 22
pag. 23
Un bel sogno...
C’era una volta...
Ricordi
Piccolo mondo agricolo
Piccolo mondo antico
Il baco da seta ospite
nel Mezalon
Come le cantine “de sti ani”
...dall’Argentina
Fitoterapia e dolori reumatici
Orari e indirizzi utili
Servizi di emergenza
pag. 27
pag. 29
pag. 31
pag. 36
pag. 37
pag. 41
pag. 42
pag. 43
pag. 44
pag. 46
pag. 47
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EDITORIALE
tri contesti, ma, appunto perché lontano nel
tempo, bello e stabilizzante.
E allora,... dai, facciamo uno sforzo e scriviamo: sul passato ma anche sul futuro, alimentando anche dibattiti, scambi di opinioni diverse ed appunto per questo e di per sé
costruttive. In questo numero abbiamo dato
l’inizio, abbiamo tracciato il solco: starà in tutti
noi proseguirlo, alimentarlo, renderlo più profondo e pertanto più incisivo.
Sarà anche questo un modo per una presenza
attiva nella nostra Comunità.
Il Direttore
Carlo Alessandri
MEZALON
Anche questa volta abbiamo raggiunto la
meta, abbiamo un nuovo numero del giornalino.
Anche questa volta sono stati in molti a scrivere, ad aver compreso il valore di questo periodico piccolo, è vero, senza grandi pretese,
ma grande per i messaggi di cui è portatore.
E lo ripeto, a voi, cari lettori, siete stati puntuali nello scrivere.
Eppure, dovremmo crescere, essere in tanti,
altrettanti a proporre i propri vissuti, le proprie convinzioni, le proprie idee, nonché proposte.
Che soddisfazione avere tante persone pronte
ad esporre le proprie opinioni, a discutere su
prospettive prossime e lontane, sul proprio
futuro e su quello delle nostre Comunità.
Si, i giovani, fra le quali, che a volte si pensa
disimpegnati, ma che non è vero: basta lasciar loro il proprio spazio: subito lo sapranno
riempire di valori, da loro stessi costruiti, se,
però, il mondo, la comunità, la società che sta
loro davanti sa far capire certi capisaldi ai quali ci si deve tener ben fermi.
Ed allora, anche i meno giovani si sentono
più invogliati a scrivere, per trasmettere in tal
modo quelle convinzioni profonde, che prendono il nome di valori.
Ben apprezzati sono sempre stati i racconti di
esperienze del passato; è stato un modo per
trasmettere tradizioni, o almeno il loro ricordo, alle generazioni giovani che non hanno
conosciuto quei contesti, quelle vicende, in
altre parole, quella cultura.
Sui numeri dei giornalini passati, ed anche su
questo, spiccano le fotografie del passato: ho
visto e sentito giovani osservarle con piacere
e con voglia di sapere; ho assaporato l’ansia
di chi quelle fotografie le possedeva, nel riconoscere in esse qualche persona del passato,
ma ancora conosciuta: un parente, un amico,
un compaesano. Nel riconoscere, in una parola, un modello di vita di altri tempi, di al-
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AVVISO ICI
Si ricorda ai contribuenti che anche per l’anno 2006 verranno inviati a domicilio i bollettini per
il pagamento dell’ICI emessi dall’Ufficio competente.
Si specifica che la comunicazione delle variazioni effettuate nel corso dell’anno 2005, si accettano anche prima della scadenza prevista dal regolamento (30.06), in tal caso i bollettini
conterranno gli importi aggiornati.
Si riassume nella tabella allegata le principali aliquote e norme relative all’anno 2006.
Aliquota ICI abitazione principale
4 per mille
Aliquota abitazione data in uso a familiari
4 per mille
Aliquota immobili posseduti oltre l’abitazione principale
5 per mille
Aliquota terreni edificabili
5 per mille
Aliquota terreni agricoli
Esenti
Detrazione abitazione principale
103,29
Detrazione abitazione data in uso a familiari
103,29
Importo minimo di versamento annuale
10,33
N. pertinenze a cui viene estesa la detrazione
1
Valore aree fabbricabili di tipo residenziale (del G.C. n. 07/06)
57,06
Valore aree fabbricabili di tipo produttive (del G.C. n. 07/06)
40,70
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MODALITA’ DI PAGAMENTO:
due soluzioni – entro 30/06 e 20/12
Versamento su Conto Corrente Postale N. 12953386 intestato a :
Comune di Livo – Servizio Tesoreria
AVVISO
NUOVI ORARI PER IL CENTRO RACCOLTA MATERIALI (CIS)
Lunedì 15.30-19.00
Giovedì 15.30-19.00
Sabato 09.00-12.30
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DONNE DI POTERE
Donne di casa
Non molti decenni fa a Preghena, nel giorno della Festa di S.Anna, era tradizione che i capi
famiglia portassero le donne di casa all’osteria (già di per sé fatto straordinario) a bere la birra
(ancora più straordinario). Questo in fondo era l’unico momento in cui la donna partecipava, in
prima persona, alla vita civile del paese. Alla donna era affidata la gestione della casa, l’educazione dei figli e la cura del marito. Per così dire, se la donna era titolare del Ministero degli
Interni, al marito spettavano in maniera esclusiva tutti i compiti del Ministero degli Esteri.
Se qualcuno volesse cercare, nei libri della nostra memoria, indizi sul ruolo femminile nella nostra storia ristretta, rimarrebbe alquanto deluso. Don Luigi Conter nei suoi “Fatti storici di Livo”
non sente il bisogno di dedicare più di una riga a nessuna donna; mentre Franco Lancetti in
“LIVO: storia-vita-arte” in mezzo ad una valanga di nomi personali, cita soltanto la Sig.ra Bice
Fauri, Segretario Contabile della Cassa Rurale.
Certo le cose sono cambiate: anche in una società chiusa come la nostra, la donna ha sperimentato strade diverse da quel breve tragitto che univa soltanto casa, chiesa e bottega.
Donne in sciopero
“Nel ottobre del 1964”, racconta di sfuggita il Lancetti, “le cernitici della frutta del Consorzio
SCAF fecero uno sciopero, non presentandosi al lavoro per ragioni sociali ed economiche.” A
quanto sembra furono trattate molto duramente e non si videro riconosciuto nessun beneficio,
ma fu comunque un momento molto importante...anche se passato nel dimenticatoio.
Se qualcuna di quelle donne ricorda quelle giornate, le problematiche che le avevano generate sarebbe interessante che avesse voglia di ripercorrerle, magari mettendosi in contatto con
la Redazione del Mezalon.
Donne di oggi
Nel Comune di Livo, alle recenti elezioni, erano quattro le donne candidate al Consiglio Comunale e tutte hanno riscosso grande successo; due di loro sono state anche scelte per andare a
comporre la Giunta Comunale. Per aiutarvi a conoscerle meglio abbiamo posto alcune domande proprio ai nuovi Assessori Valeria Datres e Fabiola de Concini.
MEZALON
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INTERVISTA DOPPIA
Nome Cognome:
VALERIA DATRES
Nome Cognome:
FABIOLA de CONCINI
Età:
Stato civile:
Figli
Lavoro:
Ruolo Istituzionale:
Competenze:
45 anni
CONIUGATA
2 FIGLIE
OPERIAIA
ASSESSORE
SERVIZI AL CITTADINO
Età:
Stato civile:
Figli
Lavoro:
44 anni
CONIUGATA
1 FIGLIO E 1 FIGLIA
INSEGNANTE di
economia aziendale
c/o I.T.C.G. di Cles
ASSESSORE
SERVIZI AL CITTADINO
Ruolo Istituzionale:
Competenze:
DOMANDE:
(V = Valeria ; F = Fabiola)
1) E’ alla sua prima esperienza politica?
V: Sì
F: Sì
MEZALON
2) Cosa l’ha convinta ad accettare questo ruolo?
V: Per arricchire la mia vita di una nuova esperienza.
F: La convinzione che solo operando attivamente si possono creare i presupposti per uno
sviluppo culturale a Livo; una sfida personale che però si può vincere solo con la collaborazione degli altri consiglieri eletti, delle associazioni presenti sul territorio e dei giovani.
3) Cosa ha detto ai suoi figli quando ha deciso di candidarsi?
V: A dire la verità ho detto loro soltanto che volevo candidarmi, ho sorriso per le loro risposte; la più piccola, Mara, mi ha chiesto ”Mamma hai sbattuto la testa?!”, mentre Elisa
entusiasta mi ha incoraggiato a provarci.
F: Ho cercato di spiegare loro il significato di una candidatura e il ruolo che il Consiglio Comunale riveste.
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4) Cosa ha le detto suo marito quando ha deciso di candidarsi?
V: Mio marito, a sorpresa, dato che solitamente gli uomini vogliono vedere la moglie sempre
a casa, è stato il mio primo sostenitore.
F: E’ una decisione che abbiamo preso insieme.
5) Quali contributi può dare una donna in una Amministrazione Comunale?
V: Noi donne possediamo caratteristiche, quali sensibilità e capacità organizzative, molto utili
in questo campo.
F: Non credo che ci sia una stretta correlazione tra l’essere donna ed essere amministratore.
Ognuno è tenuto ad apportare conoscenze e competenze acquisite nella vita quotidiana e
nel proprio lavoro.
6) Come spiega il fatto che quattro donne hanno ricevuto quasi la metà dei voti dell’intero
Consiglio Comunale?
V: Non credo che questo successo di voti dipenda solamente da una distinzione donnauomo. Credo, invece, che la gente abbia voluto scegliere la persona che li rappresentasse
meglio.
F: Sicuramente fa urlare un bel “EVVIVA LE DONNE!”, anche se è probabile che sia anche il
risultato di situazioni di diffuso parentado e di campanilismo tra le frazioni.
7) Una proposta che le sta particolarmente a cuore.
V: Più di una proposta specifica mi sta particolarmente a cuore che ci sia un’Amministazione
aperta alle esigenze di tutti i cittadini in modo coerente ed imparziale.
F: Cercare di stimolare soprattutto i giovani a partecipare alle iniziative culturali che vengono
proposte, nella speranza che col tempo siano loro stessi a proporle.
8) Una sfida per il futuro del nostro paese.
V: Riuscire a coinvolgere e unire maggiormente la popolazione quando si tratta di realizzare
un obiettivo comune, indipendentemente dal pensiero politico.
F: Creare un paese unito, senza campanilismo e particolarismi, centro dell’offerta di servizi
anche per le realtà territoriali limitrofe.
9) In Val di Non c’è qualcos’altro oltre alle mele?
V: Premesso il mio rispetto per i contadini che grazie ai proventi del loro lavoro alimentano
anche le altre forme di economia, si dovrebbe puntare su un maggior sviluppo del turismo
per dare spazio e possibilità a chi ha idee nuove.
F: Il territorio è certamente ricco di potenzialità turistico/culturali, ma la predisposizione mentale degli abitanti si creerà in maniera graduale.
10) Favorevole o contraria alla legalizzazione delle droghe leggere?
V: Come mamma di due figli adolescenti non posso che essere contraria a qualsiasi cosa possa essere pericolosa per la loro salute.
F: Contraria in assoluto.
MEZALON
11) Emma Bonino Presidente della Repubblica?
V: La trovo una donna determinata e capace non meno dei suoi colleghi uomini, quindi non
vedo perché non possa meritare questa carica.
F: Il prossimo Presidente non deve essere donna a tutti i costi.
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12) Se potesse realizzare un sogno vorrebbe...
V: ...poter accendere la televisione senza dover sentire terribili notizie quali la violenza sui
minori.
F: ...riuscire ad organizzare la stessa vita che conduco adesso in maniera più tranquilla; riservando un po’ più di tempo per me stessa.
13) Il personaggio che ammira maggiormente?
V: Madre Teresa per il suo grande amore per i bambini.
F: Non esiste uno in assoluto. Sono forse troppo critica e accanto ai pregi non posso fare a
meno di notarne i difetti.
14) A cosa non rinuncerebbe mai?
V: Ai dolci...
F: A tante cose, soprattutto alla famiglia e al lavoro.
15) Un vizio e una virtù.
V: Il nervosismo ma anche la disponibilità.
F: I vizi ci sono, come per tutti: ma nessuno da citare in particolare. Per quanto riguarda le
virtù cerco di evidenziarne qualcuna, ma lascio ad altri l’ardua sentenza.
16) Il libro sul comodino?
V: ...la sveglia e un filo di polvere...
F: I n questo periodo letture tecniche: Economia Aziendale-Finanze. In estate adoro la settimana enigmistica.
17) Cenerentola o Biancaneve?
V: Biancaneve. Le offrirei una mela che le farebbe vincere il concorso di Miss Melinda.
F: Nessuna delle due.
18) A quando un Sindaco donna per Livo?
V: Non faccio una distinzione uomo o donna, basta che sia una persona valida.
F: Quando una donna riuscirà a convincere gli elettori, uomini e donne, di essere veramente
capace. Non ritengo comunque importante per lo sviluppo del paese che ciò accada.
MEZALON
Bonani Walter
“La redazione invita tutti coloro che vivono
all’estero o lontani dal Mezalon a spedirci
materiale fotografico e notizie che
descrivono il luogo in cui vivono”
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ASUC
L’APERTURA DELLA CAVA
Una grande meta raggiunta: l’apertura della Cava di inerti in località Val.
individuare un’altra area, indipendente dalla
superficie della ditta Rauzi e quindi autonoma
su tutto. Quest’ipotesi venne poi illustrata ai
funzionari provinciali degli Uffici del settore
minerario e dell’urbanistica. Un ampliamento
del Piano cava, da inserire nel Piano provinciale dello sfruttamento dei giacimenti.Sembrava proprio l’uovo di Colombo.
Così fu fatto: venne chiesto un sopraluogo
da parte delle Autorità forestali e minerarie,
che intervennero ed
approvarono la proposta, sempre con la finalità suddetta, di sganciare la dipendenza
dell’ASUC dal vincolo
Rauzi. Dopodichè venne subito affidato all’ingegner Callegari con
studio a Lavis, l’incarico di redigere il nuovo
Piano,con un ampliamento verso nord.
L’area ampliata ha permesso l’individuazione
di due lotti:
Lotto N°1: prevede
un’estrazione di mc
444.100 di materiale,si
trova subito a ridosso del fronte Sud e comporta un po’ di promiscuità con la Ditta Rauzi.
In altre parole, per lo sfruttamento è necessario risolvere un annosa questione con la Ditta
Rauzi, Vertenza con soluzione difficile ma non
impossibile: sono necessari, però, tempi e risorse.
Lotto N° 2: risulta più a Nord del lotto 1, è di
mc 420.000 ed è completamente indipendente: questo poteva essere sfruttato subito, non
appena ottenute tutte le autorizzazioni e, quel
MEZALON
Ad inizio legislatura, i componenti il Comitato
ASUC di Preghena in carica, avevano posto
come punto del loro programma la riattivazione della Cava in parola. Era una grande
scommessa, visto il numero di anni che ormai
era chiusa e viste anche le difficoltà sorte con
la Ditta che fino agli anni Novanta vi aveva
lavorato.
Il Comitato, ancora nel 2003 aveva tentato
un accordo con la Ditta Rauzi, per ampliare
la zona di escavazione e
così risolvere un’annosa
vertenza che riguardava
il fronte della cava nel
versante sud, tutto dissestato, come appare
a chiunque passi per la
strada provinciale. Non
si ottenne nulla di fatto.
E, per di più, traspariva
dai tentativi di accordo, un sentore di sfida,
come dire che “ il manico del coltello” stava da
una sola parte, ma non
dalla nostra.
Il Comitato, pertanto,
pensò bene di non lasciarsi intimidire e, nel
contempo, di trovare una soluzione alternativa, che permettesse all’ASUC di valorizzare il
proprio patrimonio al massimo, senza alcuna
condizione imposta, direttamente o indirettamente, da qualcuno.
Bisognava,insomma, che l’ASUC avesse i
mezzi per raffrontarsi con la Ditta con la voce
forte; era indispensabile dare un segnale deciso e dimostrare che si poteva avere un futuro
anche senza dover piegare il capo a nessuno.
Al Comitato piacque l’idea del Presidente di
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MEZALON
che più conta, con un appalto ad asta pubblica
e quindi con il massimo realizzo. Ed ancora: il
realizzo a mc in questo lotto, avrebbe portato
ad una base anche per l’altro lotto.
Ci son voluti tre anni per ottenere tutte le autorizzazioni, con sopraluoghi a non finire ed
osservazioni e consigli da ogni parte. Ci hanno veramente capiti, sia le autorità provinciali,
minerarie, forestali ed urbanistiche, sia quelle
comunali e comprensoriali: a tutti vanno i ringraziamenti da parte del Comitato ASUC, così
come vanno a tutti i dipendenti comunali, che
hanno dedicato alla nostra Amministrazione
un lavoro impegnativo.
Così siamo giunti all’indizione della gara di
appalto, che è stata impegnativa e che ha
ottemperato a tutte le normative, compresa
quella della sua pubblicazione su due giornali
nazionali( Corriere della Sera e Gazzetta dello
Sport) e due provinciali (Adige e Corriere del
Trentino).
L’asta è avvenuta il giorno 20 febbraio 2006,
alle ore 14. Nella sala comunale erano presenti molti censiti di Preghena e questo ci ha
fatto veramente piacere, soprattutto il battimani che ci hanno offerto.
Per noi Amministratori è stato veramente
emozionante: era un ringraziamento per il
nostro operato, era il riconoscere che i nostri
sforzi, le nostre sere trascorse in lunghe sedute, le nostre ore strappate agli affetti familiari,
non erano state fatte invano; e questo ci dava
e ci dà veramente la carica per andare avanti.
L’asta, insomma, non era solo una procedu-
ra per realizzare soldi ma era qualcosa di più
partecipato: era la vendita di un patrimonio
sentito proprio, era il riconoscere il nostro
operato, era un caldo invito a procedere.
La gara è stata vinta dalla Ditta Olmo,di Vender Vito con sede a Mezzocorona, con un offerta di Euro 6,17 al mc di materiale.La stima
effettuata dall’ingegner Callegari, su misurazioni realizzate dal p.ind. Dalla torre Ivo, è di
mc 420.000ed il prezzo base era di Euro 3,50;
risulta facile capire quale fonte di reddito per
l’ASUC si sia ottenuta.
La Ditta ha l’obbligo di sistemare con calcestruzzo la strada di accesso e di spostare il
tubo di irrigazione Soi del Consorzio Sauderno di Preghena.
Il metodo di escavazione avverrà a gradoni
discendenti, partendo dalla cima; appena un
gradone sarà sfruttato, sarà ripristinato il verde ed il bosco, prima di procedere con il gradone successivo. In questo modo si eviterà di
creare dissesti come avvenuto per il passato.
Per garantirsi il tutto(pagamento del materiale, rinverdimenti, ecc. l’Amministrazione ha
imposto una garanzia bancaria a Fideiussione
per un importo di 400.000 Euro.
L’apertura della cava è prevista per la primavera prossima.
Ora un altro grande impegno:l’utilizzo oculato dell’entrata prevista in bilancio.
Il Presidente prof. Alessandri Carlo, il suo vice
Maninfior Ivo ed i suoi consiglieri Zorzi Paolo
e Datres Franco, hanno già delle idee; però
nel loro programma sta anche l’impegno di
sentire i censiti in un’assemblea
appositamente convocata . Vista la notevole somma, è doveroso sentire la base, gli elettori,
i giovani e tutti, per una scelta
veramente corretta e giusta:
negli anni futuri, quand’anche
la cava non fosse più in attività,
la Frazione di Preghena deve
avere comunque una fonte di
reddito: quindi opere e quant’altro ma anche l’individuazione di fonti produttive.
Carlo Alessandri - Ivo Maninfior
-Paolo Zorzi - Franco Datres
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ANCHE UN BATTIMANI PUÒ GRATIFICARE
PIÙ DI OGNI ALTRA COSA
moralizzati, demotivati e sono proprio queste
manifestazioni di apprezzamento che danno
la carica per andare avanti. Non valgono tanto
i soldi, che pur sono importanti, ma valgono,
per certi versi, molto di più questi modi di partecipare della gente e di manifestare una propria gratitudine. Quando la gente partecipa gli
Amministratori si sentono molto più stimolati
a fare.
Ebbene, la partecipazione della gente è una
grande soddisfazione per tutti: per i dipendenti dell’ASUC, noi Amministratori, per il Sindaco
e suoi collaboratori, per le ditte presenti e per
tutti i partecipanti.
E’ stata una grande soddisfazione per l’ASUC
aver raggiunto questa meta: abbiamo aggiunto un tassello in più alla nostra storia, alla storia
del Mezzalone.
Un grazie vada alle Autorità provinciali e comunali, che hanno creduto nelle nostre iniziative e nella validità delle istituzioni A.S.U.C.
Maninfior Ivo
MEZALON
Come componente il Comitato ASUC di Preghena, ho partecipato a quella che poteva essere un’operazione burocratica di “asta” di un
bene ma che si è poi dimostrato un momento
di grande emozione.
Parlo delle operazioni relative alla gara di appalto del lotto N°2 della Cava Val di Preghena,
svoltasi presso la sala comunale di Livo il 20
febbraio 2006, alla presenza di numerosi censiti.
All’inizio dell’assemblea il nostro Presidente ha
illustrato diversi dettagli relativi alla storia della
Cava, alle modalità di sfruttamento, nonché alle
procedure e regole applicate
alla gara di appalto. Ha inoltre sottolineato che non ci si
dovrà trovare, a fine sfruttamento, in una situazione di
dissesto, come avvenuto con
il precedente sfruttamento e
che quindi tutto dovrà procedere conforme a quanto
prescritto dalle varie autorizzazioni che, del resto, non si
discostano affatto da quanto
ci impone la nostra sensibilità di Amministratori.
Insomma un lavoro fatto e
da fare non indifferente ed
impegnativo, come detto dal Presidente.
Ed è stato a questo punto che da una dei presenti è partito un forte “ ve lo meritate un applauso” e così da parte di tutti si è sentito un
forte battimani.
Per me ma anche per tutti gli Amministratori,
per le varie altre autorità è stato un momento
emozionante: l’atmosfera della sala, che prima
sembrava così estranea è divenuta poi più calda, più partecipe. La sala era diventata un’altra
sala.
A volte anche gli Amministratori si sentono de-
12
DALLE ASSOCIAZIONI
SEZIONE CACCIATORI
MEZALON
Una serata importante per la Sezione Cacciatori
Sabato 28 gennaio a Cavizzana, presso la Locanda di S. Martino, si è tenuta la tradizionale cena di fine stagione
venatoria della Sezione Cacciatori di
Livo.
In quest’occasione abbiamo avuto il
piacere di ospitare il Vice Presidente
del Consiglio Provinciale Nerio Giovannazzi e molti altri ospiti tra i quali:
il Comandante della Stazione Carabinieri di Rumo Maresciallo Ungaro
Massimiliano, l’Ispettore Forestale
Conter Aldo, il Dott. Mario Pedrolli,
la Guardia Forestale Datres Stefano, i Il Rettore Zanotelli Franco mostra soddisfatto
Presidenti delle ASUC Dott. Alessan- l’omaggio appena ricevuto
dri Carlo per Preghena e Conter Flavio
per Livo, la Signora Maria Cristina Rossi vedova Rodegher, la Signora Alessandri Amelia in
Bondì
e
Datres Tullio.
Durante la cena il rettore della riserva Zanotelli Franco, ricordando il
socio scomparso Rodegher Gianfranco, a nome di tutti i cacciatori
ha consegnato un quadro ricordo alla moglie Maria Cristina. Gianfranco, socio da quarant’anni, membro del direttivo per 12 anni,
cacciatore retto e onesto dotato di animo buono e generoso,
sempre presente quando bisognava lavorare, con le sue battute era sempre pronto a portare allegria. Il rettore a nome
dell’intera sezione cacciatori di Livo ha voluto dire un grazie
caloroso a questo amico e socio esemplare.
La serata è proseguita con altre tappe importanti come la consegna di una Targa ricordo consegnata da Nerio Giovannazzi
all’ormai ex socio Datres Tullio classe 1917, meritevole di aver
donato alla Sezione Cacciatori di Livo un gallo cedrone impagliato, trofeo questo che sarà esposto nella sede di Varollo.
Un caloroso ringraziamento da parte di tutti i cacciatori della Riserva a Tullio che ha saputo privarsi di questo trofeo contribuendo
L’amico
Rodegher Gianfranco
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così all’abbellimento della nostra
e Sua sede.
Prima di arrivare alla conclusione
di questa simpatica e importante
serata il segretario della Sezione
cacciatori Aldo Pancheri a nome
di tutti i cacciatori, ringraziando
per il lavoro fatto fin ad ora e invitandolo a continuare con impegno e dedizione fino ad ora
dimostrata ha donato al rettore
della riserva Zanotelli Franco uno
“Scheibe”, tipico quadro rotondo, dipinto a mano, raffigurante
un cervo, opera del pittore alGiovanazzi si congratula con il Socio anziano Datres Tullio
toatesino Gamper Wendelin.
Il rettore visibilmente commosso ringrazia tutti i cacciatori per il pensiero avuto e augura a tutti “un in bocca al lupo per la
stagione venatoria 2006”!
GRUPPO SAT DI LIVO
Gita al Gran Sasso 25-26 giugno 2005
Due giorni in Abruzzo brevi ma intensi.
Partiti da Livo con il pullman abbiamo raggiunto e visitato L’Aquila, città famosa per la fontana
delle 99 cannelle, e in serata ci siamo portati a Prato di Tivo dove abbiamo pernottato.
Il giorno seguente siamo partiti per l’escursione alpinistica salendo sulla cima del Corno Grande, da cui siamo poi ridiscesi verso Campo Imperatore.
In serata siamo ritornati in trentino molto stanchi ma estremamente soddisfatti.
Aliprandini Valeria
MEZALON
14
Attività anno 2006
MEZALON
19 febbraio
11 marzo
02 aprile
22/23/24/25 aprile
07 maggio
28 maggio
11 giugno
25 giugno
09 luglio
29/30 luglio
13 agosto
27 agosto
28 ottobre
26 dicembre
MALGA DI LAUREGNO E MALGA CASTRIN CON LE CIASPOLE
SERATA CON FILM
GIORNATA ECOLOGICA
GITA SOCIALE A ROMA
GIORNATA DEL SENTIERO
DA SANZENO A S.ROMEDIO, PARCO FLUVIALE NOVELLA
VAL RIDANNA, MINIERE MONTENEVE
GIORNATA DEL SENTIERO
GITA IN AUSTRIA
GIRO DEL SASSO PIATTO, PASSO SELLA
ESCURSIONE ALLE LOBBIE, CRESTA CROCE-ADAMELLO
ESCURSIONE SUL MONTE PELLER
CASTAGNATA
TOMBOLA
Che ne pensate del “MEZALON”?
Inviate le vostre idee e proposte a:
Redazione Mezalon
c/o Municipio di Livo - Via Marconi, 87 - 38020 Livo (TN)
e-mail: [email protected]
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CORPO VIGILI DEL FUOCO VOLONTARI
La nuova caserma dei VVF di Preghena
Approfittiamo delle pagine di questo notiziario per ringraziare l’Amministrazione comunale e
quanti hanno collaborato per aver donato a noi VVF di Preghena una nuova “casa”.
Erano alcuni anni ormai che noi vigili cullavamo l’idea di avere una nuova sede anche perché
la “vecchia” caserma con il tempo era diventata troppo piccola e poco funzionale.
E’ stato così individuato come edificio idoneo a tale scopo le ex Scuole Elementari.
Il progetto, redatto e curato tra il resto da un nostro vigile del fuoco, Capobianco Cristian, nasce nel gennaio del 2003 e, dopo l’iter burocratico, nel settembre 2004 iniziano i lavori.
Il progetto ha previsto innanzitutto uno sbancamento nel piazzale ad Ovest del fabbricato e
l’ampliamento del deposito mezzi esistente con un comodo accesso verso la strada provinciale. L’ampliamento è stato completamente interrato ed il piazzale soprastante è stato innalzato
fino alla quota pavimento del primo piano. Il locale destinato una volta a palestra è stato messo a nuovo così come le stanze a nord, utilizzate ora come spogliatoio, sala radio e servizi
igienici. I lavori sono stati ultimati nel marzo
del 2005.
Noi tutti vigili siamo rimasti molto soddisfatti
e felici dei lavori fatti e per questo ribadiamo
la nostra riconoscenza e gratitudine verso il
Sindaco e tutta l’Amministrazione comunale
per l’impegno dimostratoci e per averci dato
la possibilità di svolgere ancor meglio il nostro
volontariato. Grazie!
MEZALON
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UNA SERATA CON L’AIDO
PRELIEVO E TRAPIANTO DI ORGANI E TESSUTI
Mercoledì 4 gennaio l’Amministrazione Comunale di Livo, in collaborazione con l’AIDO-Val di
Non, ha organizzato una serata di sensibilizzazione sul delicato e attualissimo tema del prelievo e del trapianto di organi.
Nella cornice della sala polifunzionale don Giacomo Marini a Varollo hanno relazionato sul
tema il Dott.Carlo Rovati, Primario di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale S.Chiara di Trento, e il
Sig. Marco Benvenuti presidente della Sezione AIDO della Val di Non.
Con la disponibilità dell’atteggiamento e il tono informale i relatori hanno coinvolto i presenti
in un vivace dibattito che si è protratto fino a tarda ora.
MEZALON
Nella stessa occasione l’Assessorato alla Cultura ha reso omaggio a coloro che, nel nostro comune, hanno conseguito un diploma di Scuola Professionale, di Scuola Secondaria Superiore
o un Titolo di Laurea nell’anno 2005.
Gli interessati sono stati insigniti di un diploma simbolico, creato dall’artista locale Luciano Zanotelli e hanno ricevuto un elegante gadget fornito dalla Cassa Rurale di Tuenno-Val di Non.
Diplomati
Laureati
AGOSTI MARTINA
AGOSTI MAURIZIO
CAROTTA DAMIANO
CAROTTA MIRCO
CAROTTA ROBERTO
DALPIAZ KATIA
DATRES MATTEO
FILIPPI SIMONE
KERSCHBAMER MANUELA
PARIS FABRIZIO
RODEGHER MICHAEL
SORANZO CRISTIAN
BONANI DONATELLA
FILIPPI DESIRE’
17
I NONNI
Questa filastrocca la dedico a tutti i nonni del nostro comune ed in particolare ai miei, ai quali dico:
“Rimanendo sempre accanto a me, vedrete che una nuova infanzia rivivrete!”
MEZALON
Sono un bambino molto fortunato
perché oltre a mamma e papà
quattro nonni la vita mi ha regalato!
Ma chi sono i nonni voi lo sapete?
A suon di rime lo scoprirete!
Ti posso dire per iniziare
che come loro nessun altro ti sa viziare,
anche se a casa loro fai la rivoluzione
non arriva mai l’ora della punizione.
Tutti i nonni possiedono una fabbrica di cioccolatini
per far felici tutti noi piccini
e soprattutto i nostri dentini.
Il loro viso dalle rughe è segnato,
perché da quando erano piccoli molto tempo è passato.
I nonni hanno un po’ bianchi i capelli,
quelli delle nonne invece sono sempre belli;
a loro basta una magia
e i capelli bianchi vanno via...
Un giorno mentre giocavo con il telefonino
chiesi al mio nonnino:
“Ce l’avevi anche tu da piccolino?”
E lui mi rispose sospirando:
“Macchè non c’era neanche il telecomando!”
“Ma allora non guardavi i cartoni alla televisione?”
“Magari! Quelli erano solo un’illusione.
Noi da piccoli nei prati i pastori facevamo
e semplici giochi inventavamo.
Poche cose avevamo
eppure con quelle sì che ci divertivamo!
La sera per riscaldarci
nella stalla andavamo a ripararci,
il riscaldamento sai non c’era
e con una candela la luce si faceva.
Mangiavamo quasi sempre polenta e patate
e nemmeno ce le sognavamo caramelle e cioccolate.
Voi bambini d’oggi siete portate sempre bei vestiti,
i nostri invece erano sgualciti
e sempre lo stesso mettevamo,
sai...altro non avevamo.
Tante cose ora tu non puoi capire,
ma spero possano servire per il tuo avvenire:
tutto ciò ti ho raccontato
solo perché tu capisca quanto sei fortunato!
Al giorno d’oggi si può avere tutto,
devi però imparare a distinguere il bello dal brutto.
Ma ora torna pure a giocare
perché il mondo dei bambini è fatto soprattutto per sognare!
Matteo Conter
18
IL VIAGGIO DEL FRATELLO
Un racconto:
MEZALON
In un paese c’era una famiglia molto povera con
tre bambini; la madre e il padre non sapevano
più cosa fare perché non c’era più da mangiare.
Il fratello più piccolo aveva sentito dire che chi
fosse riuscito a superare il percorso che portava
al castello del re avrebbe avuto in sposa la sua
adorata figlia. Il ragazzo pensò allora che lui e la
sua famiglia sarebbero diventati ricchi.
La strada che portava al castello del re passava attraverso il Bosco Vecchio, un bosco scuro e
pericoloso, pieno di insidie: si potevano incontrare maghi e streghe; nessuno era mai riuscito
ad uscirne vivo.
Il ragazzo non ci pensò due volte; prese l’unico
pezzo di pane rimasto ed una spada e si diresse
verso il castello del re.
Lungo il tragitto incontrò uno gnomo, il padrone
della montagna più alta. Quello strano essere,
simile ad un piccolo uomo, promise al ragazzo
un fiore magico se fosse riuscito a superare tre
prove.
La prima di queste consisteva nel non cadere
in una trappola: un fosso scavato nel terreno e
coperto con foglie.
Nella seconda prova, invece, avrebbe dovuto
sconfiggere un feroce soldato combattendo con
la spada.
La terza prova era l’attraversamento di un lun-
ghissimo vecchio ponte di legno, un rudere cadente.
Con molto coraggio, ma anche altrettanta fortuna, il ragazzo superò le prove.
A quel punto, lo gnomo gli indicò la strada che
portava in cima alla altissima montagna dove
cresceva il fiore magico.
Raccolto il fiore, il ragazzo riprese il cammino.
Vicino al paese del re, incontrò un mostro brutto
e sporco. Il ragazzo, senza paura, prese il fiore
magico e questo subito emanò, invece del suo
solito profumo, una grande puzza che finì addosso al orrendo essere, tanto da farlo scappare
a gambe levate.
Arrivato al castello, il re, non ancora soddisfatto,
gli disse che avrebbe dovuto superare un’altra
prova consistente nel racimolare un milione di
scudi entro mezzanotte.
Il fiore riempì immediatamente di denaro le tasche del ragazzo che si ritrovò più soldi di quanti ne servivano.
Il re rimase sbalordito e capì che il ragazzo sarebbe stato il marito ideale per sua figlia.
Il mostro venne imprigionato a vita nel castello.
Il ragazzo si sposò con la figlia del re e vissero
per tutta la vita felici e contenti.
Anche la famiglia del giovane sposo si trasferì al
castello e non ebbe più problemi di povertà.
Monica Moscon
Il 18 aprile
Amelia e Silvio Bondì
hanno festeggiato le
Nozze d’Oro!
Auguri e un forte abbraccio da:
Tiziana, Ruggero, Donatella,
Italo, Claudia, Gabriele.
Un bacione dai nipoti:
Serena, Ornella, Patrick, Francesca,
Kevin, Stefano, Simon
19
QUANDO LA NEVE...
La neve scende
e imbianca il mondo;
gli alberi sembran tende,
tutto è più rotondo.
La gente è occupata a fare
le piste da slittino;
e a fumare
tende il camino.
Poi arriva la lingua dorata,
che la neve si lecca
come fosse aranciata;
e in quattro e quattr’otto...
puff! La neve è sparita!
Gianni Moscon
PREGHENA, CARNEVALE
Il suono della fisarmonica svegliò il vicinato
e così in pochi minuti la sala si riempì di
gente, chi per divertirsi, chi per curiosità. Si
creò una bella atmosfera di grande allegria
e gioia. Fu una sorpresa quando scoprimmo
il volto per farci riconoscere. Tutti i presenti
fecero un grande applauso e la festa continuò, ballando di tutto, dalla polka al valzer,
dalla mazurca al passo doppio. Non mancarono i tradizionali balli dei nostri nonni
come il rondò e la tarantella, perché partecipassero tutti, giovani ed anziani.
Che bella notte!!! Erano le tre del mattino e
fuori ci attendeva una bellissima sorpresa...
la neve... i bianchi e morbidi fiocchi scendevano lentamente come una danza, come
volessero imitarci.
Alla fine con pochi soldi ci siamo divertite e
si è divertito tutto il paese.
A proposito, lancio un’idea, organizzare durante il carnevale come tradizione una festa
mascherata con la partecipazione di grandi
e piccoli, con dei buoni grostoli e vin brulè.
Alessandri Silvia in Betta
MEZALON
Gina, Cornelia, Sandrina ed io avevamo un
grande desiderio, quello di trascorrere una
bella serata... “che facciamo?” ci chiedemmo.
Bastò che una dicesse... “e se andiamo in
maschera?” “Fantastica idea!!!” tutte d’accordo e via a cercare nel vecchio baule
della nonna qualche gonna o qualche scialle adatto per l’occasione. Un nostro vicino
molto gentilmente ci accompagnò con la
sua fisarmonica, la faceva suonare a meraviglia e... via per la strada del paese, intonando le note di un’antica canzone che dice
“vogliamo andare in maschera vestiti da bè
bè, per... ecc.”, forse ci sarà chi la può ricordare.
Durante il nostro cammino si unì a noi un
altro gruppo. Si visitava gli amici di casa in
casa e dopo i tre balli di regola, si salutava
con inchini e strette di mano. Arrivati all’osteria dei Tomasi i presenti ci accolsero
con allegria invitandoci a continuare la serata con loro e noi accettammo ben volentieri.
1946
20
LA FESTA SOTTO L’ALBERO 2005
Veramente un grazie dagli organizzatori a tutti
quelli che hanno aderito all’iniziativa. E’ stato
anche un momento, nonché votivo, di aggregazione e di socializzazione per tutti .
Anche il nostro Parroco don Pio, che insieme
Siamo giunti ormai, alla quarta edizione della al corteo ha percorso tutto il paese, ha avuto
Festa sotto l’albero ed alla seconda per quan- parole di ammirazione per ognuna di queste
to riguarda i Presepi.
meraviglie, per ognuno di questi lavori allestiQuest’anno la festa si è svolta in due giornate: ti in ricordo della nascita di Gesù.
sabato 17 dicembre, alle ore cinque del pomeriggio, sono stati inaugurati i presepi. Nu- Domenica 18 dicembre, si è svolta, invece, la
merose sono state le persone che hanno fatto Festa sotto l’albero.
il giro del paese, soffermandosi ad ogni pre- In piazza era stato eretto, come sempre, l’alsepe, accompagnate dagli zampognari vestiti bero di Natale, un maestoso abete, trasportacon i loro costumi tradizionali ed affaticati dal to non senza difficoltà dalle Palù e “trapiancontinuo gonfiare le loro capienti zampogne. tato” vicino alla fontana, davanti ad un bel
I presepi erano ben una trentina, veramente presepio, dipinto su di un pannello da alcune
tanti e costruiti tutti con arte e con originalità: ragazze del paese.
qualcuno in un avvolto, altri in una tettoia o Così, davanti all’albero, nel pomeriggio si è
in un ceppo, o nei luoghi più impensabili.
radunata una grande folla di gente: c’erano
Ogni presepio aveva qualcosa di diverso, tanti e tanti bambini, tanti ragazzi e ragazze,
qualche aspetto caratteristico.
nonché molti adulti di ogni età.
MEZALON
L’Amministrazione ASUC di Preghena presenta una delle sue attività svolte nel corso
dell’anno 2005: “LA FESTA SOTTO L’ALBERO
ed I PRESEPI ALL’ESTERNO DELLE CASE”.
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porando il calore del piccolo fiammifero. Ma
anche qui il “paradiso” c’era davvero!
Tutti avevano portato qualcosa da mangiare:
biscotti, grostoli, torte, tronchetti e tante altre
leccornie: non c’era altro che l’imbarazzo della scelta.
Poi, il momento clou della festa: l’arrivo di
Babbo Natale!
Ed è arrivato, su di una carrozza trainata da
due splendidi cavalli, guidati da un cocchiere
ben adatto al momento.
Che voci di gioia dei bambini, quante fotografie scattate al Babbo che distribuiva i doni!
E ancora: tutti i bambini hanno potuto fare il
giro del paese, sulla carrozza: sembrava un
sogno, sembrava di essere nel mondo di una
qualche fiaba, di quelle fiabe che tanto piacevano e piacciono a tutti quelli che sanno provare profondi sentimenti.
Poi, come la fiamma della piccola fiammiferaia, lentamente si è spenta la Festa, lasciando però, nel cuore di tutti, specialmente dei
bambini, un ricordo indelebile, per poter dire
un giorno...”C’ERO ANCH’IO!”
Così si è cercato di contribuire a rendere il Natale un giorno speciale.
Carlo Alessandri,
presidente ASUC Preghena
MEZALON
Il presidente dell’ASUC ha dato inizio alla Festa, ringraziando tutti i presenti e ricordando
anche chi, per qualsiasi motivo, ma soprattutto per malattia, non è potuto intervenire.
Bravi i bambini della Scuola dell’Infanzia che,
con premura preparati dalla maestra Marisa,
vestiti da angioletti, hanno cantato simpatiche
canzoncine.
Bravi i bambini della scuola Elementare: la
maestra Norma con cura li aveva preparati in
una esibizione attenta e partecipata.
Poi la lettura di messaggi, scritti sempre dai
bambini e dai ragazzi e quindi appesi alle
fronde dell’albero, che così veniva addobbato
di tanti biglietti di vario colore e soprattutto
diveniva sempre più un albero personalizzato
da tutti i bambini.
Altri messaggi erano stati scritti dai bambini delle varie classi della scuola elementare.
Dopo essere stati letti, sono stati affidati ad un
grappolo di palloncini e lanciati nel cielo, perché portino in altri “mondi” i tanti messaggi
di amore e di pace scritti da mani innocenti e
piene di buoni sentimenti.
Il freddo era pungente, ma un vivido fuoco
era stato acceso in mezzo alla piazza e così
ognuno poteva riscaldarsi ed intanto sognare...come la Piccola Fiammiferaia, quando sognava la sua povera nonna, in paradiso, assa-
22
LA NEO
La è tuta grisa l’aria
e el fret l’ha n’poch cedù
n’torna per incanto
se n’par smorzà i remori,
l’è tut chieto e alora
von fora sula porta
e vardi su, n’tal ciel.
E senti n’chel moment
demò el me cor che bat
e vardi dre al me flà
che n’par na nebbiolina,
la è chiauda e propri fina
la s’leva e sgola n’su.
Ed ecco, a un a un i flochi
da sota l’vot del ciel i s’mola
e come plume i trotola
e i bala n’tal nir giò.
L’faliva, si, l’faliva
e n’zi plan plan la pace
la cambia l’vis del mondo
e tut deventa muto
se scuerta tut de blanch.
E dopo l’flocha e i champi
i va a dormir ben destri
e sot sta cuerta i monti
i va a posàr, i è strachi,
i va a pasar l’invern.
Se rua l’dì e la not
ades la ven pu prest
e sta stagion la è freda,
l’è bel restar de dent.
MEZALON
Le chase incappucciade
le se tegn ben struche
ben strente a la so glesia
e n’mez pasa la via.
L’è ades che ven chel’ora
de devozion cristiana,
l’è chel moment che sòna
dolce l’Ave Maria.
Po’ cando tuti a dormer
i va dopo la cena,
dorm el so son placido
ancha la Val e i boschi.
E sot la tendra bata
del blanch che tuto scuerta
se sent demò de l’aca
l’eterno mormorio.
L’è alora che l’è bel
girar a pè tut soli
par el paes che sogna
al lum dei so lampioni.
No pasa n’ciun da st’ora
l’flocha e tuto tas
se stà a vardar la neo
che l’è n’richam de lana.
E alora chiaro e lento
se scota n’chel silenzio
l’ciacolar paesan
de la nosa fontana.
Dopo, la not, n’glacia
e ariva n’dì seren
e al sol che orbis, tut brilla
e tut n’par de or.
E n’torna i monti, i gregi
e n’poch pu bas i pradi
e pu vicin i orti
i è tuti n’gran splendor.
Se resta a bocha averta
cando che po’ se leva
e n’par amò n’bel sogno
sto mondo tut neo.
E n’zì con na flochada
con tuto sto bel blanch
ancha i pù grandi e vecli
i pol tornar putei.
Po’ dopo se torna
ben prest ala realtà,
bisogna far la rota
con l’badil, de lena
e po’ n’glarar le strade
par no dover slitar,
l’è fazil nar a piche
e nar a farse mal.
N’zì resta par i popi
n’gran reial, la neo
i cor a slizolarse
e i se sa divertir.
L’sol l’è bas e debol
ma schiauda l’so chalor
l’fa molar d’incanto
tuto sto manto d’or.
E alora plan plan
la croda gio dai peci
la sgocia dai pomari
la s’desfa e la va n’flipa.
E ancha dai cuerti erti
con n’tremor la croda
e la sfredis la schiena
se la ven giò sul col.
Lè bel vita sti momenti
veder fumar le sciandole,
al chaut dal debol sol
e n’par che i se movia i cuerti
e che i se levia n’ciel,
con chel vapor che sgola
e s’desfa sì n’ten gota
che su n’ l’azur se pert.
E dopo nà gio l’sol
ven fret e tut l’se n’glacia
le strade le ia i grostei
ven not n’ten colp.
N’spegio è già le strade
da gocie s’fa glacini
dal fret sponc già le man
le è plene de diaolini.
Alora presti e svelti
se va a schaudar chei dedi,
plan plan i se desglacia
arent a n’bel foglar.
Sparapani Alessandro
Berlino
23
NOTE SUL RESTAURO DELLA
CHIESA DI SAN MARTINO
MEZALON
L’intervento di restauro della chiesa di San Martino di
Livo pur se principalmente è finalizzato alla conservazione di un luogo di culto religioso, è anche, come
per tutte le chiese antiche, rivolto alla conservazione di un patrimonio storico e culturale di una comunità.
Il restauro può essere, da molti, inteso come
un semplice intervento tecnico per rinforzare la
stabilità delle strutture e per rimuovere gli accumuli di polvere depositatasi nei secoli sugli arredi
lignei. In realtà è qualcosa di più complesso, poiché è un momento di studio dell’intera struttura con
particolare riferimento al suo evolversi nel corso dei
secoli: tale studio o ricerca, in mancanza di documenti
scritti, si affida alla rilevazione di piccoli indizi, quali le
diverse caratteristiche delle murature, gli interventi dei
singoli mastri, ecc. Questa ricerca che può sembrare
uno sterile esercizio finalizzato a se stesso, consente invece di poter disporre di un ulteriore tassello
nel quadro incompiuto della storia di una comunità.
Inoltre la presenza o il riscontro di più artisti che hanno operato in una zona periferica offre l’immagine di
una comunità non certamente isolata o chiusa.
Nello specifico, il restauro della chiesa di San Martino ha portato ad individuare una primitiva chiesa medioevale priva di un campanile: l’aula di questa chiesa
corrispondeva alle attuali tre campate più antiche ed era
dotata di piccole finestre e di un tetto a capriate lignee. Il
presbiterio era molto più piccolo, di forma semicircolare e
terminava in corrispondenza dei primi scalini dell’attuale altare maggiore. L’arco santo doveva essere di minor ampiezza
e completamente affrescato, come lo dimostrano gli affreschi del San Sebastiano e la splendida annunciazione, nonché un lacerto d’affresco rinvenuto sul lato sinistro. Appartenevano a questa chiesa anche gli affreschi presenti sulla
prima campata destra dell’aula: ovvero una Santa Lucia ed
una Madonna in trono con Bambino. A questa chiesa medievale appartengono anche gli stupendi affreschi esterni
scoperti durante il restauro: San Cristoforo, San Antonio e
San Rocco e San Martino.
Nei primi decenni del 1500 fu avviato un intervento di ri-
24
MEZALON
costruzione che trasformò radicalmente questo primo impianto. Fu costruito il campanile
ed ampliato il presbiterio. Questo comportò
l’allargamento dell’arco santo con la conseguente demolizione degli affreschi. Fu costruita la volta a costoloni, la quale per motivi di
stabilità, richiese l’inserimento dei contrafforti
esterni, che andarono a mutilare gli affreschi
della facciata meridionale, mentre l’inserimento delle nuove finestre distrusse altri affreschi
interni. Probabilmente in questo periodo furono dipinti anche i finti costoloni perimetrali,
che in un certo senso alleggeriscono la volta.
Per la costruzione delle finestre furono utilizzate delle pietre d’arenaria del luogo, molto
friabile e quindi notevolmente esposte alle
intemperanze climatiche: esse furono quindi
intonacate e decorate a finti conci.
Nel seicento la chiesa fu decorata con i Santi Rocco e Filippo e con una serie di pannelli
raffiguranti la passione di Cristo. Sulla seconda campata destra era presente un pannello
raffigurante una flagellazione, talmente deteriorato da non poter essere recuperato. Sulla
seconda campata a sinistra è stata recuperata
una scena di una caduta di Cristo, in parte rovinata dall’inserimento di una finestra. Non si
è potuto recuperare un altro pannello, che si
trova dietro l’altare del Rosario, mentre sono
stati restaurati gli altri due pannelli già visibili dietro l’altare maggiore rappresentanti “Un
entrata in Gerusalemme” (precedentemente letto sia da don Luigi Conter che da don
Simone Weber come un “San Romedio con
Orso”) e “Un’ultima cena”. Di un altro pannello raffigurante “Gesù nell’orto degli Ulivi”, documentato negli atti visitali, sono stati trovati
solo alcuni lacerti.
Nel Settecento si prolungo l’aula di ulteriori
due campate e fu trasferito il portale d’ingresso in corrispondenza del lato meridionale.
Questo intervento procurò tali danni agli affreschi di San Cristoforo e dei Santi Antonio e
Rocco, che obbligò alla loro copertura e cancellazione.
A metà Ottocento fu abbattuta la vecchia sacrestia sul lato settentrionale e costruita quella
nuova: in quell’occasione si provvide al rinnovo degli intonaci estendendo l’intervento
all’intera superficie esterna della chiesa, coprendo anche l’ultimo affresco esterno raffigurante San Martino. Durante i lavori di restauro, sia internamente che esternamente,
si è provveduto al recupero integrale degli
intonaci antichi.
Per quanto concerne l’altaristica lignea, l’intervento non si è limitato alla eliminazione dei
depositi polverosi ed al recupero delle cromie
originali, ma sono stati rimossi interventi manutentivi più recenti che avevano in qualche
modo manomesso e degradato le opere. Nel
corso del restauro sono state rinvenute parti
dell’antico altare maggiore quattrocentesco,
che saranno ricollocate in Chiesa.
Il restauro ha comportato un costo di circa
772.648,85 Euro, di cui 596.000,00 finanziati dal Servizio Beni culturali della Provincia
Autonoma di Trento, liquidati in 10 rate alla
scadenza del 31 dicembre di ciascun anno
oltre ad una quota d’interessi pari ad Euro
183.919,00.
Per far fronte alle spese, nel corso dei lavori, si è assunto un mutuo quinquennale con
il Consorzio B.I.M Adige di 100.000,00 Euro
al Tasso del 2,5% e un fido presso la Cassa
Rurale di Tuenno. In questo modo si sono incassati i primi tre ratei e a fronte di 6.000,00
Euro pagato sinora a titolo d’interessi, si sono
25
incamerati 54.900,00 corrisposti dalla Provincia
sempre a titolo d’interesse. Al termine dei lavori si valuterà se procedere con l’assunzione
di un mutuo o se attualizzare i sette ratei che
la PAT deve ancora versare. Si presume che
sempre, giocando tra il tasso d’interessi praticati, la spesa complessiva a carico della Parrocchia per il restauro della Chiesa di San Martino
sia di Euro sia di 87.729,82 di cui 30.871,81.=
già coperti con offerte e iniziative. E’ possibile
contribuire alle spese di restauro versando un
contributo sull’apposito conto corrente intestato a “Restauro Parrocchia Natività di Maria”
conto 07/0250395 coordinate bancarie J 08282
34960 aperto presso la Cassa Rurale di Tuenno,
con la specifica “Restauro conservativo Chiesa
di San Martino”; contributo detraibile dalla dichiarazione dei redditi.
I Lavori di restauro della Chiesa di San Martino
e quelli della Chiesa di San Antonio di Preghena, hanno riportato all’antico splendore un patrimonio artistico di notevole interesse. Recentemente sono iniziati i lavori di restauro della
chiesa pievana della Natività di Maria di Varollo.
Avremmo quindi a disposizione un patrimonio
artistico di notevole interesse, che attende solo
di essere giustamente valorizzato, scrollandosi
quel complesso di inferiorità dovuto al solo fatto di essere ubicato in una zona periferica.
A domanda risponde l’Architetto Michele Anderle, direttore dei lavori.
MEZALON
Che senso ha utilizzare tante risorse economiche nel recuperare opere del passato, tenuto conto che proprio in quel passato non andavano tanto per il sottile nel distruggere
il vecchio per erigere il nuovo? Non sarebbe meglio procedere allo stesso modo?
Ritengo che il patrimonio d’arte e di architettura tramandatoci dal passato costituisca la memoria storica più significativa di un paese e sappia rappresentare i valori di fede, cultura, tradizioni e bellezza che identificano in maniera significativa ed irripetibile l’unicità di una comunità
umana. Proprio per questo motivo in tali situazioni è necessario operare con grande umiltà
cercando di interpretare il significato profondo di un’opera che nasce carica di quelle specificità che caratterizzano appunto, una comunità dalle altre. Interventi moderni, che pure sono
auspicabili e corretti nel contesto di un lavoro di restauro conservativo devono quindi tenere
conto di questi fattori.
Cosa la spinge ad occuparsi principalmente di restauro di chiese, piuttosto che dedicarsi
alla sola progettazione di nuove strutture civili?
La risposta a tale domanda riguarda la mia sensibilità ed i miei interessi personali che in questo
caso trovano maggiore soddisfazione nell’approfondimento delle tematiche storiche ed artistiche piuttosto che nell’affrontare tematiche progettuali relative a nuove costruzioni.
Ha progettato e diretto i lavori di restauro delle chiese di San Antonio e di San Martino.
Sta curando la direzione dei lavori della chiesa della Natività di Maria di Varollo. Quali
26
MEZALON
sono le affinità e le grosse differenze tra queste chiese?
Preferirei rispondere a questa domanda al termine delle indagini e delle riflessioni che sono
in fase di approfondimento nella pieve di Varollo. Fin d’ora però posso dire che tutte le
chiese,originariamente di matrice medioevale, furono profondamente modificate nel corso
della prima metà del Cinquecento in seguito all’impulso della committenza Aliprandini di Livo,
autorevole e culturalmente preparata ad affrontare le tematiche relative alla traduzione degli
antichi spazi celebrativi secondo il nuovo e moderno linguaggio architettonico e decorativo
offerto dallo stile rinascimentale clesiano.
Certamente si trattò di un progetto complesso ed ampio che coinvolse a vari livelli tutti gli
edifici di culto del Mezzalone.
Le differenze riguardano soltanto l’importanza cultuale e liturgica delle chiese stesse.
Certamente la pieve di Varollo, proprio per la sua valenza simbolica di grande rilievo,ricordo
che solo in essa veniva amministrato il battesimo, ebbe un’attenzione del tutto particolare rispetto alle chiese periferiche.
In questi ultimi anni ha frequentato, per motivi di lavoro il Mezzalone. Può darci un suo
personale parere sul patrimonio storico artistico del Mezzalone. Cioè oltre alle chiese, vi
sono costruzioni o scorci di paese che hanno attratto la tua attenzione sia dal punto di
vista architettonico o semplicemente per una loro caratteristica?
L’area geografica del Mezzalone offre una ricchezza paesaggistica ed architettonica di particolare rilievo. Particolarmente interessante a mio giudizio appare l’abitato di Preghena, disteso
lungo l’asse viario che lo attraversa da un capo all’altro e caratterizzato da un patrimonio architettonico per gran parte ancora integro
Sarebbe estremamente importante che tale ricchezza possa essere trasmessa anche alle generazioni future e gli interventi di recupero e ristrutturazione dell’edilizia cosiddetta “minore” garantiscano la conservazione di tutti quegli elementi architettonici e decorativi che oggigiorno
sono diventati veramente rarissimi. Penso non solo agli avvolti ed ai solai in legno ma anche
alle cucine, ai forni per il pane, ai focolari e tutti gli attrezzi del vivere quotidiano che testimoniano il passato di quelle comunità.
Conter Luigi
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UN BEL SOGNO...
Proprio per questi motivi io credo che il territorio del Comune di Livo sia inserito in una
zona ideale per lo sviluppo di un turismo rurale, alternativo a quello delle tradizionali stazioni turistiche ed affiancato dalla crescita dell’agriturismo e del bed and breakfast.
Per attirare l’attenzione dei potenziali ospiti, si potrebbero proporre delle visite nella settimana della fioritura, che rimane uno degli spettacoli naturali più suggestivi della valle,
MEZALON
In questi ultimi mesi, avendo bimbi piccoli da accudire, mi è capitato spesso di passeggiare
per le vie dei paesi di Livo e Varollo. Passeggiate in solitudine se si esclude l’occupante
del passeggino che per ora, però, non ha ancora sviluppato le sue facoltà espressive e
dialettiche.
Pur provenendo anch’io da un piccolo paese di montagna, il fatto di riuscire a passeggiare
anche delle ore talvolta senza incontrare anima viva, mi è sembrato alquanto desolante,
soprattutto nella bella stagione.
Ed a pensarci, la possibilità di creare un pò di movimento e di sfruttare le peculiarità di
questo territorio in modo diverso e complementare a quello che si fa ora non mancherebbero se solo lo si volesse. Mi riferisco a tutte quelle abitazioni che vengono occupate solo
nel periodo della raccolta per ospitare i lavoratori stranieri e che per tutto il resto dell’anno
rimangono vuote ed inutilizzate.
Sono convinta che, visti i tempi che corrono, potrebbero esserci diverse famiglie con bambini ed anziani che avendo la necessità di sfuggire al caos, all’inquinamento ed alle elevate
temperature estive delle città, non avrebbero difficoltà ad adattarsi a delle abitazioni magari non particolarmente moderne e ricercate ma offerte a dei prezzi accettabili a differenza
di ciò che accade nei non tanto lontani luoghi a vocazione turistica Se da un lato mancano
le strutture e le tradizioni turistiche, dall’altro la zona resta secondo me allettante in quanto
in grado di offrire:
• ambiente tranquillo e immerso nel verde dei frutteti e dei boschi (considerando che
tutti quelli che vengono da fuori regione restano ammagliati dal paesaggio noneso
e non sembrano essere eccessivamente infastiditi dai trattamenti antiparassitari che
comunque nei mesi eletti per le vacanze estive, luglio ed agosto, già sarebbero ragionevolmente ridotti);
• passeggiate nei frutteti e nei boschi, visite alle malghe ed escursioni sulle Maddalene;
• posizione strategica per chi desidera visitare più zone della nostra regione trovandoci
in prossimità di un crocevia tra Val di Sole, Val di Non e Val d’Ultimo (che potrebbe
essere interessante per i turisti più dinamici);
• dislocazione sul percorso previsto dall’associazione ”Strada della mela e dei sapori”
delle Valli di Non e di Sole di cui il Comune ed alcuni suoi censiti fanno già parte;
• abitazioni che suppongo essere modeste e quindi prezzi contenuti;
• semplicità delle persone e tradizioni culinarie;
• possibilità di avvicinarsi alla vita rurale ed ai suoi ritmi;
• disponibilità dei servizi essenziali;
• vicinanza a centri più grossi ai quali appoggiarsi per i servizi mancanti.
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magari facendo cadere l’organizzazione della festa con tendone proprio in quel periodo come
era già accaduto qualche anno fa ed approfittare della situazione per far conoscere la zona,
proporre i prodotti locali e le possibilità di soggiorno. Ai visitatori si potrebbero proporre l’affitto di meli a distanza e coinvolgerli magari in alcune fasi della coltivazione o della raccolta .
Questa è qualche idea scaturita nel corso delle “famose” passeggiate, ma certamente con la
fantasia di tanti e la competenza necessaria le iniziative e le idee da proporre potrebbero essere le più svariate.
A me sembra inoltre, che i luoghi frequentati dai turisti crescano non solo dal punto di vista
economico ma anche culturale. In questi luoghi c’è un particolare interesse a migliorare la
qualità della vita in vari modi e con l’offerta di più servizi. Che ciò avvenga per andare incontro alle esigenze dei turisti non toglie che torni utile soprattutto ai residenti. Secondo me
questo aspetto potrebbe essere uno stimolo anche per la gente di questo Comune. Forse qui
l’agricoltura ha monopolizzato tutte le risorse lasciando in secondo piano l’attenzione per le
persone e per l’ambiente in cui vivono. Basta guardarsi in giro per vedere che i meli sono arrivati nei giardini di casa sacrificando orti e anditi preziosi per la vita all’aperto delle famiglie ed
in particolar modo dei bambini. Molto spesso c’è chi non rispetta nemmeno quel minimo di
normativa prevista per i trattamenti antiparassitari infischiandosene del diritto degli abitanti a
vivere la propria casa ed il proprio giardino senza doversi preoccupare sistematicamente della
deriva dei trattamenti chimici e magari senza cadere dal letto ad orari indecenti per il frastuono
dei trattori talvolta lasciati accesi anche quando non serve.
In conclusione, credo che accogliere ospiti provenienti da altre regioni, potrebbe essere una
delle vie per ridimensionare questa monocoltura locale integrandola con altri interessi economici e coniugando l’aspetto strettamente produttivo con quello culturale. Non solo coltura
quindi, ma anche cultura della mela.
MEZALON
Emanuela Gallina
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C’ERA UNA VOLTA...
TRASPORTI E TRASPORTO
accorsi che quello stava cedendo sotto il peso
del camion. Istintivamente affondai il piede
sull’acceleratore ed il camion con uno sbalzo
supero il ponte, evitando di cadere nel rio con
tutto il suo carico ( fortuna o intercessione di
San Romedio mi chiedo ancora). Raggiunto il
Santuario scaricai il carico e dovetti caricare il
materiale e trasportare gli uomini per costruire un ponte provvisorio, se volevo tornare a
casa..
Tra i tanti viaggi effettuati uno fu del tutto speciale: il trasporto dell’orso ”Charlie” da Cles
sino all’eremo di san Romedio. Infatti gli autisti che l’avevano trasportato da Milano, si rifiutavano di fare il tragitto sino all’eremo. Una
mattina d’estate, a Cles, verso le ore nove arrivo “Charlie” in una robusta cassa di legno,
con una grata sul davanti. Ci fu il trasbordo
di “Charlie” da camion a camion. “Charlie”
per essere tenuto calmo lungo il viaggio da
Milano, era stato abbondantemente nutrito e
quindi era necessario durante il tragitto fermarsi più volte per dissetarlo. Il camion con
il suo carico “speciale” parti da Cles seguito
dalle macchine delle autorità. A Dermulo fu
fatta una sosta per l’abbeveramento: si procedeva mettendo l’acqua in un annaffiatoio e
versandola poi nella grata, mentre “Charlie”
s’affrettava a spalancare le sue fauci per berla.
Un’altra sosta fu fatta anche a San Zeno.
Arrivati all’inizio della salita per l’eremo, le
macchine con le autorità si fermarono e queste proseguirono poi a piedi, mentre il camion
arrancando arrivò sino alla porta del santuario e “Charlie”, dopo un lungo viaggio, arrivo
nella sua nuova tana, dove, finalmente salvo,
per lunghi decenni fu il simbolo vivente della
storia di San Romedio.
Racconto di Ettore Datres
MEZALON
Cinquant’anni fa, circa, pochi erano i mezzi a
motore dalle nostre parti e la loro circolazione
era resa difficile dallo stato delle strade.
Ricordo ancora il disastroso incendio di Bresimo nel 1954 e gli anziani con brivido ricordano ancora la colonna di fumo che si vedeva
salire dietro la montagna. Quando la prima
notizia arrivò a Preghena tramite l’unico telefono esistente, Renzo Pancheri, che allora
possedeva una Jeep per il trasporto del legname, caricò sul suo mezzo quanti più uomini
poté, ma sulle salite che portavano a Bresimo,
la Jeep arrancava e gli uomini dovevano scendere per poter proseguire.
Fu allora che comperai un camion, un OM
Leoncino col quale trasportai del materiale
necessario per la ricostruzione delle case bruciate a Bresimo. Era uno dei pochi camions
presenti nelle nostre valli: uno era a Rabbi,
due a Cles e uno a Dambel. Cominciai così
il trasporto di materiale edile: a Tassullo caricavo la calce e il cemento, a Vigo di Ton le
tegole e a Trento i mattoni forati. A volte,
arrivati a Bresimo, per raggiungere il luogo
della costruzione, distante poche centinaia di
metri dalla strada, ci voleva quasi un’ora un’ora e mezza a causa del terreno fradicio e
scivoloso.
Nel 1958, per conto della ditta Faustini Pancheri di Romallo, per la quale lavoravano anche alcuni uomini di Preghena (ricordo Carlo e
Attilio Alessandri, Alberto Maninfior, Andrea
Zorzi), portai il materiale necessario per la costruzione della grotta dell’orso dell’eremo di
san Romedio. La strada era stretta e pericolosa e per fare certe curve era necessario fare
molte manovre, anche in retromarcia. Stavo
facendo il secondo o terzo trasporto di materiali, quando passando sul primo ponte di
legno dopo l’attuale ristorante “al Mulino”, mi
MEZALON
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RICORDI...
“I DOTORI”
Sul primo numero del 2005 del “MezAlon” è stato pubblicato un articolo su don Arturo Vender di Preghena e mi sono ricordato di una vecchia foto che doveva esserci in casa. Finalmente
l’ho trovata e ho pensato di inviarvela in quanto raffigura sia don Arturo, ma anche tutta la
famiglia de Aliprandini sopranominati “I Dotori”.
Questa foto è stata scattata il 26 agosto 1945 nel cortile di casa Aliprandini a Preghena in occasione dei 90 anni di mio nonno Luigi (poi deceduto in dicembre) che aveva sposato Amalia
Vender (deceduta nel 1924) sorella di don Arturo.
In questa fotografia è ritratta la famiglia de Aliprandini al completo. Si possono riconoscere in
piedi da sinistra i figli tuttora viventi di Luigi, dott. Carlo (mio padre), Luigi, Margherita, Giulio,
Gabriele, Bianca, Vittorio e Tomaso, mentre in basso Lidia (figlia di Carlo), il nonno Luigi, don
Arturo e Luisa (altra figlia di Carlo).
Il sottoscritto non era ancora nato.
Enrico de Aliprandini
MEZALON
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I COSCRITTI DEL 1935
In piedi da sinistra:
Rinaldo Zanotelli, Zorzi Giuseppe, Conter Paolino, Zanotelli Bruno, Zanotelli Luigi
Seduti da sinistra: Agosti Vittorio, Conter Pio, Alessandri Elio, Zanotelli Vittorio
MEZALON
I VENDITORI AMBULANTI
E’ una di quelle grigie giornate d’inverno durante le quali è bello restarsene in casa vicini
al tepore di una stufa. La legna arde scoppiettando in scintille che per un attimo volteggiano e si sta a guardarle sognanti mentre nella
memoria s’accendono ricordi lontani. Così mi
rivedo piccolo, ancor prima delle Elementari,
all’inizio degli anni Sessanta. Venivano a bussare a quei tempi alle porte delle nostre case
piccoli mercanti, venditori che si guadagnavano da vivere proponendo la loro merce o il
loro servizio da porta a porta.
Rivedo delle donnine vestite di scuro ma con
quel viso gentile e aperto di chi incontra tanta
gente. Benchè le ricordi minute, il loro portamento era quello deciso di chi è avvezzo a
camminare molto, portando sulle spalle uno
stranissimo mobile in legno, con porticine e
cassetti, un mini-negozio ambulante col quale
trasportavano le loro merci.
Erano le Cromere, un nome che deriva dal tedesco ”Kramer”, che appunto significa mercantucolo. Giravano di paese in paese e nelle
case, per lo più nelle cucine, deponevano il
loro carico ed esponevano aprendo i cassettini, i tanti bei bottoni, i rotoli di filo, gli aghi,
le lane colorate, le sementi per gli orti, lodandone la buona qualità ed invogliando con fare
esperto a comprare. Avevano anche utensili
per la casa, come mestoli , piccole padelle e
tante svariate cose necessarie in casa, poi le
si vedeva ripartire sotto il peso del loro carico
in direzione di altre contrade. Veniva a quei
tempi anche “l’Ombrelaro”.
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ben disposti a ricomperare il ferro vecchio pagandolo fior di quattrini.
II figlio restava invece guardingo con i suoi
occhi vigili e furbi dietro il bancone. Trattava
le donne con brio, parlava loro in tono garbato
e suadente, per gli uomini aveva sempre una
battuta pronta e a noi bambini rivolgeva il suo
sguardo attento, affinchè nulla sparisse senza essere pagato. Era sempre una gran gioia
se poi, i genitori pregandoli e ripregandoli ci
comperavano qualcosa. In quegli anni iniziava a fiorire il benessere e nelle case si sentiva
il desiderio di adeguarsi così ai nuovi tempi
anche apportando innovazioni nell’arredamento. Per far posto ai nuovi mobili, erano i
vecchi letti, i cassettoni, gli armadi, i bauli, i
comodini, i tavoli e sedie, che finivano esiliati
in soffitta. In questa corrente di rinnovo, talvolta anche con il pretesto di sovvenzionarne
l’acquisto, finivano poi detti venerandi mobili,
nelle mani astute di persone dai modi compiti che bussando alle porte, chiedevano se ci
si voleva liberare di qualche vecchiume, offrendo addirittura un pò di soldi, per il favore
di portarli via. Si rivedevano poi andando in
città, ben presentati e tornati a nuovo splendore, quelle cose pensate inutili, troneggiare
nelle vetrine sapientemente decorate di carissimi antiquari.
Si poteva invece riporre la fiducia nella qualità
delle stoffe di cui aveva carico il camioncino
quel Guerino di Rumo che riforniva affabile le
case di quei tessuti necessari, per i letti e per
i vestiti, dato che a quei tempi molti lavori
di cucito li facevano le nostre mamme. Per
quelli più complicati ci si rivolgeva invece ai
molti sarti e sarte nei paesi, una professione
allora fiorente che ora purtroppo si sta estinguendo. Mi ricordo la corsa che si faceva la
domenica dopo pranzo, quando in fondo al
paese si fermava il gelataio di Malè. Rivedo
ancora il suo furgoncino rosso e giallo crema,
con il portellone alzato che ne apriva così un
lato e noi tutti intorno a guardare con occhi
golosi quei coperchi argentati che scostava
per affondare la sua paletta e mettere così
sui coni o nelle coppette quell’indimenticabile buon gelato. Ora in tempi di Euro sembra
addirittura impossibile che allora un cono costasse 15 o 20 Lire. Ricordo quel fruttivendolo
MEZALON
Me lo ricordo con la sua bella barba bianca,
veniva dalla Val di Sole e sotto il braccio aveva sempre un fardello di ombrelli. Li riportava dopo qualche tempo riparati e funzionanti
regalando sempre un sorriso che sembrava
quello di Babbo Natale. Più grandicello poi
avevo iniziato a frequentare la scuola. Tutto
quello che ci serviva, lo comperavano i nostri
genitori nel negozietto del paese, la cartella,
i quaderni, la matita, i colori, la gomma, la
penna con i pennini, l’inchiostro e la carta assorbente per le inevitabili macchie.
Andando a scuola al mattino presto dopo la S.
Messa, attraversavo la piazza per lo più vuota.
Alla fine delle lezioni, succedeva tre o quattro volte all’anno riattraversandola a mezzogiorno di vederla colma di gente, tutta raccolta intorno alla variopinta bancarella dello
“Scudelaro”. Era un evento che mi colmava
di stupore e sgranando gli occhi guardavo incantato quel tavolone traboccante di colorita
mercanzia allestito sul retro della chiesa. C’era
di tutto, stoviglie, posate, affilati coltelli, scodelle da cui deriva anche il nome “Scudelaro” e poi scope, secchi, catini, pignate e tante
cose utili per la vita quotidiana. Il reparto che
più mi interessava era quello, dove si radunavano curiosi gli occhi di tutti noi bambini, lì
c’erano i giocattoli, le macchinine, le pistole,
le spade, “i seseri” , (le biglie) e i tanto ambiti
palloni. Non c’era un giorno prestabilito per
questo mercatino con un’unica bancarella, ma
la notizia del suo arrivo si spargeva come un
fuoco e la gente vi si riversava intorno a guardare, a comperare.
I mercanti erano due uomini, padre e figlio.
Il padre, con la sua voce possente girava per
il paese a chiedere ferro vecchio e in molti si
liberavano in tal modo di cose divenute col
tempo inutili che venivano pagate a prezzo
di peso. Si vedevano così in quel mucchio di
ferramenta buttate lì con noncuranza, tanti
attrezzi della vita d’altri tempi. C’erano “segoste”, catene, paiuoli, vecchie zappe, badili,
ma anche qualche oggetto di bella fattura artigianale. Quanti documenti della storia di tutti
i giorni che ora si ammirano nei Musei contadini, sono così finiti, per davvero poche lire
nelle mani di chi non ignorandone il valore,
trovava lontano da occhi ingenui, acquirenti
MEZALON
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che veniva regolarmente in estate, con il suo
Volks Wagen targato Verona, pieno di verdure fresche e gridava “Banane, “fasoleti”, insalata, pomodori, pesche di Pescantina“. Pesava
ogni cosa con la sua bilancia di ottone. Aveva i suoi affezionati clienti, tra i quali anche
i primi villeggianti che privi di orto eran ben
lieti così di far la spesa da lui. A quei tempi
si aspettavano questi venditori, che a seconda della stagione visitavano i nostri paesi, poi
ci siamo aggrappati al carro sempre in corsa
del tempo e abbiamo aperto gli occhi su un
benessere che concedeva pian piano in tutte le case, una televisione, un telefono, una
lavatrice, un frigorifero e colmo del lusso, un
bagno in casa. Ormai i negozi ce li andiamo a
scegliere noi, là dove la convenienza riesce ad
ipnotizzarci di più, comodi e indipendenti da
orari, basta aprire il baule dell’auto, riempirlo
e via. Con questo però non è finita la processione di gente che bussa alle porte e chiede
“Vu cumprà?”. E’ cambiato l’accento, l’abbigliamento ed il colore della pelle. Non sono
più le necessità che ci spingono ora a comperare da quei poveretti un accendino o un paio
di calzini, bensì il buon cuore, o nel peggiore
dei casi, infastiditi dalla loro insistenza, lo facciamo nella speranza che poi vadano via.
Ero a casa per un pò di giorni quest’estate e
mi e capitato di assistere ad una storia che
dopo le pennellate di ricordi sui vecchi tempi
si rivela come uno sgorbio assurdo. Un tizio
si e presentato come arrotino, con già alcune forbici dondolanti ad ogni dito delle sue
mani e proponeva un’affilatura che avrebbe
reso come nuove le vecchie lame. Mia madre, contenta di sentire che era arrivato ancora il “Moleta” come tanti anni fa, gliene ha
date due da far affilare. Vengo tra un’ora disse
e nel frattempo io sono andato a far la spesa. Di ritorno trovai mia mamma e mia sorella, confuse e in subbuglio. Il tipo era tornato
con le due forbici affilate e aveva preteso 40
Euro per il suo lavoro. Loro intimorite da uno
sguardo che non ammetteva contraddizioni,
lo hanno pagato. Per fortuna l’ho rintracciato,
aveva nel frattempo portato le molte forbici
avute in commissione nelle varie case ed incassato 20 Euro per forbice. Neanche a farlo apposta, mentre io infuriato dibattevo per
farmi restituire i soldi incolpandolo di truffa,
sono comparsi i Carabinieri e con il loro aiuto,
i soldi sono tornati indietro.
Sì, i tempi sono cambiati, ci hanno resi diffidenti e sarebbe bello se episodi come questo
restassero l’eccezione. Sarebbe triste e deludente se tutti facessero così e per fortuna c’è
stato un lieto fine. Chiudendo così questa passeggiata nel passato, vedo nitida l’impronta
lasciatami da questi ricordi. E’ quella passione
per i mercati e per le cose vecchie e usate. Mi
attirano particolarmente i mercati delle pulci,
con le bancarelle colme appunto di cose vecchie, di curiosità, spesso di oggetti divenuti
inutili, ma che presi in mano raccontano la
storia di chi li aveva posseduti. Ed è cosi che
trovo vecchi e rari dischi, antiche foto, giocattoli di una volta, libri e un sacco di cose
colme di quel magico fascino che è la patina
del tempo.
Così ovunque in Europa, ma soprattutto a Berlino, la mia città, faccio volentieri un giro per i
mercatini dove la merce esposta dà la sensazione di trovarsi in un museo sotto il cielo, un
libro aperto che racconta la storia ed i costumi
di una città e dei suoi abitanti e talvolta ho
la fortuna di trovare per pochi Centesimi dei
piccoli tesori.
Così in questo giro di giostra che è la vita,
tutto si ripete, c’è chi butta per far posto al
nuovo, c’è chi vende per fare il suo lavoro,
c’è chi compera per i suoi buoni motivi e c’è
chi si lascia trasportare da una vena di nostalgia, a rivalutare ed apprezzare le cose che in
un modo o nell’altro ci raccontano la storia di
altri tempi, facendoci pensare a persone care
e a situazioni che per la scintilla di un istante
ci regalano un sorriso.
Sparapani Alessandro, Berlino
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...qualcuno si riconosce?
MEZALON
Riceviamo e pubblichiamo la pagella
scolastica durante il periodo fascista
di Zanotelli Rodolfo classe 1933 relativa all’anno scolastico 1942.
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Piccolo mondo agricolo
MEZALON
UNA COLTIVAZIONE FACILE:
IL LAMPONE
Il lampone è una pianta appartenente alla
famiglia delle rosacee, produce un frutto simile ad una mora che a maturazione si stacca intera dal suo ricettacolo. E’ un arbusto di
origine europea e si trova facilmente anche
allo stato selvatico lungo le strade dei nostri
boschi. Un tempo, i nostri Avi, lo raccoglievano col nome di “ampome o ampomole” e
lo usavano fresco.
Da qualche anno a questa parte però, il lampone costituisce fonte di reddito ed è catalogato alla voce commerciale di “Piccoli frutti”.
E’ largamente venduto sul mercato nazionale
ed è pianta di facile coltivazione. Non ha molti parassiti e quindi la si coltiva in maniera naturale senza particolari trattamenti. È quindi considerato frutto ecologico e viene pagato
molto se raccolto nella giusta maniera e confezionato secondo regola. Una vaschetta da
100 gr. sul mercato vale più di un Euro il che significa più di dieci € al kg. Se pensiamo
che un filare di 25 metri può produrre anche 70 kg. all’anno, risulta chiaro che abbiamo
un buon valore commerciale.
Per i nonesi potrebbe costituire una buona idea, specie ora che la mela Golden da segni
di stanchezza ed ha problemi di coltivazione...
Il lampone ha diverse varietà e soprattutto si divide in due categorie:
- Lampone monofiore, a fioritura unica
- Lampone rifiorente a doppia fioritura
Il primo ha frutto più grosso, la qualità è migliore, fiorisce a fine giugno e la raccolta inizia a metà luglio. Il rifiorente fiorisce prima ma poi ha una pausa e rifiorisce una seconda
volta in agosto, per chiudere a settembre.
La raccolta è continua, bisogna cogliere le more a giusta maturazione il che vuol dire
ogni tre giorni circa, come per le fragole.
L’impianto è semplice, si acquistano le piante dal vivaista serio e si pongono a dimora
dentro una fossa profonda 25 – 30 cm , distanziandole fra loro di 50 cm. A Bresimo e
Rumo, si possono vedere anche coltivate in serra. Dopo il primo anno di vegetazione,
il lampone si pota a 60 cm di altezza e si attende la raccolta. Tutto qui. Il frutto si presta
per il consumo fresco, per la congelazione ed anche per confezionare le squisite marmellate della nonna.
Calovini Fabio
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Piccolo mondo antico
EL MOLINAR
MEZALON
Questo mestiere è vecchio quanto l’uomo, ma è ormai scomparso e macinare cereali
in casa non è più d’uso. Non lo è più nemmeno il farlo in piazza dentro ad un mulino
comunale. L’uomo preistorico, quand’era ancora pastore vagante e non coltivava la
terra, già aveva rudimentali pietre da macina e pestelli ritrovati migliaia d’anni dopo, da
archeologi e appassionati.
In epoca precristiana venne d’uso il macinare dentro a mulini collettivi dove la comunità
paesana si recava a turno pagando un nolo. Si trattava di strutture fisse, aventi macine
del diametro di oltre un metro, azionate lentamente da animali o schiavi attaccati direttamente alla pietra. L’applicazione
della ruota ad acqua, importata
dall’Oriente dai commercianti
veneziani è del fine ‘300.
Nel Mezzalone, la storia documentata parla di un mulino ad acqua nel 1387 con
un molino a ruota idraulica
sul Barnes nella valle
dei Molini, proprietà dei conti di Zoccolo (Zockel). Più
tardi, nel 1393, ci
sono tracce scritte
di almeno quattro
molini a Rumo
e gli ultimi funzionarono fino agli
anni sessanta proprio sul torrente
Barnes. Macinare
era un arte ed era
molto importante
per la comunità
contadina averne
almeno uno. A
quei tempi infatti
la Val di Non era
considerata il granaio del Trentino
e per questo ebbe
larga diffusione il
lavoro del mugnaio
regolamentato
anche dagli articoli
della Carte di Regola, approvata dal
Principe Vescovo di
Trento. Dopo il 1700,
ad
opera dei saraceni, il
molino venne perfezion a
to con l’aggiunta di macine
specifiche: una per ogni
tipo di granella da macinare.
Mi raccontò l’Annunziata Sparap a n i dei “Mori”, classe 1908, abitante al civico
n° 54, che uno degli ultimi mugnai di Preghena fu “el Giovanella dei Ocleti” (che teneva
molino nella Valle dei Molini) al secolo Datres Giovanni classe 1895 che la voleva per
morosa, ma lei lo rifiutò dicendo che era sempre sporco di farina...
Lo aveva anche Calovini Pietro, classe 1774 e poi i figli fino a Calovini Luigi, classe 1886
sposato a Maria Pancheri detta la “Beciara”. Erano mugnai di Preghena anche “El Pambo”, al secolo i fratelli Facini Alessandro ed Emanuele di Preghena. Emanuele visse al
civico n° 66 fino al 1999 e lavorò nel suo mulino fino al 1972, quando una notte andò
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accidentalmente a fuoco distruggendo anche quello vicino di proprietà dei “Molinari”.
Più a monte e sempre sul torrente Barnes c’era un terzo mulino proprietà di Bondì Ernesto residente a Livo, il quale faceva coppia gemella con un quarto gestito da Decaminada
Camillo residente a Cis e soprannominato ”El Benèla”.
Più oltre, vicino alla centrale elettrica di Preghena, il quinto molino, quello già citato degli Ocleti. Un sesto mulino a cento metri dalla centrale elettrica era di Costante Dalpiaz,
detto ”l’Barile” di Cis. Un chilometro più su, a Bresimo, ecco il mulino del “Pero Minèla”,
al secolo Pietro Daprai residente a Fontana Vecchia.
La struttura del molino ottocentesco era semplice, anche se il macchinario interno non
lo era davvero. A piano unico, di forma rettangolare, larga circa otto metri e lunga dodici,
ospitava il locale cucina, la sala delle macchine ad acqua e talvolta uno stallo per il mulo
addetto al traino del carro. La sala macchine conteneva tre tipi di mole, una specializzata per il grano, segale e orzo a farina bianca, l’altra per il mais e il grano saraceno a
farina colorata. Conteneva inoltre la pila a quattro-cinque pozzi per la brillatura dell’orzo.
All’esterno, sul lato del torrente che gli scorreva accanto, s’alzava la grande struttura
lignea delle quattro ruote a pale munite di canalette adduttrici dell’acqua in caduta sulle
ruote motrici. Descriverlo nei particolari meccanici non è facile, meglio andarlo a vedere
a Bresimo oggi restaurato e funzionante.
MEZALON
Il personaggio
“El molinar” era l’operatore del mulino, una figura d’uomo semplice, gran lavoratore, che
viveva laggiù al mulino. Sotto alle intemperie, specie d’inverno, quando il ghiaccio avvolgeva il mulino bloccandone le pale, lavorava tante ore al giorno e manteneva i contatti col paese e la famiglia percorrendo la strada comunale che oggi porta alla discarica di
Cis. Meritava un monumento, ma invece, in Piemonte, gli hanno dedicato una canzone:
“La Bela va al molino”.
La tradizione a fine ‘800.
A luglio si mietevano il grano, segale e orzo, si trebbiava a mano e si conservava il
cereale secco in soffitta in un posto asciutto. Per il molinar iniziava il grande lavoro. La
gente affluiva a lui coi sacchi di grano e il giorno dopo ritornava a prendersi il macinato. Quando il lavoro diminuiva, era lui che raggiungeva il paese col carro, prendeva in
consegna i sacchi di cereale, li sistemava in successione ordinata sul carro e ritornava al
mulino. La gente infatti, non macinava tutto il grano che aveva in una unica soluzione
ma a rate, una o due ”staja” alla volta, (16-32 kg) in quanto non era facile conservare per
mesi la farina.
Finita la lavorazione, posava lo sfarinato dentro al sacco e lo sistemava sul carro nello
stesso ordine di consegna e partiva per Preghena. Talvolta, ma non sempre, i sacchi
da farina erano contrassegnati e questo facilitava la consegna del molinar. Il suo lavoro
veniva pagato a farina, un baratto antico quanto il mondo ed era una ”minela” di farina
ogni ”staio” di grano misurato: un ottavo di “stajo” (2 kg). Era un baratto, ma al tempo si
aveva una scarsa conoscenza dei cereali e la stagione influenzava molto la resa in farina,
suscitando spesso discussioni fra mugnaio e cliente. Un grano smilzo dava infatti poca
farina e una ”minela” fissa di paga pesava molto sul macinato che si aveva ottenuto e la
gente diceva...”l’è un ladro”.
La Carta di Regola, anche per questo, imponeva al molinar norme precise ed una di
queste era: “Mai misurare il grano a stari con le macine in movimento”. Il tremolio del
pavimento avrebbe infatti alterato la misurazione.
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Il sacco da molino era particolare, fatto in casa con tela di lino, stretto 40 cm e lungo
circa 130, con laccio per la chiusura. Ogni famiglia ne aveva almeno uno. Partiva per il
mulino riempito di granella e ritornava a casa legato come una lucanica. Nella prima
sezione, sul fondo del sacco, veniva collocata la ”farina bòna”, oggi la “doppio zero”
e si strozzava con un legaccio. Nella seconda veniva posta ”la farinetta” (tritello) e si
legava nuovamente, nella terza sezione si collocavano le cosiddette ”semole” (crusca)
e si chiudeva il sacco col legaccio in dotazione.
Un sistema fatto di precedenze fisse e questo permetteva l’uso di un solo sacco per tre
prodotti. A casa veniva vuotato il sacco con lo stesso rituale: prima la crusca, poi il tritello, quindi la farina doppio zero. Ad ogni operazione si ripiegava indietro su se stessa la
tela vuota e sporca da prodotti precedenti e questo faceva sì che gli sfarinati, ultimi in
fondo, non venissero mai inquinati.
I molini artigianali del torrente Barnes vennero abbandonati negli anni cinquanta, lasciati
franare su se stessi o accidentalmente bruciati. Ormai sono strutture obsolete e testimoni di quel tempo antico tanto caro alla nostra memoria.
Peccato non averli conservati e la bella valle dei Molini avrebbe potuto essere oggi un
polo turistico importante, capace di creare un indotto turistico a supporto dell’economia
locale. C’erano da vedere la vecchia strada romana, i molini ad acqua, una medievale
officina da fabbro, tre segherie alla veneziana e la centrale elettrica del Mezzalone datata
1900. Le cascatelle del torrente Barnes pieno di trote, il celebre Santuario di Baselga, tre
castelli medievali e le terme radioattive di Fontana Vecchia.
Partendo da Mostizzolo e arrivati alla vicina località “Toflin”, si visita la segheria Bonani.
La strada romano-medievale avrebbe accompagnato il visitatore ai molini e poi in Val di
Campo, alle malghe di Cis e Preghena, e su fino al sentiero “Bonacossa” per passare di
cima in cima fino alle Palade. ...
Calovini Fabio
MEZALON
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IL BACO DA SETA
MEZALON
OSPITE NEL
MEZALON
Ci fu un periodo in cui anche nel Mezalon era allevato il baco da seta e da quest’attività i contadini ricavavano un modesto contributo economico, ma molto utile in tempi dove le entrate
finanziarie provenienti dall’agricoltura, dall’allevamento di pochi esemplari di mucche, capre,
maiali, galline, conigli, erano scarse.
Si narra che quest’imenottero sia stato importato dalla Cina in Europa da un frate, ponendo le
uova dello stesso all’interno di un bastone forato e poi tappato.
Il bombice del gelso o baco da seta è un insetto che è molto dannoso alla pianta stessa, perché
si nutre delle sue foglie. Gli uomini, però, hanno da molto tempo imparato che il bombice può
essere anche utile.
La bava che il bruco emette per costruirsi il bozzolo s’indurisce a contatto dell’aria e diventa
un filo sottile e lucente: un filo di seta. Il bozzolo è una specie di gomitolo di sottilissimo filo
di seta.
Gli allevatori immergono i bozzoli appena chiusi, nell’acqua calda, in modo da uccidere l’insetto e dipanare poi il filo di seta. Il filo di ciascun bozzolo è unito ad altri fili e poi tessuto per
farne stoffe bellissime. Se gli allevatori lasciassero trasformare il bruco in farfalla, uscendo dal
bozzolo, romperebbe il filo, che non si potrebbe più adoperare.
La farfalla, che vive solo due settimane, depone circa 400 / 600 uova e le spruzza con una colla. La vita del baco da seta nel ciclo della metamorfosi è di appena 58 giorni. Il baco da seta,
appena nato, è fornito di un grande appetito e mangia continuamente foglie di gelso, dapprima triturate finemente e poi anche intere e raddoppia di peso ogni giorno. Questo fa pensare
che nel Mezalon c’erano tanti gelsi
(morari) e la popolazione era molto impegnata a raccogliere le foglie
per fornirle come alimento al bruco e
queste dovevano essere sempre fresche, mai schiacciate, “il signorino”
aveva le sue esigenze, non le mangiava se erano avvizzite.
Ha fatto bene la famiglia Zanotelli di
Scanna a preservare il vecchio e storico gelso, esprime un pezzo di storia secolare e un ricordo che la nonna
ha voluto con insistenza conservare;
(“Fate pure il garage, ma il “morar“
non sì tocca”, aveva detto e fatto!)
Ogni cinque giorni circa, il baco da
seta smette di mangiare e si addormenta per un po’. Quando si risveglia, perde la sua pelle, che è divenuta troppo stretta; ma gliene cresce
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Bruno Sparapani
MEZALON
addosso un’altra. Dopo quattro
volte che ha fatto la muta, il bruco è già molto cresciuto. E’ ormai lungo alcuni centimetri ed
è di colore biancastro. Sotto la
sua pelle si è formata una buona
provvista di grasso. Quando è
cresciuto abbastanza, il filugello
si arrampica su un rametto, abbandona i suoi pasti, e si costruisce un involucro, deponendo
un filo di seta che è tutto d’un
pezzo e lungo più di un chilometro. Il filo che esce dalla filiera,
una piccola apertura che si trova sotto la sua bocca, è formato
da un liquido (la fibroina) e da
una parte gommosa (la sericina)
che al contatto dell’aria solidificano. Quando il filo, ora giallo,
ora bianco, ora verdognolo, ha
ravvolto l’animale, il bozzolo è
compiuto.
Nel bozzolo, il baco si è trasformato in pupa. Non è più larva,
non è ancora farfalla. Non si
muove, non prende cibo. Basta
a nutrila, il grasso che aveva accumulato quando era bruco. Il filugello rimane nel bozzolo venti
giorni circa; poi inumidisce con
un suo liquido speciale un’estremità del bozzolo, ed urta fortemente il capo contro la parte rammollita. E dal bozzolo esce la
farfalla.
La femmina dal corpo grosso e tozzo, non può volare; il maschio tenta di fare qualche salto,
ma nemmeno esso vola.
All’uomo poco importa che la farfalla voli: gli basta che deponga le uova che l’anno prossimo
gli permetteranno di riprendere l’allevamento dei bachi.
L’allevamento dei bachi era fatto in contenitori di legno a forma di cassettone allungato lungo
circa 2 mt. largo 40 cm, con bordo alto 10 cm, detti “le vinarole“ e posti uno sopra l’altro,
distanziati per fare circolare l’aria, sorretti da piantane di legno con pioli (le plantane) e il luogo
designato erano “le spleuze“.
Mamma Gemma dei “Pimbi“ e altre persone raccontavano con entusiasmo questa loro attività,
di quando erano giovani e dicevano che era affascinante osservare la schiusa delle uova poste
su un panno bianco mantenuto umido e vedere uno dopo l’altro uscire i bruchi e poi osservali
quando salivano sui ramoscelli (le fascine) e costruire il bozzolo.
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COME LE CANTINE
“DE STI ANI”
Sono stato quest’inverno a trovare Luciano Zanotelli
che nella sua casa di Preghena si sta dando da fare
per recuperare un vecchio ed elegante avvolto per
farne una piccola taverna.
Per assecondare la sua vena artistica, dopo i successi
con la pittura su tela, l’estroso pensionato ha deciso
di dedicarsi anche alla pittura murale, sia a colori che
a carboncino.
Il suo intento è di rifarsi alle vecchie cantine dei tempi passati in cui, non di rado, si trovavano immagini
e dipinti, anche se certo non così curati.
Certo è una lodevole intenzione, ma ricordati Luciano che l’importante è “che le lugiange e ‘l vin i sia
boni come kei da ‘sti ani!!!”
MEZALON
Walter Bonani
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... DALL’ARGENTINA
NATALE, NOTTE DI PACE E AMORE
Sui monti, sui piani
lontani lontani,
sui tetti vicini
sugli alti camini
dal ciel scende lieve
la candida neve
Sentite lontana
la grande campana
che in candida resta
ci dice la festa
nel mondo piccino
è nato un Bambino
Rita Betta Aspeè
E’ nato riposa
col viso di rosa
in buia capanna
gli cantan la nanna
e scuoton le ali
gli angeli, è Natale
Così davanti al presepio mamma e papà ricordavano le canzoni imparate sui banchi
di scuola, che ancor da piccoli ripetevano con loro.
Cantava e piangeva il nostro caro papà, ricordava la sua cara mamma e i suoi cari
lontani e sono sicura che gli sembrava sentire le campane del suo paesello che suonavano di sera.
Qui in Argentina la neve non c’è a Natale e nemmeno c’è lui, ci rimangono ricordi di
tempi felici, che sebbene lontani sembrano vicini, quando uniti in coro cantavamo...
sui monti, sui piani...
Rita Betta Aspeè
MEZALON
Bellissima l’idea di esporre a Natale i presepi lungo la via del paese, ho potuto ammirarli sul sito dedicato a Preghena. Spero che quest’iniziativa si ripeta negli anni futuri,
perché oltre ad essere onore al Divino Messia, è pure motivo di incontro, di saluti e
auguri.
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FITOTERAPIA E
DOLORI REUMATICI
Chi soffre in modo cronico di artrosi o di reumatismi , magari anche in modo lieve, con l’arrivo della
stagione invernale vede che i sintomi dolorosi tendono ad acutizzarsi, questo a causa del clima freddo
e spesso umido. Le zone più colpite sono generalmente quelle della schiena, delle anche, delle ginocchia e delle mani anche se altre parti del corpo possono essere ugualmente interessate.
Generalmente il dolore è più forte al mattino, ciò disturba non poco l’attività quotidiana così che la
persona sofferente tende a muoversi sempre meno aggravando la sua situazione.
A questi problemi cronici, che con il freddo peggiorano, se ne aggiungono altri, occasionali, che pure
provocano dolore muscolare.
Un colpo di freddo può portare a un torcicollo, un movimento brusco può provocare una distorsione
o uno strappo muscolare. Comunque sia nella cura di queste situazioni dolorose la fitoterapia offre
diverse piante medicinali in grado di aiutarci.
MEZALON
Nella fitoterapia occidentale utilizziamo spesso estratti di piante extra-europee, derivanti nella maggior
parte dei casi dalla medicina tradizionale di diverse popolazioni.
E’ ad esempio il caso della Boswellia, un albero originario dell’India, forse più conosciuto per il fatto
che dalla sua corteccia si estrae una resina chiamata
“incenso”, certamente conosciuto per l’uso che ne è
sempre stato fatto durante le cerimonie religiose.
La moderna ricerca ha evidenziato proprio nella resina della Boswellia una serie di sostanze chiamate
acidi boswellici, dotati di una particolare attività farmacologica, ampiamente dimostrata: quella di frenare un enzima responsabile dell’infiammazione e
del dolore , non solo nel caso delle articolazioni, ma
anche in altre forme infiammatorie croniche quali la
colite e l’asma bronchiale o acute come torcicollo,
strappi muscolari ecc.
Anche nella cura dell’artrite reumatoide la Boswellia ha confermato la sua validità : pazienti affetti da
artrite reumatoide sono stati trattati con estratto di Boswellia, valutando la variazione della velocità di
eritrosedimentazione (VES) e di altri parametri clinici. Gli studiosi hanno concluso che questo trattamentoè sicuro, ben tollerato anche nella terapia a lungo termine, capace di modificare l’andamento
clinico della malattia, efficace nella riduzione del dolore e del gonfiore articolare e utilizzabile anche in
associazione ad altri farmaci.
La Boswellia grazie anche alla sua rapidità di azione risulta più adatta rispetto ad altre piante nel caso
di problemi occasionali anche di forte intensità.
Inoltre, a differenza dei comuni farmaci antinfiammatori è ben tollerata dallo stomaco.
Nella terapia si utilizzano esclusivamente gli estratti secchi titolati in acidi boswellici (75-95%) che
possiamo trovare sotto forma di compresse o capsule. Sono consigliati 200 -400 mg due-tre volte al
giorno.
Un’altra pianta molto utile per favorire la funzionalità dell’apparato muscolo scheletrico è l’Arpagofito,
meglio conosciuto come Artiglio del diavolo. Questa pianta proviene dalla tradizione di alcuni paesi
del Centro e Sud dell’Africa. Il nome assai curioso deriva dalla particolarità dei sui frutti, ricoperti di
uncini in grado di attaccarsi alle zampe pelose degli animali costituendo talvolta delle vere trappole.
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Dalla radice di questa pianta si ricava l’estratto secco ricco di principio attivo (arpagoside) che per risultare efficace deve avere almeno una
concentrazione dell’1,8 %. La principale proprietà farmacologica della
pianta è quella antinfiammatoria. Ideale è quindi il suo utilizzo per curare
artrosi ad ogni parte del corpo, con un effetto non solo antidolorifico, ma
realmente curativo.
L’Artiglio del diavolo oltre che nelle malattie reumatiche in genere, può
essere utilizzato anche come coadiuvante nel trattamento della gotta in
quanto favorisce l’eliminazione degli acidi urici.
L’attività antinfiammatoria e analgesica si esplica a dosaggi piuttosto alti
(1-2 grammi di estratto due volte al giorno) e a questi dosaggi particolare attenzione dovranno prestare quei pazienti che soffrono di disturbi
gastrici in quanto l’Artiglio del diavolo può risultare gastrolesivo.
Se non si teme il suo sapore amaro si può assumere come estratto liquido o come tisana, anche se in queste forme l’efficacia è decisamente
minore.
Dopo aver illustrato le proprietà di due piante di
origine extraeurpea voglio concludere l’argomento prendendo in considerazione
una pianta il cui uso fa parte della nostra tradizione : l’Arnica.
L’Arnica montana è una pianta erbacea perenne, che cresce nei pascoli e nei prati
piuttosto
umidi delle regioni alpine e prealpine dai 500 ai 2500 metri.
Si presenta come una grande margherita tutta giallo-aranciata, dall’odore aromatico
e dal sapore decisamente amaro. Le foglie intere, di un verde pallido, sono disposte in una rosetta basale. Uno o due paia di foglie sono situate più in alto e
generalmente sono opposte.
Dott. Luca Ceschi
MEZALON
A scopo medicinale si utilizzano i rizomi e le infiorescenze seccate accuratamente
all’ombra.
A tale proposito va ricordato che in molte regioni italiane compreso il Trentino Alto-Adige questa
specie è protetta e quindi ne è vietata la raccolta.
Giustamente l’arnica è stata definita fin dai tempi più antichi “la panacea dei caduti”, infatti usata localmente nelle distorsioni e sulle botte che lasciano lividi bluastri risulta veramente efficace.
All’Arnica vengono attribuite proprietà antinfiammatorie e analgesiche, inoltre favorisce l’assorbimento degli ematomi.
Il meccanismo dell’attività dell’Arnica non è conosciuto . Si ritiene che l’azione antinfiammatoria sia
dovuta all’ elenalina e alla rutina presenti nella pianta per circa l’1 %. Fondamentale sembra essere
anche la presenza di manganese e carotene .
L’uso classico e moderno più accreditato e sicuro è quello esterno contro contusioni, distorsioni, e
reumatismi. L’Arnica opportunamente diluita, come spiegato più avanti, deve essere applicata solo a
condizione che la pelle sia integra e priva di abrasioni, altrimenti può provocare dermatiti assai fastidiose. In alcuni individui, dopo sensibilizzazione, può indurre dermatite da contatto.
L’uso interno è desueto; infatti, se non in diluizioni omeopatiche, la sua assunzione può provocare
cefalea, dolori addominali, palpitazioni e disturbi di tipo respiratorio.
Per le applicazioni esterne sono per lo più utilizzate le tinture e le pomate.
La tintura si prepara con 10 g di fiori essiccati in 100 ml d’alcool a 70° ( a macero per 7 giorni).
Avvertenza importante per l’uso: La tintura non va mai impiegata pura, ma diluita cinque volte con
acqua e glicerina.
Per essere efficaci le pomate devono contenere il 10-15 % di Arnica come tintura o il 2-5 % come
estratto fluido.
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COMUNE DI LIVO
Provincia di trento - Cap 38020 - Via Marconi, 54
tel. 0463.533113 - fax 0463.533093
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pom. chiuso
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08.00 - 12.00
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