BANGLADESH FILIPPINE GIAPPONE INDONESIA TAIWAN AMAZZONIA BRASILE COLOMBIA MESSICO CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] Direttore: Marcello Storgato Redattore: Diego Piovani Direttore Responsabile: Domenico Milani Aut. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa 2004 GIUGNO n. 6 Cosa si aspetta l’Africa Ha bisogno di persone amiche to scrivendo da Bujumbura, capitale del Burundi. Quando arriva qualche giornale italiano o europeo, d’istinto vado a vedere se parla dell’Africa. Devo confessare che la speranza è ormai poca; non dico di vedere che si parli del Burundi, delle sue speranze o miserie, ma neppure dell’Africa. L’Africa approda sulla nostra stampa italiana, e quindi alla no- Santuari di pace 6 - Guadalupe, Messico S stra coscienza di cittadini, tutt’al più quando succede qualcosa di enorme o quando viene ucciso un italiano. E vi resta lo stretto necessario, per poi dare spazio ad altre notizie… Africa da compatire? Quanto alle riviste missionarie, si deve ammettere, pur con qualche buona eccezione, che spesso di Africa si parla per provocare la compassione oppure per fare del trionfalismo. Questo genere di informazione comincia a darmi la nausea. È ora che cerchiamo di comprendere quello che l’Africa sta vivendo, quello che essa cerca e vuole, e non quello che noi vogliamo farle cercare. Non sarebbe meglio fare dei discorsi più coraggiosi e domandarci perché l’Africa è finita in queste condizioni? Perché essa si trova alla deriva dei continenti e dell’attenzione del mondo? Un’informazione superficiale infatti permette ai mali dell’Africa di continuare ad esistere, a tutto vantaggio di coloro che continuano a pescare nel torbido. Una specie di malasanità “L’Africa va male”, si dice, “e non riuscirà mai a decollare”. L’ho letto da poco in un libro che vorrebbe essere serio. E la terapia? “L’Occidente deve farsi carico di questo problema”. A volte sembra di essere davanti a un malato, al quale neppure si chiede come sta. L’attenzione del medico è presa tutta e PENTOLE SENZA COPERCHI Come fare per uscire ra adesso e quando voi leggerete queste mie righe, può essere successo di tutto, in meglio o in peggio. Come voi, anch’io ho riflettuto e pregato molto in queste settimane drammatiche. Non posso fare a meno di esprimere il mio stato d’animo: sono sconvolto, quasi sconfitto dalla spirale della violenza nel mondo e dalla messa in scena dell’orrore. Non tanto per le foto e le immagini, ma per le persone che nelle immagini appaiono e per tutte le altre che restano invisibili. Una catena di montaggio vera e propria. Non si può restare nel pentolone dei rifiuti. O si esce al più presto, o si finisce per essere stritolati dal macinatutto della …nettezza. Dire che “non sapevo” non vale. È una gran bufala; sono bugie …umanitarie. È la guerra stessa a produrre l’orrore. Ha affermato recentemente il cardinale Martini: “Sono cose orrende, ma le deviazioni erano già implicite nell’indole della guerra. Quando si mette mano alla guerra, si creano le condizioni perché l’uomo (e la donna!) scateni il peggio di sé, lo si lascia in balia dell’i- T p. MARCELLO STORGATO, sx nimicizia per l’altro uomo”. Tutto questo è vero in occidente e in oriente, al nord e al sud, in ogni parte del mondo. Credo che abbiamo tutti da imparare da queste storie di orrore e vergogna, che vengono da lontano e che sono l’aberrazione di ogni civiltà e senso civico. Già Pilato sapeva usare la tortura come espediente, tanto per dare una lezione… che fa bene a tutti, anche a chi colpe non ha. I soldati hanno fatto la loro parte, con la tortura e l’interrogatorio …a mosca cieca: l’avevano bendato. “Ecco l’uomo!”. Pilato sperava nella pietà; ma il sangue fa venire altra sete, e dopo la tortura non restava che la condanna a morte. Anche la chiesa cattolica ha utilizzato largamente la tortura per difendere la verità divina e domare l’errore diabolico, certo! - durante il lungo periodo dell’inquisizione. Così anche gli islamici, dalle origini ad oggi, hanno continuato ad applicare la sacra legge della shari’ah per torturare e punire al taglione. E così anche altri imperi e poteri… Ci sono voluti otto secoli perché la chiesa, per voce di Papa Wojtyla, chiedesse pubblicamente perdono per gli or- rori dell’inquisizione. Non possiamo aspettarci che oggi si chieda subito perdono per i nuovi orrori commessi. Fatto sta che la tortura resta un’ignominia inaccettabile, chiunque e dovunque la compia. E le ferite resteranno sanguinanti ancora per secoli. Speriamo solo che non portino in cancrena l’umanità. Per noi missionari una cosa è certa: l’annuncio del vangelo di Gesù ai popoli del mondo ci diventa sempre più difficile. Come faranno a prenderci sul serio e a credere nell’amore e nella fraternità, quando tutto sembra dimostrare il contrario? Ma proprio per questo, siamo più che mai convinti che il mondo abbia ancora più bisogno di missionari che annunciano il vangelo di Cristo a tutti, cristiani e non cristiani. “Occorre avere il coraggio di pensare pensieri nuovi per uscire da situazioni bloccate - afferma ancora il card. Martini. Per uscire è necessario un sussulto di intelligenza e un grande dono della grazia”. Per fortuna, il diavolo fa le pentole, non i coperchi. Perciò ci rimane la speranza che, usci re si può! Abbonamento annuo € 6,00 Una copia € 0,60 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue p. GABRIELE FERRARI, sx solo dalla malattia. Senza scambiare neppure un’occhiata fraterna e comprensiva con l’ammalato, il medico scrive una facile ricetta e, “avanti un altro”. Questa è ciò che noi chiamiamo malasanità e contro di essa giustamente ci lanciamo. Ebbene, io ho l’impressione che l’Africa la trattiamo proprio così. La gente vive di speranza In Burundi mi rendo conto che - malgrado tutto il male che si vede e che non si vede, ma che esiste - la gente vive ancora di speranza. C’è in atto un processo sicuramente positivo. Un processo che potrebbe anche andar male, ma che proprio per questo chiede di essere sostenuto nelle sue possibilità positive. Ma chi si sogna di parlarne e di parlarne bene? A forza di vivere in mezzo agli assassini, alle devastazioni e ai tradimenti, finiamo per non vedere più la nostra missione che è quella di scoprire il bene e di sostenerlo, per farlo crescere, perché si affermi e porti frutto. È necessario ricordare che l’Africa, proprio perché ha sofferto e soffre ancora e ancora paga tutti i conti delle scelte sbagliate dei grandi di questa terra, ha non solo il diritto di essere ascoltata, ma anche la possibilità di indicare quelle strade che non devono essere più prese; ha il diritto e il dovere di offrire al mondo quei valori che essa ancora conosce e pratica. La terapia del cuore Ogni tanto salta fuori qualcu- no che preconizza per l’Africa una terapia nuova, che è poi così vecchia: “È ora di finirla con «l’Africa agli africani». Ci vuole una nuova colonizzazione, pur senza gli eccessi di quella passata”. Ovvio. Ma è proprio questo ciò di cui l’Africa ha bisogno? No di certo. L’Africa ha bisogno di persone amiche, che rispettino e stimino questa gente, che non si propongano come salvatori, ma che permettano veramente all’Africa di sedersi, senza complessi, nel consesso delle nazioni. L’Africa d’oggi ha bisogno di gente che si preoccupi sinceramente del suo futuro; che prima di formulare la diagnosi, la terapia e la prognosi, le voglia bene. Non è di medici e di salvatori, neppure di grandi programmi di riforma che l’Africa ha bisogno, ma di amici e di amiche che sinceramente cerchino il suo futuro, che l’ascoltino e le parlino con il cuore in mano, certamente prima di mettere mano al portafoglio. Nostra Signora di Guadalupe, patrona del Messico e di tutta l’America latina, è il simbolo dell’incontro fecondo tra fede cristiana e popoli indigeni. “Regina della pace, salva i popoli dalle guerre, dall’odio e dalla sovversione”. 2004 giugno n. ANNO 57° 6 2 Elezioni saveriane 3 La missione rinnova la chiesa 4/5 Il rovescio della medaglia 6 Una famiglia missionaria Carisma della missione: prima i lontani! In Italia, Congo, Stati Uniti e le saveriane La missione dei saveriani in America latina Missionari saveriani per la pace Foto di G. Carrara Notizie stimoli proposte per gli amici dei missionari BURUNDI CAMERUN CIAD CONGO R. D. MOZAMBICO SIERRA LEONE 2004 GIUGNO 2004 GIUGNO V I TA S AV E R I A N A MISSIONE E SPIRITO L’ICONA DELLA MISSIONE ra i due, forse la forza trainante eri proprio tu, Priscilla, dato che sei quasi sempre nominata per prima. Eravate comunque in sintonia, in una vita a dir poco movimentata. Tuo marito Aquila era giunto dalla Turchia a Roma, e forse lì vi eravate conosciuti e amati. Espulsi nel 49, insieme ad altri “seguaci di un certo Cresto”, come scrive Svetonio, avete preso di nuovo la via dell’est. Non vi siete persi d’animo e avete impiantato una piccola impresa familiare, di fabbricatori di tende. Un apostolo in casa. Eravate gli unici cristiani nella grande, ricca, corrotta città di Corinto. Quando Paolo arrivò a Corinto, vi era sembrato di rivedere uno di casa. Non era in gran forma, a dire il vero, dopo la delusione di Atene: “Ti sentiremo un’altra volta”, gli avevano detto. Non ci è difficile pensare che tu, Priscilla, l’avrai rifocillato con una buona cucina. Seduta accanto ad Aquila, avrete ascoltato a lungo T l’apostolo mentre raccontava le coraggiose avventure della predicazione del vangelo. Stessa casa, stesso mestiere. A Paolo non pareva vero che voi faceste il suo stesso mestiere. La vostra casa divenne la sua, il vostro lavoro il suo. Il sabato però nella sinagoga parlava ai giudei e poi si rivolse ai greci. Una piccola comunità si era venuta formando nella vostra casa. Nell’anno e mezzo passato con Paolo, chissà quante cose poteste meglio comprendere. Forse anche lui imparò meglio da voi la forza e il conforto di quella carità che poi descrisse con gli accenti della concretezza. Poi Paolo si era rimesso in viaggio, e voi due con lui, fino a Efeso. Vi aveva lasciato, rassicurato, in quella giovanissima comunità. Anzi, era proprio a casa vostra che i cristiani si radunavano, assidui nell’ascoltare la Parola e nella frazione TERESINA CAFFI, mM del Pane. E quando giunse Apollo, entusiasta ma poco informato riguardo a Cristo, l’avete accolto, istruito e, insieme ai fratelli cristiani, raccomandato alle altre comunità della Grecia. Stesso carisma missionario. Vita tribolata la vostra, non solo movimentata. Alla fine, eravate di nuovo tornati a Roma. E Paolo proprio a voi aveva inviato un sa- A Corinto, Paolo trovò Aquila, un giudeo arrivato dall’Italia con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i giudei. Poiché erano del medesimo mestiere, Paolo si stabilì nella loro casa e lavorava fabbricando tende. Ogni sabato discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere giudei e greci... Poi Paolo s’imbarcò per la Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. Giunsero a Efeso, dove lasciò i due coniugi, e scese ad Antiochia. A Efeso arrivò anche Apollo, un giudeo colto, ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore. Parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Atti 18,1-27 luto e un grazie speciale: “Salutate Priscilla e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato la testa, e ad essi non solo io sono grato, ma tutte le chiese dei gentili”. Attorno alla vostra casa romana, nelle Catacombe che portano il nome di Priscilla, sono ancora radunati i resti di tanti seguaci di Cristo, in attesa della resurrezione. Non ci è rimasta una sola parola di voi. Ma ci è rimasta la vostra esistenza, modello di famiglia-chiesa: quella maternità e paternità estesa, che ha ristorato gli apostoli e dato consistenza a giovani an- nunciatori. Voi siete la prima comunità mista, di apostoli e laici, accomunati dallo stesso carisma missionario. Attraverso voi noi rendiamo omaggio ai tanti sposi, alle tante case che si aprono per gli apostoli, che li ristorano nei viaggi, che li prendono a cuore quando sono anziani, che li esortano e illuminano senza demolirli, con affetto discreto e ristoratore, nella comune passione del regno. Che sarebbe anche oggi la chiesa senza l’umanità delle famiglie che vanno incontro al don, al vescovo, ai soli per il Regno, per restituire in esperienza di calore e di fraternità la comunità che essi annunciano? Arte paleocristiana. Firenze, Museo Bargello: i coniugi attorniati dagli apostoli IL CARISMA DELLA MISSIONE PRIMA I LONTANI! CHIAMATI ALLA MISSIONE Missionario, solo e con tutti p. ALFIERO CERESOLI, sx I trionfi di Cristo tra i popoli non-cristiani preparano i trionfi della fede in mezzo a noi. beato Guido Conforti a dolcezza e l’amabilità del beato Guido sono diventate proverbiali. Erano le caratteristiche della sua personalità e del suo modo di fare. Ma egli era anche un profeta. L’annuncio di Cristo a tutte le genti, oltre i confini della diocesi, è uno degli spazi ecclesiali affidati alla sua profezia. Nella missione “ad gentes” la sua figura s’ingigantisce e diventa profeticamente dura. A Ravenna, dove certamente non mancavano parrocchie senza sacerdote e dove la diserzione dalla pratica religiosa era crescente, il profeta Conforti non si piega sui suoi problemi. Provoca e proclama: “Con la misura della quale ci saremo valsi verso degli altri, con la stessa saremo noi pure trattati dal Giudice dei vivi e dei morti. Tolga il Cielo che a noi, per la nostra insensibilità, accada quello che viene minacciato nel santo vangelo: ‘A voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato ad altri che lo faranno fruttificare’. Allontaniamo da noi una tale sventura, la più funesta di quante ci potessero incogliere”. Come sfuggire a questa sventura? Aumentando il nostro “ardore” per la missione, mettendo nell’agenda della chiesa locale i problemi di tutte le chiese e l’annuncio del vangelo oltre i confini del proprio territorio; impegnando le nostre comunità a lavorare seriamente perché “in tutte le lingue e in tutte le direzioni, s’inneggi da tutti i popoli al Dio tre volte santo”. Conforti difende una logica che è diversa dal sentire comune: “La fede prospera e vigoreggia fra coloro che si adoperano a farne sentire i benefici effetti a coloro che non la posseggono”. Ho sentito ripetere mille volte: prima rendiamo solida la fede delle nostre comunità, dei nostri fedeli, poi… le missioni! Il vescovo Conforti non è d’accordo: avremo qualche successo qui da noi, se faremo crescere la fede altrove. Prima gli altri! Il Vaticano II prende decisamente posizione per questa linea di pensiero e d’azione: “La grazia del rinnovamento non può avere sviluppo alcuno nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga la vasta trama della sua carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i propri membri” (Ad gentes 37). Senza condizionali: non può avere sviluppo alcuno… Convegni, documenti, programmi pastorali, commissioni… Tutto bene, tutto bello; ma… nessun sviluppo! E per coloro che temono che traduttore possa essere traditore, il latino è ancora più forte e deciso: Crescere nequit! Niente da fare; senza le missioni la fede se ne va! L 2 FRANCESCO GRASSELLI adre Romano Bottegal, nato a San Donato di Lamon nel 1921, a 25 anni diventò prete della diocesi di Belluno. Don Albino Luciani, il futuro Papa, era stato suo vicerettore in seminario. Qui aveva maturato la vocazione alla vita contemplativa, ma il suo vescovo, mons. Girolamo Bordignon, non gli aveva accordato il permesso per entrare in trappa. Tuttavia, un mese prima di diventare sacerdote, obbedendo a “un impulso dello Spirito Santo”, scriveva a Roma: “Questo mio ideale spero raggiungerlo tra breve, appena ordinato sacerdote, il 29 giugno; passati 15 giorni in famiglia, sarebbe nei miei voti essere accettato”. Alla fine di luglio era già nell’abbazia cistercense alle Tre Fontane di Roma. Dopo alcuni anni dedicati alla propria formazione di monaco e poi alla formazione di altri monaci come priore e maestro di noviziato (1946-1961), fu inviato in Terra Santa per rafforzare la comunità del monastero di Latroun. Già aveva in cuore il passaggio dalla vita monastica a quella eremitica, che realizzò in Libano dal 1965 al 1978, anno della sua morte. P L’eremita missionario. Specialmente in questi anni la sua fu una vita di grande povertà, di estrema penitenza, di continua e sublime preghiera. Ma volle che fosse anche vita di missione. Ne parlava così in una lettera alla sorella: “Sono più che contento. Qui dovrei svolgere un’opera di missione tra i musulmani: vivere non lontano da loro, più povero di loro, aiutarli amandoli, dimostrando che l’amore, la gioia non sta nell’avere tanto denaro, nelle comodità. Come dappertutto, così anche qui occorre venire ai fatti: mostrare che si vuole loro bene, che si fa loro del bene… Allora il loro cuore si apre e una luce giunge a loro. Voglia il Signore che io svolga questa missione il meglio possibile. Non dirmi, quindi, di tornare a Roma, di farmi curare… Anzitutto bisogna vedere ciò che dispone la Provvidenza. È chiaro che, almeno per ora, il Signore vuole che stia qui. E se egli vuole che stia qui, provvederà per la vita e per la morte. Tutte e due sono buone”. Solitudine per la comunione. Della vita di Gesù, per impulso dello Spirito, padre Romano scelse questo aspetto: Nazaret o la notte sul monte. In tutta la sua vita c’è una sete di solitudine e di comunione: solitudine come condizione della comunione. È la solitudine dell’uomo di Dio, che sta con Dio per poter stare con tutti i figli di Dio, INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE Perché nei Paesi dell’Asia la libertà religiosa, diritto fondamentale d’ogni essere umano, sia sempre più rispettata. Signore, dammi un cuore grande per amare; allarga il mio cuore fino ai confini del mondo, perché possa amare tutti, come li ami tu, che hai dato la vita per noi. ovunque siano dispersi e “nascosti” nel mondo. Solitudine missionaria”, perché da essa si esercita quell’attrazione di cui Gesù aveva detto: “Quando sarò sollevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Le squadre di servizio si rinnovano Foto di Marcello Storgato Aquila e Priscilla, coniugi per Cristo Elezioni regionali… saveriane LA PAROLA La nuova squadra direzionale dei saveriani in Italia: (da sinistra) p. Mario Ughetto, p. Mario Menin, p. Carlo Pozzobon, p. Sergio Boscardin, p. Pierluigi Felotti; lo Spirito Santo li accompagni nel servizio 27 aprile è stata M artedì eletta la nuova squadra direttiva dei missionari saveriani in Italia per il prossimo quadriennio. Superiore regionale è padre Carlo Pozzobon, eletto a grandissima maggioranza. Subito dopo la votazione, padre Lazzarini, consigliere generale e presidente dell’assemblea, ha rivolto al neo eletto la domanda formale: “Avendo raggiunto la maggioranza assoluta, chiedo a p. Carlo Pozzobon se accetta l’incarico che il Signore gli affida per il bene della Congregazione”. Padre Carlo ha espresso il suo consenso: “Pur nella consapevolezza dei miei limiti, ho fiducia sull’aiuto del Signore. Sperando nella collaborazione di tutti i confratelli, in spirito di ser- vizio alla missione di annuncio del vangelo, accetto la responsabilità che mi è affidata”. Un grande applauso è risuonato nell’aula, mentre padre Agostino Rigon, superiore regionale per gli ultimi otto anni, è andato ad abbracciare padre Carlo. Subito dopo, fratel Vincenzo Asolan ha cinto il nuovo superiore con il grembiule del servizio cristiano. Padre Pozzobon è un esperto animatore vocazionale e ben conosciuto nelle pontificie opere missionarie, specialmente per il suo intenso rapporto con l’Infanzia missionaria; ha una conoscenza notevole della lingua tedesca e ha il carisma di intrattenere un rapporto fraterno e amichevole con tutti. Ad accompagnare il nuovo su- RICORRENZE SAVERIANE p. MARCELLO STORGATO, sx periore è stato eletto padre Mario Menin, formatore dei teologi saveriani a Parma, professore di teologia dogmatica e missiologia a Reggio Emilia e direttore della rivista missionaria “Ad Gentes”, pubblicata dall’EMI di Bologna. Come Consiglieri sono stati eletti padre Mario Ughetto, giovane saveriano laureato in scienze dell’educazione a Roma, formatore dei novizi saveriani ad Ancona e impegnato nell’animazione missionaria giovanile; padre Sergio Boscardin, con lunga esperienza missionaria in Amazzonia e attualmente rettore della comunità saveriana di Ma- I delegati al Capitolo dei saveriani in Italia, nella chiesa di San Pietro in Vincoli (Ravenna), durante la Messa. Al centro, il candelabro con le cinque lampade, simbolo delle cinque caratteristiche dei missionari saveriani CONGO: NUOVA DIREZIONE SAVERIANA 50° - PADRE UCCELLI VERSO LA BEATIFICAZIONE Amore fino al martirio p. GUGLIELMO CAMERA, sx Tutto è preghiera? Si dice spesso, nel mondo missionario, che anche la vita apostolica può essere preghiera. E a noi laici altrettanto spesso dicono che anche la vita di famiglia, il lavoro, le opere di carità possono essere preghiera. Ma la preghiera è sempre stare con Dio, parlare con Lui, accogliere la sua Parola e il suo Spirito. Tutto è preghiera, se tutto è questo! E allora sono forse necessarie, per tutti, notti di orazione e tempi di Nazaret. Altrimenti ci si disperde e nessuna comunione sussiste. Dobbiamo mantenere questo centro, perché la missione parte da lì. Altrettanto bello è pensare che i missionari anziani, i malati, i “pensionati della vita” e noi tutti, nei momenti di solitudine e d’impotenza, possiamo stare al centro della missione, se rimaniamo inseriti, come una spina nella corrente, nell’amore di Dio per il mondo. La prima preoccupazione di padre Pietro Uccelli nell’attività missionaria è l’amicizia con Cristo, fino alla più intima identificazione con lui. Il suo motto rimane “o farmi santo o morire”. In una lettera dalla Cina egli comunica la sua gioia di stare “fisicamente” con Gesù: “Ho la bella sorte di dormire in sagrestia, presso Gesù sacramentato, e immagini come mi ci posso trovare. Desidero rimanere sempre qui, perché una stanza migliore, né io né altri me la saprebbe trovare, neppure nei palazzi reali. Quante comodità mi offre sempre il Signore perché faccia del bene!”. L’Eucaristia è presenza del Cristo vivo, ma è anche una celebrazione della vita del missionario. In lui, Cristo si offre ancora con un atto di amore. Il martirio ne è conseguenza logica: “Vorrei proprio che venisse l’ora di morire per il Signore. ‘Sangue per sangue; vita per vita’ - diceva il martire Perboyre. Così voglio ripetere anch’io nella santa Messa e spesso durante il giorno: ‘sangue per sangue; vita per vita’. Morire martire! Oh che bella sorte sarebbe la nostra! Che dire a questo proposito? Solo questo: “Signore, tu sei la mia speranza”. Per padre Uccelli il martirio non era una prospettiva lontana. Solo pochi anni prima, c’era stata la rivoluzione dei boxers con migliaia di martiri cinesi. Varie volte egli stesso si era trovato a fronteggiare situazioni disperate, soprattutto nell’ambito della guerra civile e nei frequenti assalti dei briganti, in cerca di mezzi di sopravvivenza. Il rischio della morte violenta era sempre dietro l’angolo. Cristo crocifisso diventa allora il modello vivo di amore e il missionario sente di doverlo seguire in tutto, condividendone i sentimenti di amore e di perdono: “Gesù crocifisso è la nostra guida, il nostro amico e il nostro premio. Quando le tribolazioni e le croci sono tali e tante da avvilirci, prendiamo in mano il santo Crocifisso, baciamo quelle piaghe adorate, meditiamo quanto è dolce patire con Gesù. Fin da questo momento vi dico che se mai qualcheduno mi manda all’altro mondo - vi dico che gli perdono di gran cuore alfine di imitare nostro Signore Gesù Cristo che, al momento di spirare, perdonava e pregava per i suoi crocefissori”. Vincoli (Ravenna), dal 18 al 30 aprile. Vi hanno partecipato 26 delegati eletti dai 155 missionari che vivono nelle 17 comunità sparse in Italia e i 5 membri della direzione precedente. Per la prima volta nella storia della famiglia saveriana, è stato allestito un sito web “riservato” ai saveriani; per la prima volta, inoltre, ogni giorno è stato preparato un comunicato informativo sui lavori e sulle discussioni dell’assemblea. I comunicati sono stati poi inviati via internet e via fax a ogni comunità saveriana in Italia e ai superiori delle missioni saveriane nel mondo, in modo che tutti i saveriani potessero essere tenuti continuamente aggiornati. Incaricati della comunicazione erano il diacono messicano Gabriel Arroyo e il direttore di “Missionari Saveriani”. Foto di Marcello Storgato Una famiglia missionaria comer in Sardegna; padre Pierluigi Felotti, missionario in Bangladesh, da anni impegnato nel segretariato unitario di animazione missionaria (SUAM) e attualmente rettore della comunità saveriana di Reggio Calabria. Padre Lazzarini, a nome della direzione generale dei saveriani, si è congratulato con i delegati capitolari per il clima di grande condivisione e serenità e per lo spirito di discernimento con cui sono state condotte le elezioni della nuova direzione regionale. A nome della Congregazione, ha poi ringraziato padre Agostino Rigon e i consiglieri della direzione precedente, per la dedizione con cui hanno servito la famiglia saveriana durante lo scorso quadriennio. L’assemblea capitolare dei saveriani in Italia si è tenuto nella casa saveriana di San Pietro in La nuova squadra del Congo: (da sinistra) p. Faustino Turco, p. Giuseppe Dovigo, p. Gianni Brentegani, p. Mario Pedrotti, p. Giuseppe Musafiri Il 27 aprile scorso, durante l’assemblea elettiva alla quale ha partecipato anche il superiore generale p. Rino Benzoni, è stata eletta la direzione dei saveriani che lavorano in Congo. Ecco la nuova squadra: padre Gianni Brentegani è il superiore, coadiuvato da p. Giuseppe Dovigo; consiglieri per i vari settori di attività missionaria sono p. Gianni Pedrotti, p. Faustino Turco e il saveriano congolese Giuseppe Musafiri. Alla riunione capitolare, tenuta a Bukavu dal 23 al 30 aprile, hanno partecipato 18 delegati dei saveriani che lavorano in cinque diocesi del Congo. Sono stati approvati anche due documenti che riguardano l’animazione missionaria e la formazione di giovani che desiderano diventare saveriani. Scrive padre Dovigo: “Nonostante il degrado sociale e politico di questi anni, siamo convinti che i giovani congolesi sono in grado di accogliere la chiamata di Dio per un vero servizio alla chiesa universale. Questa è la meravigliosa forza dello Spirito!”. SAVERIANE: NUOVA DIREZIONE ITALIANA Anche le missionarie di Maria “saveriane” in aprile hanno eletto la nuova direzione: Ester Perego è la delegata direttrice e Giovanna Meana è la vice; consigliere sono Piera Grandi, Letizia Manis e Lidia Vermi. Le saveriane, fondate da madre Celestina Bottega e da padre Giacomo Spagnolo, condividono lo stesso carisma del beato Conforti per la missione alle genti. Hanno in Italia cinque comunità a Parma, Milano, Venezia, Roma e Oristano. Sr. Ester Perego USA: NUOVA DIREZIONE SAVERIANA Anche i saveriani negli Stati Uniti hanno eletto il gruppo direttivo. Il superiore p. Ivano Marchesin è “riconfermato”: significa che aveva fatto bene; suo vice è p. Alfredo Turco (fratello del Turco eletto in Congo!). Come consiglieri sono stati eletti il saveriano congolese p. Pasquale Kasanziki, lo statu- nitense p. Adolfo Menendez e p. Aniello Salicone. Negli USA almeno qualcosa deve essere big, bigger, the biggest (grande, più grande, il massimo!). Ebbene, padre Aniello è in assoluto il pezzo grosso e peso massimo tra tutti i saveriani oggi … al governo. La nuova squadra degli Usa: (da sinistra) p. Pasquale Kasanziki, p. Aniello Salicone, p. Ivano Marchesin, p. Adolfo Menendez, p. Alfredo Turco 3 2004 GIUGNO 2004 GIUGNO IL CARISMA DELLA MISSIONE RINNOVA LA CHIESA LA MISSIONE IN AMAZZONIA LA MISSIONE IN COLOMBIA LA MISSIONE DEI SAVERIANI IN AMERICA LATINA p. PINO LEONI, sx pagina a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx inceramente, sento sempre più il bisogno di cambiare. La missione la posso servire meglio se cambio io, se io mi converto. Più i missionari si convertono, più la missione è meglio servita. C’è sempre da ricominciare, da tornare alle origini. Fare in modo che sia Gesù il missionario presente in me e nella comunità, in Amazzonia e nel resto del mondo. S La missione forma i missionari Per il missionario c’è sempre una tentazione in agguato: quella di credersi il protagonista della missione; quella di pensare che è lui a fare la missione. Da una parte è vero, perché non c’è missione senza missionari. Ma io sono convinto che siamo noi i primi ad avere bisogno della missione. È la missione che forma i missionari. Credo che tutti noi missionari possiamo arricchirci con le ricchezze che incontriamo nel servire la missione. Perché noi siamo servi della missione; e dobbiamo servirla insieme, come comunità. Questa è la grande conversione che ci viene richiesta. La missione ci cambia nella misura in cui noi missionari ci sentiamo sì portatori di un dono, ma nella reciprocità. Quando cioè ci mettiamo in atteggiamento di ascolto e accettiamo lo scambio. Vero missionario non è chi sa formulare belle teorie, ma chi crede veramente e sente profondamente la presenza di Cristo. Chi vuole portare Cristo in mezzo agli altri, deve essere disposto a convertirsi insieme a loro. principale obiettivo è il primo annuncio. Per dedicarci all’annuncio in modo fruttuoso abbiamo bisogno di incontrarci spesso per aiutarci a riscoprire e sentire profondamente la nostra identità, a vivere gli atteggiamenti che ci caratterizzano e a metterci continuamente al servizio degli altri. In sintesi, nella misura in cui noi ci unifichiamo attorno alla nostra identità, potremo dare un servizio migliore alla missione. Ma c’è anche un’altra strategia: pianificare gli impegni e le scadenze per non rimanere nel vago. In questo modo, alla fine di un periodo stabilito, si può fare un bilancio del lavoro svolto e poi continuare il cammino oppure ricominciare altrove, facendo tesoro dell’esperienza fatta. Infatti non possiamo cristallizzarci in una situazione o in un luogo. Per di più, noi siamo sempre ospiti e non dobbiamo imporre il dono che portiamo. Non possiamo essere dei “solisti” Pur tenendo presente che ognuno ha il suo stile e che per cambiare occorrono tempi abbastanza lunghi, è più facile cambiare se siamo d’accordo su una scelta concreta e cerchiamo di arrivarci gradualmente. Inoltre, se noi siamo individualisti, se ogni missionario che arriva cambia impostazione, chi ne soffre di più è la gente. Nella chiesa brasiliana noi abbiamo un contributo da dare, secondo il carisma che la famiglia saveriana ha ricevuto. Almeno in teoria, siamo tutti convinti che dovremmo lavorare insieme, come comunità. Il carisma infatti non è proprietà privata. Dobbiamo insistere su questo aspetto nei ritiri spirituali e negli incontri, in modo che cresca la consapevolezza comunitaria. Vita spirituale e aggiornamento L’anno scorso abbiamo fatto una settimana di esercizi spirituali con p. Stefano Raschietti, che ci ha presentato la spiritualità missionaria con profondità e competenza. È stata davLe nostre strategie missionarie Anche noi saveriani abbiamo bisogno di convergere verso vero una bella settimana e ci ha aiutato molto. Erano con noi obiettivi ben definiti e non generici. Naturalmente, il nostro anche le missionarie saveriane. Ci siamo sentiti parte di una stessa famiglia e responsabili dello stesso carisma. Questi incontri sono sempre utili e ci fanno bene. Anche il periodo di vacanza che ogni missionario ha ogni quattro anni, può essere sfruttato meglio. È necessario per riposare, per ritrovarsi con la propria famiglia, gli amici, i benefattori. Ma dovrebbe essere anche l’occasione per fare almeQuasi tutti i saveriani che lavorano nella regione settentrionale del Brasile, radunati per una settimana di no un bel mese di aggioresercizi spirituali ad Abaetetuba. C’erano anche le saveriane che nella foto non compaiono namento con i saveriani che vengono da altre missioni. Così cerchiamo di sfruttare in modo creativo il tempo di vacanza, approfittandone per riflettere, pregare, verificare noi stessi e per p. PINO, sx incontrarci con i fratelli della stessa famiglia misIn generale, ogni attività missionaria, anche di tipo più strettamente pastorale, desionaria. ve adeguarsi alla realtà locale. Il modo di affrontare i problemi cambia a seconda del- GRUPPI DEL VANGELO E GIUSTIZIA le esigenze della gente. el 2001, in Messico, l’assemblea generale dei missionari saveriani ha pubblicato il documento intitolato “La missione dei saveriani all’inizio del terzo millennio” e ha dato indicazioni per fare un progetto strategico di missione. Si richiede a tutta la Congregazione di puntare verso l’unica direzione per cui siamo missionari: il primo annuncio ai non cristiani, uscendo, anche geograficamente, dal proprio paese di origine. Per noi è normale, quindi, essere impegnati nell’attività missionaria diretta. Ma la Congregazione deve anche garantirsi una continuità. Lo fa con l’animazione vocazionale e la formazione dei giovani, futuri missionari. Per tutti i Paesi dell’America latina, i saveriani hanno fatto una scelta verso cui cercano di dirigersi: “Continuare nel passaggio progressivo dall’attività pastorale all’animazione missionaria vocazionale, anche se non sembra possibile un generale immediato sganciamento dalle parrocchie”. N Foto di MArcello Storgato Padre Pino, romagnolo, in Brasile da oltre trent’anni, ha una ricca esperienza missionaria. È un patito dell’evangelizzazione, sempre in mezzo alla gente, simpatico e allegro. Attualmente è superiore dei 45 saveriani che lavorano nel Brasile settentrionale, sparsi in 4 diocesi. Durante la CoSuMa, la Conferenza dei Superiori Maggiori dell’agosto 2003, intervistando i superiori saveriani del Messico, Colombia, Amazzonia e Brasile, ho avuto modo di constatare che i saveriani stanno già lavorando con convinzione in questa direzione. Gli articoli di questo paginone lo dimostrano. Spero che siano convincenti anche per i lettori di “Missionari Saveriani”. LA MISSIONE IN MESSICO LA VOCAZIONE MISSIONARIA Nella famiglia saveriana si sta bene p. LUIGINO MARCHIORON, sx Padre Luigino, giovane saveriano padovano, da due anni è il superiore dei circa 50 saveriani impegnati in Messico. Ci racconta perché i giovani diventano saveriani e come avviene l’attività formativa. n Messico noi saveriani abbiamo parecchi animatori vocazionali e sono tutti giovani sacerdoti. Purtroppo pochi hanno fatto l’esperienza della missione. I Come fate ad avvicinare i giovani? Orientare i giovani nella vocazione è una grande sfida: significa accompagnare l’individuo in un cammino di responsabilità personale. I messicani, infatti, rispondono molto facilmente alle iniziative collettive. Ma per favorire il discernimento vocazionale occorre stare con il singolo giovane, capire la sua storia e l’ambiente da cui proviene; occorre entrare in contatto con la realtà familiare e sociale, umana e religiosa di ciascuno di essi. Stiamo lavorando molto in questa direzione, in modo che i nostri animatori diventino sempre più esperti nell’incontro personale con i giovani e sappiano utilizzare gli strumenti psicologici e pedagogici più adatti. Abbiamo organizzato il primo incontro Comunità di base In 34 anni di lavoro in missione, ho avuto la fortuna di veder nascere tanti gruppi del vangelo. Alcuni di essi hanno già festeggiato i 25 anni e continuano la loro attività. Nei gruppi le persone si riuniscono, leggono e meditano il vangelo. Molte parrocchie e diocesi preparano piccole guide per gli incontri. Dobbiamo impegnarci di più sulle comunità di base. Io sono convinto che se le persone si incontrano veramente attorno alla parola di Dio, le comunità di base sono efficaci, anche se il sacerdote non può essere presente. L’impegno per la giustizia Nelle varie diocesi, i saveriani si sono messi a disposizione per svolgere servizi e attività di animazione che toccano anche il campo della giustizia. In ogni area c’è una persona che si occupa dei problemi, forma un gruppo di persone sensibili e coordina gli sforzi per giungere insieme a una soluzione. In tutta la regione l’esempio più forte è quello portato avanti dall’équipe della giustizia, in cui i saveriani p. Primo Battistini e p. Adriano Sella sono impegnati a tempo pieno. Nel Parà settentrionale è molto acuto il problema della terra, legato anche ai latifondi e alle occupazioni. La gente si sente abbandonata e trova appoggio nelle équipe che si occupano di giustizia e diritti umani, con persone autorevoli e competenti. Al nord, attorno alla grande città di Belém, molti problemi sono legati alla disoccupazione; ma di questi si occupano i movimenti sindacali. Ad Abaetetuba, invece, il problema maggiore consiste nell’educazione e nella formazione. 4 I superiori dei saveriani in America Latina (da sinistra): p. Luigino (Messico), p. Natalio (Brasile sud), p. Pino (Amazzonia) e p. Mario (Colombia), in agosto 2003 continentale di animazione missionaria vocazionale. Vi hanno partecipato tutti i saveriani che lavorano in questo ambito in Brasile, Amazzonia, Colombia, Messico e Stati Uniti. Hanno riflettuto proprio sui contenuti e gli strumenti utili al promotore vocazionale per avvicinare i giovani che sono nella fase di ricerca. Cosa attira i giovani a diventare saveriani? Spesso la risposta dei giovani messicani è immediata. Sono attratti molto dallo spirito di famiglia; vi trovano un ambiente fecondo ed educativo. Lo vivono come una grande possibilità di crescita. Non che gli altri missionari non ce l’abbiano. Certo è che lo spirito di famiglia caratterizza non solo il contenuto della spiritualità saveriana, ma anche le sue manifestazioni più immediate, vivaci e dirette. Il giovane se ne rende subito conto ed è particolarmente colpito da questo modo di vivere comunitario semplice, fraterno e spontaneo. E il centro di animazione missionaria? Il Centro Xavier, famoso in tutto il Messico, è il nostro centro di animazione missionaria. Vi lavorano p. Tiberio Munari, p. Raffaele Piras e il saveriano messicano p. Alberto Morales che ha studiato scienze delle comunicazioni. Lavoreranno insieme su un progetto a tappe, in varie fasi. Stiamo cercando di fare in modo che l’annuncio del vangelo, con qualunque mezzo avvenga - un giornalino o un libro, un semplice dépliant o una proposta educativa più articolata - sia fatto in modo adatto e comprensibile al pubblico per il quale è destinato. Il centro si occupa anche della produzione e diffusione di libri. Vogliamo aprirci a tematiche più direttamente missionarie. Ad esempio, vorremmo aiutare le parrocchie ad essere sempre più attente ai valori della mondialità. p. MARIO MULA, sx La proposta vocazionale Padre Mario, missionario sardo, è stato superiore in Colombia, dove 15 saveriani lavorano in quattro diocesi. p. NATALIO FORNASIER, sx I missionari saveriani sono in Brasile da più di 50 anni. L’anno scorso abbiamo pubblicato le tappe più importanti della loro presenza. Padre Natalio, superiore fino a pochi mesi fa, spiega cosa si propongono di fare i sessanta saveriani in otto diocesi brasiliane. nche noi in Colombia abbiamo raggiunto una coscienza molto più nitida di quello che dobbiamo fare: abbiamo potenziato l’animazione missionaria vocazionale. In ogni comunità un saveriano si occupa di questo a tempo pieno e vogliamo reimpostare anche le parrocchie secondo questo criterio. A l Brasile è un grande Paese cattolico, ma ha ancora bisogno di essere profondamente evangelizzato. Attualmente noi saveriani siamo in Brasile soprattutto per l’animazione missionaria e per la proposta vocazionale. Il lavoro pastorale nelle parrocchie, oltre a darci un sostegno economico, ci permette di accogliere e formare i giovani brasiliani per la missione. Siamo qui per aprire la chiesa del Brasile alla missione universale e perché la chiesa brasiliana prenda sul serio l’impegno di annunciare Gesù Cristo ai non cristiani, anche fuori dal proprio territorio, nonostante la scarsità di sacerdoti. Nessuna chiesa può sottrarsi a quest’impegno. Il Brasile sta prendendo coscienza della necessità di uscire dai propri confini. Il tema del convegno missionario nazionale dell’anno scorso era significativo: “Chiesa del Brasile, la missione è la tua vita”. Qualche vescovo ci chiede di aiutare la chiesa ad aprirsi verso il mondo intero. Abbiamo bisogno di centrare maggiormente l’obiettivo. I Come fate a ingaggiare i giovani? I contatti con i giovani avvengono attraverso le comunità parrocchiali e nelle diocesi dove noi siamo presenti. È un cammino nuovo, iniziato da poco, non solo per noi ma anche per tutta la chiesa colombiana. In questo momento in Colombia non c’è nessun altro istituto missionario che esplicitamente e così direttamente faccia animazione missionaria vocazionale. A questo impegno vocazionale ci stiamo attrezzando anche con mezzi moderni. Abbiamo iniziato il giornalino “Misioneros Javerianos de Parma” proprio per entrare in contatto con molta più gente, e soprattutto con la gioventù. Con la collaborazione di padre Fiorenzo Raffaini, di Videomission di Brescia, abbiamo fatto anche un video vocazionale. S’intitola “Que chevere ser misioneros! - Che bello essere missionari!”, ed è molto apprezzato dai giovani. La missione senza compromessi Per attuare quest’obiettivo di apertura della chiesa brasiliana alla missione, dobbiamo impegnarci di più. Prima di tutto, dobbiamo diventare santi, altrimenti non riusciamo a trasmettere né il messaggio evangelico né il carisma missionario. Secondo, dobbiamo dire chiaramente ai brasiliani che il nostro carisma è quello di uscire, di andare altrove, di annunciare il vangelo oltre la cultura e i confini del proprio Paese. Stiamo insistendo molto su questo punto nella pastorale, nell’animazione vocazionale e nella formazione. Sembra che qualcosa stia cambiando: chi sceglie di diventare saveriano sa che sarà missionario fuori dal Brasile. Per quanto riguarda l’attività parrocchiale, non dobbiamo mai perdere di vista l’obiettivo: far sì che le nostre parrocchie diventino vere parrocchie missionarie, cioè esempio e modello di come una parrocchia può realmente vivere la missione alle genti. I saveriani messicani sono un bel numero! Sono già 120 i saveriani messicani, di cui 40 sono giovani in formazione. Questo è un fatto positivo di grande speranza, non solo dal punto di vista numerico. Le grandi doti di sensibilità e di intuizione che caratterizzano i messicani sono una ricchezza per la missione e per tutta la congregazione. Dobbiamo fare di tutto per creare quel clima fraterno e libero che fa sentire ciascuno a suo agio e lo incoraggia a dare il meglio di sé. Dobbiamo abituarci ad accettare le diversità, a convivere nella fiducia reciproca e ad apprezzare i valori culturali altrui. Per questo occorre un buon esercizio di maturità psicologica e una buona dose di ottimismo. Avete anche una teologia internazionale… A Città del Messico i saveriani hanno una delle loro teologie internazionali: una comunità di giovani saveriani di varie nazionalità, che si preparano al sacerdozio. Io sono convinto che la capacità di vivere con persone di cultura diversa contribuisce notevolmente alla formazione. Questi giovani giungeranno in missione più preparati, più convinti e allenati ad accogliere le sfide che il futuro riserverà loro. Una vocazione attraente IL BRASILE PER IL MONDO Prepariamo le nuove generazioni di persone responsabili Cosa dite ai giovani per invogliarli? Noi proponiamo ai giovani la vocazione missionaria in modo diretto, facendo capire loro che se vengono con noi saveriani dovranno uscire dalla Colombia, lasciare la propria terra. È una vocazione dura e cruda come impatto. Se da un certo punto di vista spaventa, dall’altro attrae i giovani a fare una scelta di donazione completa. Abbiamo il primo missionario saveriano colombiano, con una storia tutta particolare. Era un giovane brillante, di razza negra, della parrocchia di Buenaventura e aveva il sogno di diventare saveriano. Era entrato in seminario e avrebbe avuto una buona prospettiva come sacerdote diocesano. Invece, ha lasciato tutto per venire con noi. Ha fatto il noviziato in Messico, ha studiato il francese a Parigi e ora è missionario in Congo. È padre Gerardo Pretel. Foto di Angelo Costalonga Non più da soli, ma insieme MISSIONARIO È BELLO! LA MISSIONE IN BRASILE Foto di Angelo Costalonga LA MISSIONE CONVERTE IL MISSIONARIO COSA FANNO DI SPECIALE I SAVERIANI p. MARIO MULA, sx “Chiesa del Brasile, la missione è la tua vita” L’animazione vocazionale nelle parrocchie In varie parrocchie organizziamo tutti gli anni una settimana di animazione missionaria vocazionale. Accostiamo soprattutto i giovani. Parliamo con loro della missione e della vocazione missionaria. La sera si organizzano incontri anche con gli adulti, cercando di far capire che anche loro sono responsabili per suscitare le vocazioni. Facciamo questo lavoro sempre in équipe, composto generalmente da due saveriani e due saveriane. In futuro parteciperà anche qualche laico, perché appaia che tutti sono chiamati alla missione, anche se in modi diversi. Sono interessanti le iniziative portate avanti nella parrocchia dove lavora p. Dante Volpini. Tutte le comunità che compongono la parrocchia si attivano per sostenere i missionari in Mozambico e per aiutare i giovani che studiano per diventare saveriani. Ogni anno, inoltre, organizzano un festival della canzone missionaria. In questa parrocchia i cristiani stanno formandosi a una mentalità veramente aperta al mondo. In Colombia c’è un forte contrasto tra la situazione così drammatica a livello sociale e umano, con la guerriglia e la violenza, e la tranquillità della chiesa che continua nella sua opera normale, in una realtà che normale non è. Noi missionari abbiamo sentito il bisogno di reagire. La nostra non è una presa di posizione, ma un’azione di cambiamento ispirata dal vangelo. Stiamo preparando le nuove generazioni perché siano composte di persone responsabili, che non accettino determinate situazioni e aprano gli occhi alla realtà così com’è, fatta di ingiustizie, corruzione, denaro facile attraverso il narco-traffico. Stiamo passando da una pastorale tradizionale a una pastorale più evangelizzatrice. Nel lavoro pastorale quindi scegliamo stili evangelizzatori. Stiamo puntando, ad esempio, sulle comunità ecclesiali di base, sulla formazione dei leader, sulla responsabilità dei laici. Nelle piccole comunità, sparse nel territorio della parrocchia, cerchiamo di riunire i cattolici che vivono vicini. A volte sono dieci o quindici, ma si incomincia da un nucleo. Non sono semplici gruppi di preghiera. Certo, pregano anche; ma si basano soprattutto sulla vita cristiana: studiano la parola di Dio, partecipano alle celebrazioni settimanali, gestiscono i servizi sul territorio con attenzione alle necessità della gente. È un tessuto che va creandosi lentamente, poco a poco. Dopo 4 secoli di mentalità sacramentale, cambiare è difficile; ma rappresenta anche una sfida bella e interessante. Questo richiede a tutti noi saveriani un cambiamento di mentalità e di approccio. Devo dire che dovunque c’è molta vivacità ed entusiasmo. 5 2004 GIUGNO 2004 GIUGNO IL MONDO IN CASA SUD/NORD NOTIZIE Sempre più grande e diversa Il 1 maggio dieci nuovi Paesi sono entrati a far parte dell’Unione Europea e della Nato. Appare strano che le merci possano circolare da subito, mentre i lavoratori dovranno aspettare ancora due anni “in quarantena”. Tanto ricca, tanto povera. Denis Viénot, presidente di Caritas Europa, ha presentato al Parlamento europeo un rapporto dal titolo: “La povertà in Europa: il bisogno di politiche orientate alla famiglia”. Dallo studio emerge che la povertà può essere una condizione momentanea nella vita delle persone oppure cronica da cui è difficile uscire. L’indigenza diventa così terreno fertile per droga, alcolismo o altre dipendenze che a loro volta sono causa di impoverimento. Tra le priorità il presidente di Caritas Europa ha indicato politiche di accoglienza e assistenza all’infanzia, ai “bambini di strada” Europa: il rovescio della medaglia soprattutto nei Paesi dell’Est, maggior impegno per l’assistenza a domicilio e una politica europea per la riunificazione delle famiglie di immigrati. L’Aids contagia l’Est. Un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) ha evidenziato un aumento della diffusione del virus Hiv nei Paesi dell’Europa orientale. Nella sola Russia al primo di febbraio erano 264 mila le persone infette, ma l’epidemia cresce in Bielorussia, in Ucraina, Estonia, Lettonia e Moldavia. “Solo lo sviluppo completo della democrazia nei Pesi dell’Est è in grado di proteggere i diritti delle persone colpite dal virus” ha detto il direttore dell’Undp, Malloch Brown. Armi e guadagno Cresce l’esportazione di armi. Uno studio del Sipri, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, ha rivelato che nel mercato mondiale degli armamenti nel 2003 il giro d’affari dell’Unione europea ha superato quello degli Stati Uniti. I membri della Ue detengono ormai oltre un quarto del mercato, con un volume di esportazioni di circa quasi 5 miliardi di dollari. Gran Bretagna, Francia e Germania hanno oltre l’80% del giro d’affari continentale. L’esportazione bellica italiana nel 2003 ha registrato un aumento delle nuove autorizzazioni di quasi il 40% nonostante la legge 185 che prevede il divieto di esportazione di prodotti bellici a Paesi in guerra, sotto embargo internazionale per il mancato rispetto dei diritti umani o che spendono più per le armi che per il proprio sviluppo. È accaduto così che la Cina, sotto embargo Ue, sia il terzo miglior partner dell’Italia. L’export di armamenti continua a rappresentare una quota rilevante del Pil dei Paesi industrializzati. Lo stock globale di armi continua a crescere, l’anno scorso si contavano almeno 639 milioni di armi leggere. È stato riscontrato, inoltre, che in Europa i 15 Paesi dell’Unione Europea detengono da soli 84 milioni di armi da fuoco, che l’80% di questo totale è nelle mani di civili e che il numero di armi detenute illegalmente supera quello delle armi legalmente in circolazione. La diffusione di armi leggere ha un impatto forte in caso di guerra aperta anche sullo sviluppo del Paese. Si può avere, infatti, una perdita diffusa di personale in settori vitali dell’economia, una paralisi dell’industria e dei cicli di colture, un aumento dei costi legati alle cure dei feriti. Ad andare in tilt, a scapito del- MISSIONI NOTIZIE Diritti violati Vietnem: cristiani in fuga. Molti cristiani indigeni abitanti degli altipiani del Vietnam centrale, stanno fuggendo nella vicina Cambogia dopo la recente ondata di repressioni. Nel frattempo, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha dovuto chiudere il proprio ufficio nel nord della Cambogia. L’accoglienza per queste persone ora diventa più difficile. Gran parte di questi indigeni sono cristiani protestanti; da 30 anni subiscono espropri di terre e persecuzioni religiose. Il governo vietnamita non riconosce i loro diritti perché li considera “nemici dello stato” essendosi schierati con gli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam. Cina: la Pasqua del vescovo. Mons. Giulio Jia, vescovo cinese non riconosciuto dal governo, è stato rilasciato dopo dieci giorni di detenzione. Gli era stato permesso di portare con sé i libri liturgici e l’occorrente per celebrare la Messa nella stanza dell’albergo dov’era in isolamento. “È stata dura celebrare la liturgia della settimana santa e della Pasqua senza i miei fedeli e i miei sacerdoti” ha dichiarato mons. Giulio al suo rilascio. “L’unica cosa che potevo fare era pregare e aspettare con pazienza”. 6 Cristiani martirizzati. Due missionari evangelici statuniten- si, Warren e Dona Pett, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco da un gruppo di uomini armati non identificati nel nordovest dell’Uganda. I due missionari lavoravano come insegnanti per l’organizzazione non governativa “Here is life”. In Pakistan, un giovane cattolico di 19 anni, Javed Anjum, è stato ucciso da estremisti islamici dopo 5 giorni di atroci torture inflitte per convertirlo. Il caso ha suscitato le proteste della comunità cristiana che ha deciso di citare in corte i responsabili. La partecipazione di alcuni ragazzi islamici al digiuno quaresimale e la condivisione di una giornata di digiuno durante il ramadan da parte degli allievi cristiani sono la dimostrazione di come la comunità cristiana in Pakistan si sia sempre dimostrata aperta al dialogo con l’Islam. Non solo numeri La chiesa Cattolica cresce nel mondo. Secondo l’ultima edizione dell’Annuario Statistico (2002) edito dall’Editrice vaticana, negli ultimi 25 anni il numero dei battezzati ha avuto un incremento del 151% in Africa. Meno accentuato il progresso in America e in Asia. Dalla distribuzione dei cattolici battezzati nelle varie aree geografiche emerge che il continente America raccoglie il 50% dei cattolici del mondo, mentre l’Europa si ferma al 26%. Nonostante questi dati, la distribuzione del clero tra i continenti è caratterizzata da una forte prevalenza di sacerdoti europei. Il numero complessivo di sacerdoti ha subito una flessione, in modo particolare in Europa; sono invece aumentati i sacerdoti locali in Asia, Africa e America. Corea del Sud: laici forza evangelizzatrice. Sono oltre 130.000 i cattolici coreani all’estero, una vera e propria forza evangelizzatrice presente in 60 Paesi. Fra loro vi sono 172 sacerdoti e 121 suore. Oltre la metà dei cattolici coreani all’estero vive in Nord America. Queste cifre testimoniano la vitalità e la forza missionaria della chiesa coreana. Il laicato cattolico, in modo particolare, è un esempio di vivacità, dinamismo, maturità e capacità di evangelizzare. Ruanda: appello del Papa. “Sono trascorsi dieci anni da quando in Ruanda scoppiarono l’intera popolazione, sono anche i servizi sanitari ed educativi e il sistema dei trasporti. Sudan, Uganda, Ruanda, Burundi e Congo e altri sei Paesi della regione dei Grandi Laghi hanno firmato a Nairobi un’intesa per la messa al bando della fabbricazione illegale, del traffico, del possesso e dell’abuso delle armi leggere e di piccolo calibro. In Liberia prosegue il disarmo delle fazioni liberiane, ma non basta. “Per una pace vera occorre andare oltre e affrontare i nodi politici ed economici che sono alla base della lunga crisi liberiana”. Lo ha affermato p. Mauro Armanino, missionario nel Paese africano. Liberia, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Guinea, sono tutte crisi legate le une alle altre e alimentate dalle stesse reti di traffici e complicità internazionali. “Le armi qui sono arrivate in container scaricati da mercantili, non con la piroga. Vi sono grandi organizzazioni criminali che trafficano in armi, droga, legname e diamanti e che alimentano i conflitti africani per perpetuare i loro traffici. È ora che la comunità internazionale s’occupi di questo problema se vuole affrontare alla radice le cause delle guerre africane”. Mine. Il governo tedesco ha contribuito allo sminamento del territorio della Guinea Bissau. Lo ha fatto attraverso la Caritas e l’organizzazione “Humaid”, fondata dal 1999 da un gruppo di reduci di guerra guineiani e specializzata nello sminamento. Dal 2000 ad oggi “Humaid” ha distrutto 2.494 mine e oltre 14 mila ordigni inesplosi. Dal 1998 la Caritas Germania è tra i partner maggiori della rete di solidarietà che aiuta la Caritas della Guinea. L’obiettivo fissato per il 2004 è quello di dichiarare la capitale Bissau libera dalle mine per poi procedere a liberare da questa minaccia anche l’interno del Paese. IL BILANCIO C.S.A.M. R.I. 50127 - Bilancio d’esercizio al 31.12.2003 in forma abbr. ex art. 2435 bis C.C 34!4/0!42)-/.)!,% !44)6/ !#2%$)4)63/#)0%26%23!-%.4)!.#/2!$/654) )NONRICHIAMATI ))RICHIAMATI 4/4!,%! ")--/"),)::!:)/.) )IMMOBILIZZAZIONIIMMATERIALI MENOFONDIDIAMMORTAMENTO IMMOBILIZZAZIONIIMMATERIALINETTE ))IMMOBILIZZAZIONIMATERIALI MENOFONDIDIAMMORTAMENTO IMMOBILIZZAZIONIMATERIALINETTE )))IMMOBILIZZAZIONIlNANZIARIE 4/4!,%" #!44)6/#)2#/,!.4% )RIMANENZE ))CREDITI DICUIESIGIBILIOLTRELESERCIZIOSUCCESSIVO )))ATTIVITÌlNANZIARIECHENONCOSTITUISCONOIMMOBILIZZAZIONI )6DISPONIBILITÌLIQUIDE 4/4!,%# $2!4%)%2)3#/.4)!44)6) 4/4!,%0!42)-/.)!,%!44)6/ 0!33)6/ !0!42)-/.)/.%44/ )CAPITALESOCIALE ))RISERVEDASOVRAPPREZZOAZIONI )))RISERVEDARIVALUTAZIONE )6RISERVALEGALE 6RISERVAPERAZIONIPROPRIEINPORTAFOGLIO 6)RISERVESTATUTARIE 6))ALTRERISERVE 6)))UTILIPERDITEPORTATEANUOVO )8UTILEPERDITADELLESERCIZIO 4/4!,%! "&/.$)0%22)3#()%$/.%2) #42!44!-%.4/$)&).%2!00/24/,!6/2/35"/2$).!4/ $$%")4) DICUIESIGIBILIOLTRELESERCIZIOSUCCESSIVO %2!4%)%2)3#/.4)0!33)6) 4/4!,%0!42)-/.)!,%0!33)6/ #/.4/%#/./-)#/ MESSAGGI DALLE CHIESE MISSIONARI SAVERIANI PER LA PACE Noi Missionari Saveriani d’Italia ci sentiamo in comunione con tutti i missionari e le missionarie che operano nel mondo intero. Preoccupati per le drammatiche situazioni di tanti popoli per i quali dedichiamo la vita intera per vocazione, facciamo nostre le parole del Papa nella Giornata mondiale per la pace 2004: “Per il cristiano proclamare la pace è annunciare Cristo che è la nostra pace; è annunziare il suo vangelo, che è vangelo della pace; è chiamare tutti alla beatitudine di essere artefici di pace”. Queste parole sacre interpellano noi missionari e l’intera società umana per essere veri costruttori di pace in mezzo all’umanità ferita, attraverso un impegno instancabile e univoco a favore della giustizia e della pace. Esprimiamo il nostro “no” a ogni guerra, a ogni forma di oppressione e terrorismo, a ogni facile e indiscriminato commercio di armi. Conflitti armati, ormai cronici, hanno soltanto causato milioni di vittime in tanti Paesi d’Africa, d’America latina, d’Asia e in Medio Oriente. È ora di fare un’inversione di marcia, per dare spazio al dialogo e alla non violenza, per la riconciliazione dei popoli nell’equità. Siamo convinti, noi Missionari, che le Nazioni Unite e l’Unione Europea debbano assumere responsabilmente la loro funzione mediatrice e pacificatrice nei conflitti in corso. Richiediamo perciò ai responsabili anche della nostra Italia, al governo e all’opposizione indistintamente, un forte e deciso impegno a livello politico e diplomatico a favore di una soluzione dei conflitti, per una convivenza dei popoli e per il rispetto dei diritti umani. Esortiamo i massmedia a non prestarsi al gioco dei poteri e dell’audience, ma ad essere attenti alle situazioni dei popoli, facendo emergere con trasparenza la verità dei fatti, dei comportamenti e degli interessi che soggiacciono a tutti i conflitti. Siamo solidali con tutte le famiglie, italiane e di ogni altra nazionalità, che sono in attesa di riabbracciare i propri figli, mentre esortiamo i giovani a scegliere impieghi lavorativi “civili” e che non comportano impiego o produzione di armi. Nella fede affidiamo le sorti dell’umanità al Padre universale, mentre preghiamo Cristo Crocifisso che si è fatto obbrobrio dell’umanità per portare la riconciliazione nelle coscienze e restituire ai popoli la speranza di formare una sola famiglia. gravi scontri tra hutu e tutsi, culminati nel genocidio, in cui vennero barbaramente uccise centinaia di migliaia di vittime. A voi, care popolazioni, capi reli- DIALOGO E SOLIDARIETÀ giosi e civili, e a tutti voi che nella comunità internazionale, vi impegnate generosamente per portare la pace nell’amata Regione dei Grandi Laghi, io dico: non vi scoraggiate! Siate costruttori della civiltà dell’amore, animati dalla parola del Salvatore. Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”. !6!,/2%$%,,!02/$5:)/.% 2)#!6)$%,,%6%.$)4%%$%,,%02%34!:)/.) 6!2)!:2)-02/$/44)).#/23/$),!63%-),&).)4) 6!2)!:)/.%$%),!6/2)).#/23/35/2$).!:)/.% ).#2%-%.4)$))--/"),)::!:)/.)0%2,!6/2)).4%2.) !,42)2)#!6)%02/6%.4) DICUICONTRIBUTIINCESERCIZIO 4/4!,%! "#/34)$%,,!02/$5:)/.% 0%2-!4%2)%02)-%3533)$)!2)%#/.35-/-%2#) 0%23%26):) 0%2'/$)-%.4/"%.)$)4%2:) 0%2),0%23/.!,% ASTIPENDI BONERISOCIALI CTRATTAMENTODIlNERAPPORTO DTRATTAMENTODIQUIESCENZA EALTRICOSTI !--/24!-%.4)%36!,54!:)/.) 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Da alcune settimane si trovava all’ospedale maggiore di Parma ed è deceduto il 14 maggio scorso. I funerali si sono svolti lunedì 17 maggio, il giorno del suo 85mo compleanno, nel santuario del beato Conforti a Parma. Padre Giuseppe era nato a Poleo di Schio, in provincia di Vicenza. Era entrato tra i saveriani all’età di 25 anni e fu missionario in Sierra Leone per più di trent’anni, dal 1956 al 1998. Si distingueva per il suo portamento nobile e gentile con tutti. In Sierra Leone si era preso cura degli handicappati, ciechi e lebbrosi. Mentre stiamo andando in stampa, riceviamo la notizia della morte di un altro grande pioniere della missione saveriana in Sierra Leone: padre Serafino Calza. Avrebbe compiuto 88 anni alla fine di maggio, ma il 18 maggio, è deceduto all’ospedale dei fatebenefratelli di Lunsar, dove era stato ricoverato da due giorni per curare una broncopolmonite. Originario di Castelvetro, in provincia di Piacenza, ha fatto parte dei primi saveriani giunti in Sierra Leone, dove ha lavorato, con un entusiasmo sempre rinnovato, praticamente per tutta la vita. Padre Serafino è stato sepolto sotto le palme della casa saveriana di Makeni, in terra africana. LETTERE AL DIRETTORE p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale MISSIONARI E CITTADINI VERI Caro direttore, siamo stupiti del clamore che si sta verificando intorno alla notizia del sequestro dei lavoratori italiani in Iraq e nel contempo siamo molto vicini alle loro famiglie con le quali condividiamo ansie ed angosce, perché nel 1999 abbiamo vissuto la stessa triste esperienza. Quando nostro figlio, missionario saveriano, è stato sequestrato dai ribelli in Sierra Leone, abbiamo trascorso giorni veramente terribili che abbiamo potuto sopportare solo con la vicinanza ed il sostegno di tante persone amiche. In quel frangente lo Stato e le sue istituzioni, i grandi conduttori della televisione, i mass media in generale, ad eccezione di quelli locali, non hanno dato molto risalto a questo fatto, benché oltre ai sei missionari saveriani fossero state rapite anche sei suore di Madre Teresa e più di una decina di lavoratori indiani. Certo non si trattava di italiani veri in quanto molte persone erano extracomunitarie e i saveriani, si sa, sono cittadini del mondo che però sanno aiutare la gente bisognosa senza ricevere un compenso, se non quello del Signore. Mi spieghi, per favore, la motivazione del diverso interessamento per due casi, a nostro avviso, simili. Cordiali saluti. Emi e Giuseppe, Toscolano, BS Cara Emi, caro Giuseppe, grazie per avermi inviato questa vostra lettera, che mi ha fatto riandare con la mente e con il cuore a quei tempi così angosciosi e drammatici. Li abbiamo vissuti insieme, voi genitori e noi missionari, perché tutti - voi lo sapete bene - ci sentiamo della stessa famiglia. Proprio per questo, come voi scrivete, siamo capaci di comprendere l’angoscia e le paure di ogni nuovo rapito, di ogni torturato, di ogni persona vittima dei conflitti armati. Ma veniamo ai tre aspetti importanti da voi toccati. 1. I mass media dovrebbero dare informazioni, approfondire situazioni, aiutare gli spettatori a seguire e comprendere, dare voce alle cause giuste… Purtroppo oggi sono pochi i pro- Fr. Guglielmo e p. Girolamo alla Messa di ringraziamento, dopo la liberazione grammi che svolgono un lavoro serio. Spesso mirano a fare spettacolo, a creare la notizia piuttosto che dare informazione. Alla fine, il danno è più del guadagno. Più che il chiasso, è efficace l’azione diretta e discreta. 2. L’azione deve essere iniziativa degli organismi competenti, soprattutto a livello diplomatico e di contatto. A volte lo fanno; altre volte meno. Molto dipende dalla disponibilità delle persone che occupano un incarico. C’è da dire che non è mai facile seguire casi come rapimenti e sequestri. Io sono convinto, tuttavia, che la migliore iniziativa sia sempre quella preventiva. Creare e mantenere il più possibile rapporti di pacifica convivenza e di buon vicinato, è sempre più efficace che correre dietro ai ladri! Purtroppo, la diplomazia non sempre apprezza le cose facili. 3. Gli italiani veri: chi sono? Spero che i missionari e le missionarie siano tra i migliori italiani, in qualunque parte si trovino. Valgono molto, per quello che sono e per quello che fanno per il bene dell’umanità, anche se non curano gli interessi di compagnie, banche o imprese. Ormai ci hanno “sequestrato” perfino il linguaggio: gli eserciti vanno in “missione di pace”; i militari sono “soldati di pace”… A noi missionari, tutt’al più, chiamano “pacifisti”, come dire …poveri illusi. Non ci resta che sperare nell’aiuto del Signore, che è vicino a coloro che a lui si affidano: a noi figli vostri; a voi nostri familiari; ai popoli che amiamo fino a dare la vita. p. Marcello, sx SOLIDARIETÀ CON I MISSIONARI BURUNDESI PICCOLI PROGETTI La diocesi di Gitega in Burundi, che nel 1999 ha festeggiato i cento anni dall’inizio dell’evangelizzazione, ha abbondanza di religiosi e religiose, missionari laici e sacerdoti diocesani. Per questo, il vescovo, mons. Ruhuna, ha preso un’iniziativa sorprendente: mandare alcuni sacerdoti della chiesa locale in aiuto a diocesi africane più povere di personale. Dopo la tragica morte di mons. Ruhuna, ucciso nel 1996, mons. Simone Ntamwana ha portato avanti il progetto del suo predecessore ed ha inviato i primi due sacerdoti in missione in una diocesi del Camerun, priva di clero. Così sono partiti per Ngaunderé don Jean Kadende e don Claver Basikusankana, mentre un terzo si sta preparando a partire. La chiesa di Gitega ha coinvolto tutti i cristiani, raccogliendo il necessario per pagare il biglietto e per le necessità dei primi sacerdoti missionari, ma avrebbe bisogno anche di altri mezzi. Ci rivolgiamo a tutti i lettori di “Missionari Saveriani” chiedendo loro di dare una mano per poter consolidare e allargare questa iniziativa missionaria africana. Il progetto è stato suggerito da padre Rino Benzoni, superiore generale dei saveriani. 3/2004 – MAKENI Aule per la Scuola Conforti Nella località “Mile 91” in Sierra Leone, occorre ampliare la Scuola Secondaria Vescovo Conforti, per soddisfare alle richieste di educazione della gioventù. Occorrono sette aule e il mobilio scolastico, per una spesa complessiva di 50.000,00 euro. La scuola è importante! • Responsabile del progetto è il vescovo saveriano mons. Giorgio Biguzzi ••• 4/2004 – CAMERUN Con i missionari burundesi La diocesi di Gitega in Burundi ha inviato tre sacerdoti a Ngaunderé, in Camerun, una chiesa povera di clero. I sacerdoti hanno bisogno di aiuto e mezzi per realizzare la loro missione e far sì che l’iniziativa possa continuare. Chiediamo volentieri una mano... • Responsabile del progetto è mons. Simone Ntamwana, vescovo di Gitega, Burundi Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438, intestato a: Procura delle Missioni Saveriane, Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA Mons. Ntamwana (a destra) con suore e sacerdoti missionari Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie. 2004 GIUGNO ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 Con la stoffa del missionario La visita gradita di Leonardo n pomeriggio d’inverno, con il cielo grigio, stavamo discutendo dei soliti problemi che non si sa bene come risolvere. Chi più chi meno, un po’ di grattacapi ce li hanno tutti, anche noi missionari. Suona il campanello della porta. Andiamo ad aprire. Si presenta davanti a noi un ragazzo. Era solo. O meglio, lo dirà lui stesso, c’erano anche altri U Leonardo, tredici anni, e tanto spirito missionario ragazzi fino a poco prima; ma solo lui ha avuto il coraggio di giungere alla porta della casa dei missionari e suonare, mentre gli altri erano filati via. Un ospite con il cuore di amico Si presenta. “Mi chiamo Leonardo, ho tredici anni, frequento la scuola Paolo VI. Vengo da Agri, una frazione di Alzano Lombardo. Sono entrato da poco nel gruppo missionario Belem”. Poi continua dicendo che è emozionato e che il cuore gli batte forte. Desidera parlare con alcuni missionari veri. Padre Marino ed io ci guardiamo in faccia e, stupiti per questo inatteso ospite, lo invitiamo ad entrare. Si siede e si rilassa, mentre continua a parlare come una macchinetta inarrestabile. Il suo volto esprime soddisfazione, i suoi occhi sono raggianti. Leonardo ci parla dei suoi amici, del- p. SILVANO DA ROIT, sx la scuola, dei suoi interessi, delle cose belle della vita, della sua famiglia, del suo impegno di chierichetto, della sua fede, del gruppo missionario che ha cominciato a frequentare… Il discorso fila via veloce, senza intoppi, toccando tanti argomenti. In pochi minuti ci ha comunicato una serie impressionante di notizie, che lo riguardano in prima persona, come se fossimo degli amici che da tanto tempo non vedeva. Sembrava desiderasse condividere tutto con noi. Il pukur in Bangladesh Presi alla sprovvista da così tanta fiducia e amicizia, simpatia e semplicità, lo ascoltiamo con vivo interesse. Aveva letto un articolo dove si parlava del “pozzo di Ryan” - il bambino che aveva raccolto 25.000 dollari per costruire un pozzo in Uganda e Leonardo si è messo in testa di fare altrettanto. Lettera aperta a Leonardo …e ai ragazzi come lui aro Leonardo, condivido le tue idee sul mondo e sulla società di oggi. Sai, una cosa mi ha colpito in particolare: tu non ti lamenti delle cose storte che vedi attorno, ma cerchi di darti da fare per cambiare in meglio e costruire un mondo migliore di quello nel quale viviamo. C 8 Non siamo programmati Purtroppo, come dici tu, tanti giovani corrono qua e là, si sfiorano, non si salutano, sono chiusi nei loro pensieri, nei loro studi, nei loro mondi di sensazioni e di interessi. Ci sono momenti nella vita in cui non si può andare avanti in automatico, come se fossimo programmati dal computer della società. In quei momenti, frasi come “ho sempre fatto così” o “lo fanno tutti” non bastano più. Allora diventa necessario fermarsi e guardarsi dentro, fare pulizia di tante cose inutili e scegliere qualcosa per cui valga la pena spendere la propria vita in un progetto personale. Solo questo ti dà la forza di andare avanti. Nei momenti in cui siamo maggiormente in crisi e in difficoltà, si aprono delle possibilità inaspettate e si presentano occasioni formidabili che ci aiutano a crescere. Certamente bisogna avere le idee chiare e farsi le domande giuste: Sei tu che guidi la tua vita, oppure ti mascheri sotto la scusa di quello che dicono gli altri? Che giova guadagnare il mondo intero se poi uno rovina se stesso? Qualche buon consiglio… Caro Leonardo, il motivo per cui ti scrivo è questo. Mi sembra di aver capito che tu stai cercando i veri valori della vita. Posso darti qualche buon consiglio? Guarda con ottimismo a coloro che vivono attorno a te, cominciando dai familiari, amici e compagni. Continua ad apprezzare tutti i loro piccoli gesti che servono ad aiutare e incoraggiare, a creare fiducia e dare speranza. Continua a compierli anche tu senza scorag- padre SILVANO giarti. Di queste cose noi tutti abbiamo bisogno. Vedi Leonardo, quando Dio ti ha creato, ha pronunciato su di te una Parola d’amore e tu sei nato per realizzarla. Quella Parola è la chiave della tua vita; è la chiave della tua felicità. Quando io avevo la tua età, ho avuto la fortuna di intuire che per me significava fare il missionario e ne sono davvero felice! Ti scrivo per dirti che, tra le possibilità di vita che si aprono davanti a te, c’è anche questa. Penso di essere autorizzato a farlo, visto che sono un missionario e mi sembra di capire che anche tu hai …la stoffa per diventarlo. Leonardo e Sara, con la loro bancarella solidale, per aiutare i missionari Dopo aver spiegato la sua idea ai genitori e agli amici, tra cui il professor Paolo insegnante di religione, ha iniziato a raccogliere dei soldi. In pochi mesi ha messo insieme una cifra considerevole che vuole destinare alle missioni, con l’intenzione di fare del bene. Vorrebbe che questa sua prima offerta andasse per costruire un “pukur” in Bangladesh, dove lavora padre Enzo Valoti, un saveriano di Alzano che Leonardo conosce bene. Il pukur è una grande riserva di acqua piovana a cielo aperto, come ce ne sono a migliaia in tutto il territorio del Bengala. Le mani speciali di Sara Leonardo ci ha raccontato in che modo si è procurato il denaro. Innanzitutto ha usato i suoi risparmi; poi le mance ricevute a Natale dai parenti; qualcosa hanno dato i genitori; altro è venuto dai compagni di scuola che lo hanno aiutato. Ci parla con riconoscenza di una sua deliziosa amica, Sara: “ha due mani speciali con le quali costruisce oggetti molto belli da vendere e il ricavato va per le missioni”. In futuro vorrebbe aiutare altri missionari. Per questo è venuto da noi a chiederci se ci sono altri progetti da sostenere. Noi gli facciamo vedere il nostro mensile “Missionari Saveriani”, dove ogni mese vengono segnalati progetti concreti portati avanti dai saveriani. Considerato che sono ragazzi, suggeriamo loro che potrebbero impegnarsi ad aiutare altri ragazzi meno fortunati di loro. Un desiderio del cuore Leonardo ci dice che si è sentito accolto calorosamente e che è stato molto felice di aver fatto la nostra conoscenza. Ripete che è felice di poter fare qualcosa per le missioni. Anche noi siamo molto contenti che Leonardo, insieme agli amici, aiuti le missioni con i progetti; ma nel nostro cuore è nato un desiderio: che donasse se stesso, diventando missionario. È chiedere troppo al Signore? A noi sembra di no. Per questo l’abbiamo detto anche a Leonardo, perché ci pensi un po’. PROSSIMI APPUNTAMENTI Per i giovani Ritiro: domenica 27 giugno, ore 14,30 “Missione: sulla stessa barca con Pietro” DIO NON PRODUCE IN SERIE! S. DA ROIT I soldi raccolti da Leonardo serviranno a costruire una riserva d’acqua in Bangladesh, dove è missionario p. Enzo Valoti (nella foto) Noi siamo abituati alle cose fatte in serie; Dio no! Dio progetta ognuno di noi in modo originale. Ogni persona è un dono di Dio, creato dalle sue mani piene d’amore. Fin dalla nascita, siamo fatti in modo tale che abbiamo dentro tutto quello che ci serve per poter superare i problemi e vivere felici per tutta la vita. Ognuno di noi può essere davvero felice solo se scopre il pensiero di Dio quando l’ha messo al mondo e cerca di viverlo. Ci sono tanti modi per vivere la propria vita secondo il pensiero di Dio e aiutando gli altri. Il desiderio della felicità è dentro ciascuno di noi. Purtroppo molti fraintendono la felicità e la riducono al piacere o al risultato immediato. Una volta raggiunto l’obiettivo, sono risucchiati in una spirale insaziabile che crea dipendenza, delusione e solitudine. Tante cose che noi intendiamo come felicità non hanno nulla a che fare con essa e vanno nella direzione opposta: creano infelicità. È necessario diventare liberi, distaccarsi da ciò che non vale, imporsi una certa disciplina, sottoporsi al lento e graduale esercizio della crescita spirituale e umana che il vangelo di Gesù Cristo ci indica. Bisogna smettere di adorare se stessi ed il proprio piccolo mondo. Allora tante cose perdono il loro fascino. Quando ci lasciamo illuminare da Dio, riusciamo a scoprire i veri tesori della vita. 2004 GIUGNO BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Sui pedali per aiutare gli altri Un atleta bresciano davvero speciale ngiolino Tomasi è un maestro di tennis, ha 37 anni e una passione: la bicicletta. In sella alla sua mountain bike ha partecipato ad alcune gare “estreme” per la lunghezza del percorso e le condizioni am- A Angiolino Tomasi in Alaska bientali. Durante la preparazione di questi appuntamenti ha incontrato tante persone, che sono diventate importanti per la sua vita non solo di atleta. L’abbiamo intervistato. Come sei passato dal tennis alla bicicletta? Mio padre era allenatore di una squadra ciclistica. Voleva che corressi in bici e diventassi un campione. Ma mi è stato talmente addosso che io, invece, ho scelto di giocare a tennis. La cosa è iniziata con semplicità, contro i muri di una chiesa. Poi mia madre mi ha iscritto a un corso; mi sono trovato bene e ho continuato. L’anno in cui mio papà è morto ho cominciato a correre in bici e in seguito è nata quest’idea dell’avventura. Un’oasi dello spirito Incontro di preghiera a San Cristo GRUPPO RnS utto ha avuto inizio durante una passeggiata per la stradina che da Santa Giulia porta verso il Castello. Eravamo in cerca di una chiesetta dove poter fare un cammino di preghiera con i giovani. È così che siamo capitati, quasi per caso, al portone del complesso di San Cristo e abbiamo conosciuto i missionari saveriani. T Rinnovamento nello Spirito Grazie alla loro accoglienza abbiamo iniziato ad incontrarci mensilmente. I due chiostri e la cappella dei missionari ci hanno permesso di gustare un clima di raccoglimento che favorisce la preghiera e la condivisione, in pieno centro storico e con il vantaggio di arrivare in macchina direttamente sul posto. 8 Attualmente questa esperienza coinvolge tutto il nostro gruppo del Rinnovamento nello Spirito, che si raduna ogni giovedì. Un paio di volte al mese s’incontra, per momenti di condivisione e lavoro, anche la comunità Agape, un piccolo gruppo di fratelli e sorelle che, sempre nel cammino del Rinnovamento nello Spirito, sono impegnati nel campo dell’evangelizzazione. A volte organizziamo giornate di incontro con gruppi di giovani provenienti anche da fuori Brescia, come a dicembre, quando le sorelle della Fraternità Tenda di Dio hanno incontrato una ventina di giovani di Como. Un incontro del gruppo Rinnovamento nello Spirito in casa dei saveriani DIEGO PIOVANI Ma perché hai scelto le gare “estreme”? Sono sempre stato attratto da questi pionieri che giravano il mondo a piedi, in bici e mi dicevo: “Prima o poi farò anch’io qualcosa del genere”. Sono sempre stato un esploratore; e anche un solitario. L’idea del viaggio estremo, per quanto mi riguarda, è nata da una forte insicurezza. Si è trattato di una forma di riscatto per non essere riuscito a sfondare come professionista nel tennis. Poi hai incontrato il missionario Enzo Missoni… Mi sono accorto negli ultimi anni, durante le competizioni in Australia e Nuova Zelanda, che una grossa componente del mio fattore agonistico cominciava a venire meno. Non avevo più voglia di gareggiare per un trofeo. Ci sentiamo a casa Ogni volta che oltrepassiamo il portone, in macchina o a piedi, la sensazione è di sentirci a casa; la sensazione di una silenziosa accoglienza paterna, segno della Provvidenza del Padre che si rende visibile a noi nel concreto. Siamo particolarmente grati per l’ospitalità di padre Rosario e di tutti i saveriani della comunità. È bello riscoprire la possibilità di una comunione semplice, forse fatta di poche parole, ma che si vive nei fatti. Per noi, sono le porte della chiesa che si aprono per accoglierci, proprio attraverso quelle di una casa che ha già una storia secolare e importante, prima come monastero, poi come seminario diocesano, e che continua ad averla come comunità di missionari impegnati nella diffusione dei valori evangelici in Italia e in tutto il mondo. Luogo di spiritualità Da quest’anno ci riuniamo in un ampio salone al primo piano, dopo aver attraversato tutto il chiostro interno; da qui si gode un bellissimo scorcio della città sottostante e anche verso il verde che circonda il Castello, situato appena più in alto. Confessiamo un nostro segreto desiderio: che la chiesa di San Cristo venga riaperta al pubblico, non solo come monumento d’arte, ma come luogo della spiritualità cristiana e missionaria, così da incoraggiarci a riscoprire più in profondità la bellezza della nostra fede e storia cristiana. Sentivo il desiderio rendermi utile, ma non sapevo come. Lo stesso anno in cui mi stavo allenando per la gara in Alaska ho conosciuto Enzo Missoni, missionario laico che lavora in Burkina Faso, fondatore del Centro Oasis. Parlando con lui, mi è venuta l’idea di far arrivare alcune biciclette in Africa. Gli ho chiesto se mille sarebbero state sufficienti per coprire le esigenze della sua missione e di altri villaggi vicini, e da lì è nata la nostra collaborazione. Come hai conosciuto i missionari saveriani? Ero venuto a vedere la mostra sugli indio kayapò e avevo espresso il desiderio di fare del volontariato, per un paio di mesi, in Indonesia. Poi ho chiesto se era possibile montare un documentario sulla missione di Koudougou dove opera Enzo Missoni, per mostrarlo negli oratori e nelle scuole elementari. In questo modo ho conosciuto p. Fiorenzo Raffaini, direttore di Videomission, che mi ha fornito le attrezzature per il viaggio in Alaska. Inoltre, padre Rosario, rettore dei saveriani di Brescia, ha messo a disposizione il garage per la raccolta delle bici che sono custodite in vari posti della città. Come sta andando il progetto delle bici? Sta andando bene, anche se allenandomi molto non ho tempo per seguirlo come vorrei. Per questo ho affidato il progetto all’associazione “Cuore estremo onlus” da me fondata e che ha sede a Brescia. Si tratta di biciclette che i bre- Alcune delle mille biciclette che Angiolino porterà in Burkina Faso sciani tenevano nelle loro cantine, ancora funzionanti. A giugno partiranno per il Burkina Faso. Una signora finanzierà per metà il viaggio in container, che costa quasi 7.000,00 euro; sto cercando finanziatori per l’altra metà. Impiegheranno un mese e mezzo ad arrivare; ci vorrà un altro mese per sdoganarle. Io partirò in settembre, in bicicletta, e dovrei riuscire a far coincidere il mio viaggio con la distribuzione di tutto il carico. Non sarà una gara; la vivrò con i miei ritmi, senza pensare di essere in competizione con qualcuno. Insomma, ti piace fare da testimonial! Sì, mi piacerebbe poter focalizzare la mia attenzione su un’unica missione ed aiutarla. Vorrei anche poter continuare a viaggiare molto, senza per questo perdere di vista ciò che accade nella nostra città. È bello poter contribuire a migliorare, almeno un po’, le condizioni di vita degli abitanti dei luoghi che vado a visitare. LE NOZZE D’ORO DEI TAINI Sabato 1° maggio sono successe tante cose. Una è stata particolarmente intima e familiare, ed è successa nella casa dei missionari saveriani a Brescia. Ettore e Domenica Taini hanno celebrato le Nozze d’oro. A far corona, c’erano i figli e i nipotini, gli amici e le amiche più intime, i missionari e padre Walter, tornato apposta dal Brasile. C’era anche il Gruppo missionario di Rezzato, in cui mamma Domenica è stata attiva da sempre, accompagnato da un’amica speciale e coraggiosa, la signora Alma e le sue quattro figlie. “Una grande e felice sorpresa”, dice commossa mamma Domenica. “Dopo 50 anni, rivivere quel giorno lì, con i figli e i nipoti e i missionari e gli amici, è stata per noi due una grande emozione. E poi il padre Walter che ha voluto benedire di nuovo, proprio lui nostro figlio, gli anelli del nostro matrimonio… Insomma, il Signore ci ha accontentati in pieno. Adesso non si può fare altro che andare avanti, giorno per giorno, ringraziando Dio e pregando perché tutti possiamo vivere felici e in santa pace”. A nome di tutti i familiari e amici dei missionari bresciani e a nome degli indio kayapò, auguri agli sposini! 2004 GIUGNO CAGLIARI 09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1 Tel. 070 281310 - Fax 070 274419 E-mail: [email protected] - C/c. postale 12756094 Un anno di attività missionaria Il bilancio della comunità di Cagliari anno di attività pastorale missionaria è iniziato a metà settembre con due corsi di spiritualità missionaria organizzati nella casa saveriana di Cagliari e nella parrocchia di S. Gregorio. In agosto era stato mandato a tutte le animatrici e agli animatori un invito: “Si avvicina la buona tradizione di settembre: è utile e bello raccoglierci dopo le vacanze, per un tempo di intimità con il Signore”. Padre Stanislao Pirola, venuto da Parma, e padre Filiberto Corvini, rettore della comunità saveriana, hanno orientato la riflessione sul tema, “Chiamati al servizio del Regno”. L’Ottavario dei defunti Dal 19 al 26 novembre si è tenuto l’Otto dies a sas animas. Questa pia e tradizionale pratica è stata celebrata con grande solennità grazie alla grande collaborazione di animatori e animatrici che, non solo hanno partecipato numerosi alle celebrazione di suffragio per i nostri cari defunti, ma hanno anche saputo convincere tanti parenti e amici a unirsi a loro nella preghiera. I saveriani hanno presieduto all’Eucaristia e spiegato la Parola di Dio ai presenti. Festa dell’amicizia e saluto a p. Ercole Il 12 ottobre 2003 si è svolta la festa dell’amicizia. In questa giornata abbiamo avuto l’opportunità di salutare e ringraziare padre Ercole Marcelli per la sua presenza attiva e la sua fedele testimonianza di animatore e rettore della nostra comunità saveriana di Cagliari negli ultimi tre anni. Forse anche per questo motivo, la partecipazione alla festa è stata più numerosa del solito: sa- I ritiri spirituali per Natale e Pasqua Sono stati due i ritiri in preparazione al Natale. Con l’Avvento, la chiesa ci invitava a porci in ascolto di Cristo, maestro ed evangelizzatore, per riscoprire il volto di Dio in tutta la novità che Gesù ci ha fatto vedere ed incontrare. Ci ha aiutato nella riflessione p. Arduino Rossi. In marzo abbiamo celebrato il tempo “favorevole” della Quaresima che ci invitava alla conver- L‘ lutare chi parte è un gesto di amicizia. p. ARDUINO ROSSI, sx A conclusione di un anno pastorale molto intenso la comunità saveriana di Cagliari riassume le attività organizzate dai missionari all’interno della diocesi o ospitate nella casa di via Sulcis. È un modo per “ripassare” con la memoria tutti gli appuntamenti di cui anche “Missionari Saveriani” ha dato notizia in questi mesi. sione e a un serio cambiamento di vita. I padri Antonio e Arduino ci hanno aiutato a riflettere sulla parabola del figlio prodigo: un invito accorato di tornare nelle braccia misericordiose di Dio Padre. La presenza di padre Luigi Menegazzo (vicario generale dei saveriani) è stato provvidenziale soprattutto per le sue parole, brevi ma profonde, che ci hanno a aiutato a capire meglio il senso della parabola. La porta sempre aperta Con animo lieto abbiamo ospitato vari gruppi durante il corso dell’anno. Le porte della nostra casa si sono aperte ai seminaristi di liceo e di teologia per i loro incontri mensili di formazione o per giornate di ritiro spirituale. Don Mario Secci, parroco di Sant’Ambrogio e vicario della Forania di Monserrato (CA), ha scelto la nostra casa per gli incontri dei parroci della zona. Ci siamo sentiti onorati di offrire loro ospitalità e di condividere il pranzo, come segno di fraternità sacerdotale. Il primo incontro è stato solennizzato dalla presenza del nuovo arcivescovo di Cagliari mons. Giuseppe Mani. Animatrici e amici della parrocchia di Pabillonis al ritiro spirituale per la Pasqua Padre Giuseppe Lorenzato è tra Andrea e Ivan, due giovani amici che hanno partecipato al ritiro spirituale in preparazione alla Pasqua Il cuore giovane della missione Tre partecipanti alla giornata di Spiritualità (14 marzo) in preparazione alla Pasqua; in totale erano presenti 140 persone Agnese Lampis di Arbus, nel giorno di spiritualità, dà il benvenuto a Edoardo, un giovane studente bengalese CAMPI MISSIONARI - ESTATE 2004 • 23 - 27 agosto - Macomer (NU) SEGUIMI! SEGUITEMI! Campo di riflessione per delegate, donne e uomini aperti alla missione Le persone interessate possono mettersi in contatto con p. Dino Marconi, Tel. 0785 70120 I chierichetti della parrocchia di San Pietro a Pirri: gioia della comunità parrocchiale, speranza per la chiesa e vivaio di vocazioni • 28 giugno - 4 luglio - Macomer (NU) UN CUORE PER IL MONDO... E LA CASA SI RIEMPIE DI VITA per ragazzi di 2a - 3a media e 1a superiore • 6 - 11 luglio - Macomer (NU) CAMPI DI VOLO, ...NATE PER VOLARE! Animatrici missionarie non più... giovanissime, ma ancora attive nell’animazione missionaria delle parrocchie; siamo davvero riconoscenti per la loro dedizione 8 per ragazze di 2a, 3a media e 1a superiore • 12 -18 luglio - Macomer (NU) OGNUNO AL SUO POSTO! …IL MIO QUAL È? per ragazzi e ragazze di 2a, 3a e 4a superiore • 26 - 31 luglio - Iglesias (CA) “ECCO, STO ALLA PORTA E BUSSO” Campo di lavoro per giovani 18 - 28 anni I ragazzi possono mettersi in contatto con • p. Alfonso e p. Piero, Tel. 0785 70120 - [email protected] Le ragazze possono mettersi in contatto con • sr. Jeannette e sr. Piera, Tel. 0783 72578 - [email protected] 2004 GIUGNO CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 In missione a settant’anni Padre Lino Maggioni è in Burundi adre Lino Maggioni, chi non lo conosce? Ha girato mezzo mondo, mezza Europa e l’Italia intera. Sarebbe troppo lungo descrivere le tappe dei suoi spostamenti; forse neppure lui saprebbe farne un elenco preciso. Si sa che viene da Colognola di Bergamo, dov’è nato l’8 gen- P Padre Lino Maggioni p. SANDRO PARMIGGIANI, sx naio 1934. È entrato tra i saveriani a Pedrengo (BG) quando aveva ventun’anni. Dopo aver fatto il noviziato a San Pietro in Vincoli (RA), è diventato saveriano il 12 settembre 1958. A Parma ha frequentato i quattro anni di studi teologici ed è stato ordinalo sacerdote nel 1964, a trent’anni compiuti. Da allora, di padre Lino si sono …perse le tracce. Il caro padre Vanzin, di venerata memoria, diceva: “I saveriani, appena sentite la parole di Gersù sul monte Tabor, Andate in tutto il mondo…, sono partiti di corsa senza perdere un istante e senza ascoltare il seguito di quello che stava dicendo; e non si sono più fermati. Anche adesso sono in giro da qualche parte del globo terrestre!”. Di padre Lino si può dire lo stesso: non si è mai fermato. Il grazie del Papa Padre Lino è stato missionario per alcuni anni in Congo. Di quell’epoca è famosa la cartolina che qui riportiamo, stampata in migliaia di copie. Richiamato dall’Africa, per un decennio ha fatto il maestro dei novizi saveriani ad Ancona. In seguito è passato a lavorare come animatore per le pontificie opere missionarie in tutta Italia. Alla fine del suo mandato decennale, ha ricevuto il grazie dal Papa stesso. Per padre Lino è stato un momento di grande commozione! La corsa del nostro missionario non si ferma. Raggiunge Parigi, dove per sei anni è superiore dei saveriani che studiano il francese prima di partire per le missioni; transita per Piacenza, anche qui con il ruolo di superiore, e finalmente approda a Dammi un cuore, Signore Una preghiera e un’invocazione n cuore grande per amare, pronto a lottare, a soffrire e morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore di Gesù, di cui si celebra la festa il 18 giugno. Il Cuore trafitto per amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi. U Sentirsi uomini nuovi Il canto è stupendo. La musica ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser davvero un “uomo nuovo”. E non per merito mio, ma di Colui che “mi ha amato e si è dato a me”, come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di Ezechiele (36,24-28) in cui Dio stesso promette al suo popolo: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito 8 Padre Sandro Parmiggiani p. S. PARMIGGIANI, sx nuovo”. Ecco il miracolo che solo Dio poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con la Pentecoste ha effuso su di noi il suo Spirito. Un cuore santo... Da qui nasce il cuore nuovo, il cuore grande. Un cuore ben diverso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi e fermarsi per sempre, se non viene curato tempestivamente. Io sono esperto in questa materia, avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi dei cardiopatici. Sono passati quarant’anni; ho cercato di vivere il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana. Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un cuore sano. Poi ho imparato ad accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore davvero nuovo, un cuore come il suo. Allora non importa più dove sono, se qui in Italia o nel terzo mondo. Non importa più quello che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o economo della comunità o incaricato del ministero e “Signore, allarga il mio cuore fino ai confini del mondo” dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano, se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un cuore buono, un cuore fedele, un cuore simile a quello di Gesù. … fino ai confini del mondo Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre. Perché ciò che conta è amare, e l’amore è eterno, come insegna la bibbia: “Dio è amore, e chi sta nell’amore sta in Dio e Dio in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o Signore, non pensare che agli altri. Allarga il mio cuore fino ai confini del mondo, perché possa accogliere tutto il dolore degli uomini. Fa pesare sul mio cuore, fino al tormento, l’ansia quotidiana per la salvezza di tutti”. La famosa foto-cartolina del giovane padre Lino in Congo Cremona come economo e animatore missionario. Vi resta fino al febbraio scorso, quando dai superiori ottiene la grazia di ripartire per l’Africa. In Burundi, un’altra avventura Questa volta non è stato il Congo, suo primo amore, ad accogliere padre Lino, ma il Burundi: un Paese che è ancora un campo minato e dove continua l’era dei martiri. Qui lo scorso dicembre è stato ucciso il nunzio mons. Courtney. C’è timore per tanti altri missionari e missionarie che potrebbero fare la stessa fine. A Bujumbura padre Lino sarà più al sicuro: vive all’interno del grande centro giovanile di Kamenge. Ma chi riuscirà a tenerlo fermo? Non è un uomo da stare in ufficio ad aspettare i clienti! Certamente visiterà tutte le missioni, organizzerà incontri con i sacerdoti africani e con i gruppi missionari. Grazie di tutto e tanti auguri! È giusto ringraziare p. Lino per l’anno che ha trascorso a Cremona, dove ha lavorato con grandissima generosità, soprattutto nella mostra sugli indio kayapò, tenutasi a San Vitale per circa un mese con la collaborazione del centro missionario, del centro pastorale, dell’ufficio Migrantes, con i rispettivi direttori don Natalino, don Enrico, don Mario, e con l’aiuto instancabile del nostro gruppo di giovani animatori. In pochi mesi p. Lino ha conosciuto tutte le persone più importanti della città, dal vescovo al prefetto, dal sindaco al presidente della provincia. Ha visitato la diocesi in lungo e in largo, trovando il tempo anche per andare in Argentina, in Spagna e in Francia: un’attività quasi frenetica per un uomo della sua età. Grazie di cuore, p. Lino, per tutto quello che hai fatto in così poco tempo, mentre la nostra casa era tutta sottosopra per i lavori di trasloco e di restauro. Avremmo voluto che restassi con noi ancora per molto tempo a insegnarci il tuo modo di fare animazione missionaria, coinvolgendo il più possibile la chiesa locale. Grazie, e tanti auguri per il tuo nuovo lavoro nella nuova missione. L’UOMO NUOVO L’uomo nuovo creatore della storia, costruttore di nuova umanità. L’uomo nuovo che vive l’esistenza come un rischio che il mondo cambierà. L’uomo nuovo che lotta con speranza nella vita cerca verità. L’uomo nuovo non stretto da catene, l’uomo libero che esige libertà. L’uomo nuovo che più non vuol frontiere, né violenze in questa società. L’uomo nuovo a fianco di chi soffre dividendo con lui il tetto e il pane. Dammi un cuore, Signor, grande per amare. Dammi un cuore, Signor, pronto a lottare con te. 2004 GIUGNO DESIO 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Lance trasformate in palme Una gioia così grande da scoppiare! Padre Modesto Todeschi è un saveriano trentino, missionario in Burundi. Ci ha scritto per raccontarci la sua domenica delle palme. l documento “Chiesa in Africa” cita la profezia di Isaia: “È tempo che i popoli I Padre Modesto, autore dell’articolo p. MODESTO TODESCHI, sx spezzino le loro spade per farne vomeri e le loro lance per farne falci!”. Mi colpisce sempre questo mutare dell’animo umano. La storia insegna. Ma la tentazione torna e sembra essere una malattia cronica. Si passa in fretta da “osanna, osanna” a “crocifiggilo, crocifiggilo!”. Si potrebbe dire che le palme si trasformano in lance. In realtà, si può anche dire il contrario. Si può sperare che le lance si trasformino in palme. Un tendone per tetto La domenica delle palme ero a Gishingano, una comunità periferica della missione. Conoscevo un po’ la zona perché nove anni fa ci andavo abbastanza frequentemente per incontrare, incoraggiare, celebrare. Nel ‘95, infatti, la guerra aveva distrutto il popoloso quartiere di Kamenge e diversa gente si era rifugiata proprio lì. Ma poi la guerra era arrivata anche a Gishingano. Le scuole elementari sono state distrutte due volte, e ora resta solo qualche rudere. I banchi degli scolari sono stati usati come legna da ardere, scoraggiando il desiderio di riprovare a ricominciare. La chiesetta, già vecchia e mal messa, è rimasta scoperta perché hanno portato via le lamiere; adesso è coperta con un tendone, ma la struttura è diventata fragile per le piogge. Il fruscio della gioia A Gishingano, quest’anno, ho goduto profondamente nel vedere che, in una zona tanto dilaniata, la chiesa era piena zeppa e c’era una gioia indescrivibile, stupenda, da scoppiare! E le palme? C’erano quasi più palme che persone. E quando, alla benedizione, le hanno alzate, non si vedeva più nessuno: solo rami di palma. E si sentiva un fruscio pieno di gioia. Mi veniva spontaneo dire a tutta quella gente: “Nonostante Dammi un cuore, Signore Una preghiera e un’invocazione n cuore grande per amare, pronto a lottare, a soffrire e morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore di Gesù, di cui si celebra la festa il 18 giugno. Il Cuore trafitto per amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi. U Sentirsi uomini nuovi Il canto è stupendo. La musica ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser davvero un “uomo nuovo”. E non per merito mio, ma di Colui che “mi ha amato e si è dato a me”, come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di Ezechiele (36,24-28) in cui Dio stesso promette al suo popolo: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. Ecco il miracolo che solo Dio poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha effuso su di noi il suo Spirito. 8 Un cuore santo... Da qui nasce il cuore nuovo, il cuore grande. Un cuore ben di- p. S. PARMIGGIANI, sx verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi e fermarsi per sempre, se non viene curato tempestivamente. Io sono esperto in questa materia, avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi dei cardiopatici. Sono passati quarant’anni; ho cercato di vivere il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana. Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un cuore sano. Poi ho imparato ad accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore davvero nuovo, un cuore come il suo. Allora non importa più dove sono, se qui in Italia o nel terzo mondo. Non importa più quello che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano, se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un cuore buono, un cuore fedele, un cuore simile a quello di Gesù. “Signore, allarga il mio cuore fino ai confini del mondo” … fino ai confini del mondo Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre. Perché ciò che conta è amare, e l’amore è eterno, come insegna la bibbia: “Dio è amore, e chi sta nell’amore sta in Dio e Dio in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o Signore, non pensare che agli altri. Allarga il mio cuore fino ai confini del mondo, perché possa accogliere tutto il dolore degli uomini. Fa pesare sul mio cuore, fino al tormento, l’ansia quotidiana per la salvezza di tutti”. Si vedevano solo palme; si sentiva solo il fruscio della gioia tutte le prove e sofferenze, nonostante questo duro calvario, i vostri giovani sono segno vivo di speranza e di risurrezione”. Sembrava già Pasqua. C’era fretta di celebrare la Pasqua. Come non pensare che dove c’erano tante lance ci possono essere tante palme? “I vostri figli sono anche miei” I bambini di Kamenge non mi conoscevano, dal momento che erano passati nove anni. La catechista Imelda mi presentava come una persona conosciuta, perché due volte ero fuggito con loro durante i bombardamenti. Ricordava che avevo comprato le banane per i bambini, mentre salivamo verso la parte più alta della montagna per metterci in salvo. In quel momento ho provato tanta gioia. Anch’io ho un ricordo particolare, perché proprio lì una volta, durante le prime comunioni, avevo rischiato di essere fatto fuori. L’avevo scampata per miracolo: altri giovani erano arrivati a combattere contro quelli che volevano finirmi. Ricordo che mi chiesero: “Ma come hai fatto a passare? Come mai rischi tanto per noi?”. Spontaneamente risposi: “Come po- trei parlarvi di Dio se non sapessi sperimentare un po’ la vostra vita e il vostro rischio? Se avessi moglie e figli me lo impedirebbero. Ma dato che la mia famiglia siete voi, i vostri figli sono anche miei. Perciò, eccomi!”. Ci fu un applauso spontaneo, indimenticabile. Non poteva certo esserci una dimostrazione più bella del valore missionario del celibato. Figli della risurrezione La festa delle palme con questi vecchi ricordi aveva un sapore intenso e stupendo. Dico ancora grazie al Signore che mi ha dato il privilegio e la gioia di poter essere missionario. La gioia, la luce di quei volti, la sorpresa di ritrovarci insieme e di avere questi ricordi in comune, mi fanno capire che vale la pena di essere, di osare e di sentirsi “figli della risurrezione”. La testimonianza delle danze, dei canti, delle corali dei cristiani di Gishingano sono davvero una dimostrazione che la Pasqua è vera e che la risurrezione porta i suoi frutti, nonostante le guerre, le lance e le spade. Diventino palme anche le mitragliatrici e i revolver. E sarà pace, a Kamenge e nel mondo. L’UOMO NUOVO L’uomo nuovo creatore della storia, costruttore di nuova umanità. L’uomo nuovo che vive l’esistenza come un rischio che il mondo cambierà. L’uomo nuovo che lotta con speranza nella vita cerca verità. L’uomo nuovo non stretto da catene, l’uomo libero che esige libertà. L’uomo nuovo che più non vuol frontiere, né violenze in questa società. L’uomo nuovo a fianco di chi soffre dividendo con lui il tetto e il pane. Dammi un cuore, Signor, grande per amare. Dammi un cuore, Signor, pronto a lottare con te. 2004 GIUGNO FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185 E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 Camerun: dormire sotto i cartoni Missionario tra i ragazzi di strada Padre Armando Coletto, friulano di Fagagna, è missionario in Camerun. Ci ha mandato un racconto della sua esperienza con i più deboli: i bambini. hi arriva per la prima volta a Yaounde, capitale del Camerun con più di un milione di abitanti, resta colpito dalla quantità di gente che cammina per strada. Molti vendono qualcosa: frutta, vestiti, orologi, libri… Gran parte di queste persone sono giovani, ragazzi e ragazze. Infatti, più del cinquanta per cento della popolazione ca- C Padre Armando incontra i responsabili di comunità merunese è al di sotto dei vent’anni: la maggior parte si trova concentrata nelle otto maggiori città del Paese. Questo fatto ha impressionato anche me, quando sono arrivato qui 13 anni fa. Mai avrei immaginato che nei mesi successivi mi sarei trovato anch’io... in strada. Il letto di cartoni Ricordo come fosse oggi quella sera, verso le nove. Ero seduto sulla soglia di un magazzino con quattro o cinque ragazzi di strada che mi ronzavano attorno. Parlavamo di tutto e di niente, scherzavamo, perché prima di tutto bisogna fare amicizia, creare un rapporto di fiducia. A un certo punto i ragazzini scompaiono per riapparire dopo qualche minuto con alcuni grossi cartoni in mano: era il loro letto per la notte. Stanchi, avevano deciso di andarsene a cercare il loro rifugio abituale in qualche angolo un po’ riparato, stendendo una parte dei cartoni a terra e tirando sopra il proprio corpo il resto, come fosse una coperta. p. ARMANDO COLETTO, sx Il cerchio di Yves Avevo scoperto che un missionario francese, piccolo fratello del vangelo, faceva quel lavoro già da molti anni. Fu lui, Yves, che mi avviò a quell’avventura. Mi dissi: “Questo è proprio un lavoro missionario: Gesù che va incontro a quelli che sono disprezzati dalla società; le braccia amorose di Dio! Un modo di dire la Bella Notizia senza far prediche...”. Attorno a Yves c’era già un cerchio di persone, giovani e meno giovani, laici e religiosi, che davano un po’ del loro tempo per reintegrare i ragazzi in famiglia e in società. Non feci altro che introdurmi in quel cerchio, approfittando del fatto che non avevo ancora impegni fissi. Anzi, alcuni dei nostri giovani studenti saveriani che vivevano con noi e si preparavano alla vita missionaria, accettarono di partecipare a quest’avventura e cominciarono a uscire la notte per incontrare i ragazzi. Svegli, duri e fedeli Quando un ragazzino - a volte anche di 7-8 anni - arriva in Il cuore giovane della missione Un gruppo di giovani si prepara per un “viaggio missionario”; anche il gioco serve a trasmettere un messaggio e imparare a vivere gli uni accanto agli altri Padre Armando con alcuni ragazzi della “Casa della Speranza” strada dopo aver abbandonato la famiglia, viene “arruolato” da una banda di ragazzi più grandi di lui che gli offrono protezione in cambio di …servizi. Il bambino deve passare una fase di iniziazione in cui deve dimostrare di essere adatto alla vita di strada: sveglio, duro, fedele alla banda. Esistono vere e proprie sedute di tortura a cui i ragazzi vengono sottoposti. Se sono giudicati maturi, sono integrati nella banda. Diverse volte ci è capitato di dover portare all’ospedale, in piena notte, uno di questi giovani con il cranio aperto o un braccio sanguinante o l’orecchio a penzoloni. I più grandi si affrontano, soprattutto quando sono drogati o ubriachi, con coltelli o vetri di bottiglia. La strada è il regno del più forte! La casa della speranza Yves mi chiese di occuparmi, una o due volte la settimana, di una “stanza di accoglienza” ben attrezzata. C’erano grandi im- magini alle pareti per far passare certi messaggi ai ragazzi, alcune panche per sedersi, un servizio bar per offrire acqua colorata e zuccherata agli onorevoli ospiti e perfino una televisione. Accettai volentieri. Una notte arrivano tre ragazzini che conoscevamo bene, con un bambino di circa otto anni. Dicono di averlo trovato che vagabondava da qualche parte e che bisognava che mi occupassi di lui perché era troppo giovane. Probabilmente la vera ragione era un’altra: si erano resi conto che non avrebbe potuto sostenere i rigori della strada. A stento il bambino mi ha detto il suo nome; per il resto non sono mai riuscito a capire da dove venisse e come era finito in strada. L’ho portato alla “Casa della Speranza”, dove sono accolti i ragazzi che decidono di lasciare la strada e rientrare in famiglia. Anche per questo nuovo ospite il viaggio di ritorno verso una vita norma le era cominciato. Anche la signora Nella ha deciso di andare in pensione. Per tanti anni ha tenuto in ordine i missionari: puliti, stirati e profumati. Il suo regno era il guardaroba. A lei il nostro più sentito: Grazie di cuore! TESTARDAGGINE E SPERANZA p. ARMANDO COLETTO, sx Giovani coppie che frequentano la nostra comunità; anche i piccoli si lasciano contagiare dallo spirito missionario… e sembra che siano tutti convinti I giovani cercano insieme il modo per mettere in pratica quello che hanno imparato e ne discutono tra loro 8 Devo ammettere che ci ho messo molto tempo per capire un po’ il mondo della strada. Soprattutto per capire le ragioni di questo fenomeno così drammatico che, in questi ultimi anni, ha cominciato a preoccupare perfino il governo. Molti camerunesi non conoscono l’esistenza del problema oppure lo sottovalutano. Noi missionari ci domandiamo: da dove vengono tutte queste centinaia di ragazzi e di giovani che hanno rotto con le famiglie, per vivere di espedienti nelle strade delle grandi città del Camerun? Meravigliarsi di trovare questi ragazzi in strada serve a poco; soprattutto non risolve il problema. Come per il viandante ferito dai ladroni sulla strada verso Gerico, bisogna fare qualcosa. “Va, e fa anche tu lo stesso”, questo è l’atteggiamento suggerito da Gesù: agire. E agire con prontezza e larghezza di spirito, come il samaritano. Il vangelo lascia supporre che il samaritano compassionevole sia riuscito a salvare la vita del malcapitato. Nel nostro caso, non sempre ci riesce di far uscire dalla strada i nostri giovani amici; ma tentiamo con testardaggine e speranza. Il vangelo ce lo chiede. L’uomo ce lo chiede. Missionari e missionarie, battezzati e gente di buona volontà, insieme, in uno dei tanti posti dove il volto di Cristo si nasconde sotto i tratti a volte poco attraenti dei ragazzi di strada: tentiamo e ritentiamo. Non possiamo lasciarli morire per strada! 2004 GIUGNO MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Gli anni d’oro del missionario Intervista a padre Gaetano Perlini adre Gaetano Perlini, tra tutti i saveriani, è il numero 200. Sta per compiere 95 anni e li porta bene, grazie a Dio. È stato missionario in Cina e Giappone. L’abbiamo intervistato mentre passeggiava per i viali della Casa Madre dei saveriani a Parma, dove sta trascorrendo gli anni d’oro della missione. P Cosa fanno i missionari saveriani in Giappone? Molto del nostro lavoro di missionari si svolge a livello culturale; ad esempio, nel settore scolastico, negli asili infantili e anche nelle università. I saveriani lavorano anche nella pastorale missionaria e sono promotori dei valori del dialogo interreligioso e culturale. Io ho lavorato cinquant’anni in Giappone. I primi anni ho Padre Gaetano Perlini mentre celebra la Messa a Parma lavorato fra gli ammalati negli ospedali, poi nelle parrocchie. Qui in Italia, ho l’occasione di seguire spiritualmente alcuni giapponesi immigrati. A questo proposito mi piace ricordare che a Noceto di Parma, non molto tempo fa, ho benedetto il matrimonio di una ragazza giapponese che si è specializzata sulla filosofia di sant’Agostino e ora, dopo il periodo di maternità, ha deciso di insegnare. Sei stato un pioniere… Sono stato il primo missionario saveriano che a Macao, allora territorio portoghese, ha avuto il permesso di entrare in Giappone, grazie all’interessamento del nunzio apostolico di allora. Era difficile avere il permesso per entrare. I missionari e i cittadini espulsi dalla Cina erano visti con sospetto dall’amministrazione americana che control- a cura di: p. DINO MARCONI, sx lava il Giappone. Ti ricordi ancora della missione in Cina? Noi missionari saveriani abbiamo lavorato nelle diocesi di Loyang, Cheng-chow, nella provincia dell’Honan occidentale. Durante la seconda guerra mondiale, gli ultimi tre anni della nostra permanenza in Cina, abbiamo aperto una nuova missione a Ichun, nella provincia di Kiangsi, dove ho lavorato anch’io. Ora è una zona militare e non può essere visitata dal pubblico. Loyang è una località interessante, poco distante dal grande Fiume Giallo; era caratterizzata dai campi agricoli disposti a terrazza. abrizio Marrone e Rosanna Fredda, due giovani coniugi di Macomer che fanno parte del Laicato saveriano, hanno lasciato casa e lavoro e sono partiti per Parma, il 10 marzo scorso. Sono il primo nucleo di un progetto nuovo: la formazione della fraternità laicale saveriana, per prepararsi meglio alla missione e a un modo nuovo di fare animazione missionaria. Fabrizio continuerà un lavoro nel settore caseario del parmigiano, anche perché in Emilia non c’è …il pecorino. F 8 Una casa di fraternità Rosanna e Fabrizio abiteranno in una casa lasciata in dono che diventerà il centro di preparazione alla missione dei laici saveriani, basato sulla fraternità tra le persone. La casa diventerà un luogo di formazione in un rapporto di fiducia e di familiarità che permette di affrontare le sfide quotidiane della vita. La casa della fraternità ospiterà i laici che andranno in missione e quelli che dalle missioni ritornano. Qui potranno essere accolti, ad esempio, Giovanna e Paolo Volta quando avranno concluso il loro impegno nella missione di Goma in Congo, dove stanno collaborando al progetto la casa dei bambini. Il progetto si occupa di curare i bambini denutriti per tre mesi e poi li segue nei loro villaggi. Ma a causa della guerra, ora deve seguire anche le piccole vittime innocenti del conflitto armato. Anche le missionarie laiche che hanno lavorato a Curitiba in Rosanna e Fabrizio hanno presentato il loro progetto missionario ai saveriani riuniti in Capitolo to personalmente il fondatore dell’Istituto missionario saveriano, il beato Guido Maria Conforti. Padre Gaetano, il segreto di una lunga vita? Da buon parmense ho sempre cantato la “Forza del destino” di Verdi, che conosco a memoria. E poi c’è lo sport! Da giovane missionario, quando andavo alla questua del riso per mantenerci, ho pedalato in bicicletta da Piacenza a Novara… Tu hai conosciuto il Conforti? Essendo nato a Noceto, nella diocesi di Parma, sono stato cresimato proprio da mons. Guido Conforti. Ormai sono rimasto fra i pochissimi che hanno conosciu- Padre Perlini (primo a sinistra) in Cina, davanti al palazzo imperiale Sei più tornato in Cina? Una quindicina di anni fa ho avuto l’opportunità di fare una visita con i padri saveriani Timolina, Zamparo, Wang e Manni. Abbiamo potuto vedere due località della nostra missione in Cina. Della cattedrale di Cheng-chow, bombardata durante la guerra dai giapponesi, è rimasto solo il piazzale con le rovine. Dalle arcate I compagni del seminario di Cuglieri, dove ha studiato il compianto padre Valter Giua, missionario in Giappone, hanno festeggiato i cinquant’anni di Messa nella casa saveriana Laici per la missione Il carisma saveriano condiviso del seminario distrutto i cristiani sono riusciti a costruire una chiesetta per pregare. Abbiamo incontrato il vescovo della chiesa patriottica, i seminaristi e le suore Giuseppine. Tutte erano vestite in abiti cinesi. p. DINO MARCONI, sx Brasile, in collaborazione con Rete Speranza, nella difesa dei diritti sociali e sanitari della donna potranno trovare nella fraternità di Parma un punto di riferimento. Un luogo per accogliere e formare I laici saveriani sono come una famiglia allargata: partecipano alla missione dei saveriani consacrati e si mettono al servizio della chiesa per educare alla missione. L’annuncio del vangelo compete a tutti i cristiani: laici e religiosi. Gli uni e gli altri operano in modo diverso, nella chiesa e nella società, ma ispirati dallo stesso carisma saveriano per la predicazione del vangelo alle genti. La fraternità laicale saveriana potrà diventare luogo di formazione e preparazione dei laici saveriani che vogliono vivere l’ideale missionario in famiglia, nella professione, nel servizio pastorale, nell’impegno per la pace e la giustizia. La spiritualità dei saveriani, infatti, è “fare del mondo una sola famiglia”, secondo l’esortazione del fondatore, il beato Conforti. Andrea Rossi (a destra) e Gabriel Arroyo, il 14 marzo scorso hanno deciso di essere saveriani per tutta la vita ESTATE 2004: CAMPI MISSIONARI • 23 - 27 agosto - Macomer (NU) SEGUIMI! SEGUITEMI! Campo di riflessione per delegate, donne e uomini aperti alla missione Le persone interessate possono mettersi in contatto con p. Dino Marconi, Tel. 0785 70120 • 28 giugno - 4 luglio - Macomer (NU) UN CUORE PER IL MONDO... E LA CASA SI RIEMPIE DI VITA per ragazzi di 2a - 3a media e 1a superiore • 6 - 11 luglio - Macomer (NU) CAMPI DI VOLO, ...NATE PER VOLARE! per ragazze di 2a, 3a media e 1a superiore • 12 -18 luglio - Macomer (NU) OGNUNO AL SUO POSTO! …IL MIO QUAL È? per ragazzi e ragazze di 2a, 3a e 4a superiore • 26 - 31 luglio - Iglesias (CA) “ECCO, STO ALLA PORTA E BUSSO” Campo di lavoro per giovani 18 - 28 anni I ragazzi possono mettersi in contatto con • p. Alfonso e p. Piero, Tel. 0785 70120 - [email protected] Le ragazze possono mettersi in contatto con • sr. Jeannette e sr. Piera, Tel. 0783 72578 - [email protected] 2004 GIUGNO MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 SAVERIANI MARCHE L’album di una vita missionaria Sacerdozio d’oro di padre Tassi adre Piermario Tassi, 75 anni, è restio a parlare di sé e delle sue emozioni, ricordando il 50° anniversario dell’ordinazione presbiterale. Forse trova difficoltà a esprimere ciò che prova nel cuore, dopo una vita così intensa. Passato ormai qualche giorno dalla ricorrenza, busso e entro nella sua camera. È alla scrivania, davanti a un bell’album fotografico giapponese, con copertina in legno laccato e carillon. Incuriosito, e senza prendere appunti per non destare sospetti, incomincio a P Padre Piermario (a destra) con p. Vagni, coetanei... di missione fargli qualche domanda. E padre Piermario, con molta semplicità, comincia a raccontare di sé, mostrandomi le fotografie. Che bell’album di foto! C’è tutta la mia vita, dai primi anni a quando ero studente e poi gli anni della vita missionaria. Vedi, questo è il mio paese Poggio San Marcello, in provincia di Ancona; il santuario della Madonna del Soccorso con l’Istituto saveriano aperto nel 1925 dal nostro fondatore, il beato Conforti. Santuario e Istituto furono un dono di mons. Costantino Bramati, allora rettore del santuario. La mia casa natale è a cento metri di distanza dall’Istituto. Posso dire di essere nato dai saveriani... È la tua famiglia? Sì, questa è la mia famiglia: papà Secondo, mamma Lidia, tre sorelle e quattro fratelli. Papà mi ricordava gli incontri avuti con il beato Conforti. Lui era custode del santuario e quindi aveva modo a cura di: p. MARIO UGHETTO, sx di avvicinarlo e di parlargli ogni volta che veniva. Mi raccontava che era una persona dal portamento nobile, con una cordialità delicata. Nella sua ultima visita, nell’agosto del 1931, papà aveva anche avuto l’occasione di presentargli i suoi quattro figli maschi e il beato Conforti ci aveva accarezzato e benedetto. Io avevo allora solo due anni. Forse è nata proprio lì la mia vocazione. Di quattro, il Signore ha chiamato te! Sono le solite scelte di Dio, per i più piccoli, i più fragili… Vedi, questo è l’interno del santuario - aggiunge indicando un’altra fotografia. Sopra l’altare in marmo bianco di Carrara c’è la statua della Madonna del Soccorso. È da lei, diceva papà, che aveva ottenuto il privilegio di avere un figlio missionario. E questo giornale cos’è? È l’articolo che p. Paolo Illuminati ha pubblicato su “Missionari Saveriani” nel maggio DIARIO DELLA CHIESA Domenica 18 aprile si è svolto a Senigallia il Convegno missionario regionale delle Marche, sul tema: “Missionarietà a misura di mondo”. Ci siamo domandati: quanto sono missionarie le nostre parrocchie? Al Convegno hanno partecipato anche i gruppi che si radunano dai saveriani di Ancona. ll’apertura dei lavori del Convegno è stata lanciata una domanda provocatoria: le parrocchie sono veramente un segno di carità, di accoglienza, di apertura, di ascolto degli altri o, al contrario, sono divenute fabbriche di gelo, luoghi dove vengono solo erogati servizi ai parrocchiani? A 8 Aprirsi al mondo… Gli interventi principali erano affidati a don Vincenzo Solazzi, parroco a Fano, e a don Marco Presciutti, missionario fidei donum in Brasile, che hanno messo in evidenza alcuni punti essenziali nella vita della chiesa. Secondo don Vincenzo, noi E tutte queste lettere? È la corrispondenza con le benefattrici che, come mamme e sorelle, mi hanno seguito nel lavoro missionario. Ricordo le sorelle Rina e Stella Moretto di Bassano del Grappa: una insegnava alle elementari e l’altra gestiva un negozio. Nel 1980 hanno inviato per i bisognosi delle missioni il denaro messo da parte per la ristrutturare la loro vecchia casa; a Natale del Padre Piermario Tassi il giorno della sua ordinazione (3 aprile 1954) con papà Secondo, custode del santuario di Poggio San Marcello, e il resto della famiglia 1985 mi hanno fatto avere altri dieci milioni, frutto di tante loro rinunce; hanno dato tutto per la missione. Padre Tassi ha ancora tante altre foto del Congo, ma non ne vuole parlare. Vedo che i suoi occhi diventano lucidi e non insisto. Dopo una lunga pausa, mi dice: “Come vedi, devo la vocazione e la missione a tante persone: a Dio e alla Madonna, al beato Conforti, alla grande fede dei genitori, alla preghiera e generosità di tanti benefattori”. SPAZIO GIOVANI Le “fabbriche di gelo” Parrocchie da… scongelare del 1954 in occasione della mia prima Messa a Poggio San Marcello. C’è scritto, tra l’altro: “La storia della bella vocazione del p. Mario, si può definire la storia di un grazioso santuario e del suo fedelissimo e affezionato custode Tassi Secondo”. Sì - continua a raccontare padre Piermario dopo un attimo di commozione e di silenzio - io devo la mia vocazione e la mia perseveranza alla comunione quotidiana, al rosario attorno al focolare e all’esempio dei miei genitori. Mi sono stati sempre vicini, soprattutto nei 34 difficili anni di missione in Congo. Ma un grazie va anche alle sorelle e ai fratelli; da loro ho ricevuto sempre incoraggiamento e accoglienza, anche nei momenti più difficili. MARCO GASPARINI dobbiamo essere capaci di sognare una parrocchia aperta al mondo ed essenzialmente ministeriale, dove i laici hanno un ruolo fondamentale, e non più marginale, nella pastorale e nell’organizzazione della comunità. Don Marco ha sostenuto che essere chiusi nei confronti del mondo è fuori dal normale; non si può restare chiusi in se stessi. Solo la parrocchia aperta a tutti è una parrocchia normale. …lontano e vicino Un secondo tema proposto agli oltre 100 delegati provenienti da tutte le Marche, è stato quello dei laici missionari: singoli e famiDon Vincenzo Solazzi e don Marco Presciutti al convegno missionario glie che partono per la missione, disposti a creare una fraternità missionaria con i sacerdoti e i religiosi a servizio del vangelo. Il convegno è proseguito con la riflessione in gruppi su aspetti molto concreti, ad esempio: come si comportano i mass media verso i problemi dei paesi poveri? Quanto spazio viene dato all’informazione sulle missioni? Come favorire la convivenza e il dialogo tra religioni e culture? Quali stili di vita aiutano a cambiare la società? Una mostra missionaria Il centro missionario di Senigallia, per l’occasione, ha allestito una mostra interessante per illustrare le esperienze di missione più significative realizzate nella Regione Marche. Una sintesi del materiale raccolto è stata pubblicata in un opuscolo che presenta e spiega la mostra. Si sta pensando di valorizzare l’opuscolo, pubblicandolo insieme agli Atti del Convegno. Ci auguriamo che il messaggio di Senigallia riesca ad aprire un po’ di più le porte dei nostri cuori, delle nostre chiese, delle nostre parrocchie. Perché entri il calore del mondo intero. Anche le “fabbriche di gelo”, ogni tanto, hanno bisogno di essere …scongelate! ESTATE 2004: CAMPI MISSIONARI Ecco le iniziative che svolgeremo per rinvigorire lo spirito missionario: SONO BELLI I PIEDI DEL MESSAGGERO per giovani di 20 - 30 anni 11 - 18 luglio Missionari Saveriani (Ancona) Per i giovani che vogliono sperimentare lo stile e la spiritualità missionaria, e conoscere meglio noi saveriani, proponiamo una settimana di cammino nell’entroterra marchigiano. Vivremo momenti di preghiera e di ascolto della Parola, gusteremo la bellezza della natura, dell’amicizia e dell’incontro con la gente. Soprattutto sperimenteremo la semplicità e la gioia dello stile missionario, fatto di cammino e di fraternità… I giovani possono mettersi in contatto con • p. Mario, e-mail: [email protected] • p. Emanuele, e-mail: [email protected] Tel. 071 895368 CONVIVENZA DEI LAICI SAVERIANI 20 al 27 agosto Istituto Santa Zita di Offagna La nascente esperienza del laicato missionario sta trovando anche nelle Marche qualche giovane coppia desiderosa di donare la vita per la missione. Il gruppo dei Laici Saveriani vivrà l’annuale Convivenza vicino a noi per vivere insieme un tempo di comunione e fraternità, di preghiera e di riposo. Gli interessati possono mettersi in contatto con • Alessandro Tel. 071 7107641; 349 0580330. e-mail: [email protected] CONVIVENZA PARROCCHIALE 24 - 31 luglio Sassoferrato (AN) Tre gruppi parrocchiali ripeteranno anche quest’anno la settimana di convivenza, lavoro e riflessione. I ragazzi possono mettersi in contatto con • p. Emanuele, Tel. 071 895368 e-mail: [email protected] • Natascia Tel. 333 2540817 2004 GIUGNO PARMA 43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 990011 - Fax 0521 960645 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 Il sogno dei giovani teologi Il trasloco nella sede rinnovata Un desiderio del beato Conforti Il beato Conforti aveva sem- pre desiderato che i suoi studenti potessero studiare teologia in Casa Madre, con insegnanti saveriani e diocesani. Un desiderio che non riuscì a realizzare. Per diversi decenni gli studenti saveriani frequentarono la teologia nel seminario diocesano, finché nel 1949 la comunità teologica fu trasferita a Piacenza. Nove anni dopo, essendo aumentato notevolmente il numero dei teologi, si decise il ritorno dello studentato nella Casa Madre di Parma, che era stata ampliata. Tutti i corsi erano in casa, con professori eccellenti, saveriani e diocesani. Il desiderio del fondatore si era concretizzato. Nel 1977 l’Istituto teologico saveriano ottenne l’affiliazione all’università Urbaniana di Roma, con la possibilità di conferire il baccellierato. Era un riconoscimento della serietà della scuola teologica dei saveriani, con la sua impronta fortemente missionaria. Allora frequentavano i nostri corsi anche altri reli- giosi: benedettini, betharramiti, cappuccini, stimmatini, le saveriane e gli stessi seminaristi della diocesi. Sono stati anni memorabili! Teologi …pendolari Nel frattempo, era iniziato il calo delle vocazioni e il numero degli studenti cominciò a ridursi notevolmente. Ci si domandava: vale la pena continuare? Dopo lunga riflessione, nel 1994 fu deciso di chiudere l’Istituto teologico saveriano di Parma e mandare gli studenti saveriani a Reggio Emilia per frequentare le lezioni. Da allora, i teologi partono al mattino e tornano il pomeriggio, come tanti altri studenti in Italia e nel mondo. Non tutti erano d’accordo con quella decisione e, ancora oggi, qualcuno si chiede se sia stata la scelta giusta. Ma ormai la Congregazione si era orientata ad avere varie comunità di teologia, una per continente, con studenti di varie nazionalità, in modo da Il servitore della mensa L’economo fr. Angelo Fumagalli on si pensa spesso a chi procura il cibo e si occupa dell’economia familiare. A pensarci bene, ogni giorno deve compiere tanti piccoli miracoli. Se poi questa persona deve occuparsi dell’economia di una comunità …di frati, allora i miracoli da fare per accontentare tutti sono così tanti, che a scriverli non basterebbe un libro. Il personaggio di turno, in via di beatificazione, è fratel Angelo Fumagalli, il nostro economo in Casa Madre. Gli vogliamo dedicare due righe, con una cornice di grande riconoscenza. N Il servitore della mensa Tra i testi di spiritualità buddista in Giappone, ne troviamo uno che insegna come si deve 8 Fratel Angelo Fumagalli, economo della Casa Madre a Parma p. GANRIU, sx preparare e servire il cibo ai monaci che si dedicano agli esercizi ascetici. Indica anche con quale spirito e atteggiamento del cuore, si deve fare questo lavoro. Il titolo del testo è “Tenzo Kyoukun”, che tradotto significa insegnamento del servitore della mensa. Il manuale è stato scritto da Dogen, un maestro zen buddista vissuto 800 anni fa. Il servizio alla mensa dei monaci viene qualificato come un cammino ascetico, una liberazione da tutto ciò che condiziona il cuore di una persona. Attraverso il servizio umile si scoprono le ragioni della felicità. Ha il cuore illuminato Alcuni brani del manuale sembrano proprio descrivere la figura del nostro economo come servitore della mensa. Eccone uno: “Il lavoro del servizio a mensa è un compito prezioso, perché chi lo compie con cuore pieno di misericordia può raggiungere l’illuminazione”. Dunque, non servono ore e ore di zazen, né grandi sacrifici e restrizioni; basterebbe servire a mensa per diventare illuminati! Anche se non viviamo in Giappone e non siamo buddhisti, gli insegnamenti di Dogen possono far bene anche a noi. Possiamo scoprire che il cuore di chi si occupa della mensa di famiglia, oggi come tanti secoli fa, è sempre lo stesso: un cuore profondamente religioso. Fate così anche voi Lo stesso insegnamento ci viene dai grandi maestri di spiritualità cristiana: san Benedetto raccomandava di “pregare e lavorare”; san Francesco incoraggiava ad essere umili, laboriosi e felici. Più ancora, il nostro Maestro Gesù, con il grembiule del servitore, ha lavato i piedi ai discepoli e ha chiesto a tutti noi di fare come lui. Altri fratelli saveriani vivono in Casa Madre: Raumer aiuta l’economo; Scintu coltiva l’orto; Cesani aiuta in portineria; Passuello e Menici assistono i malati; Saderi e Gelsomini preparano tutto per la Messa… Quando vedo i loro volti sorridenti, mi tornano in mente le parole del servitore della mensa e ringrazio il Maestro Gesù, perché questi fratelli cercano di fare proprio …come lui. Servendo gli altri con semplicità e amore, il nostro cuore si illumina e tutta la famiglia si riempie di gioia. La nuova sede dello studentato teologico internazionale saveriano di Parma a lavori quasi ultimati favorire l’adattamento interculturale dei giovani saveriani. Prima, la maggior parte degli studenti era di origine italiana. Oggi a Parma siamo 21 studenti provenienti da otto nazioni: Bangladesh, Brasile, Camerun, Congo, Indonesia, Italia, Messico e Spagna. Il trasloco pasquale A fianco della Casa Madre, una palazzina che dà proprio su Viale San Martino, era stata la sede dello CSAM, il Centro saveriano di animazione missionaria, fino al 1992 quando le attività del Centro furono trasferite a Brescia. Foto Storgato l trasloco dello Studentato teologico internazionale alla sua nuova sede è un sogno che molti studenti di teologia hanno avuto da anni. È toccato proprio a noi realizzarlo e ne siamo felici. Per capire il significato di questo sogno, è bene andare un po’ dietro negli anni e ripercorrere un cammino che ha avuto varie tappe. Il 1994 è stato l’ultimo anno di attività dell’Istituto teologico saveriano di Parma. Da allora era sorta negli studenti di teologia l’idea di abitare una casa che permettesse una migliore gestione della vita comunitaria. Il numero degli studenti era diminuito e la Casa Madre era un ambiente molto grande, in cui era facile disperdersi. L’ideale era avere una sede staccata, ma vicina, con un po’ di autonomia, per crescere meglio… I AUGUSTO RAMOS sx Questa palazzina è stata ristrutturata e resa idonea per una comunità di studenti. C’è voluto un anno e mezzo di lavoro, ma ormai ci siamo! Pasqua è la festa del passaggio! E proprio dopo Pasqua, anche noi abbiamo fatto il …passaggio nella nuova casa. Una situazione ideale, perché così noi giovani studenti continuiamo a restare nella nostra Casa Madre (e la sentiamo proprio nostra!), pur vivendo in uno spazio che ci consente di gestire in modo autonomo la nostra vita di comunità. Speriamo così di diventare veri missionari, come li voleva il beato Conforti, e di realizzare meglio il suo sogno. IL GRANELLO DI RISO p. P. MOIOLI, sx Il servizio è una caratteristica che accomuna tutti coloro che amano e gustano la vita, giovani ed anziani, in ogni religione vera. Il testo buddista di “L’insegnamento del servitore della mensa” dice: “Il servitore della mensa lava il riso e prepara le verdure con grande impegno. Non può fare questo lavoro con trascuratezza o disattenzione, né fare alcuni lavori con più attenzione e altri meno. Si compiono le cose bene quando non si lascia concludere ad altri nessun tipo di lavoro. Questo è il vero compito del servitore della mensa”. “Un discepolo si stava esercitando nel lavoro di servire a mensa. Un giorno, mentre stava pulendo il riso, fu improvvisamente interrogato dal maestro: “Che cosa fai?”. Il discepolo rispose che stava cercando di pulire il riso dalla sabbia, ma purtroppo aveva lasciato cadere un granello di riso con la sabbia. Il maestro continuò: “Come potranno vivere i tuoi fratelli se agisci in questo modo?”. Il discepolo si sentì umiliato e di nascosto raccolse il granello di riso caduto e lo ripose nella pentola. Allora il maestro riconobbe che il discepolo aveva ottenuto l’illuminazione”. L’attenzione al granello di riso è il messaggio centrale di questo testo antico. Quel granello è ogni istante della vita. La Via, il cammino spirituale non è così complesso come forse abbiamo pensato. Facciamo un passo avanti ogni volta che raccogliamo un granello di riso caduto per rimetterlo nella pentola della vita. Vivendo gli uni al servizio degli altri, preparando le cose necessarie alla vita quotidiana, percorriamo la Via illuminata. Mentre ricordiamo Colui che ha detto: “Io sono la Via”. L’illuminazione si ottiene vivendo gli uni al servizio degli altri 2004 GIUGNO PIACENZA 29100 PIACENZA PC - Stradone Farnese, 11 Tel. 0523 321710 - Fax 0523 320804 E-mail: [email protected] - C/c. postale 12252292 Lance trasformate in palme Una gioia così grande da scoppiare! Padre Modesto Todeschi è un saveriano trentino, missionario in Burundi. Ci ha scritto per raccontarci la sua domenica delle palme. l documento “Chiesa in Africa” cita la profezia di Isaia: “È tempo che i popoli I Padre Modesto, autore dell’articolo p. MODESTO TODESCHI, sx spezzino le loro spade per farne vomeri e le loro lance per farne falci!”. Mi colpisce sempre questo mutare dell’animo umano. La storia insegna. Ma la tentazione torna e sembra essere una malattia cronica. Si passa in fretta da “osanna, osanna” a “crocifiggilo, crocifiggilo!”. Si potrebbe dire che le palme si trasformano in lance. In realtà, si può anche dire il contrario. Si può sperare che le lance si trasformino in palme. Un tendone per tetto La domenica delle palme ero a Gishingano, una comunità periferica della missione. Conoscevo un po’ la zona perché nove anni fa ci andavo abbastanza frequentemente per incontrare, incoraggiare, celebrare. Nel ‘95, infatti, la guerra aveva distrutto il popoloso quartiere di Kamenge e diversa gente si era rifugiata proprio lì. Ma poi la guerra era arrivata anche a Gishingano. Le scuole elementari sono state distrutte due volte, e ora resta solo qualche rudere. I banchi degli scolari sono stati usati come legna da ardere, scoraggiando il desiderio di riprovare a ricominciare. La chiesetta, già vecchia e mal messa, è rimasta scoperta perché hanno portato via le lamiere; adesso è coperta con un tendone, ma la struttura è diventata fragile per le piogge. Il fruscio della gioia A Gishingano, quest’anno, ho goduto profondamente nel vedere che, in una zona tanto dilaniata, la chiesa era piena zeppa e c’era una gioia indescrivibile, stupenda, da scoppiare! E le palme? C’erano quasi più palme che persone. E quando, alla benedizione, le hanno alzate, non si vedeva più nessuno: solo rami di palma. E si sentiva un fruscio pieno di gioia. Mi veniva spontaneo dire a tutta quella gente: “Nonostante Dammi un cuore, Signore Una preghiera e un’invocazione n cuore grande per amare, pronto a lottare, a soffrire e morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore di Gesù, di cui si celebra la festa il 18 giugno. Il Cuore trafitto per amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi. U Sentirsi uomini nuovi Il canto è stupendo. La musica ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser davvero un “uomo nuovo”. E non per merito mio, ma di Colui che “mi ha amato e si è dato a me”, come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di Ezechiele (36,24-28) in cui Dio stesso promette al suo popolo: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. Ecco il miracolo che solo Dio poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha effuso su di noi il suo Spirito. 8 Un cuore santo... Da qui nasce il cuore nuovo, il cuore grande. Un cuore ben di- p. S. PARMIGGIANI, sx verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi e fermarsi per sempre, se non viene curato tempestivamente. Io sono esperto in questa materia, avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi dei cardiopatici. Sono passati quarant’anni; ho cercato di vivere il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana. Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un cuore sano. Poi ho imparato ad accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore davvero nuovo, un cuore come il suo. Allora non importa più dove sono, se qui in Italia o nel terzo mondo. Non importa più quello che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano, se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un cuore buono, un cuore fedele, un cuore simile a quello di Gesù. “Signore, allarga il mio cuore fino ai confini del mondo” … fino ai confini del mondo Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre. Perché ciò che conta è amare, e l’amore è eterno, come insegna la bibbia: “Dio è amore, e chi sta nell’amore sta in Dio e Dio in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o Signore, non pensare che agli altri. Allarga il mio cuore fino ai confini del mondo, perché possa accogliere tutto il dolore degli uomini. Fa pesare sul mio cuore, fino al tormento, l’ansia quotidiana per la salvezza di tutti”. Si vedevano solo palme; si sentiva solo il fruscio della gioia tutte le prove e sofferenze, nonostante questo duro calvario, i vostri giovani sono segno vivo di speranza e di risurrezione”. Sembrava già Pasqua. C’era fretta di celebrare la Pasqua. Come non pensare che dove c’erano tante lance ci possono essere tante palme? “I vostri figli sono anche miei” I bambini di Kamenge non mi conoscevano, dal momento che erano passati nove anni. La catechista Imelda mi presentava come una persona conosciuta, perché due volte ero fuggito con loro durante i bombardamenti. Ricordava che avevo comprato le banane per i bambini, mentre salivamo verso la parte più alta della montagna per metterci in salvo. In quel momento ho provato tanta gioia. Anch’io ho un ricordo particolare, perché proprio lì una volta, durante le prime comunioni, avevo rischiato di essere fatto fuori. L’avevo scampata per miracolo: altri giovani erano arrivati a combattere contro quelli che volevano finirmi. Ricordo che mi chiesero: “Ma come hai fatto a passare? Come mai rischi tanto per noi?”. Spontaneamente risposi: “Come po- trei parlarvi di Dio se non sapessi sperimentare un po’ la vostra vita e il vostro rischio? Se avessi moglie e figli me lo impedirebbero. Ma dato che la mia famiglia siete voi, i vostri figli sono anche miei. Perciò, eccomi!”. Ci fu un applauso spontaneo, indimenticabile. Non poteva certo esserci una dimostrazione più bella del valore missionario del celibato. Figli della risurrezione La festa delle palme con questi vecchi ricordi aveva un sapore intenso e stupendo. Dico ancora grazie al Signore che mi ha dato il privilegio e la gioia di poter essere missionario. La gioia, la luce di quei volti, la sorpresa di ritrovarci insieme e di avere questi ricordi in comune, mi fanno capire che vale la pena di essere, di osare e di sentirsi “figli della risurrezione”. La testimonianza delle danze, dei canti, delle corali dei cristiani di Gishingano sono davvero una dimostrazione che la Pasqua è vera e che la risurrezione porta i suoi frutti, nonostante le guerre, le lance e le spade. Diventino palme anche le mitragliatrici e i revolver. E sarà pace, a Kamenge e nel mondo. L’UOMO NUOVO L’uomo nuovo creatore della storia, costruttore di nuova umanità. L’uomo nuovo che vive l’esistenza come un rischio che il mondo cambierà. L’uomo nuovo che lotta con speranza nella vita cerca verità. L’uomo nuovo non stretto da catene, l’uomo libero che esige libertà. L’uomo nuovo che più non vuol frontiere, né violenze in questa società. L’uomo nuovo a fianco di chi soffre dividendo con lui il tetto e il pane. Dammi un cuore, Signor, grande per amare. Dammi un cuore, Signor, pronto a lottare con te. 2004 GIUGNO PIEMONTE e LIGURIA 16156 GENOVA PEGLI GE - Viale Modugno, 39 Tel. 010 6969140 - Fax 010 6967910 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00303164 Il piacere di riposare in vacanza Per rilassare il corpo e fortificare l’anima gnuno di noi, in qualsiasi situazione si trovi nella vita e qualunque professione svolga, prova a volte un po’ di stanchezza, causata dallo “stress” e O Il tempo libero sia impiegato anche per la lettura e la meditazione dai molti impegni della concitata vita moderna. Tutti attendiamo giustamente l’arrivo del periodo di ferie per assaporare un riposo che ci consenta di ricaricare …le batterie del corpo e dello spirito. Qualcuno potrebbe pensare che la chiesa e i sacerdoti non mostrino interesse verso questa dimensione della vita normale, fatta di lavoro e di riposo. Invece, i nostri pastori spirituali ci offrono alcuni orientamenti anche su questo aspetto della vita dei cristiani. È un argomento trattato in vari documenti della chiesa. Se n’è occupato persino il concilio Vaticano II. Ispirandomi proprio al concilio, desidero condividere con voi alcuni pensieri e suggerimenti che riguardano il nostro tempo libero. p. MARIO TOGNALI, sx Tempo per risanare il corpo e lo spirito Nel documento “La Chiesa nel Mondo”, dopo aver ricordato che la famiglia nella sua missione educatrice deve orientare i figli ad un corretto uso dei nuovi mezzi di comunicazione per raggiungere una visione culturale universale, i vescovi continuano dicendo: “La diminuzione più o meno generalizzata del tempo di lavoro fa aumentare di giorno in giorno le possibilità culturali per molte persone. Il tempo libero sia impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la sanità dell’anima e del corpo mediante attività e studi di libera scelta, mediante viaggi in altri paesi (turismo responsabile), con i quali si affina e si arricchisce lo spirito grazie alla reciproca cono- Una gran bell’avventura Seguire Cristo per la missione nche se il cognome di famiglia è diffuso in tutt’Italia, sono un giovane sardo, originario di Birori, in provincia di Nuoro. Scrivo su questa pagina destinata agli amici dei saveriani del Piemonte e della Liguria, per obbedire alla richiesta insistente di un comune amico: p. Giuseppe Marzarotto. Ho conosciuto padre Giuseppe in Sardegna quando io ero ancora bambino, e mi ha chiesto di scrivere due righe sulla mia esperienza vocazionale. A 8 Missionario a vita Il 14 marzo scorso, nel santuario del beato Conforti a Parma, ho solennemente promesso di vivere in povertà, castità e obbedienza per tutta la vita nella famiglia saveriana e la domenica successiva, 21 marzo, sono stato ordinato diacono. In settembre, per grazia di Dio, diventerò sacerdote missionario. San Paolo afferma: “sono stato conquistato da Gesù Cristo”. Queste sue parole sono una sintesi degli avvenimenti della mia breve storia personale, specialmente in questi ultimi tempi. Alcuni mi dicono che sto sprecando la mia vita; altri credono che io abbia scelto di essere missionario perché non ho trovato la donna da sposare... Sono risposte umane ad una realtà che totalmente umana non è: la vocazione a seguire Cristo nella vita missionaria. Anche la vocazione alla vita missionaria fa parte del grande ANDREA ROSSI, sx mistero della vita cristiana! Sono felice! Nessuna apparizione, nessun angelo, nessun miracolo… Nella semplicità della vita quotidiana e nel confronto con la sua Parola, mi sono lasciato condurre da Lui intuendo la strada verso cui mi portava. Dio mi ha fatto capire che ha un progetto su di me. Con senso di responsabilità, io ho accettato il suo progetto; e ne sono felice. La strada è ancora lunga; sono solo all’inizio di una grande avventura. Però so che il Signore, che ha iniziato in me la sua opera, la porterà a compimento. Per fare una scelta del genere non occorre essere super uomini; non occorre avere qualità ad effetti speciali, essere già perfetti e santi. Basta cercare di essere fedeli alla fedeltà di Dio. Dio è sempre fedele alla sua promes- sa. È fedele nella chiamata sempre, anche quando noi non lo siamo nella risposta. Un pizzico di pazzia… Non so perché il Signore abbia scelto me come collaboratore della sua missione per fare del mondo una sola famiglia. So solo che non l’ha fatto per i miei meriti o la mia santità, ma che mi ha scelto gratuitamente, per amore. Perciò, dal più profondo del mio essere, lo ringrazio per il dono gratuito e prezioso della vocazione missionaria. Io ho messo solo quel po’ di coraggio e di sana pazzia, che mi hanno fatto fare il primo passo per abbandonarmi alle sue mani. E poi la fede è una delle poche certezze che ho: Dio è fedele nel suo amore come una mamma. Questo mi dà speranza, quando penso al mio futuro. Andrea Rossi (primo a sinistra), giovane saveriano sardo, fa il diacono a p. Giancarlo Lazzarini, vicario generale dei saveriani Le vacanze servono anche per ritrovare il benessere fisico e spirituale scenza, e anche mediante esercizi e manifestazioni sportive che giovano a mantenere l’equilibrio dello spirito anche nella comunità e offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra le persone di tutte le condizioni, di nazioni o di stirpi diverse. I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni e attività culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di spirito umano e cristiano” (G.Sp.1524). Tempo per curare la vita familiare Desidero sottolineare anche un secondo aspetto, sempre ispirandomi ai documenti del concilio. Il tempo libero, oltre ad essere speso per fortificare le dimensioni umane e spirituali, deve essere utilizzato anche per la vita familiare e religiosa: “Pur applicando all’attività di lavoro, con doverosa responsabilità, tempo ed energie, tutti i lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa. Anzi debbono avere la possibilità di dedicarsi ad attività libere che sviluppino quelle energie e capacità, che non hanno forse modo di coltivare nel loro lavoro professionale” (G.S. 1547). Con l’anima riposata Forse questi orientamenti possono sembrare difficili da realizzare nella realtà della vita di ogni giorno. Tuttavia, spetta a noi saper gestire la vita con equilibrio per il nostro bene fisico e spirituale, organizzando le nostre vacanze e il nostro tempo libero. Pensandoci bene prima, possiamo trovare il modo per ristabilire le nostre forze: non solo quelle del corpo e della mente, ma anche quelle dell’anima. Quando l’anima è forte e riposata, anche il corpo e la mente si stancano di meno! Al mio fraterno augurio perché possiate organizzare in questo modo il vostro periodo di riposo estivo, aggiungo il saluto dei missionari saveriani di Genova Pegli, accompagnato dalla nostra costante preghiera per tutti voi. UN LIFTING ALLA NOSTRA CASA p. ANTONIO BENETTI, sx Avremmo voluto aspettare tempi migliori per realizzare alcuni lavori di manutenzione nella nostra casa saveriana di Pegli. Ma dato che il tetto aveva delle perdite, i cornicioni stavano cedendo, l’intonaco delle pareti era ormai scrostato, le ringhiere erano arrugginite… allora ne abbiamo approfittato per fare, in varie tappe, una ristrutturazione della facciata e delle stanze. I lavori sono durati alcuni mesi, essendoci stato di mezzo l’inverno, e grazie alla grande abilità dei muratori e dei pittori, la casa saveriana La casa saveriana di Pegli durante è stata rimessa un po’ a nuovo. A i lavori di ristrutturazione Dio piacendo, per alcuni anni, non dovrebbe aver bisogno di altri interventi. Il nostro sincero grazie va anche a voi, amici e benefattori, che con il vostro sostegno ci venite incontro e aiutate con tanta generosità. Se avete occasione di passare per Viale Modugno 39, venite a trovarci. Ne saremmo davvero felici. Restiamo uniti nella preghiera e nell’amore alle missioni. Grazie. 2004 GIUGNO REGGIO CALABRIA 89055 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 Un quadro della mostra “Calvario per i bambini di guerra”, nel Parco della Mondialità Il calvario dei bambini in guerra Storie vere dalla Sierra Leone l parco della mondialità di Gallico, ho accompagnato vari gruppi a visitare la mostra “Calvario per i bambini di guerra”. Mentre parlavo mi venivano in mente le storie di tanti piccoli amici, soprattutto dell’Africa, che sono stati costretti a soffrire la guerra, ma non l’hanno voluta fare. Sono storie vere. Nanasi Kisala ha 19 anni. In un mondo normale sarebbe un giovane con una vita davanti, impegnato a studiare e a costruirsi un futuro, con tanti sogni e progetti nel cassetto. Ma il Congo non è un Paese normale…; è un Paese in guerra. I giovani come Nanasi non conoscono la scuola, ma le armi; vengono arruolati nell’esercito o nelle bande di ventura e sono costretti a uccidere. Cercami un amico… Sullai era un giovane delle scuole superiori. Suo padre era muratore. Spesso lo avevamo chiamato alla missione per lavorare. Frequentava una chiesa protestante ed era un uomo onesto; per non fare cose contro coscienza, era pronto a pagare di persona. Noi lo aiutavamo volentieri dandogli lavoro e pagando la retta scolastica per suo figlio. Un giorno ricevo una lettera di Sullai. Mi scrive che i ribelli erano arrivati, avevano ucciso suo padre e un fratello più giovane. Scrive che lui vuole continuare negli studi, ma che non sa più a chi rivolgersi e chiedere aiuto. Aggiunge: “Aiutami tu, per la scuola e per la vita. Cerca un buon amico che possa pensare a me”. Caro Sullai, guardati attor- Missionario in ritardo mente, per raggiungere le diverse comunità sparse in un raggio di 60 chilometri, facevo uso di una camionetta pick-up. Ma quando le strade di terra battuta subivano erosioni o non erano collegate da ponti, non mi rimaneva che andare a cavallo, il mezzo di trasporto più comune da quelle parti. In vista della fattoria, i ragazzi più generosi mi venivano incontro per scortarmi fino al luogo della riunione. Ricordo che non ero sempre in orario; ma per fortuna la mancanza di puntualità non è mai stato un problema. Da quelle parti, la gente non ha fretta e ti aspetta per ore, cantando al ritmo di qualche chitarra. CARI AMICI, Ringrazio padre Ercole per la disponibilità con cui ha seguito la mostra “Calvario per i bambini di guerra” e per aver averci raccontato le esperienze dei ragazzi della Sierra Leone. Grazie anche a padre Flavio per aver condiviso con tutti noi la “nostalgia” che sente ancora forte per il Brasile. Nel riquadro in basso, proponiamo il volantino del grande avvenimento giovanile che si terrà a Gallico nel mese di luglio. Invitiamo i giovani a partecipare. p. Pierluigi, sx A …la gente aspetta e canta aguapita, in lingua tupì, significa pantera rossa. È un piccolo municipio di dodicimila abitanti, fondato cinquant’anni fa da immigrati e altra gente in cerca di terre da coltivare. Si trova a settecento chilometri a ovest di San Paolo, sulla linea del tropico, verso il confine con il Paraguay. Qui ho passato la maggior parte dei miei anni di vita missionaria in Brasile. J Sole e polvere rossa I pionieri, molti dei quali italiani, con il fuoco e una tenace opera di bonifica, hanno trasformato quelle terre incolte in floride piantagioni di caffè, soia, cotone e canna da zucchero. Con la gente, sono arrivati anche i missionari, con l’intento di favorire l’incontro tra le diverse razze 8 p. ERCOLE MARCELLI, sx p. FLAVIO BACCHIN, sx e la nascita di comunità fraterne. La maggior parte delle abitazioni è fatta di legno, con assi accostate in verticale, pavimento in cemento o terra battuta, poche suppellettili e rare comodità. Spesso mancano sia la luce che l’acqua, sostituite dal lume a petrolio e dall’acqua non sempre limpida di qualche invasatura, dove normalmente si fa il bagno e si abbevera il bestiame. Tanto sole e tanta polvere rossa, ti danno l’impressione di essere capitato proprio nell’ambiente caratteristico dei vecchi film di cowboy. A cavallo, senza fretta Questo è stato l’ambiente nel quale, per una decina d’anni, ho avuto la cura pastorale di due parrocchie distanti trenta chilometri una dall’altra. Normal- Padre Flavio, missionario alla John Wayne Una riserva di ostie Gli incontri erano sempre ben organizzati dallo zelo e dalla responsabilità dei ministri che, nonostante il duro lavoro nelle piantagioni, trovavano il tempo per preparare i canti, fare la lista delle intenzioni per la preghiera, fare il catechismo ai piccoli, preparare gli adulti alla benedizione del matrimonio e i genitori al battesimo dei figli. Lasciavo sempre una riserva abbondante di ostie consacrate affinché la domenica potessero ancora radunarsi per la celebrazione della Parola, portare la comunione ad ammalati e anziani e vivere con il sostegno della fede. Sono andato a fare del bene, e mi rendo conto di averne anche ricevuto tanto. Per questo, sento ancora molta saudade do Brasil - per chi non avesse capito: sento ancora molta nostalgia del Brasile. no. Bussa ancora alla porta della missione; ci sono sempre persone buone che aiutano! La piaga tropicale Alpha Sesay abitava appena fuori dal recinto della missione a Makeni. Alla gamba destra aveva una piaga tropicale che guariva e poi si riapriva. Era un ragazzo intelligente e voleva andare a scuola. Suo padre, forse alcolizzato, era incapace di provvedere a suo figlio e veniva spesso a pregarci di aiutarlo. L’abbiamo aiutato a pagare la scuola e a curare la piaga. Poi parlai con padre Bepi Berton, direttore del progetto delle famiglie che ospitano bambini bisognosi di assistenza, perché accettasse il ragazzo. Alpha fu curato e frequentò la scuola, finché non venne la tempesta scatenata dai ribelli. Tanti bambini furono rapiti, costretti a drogarsi, a uccidere persone e a distruggere cose. Alpha si salvò, ma perse suo padre. Ha ancora bisogno di aiuto. curai che frequentasse la scuola regolarmente. Quando fummo costretti ad abbandonare la missione perché stavano per arrivare i ribelli, Giovanni si accodò a noi. Lo lasciammo in un villaggio dove avrebbe trovato protezione. Ma era molto triste nel vederci andar via. Ero già in Italia da un anno quando ricevetti una sua lettera. Ero felice, perché sapevo che aveva superato i tempi terribili dei ribelli. Nella lettera mi ringraziava per quello che i missionari avevano fatto per lui. Il grazie di Giovanni Giovanni era un ragazzo che aveva subito privazioni e traumi in famiglia. Quando si presentò la prima volta alla missione aveva un’aria spaurita. Lo feci entrare e gli diedi da mangiare. Tornò ancora e mi chiese di aiutarlo perché voleva andare a scuola. Gli dissi che avrei pagato la tassa scolastica, e mi assi- Nelle mani di Dio Cari amici della Sierra Leone, mi sento piccolo di fronte a voi, che avete sofferto tanto e che ora, con tutta la buona volontà, state tentando di ricostruire la vostra nazione. Non sono più in mezzo a voi, ma il parlar di voi in ogni occasione è già una gioia e uno stimolo ad affidarvi nelle mani di Dio. CONVEGNO GIOVANILE MISSIONARIO Invitiamo i giovani dai 18 ai 28 anni, in particolare del centro-sud Italia, al convegno giovanile missionario “OLTRE LA CHAT L’INCONTRO” dal 21 al 25 luglio presso i Missionari Saveriani a Gallico Superiore (R.C.) L’obiettivo è riflettere sull’impegno di incontrare l’altro per imparare ad ascoltare, dialogare e insieme costruire un cammino di fraternità, di condivisione e di missione. Lo stile del convegno sarà all’insegna della preghiera, della riflessione, delle testimonianze, della festa. Per informazioni chiedere a: padre Giovanni, Salerno: Tel. 349 7754907 - [email protected] padre Pierluigi, Reggio C.: Tel. 347 0463535 - [email protected] padre Nicola, Taranto: Tel. 339 1100734 - [email protected] 2004 GIUGNO ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 Cinquant’anni in Sierra Leone “Sono pronto a ripartire ancora” Padre Nazzareno Bramati, a Roma per un periodo di riposo e di cure, ha approfittato per celebrare il 50° anniversario di vita missionaria in Sierra Leone. Ottant’anni a novembre, ma non sembra abbia l’intenzione di fermarsi... Padre Nazzareno durante la Messa per il suo 50° anniversario d’Africa p. NAZZARENO BRAMATI, sx ingrazio il Signore per tutti i benefici che ha dato a me e a voi. Lo ringrazio, in modo particolare, per il dono della vocazione missionaria. La vocazione vuol dire chiamata. Il Signore chiama chi vuole. Il Signore chiama sempre e ovunque; chiama a tutte le età. Mi ha chiamato a seguirlo, non solo come cristiano e religioso, ma anche nella predicazione del vangelo. È una grande grazia rispondere alla chiamata del Signore, ma non tutti lo fanno. Se uno non è pronto ad abbracciare tutto quello che il Signore gli offre, facilmente rifiuta la chiamata e l’offerta. R Siamo inviati speciali Il giorno di Pasqua, il Signore risorto appare nel cenacolo dove gli apostoli erano riuniti a porte chiuse. Disse loro: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”. Il Padre ha man- dato suo Figlio in questo mondo proprio per salvare noi peccatori, non per condannarci. E il Signore ha mandato gli apostoli nel mondo a fare quello che aveva fatto lui, che è morto e risorto per noi. Quella degli apostoli non è stata un’iniziativa personale. A noi è stato detto di fare la stessa cosa: andare e predicare il vangelo a tutti. Se i missionari non seguono questa strada, non sono più fedeli a Cristo. Non è un’iniziativa personale, ma un dovere dato alla persona che ha deciso, con la forza della grazia, di seguire il Signore. Per il primo annuncio Noi missionari andiamo a fare il primo annuncio del vangelo a chi non lo conosce ancora. Che cosa significa? Prima di tutto, è un invito: “Pentitevi e cambiate vita, miglioratela!”. Il primo annuncio è dato a tutti, piccoli e grandi, nessuno escluso. Troviamo chi è aperto e chi è chiuso; chi è pronto e chi no; chi non ne Dammi un cuore, Signore Una preghiera e un’invocazione n cuore grande per amare, pronto a lottare, a soffrire e morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore di Gesù, di cui si celebra la festa il 18 giugno. Il Cuore trafitto per amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi. U Sentirsi uomini nuovi Il canto è stupendo. La musica ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser davvero un “uomo nuovo”. E non per merito mio, ma di Colui che “mi ha amato e si è dato a me”, come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di Ezechiele (36,24-28) in cui Dio stesso promette al suo popolo: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. Ecco il miracolo che solo Dio poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha effuso su di noi il suo Spirito. 8 Un cuore santo... Da qui nasce il cuore nuovo, il cuore grande. Un cuore ben di- p. S. PARMIGGIANI, sx verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi e fermarsi per sempre, se non viene curato tempestivamente. Io sono esperto in questa materia, avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi dei cardiopatici. Sono passati quarant’anni; ho cercato di vivere il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana. Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un cuore sano. Poi ho imparato ad accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore davvero nuovo, un cuore come il suo. Allora non importa più dove sono, se qui in Italia o nel terzo mondo. Non importa più quello che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano, se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un cuore buono, un cuore fedele, un cuore simile a quello di Gesù. “Signore, allarga il mio cuore fino ai confini del mondo” … fino ai confini del mondo Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre. Perché ciò che conta è amare, e l’amore è eterno, come insegna la bibbia: “Dio è amore, e chi sta nell’amore sta in Dio e Dio in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o Signore, non pensare che agli altri. Allarga il mio cuore fino ai confini del mondo, perché possa accogliere tutto il dolore degli uomini. Fa pesare sul mio cuore, fino al tormento, l’ansia quotidiana per la salvezza di tutti”. Padre Nazzareno con un gruppo di bambini in Sierra Leone vuol sapere e chi è indifferente perché non capisce. La buona novella è per tutti, anche se non tutti la accettano con gioia. Compito del missionario è anche quello di “tirar su” questa gente e far loro capire il vangelo attraverso la carità, la scuola, l’istruzione. L’educazione umana e lo sviluppo sono cose importanti e fanno parte dell’attività missionaria. Come possono capire il vangelo dell’amore se noi non dimostriamo il vangelo con le opere della carità? Seminare bene Qualcuno ha accusato i missionari di curare troppo il lavoro nelle scuole. Ma la formazione è importante per diventare cittadini e cristiani responsabili. Nessun agricoltore semina a vanvera. Il seminare è per raccogliere, non per disperdere il seme. Il terreno va preparato con l’istruzione scolastica e con il catechismo. Con gli aiuti che riceviamo, sosteniamo la scuola e l’istruzione dei giovani, che altrimenti non ce la farebbero a causa della povertà delle famiglie. Il vangelo va spiegato in modo spicciolo perché sia alla portata di tutti. Tutto aiuta per poterlo recepire e mettere in pratica. L’istruzione è importante per preparare la strada alla fede che entrerà nei cuori attraverso l’ascolto della Parola di Dio. La goccia di miele Io non ho dato mai la fede a nessuno, perché la fede è un dono del Signore. I missionari, i sacerdoti, i genitori e gli insegnanti preparano la strada all’annuncio del Signore. A questo lavoro il Signore mi ha chiamato e da 50 anni ho cercato di farlo sempre. Che metodo ho usato? San Francesco di Sales diceva: “Si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto”. Con l’amore si aprono le strade più impossibili e si ottiene quello che si vuole. La Sierra Leone è detta la “tomba dell’uomo bianco”. La vita è in mano a Dio. Il Signore sa quando è ora di finire. Da parte mia, io sono pronto a ripartire e ricominciare a preparare la strada perché la fede entri nei cuori di tanti fratelli e sorelle nel mondo. L’UOMO NUOVO L’uomo nuovo creatore della storia, costruttore di nuova umanità. L’uomo nuovo che vive l’esistenza come un rischio che il mondo cambierà. L’uomo nuovo che lotta con speranza nella vita cerca verità. L’uomo nuovo non stretto da catene, l’uomo libero che esige libertà. L’uomo nuovo che più non vuol frontiere, né violenze in questa società. L’uomo nuovo a fianco di chi soffre dividendo con lui il tetto e il pane. Dammi un cuore, Signor, grande per amare. Dammi un cuore, Signor, pronto a lottare con te. 2004 GIUGNO ROMAGNA 48020 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Quaresima, tempo forte Le attività in casa saveriana on spaventatevi, cari amici. Non vogliamo proporvi una quaresima nel mese di giugno! Non è compito del cronista fare certe proposte. Semplicemente desidero far conoscere alle tante persone e comunità che ci seguono con amore, le attività che si sono tenute durante questo periodo e rendervi partecipi. N Tre mesi di intensa attività I mesi di febbraio e marzo sono stati particolarmente intensi sia per la nostra casa saveriana, sia per i missionari della comunità. Di alcune attività della casa avete già letto nelle pagine interne del giornale di aprile. • Dal 17 al 19 febbraio c’è stato il raduno dei trentuno delegati Lavoro è salute: p. Vincenzo p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx al capitolo dei saveriani in Italia, che si è poi tenuto dal 18 al 30 aprile scorso. • Dal 1° al 6 marzo abbiamo ospitato il convegno europeo degli animatori missionari e vocazionali, un appuntamento di interesse vitale per quella che potremmo chiamare l’Unione Europea Saveriana. • Nel mese di marzo la nostra casa ha accolto ospiti ben conosciuti e sempre graditi, per i loro periodici ritiri spirituali: le suore oblate salesiane; le parrocchie della Pianta di Forlì e di San Paolo di Ravenna; l’assemblea della CIMI e del SUAM, sigle che significano Conferenza degli Istituti Missionari in Italia e Segretariato Unitario di Animazione Missionaria. Il lavoro per il regno di Dio Se la casa ha sentito il passaggio della quaresima, anche i missionari si sono sentiti utili: con- La giornata missionaria saveriana a terza domenica di quaresima, nella parrocchia di San Giovanni Battista Cappuccinini di Forlì, è stata celebrata la Giornata missionaria saveriana. L’hanno fortemente voluta il parroco don Lucio ed il suo vice don Guglielmo. Fa parte del programma pastorale della parrocchia; e per questo merita la nostra attenzione. 8 Un’esperienza recuperata Il Concilio ha detto che tutta la chiesa, e perciò ogni parrocchia, è missionaria. Tutti continuano a ripeterlo, ma purtroppo questo tipo di “giornate” sono quasi scomparse. Invece don Lucio, parroco dal ‘69, e don Guglielmo, vice parroco dal ’67, ci tengono ancora a questa buona abitudine. Non sono certo sacerdoti pre-conciliari; anzi, appena ti avvicini alla loro parrocchia senti subito che è un insieme di famiglie che fanno comunità attorno alla chiesa e che questa comunità si sente cellula della grande famiglia cristiana. Eppure i due sacerdoti hanno La casa di San Pietro in Vincoli è aperta a tutti; basta collaborare, alla fine di ogni banchetto, per il ristabilire ordine e pulizia. Da sinistra, i padri Tognali di Genova, Colasuonno di Brescia, Menin di Parma e Andreolli di Desio sembra che l’abbiano capito. • Il 3 aprile gli ex allievi salesiani di Forlì hanno concluso gli appuntamenti quaresimali in casa saveriana. Una parrocchia speciale L fessioni a ritmo serrato, celebrazione di Messe, veglie di preghiera, stazioni vicariali, benedizione delle case… A tutto questo va aggiunta l’animazione missionaria fuori zona: una settimana di padre Giorgio in Calabria e tre settimane del sottoscritto in Sardegna. Se è vero che per tutti il lavoro è salute, speriamo che il lavoro per il regno di Dio sia benedizione per chi lo riceve e per chi lo compie. A. C. insistito ad avere un missionario in parrocchia e hanno messo anche una precisa condizione: “I nostri cristiani sanno già tutto sulla teologia missionaria; tu parla solo della tua esperienza missionaria”. Tutti felici perché… Il missionario accetta invito e condizioni. Alla fine, il parroco ha manifestato la sua soddisfazione dicendo: “Grazie per averci messo al corrente delle tue numerose esperienze; nelle cinque omelie non ti sei mai ripetuto”. Dopo queste parole il vecchio missionario reduce, è felice. Dalle testimonianze raccolte si è convinto che anche la migliore parrocchia missionaria ha bisogno di qualcosa che soltanto lui può dare. E solo lui godrà, fino alla commozione, quando vengono a dirgli: “Noi siamo i genitori di Ombretta, missionaria a Khulna in Bangladesh, dove lavorano i saveriani... Noi siamo i pronipoti del beato Fogolla, vescovo missionario in Cina, a cui il bea- to Conforti affidò i suoi primi saveriani partenti... Io sono Frassinetti, secondo cugino dei due saveriani Enrico e Mario di Dovadola... Presto ci laureiamo e l’anno prossimo ci sposeremo; come potremo renderci utili almeno per tre mesi in una missione?”. Il centuplo assicurato Ha ragione don Lucio: i cristiani chiedono testimonianze, e per questo egli sa anche darne. Di soldi, a differenza del passato, il missionario non ne ha chiesti, soprattutto per il pudore imposto da quelle grosse cifre esposte all’ingresso della chiesa: “per restauri…; per mutuo decennale…; per prestito quinquennale...”. Eppure, ringraziando, il missionario ha potuto dire: “Se Gesù è di parola quando assicura il centuplo, quei vostri debiti dovrebbero presto scomparire”. Dal sorriso delle tante persone presenti alla Messa vespertina celebrata dal parrocchiano don Alessandro, professore all’università Gregoriana, mi è sembrato che volessero dirmi: “Siamo tutti d’accordo”. Grazie, parrocchia Cappuccinini di Forlì. Dal 9 al 16 marzo, abbiamo avuto l’assemblea annuale degli economi delle comunità saveriane in Italia. Nella fotografia, li vedete soddisfatti in gruppo. La divina Provvidenza continua ad assisterci in tanti modi e la nostra riconoscenza va anche a tutti voi. SAVERIANI NELLA CHIESA LOCALE Il secondo articolo dello statuto per i saveriani che lavorano in Italia dice così: “Chiamati dallo Spirito a vivere l’urgenza della missione alle genti, i saveriani in Italia si sentono parte viva della chiesa italiana, che è responsabile della missione. Essi partecipano al cammino pastorale della chiesa, vivono il proprio carisma in spirito di comunione ecclesiale e di reale collaborazione”. Ben lo sanno i parroci, che possono sempre chiedere ai missionari di aiutarli nel loro lavoro pastorale, durante tutto l’anno. E i missionari sono ben felici di mettersi a disposizione, soprattutto per l’animazione missionaria e vocazionale, per incontri di spiritualità e per la direzione spirituale dei fedeli. Un esempio. In quaresima c’è una pratica molto sentita dai fedeli e impegnativa per il pastore: invece di attendere i fedeli in chiesa, egli va a trovarli in casa per la benedizione. Per il missionario questo “andare” è l’espressione più autentica del suo carisma. Lo hanno potuto sperimentare le parrocchie della Fratta di Forlì e di Santa Maria della Speranza di Cesena. Per un mese intero p. Giuseppe Bardelli è stato felice di andare di casa in casa, a portare la benedizione di Dio. 2004 GIUGNO SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 Lance trasformate in palme Una gioia così grande da scoppiare! Padre Modesto Todeschi è un saveriano trentino, missionario in Burundi. Ci ha scritto per raccontarci la sua domenica delle palme. l documento “Chiesa in Africa” cita la profezia di Isaia: ”È tempo che i popoli I Padre Modesto, autore dell’articolo p. MODESTO TODESCHI, sx spezzino le loro spade per farne vomeri e le loro lance per farne falci!”. Mi colpisce sempre questo mutare dell’animo umano. La storia insegna. Ma la tentazione torna e sembra essere una malattia cronica. Si passa in fretta da “osanna, osanna” a ”crocifiggilo, crocifiggilo!”. Si potrebbe dire che le palme si trasformano in lance. In realtà, si può anche dire il contrario. Si può sperare che le lance si trasformino in palme. Un tendone per tetto La domenica delle palme ero a Gishingano, una comunità periferica della missione. Conoscevo un po’ la zona perché nove anni fa ci andavo abbastanza frequentemente per incontrare, incoraggiare, celebrare. Nel ‘95, infatti, la guerra aveva distrutto il popoloso quartiere di Kamenge e diversa gente si era rifugiata proprio lì. Ma poi la guerra era arrivata anche a Gishingano. Le scuole elementari sono state distrutte due volte, e ora resta solo qualche rudere. I banchi degli scolari sono stati usati come legna da ardere, scoraggiando il desiderio di riprovare a ricominciare. La chiesetta, già vecchia e mal messa, è rimasta scoperta perché hanno portato via le lamiere; adesso è coperta con un tendone, ma la struttura è diventata fragile per le piogge. Il fruscio della gioia A Gishingano, quest’anno, ho goduto profondamente nel vedere che, in una zona tanto dilaniata, la chiesa era piena zeppa e c’era una gioia indescrivibile, stupenda, da scoppiare! E le palme? C’erano quasi più palme che persone. E quando, alla benedizione, le hanno alzate, non si vedeva più nessuno: solo rami di palma. E si sentiva un fruscio pieno di gioia. Mi veniva spontaneo dire a tutta quella gente: “Nonostante Dammi un cuore, Signore Una preghiera e un’invocazione n cuore grande per amare, pronto a lottare, a soffrire e morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore di Gesù, di cui si celebra la festa il 18 giugno. Il Cuore trafitto per amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi. U Sentirsi uomini nuovi Il canto è stupendo. La musica ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser davvero un “uomo nuovo”. E non per merito mio, ma di Colui che “mi ha amato e si è dato a me”, come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di Ezechiele (36,24-28) in cui Dio stesso promette al suo popolo: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. Ecco il miracolo che solo Dio poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha effuso su di noi il suo Spirito. 8 Un cuore santo... Da qui nasce il cuore nuovo, il cuore grande. Un cuore ben di- p. S. PARMIGGIANI, sx verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi e fermarsi per sempre, se non viene curato tempestivamente. Io sono esperto in questa materia, avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi dei cardiopatici. Sono passati quarant’anni; ho cercato di vivere il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana. Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un cuore sano. Poi ho imparato ad accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore davvero nuovo, un cuore come il suo. Allora non importa più dove sono, se qui in Italia o nel terzo mondo. Non importa più quello che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano, se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un cuore buono, un cuore fedele, un cuore simile a quello di Gesù. “Signore, allarga il mio cuore fino ai confini del mondo” … fino ai confini del mondo Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre. Perché ciò che conta è amare, e l’amore è eterno, come insegna la bibbia: “Dio è amore, e chi sta nell’amore sta in Dio e Dio in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o Signore, non pensare che agli altri. Allarga il mio cuore fino ai confini del mondo, perché possa accogliere tutto il dolore degli uomini. Fa pesare sul mio cuore, fino al tormento, l’ansia quotidiana per la salvezza di tutti”. Si vedevano solo palme; si sentiva solo il fruscio della gioia tutte le prove e sofferenze, nonostante questo duro calvario, i vostri giovani sono segno vivo di speranza e di risurrezione”. Sembrava già Pasqua. C’era fretta di celebrare la Pasqua. Come non pensare che dove c’erano tante lance ci possono essere tante palme? “I vostri figli sono anche miei” I bambini di Kamenge non mi conoscevano, dal momento che erano passati nove anni. La catechista Imelda mi presentava come una persona conosciuta, perché due volte ero fuggito con loro durante i bombardamenti. Ricordava che avevo comprato le banane per i bambini, mentre salivamo verso la parte più alta della montagna per metterci in salvo. In quel momento ho provato tanta gioia. Anch’io ho un ricordo particolare, perché proprio lì una volta, durante le prime comunioni, avevo rischiato di essere fatto fuori. L’avevo scampata per miracolo: altri giovani erano arrivati a combattere contro quelli che volevano finirmi. Ricordo che mi chiesero: “Ma come hai fatto a passare? Come mai rischi tanto per noi?”. Spontaneamente risposi: “Come po- trei parlarvi di Dio se non sapessi sperimentare un po’ la vostra vita e il vostro rischio? Se avessi moglie e figli me lo impedirebbero. Ma dato che la mia famiglia siete voi, i vostri figli sono anche miei. Perciò, eccomi!”. Ci fu un applauso spontaneo, indimenticabile. Non poteva certo esserci una dimostrazione più bella del valore missionario del celibato. Figli della risurrezione La festa delle palme con questi vecchi ricordi aveva un sapore intenso e stupendo. Dico ancora grazie al Signore che mi ha dato il privilegio e la gioia di poter essere missionario. La gioia, la luce di quei volti, la sorpresa di ritrovarci insieme e di avere questi ricordi in comune, mi fanno capire che vale la pena di essere, di osare e di sentirsi “figli della risurrezione”. La testimonianza delle danze, dei canti, delle corali dei cristiani di Gishingano sono davvero una dimostrazione che la Pasqua è vera e che la risurrezione porta i suoi frutti, nonostante le guerre, le lance e le spade. Diventino palme anche le mitragliatrici e i revolver. E sarà pace, a Kamenge e nel mondo. CONVEGNO GIOVANILE MISSIONARIO Invitiamo i giovani dai 18 ai 28 anni, in particolare del centro-sud Italia, al convegno giovanile missionario “OLTRE LA CHAT L’INCONTRO” dal 21 al 25 luglio presso i Missionari Saveriani a Gallico Superiore (R.C.) L’obiettivo è riflettere sull’impegno di incontrare l’altro per imparare ad ascoltare, dialogare e insieme costruire un cammino di fraternità, di condivisione e di missione. Lo stile del convegno sarà all’insegna della preghiera, della riflessione, delle testimonianze, della festa. Per informazioni chiedere a: padre Giovanni, Salerno: Tel. 349 7754907 - [email protected] padre Pierluigi, Reggio C.: Tel. 347 0463535 - [email protected] padre Nicola, Taranto: Tel. 339 1100734 - [email protected] 2004 GIUGNO TARANTO 74020 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 La fede non è venuta meno Prosegue l’intervista a p. Sanfelice ubblichiamo la seconda parte dell’intervista a p. Carmelo Sanfelice, missionario saveriano che ci ha aggiornato sulla situazione del Congo nella pagina di aprile di questo giornale. Il Paese africano è tuttora dilania- P Uno dei numerosi ragazzi congolesi costretti a impugnare il fucile a cura di p. ANGELO BERTON, sx to da sanguinose guerre tra etnie diverse per la conquista del territorio e con il concorso di interessi stranieri. Si sente parlare spesso di tutsi. Chi sono? I tutsi sono una popolazione di origine nilotica, non molto numerosa. Sono arrivati negli altipiani dell’Uganda, Burundi, Rwanda e Congo fin dai tempi antichi, risalendo il fiume Nilo e portando con sé il bestiame. Si sono stabiliti sulle alture tropicali della zona in cui escono le acque sorgive del grande fiume Nilo. A quell’altitudine, il clima è perennemente primaverile e le mandrie possono trovare pascoli sempre freschi. Nella zona, vivono anche altre popolazioni antiche, originarie del luogo. In Congo ci sono più di 200 etnie importanti, in gran parte derivanti dal ceppo bantu. Quasi il 75 per cento della popolazione è cristiana, tra cattolici e protestanti. C’è an- che una piccola minoranza di musulmani, ma gli altri seguono pratiche religiose tradizionali. In che zona del Congo lavorano i saveriani? Noi saveriani lavoriamo soprattutto nella regione del Kivu, al confine con il Burundi e il Ruanda. Proprio in questa regione, chiamata dei Grandi Laghi, nel 1995 ebbe inizio la cosiddetta guerra dei Banyamulenge. Questa guerra si trasformò presto in guerriglia, con tre gruppi di guerriglieri che si combattono tra loro per interessi economici e per conto di padroni diversi. Cercano la supremazia su questo territorio perché è ricchissimo di minerali. In questo drammatico contesto di vita martoriata, la popolazione del Kivu è arrivata allo stremo della sopportazione. La gente è in continuo stato di assedio e deve continuamente fuggire da un posto all’altro, per cercare di sopravvivere. Dammi un cuore, Signore Una preghiera e un’invocazione n cuore grande per amare, pronto a lottare, a soffrire e morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore di Gesù, di cui si celebra la festa il 18 giugno. Il Cuore trafitto per amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi. U Sentirsi uomini nuovi Il canto è stupendo. La musica ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser davvero un “uomo nuovo”. E non per merito mio, ma di Colui che “mi ha amato e si è dato a me”, come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di Ezechiele (36,24-28) in cui Dio stesso promette al suo popolo: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. Ecco il miracolo che solo Dio poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha effuso su di noi il suo Spirito. 8 Un cuore santo... Da qui nasce il cuore nuovo, il cuore grande. Un cuore ben di- p. S. PARMIGGIANI, sx verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi e fermarsi per sempre, se non viene curato tempestivamente. Io sono esperto in questa materia, avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi dei cardiopatici. Sono passati quarant’anni; ho cercato di vivere il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana. Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un cuore sano. Poi ho imparato ad accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore davvero nuovo, un cuore come il suo. Allora non importa più dove sono, se qui in Italia o nel terzo mondo. Non importa più quello che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano, se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un cuore buono, un cuore fedele, un cuore simile a quello di Gesù. “Signore, allarga il mio cuore fino ai confini del mondo” … fino ai confini del mondo Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre. Perché ciò che conta è amare, e l’amore è eterno, come insegna la bibbia: “Dio è amore, e chi sta nell’amore sta in Dio e Dio in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o Signore, non pensare che agli altri. Allarga il mio cuore fino ai confini del mondo, perché possa accogliere tutto il dolore degli uomini. Fa pesare sul mio cuore, fino al tormento, l’ansia quotidiana per la salvezza di tutti”. Padre Carmelo Sanfelice celebra la Messa in una piccola comunità congolese Si parla poco di queste tragedie… Sia noi che la popolazione abbiamo subito impotenti questa guerra devastante, davanti al silenzio dell’opinione pubblica internazionale. È stato difficile creare un canale informativo perché non sempre queste notizie riescono a guadagnare l’attenzione dei mezzi d’informazione. Purtroppo si tende a ignorare le notizie dell’Africa o comunque a non darvi il risalto che invece meritano. Insistendo con lettere e racconti dei fatti, abbiamo ottenuto un po’ più di attenzione almeno da parte del Vaticano, riuscendo a far comprendere che cosa stava succedendo in Congo. A Natale del 1998, il vescovo di Bukavu scrisse una lettera aperta ai vescovi americani perché si rendessero conto di ciò che stava accadendo. Il Congo stava diventando un territorio da conquistare per rendere sicura la presenza delle multinazionali. Quella lettera provocò qualche reazione positiva. Come vive la gente? La popolazione continua a vivere secondo l’antico proverbio africano: “Quando due elefanti si battono nella foresta, chi ci va di mezzo è l’erba”. Gli elefanti sono coloro che fanno la guerra; mentre l’erba è la popolazione, che ne subisce le conseguenze ed è arrivata ormai a un grave stato di miseria. Proprio dove lavoriamo noi saveriani, in tutta la zona di Uvira, la gente non può andare nei campi a lavorare perché tutte le strade sono infestate dalle incursioni dei guerriglieri. Anche quel poco che riescono a coltivare spesso diventa oggetto di saccheggi da parte dei ribelli e anche dei soldati dell’esercito, che non sono pagati e si arrangiano come possono. Dove trovano la forza per resistere? Noi missionari abbiamo almeno una consolazione: quella di vedere che questa povera gente riesce a vivere il dramma della guerra e delle sue dolorose conseguenze con la forza della fede. Veramente, la loro fede non è venuta meno. Anche le feste liturgiche sono per loro un motivo di fraternità e di gioia. È meraviglioso vedere che, nel bisogno, questi sfortunati sanno aiutarsi gli uni gli altri e sanno consolarsi reciprocamente davanti alle difficoltà comuni. CONVEGNO GIOVANILE MISSIONARIO Invitiamo i giovani dai 18 ai 28 anni, in particolare del centro-sud Italia, al convegno giovanile missionario “OLTRE LA CHAT L’INCONTRO” dal 21 al 25 luglio presso i Missionari Saveriani a Gallico Superiore (R.C.) L’obiettivo è riflettere sull’impegno di incontrare l’altro per imparare ad ascoltare, dialogare e insieme costruire un cammino di fraternità, di condivisione e di missione. Lo stile del convegno sarà all’insegna della preghiera, della riflessione, delle testimonianze, della festa. Per informazioni chiedere a: padre Giovanni, Salerno: Tel. 349 7754907 - [email protected] padre Pierluigi, Reggio C.: Tel. 347 0463535 - [email protected] padre Nicola, Taranto: Tel. 339 1100734 - [email protected] 2004 GIUGNO 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO Dio ha bisogno degli uomini Silenzio di Dio e solidarietà umana il titolo di un grande film francese del passato: “Dio ha bisogno degli uomini”. Ed è proprio così: Dio ha bisogno degli uomini e non degli angeli per salvare l’uomo. Per questo ha inviato il suo Figlio, che si è fatto uomo per salvare l’uomo. Possiamo estendere questa verità affermando che anche l’uomo ha bisogno del suo fratello per salvarsi. È la legge universale che coinvolge tutta l’umanità nel disegno salvifico di Dio. È lui che salva, ma lo fa chiedendo la cooperazione dell’uomo, avendolo coinvolto nel suo disegno di salvezza. Non si tratta di un coinvolgimento soltanto spirituale, fatto di sospiri e di preghiere. La salvezza infatti è per l’uomo intero: spirito e corpo. L’anima che non muore e il corpo mortale, destinato a risorgere. È Rispondetemi! Spesso mi viene rivolta la domanda: dov’è Dio? Rimane ancora impassibile, guardando verso questo mondo che Lui ha creato, dove ha voce soltanto chi parla di guerra, di distruzione, di terrorismo? Questa domanda non deve essere rivolta a me che credo, perché io ho la risposta, nel mio cuore e nella mia mente. Sono io invece che mi rivolgo a coloro che hanno posto la loro fiducia nell’uomo e chiedo loro: dov’è l’uomo in tutto questo male che sta sommergendo il mondo? Dov’è quest’uomo nel quale voi affidate la salvezza? Non è forse lui che distrugge, che uccide, che odia e fa del nostro mondo un inferno, che vi rende spaesati e infelici? Rispondete! Diamo voce a Dio “Dio è morto!” - si è gridato p. FRANCO BERTAZZA, sx in un canto di qualche anno fa. Il Papa ha parlato del silenzio di Dio, che nasconde il volto e non parla più. Oggi, il suo silenzio è più forte della parola. È un silenzio di condanna? Non lo so. So che in questo momento noi dobbiamo dare a Lui voce, mente, cuore e coraggio. Dio ha bisogno della nostra fede, del nostro amore per vincere l’indifferenza, l’odio, la fame, l’ingiustizia. Cari amici, non chiudiamoci su noi stessi e sulle nostre preoccupazioni. La generosità apra il nostro animo verso i bisognosi e verso coloro che donano la propria vita per alleviare le necessità dei fratelli. I missionari donano la vita, ma possono aiutare soltanto se qualcuno li aiuta. Hanno bisogno di voi, come Dio ha bisogno di noi, per aiutare e salvare l’umanità. Incontri in casa nostra La signora Antonietta, dopo oltre 40 anni di lavoro servizievole, ci lascia definitivamente. Ha trascorso le sue giornate e la sua vita in lavanderia e in cucina, servendo con amore e abilità missionari e giovani studenti. I “suoi” missionari la porteranno sempre nel cuore. Grazie, mamma Antonietta! La nuova cucina, più adatta a servire i partecipanti agli incontri. Ora la signora Maria può preparare oltre 150 pasti. I complimenti non vanno certo alle pentole e ai fornelli, ma a lei! Nel periodo prima della Pasqua, molti gruppi di amici sono venuti nella nostra comunità per incontri di preghiera e per esercizi spirituali. Due meritano un ricordo speciale. Giovani volontari dell’istituzione “Nostra Famiglia”; hanno trascorso tre giorni nella nostra casa aiutando i disabili con amicizia e affetto. Da alcuni anni vengono per trovare tra noi un ambiente di serenità, di amicizia e di pace. Sarete sempre i benvenuti. Grazie per il buon esempio che date. Mons. Angiolino, amico e benefattore dei saveriani, con i familiari dei sacerdoti comaschi. Per tre giorni hanno pregato e si sono preparati alla Pasqua, facendo diventare la nostra casa una “casa di preghiera”. Grazie di cuore. LA SOLIDARIETÀ EUCARISTICA Insieme ai missionari saveriani I missionari saveriani propongono due modi per esprimere la solidarietà eucaristica con i nostri cari, vivi e defunti, e con l’umanità intera. La Messa perpetua Con l’iscrizione alla Messa perpetua si partecipa dei frutti della santa Messa che viene celebrata ogni giorno nel santuario del beato Conforti, a Parma. L’iscrizione si accompagna, di solito, con un’offerta libera. Intenzioni per la Messa 8 Gli adulti di una parrocchia di Saronno con il loro parroco, per una giornata di ritiro spirituale diretto da padre Franco. Come missionari ci proponiamo di offrire un respiro di spiritualità missionaria, oltre che diffondere la conoscenza dell’istituto saveriano. Per continuare l’attività missionaria in Italia e nel mondo, non basta la simpatia; c’è bisogno di generosità personale, fino a dare la propria vita. È possibile inoltre chiedere ai saveriani che, nella celebrazione della Messa quotidiana, preghino per un defunto, per una persona malata o per altre intenzioni personali. L’offerta è a sostegno dei missionari e del loro servizio di amore ai più bisognosi. Per comunicare le vostre intenzioni potete scrivere a: Missionari Saveriani Via Urago 15 - 22038 Tavernerio CO Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 2004 GIUGNO VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 “Andate da Giuseppe” Padre Uccelli e il suo economo on l’apertura del processo diocesano per la beatificazione del servo di Dio p. Pietro Uccelli, promossa da mons. Pietro Nonis vescovo emerito di Vicenza, i resti dell’esile missionario, dormiente da mezzo secolo chiuso nel marmo, hanno subito un brusco ri- C sveglio. È stata effettuata, infatti, la ricognizione della salma. La catena di devoti costantemente accorsi, i lumini accesi, le continue suppliche deposte ai suoi piedi con le grazie ricevute, attestano una seconda vita. Un binomio inseparabile Nel cinquantesimo anniversario dalla scomparsa del servo di Dio, vogliamo onorare anche il suo straordinario protettore san Giuseppe: un binomio inseparabile. Padre Uccelli scoprì la grandezza di questo santo in Cina quando, di passaggio a Shanghai, aveva avvicinato un certo signor Lo-Pahong, proprietario delle centrali elettriche della città. Costui aveva affidato le sue attività a san Giuseppe e investì p. GIOVANNI ZALTRON, sx tutti i suoi proventi in opere di carità. Dopo 14 anni di vita missionaria in Cina, padre Pietro venne richiamato in Italia dal beato Conforti, che gli affidò la numerosa famiglia di allievi missionari a Vicenza nel 1919. Trovatosi solo e con grossi problemi finanziari, escogita un trucco vincente, nominando san Giuseppe economo della casa, come aveva fatto l’amico cinese. Il famoso piattino con chicchi di grano e riso Così scrive a Melania, sua sorella spirituale: “San Giuseppe è l’economo di questa casa, e vedesse come provvede bene!”. Una signora, parlando del famoso piattino collocato davanti alla statua di san Giuseppe con chic- Due saveriani d’oro Padre Giacomo e padre Giulio i presentiamo due saveriani vicentini: padre Giacomo Peruzzo, di Montepulgo di Malo, e p. Giulio Mattiello, di Altavilla. Hanno festeggiato cinquant’anni di sacerdozio. L’ordinazione risale al 4 aprile 1954, nella chiesa di santa Chiara a Piacenza. A ordinarli sacerdoti era mons. Faustino Tissot, un saveriano missionario in Cina nel 1926, vescovo di Chengchow, poi espulso nel 1953 dal regime comunista. V Padre Giacomo, ideatore di presepi L’avvenimento ha avuto luogo a Montepulgo, un pugno di case sul colle, tra boschi e dirupi testimoni della nascita di p. Giacomo. La chiesa di recente costruzione, ariosa e ornata di marmi, ha attirato, grazie all’iniziativa del parroco, i parenti e la comunità intera dei saveriani di Vicenza. p. G. ZALTRON, sx Padre Giacomo, sfuggito alla leva di guerra del 1944 era diventato studente saveriano. È stato l’ideatore dei presepi missionari, fantastici per movimenti e giochi di luce e famosi dal nord al sud dell’Italia. I primitivi delle isole Mentawai in Indonesia lo “inghiottono” per 40 anni. È stato pioniere del vangelo, costruttore di chiese, di dispensari, di scuole d’arti e mestieri e anche esperto in barconi a motore. Padre Giulio, il laureato Padre Giulio aveva incominciato provando il “gusto” di superiore nella comunità saveriana di Cremona, prima di toccare la terra infuocata della Sierra Leone. In seguito aveva svolto vari incarichi in Italia e ottenuto una laurea in filosofia all’università di Pavia e una seconda laurea in teologia all’università pontificia di san Tommaso a Ro- La torta del 50° di sacerdozio per p. Giacomo (a sinistra) e p. Giulio ma. Fu poi rettore, per ben vent’anni, della chiesa di santa Chiara a Piacenza. I due saveriani veterani, ancora pieni di spirito missionario, hanno trovato casa nel nostro nuovo stabile di viale Trento. La coppia in festa comunica la gioia e l’esultanza ai tanti amici e ai lettori amanti delle missioni, che hanno seguito i due araldi con affetto e generosità. Padre Giacomo e padre Giulio affidano tutti alla bontà del Signore, con fervida preghiera. Padre Guglielmo Camera durante la celebrazione in onore di san Giuseppe chi di frumento, grano e riso, ricorda le parole di p. Uccelli: “Ecco tutto quello che mi occorre - le confidava il servo di Dio. Io lo metto davanti a Lui e Lui ci pensa”. La cronistoria della casa di Vicenza è abbellita dalla fiaba vera del piattino con richieste d’ogni specie e le immancabili risposte dello straordinario economo (giunsero perfino botti di vino!). San Giuseppe non era solo economo. Padre Pietro lo proponeva ai suoi allievi come esempio limpido di fede e obbedienza, di purezza e umiltà; lavoratore instancabile, pronto a soccorrere ad ogni pericolo. Scopriva che san Giuseppe era stato il primo missionario, perchè aveva portato Gesù in Egitto “e chissà quanti egiziani avrà convertito sotto le piramidi”… “Siate con noi lungo la via” La statuina in terracotta divenne una calamita per Vicenza e dintorni; un invito alla preghiera fiduciosa, tramite il servo di Dio, per ogni necessità spirituale e materiale. Decine di fedeli l’hanno visitata ogni giorno. “Andate da san Giuseppe invitava il padre. Lui capisce tutto; vedrete, vi aiuterà”. Quante persone sono arrivate dal servo di Dio con l’ansia nel cuore e sono uscite dalla saletta di san Giu- seppe rasserenate. Il fenomeno si ripete ancora nella nostra chiesetta di san Pietro d’Alcantara, dove il famoso binomio si trova ancora riunito. Rimane leggendaria la silhouette del padre sulla bici - pizzetto bianco e rosario in mano mentre si recava in visita agli ammalati, ai poveri, ai benefattori. Prima di partire, sostava un momento davanti alla statuetta, faceva il segno della croce e poi andava fiducioso: “Gesù, Giuseppe, Maria siate con noi lungo la via”. Attendiamo una conferma A fine marzo, nel salone dei missionari saveriani di Vicenza, alcune centinaia di fedelissimi uniti a testimoni al “processo”, hanno assistito alla concelebrazione presieduta dal postulatore saveriano, padre Guglielmo Camera. La figura di padre Pietro aleggiava nei richiami dell’oratore alla devozione per san Giuseppe. Padre Guglielmo ha concluso la celebrazione con una riflessione: “È sempre il Signore che, attraverso i suoi amici, esaudisce le suppliche e opera prodigi. San Giuseppe è un potente intercessore; ma senza la fede di p. Uccelli, probabilmente niente sarebbe capitato. Attendiamo da Roma la conferma”. DAMMI UN CUORE, SIGNOR L’uomo nuovo creatore della storia, costruttore di nuova umanità. L’uomo nuovo che vive l’esistenza come un rischio che il mondo cambierà. L’uomo nuovo che lotta con speranza nella vita cerca verità. L’uomo nuovo non stretto da catene, l’uomo libero che esige libertà. L’uomo nuovo che più non vuol frontiere, né violenze in questa società. L’uomo nuovo a fianco di chi soffre dividendo con lui il tetto e il pane. 8 Parenti, amici e la comunità saveriana di Vicenza festeggiano p. Giacomo e p. Giulio Dammi un cuore, Signor, grande per amare. Dammi un cuore, Signor, pronto a lottare con te. 2004 GIUGNO ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 La vita ha senso se si ama La giornata per i missionari martiri p. FRANCO LIZZIT sx schermo, mentre una voce fuori campo ne leggeva le testimonianze. Trenta persone hanno ap- a giornata a ricordo dei missionari martiri sta entrando nella mentalità della chiesa veneziana. Molte persone, laici, sacerdoti e religiose provenienti da diverse parrocchie della terraferma, erano presenti nel duomo di Mestre per la veglia di preghiera, la sera del 24 marzo scorso. L peso ad una croce, posta ai piedi dell’altare, il nome di altrettanti testimoni del vangelo uccisi nel 2003. Tra i presenti, venuti dalla parrocchia di santa Cristina, a Quinto di Treviso, c’erano anche la mamma e i parenti di suor Gina Simionato, delle dorotee di Venezia, martirizzata in Burundi quattro anni fa. Un fratello ha or- Una croce di nomi Facevano da sfondo le fotografie della volontaria Annalena Tonelli, del vescovo Michael Courtney, del padre saveriano Giovanni Didonè e del dottor Carlo Urbani. Le loro immagini erano proiettate su uno Una ragazza del gruppo di Catene sistema la croce con i nomi dei martiri Un pezzo di cuore Vi racconto la vocazione l 14 marzo scorso ho promesso davanti a Dio e alla chiesa di essere missionario per tutta la vita nella famiglia saveriana. Una settimana dopo, il giorno 21, sono stato ordinato diacono. Ho avuto la grazia di vivere questi momenti importanti con i miei genitori e i miei fratelli, che sono venuti dal Messico per l’occasione. Padre Franco mi ha chiesto di raccontare com’è nata la mia vocazione. Lo faccio volentieri, perché la vocazione missionaria è un grande dono di Dio. I 8 GABRIEL ARROYO, sx L’estate più bella Sono nato in un piccolo paese tra le montagne, nel Messico settentrionale. Tutto ebbe inizio quando avevo 9 anni. Un gruppo di missionari vicentini, sacerdoti e studenti, venne in paese a farci visita durante l’estate. Parroco del paese era un mio zio. Aveva invitato i missionari a fare con noi quest’esperienza, per ravvivare la pastorale e la catechesi, per formare un gruppo di giovani, un coro e i diversi servizi sociali. Tuttora, dopo Gabriel con mamma e papà, nel giardino della casa saveriana di Zelarino nato la croce con il nome della sorella martire, che portava nel suo cuore. La forza del vangelo Nella sua riflessione p. Marcello Storgato, missionario saveriano, ha sottolineato che l’annuncio del vangelo spesso diventa denuncia nei confronti di istituzioni umanamente potenti, ma che non rispettano la dignità di ogni persona. Allora “la chiesa non può non parlare”, anche a rischio di subire violenza e ritorsione. A questo punto la veglia è diventata preghiera nel cimitero di Madrid, nei cimiteri della Palestina, dell’Iraq dell’Africa… Perché tutti i popoli sappiano di essere figli di un unico Dio e non ci sia più fame, né guerra, né morte nel mondo. Il vicario generale mons. Beniamino Pizziol, ha presieduto la veglia e ha portato il saluto del patriarca di Venezia. Prendendo spunto dalla croce, ha detto che non sono i martiri a renderla gloriosa; ma è la croce a dare la forza ai martiri. È la forza nuova del 23 anni, la traccia di quell’esperienza è rimasta fondamentale per la vita della nostra comunità. È stata l’estate più bella della mia infanzia, ma anche la più dolorosa; perché tutto, con la fine dell’estate, doveva finire. Ricordo di aver pianto molto. Anche da parte della gente, quante lacrime, quanti abbracci, quante richieste: “rimanete con noi, vi faremo una casa…”. Pezzo per pezzo Era il dolore del mio popolo, della mia gente per i missionari, che senza aver ricevuto niente ci avevano dato tutto. “Dio aveva visitato il suo popolo”- questa era la testimonianza più forte e più chiara, mai sentita prima di allora; era Gesù che ci aveva visitato con i suoi missionari. Ma loro dovevano partire per continuare il lavoro missionario in altri luoghi. Con quella partenza, i missionari hanno portato via un pezzo del mio cuore. Ma io sono rimasto con un pezzo del loro cuore; un pezzo di cuore missionario, donato nella semplicità di una vita condivisa con gli altri, con i lontani, con i bisognosi, con i poveri. È questo pezzo di cuore che oggi mi ha spinto a donare tutta la mia vita alla missione nella famiglia saveriana. vangelo che va annunciato a tutti e che tutti possiamo e dobbiamo annunciare. La chiamata al martirio in queste persone è cominciata il giorno del battesimo e si è sviluppata nella testimonianza della vita di ogni giorno. Farne memoria non significa solo ricordarli, ma rivivere i loro atteggiamenti. Significa vivere ogni giorno la novità di vita del battesimo sull’esempio di Gesù, al servizio di ogni uomo. Servire è amare La volontaria laica Annalena Tonelli, martire in Somaliland a 60 anni, nella sua ultima testimonianza ha detto: “Partii per l’Africa a venticinque anni, decisa a gridare il vangelo con la mia sola vita. Dopo trentatre anni brucio ancora dal desiderio di continuare a gridarlo così, fino alla fine. La vita ha un senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell’amore. Solo l’amore libera l’uomo da tutto ciò che lo rende schiavo; solo l’amore fa respirare, crescere, fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla, che noi porgiamo la guancia allo scherno e alla battitura di chi ci colpisce, che noi rischiamo la vita, che tutto crediamo, soppor- Il fratello di suor Gina Simionato mette il nome di un martire sulla Croce tiamo, speriamo. Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta”. Il dottor Carlo Urbani è morto di contagio in Vietnam, mentre combatteva il morbo della Sars. La sua fedeltà ad un impegno cristiano è riassunta in una lettera ai suoi amici: “È incredibile cosa possa fare il panico, il terrore, la disperazione. Ma è altrettanto incredibile la potenza del calore umano, della vicinanza di un uomo ad un altro uomo”. Continuare il ricordo All’uscita della chiesa, i giovani della parrocchia di Catene, che con cura e professionalità avevano preparato e guidato la veglia, hanno distribuito un segnalibro-ricordo, con un messaggio riassunto in queste parole: “Servire è amare, come Gesù, servo per amore”. CAMPO MISSIONARIO ESTATE 2004 25 luglio - 1 agosto a Ceggia, Venezia per giovani di 18 - 28 anni VOGLIA DI VIVERE servizio e fraternità tra i più soli con le missionarie saveriane informazioni: sr. Lidia, Tel. 02 29406786 - sr. Letizia, Tel. 0421 329252 DAMMI UN CUORE, SIGNOR L’uomo nuovo creatore della storia, costruttore di nuova umanità. L’uomo nuovo che vive l’esistenza come un rischio che il mondo cambierà. L’uomo nuovo che lotta con speranza nella vita cerca verità. L’uomo nuovo non stretto da catene, l’uomo libero che esige libertà. L’uomo nuovo che più non vuol frontiere, né violenze in questa società. L’uomo nuovo a fianco di chi soffre dividendo con lui il tetto e il pane. Dammi un cuore, Signor, grande per amare. Dammi un cuore, Signor, pronto a lottare con te.