INSEGNAMENTO DI
PROCEDURA PENALE II
LEZIONE I
“NOTIZIA DI REATO E INDAGINI DI POLIZIA GIUDIZIARIA”
PROF. GIUSEPPE SACCONE
Procedura Penale II
Lezione I
Indice
1 Notizia di reato: contenuto, destinatari, modalità di acquisizione ------------------------------ 3 2 La denuncia ed il referto -------------------------------------------------------------------------------- 7 3 Le condizioni di procedibilità: nozione ed effetti------------------------------------------------- 11 4 La querela------------------------------------------------------------------------------------------------ 12 5 La richiesta e l'istanza di procedimento ----------------------------------------------------------- 15 6 L'autorizzazione a procedere ------------------------------------------------------------------------ 17 7 Atti d'indagine esperibili in mancanza di una condizione di procedibilità ----------------- 19 8 Rapporti tra polizia giudiziaria e ufficio del pubblico ministero: dipendenza funzionale e
direttive impartite dal titolare delle indagini.----------------------------------------------------------- 20 9 Dipendenza funzionale ed autonomia investigativa della polizia giudiziaria; attività
d’iniziativa ed attività delegata ---------------------------------------------------------------------------- 22 10 Atti tipici ed attività atipiche: premessa ----------------------------------------------------------- 28 11 L'identificazione della persona nei cui confronti si svolgono le indagini e delle persone in
grado di riferire circostanze utili alla ricostruzione dei fatti.---------------------------------------- 29 12 L’assunzione di informazioni ------------------------------------------------------------------------ 31 13 Le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato. --------------------------------------------------- 34 14 Gli accertamenti urgenti ------------------------------------------------------------------------------ 38 15 La perquisizione d’iniziativa ------------------------------------------------------------------------- 40 16 Il sequestro d’urgenza --------------------------------------------------------------------------------- 44 17 Le attività sotto copertura ---------------------------------------------------------------------------- 47 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lezione I
1 Notizia di reato: contenuto, destinatari, modalità
di acquisizione
Le indagini preliminari danno avvio alla prima fase del procedimento penale. Questa ha
inizio nel momento in cui una notizia di reato pervenga alla polizia giudiziaria o al pubblico
ministero e termina quando quest’ultimo eserciti l’azione penale o, in alternativa, ottenga dal
giudice per le indagini preliminari l’archiviazione richiesta ( 1 ). Preliminarmente è necessario
accertare cosa debba intendersi per notizia di reato e quando essa debba reputarsi acquisita. Non
può ancora parlarsi di notizia di reato quando:
a) si sia in presenza di generici sospetti, mere illazioni, congetture, teoremi investigativi:
frammenti d'informazioni o supposizioni capaci a generare, per intrinseca vaghezza ed
indefinibilità, solo inutili e dispendiose attività;
b) quando si versi ancora in una fase di rilevazione, verifica o controllo di elementi fattuali
di cui occorra definire la eventuale rilevanza penalistica.
Assume configurazione di notitia criminis l'informazione, scritta o orale, di un fatto
nel quale siano ravvisabili elementi costitutivi di un reato ( 2 ), sicchè dall’informazione appresa
possa pervenirsi alla individuazione degli elementi costitutivi di una fattispecie criminosa nonché
alla individuazione di fonti di prova (artt. 332, 347).
Può tuttavia avvenire che il fatto oggetto della notizia delittuosa, pur risultando
sufficientemente delineato nelle sue modalità e, pertanto, corrispondente - dal punto di vista
oggettivo - ad una determinata fattispecie criminosa, non sia, tuttavia, attribuibile direttamente ad
uno o più soggetti, essendone ignoto l'autore. Egualmente viene a configurarsi una notizia di reato,
purché oggetto dell'informativa sia un fatto specifico, che fornisca idoneo spunto all'avvio
dell'indagine investigativa.
1
( ) Le indagini preliminari sono collocate nel procedimento, e non nel processo, perché sono svolte dal pubblico
ministero e dalla polizia giudiziaria prima dell’esercizio dell’azione penale. Se le indagini preliminari fanno emergere
elementi idonei a sostenere un’accusa in giudizio nei confronti della persona cui è attribuito il reato, al termine di esse il
pubblico ministero esercita l’azione penale nei confronti dell’indagato chiedendone al giudice per le indagini
preliminari il rinvio al giudizio (salvo i casi di citazione diretta a giudizio).
2
( ) Le componenti del fatto penalmente rilevante vengono, invero, concordemente identificate in un elemento oggettivo
- condotta, commissiva od omissiva, legata da un nesso di causalità ad un evento, inteso in senso, ora naturalistico, ora,
giuridico - e in un elemento soggettivo che, nella forma tipica, è doloso e, in casi eccezionali, colposo o
preterintenzionale.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Destinatario naturale della notizia di reato è il pubblico ministero, titolare
dell’azione penale, nonché la polizia giudiziaria il cui compito primario, peraltro, è quello di
prendere, anche d'iniziativa, notizia dei reati (art. 55).
In ordine alle modalità di acquisizione, giova distinguere tra ricezione ed apprendimento
diretto: il pubblico ministero e la polizia giudiziaria non solo ricevono le notizie di reato ad essi
presentate o trasmesse ma ne assumono, altresì, di propria iniziativa (art. 330).
Ricevuta o acquisita e subito inscritta nel relativo registro (art. 355 comma 1), la notitia
delicti è, dunque, l’embrione dell’ipotetica domanda penale.
In caso di ricezione, la fonte della informazione delittuosa è qualificata, nel senso che i
parametri di riconoscibilità ed individuazione della stessa risultano tassativamente e tipicamente
previsti: denuncia, nei suoi due tipi, referto (artt. 331, 334) nonché querela, istanza, richiesta di
procedimento ed autorizzazione a procedere, atteso che tali atti, oltre a costituire condizioni di
procedibilità, contengono, altresì, notizia di reato qualificata (artt. 336, 346).
Nell’ipotesi di apprendimento diretto o acquisizione d’iniziativa, il veicolo e la fonte
della informazione raccolta non sono qualificati, ragion per cui esigeranno, a seconda della loro
natura, un complesso di verifiche prima che l’informazione assurga a notizia di reato in senso
tecnico. Quando questa sia configurabile, viene dunque tecnicamente denominata notizia non
qualificata di reato, poichè, anche se in forme atipiche, porta ugualmente a conoscenza l’autorità
giudiziaria dell’esistenza di fatti delittuosi da accertare. Fonte di notizia non qualificata o atipica
può essere:
a) la informazione occasionale, ad esempio la notizia proveniente da organi di stampa o da
mezzi audiovisivi, oppure la informazione acquisita in ambito familiare, la voce pubblica ( 3 );
b) la denuncia anonima, formulata oralmente - ad esempio per telefono - o mediante uno
scritto, seppure provvisto di sottoscrizione apocrifa, o mediante altro documento che rappresenti
fatti, persone o cose - mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o altro mezzo - nella
quale vengano fornite notizie per l’accertamento di un reato o dei suoi autori. La denuncia anonima,
di regola non acquisibile agli atti del procedimento né processualmente utilizzabile non potendosene
stabilire la paternità, diviene tuttavia fonte di notizia solo nell’ipotesi in cui costituisca corpo del
(3) Si consideri, in proposito, l’ipotesi in cui agenti di polizia giudiziaria tramite i normali servizi di vigilanza e
controllo rilevino la presenza di vetture appartenenti a pregiudicati per gioco d’azzardo nei pressi di un circolo
ricreativo e che, quindi, sospettino l’esistenza in quei locali di una bisca clandestina. In tal caso il rilievo, non
possedendo in sé i parametri di riconoscibilità della notizia di reato, non determinerà obbligo di informativa nei
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reato o si accerti provenire dallo stesso imputato, cessando così di essere anonima (ad esempio,
denuncia anonima calunniosa della quale l’imputato è stato identificato quale autore, art. 240);
c) le delazioni confidenziali pervenute alla polizia giudiziaria tramite informatori o
confidenti, i quali si limitano a fornire segnalazioni in merito alla commissione di fatti delittuosi ed
ai loro autori, in forma segreta senza apparire poi nel procedimento. Una tale fonte è assimilabile
allo scritto anonimo, poiché il suo autore, restando di norma ignoto, non potrà assumere il ruolo di
testimone. Informazioni siffatte, pertanto, servono solo a dare impulso alla fase investigativa, non
potendo essere processualmente utilizzate (ad esempio dal giudice ai fini dei provvedimenti
richiestigli dal pubblico ministero: è il caso dei provvedimenti di autorizzazione ad effettuare
intercettazioni telefoniche, che non possono fondarsi su informazioni acquisite da confidenti);
d) le informazioni derivanti da fonti di prova non utilizzabili, in quanto raccolte in
violazione delle prescrizioni processuali (si pensi all’interrogatorio di un indagato eseguito dalla
polizia giudiziaria senza la presenza del difensore, all’uso nei confronti dell’indagato o di persone
informate sui fatti di strumenti che ne ledono la libertà morale, come la macchina della verità o la
narcoanalisi o l’ipnosi). La mancata o limitata efficacia probatoria dell’atto non toglie che il suo
contenuto possa essere valutato ed adottato come fonte di informazione ed impulso investigativo
ogniqualvolta si riferisca a reati da accertare; anche in tal caso saranno le fonti di prova
eventualmente raccolte nel corso dell’indagine a sostanziare la notizia di reato da comunicare al
pubblico ministero ( 4 ).
Come già rilevato, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, non hanno solo il
dovere di acquisire notizia dei reati di propria iniziativa, ma anche quello di ricevere le notizie di
reato presentate o trasmesse a norma degli articoli 331 e ss. Tassativamente previste e disciplinate,
esse vengono tradizionalmente definite fonti qualificate di notizia del reato: denuncia, referto e,
quali condizioni di procedibilità, querela, istanza, ed autorizzazione a procedere (quest’ultime
espressamente contemplate negli artt. 336 - 344 del titolo III del libro quinto).
Tra le notizie di reato qualificate, la denuncia ed il referto assumono finalità
meramente informativa, mentre la querela, la richiesta l’istanza e l’autorizzazione a procedere
confronti del titolare delle investigazioni: esso può dar luogo soltanto ad attività extraprocedimentali quali pedinamenti,
appostamenti et similia sollecitando, semmai, lo sviluppo di indagini future.
4
( ) Oltre che nell’ipotesi dell’art. 347, il codice prevede casi particolari di informative al pubblico ministero collegate ad
una notizia di reato: art. 386 c.p.p., arresto in flagranza e fermo; art. 268 comma 4, trasmissione dei verbali e delle
registrazioni delle intercettazioni telefoniche; art. 349 commi 5 e 6, accompagnamento per l’identificazione; art. 352
comma 4, trasmissione del verbale di perquisizione; art. 353, trasmissione di plichi o corrispondenza; art. 355,
trasmissione del verbale di sequestro.
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condizionano, con riferimento ai reati per i quali sono previste, la procedibilità, e cioè l’esercizio
dell’azione penale ovvero, a secondo dei casi, il compimento degli atti di indagine preliminare,
costituendone presupposto essenziale.
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2 La denuncia ed il referto
La denuncia è l’atto col quale si porta a conoscenza l’autorità giudiziaria – pubblico
ministero od ufficiale di polizia giudiziaria – di un fatto nel quale siano ravvisabili gli estremi di un
reato perseguibile d’ufficio ( 5 ). Può essere presentata da qualsiasi persona che abbia avuto notizia di
un reato (sia essa un cittadino italiano, uno straniero o perfino lo stesso autore del fatto illecito) e
deve contenere l’indicazione del giorno dell’acquisizione e l’esposizione degli elementi essenziali
del fatto, delle fonti di prova già note e, quando sia possibile, delle generalità della persona alla
quale il fatto venga attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su
circostanze rilevanti per la ricostruzione dell'episodio delittuoso (art. 332).
Di regola la denuncia è facoltativa (art. 331 c.p.p.); essa è rimessa al senso civico della
persona. In talune ipotesi, tuttavia, la denuncia costituisce, per persone che svolgono determinate
funzioni o professioni o in talune specifiche circostanze, un obbligo penalmente sanzionato (art. 331
e 334).
Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio:
legittimazione: autore può essere solo il pubblico ufficiale (357) o la persona incaricata di
pubblico servizio (358), ossia soggetti che non svolgono funzioni di polizia giudiziaria (invero, il
pubblico ufficiale denunciante non deve appartenere alla polizia giudiziaria: per quest’ultima,
infatti, l’obbligo di riferire la notizia di reato è disciplinato dall’art. 347) ( 6 );
obbligatorietà per i reati perseguibili di ufficio appresi nell’esercizio od a causa delle
funzioni: ricorre obbligo di presentare denuncia (l'omissione o il ritardo nella presentazione sono
previste dalla legge come reato ai sensi dell’art. 361 c.p.) quando vi sia una determinata relazione
fra la funzione ed il servizio svolto e l’apprensione della notizia delicti, avvenuta o nell’esercizio
delle funzioni (e cioè durante l’orario di lavoro) o a causa della funzione o del servizio ( 7 ).
L’obbligo scatta quando la notizia concerna un reato procedibile non a querela. Nell’ipotesi in cui il
(5) Per reato perseguibile d'ufficio s'intende il fatto per cui il magistrato del pubblico ministero promuove l’azione
penale senza attendere che si realizzi - per scelta dei titolari del relativo diritto o per determinazione di organi o autorità
statuali - la condizione di procedibilità, alla cui esistenza, in altri casi, è subordinato l'esercizio dell'azione.
6
( ) Tra i pubblici ufficiali vanno compresi pure i magistrati che svolgono una funzione giurisdizionale: se nel corso di
un procedimento civile o amministrativo emerge un fatto nel quale sia configurabile un reato perseguibile d'ufficio,
l'autorità giudiziaria procedente dovrà redigere e trasmettere, senza ritardo, la denuncia al magistrato del pubblico
ministero (art. 331 comma 4).
7
( ) Si pensi ad esempio al caso in cui, una persona riferisca ad un insegnante di scuola pubblica, ancorchè fuori
dell’orario di lavoro, che una sua allieva subisca maltrattamenti in famiglia.
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soggetto abbia avuto notizia del reato non nell’esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, avrà,
invece, mera facoltà di presentare denuncia come privato (art. 333);
presentazione o trasmissione: al pubblico ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziaria,
il quale provvederà a trasmetterla, entro quarantotto ore dalla ricezione, al pubblico ministero
unitamente agli atti d’indagine eventualmente compiuti (v. informativa al pubblico ministero);
termine: la presentazione o trasmissione della denuncia deve avvenire senza ritardo (il
ritardo configura un’ipotesi delittuosa) e dunque senza che siano frapposti indugi che non quelli
derivanti da circostanze obiettive e legittime;
forma: scritta.
Denuncia da parte di privati (art. 333 c.p.p.):
legittimazione: alla presentazione della denuncia è legittimata qualunque persona, non
occorrendo che si tratti necessariamente della persona offesa dal reato;
facoltatività: di regola la presentazione della denuncia è espressione di un potere attribuito a
qualunque persona e non rappresenta l’esecuzione di un obbligo alla medesima imposto. E’ tuttavia
da rilevare che in certi casi – quelli nei quali lo Stato vuol rendere più incisivo, mediante la
previsione di una sanzione, il dovere di collaborazione dei privati alla scoperta dei reati ed alla loro
repressione – la denuncia è obbligatoria.
Nei casi di seguito tassativamente elencati, pertanto, incombe sul privato un vero e proprio
obbligo di denuncia, penalmente sanzionato:
a) per il cittadino italiano che abbia avuto notizia di un delitto contro la personalità
dello Stato per il quale sia prevista la pena dell’ergastolo (art. 364);
b) per chiunque abbia ricevuto in buona fede monete contraffatte o alterate,
c) per chiunque abbia ricevuto o acquistato o comunque ricevuto cose provenienti da
delitto senza conoscerne o sospettarne la provenienza;
d) per chi abbia notizia che nel luogo da lui abitato si trovino materie esplodenti o
rinvenga esplosivi di qualunque natura;
e) per chi abbia subito il furto o sia incorso nello smarrimento di armi, parti di esse o
esplosivi di qualunque natura;
f) per il privato che abbia proceduto ad arresto di persona colta in flagranza di un
delitto perseguibile d'ufficio;
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presentazione e trasmissione: al pubblico ministero o ad ufficiale di polizia giudiziaria
(l’ufficiale di polizia giudiziaria ricevente deve informare per iscritto entro quarantotto ore il titolare
delle indagini v. informativa di reato);
termine: apposite disposizioni stabiliscono il termine entro il quale deve essere presentata,
diversamente dall’ipotesi di denuncia facoltativa per la quale nessun termine di presentazione è
previsto;
forma: può essere proposta personalmente o a mezzo di procuratore speciale, per iscritto o
oralmente. In tal caso sarà redatto verbale di ricezione
dal pubblico ufficiale ricevente,
regolarmente sottoscritto dal denunciante. La sottoscrizione è requisito di forma essenziale;
irrevocabilità: essendo la denuncia un atto puramente informativo di un reato perseguibile
d’ufficio, una volta presentata all’autorità giudiziaria, la eventuale diversa volontà del denunciante
non ha più alcun potere ostacolante in ordine allo svolgimento delle indagini preliminari.
Denuncia da parte degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria o informativa della
notizia di reato. Tipo qualificato di denuncia, si contraddistingue per quanto attiene al soggetto
legittimato a trasmetterla (la polizia giudiziaria e non, genericamente, un pubblico ufficiale) e per
quanto concerne i tempi della trasmissione:
legittimazione: ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, data la particolare qualifica rivestita,
sono tenuti ad informare il pubblico ministero di tutti i reati procedibili d’ufficio dei quali siano
venuti comunque a conoscenza (art. 361, comma 2 c.p.), quindi anche fuori dal servizio svolto;
termine: il termine entro cui va adempiuto l’obbligo di trasmettere l’informativa non è
unico, bensì varia in relazione a determinate situazioni, specificamente previste dall’art. 347. Di
regola, le disposizioni normative pongono obbligo di riferire la notizia di reato senza ritardo e per
iscritto al pubblico ministero. Sono previste, tuttavia, alcune eccezioni. L’informativa deve essere
data immediatamente anche in forma orale allorchè sussistano ragioni di urgenza o quando si tratti
di delitti di particolare gravità o di particolare natura, in specie quelli di criminalità organizzata (art.
347, comma 3). Il termine di trasmissione è fissato nelle quarantotto ore, nel caso in cui la polizia
giudiziaria abbia compiuto atti per i quali sia prevista l’assistenza del difensore dell’indagato (art.
347, comma 2-bis). Infine, anche l’avvenuto arresto in flagranza impone alla polizia giudiziaria
l’obbligo di informare immediatamente il pubblico ministero (art. 386, comma 1).
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Il referto è la particolare forma di denuncia cui sono obbligatoriamente esposti gli esercenti
una professione sanitaria. Si caratterizza per i seguenti principi:
tipicità: ne può essere autore solo l’esercente una professione sanitaria (art. 365) come il
medico, il farmacista, l’infermiere diplomato, l’assistente sanitario, il veterinario;
obbligatorietà: viene redatto quando il soggetto, nell’esercizio della professione sanitaria,
abbia prestato la propria assistenza (prestazione continuativa) od opera (prestazione singola) in casi
che possano presentare i caratteri di un delitto procedibile d’ufficio. La disposizione normativa
contenuta nell’art. 365 comma 2, tuttavia, stabilisce l’insussistenza dell’obbligo di referto qualora la
segnalazione sanitaria esponga la persona assistita a procedimento penale: le esigenze della giustizia
vengono subordinate alla necessità che l’assistenza sanitaria non trovi ostacolo nel timore che,
richiedendola, si possa venire esposti a procedimento penale. Ne consegue che il sanitario non è
tenuto a presentare referto quando reputi certo o probabile che la persona assistita venga resa
oggetto di indagini come autore di un reato (ad es. rissa). Di talchè possa concludersi che in tale
specifico caso gli esercenti la professione sanitaria abbiano non l’obbligo ma la facoltà di presentare
referto;
presentazione e trasmissione: al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia
giudiziaria del luogo in cui il sanitario abbia prestato la propria assistenza od opera o, in loro
mancanza, all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino;
termine: entro 48 ore dall’assistenza od opera e, se vi sia pericolo nel ritardo,
immediatamente;
forma: scritta;
contenuto: il referto deve indicare la persona alla quale sia stata prestata assistenza e, se
possibile, le generalità, il luogo in cui la medesima attualmente si trovi, e quanto altro valga ad
identificarla, il luogo, il tempo e le altre circostanze dell’intervento (se ad esempio l’assistito si sia
prodotto lesioni cadendo accidentalmente dalle scale oppure spintovi da qualcuno). Nelle medesime
rientrano anche le indicazioni circa le dichiarazioni della persona che ha richiesto l’assistenza
quando sia diversa da quella effettivamente assistita ( 8 ). Il referto, inoltre, non deve solo fornire le
notizie che servano a stabilire le circostanze del fatto delittuoso ma, altresì, quelle relative ai mezzi
con i quali il medesimo sia stato commesso e gli effetti cagionati o cagionabili.
(8) Si pensi ai casi in cui l’assistito giunga in stato comatoso accompagnatovi da qualcuno oppure non sia personalmente
in grado di fornire indicazioni sulle circostanze del fatto, perchè colpito da amnesia provocata dallo shock subito: anche
in tal caso potrebbe essere l’accompagnatore a fornire informazioni e dettagli.
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3 Le condizioni di procedibilità: nozione ed effetti
L’azione penale è per sua natura obbligatoria, sia nel momento del suo inizio sia in quello
della prosecuzione (irretrattabilità). La statuizione di un obbligo di esercitare l’azione penale tutela
soprattutto l’interesse della collettività a far sì che tutti coloro ritenuti meritevoli di una pena, tale
pena abbiano applicata: se la scelta sull’agire o no fosse insindacabile, il p.m. sarebbe padrone
della norme penali, contro l’assioma che ogni reo debba essere punito (F. Cordero). Tuttavia, in
ordine a talune fattispecie delittuose il pubblico ministero non è gravato dall’obbligo di procedere;
piuttosto gli è precluso ogni atto persecutorio fino a quando non sopraggiungano determinate
condizioni, finalizzate alla rimozione dell’ostacolo all'esercizio dell'azione penale nei confronti di
chi si assume essere autore di un fatto penalmente rilevante. E’ questo il senso della previsione
secondo cui l'azione penale è esercitata d'ufficio (automaticamente ed obbligatoriamente una volta
acquisita notizia delicti),
quando non sia necessaria la querela, la richiesta, l'istanza o
l'autorizzazione a procedere (art. 50, comma 2 c.p.p.)
Si tratta di manifestazione di volontà promananti dalla persona offesa dal reato - espressa
con le forme del negozio giuridico (querela, istanza di procedimento) - o provenienti dall'autorità
governativa o da altri organi dello Stato ed espressa con le forme dell'atto amministrativo (richiesta
di procedimento) oppure del provvedimento amministrativo (autorizzazione a procedere): talune
condizionano solo la promozione dell’azione (istanza e richiesta); le altre sia la promozione che la
prosecuzione (querela ed autorizzazione).
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4 La querela
La querela è la dichiarazione, contenuta in un atto o resa oralmente e raccolta a verbale da
chi la riceve, con la quale il titolare del diritto - personalmente o a mezzo di procuratore speciale manifesta volontà che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato (art. 336).
E’ chiara la differenza rispetto alla denuncia: quest’ultima può essere presentata da chiunque
(non solo dalla persona offesa) e, proprio per questo, non deve necessariamente contenere la
manifestazione di volontà che si proceda in ordine al fatto che si assume criminoso; è sufficiente la
notizia di un eventuale delitto.
Legittimazione. Il diritto di querela compete alla persona offesa da un reato per il quale non
debba procedersi d’ufficio o dietro richiesta o istanza e, quindi al titolare dell’interesse protetto
dalla norma penale ed offeso dal reato. Tale posizione soggettiva tuttavia non necessariamente
coincide con quella del danneggiato, al quale spetta il diritto al risarcimento dei danni derivanti dal
fatto illecito ed all’esercizio dell’azione civile nel processo penale. Qualora invece, titolarità ed
esercizio del diritto di querela confluiscano in capo allo stesso soggetto la proposizione della
querela non vale ad ottenere anche le restituzioni o il risarcimento del danno; per far valere questo
ulteriore diritto, l'offeso - in qualità di danneggiato - deve partecipare al processo penale
assumendovi la veste di parte civile.
Il diritto di querela viene esercitato direttamente dalla persona offesa che ne abbia
titolarità. In taluni casi, però, il titolare del diritto di querela lo esercita a mezzo di un rappresentante
volontario (procuratore speciale) o legale. La rappresentanza legale è prevista nel caso di incapacità
del titolare del diritto di querela e precisamente:
a) per il minore degli anni quattordici e l’interdetto per infermità di mente, rispettivamente,
rappresentati dal genitore e dal tutore;
b) per i minori che abbiano compiuto gli anni quattordici e gli inabilitati, i quali possono
esercitare personalmente il diritto di querela; l’art. 120 comma 3, tuttavia, ne consente
l’esercizio, in loro vece, al genitore, al tutore o al curatore, nonostante ogni contraria
dichiarazione di volontà, espressa o tacita, del minore o dell’inabilitato;
c) per le persone non interdette, ma inferme di mente e per quelle minori degli anni
quattordici o interdette per infermità di mente, nell’ipotesi di mancanza del rappresentante
legale o di conflitto di interessi, l’esercizio del diritto di querela compete ad un curatore
speciale (art. 121 c.p.), nominato con le forme previste dall’art. 338 c.p.p.
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Presentazione. Va fatta al pubblico ministero, ad un ufficiale di polizia giudiziaria e,
all’estero, ad un agente consolare. La dichiarazione di querela può essere presentata ma
anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato, purchè la
sottoscrizione sia autenticata. L’autorità ricevente deve provvedere all’attestazione della
data e del luogo della presentazione , all’identificazione della persona che propone la
querela ed alla trasmissione degli atti all’ufficio del pubblico ministero (art. 347). La querela
può essere proposta, eccezionalmente, in forma orale anche mediante dichiarazione resa ad
un agente di polizia giudiziaria presente sul luogo, in caso di flagranza di delitto per il quale
l’arresto sia obbligatorio (art. 380 com. 3) o facoltativo (art. 381 com. 3). Di questa
dichiarazione dovrà essere dato atto nel verbale di arresto.
Termine. Il diritto di querela deve essere esercitato, a pena di decadenza, entro tre mesi dal
giorno della notizia del fatto che costituisce reato e la decorrenza del termine può, dunque,
non coincidere con il giorno di consumazione del reato. Quando venga nominato un curatore
speciale (v. sopra) il termine decorre dal giorno in cui a tale curatore sia notificato il
provvedimento di nomina (art. 338 c.p.p.); nell’ipotesi di delitti contro la libertà sessuale il
termine è fissato in sei mesi (art. 609 – septies, comma 2, c.p.).
Forma. La querela può assumere forma orale (v. lett. c) o scritta. Nel primo caso sarà
redatto verbale dall’autorità che la riceva ( artt. 357 com. 2 lett. a e 373 com. 1 lett. a) ed
esso sarà sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale, mentre nel secondo caso
l’atto di querela dovrà essere sottoscritto dall’una o dall’altra di tali persone.
Contenuto. II contenuto minimo dell'atto di querela è la manifestazione di volontà di voler
perseguire l'autore del reato. L'offeso dal reato che assume l'iniziativa, atteso che la stessa
querela funge da veicolo di una notitia crimins, deve tuttavia avere cura di fornire agli
organi delle investigazioni un'informativa quanto più possibile completa ed articolata
seppure non siano previste regole particolari o formule sacramentali in ordine al contenuto
dell’atto di querela. E’ essenziale, comunque, che oltre ad essere indicato il fatto-reato (con
le ulteriori notizie circa il suo autore e le fonti di prova) risulti dalla querela la
manifestazione di volontà del querelante affinché si proceda penalmente.
Disponibilità. Il diritto a proporre querela è un diritto disponibile: può non essere esercitato
o non essere coltivato dopo il suo esercizio. Nel primo caso, si è in presenza di vera e propria
rinuncia all'esercizio del diritto; nel secondo, si utilizza il rimedio della remissione della querela
proposta.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Procedura Penale II
Lezione I
La rinuncia è l’atto irrevocabile con cui la persona offesa, prima di aver proposto
querela, manifesta la volontà che non si proceda in ordine al reato subìto (atto abdicativo cui segue
l’estinzione del potere e sarebbe inefficace l’eventuale querela proposta poi, F. Cordero). La
rinuncia è atto altresì incondizionato, nel senso che non produce effetti se sottoposta a termini o
condizioni (art 339). La rinuncia può essere espressa o tacita (art. 339). La rinuncia espressa è fatta
personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione sottoscritta, rilasciata
all’interessato o a un suo rappresentante; la dichiarazione può essere fatta anche oralmente ad un
ufficiale di polizia giudiziaria o ad un notaio, i quali, accertata l’identità del rinunciante, redigono
verbale che non produce effetti se non sottoscritto dal dichiarante. La rinuncia tacita ricorre quando
chi ha facoltà di proporre querela abbia compiuto fatti univocamente incompatibili con la volontà di
denunciare fatti criminosi (ad esempio pubblica riconciliazione fra offeso ed offensore o
manifestazioni di affetto fra i medesimi).
La remissione è atto irrevocabile ed incondizionato mediante cui la persona offesa,
dopo aver proposto querela, manifesta la volontà che non si proceda oltre per il fatto delittuoso. Una
eccezione alla revocabilità della querela è prevista, nel codice penale (art. 542 co. 2) per i delitti
contro la libertà sessuale previsti agli articoli 519 - 526 e per quello di corruzione di minorenni: in
tali ipotesi, una volta proposta, la querela non può più essere revocata. Inoltre la remissione può
essere fatta o accettata personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con atto scritto oppure
orale; può anche essere tacita e cioè consistere in fatti o condotte oggettivamente univoci,
incompatibili con la volontà di persistere nella querela e può intervenire fino a quando sia stata
pronunciata sentenza definitiva di condanna. Infine va precisato che:
a) la querela può essere rimessa dagli eredi, purchè tutti vi consentano, qualora il querelante
sia deceduto dopo la proposizione della querela;
b) per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti per infermità di mente, il diritto di
remissione è esercitato da chi legalmente li rappresenti (genitore, tutore, curatore secondo i casi);
c) le spese del procedimento sono a carico del remittente, salvo che nell’atto di remissione
sia stato convenuto che siano in tutto o in parte, a carico del querelato;
d) la remissione deve essere accettata, atteso che, come ogni negozio bilaterale, implica un
accordo querelante-querelato e, dunque, esige volontà manifestate da parte di entrambi ( 9 ).
(9) Invero, poiché la persona querelata ha interesse, se innocente, a dimostrare, attraverso il processo, la completa
estraneità al fatto delittuoso ascrittole, potrebbe non convenire riguardo all’opportunità di accogliere la formulata
remissione di querela.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Procedura Penale II
Lezione I
5 La richiesta e l'istanza di procedimento
L’istanza (art. 341) è condizione di procedibilità analoga alla querela, tanto che la sua
proposizione prevede, in parte, le medesime forme. Essa consiste nella manifestazione di volontà
con la quale la persona offesa chiede che si proceda contro i responsabili di taluni specifici delitti
commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero (artt. 9 e 10 c.p.), punibili d’ufficio se commessi
nel territorio dello Stato. Affinché possa essere presentata istanza è presupposto indispensabile che
la persona nei cui confronti venga proposta si trovi nel territorio dello Stato. I delitti in questione
sono:
a. delitti comuni commessi dal cittadino all’estero per i quali la legge stabilisce la pena
della reclusione inferiore nel minimo a tre anni;
b. delitti comuni commessi da uno straniero all’estero in danno di un cittadino italiano
per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore
nel minimo ad un anno.
L’istanza non può essere proposta decorsi tre mesi dal giorno in cui la persona offesa ha
avuto notizia del fatto costituente reato ai suoi danni, né – quando la punibilità di un reato
commesso all’estero dipenda anche dalla presenza del colpevole nel territorio dello Stato – decorsi
tre anni dal giorno in cui il presunto autore del reato si trovi in territorio italiano (artt. 130, 128
c.p.).
L’istanza è irrevocabile e si estende automaticamente a tutti coloro che hanno commesso il
reato e – se più sono le persone offese – è sufficiente per la procedibilità la presentazione
dell’istanza da parte di una sola di esse.
Per quanto concerne le forme, ed in particolare la capacità, rappresentanza della persona
offesa, effetti estensivi nonchè modalità di proposizione, valgono le medesime disposizioni dettate
in tema di querela (art. 341; artt. 9, comma 2, 10, comma 1, e 130 c.p.).
La richiesta di procedimento (art. 342) consiste anch’essa in una manifestazione di volontà
punitiva formulata dal ministro di grazia e giustizia nei confronti dell’ufficio del pubblico
ministero in ordine alla perseguibilità di specifici fatti delittuosi (art. 342). A differenza dell’istanza,
in cui persona offesa è il privato, la richiesta di procedimento promana da una pubblica autorità;
questa deve presentarla sempre in forma scritta direttamente al pubblico ministero e non anche ad
un ufficiale di polizia giudiziaria. Sono procedibili a richiesta:
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Procedura Penale II
Lezione I
i delitti politici commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero, salvo si tratti di delitti
contro la personalità dello Stato: per questi la procedibilità non è subordinata a tale condizione (art.
8 c.p.);
i delitti comuni commessi dal cittadino all’estero per i quali sia prevista la pena della
reclusione inferiore nel minimo a tre anni (art. 9 c.p.) e i delitti comuni commessi all’estero da uno
straniero nei casi previsti dall’art. 10 del codice penale;
i delitti previsti dagli art. 7, 8, 9 e 10 c.p. qualora il cittadino o lo straniero sia già stato
giudicato all’estero (art. 11 c.p.);
i delitti punibili a querela della persona offesa che siano stati commessi in danno del
Presidente della Repubblica (art. 127 c.p.);
i delitti di offesa ai capi, ai rappresentanti ed alla bandiera di Stati esteri (art. 313 com. 4
c.p.).
Valgono per il termine, l’irrevocabilità e l’estensione i principi esposti a proposito
dell’istanza.
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Procedura Penale II
Lezione I
6 L'autorizzazione a procedere
Costituisce una condizione di promuovibilità dell’azione penale e di proseguibilità, nel
senso che, a seconda dei casi, l’autorizzazione può intervenire per rimuovere l’ostacolo iniziale o
quello sopravvenuto all’esercizio della pretesa punitiva.
Anche l’autorizzazione (artt. 343-344) si risolve in una dichiarazione di volontà di una
pubblica autorità (politica od amministrativa), diretta a consentire l’esercizio dell’azione penale al
Pubblico Ministero. Qui la posizione del pubblico ministero appare invertita rispetto alle figure
considerate sinora: da destinatario di una domanda (querela, istanza, richiesta), diviene postulante e
chiede permesso d’agire. Le autorità preposte a concedere l’autorizzazione sono:
a) le singole Camere: Camera dei deputati se il ministro è un deputato, Senato della
Repubblica se il ministro è un senatore ovvero non è un parlamentare (per i reati commessi dal
Presidente del Consiglio o dai singoli ministri );
b) la Corte Costituzionale (per i procedimenti a carico dei membri della Corte stessa);
c) il ministro della giustizia (per la procedibilità di determinati reati).
Quando la necessità dell’autorizzazione è determinata dalla natura del reato, si parla di
autorizzazione “intuitu delicti” (es. artt. 8, 9, 10, 313 c.p.); quando è determinata dalla qualità
personale dell’imputato, si parla di autorizzazione “intuitu personae”. Nel primo caso (intuitu
delicti) l’organo preposto (il Ministro) deve valutare l’opportunità di dispendio di energie
processuali e di utilità per gli interessi dello Stato (es. pregiudizio di rapporti internazionali)
derivabile dall’eventuale concessione dell’autorizzazione all’esercizio dell’azione punitiva; nel
secondo caso gli organi preposti (Camere, Corte Costituzionale) sono investiti dell’onere di valutare
l’opportunità di un eventuale autorizzazione in ragione della delicatezza delle funzioni istituzionali
svolte dai soggetti interessati ( 10 ).
Invece nell’ipotesi ove assumono rilievo le funzioni nonchè attività di carattere
pubblicistico svolte dal soggetto attivo del reato, l’autorizzazione a procedere esplica efficacia con
esclusivo riferimento alla persona per la quale è stata concessa, trattandosi appunto di
(10) E’ opportuno che il ministro della giustizia - nell’ipotesi di delitti contro la personalità dello Stato - o la singola
assemblea legislativa o la Corte, in caso di vilipendio diretto nei confronti della prima o della seconda, valutino tutte le
implicazioni scaturenti dalla repressione o non repressione del reato (si pensi, ad esempio, ai delitti di offesa all'onore o
al prestigio del presidente della Repubblica o quello di vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e
delle forze armate e al grave nocumento che potrebbe derivare al prestigio dell'istituzione offesa a causa della pubblica
divulgazione dei fatti illeciti, inevitabilmente connessa all’avvio di un procedimento penale.
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Procedura Penale II
Lezione I
provvedimento assunto intuitu personae: è il caso, per esempio, dei reati commessi da ministri o da
giudici
della Corte costituzionale. In tali casi è la Corte costituzionale a dover valutare
l’opportunità di autorizzare il procedimento a carico di un suo componente (art. 3 l. cost. 9 febbraio
1948 n. 1), ovvero la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica a doversi pronunziare sulla
perseguibilità dei reati attribuiti al Presidente del consiglio dei ministri ed ai ministri nell'esercizio
delle loro funzioni (art. 96 Cost.; artt. 5 e 9 1. cost. 16 gennaio 1989, n. 1).
L’organo competente a formulare richiesta di autorizzazione a procedere è il
pubblico ministero: entro trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome
della persona nei cui confronti si svolgono le indagini; immediatamente e, comunque, prima
dell'udienza di convalida, nel caso di arresto in flagranza; prima di esercitare l'azione penale.
Se l'autorizzazione, necessaria per promuovere l'azione penale o per proseguire in
un'azione già promossa, non sia richiesta entro i termini stabiliti dalla legge o, se richiesta in tempo,
non sia concessa dalla competente autorità, il procedimento penale è destinato a concludersi, a
seconda della fase in cui si trova, con provvedimento di archiviazione (art. 411), sentenza di non
luogo a procedere (art. 425) o di non doversi procedere (art. 529).
Nei casi di previsione intuitu personae, la necessità dell'autorizzazione può insorgere
dopo l’inizio dell’azione penale, allorché l’imputato solo successivamente ad essa acquisisce la
particolare qualità personale. In tale ipotesi, il giudice procedente disporrà la sospensione
processuale onde consentire al pubblico ministero di richiedere ed ottenere il provvedimento
autorizzativo. In attesa della eventuale concessione dell’autorizzazione, non possono disporsi o
effettuarsi nei riguardi dell’indagato protetto dalla prerogativa dell’autorizzazione il fermo, le
misure cautelari personali (coercitive o interdittive), le perquisizioni, ispezioni, ricognizioni,
individuazioni o i confronti e le intercettazioni. Costituisce tuttavia eccezione l’ipotesi in cui il
soggetto protetto venga colto nella flagranza di un delitto per il quale sia previsto l’arresto
obbligatorio: in tal caso sarà consentito eseguire arresti o perquisizioni personali e domiciliari (art.
343). Gli atti investigativi diversi da quelli innanzi specificati, pur in pendenza del procedimento di
autorizzazione, possono essere ugualmente compiuti: in particolar modo potrà essere disposta, su
richiesta delle parti, l'assunzione dei mezzi di prova per i quali vi sia pericolo di dispersione o
d'inquinamento.
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Lezione I
7 Atti d'indagine esperibili in mancanza di una
condizione di procedibilità
In mancanza della condizione di procedibilità, ed in attesa del suo sopravvenire, l’art. 346
ammette il compimento di atti d’indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova:
ricerca delle cose e tracce pertinenti al reato, nonché dei possibili testimoni (art. 348, comma 2, lett.
a e b); fermo su plichi o corrispondenza (art. 353, commi 2 e 3); rilievi sul corpo del reato per
evitare che i segni del reato finiscano dispersi ed eventuale sequestro; operazioni tecniche non
ripetibili (art. 360).
Vari gli atti implicitamente esclusi: fermo; misure cautelari personali; perquisizioni
ed ispezioni personali; perquisizioni domiciliari; identificazione della persona sottoposta ad
indagini, sommarie informazioni dalla stessa o da possibili testimoni; ricognizione ed
individuazione; confronti; intercettazioni di comunicazioni e conversazioni; interrogatorio (salvo
che l’interessato non lo richieda).
Perdipiù, se vi sia pericolo nel ritardo, è consentito assumere fonti di prova mediante
l’istituto dell’incidente probatorio (art. 392 sgg.), allorché ovviamente non siano ricomprese fra
quelle vietate, dianzi elencate. In attesa dell’autorizzazione, vigono tali regole e valgono anche le
deroghe previste nell’art. 343, commi 2 e 3 ( 11 ).
Con riferimento a tutte le condizioni di procedibilità è prevista la riproponibilità dell’azione
penale al sopravvenire della condizione, quando, a causa della sua mancanza, s’era disposta
l’archiviazione (art. 41) o erano state pronunciate sentenza di non luogo a procedere in seguito
all’udienza preliminare (art. 425) o sentenza dibattimentale di non doversi procedere (art. 529). E’
infine da ricordare che, secondo quanto dispone l’art. 405, in pendenza di una condizione di
procedibilità il termine per le indagini preliminari decorre dal giorno in cui la querela, l’istanza o la
richiesta pervengono al pubblico ministero, mentre, qualora sia necessaria l’autorizzazione a
procedere, il decorso del termine resta sospeso sino a quando la stessa non pervenga al titolare delle
indagini preliminari.
11
( ) Qualora la persona venga colta nella fragranza di un reato per il quale sia imposto l’arresto obbligatorio, possono
verificarsi due situazioni: di norma, possono essere compiuti sia gli atti diversi che gli atti vietati; possono essere
compiuti solo gli atti diversi e, fra gli atti vietati, soltanto l’arresto e le perquisizioni personali o domiciliari, quando la
persona colta in flagranza sia un membro del Parlamento o della Corte Costituzionale.
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Procedura Penale II
Lezione I
8 Rapporti tra polizia giudiziaria e ufficio del
pubblico ministero: dipendenza funzionale e
direttive impartite dal titolare delle indagini.
All’interno delle indagini preliminari il codice distingue tra “attività ad iniziativa della
polizia giudiziaria” (titolo IV) ed “attività del pubblico ministero” (titolo V). Magistrato del
pubblico ministero e polizia giudiziaria svolgono, «nell'ambito delle rispettive attribuzioni» (art.
326), le indagini necessarie per l’assunzione delle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione
penale. Il significato del richiamo alle “rispettive attribuzioni” lo si coglie nelle norme fondamentali
che regolano i rapporti tra i due organi. Per quel che concerne le funzioni attribuite alla polizia
giudiziaria (artt. 55 e 326) si rileva come la medesima sia chiamata a compiere tutti gli atti
occorrenti per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione
delle legge penale. Una volta ricostruito, sia pure nelle linee essenziali, il fatto penalmente rilevante
deve, poi, informarne immediatamente l’ufficio del pubblico ministero.
Il contenimento dei tempi dell'intervento alle prime, immediate indagini preliminari
non va letto come un tentativo di reprimere l'iniziativa della polizia giudiziaria, bensì come
accorgimento necessario per renderne effettiva la dipendenza funzionale della medesima
dall'autorità giudiziaria. Per altro verso, il magistrato del pubblico ministero deve compiere ogni
attività che risulti indispensabile per giungere alle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione
penale, compresi accertamenti su fatti e circostanze favorevoli all’indagato (art. 358). Per realizzare
tale finalità il titolare delle indagini dovrà verificare la fondatezza della notizia delittuosa ricevuta o
acquisita; in tale prospettiva si spiega l’attribuzione all’organo inquirente della disponibilità della
polizia giudiziaria (art. 327), che diviene espressione di un rapporto costante di dipendenza
funzionale, attuato mediante la statuizione di direttive sia “generali”, atte a guidare lo svolgimento
dell’attività generale di polizia giudiziaria che
“specifiche”,
in relazione allo specifico atto
investigativo. Risultava pressante l'esigenza di non sottrarre troppo a lungo la polizia giudiziaria al
controllo dell'ufficio del pubblico ministero, per evitare sconfinamenti di poteri o compimento di
attività dirette non soltanto ad individuare ed acquisire le fonti di prova, ma pure a verificarne
l'attendibilità.
Una esigenza di inquadramento sistematico dell’attività della polizia giudiziaria
impone, tuttavia, di seguire i parametri fondamentali dettati dagli artt. 55 e 326 in tema di funzioni e
finalità delle indagini dalla medesima compiute, tenendo conto del ruolo di direzione e di
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Procedura Penale II
Lezione I
preminenza attribuito al P.M. Non bisogna dimenticare che, per un verso, la polizia giudiziaria deve
compiere gli atti occorrenti per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per
l'applicazione della legge penale e, per altro verso, il magistrato del pubblico ministero deve
compiere ogni attività necessaria per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale,
compresi accertamenti su fatti e circostanze favorevoli all'indagato (art. 358). Le indagini devono
essere compiute in funzione della scelta che, il magistrato, conclusi gli accertamenti, deve
ineluttabilmente operare in ordine all’azione penale.
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Procedura Penale II
Lezione I
9 Dipendenza funzionale ed autonomia
investigativa della polizia giudiziaria; attività
d’iniziativa ed attività delegata
La polizia giudiziaria è chiamata, dunque, a svolgere un'attività funzionalmente orientata a
consentire al magistrato, titolare del potere di azione, di assumere le determinazioni all'esito delle
indagini preliminari. Tanto, però non implica l’assenza di un potere d'iniziativa, poiché specifiche
previsioni normative (art. 55) individuano compiti ben precisi quali: prendere notizia dei reati ed
impedire che dalla loro commissione scaturiscano ulteriori conseguenze, ricercare le fonti di prova,
identificare i presunti autori del reato e ricercarli, acquisire quant'altro utile all'applicazione della
legge penale. La norma delinea, com’è facile notare, uno spazio d’azione molto ampio che impone
alla polizia giudiziaria di attivarsi anche al di fuori delle direttive eventualmente impartite dal
titolare delle indagini, e ciò non solo in vista del compimento dei primi urgenti accertamenti, ma
anche in una fase successiva a quella in cui il magistrato inquirente sia stato informato. Invero,
sebbene la regolamentazione dell'attività di polizia giudiziaria nei momenti successivi all'intervento
del magistrato sia pur sempre connotata dalla regola della dipendenza funzionale, una volta che il
pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, l’organo poliziesco non solo compie
gli atti che gli siano delegati, ma continua a svolgere d’iniziativa - sia pure nell’ambito delle
direttive impartite in via generale, ed in ossequio alla programmazione fissata dall'ufficio - ogni
attività d'indagine necessaria all’accertamento di fatti penalmente rilevanti, ancorché col fine
precipuo di informare immediatamente il titolare delle indagini.
Il pubblico ministero, infatti, quale organo propulsivo delle indagini preliminari, ha
necessità di essere informato dei fatti suscettibili di determinazioni ai fini dell’eventuale esercizio
dell’azione penale. La prima fonte da cui attinge la notizia criminis è certamente la informativa
della polizia giudiziaria. Essa rappresenta una specie qualificata di denuncia proveniente, a
differenza di quella contemplata dagli artt. 331 e 332, non genericamente da pubblici ufficiali o
incaricati di pubblico servizio, ma da pubblici ufficiali qualificati: agenti o ufficiali di polizia
giudiziaria. La natura di segnalazione di reato dell’atto in esame implica che debbano essere riferiti
gli elementi essenziali del fatto, le risultanze raccolte e le attività compiute, con indicazione delle
fonti di prova e dei soggetti (indagato, persona offesa, persone informata dei fatti) utili alle indagini.
Se la notizia di reato sia pervenuta alla polizia giudiziaria in seguito all’attivarsi di altro soggetto –
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pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, privato denunciante o querelante e così via – la
polizia giudiziaria cura la trasmissione dell’informazione ricevuta, dando conto altresì delle attività
di iniziativa che, in presenza della denunzia o querela, abbia ritenuto di dover compiere. Unitamente
agli atti pervenuti, inoltra altresì la documentazione di quanto abbia eseguito – ad esempio il verbale
d’arresto – in via d’investigazione urgente ( 12 ). Il controllo sull’esatto adempimento dell’obbligo
imposto alla polizia giudiziaria d’informare l’autorità giudiziaria.
Sotto il profilo dei rapporti con il pubblico ministero, l’attività della polizia
giudiziaria può essere distinta in attività di iniziativa (artt. 347-357) a sua volta ripartita in attività
autonoma, attività guidata e attività successiva (autonoma o indotta), ed attività delegata (art. 370
comma 1).
L’attività di iniziativa della polizia giudiziaria consiste, in via di principio, nel
compimento di qualsiasi legittima attività, tipica o atipica, di informazione, investigazione e
assicurazione diretta alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole (art. 348) ( 13 ).
Dal punto di vista della natura degli atti, l’ambito affidato all’iniziativa della polizia giudiziaria non
soffre di limitazioni che non siano quelle espressamente o implicitamente previste. I divieti
espressi sono, in particolare, quelli: a) di assumere sommarie informazioni dall’arrestato o dal
fermato (art. 350 comma 1); b) di sequestrare plichi o corrispondenza (art. 353); c) procedere ad
ispezione personale; d) effettuare perquisizioni, ispezioni e sequestri negli uffici dei difensori; e)
disporre l’intercettazione di conversazioni e comunicazioni; f) procedere a sequestro preventivo. I
(12) Il controllo sull’esatto adempimento dell’obbligo imposto alla polizia giudiziaria d’informare l’autorità giudiziaria è
assicurato mediante la previsione relativa alla necessità d’indicare, nella comunicazione scritta, la data di acquisizione
della notizia delittuosa (art 347).
(13) Nell’ambito della fase investigativa è possibile distinguere gli atti di indagine, disciplinati nel titolo quinto del libro
quinto, e i mezzi di ricerca della prova, disciplinati nel libro terzo. Il libro terzo del codice vigente, dedicato alle prove,
distingue tra mezzi di prova e mezzi di ricerca della prova: i mezzi di prova sono atti compiuti in conformità di uno
specifico rito e destinati a costituire le prove nel processo, i mezzi di ricerca della prova sono operazioni intese, invece,
a raccogliere oggetti precostituiti al processo ovvero ad intercettare comunicazioni esterne al processo. Mentre nella
disciplina dei mezzi di prova, infatti, il legislatore si riferisce sempre e solo al giudice come autore degli atti, nel
disciplinare i mezzi di ricerca della prova il legislatore si riferisce per lo più alla “autorità giudiziaria”, con una formula
comprensiva altresì del magistrato inquirente. E, in realtà, la possibilità che vi proceda anche il pubblico ministero ispezioni, perquisizioni, sequestri -, se non esclusivamente il pubblico ministero - intercettazioni di conversazioni e
comunicazioni - , costituisce la caratteristica più significativa dei mezzi di ricerca della prova e rende necessario
inserirne la trattazione nell’ambito delle indagini preliminari. D’altro canto, le indagini del pubblico ministero non si
esplicano soltanto con il ricorso ai mezzi di ricerca della prova, ma consistono anche di investigazioni indirette,
corrispondenti a quegli atti che il legislatore definisce mezzi di prova – testimonianze, ricognizioni, confronti, etc. –
disciplinandoli come esclusivi del giudice. Per questi atti di indagine il legislatore ha adottato denominazioni diverse da
quelle dei mezzi di prova cui corrispondono, al fine di sottolineare che essi non sono di norma destinati all’acquisizione
di conoscenze da utilizzare come prove nel dibattimento. Si tratta, invero, di atti che, quando non siano irripetibili,
potranno valere come prova soltanto se le parti opteranno per la celebrazione di taluni riti speciali, salvo l’utilizzazione
per le contestazioni durante le escussioni dibattimentali.
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Lezione I
divieti impliciti trovano ragion d’essere nel carattere ausiliare dell’attività di polizia giudiziaria e
sono rivolti ad evitare che quest’ultima possa incidere in modo irreversibile sulle future scelte
processuali del pubblico ministero: i divieti riguardano pertanto il compimento di atti non ripetibili
(specie perquisizioni, ispezioni, sequestri, accertamenti tecnici non ripetibili), se non nei casi ed alle
condizioni espressamente previsti, e potrebbero anche estendersi agli atti ripetibili, il cui
compimento potrebbe vanificare la valenza probatoria dell’omologo mezzo di prova esperibile
dinanzi al giudice ( 14 ). In ogni caso, al di fuori di tali ipotesi, è implicitamente consentito alla
polizia giudiziaria di compiere atti tipici del pubblico ministero sebbene i medesimi non possano
conseguire utilizzazioni privilegiate, nel senso che non possono essere utilizzati come se fossero
stati compiuti dall’organo tipicamente legittimato a compierli. Esemplificando: la polizia giudiziaria
può compiere di iniziativa confronti con l’indagato e interrogatori di persone imputate in un
procedimento connesso. Se però dovesse celebrarsi il giudizio, le dichiarazioni rese durante il
confronto o l’interrogatorio potrebbero essere utilizzate solo ai fini delle contestazioni e non
potrebbero essere allegate al fascicolo per il dibattimento; conseguenza, quest’ultima, che invece si
verificherebbe se gli atti fossero compiuti dal pubblico ministero (artt. 503 comma 5; 512, 513
commi 1 e 2).
L’attività autonoma è rappresentata dall’attività investigativa compiuta fino a
quando il pubblico ministero non abbia impartito direttive. Invero, l’intervento dell’organo
inquirente non si verifica necessariamente nel momento stesso in cui gli pervenga la comunicazione
della notizia di reato. Ne consegue che la polizia giudiziaria può compiere qualsiasi attività di
iniziativa non espressamente o implicitamente vietata, non solo nel periodo precedente la
informativa inoltrata al pubblico ministero, quando questi non abbia ancora assunto la direzione
delle indagini, ma altresì successivamente allorché, trascorse le quarantotto ore dalla comunicazione
della notizia delicti, l’organo inquirente non abbia ancora proceduto all’assegnazione di direttive o
indirizzi investigativi ( 15 ).
(14) Basti pensare alla individuazione (art. 361), consentita solamente al pubblico ministero ai fini della prosecuzione
delle indagini ed il cui compimento può vanificare il rilievo probatorio della ricognizione, eventualmente da compiersi
mediante incidente probatorio.
(15) Invero, i motivi per i quali il pubblico ministero può decidere di non impartire direttive non sono necessariamente
incompatibili con i principi di corretta gestione delle indagini: si pensi alla superfluità di direttive nel caso di
investigazioni di routine o su reati che, fin dalla segnalazione, non forniscano spunti di indagine concretamente
praticabili.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Procedura Penale II
Lezione I
Può definirsi guidata l’attività necessaria per ottemperare alle direttive impartite del
pubblico ministero che abbia concretamente assunto la direzione delle indagini. Mediante le
direttive il titolare intende impartire indirizzi generali d'indagine, all’interno dei quali l’organo
poliziesco opera di propria iniziativa, ponendo in essere atti sia tipici che atipici. Inserendosi i
medesimi pur sempre nell’ambito delle attività di iniziativa, varranno perciò i limiti e i divieti
dianzi formulati e non, invece, quelli di diversa natura e spessore concernenti l'attività delegata.
Esemplificando: se è vero che il pubblico ministero non può delegare il compimento del confronto
con l’indagato, è pur vero che tale atto possa ugualmente essere compiuto dalla polizia giudiziaria
quando agisca d’iniziativa, cioè nell’ipotesi in cui il pubblico ministero, anziché delegarle
formalmente specifici atti, si sia limitato a “guidarla” dandole direttive.
La distinzione si spiega con il diverso ruolo che nei due casi assume l’organo
inquirente: nell’ipotesi di attività guidata, questi si limita a fornire un indirizzo investigativo;
nell’ipotesi di attività delegata, invece, il titolare delle indagini consente ad altro organo
investigativo di rappresentarlo, autorizzandolo al compimento dell’atto “per suo nome e conto” ( 16 ).
Ne deriva che si profila diverso anche il regime di utilizzabilità dell’atto delegato da quello solo
guidato: atteso che quello guidato è atto meramente riferibile alla polizia giudiziaria e segue
pertanto le modalità di documentazione previste per gli atti di polizia giudiziaria, salvo si tratti di
atto tipico del pubblico ministero che la polizia giudiziaria sia comunque legittimata a compiere
(come atto soggettivamente atipico) per l’assenza di espresso o implicito divieto.
L’attività successiva (autonoma ed indotta) è rappresentata dalle attività svolte dalla
polizia giudiziaria sulla scorta degli elementi successivamente emersi (art. 348, comma 3).
L’individuazione di tali elementi può sia conseguire ad atti specificamente delegati e ad attività di
indagine guidata (o indotta), compiuta cioè nell’ambito delle direttive impartite, sia rivestire
carattere di autonomia rispetto alla delega ed alle direttive del pubblico ministero ( 17 ). In entrambi i
casi (elementi d'indagine conseguiti da attività indotta da specifica delega o da semplici direttive o
conseguiti ad attività autonoma di polizia giudiziaria) si assiste ad una sorta di riviviscenza
dell’attività autonoma originaria della polizia giudiziaria che, dovrà assicurare le nuove fonti di
prova delle quali sia venuta a conoscenza, informando prontamente il pubblico ministero.
(16) Questo il senso della distinzione enunciata nella disposizione normativa di cui all’art. 55 comma 2, ove si specifica
che la polizia giudiziaria è chiamata a svolgere “ogni indagine disposta o delegata dall’autorità giudiziaria”: l’attività
disposta si identifica con quella guidata.
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Lezione I
La differenza, quindi, tra attività successiva autonoma ed attività successiva
indotta (o consequenziale) risiede nel fatto che, nel primo caso l’attività non è promossa dalle
direttive o dalla delega ricevuta ma ne prescinde; l’elemento comune è invece rappresentato dal
fatto che, in entrambi i casi, chi dirige le indagini, e cioè il pubblico ministero, ignora l’emergenza
sopravvenuta e la sua acquisizione. Sicchè, per un verso, la polizia giudiziaria non può omettere – ai
sensi degli artt. 55 e 326 – l’attività di iniziativa diretta ad assicurare la fonte di prova, dall’altro
deve però informare prontamente chi dirige l’indagine affinché questi, concretamente, le riassuma
in ordine a quanto di nuovo sia stato acquisito ( 18 ).
Il pubblico ministero, peraltro, può compiere atti d’indagine delegandoli alla polizia
giudiziaria (art. 370) sulla quale, peraltro, incombe un vero e proprio obbligo di svolgimento ed
esecuzione di qualsivoglia indagine ed attività disposta o delegata dall’autorità giudiziaria (art. 55
comma 2). La delega può riguardare sia gli atti atipici, sia gli atti tipici purchè specificatamente
delegati. Tale precisazione legislativa è finalizzata ad evitare il conferimento di una delega generica
a compiere attività di indagine previste dal codice.
La delegabilità di un atto alla polizia giudiziaria è, di regola, sempre consentita; i
divieti sono previsti in modo esplicito, implicito o sono ricavabili comunque dalla natura dell’atto.
Per esempio e’ previsto in modo implicito il divieto di delegare l’interrogatorio dell’indagato
arrestato e i confronti con il medesimo (art. 370, comma 1), come è deducibile dalla natura dell’atto
il divieto di delegare l’accertamento tecnico non ripetibile (art. 360). E’ previsto, invece, in modo
esplicito il divieto di compiere ispezioni, perquisizioni e sequestri presso gli uffici dei difensori ai
quali provvede personalmente il magistrato inquirente, in forza di un motivato decreto di
autorizzazione del giudice per le indagini preliminari. In sintesi non sono delegabili: il confronto
con la persona sottoposta alle indagini sottoposta in vinculis; le ispezioni, le perquisizioni e i
(17) Si pensi alla spontanea presentazione di persona che, assumendo di essere informata sui fatti, ne fornisca una
ricostruzione diversa da quella precedentemente nota al pubblico ministero ed alla stessa polizia giudiziaria.
(18) Giova altresì rilevare che - pur nei limiti espressi ed impliciti di tutta l’attività di iniziativa della polizia giudiziaria
ed in specie di quelli volti a non compromettere le scelte investigative e processuali del pubblico ministero - non
esistono ostacoli di principio per i quali si possa affermare che non sia consentito alla polizia giudiziaria di seguire
proprie ulteriori piste nascenti da personali idee investigative. Se ad esempio dopo il compimento di un furto in
gioielleria, la direttiva del pubblico ministero è quella di accertare se i dipendenti dell’esercizio abbiano precedenti
giudiziari e siano in contatto con ricettatori della zona, la polizia giudiziaria può congiuntamente - ma non
alternativamente - compiere anche ogni indagine volta a stabilire se i titolari della gioielleria abbiano di recente
stipulato specifiche polizze assicurative contro il furto. L’ipotesi si differenzia tuttavia da quella dell’attività successiva
(autonoma o indotta) la quale, anche quando sia “successiva autonoma”, è caratterizzata dall’emergere, a seguito dei
percorsi esplorativi intrapresi o suggeriti, di dati o fonti di prova da appurare o ricercare e non dall’elaborazione
autonoma di una vera e propria “idea investigativa”.
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Lezione I
sequestri negli uffici dei difensori; l’apertura e comunque la presa di conoscenza del contenuto degli
oggetti di corrispondenza sequestrati; la perquisizione presso banche, a seguito di rifiuto
dell’istituto di credito di consentire l’esame di atti, documenti e corrispondenza utili ad un eventuale
sequestro ovvero all’accertamento di altre circostanze utili ai fini delle indagini; le intercettazioni di
conversazioni o comunicazioni disposte nei casi di urgenza ovvero su autorizzazione del giudice per
le indagini preliminari; gli accertamenti tecnici non ripetibili; il sequestro preventivo; le ispezioni
personali ( 19 ).
Riguardo, invece, a quegli atti per i quali sia consentita la delega, va sottolineato
come la polizia giudiziaria sia tenuta ad osservare le garanzie difensive e le modalità documentali
previste per gli atti del pubblico ministero, atteso che la utilizzabilità degli atti delegati è la
medesima di cui godono gli stessi allorché vengano compiuti personalmente dal pubblico ministero.
Si tratta di una conseguenza diretta del principio generale in base al quale l’atto compiuto dal
delegato in nome e per conto del delegante produce direttamente gli effetti che dall’atto
discenderebbero se fosse compiuto dal medesimo delegante.
(19) Le ispezioni personali non sono delegabili alla polizia giudiziaria, la quale non è legittimata a compierle neppure di
iniziativa; le intercettazioni e gli accertamenti urgenti sono atti propri del pubblico ministero che da questi possono
essere compiuti solo in presenza di determinati presupposti: si pensi ad esempio alla determinazione di non differire gli
accertamenti tecnici irripetibili a fronte di una richiesta di incidente probatorio formulata dalla parte oppure alla
individuazione del requisito d'urgenza, in vista della richiesta al g.i.p. della autorizzazione alla intercettazione).
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10 Atti tipici ed attività atipiche: premessa
La polizia giudiziaria, nell’espletamento dell’attività investigativa, compie sia attività
tipiche che attività atipiche. Appartengono alla prima categoria: l'identificazione della persona nei
cui confronti si svolgono le indagini, l'assunzione d'informazioni dalla medesima e da persone
informate sui fatti, gli accertamenti e i rilievi tecnici, le perquisizioni e i sequestri. La seconda individuata in via residuale - annovera tutte le attività d'indagine non conformi ad uno schema tipico
ma ugualmente preordinate all’individuazione dell’autore del fatto, alla ricerca ed assicurazione
delle fonti di prova e delle cose pertinenti al reato. Sono atipiche, ad esempio, le attività che si
sostanziano in appostamenti, segnalazioni, informazioni, nonché nell’assunzione di indicazioni,
notizie e confidenze acquisite con modalità e criteri non riconducibili a schemi normativamente
descritti.
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Lezione I
11 L'identificazione della persona nei cui confronti
si svolgono le indagini e delle persone in grado di
riferire circostanze utili alla ricostruzione dei fatti.
L’identificazione è atto tipico con cui viene dato un nome ad un volto ad una persona fisica
individuata di cui non si conoscono le generalità. Si consideri l’ipotesi in cui la polizia giudiziaria
arresti in flagranza un rapinatore e, nonostante sappia con certezza chi sia il rapinatore (cioè la
persona arrestata), ne ignori le generalità: ad esse si tenta di risalire attraverso l’identificazione.
Sono oggetto di possibile identificazione, oltre alla persona sottoposta alle indagini, tutte quelle che
abbiano avuto un ruolo negli sviluppi dell’accadimento e che risultino pertanto in grado di riferire
su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti: persona offesa, futuri o potenziali testimoni.
Modalità di esecuzione. La persona oggetto di identificazione viene invitata a
dichiarare generalità e quant’altro possa valere ad identificarla: soprannome, pseudonimo,
disponibilità di beni patrimoniali, condizione di vita individuale familiare e sociale nonché
eventuale sottoposizione a processi penali, condanne riportate anche se all’estero, esercizio attuale o
precedente di uffici pubblici e di servizi pubblici o di pubblica necessità, cariche pubbliche
ricoperte (art. 66). La persona indagata viene altresì ammonita delle conseguenze cui si espone chi
si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false. Infatti il diritto di non rispondere non si applica
alle dichiarazioni sulla propria identità personale. In caso di rifiuto di dichiarare le generalità, il
reato commesso è quello previsto all’art. 651 c.p.; mentre in caso di false dichiarazioni sulla propria
identità si configura la fattispecie criminosa delineata all’art. 496 c.p. Anche ai potenziali testimoni
la polizia giudiziaria rivolge invito a dichiarare le proprie generalità. A costoro non sono però
rivolte né l’ammonizione, né le richieste ulteriori di cui all’art. 66.
Sia la persona indagata che i potenziali testimoni dimostrano la propria identità
personale mediante l’esibizione dei mezzi di identificazione ai fini di polizia (carta di identità, titoli
a questi equipollenti come le patenti, i libretti ferroviari, i passaporti per l’estero, i libretti di porto
d’armi, talune tessere di riconoscimento ed altri documenti muniti di fotografia rilasciati dalle
amministrazioni pubbliche). Qualora l’indagato o i potenziali testimoni rifiutino di farsi identificare
ovvero forniscano generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistano
sufficienti elementi per ritenerne la falsità, è consentito l’esercizio di un potere coercitivo in capo
alla polizia giudiziaria ossia l’accompagnamento coattivo per identificazione. I soggetti da
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identificare vengono accompagnati negli uffici di polizia, dove è possibile effettuare - solo nei
confronti della persona sottoposta ad indagini - rilievi dattiloscopici, fotografici, antropometrici
nonché altri accertamenti tra cui il prelievo di materiale biologico – capelli o saliva – che
richiedono il consenso dell’interessato. Se l’indagato non presta consenso, la polizia giudiziaria può
procedere al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale dell’interessato, dopo aver
ottenuto dal pubblico ministero una previa autorizzazione scritta od orale, successivamente
confermata per iscritto. Se l’indagato o i potenziali testimoni sono accompagnati negli uffici di
polizia, questa provvede:
a) a dare immediata notizia al pubblico ministero competente dell’accompagnamento e
dell’ora in cui questo è avvenuto (tramite informativa);
b) a dare (senza ritardo) al medesimo pubblico ministero notizia del rilascio e dell’ora in cui
esso è avvenuto;
c) a trattenere le persone accompagnate per il tempo strettamente necessario e comunque
non oltre le 12 ore;
d) a rilasciare le persone accompagnate se ciò dispone il pubblico ministero, ritenendo che
non ricorrano le condizioni legittimanti l’accompagnamento stesso.
Garanzie difensive. Non sono previste. La persona indagata è però invitata a
dichiarare o ad eleggere il domicilio per le notificazioni.
Documentazione. Di tutte le operazioni compiute a norma dell’art. 349 viene redatto
verbale integrale. La documentazione è conservata nell’apposito fascicolo delle indagini
preliminari depositato presso l’ufficio del pubblico ministero.
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12 L’assunzione di informazioni
Le disposizioni codicistiche prevedono quattro distinte modalità con cui l’indagato ed il
potenziale testimone possano rendere dichiarazioni alla polizia giudiziaria. Si tratta di ipotesi
differenti quanto a presupposti, regolamentazione e regime di utilizzabilità. Esse sono:
a) le sommarie informazioni assunte dall’indagato;
b) le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato;
c) le notizie e le indicazioni utili assunte dall’indagato;
d) le sommarie informazioni dalle persone informate sui fatti.
Le prime tre modalità sono disciplinate nell’art. 350 ed hanno la comune
caratteristica di consistere in dichiarazioni assunte o rese da chi sia sottoposto alle indagini (cc.dd.
dichiarazioni dall’indagato). Il quarto tipo di atto è, invece, previsto dall’art. 351 ed è rappresentato
dalle dichiarazioni assunte da soggetti diversi dall’indagato (cc.dd. dichiarazioni da potenziali
testimoni).
Le Sommarie informazioni assunte dall’indagato (norme di riferimento: art. 350
comma 1 – 4). Costituiscono atto tipico di investigazione indiretta ( 20 ) mediante il quale gli
ufficiali di polizia giudiziaria, ponendo domande, sollecitano chi sia sottoposto alle indagini a
rendere dichiarazioni utili per la ricostruzione del fatto, l’individuazione del suo autore e la ricerca
delle fonti di prova. Vi procedono solo gli ufficiali di polizia giudiziaria in presenza dei seguenti
presupposti:
1) l’indagato non deve trovarsi in stato di arresto o di fermo ( 21 ): è indispensabile la libertà
fisica dell’indagato, in modo che il medesimo non avverta alcuna compressione della sua libertà
morale;
2) l’atto deve essere ritenuto utile ai fini delle investigazioni.
Adempimenti preliminari sono:
1) invito all’indagato a nominare un difensore di fiducia e a dichiarare o eleggere domicilio
(art 161);
(20) Distinzione ormai classica tra le investigazioni aventi ad oggetto situazioni o cose, come le acquisizioni di
documenti o le perquisizioni di oggetti, denominate per l’appunto dirette e le investigazioni compiute mediante
l’utilizzazione di persone, come l’assunzione di informazioni, denominate indirette.
(21) Invero, nei confronti dell’arrestato o del fermato la polizia giudiziaria può procedere solo all’assunzione di
dichiarazioni spontanee ovvero di notizie ed indicazioni utili a fini investigativi.
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2) in difetto di nomina del difensore di fiducia, designazione di un difensore di ufficio da
parte della stessa polizia giudiziaria, sulla base delle tabelle e dei turni fissati dal consiglio
dell’ordine forense d'intesa con il presidente del tribunale (art. 97 comma 3);
3) il difensore di fiducia o, in difetto di nomina, quello designato di ufficio deve presenziare
all’atto ed essere tempestivamente avvisato. Le sommarie informazioni devono cioè essere assunte
con la necessaria presenza del difensore;
4) se il difensore di fiducia nominato dall’indagato o quello di ufficio designato non
compare o non viene reperito, la polizia giudiziaria richiede al pubblico ministero di designare
come sostituto altro difensore immediatamente reperibile (art. 97 comma 4).
Rappresentano indefettibili garanzie difensive:
1) l’obbligo del difensore di assistere all’atto; non si può in alcun caso procedere senza la
presenza del difensore di fiducia o di ufficio o di un suo sostituto;
2) il difensore può formulare richieste, osservazioni, riserve;
3) prima che abbia inizio l'assunzione d'informazioni, la persona dev'essere resa edotta
(dandosene atto a verbale) della sua facoltà di non rispondere ed avvertita che le sue dichiarazioni
potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti e che, rendendo dichiarazioni su fatti
concernenti la responsabilità di altri, potrà assumere, in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone;
l'omissione degli avvertimenti circa il diritto di tacere e circa le conseguenze della rinunzia ad
esercitarlo rende inutilizzabili le dichiarazioni nei confronti del dichiarante, mentre il mancato
avvertimento circa le conseguenze di eventuali dichiarazioni erga alios comporta, invece,
l'inutilizzabilità, nei confronti dei terzi chiamati in correità o in reità, delle dichiarazioni rese e
l'impossibilità di assumere l'ufficio di testimone in ordine ai fatti dichiarati (artt. 64, 197 e 191-bis);
4) neppure con il consenso dell’indagato possono essere utilizzati metodi o tecniche idonei a
influire sulla libertà di autodeterminazione (strumenti coercitivi o di persuasione occulta) ovvero ad
alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti (art. 64 comma 2).
Prima di assumere le informazioni, l’ufficiale di polizia giudiziaria deve verificare
l’identità personale dell’indagato: a tal fine lo invita a dichiarare le proprie generalità e quanto altro
possa valere ad identificarlo, ammonendolo sulle conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le
proprie generalità o le dà false. La richiesta di informazione non esige la contestazione all’indagato
del fatto che gli è attribuito, nè l’indicazione degli elementi di prova esistenti a suo carico e
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conseguente comunicazione delle fonti di prova raccolte ( 22 ), L’espletamento dell’atto è
documentato mediante verbale riassuntivo complesso (art. 357 comma 2 lett. b) ovvero in forma
riassuntiva con contestuale riproduzione fonografica cui può aggiungersi la riproduzione
audiovisiva, se assolutamente indispensabile; la relativa documentazione è posta a disposizione del
pubblico ministero ed a questi trasmessa per il deposito e l’inserimento nel fascicolo delle indagini
(art. 373 comma 5).
Il verbale di sommarie informazioni ha utilizzabilità piena e finalità propulsiva nel
corso delle indagini preliminari, ed utilizzabilità limitata nella fase giudiziale (cd. utilizzazione
sopravvenuta solo per le contestazioni (art. 503 comma 3). Il verbale, quindi, non trasmigra mai dal
fascicolo del pubblico ministero in quello del dibattimento.
(22) A differenza dell’interrogatorio compiuto dal pubblico ministero, che deve essere preceduto da una contestazione in
forma chiara e precisa del reato contestato secondo i principi fissati dall’art. 65, l’assunzione di informazioni svolta
dalla polizia giudiziaria non esige la formulazione di tale contestazione, poichè l’atto ha finalità propulsive d’indagine
e, a differenza dell’interrogatorio, non persegue finalità difensive volte, cioè, a porre l’indagato in condizione di
discolparsi rispetto ad un addebito contestatogli in forma chiara, precisa e completa. L’obbligo di una contestazione
completa infatti comporta che si svelino tutti gli elementi di prova fino ad allora acquisiti; analogo obbligo non incombe
sulla polizia giudiziaria, la quale può tacere elementi a sua conoscenza se ritiene utile alle indagini una simile reticente
condotta. Quanto sinora esposto spiega il motivo della diversa utilizzabilità dell’atto in questione rispetto
all’interrogatorio del pubblico ministero.
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13 Le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato
(norme di riferimento: art. 350 comma 7).
Trattasi di atto tipico di investigazione indiretta mediante cui la polizia giudiziaria si limita
passivamente a recepire o raccogliere le dichiarazioni sul fatto penalmente rilevante che la persona
indagata voglia spontaneamente rendere, indotta da una propria determinazione volitiva. Queste
differiscono dalle altre forme di sommarie informazioni perché sono spontanee - e cioè
autonomamente promananti dall’indagato, senza alcuna sollecitazione o richiesta di notizie ed
indicazioni da parte degli stessi organi di indagine - e meramente ricettive, e cioè semplicemente
ricevute e non già assunte sia da ufficiali che agenti di polizia giudiziaria.
Le dichiarazioni possono essere rese anche dall’indagato in stato di arresto o fermo.
La spontaneità delle dichiarazioni le fa configurare come mezzo, liberamente scelto, di autodifesa e
collaborazione spontanea nella ricerca della verità, sicchè all’indagato è consentito renderle anche
in vinculis o in assenza del proprio difensore di fiducia o di ufficio, sebbene le disposizioni
normative non eludano che il difensore possa essere presente. Invero, la spontaneità esclude la
possibile sottoposizione a violenza morale o la compromissione della libertà di autodeterminazione.
Inoltre per quel che concerne gli adempimenti esecutivi e la documentazione valgono le medesime
disposizioni normative riferite alle sommaria informazioni dall’indagato.
Le spontanee dichiarazioni sono pienamente utilizzabili nella fase procedimentale
(ad es. per l’emissione di misure cautelari oppure ai fini del convincimento del giudice nell’udienza
preliminare e nei riti alternativi). Nella fase dibattimentale invece sono utilizzabili per le
contestazioni (art. 350, comma 7).
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Le notizie e le indicazioni utili assunte dall’indagato (norme di riferimento: artt. 350 commi
5 e 6). Trattasi di atto tipico di investigazione indiretta mediante il quale gli ufficiali di polizia
giudiziaria, nell’immediatezza o sul luogo del fatto, assumono notizie ed indicazioni utili ai fini
della immediata prosecuzione delle indagini dalla persona indagata, anche se questa sia stata
arrestata o fermata e non possa avvalersi della assistenza tecnica di un difensore. Organo che vi
procede sono solo gli ufficiali di polizia giudiziaria in presenza dei seguenti presupposti:
1) rispetto alle precedenti, queste si caratterizzano per le particolari circostanze di tempo o di
luogo in cui sono rese e per l’assenza del difensore;
2) possono essere assunte sia nell’immediatezza cronologica del fatto, ma in luogo diverso
dalla sua commissione (es. nella stazione di polizia), sia sul luogo del fatto, ma non
nell’immediatezza, atteso che il luogo del fatto delittuoso suscita, anche a distanza di tempo, una
particolare emozione nel colpevole (ad es. si riconduce il fermato sul luogo in cui sia stata
commessa la rapina e quivi lo si invita a fornire indicazioni circa le modalità della fuga). Va
esclusa, per ovvie ragioni logiche, l’ipotesi di informazioni richieste sul luogo del fatto, ma a
distanza di tempo dalla commissione del reato;
3) l’atto deve essere finalizzato ad acquisire notizie ed indicazioni per la immediata
prosecuzione delle indagini;
4) le notizie ed indicazioni possono essere fornite anche dall’indagato in stato di arresto o di
fermo.
In tale contesto è consentito porre domande all’indagato – libero o arrestato – anche
in assenza del difensore ( 23 ).
Quanto alle modalità di documentazione ed utilizzazione va detto che:
a) se compiuto senza la presenza o la assistenza del difensore, l’atto non va documentato e
non è processualmente utilizzabile;
(23) La disposizione normativa di cui all’art. 350 comma 5 non esclude peraltro che il difensore possa essere presente.
Se fosse presente l’atto potrebbe essere documentato ed utilizzato. Nella sostanza non si diversificherebbe da quello
previsto dall’art. 350 commi 1 - 4. L’unica differenza sarebbe rappresentata dal fatto che la polizia giudiziaria potrebbe
in questo caso “sentire” anche l’arrestato ed il fermato; cosa che le è invece preclusa dalle disposizioni normative
contenute nell’art. 350. Occorre ricordarsi, tuttavia, che la finalizzazione dell’atto in esame è solo investigativa, sicchè
la utilizzazione processuale delle dichiarazioni di un arrestato o di un fermato dovrebbe pur sempre ritenersi limitata
alla parte in cui esse forniscano elementi per la immediata prosecuzione delle indagini.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Procedura Penale II
Lezione I
b) la utilizzazione dell’atto è solo investigativa;
c) alla polizia giudiziaria è fatto divieto di testimoniare sulle dichiarazioni ricevute.
Sommarie informazioni dalle persone informate sui fatti (norme di riferimento: art.
351. Costituiscono atto tipico di investigazione indiretta mediante il quale la polizia giudiziaria
riceve dalla persona offesa, dalla persona danneggiata dal reato e da qualunque persona informata
sui fatti per cui si procede indicazioni e notizie utili ai fini delle indagini. Coloro che rendono le
informazioni sono designati dal codice con l’espressione “persone che possono riferire circostanze
utili ai fini delle indagini” e possono essere denominate in modo sintetico “possibili testimoni”,
atteso che potranno diventare “testimoni” solo se saranno chiamate a deporre davanti al giudice in
dibattimento o nell’udienza preliminare o, infine, nell’eventuale incidente probatorio.
Possono procedere all’assunzione delle informazioni ufficiali e agenti di polizia
giudiziaria i quali non devono dare avviso al difensore dell’indagato il cui intervento (al pari di
quello del difensore della persona offesa) non è consentito. Se nel corso dell’assunzione emergono
indizi di reità e a carico del dichiarante, si applicano le disposizioni dell’art. 63.
La persona invitata ha l’obbligo di presentarsi; se non vi adempie incorre in
responsabilità penali a norma dell’art. 650 c.p., a meno che non ricorrano giustificati motivi; ha,
altresì, obbligo di rispondere cioè di riferire ciò di cui sia a conoscenza riguardo ai fatti sui quali
viene sentita, ma non ha obbligo di dire la verità. L’obbligo di verità, che pure sussiste in base
all’art. 198 comma 1, non è penalmente sanzionato poiché l’art. 371 –bis c.p. si riferisce alle
dichiarazioni assunte dal pubblico ministero personalmente e non a quelle rese alla polizia che
agisce di sua iniziativa (art. 351).Tuttavia la eventuale reticenza o falsità del potenziale teste può
configurare fattispecie delittuose come il favoreggiamento o come il rifiuto di ufficio o la calunnia.
La persona informata è titolare del privilegio contro l’autoincriminazione (art. 198
comma 2), nel senso che può rifiutarsi di rispondere sui fatti dai quali potrebbe emergere una sua
responsabilità penale. Inoltre, può opporre all’inquirente l’esistenza del segreto professionale su
quanto abbiano conosciuto in ragione di ministero, ufficio o professione. Se è un prossimo
congiunto dell’imputato o indagato, deve essere avvisata della facoltà di astenersi dal rendere
dichiarazioni.
Le sommarie informazioni, documentate mediante verbale riassuntivo trasmesso al
pubblico ministero e da questo conservato nel fascicolo delle indagini, di regola hanno utilizzabilità
piena prima del giudizio, mentre nella fase dibattimentale sono utilizzabili per le contestazioni (art.
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500) e le letture (artt. 511, 512, 512-bis), la cui disciplina verrà compiutamente esposta nelle lezioni
successive.
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Lezione I
14 Gli accertamenti urgenti
Trattasi di un complesso di atti tipici ed atipici che, con finalità investigative ed assicurative,
la polizia giudiziaria. compie quando il pubblico ministero non possa intervenire tempestivamente e
sussista pericolo che, prima di tale intervento, siano soggetti a modificazione lo stato delle persone,
dei luoghi, delle cose pertinenti al reato oltre che le tracce dello stesso. Gli accertamenti urgenti
presuppongono il compimento di una attività generica di conservazione che la polizia giudiziaria
svolge, non appena acquisita la notizia di reato, e perseguono la finalità di ricerca delle cose e delle
tracce pertinenti al reato nonché di conservazione delle stesse e dello stato dei luoghi.
L’attività generica di conservazione consiste, in particolare, nel curare che le tracce
e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato
prima dell’intervento del pubblico ministero (art. 354 comma 1). Una volta intervenuta sul luogo
del fatto, la polizia giudiziaria deve dare disposizioni per isolarlo ed evitarne anche involontarie
modificazioni provvedendo poi alla osservazione e descrizione dei luoghi. A tal fine deve impedire,
da un lato, che vengano asportate cose (es. l’arma del delitto) o cancellate tracce (es. impronte
digitali dall’arma); dall’altro che cose o tracce vengano aggiunte (es. mozziconi di sigaretta) o che
siano spostate di posizione (es. il bossolo del proiettile mortale).
Rientrano nell’attività conservativa i rilievi ed accertamenti tecnici. I rilievi
consistono in attività di osservazione dello stato dei luoghi, delle cose o delle persone, nonché nella
descrizione delle tracce o degli effetti materiali del fatto-reato. Si distinguono in:
1) descrittivi (di ambiente di cui sono colti con ordine i particolari planimetrici, che danno,
in piano e scala metrica, una visione del luogo del reato);
2) segnaletici (eseguiti per assumere i segni e i caratteri di una persona);
3) fotografici (che forniscono l’immagine fedele e immediata della situazione che interessa).
Rientrano tra i rilievi: il rilievo di impronte; l’estrazione del proiettile dal corpo del ferito;
l’applicazione del guanto di paraffina ovvero procedure analoghe (rilevamenti S.E.M.-E.D.X. con
microscopi elettronici a scansione); il rilevamento della forma, quantità, raggruppamento ed
estensione delle macchia di sangue.
Gli accertamenti tecnici consistono, invece, in atti risolutivi di qualche problema
tecnico-scientifico o contenenti valutazioni di carattere tecnico o scientifico (ad esempio, la
rilevazione dell’impronta è un rilievo ma il giudizio di comparazione tra l’impronta repertata e
quella dell’indagato presuppone un accertamento tecnico; è accertamento tecnico anche quello che
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stabilisce se una certa sostanza è stupefacente o meno). Occorre a tal punto chiarire che i rilievi, le
operazioni tecniche nonché una eventuale serie di atti tipici quali il sequestro o le ispezioni di
luoghi o cose sfociano in accertamenti urgenti allorché si verifichino i seguenti presupposti:
a) esistenza del pericolo (cd. urgenza) che le tracce, i luoghi e le cose si alterino, si
disperdano o comunque si modifichino (è intuitivo che deve trattarsi di alterazione, dispersione o
modificazione che non possa essere evitata mediante l’attività generica di conservazione);
b) impossibilità di intervento tempestivo da parte del pubblico ministero e pericolo che
l’attività, ove differita per attenderne l’intervento, corra un serio rischio di non poter più essere
utilmente compiuta.
Il regime generale dell’ammissibilità dell’accertamento tecnico compiuto dalla
polizia giudiziaria soggiace, tuttavia, ad un limite: quello rappresentato dalla non ripetibilità
dell’accertamento stesso. Né di iniziativa, né su delega, la polizia giudiziaria può compiere
accertamenti urgenti che comportino modifiche dell’elemento di prova, quando l'attività accertativa
non possa più essere ripetuta. In tal caso, l'accertamento è riservato al pubblico ministero, che lo
compirà nelle forme garantite previste dall’art. 360 (accertamento non ripetibile da svolgersi con
preavviso all’indagato e all’offeso). Si tratta di accertamenti determinanti una irreparabile
trasformazione di un oggetto che in sé non sarebbe soggetto a modificazione.
In definitiva, l’accertamento tecnico urgente è effettuabile ad opera della polizia
giudiziaria (quando non sia il titolare delle indagini a provvedere personalmente), allorchè l’indugio
provocherebbe non la sola modifica, ma addirittura la dispersione della fonte di prova. Non può,
dunque, essere eseguito l’accertamento tecnico urgente, pur ricorrendone i presupposti d’urgenza,
allorchè la fonte di prova subirebbe una irreparabile distruzione: si consideri il caso
dell’accertamento volto a far risaltare il numero di matricola dell’arma che di regola, a causa
dell’impiego di reagenti chimici, può essere compiuto una volta sola; oppure l’ipotesi in cui
l’accertamento sulla sostanza stupefacente, di quantità troppo modesta per poter essere campionata,
comporti automaticamente la distruzione del reperto.
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15 La perquisizione d’iniziativa
Consiste nella ricerca sul corpo di una persona o sugli oggetti che essa indossa o porta con
sé, del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato ( 24 ). La perquisizione personale è eseguibile
sia sul corpo (ad esempio, ciò che può essere occultato nella bocca o nelle parti intime; potrà
procedersi persino ad ispezioni radioscopiche quando, ad esempio, siano stati ingoiati degli oggetti
preziosi, sostanza stupefacente confezionata et similia), sia su cose fisicamente distinte dal corpo
umano, quali valigie, borse indumenti e anche automobile. Si differenzia dalla ispezione personale
perché, mentre questa si limita a “documentare” l’oggetto della percezione (consiste cioè nella
osservazione delle persone), la perquisizione mira al reperimento di cose da acquisire al
procedimento penale (la perquisizione, infatti, sfocia normalmente in sequestro o ispezione).
Costituiscono presupposti dell’attività di perquisizione:
a) il fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti
al reato che possano essere cancellate o disperse ( 25 );
b) deve trattarsi di reato flagrante;
c) deve trattarsi della ricerca di un evaso;
d) deve procedersi al fermo di una persona indiziata di delitto ovvero alla esecuzione di
un’ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione. In tali
casi può procedersi a perquisizione solo se l’ordinanza o l’ordine riguardano uno dei delitti per i
(24) L’art. 253 definisce corpo del reato : a) le cose sulle quali o mediante le quali il reato sia stato commesso (ad
esempio, e rispettivamente, gli atti falsificati e gli oggetti danneggiati, l’arma omicida e l’automobile investitrice); b) le
cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo (ad esempio, e rispettivamente, monete falsificate e brevetti
contraffatti, refurtiva e somma percepita per commettere il delitto). Il codice non definisce invece le cose pertinenti al
reato, sebbene l’interpretazione giurisprudenziale vi faccia rientrare i mezzi che servirono per preparare il reato (le
impronte delle chiavi per commettere il furto) le tracce lasciate dal reato (segni di scasso), ogni altra cosa che abbia
subito le conseguenze immediate del reato (mobili, mezzi, immobili con segni di sparo, urto, incendio, etc.
(25) Atteso che le perquisizioni possono comportare, avendo ad oggetto tanto la persona quanto il domicilio, la lesione
dei correlativi interessi fondamentali, il codice ha ristretto l’ambito di operatività delle perquisizioni eseguibili di
iniziativa dalla polizia giudiziaria, esigendo che ad esse possa procedersi solo in casi predeterminati di necessità ed
urgenza. Deve perciò ricorrere un pericolo nel ritardo che è naturalmente presunto nel caso di flagranza o di evasione e
che, invece, va adeguatamente motivato nelle altre ipotesi: ad es. possibilità di fuga del ricercato, probabilità che il
corpo del reato venga rimosso, probabilità di inquinamento delle prove, conoscenza della pericolosità dell’evaso. In
siffatte ipotesi, dunque, la polizia giudiziaria perquisisce motu proprio, salvo successiva convalida. Si ribadisce tuttavia,
che tale potere di perquisizione può essere esercitato solo quando vi sia fondata congettura che su una determinata
persona esistano tracce o cose dileguabili, oppure che tracce del reato o cose ad esso pertinenti, suscettibili di
dispersione o cancellazione, si nascondano in un dato luogo.
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quali l’arresto in flagranza sia obbligatorio (art. 380) ovvero, nella ipotesi di fermo, i delitti indicati
nell’art. 384; sussistono particolari motivi di urgenza che non consentano la emissione di un
tempestivo decreto di perquisizione e sia incauto frapporre indugi, in attesa di ottenere il decreto di
perquisizione dall’autorità giudiziaria.
Quanto alle modalità esecutive:
a) se si ricerca una cosa determinata, l’ufficiale di polizia giudiziaria, prima di procedere alla
perquisizione, può invitare a consegnarla. Se la cosa viene esibita non si procede alla perquisizione,
salvo che si ritenga utile farlo ai fini della completezza delle indagini;
b) le operazioni di perquisizione non possono iniziare prima delle ore sette e dopo le ore
venti. La regola è derogabile in caso d'urgenza, per atto motivato dell'autorità giudiziaria o per
determinazione della stessa polizia giudiziaria, quando il ritardo potrebbe pregiudicare l'esito
dell’accertamento;
c) l’interessato è avvisato della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purchè questa
sia prontamente reperibile;
d) il difensore ha facoltà di assistere senza diritto di essere preventivamente avvisato e a
condizione che risulti prontamente reperibile, non potendo tale facoltà della parte costituire serio
intralcio al necessario rapido espletamento della perquisizione;
e) l’atto di perquisizione è documentato mediante verbale integrale;
f) il verbale delle operazioni compiute è trasmesso senza ritardo, e comunque non oltre le 48
ore dal loro compimento, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita;
g) il pubblico ministero convalida la perquisizione nelle 48 ore successive, quando accerti
che ne ricorrevano i presupposti (art. 352) ( 26 ).
(26) La convalida non è decisione a contenuto giurisdizionale: il magistrato constata soltanto che l’operazione risulti o
no eseguita bene, cioè che il perquirente abbia adempiuto le prescrizioni sul modus operandi (ad esempio,
l’avvertimento al perquisito sulla “facoltà di farsi assistere”, rispetto della dignità e pudore, limiti orari). La circostanza
che la perquisizione vada ad incidere sui diritti fondamentali della persona ha imposto di sottoporre a controllo la
legittimità ed il merito dell’operato della polizia giudiziaria mediante un giudizio di convalida affidato al pubblico
ministero. Dovendo il titolare delle indagini valutare la sussistenza dei presupposti della perquisizione, la ricorrenza
degli stessi dovrà essere motivata nel verbale di polizia giudiziaria. Naturalmente, la natura di irripetibilità di tale atto
rende concepibile la previsione di responsabilità disciplinari e di responsabilità penali in caso di perquisizioni arbitrarie
o illegittime (violenza privata, art. 610 c.p., violazione di domicilio art. 614 e 615 c.p.). La mancata convalida non
sembra, tuttavia, poter comportare l’inutilizzabilità della prova acquisita mediante perquisizione (si pensi, ad esempio,
alla pistola sequestrata dalla polizia giudiziaria nel corso di una perquisizione domiciliare non urgente). La previsione di
sanzioni disciplinari o penali a carico degli operanti non fa venir meno la utilizzabilità dell’atto. Manca invero una
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Il verbale di perquisizione ha utilizzabilità piena prima del giudizio ed utilizzabilità
originaria piena anche nel giudizio.
La perquisizione locale si sostanzia nella ricerca del corpo del reato o di cose
pertinenti al reato ovvero di un evaso o di un soggetto condannato o da arrestare o fermare per
reati di particolare gravità: cose o soggetti che si ha fondato motivo di ritenere che si trovino
occultati nel luogo determinato da perquisire. Essa rappresenta il genus rispetto alla species
perquisizione domiciliare, la quale riguarda invece le perquisizioni locali compiute in una
abitazione o nei luoghi chiusi ad essa adiacenti. La perquisizione domiciliare concerne, pertanto, i
luoghi destinati ad uso domestico e quelli destinati al suo servizio o completamento (fra i luoghi
destinati ad uso domestico rientrano altresì le roulottes abitate dai nomadi). La distinzione rileva
soprattutto in ragione della circostanza che le perquisizioni domiciliari non possono essere iniziate
prima delle ore 7 e dopo le ore 20, salvo i casi in cui il ritardo potrebbe pregiudicarne l’esito. La
perquisizione negli uffici, officine, studi medici, scuole, caserme rientra, invece, genericamente fra
le perquisizioni locali. Superfluo ribadire che può parlarsi di perquisizione locale solo quando il
“locale” si trovi nella disponibilità assoluta o relativa di taluno. Si è fuori dall’ambito delle
perquisizioni per i luoghi aperti (campi o strade) o abbandonati.
La perquisizione si differenzia dalla ispezione dei luoghi perché, mentre questa ha
per scopo di rilevare e descrivere una situazione esistente dopo la commissione di un reato in un
determinato luogo, la perquisizione, invece, persegue il preciso scopo di ricercare qualcosa o
qualcuno (cose da sequestrare, evaso etc). Inoltre non è consentita negli uffici dei difensori, poiché
in siffatta ipotesi dovrà procedere personalmente il pubblico ministero, appositamente autorizzato
dal giudice per le indagini preliminari.
Costituiscono presupposti della perquisizione locale:
a) il fondato motivo per ritenere che in un determinato luogo si trovi la persona sottoposta
alle indagini o l’evaso ovvero si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato e suscettibili
altresì di cancellazione o dispersione;
b) deve trattarsi di reato flagrante;
espressa sanzione in tal senso, prevista invece per altri mezzi di ricerca della prova (intercettazioni) e per taluni tipi di
perquisizione (perquisizione negli uffici dei difensori). Oltretutto, nel caso di perquisizione fruttuosa, si priverebbe di
effetti anche l’eventuale sequestro conseguente alla arbitraria o illegittima perquisizione.
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c) deve trattarsi della ricerca di un evaso;
d) deve procedersi al fermo di una persona indiziata di delitto ovvero alla esecuzione di
un’ordinanza dispositiva di custodia cautelare o di un ordine di carcerazione. In tali casi può
procedersi a perquisizione solo se 1) l’ordinanza o l’ordine riguardino uno dei delitti per i quali
l’arresto in flagranza sia obbligatorio (art. 380) ovvero, nella ipotesi di fermo, i delitti indicati
nell’art. 384; 2) sussistano particolari motivi d’urgenza che non consentano l’emissione di un
tempestivo decreto di perquisizione.
Quanto alle modalità esecutive:
a) se si ricerca una cosa determinata, l’ufficiale di p.g., prima di procedere alla
perquisizione, può invitare a consegnarla. Se la cosa è presentata, non si procede alla perquisizione,
salvo che si ritenga utile farlo per la completezza delle indagini;
b) può essere compiuta anche in tempo di notte, salvo che non si tratti di perquisizione
domiciliare, la quale, come dianzi specificato, non può essere iniziata prima delle ore 7 e dopo e ore
20;
c) l’interessato (che può essere l’indagato o chi abbia l’attuale disponibilità del luogo) viene
avvisato della facoltà di farsi rappresentare o assistere da persona di fiducia, purchè questa sia
prontamente reperibile ed idonea.
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16 Il sequestro d’urgenza
Quando scopra quel che cercava, o qualsivoglia cosa pertinente al reato (o meglio, a un
reato: può darsi che indagando su x, n metta le mani su prove relative a y), il perquirente le
sequestra. Perquisizione e sequestro compongono una sequela causale ma il secondo non dipende
dalla prima, nel senso in cui tale relazione è postulata dall’art. 185 comma 1: comunque rinvenute,
cose simili sono sequestrabili (supponendole non protette da immunità quale, ad esempio, quella
garantita a carte o documenti relativi alla difesa, se non costituiscono corpo del reato); il
reperimento da ricerca coattiva è uno dei possibili casi; l’esito sarebbe lo stesso se l’indagante le
avesse raccolte sulla pubblica via o fossero saltate fuori da un pacco recapitatogli per posta. Dove x
sia oggettivamente sequestrabile, diviene oggetto di sequestro a prescindere da come sia stato
reperito (F. Cordero).
Trattasi di atto tipico di assicurazione mediante cui la polizia giudiziaria, ricorrendo
situazioni di necessità ed urgenza, sottrae alla disponibilità dell’avente diritto e assoggetta a
custodia una cosa mobile o immobile costituente corpo del reato o cosa pertinente al reato
necessaria per l’accertamento dei fatti. Le cose dianzi indicate possono essere: cose mobili, cose
immobili per natura (edifici, terreni, alberi etc.) e cose reputate immobili dalla legge (mulini, bagni,
edifici galleggianti).
Il sequestro è eseguito in qualsiasi luogo e può avvenire anche nel corso di
esecuzione di un altro atto di polizia giudiziaria (ad es. perquisizione personale o domiciliare) oltre
che su esibizione dell’interessato. Quando non sia eseguito con le modalità indicate innanzi, la
polizia giudiziaria procede al sequestro allorché vi sia pericolo che le cose, le tracce o i luoghi del
reato si alterino, si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può
intervenire tempestivamente. Tali situazioni di necessità e urgenza non riguardano, naturalmente, le
ipotesi di sequestro delegato alla polizia giudiziaria dal magistrato inquirente.
In relazione alle modalità esecutive ed alle forme di documentazione va rilevato che:
a) trattandosi di cosa materiale mobile o suscettiva di diventare mobile, la polizia giudiziaria
esegue il sequestro per mezzo di una apprensione manuale della cosa (impossessamento);
b) trattandosi di cose immobili o di cose difficilmente trasportabili oppure di cose mobili
non custodibili in ufficio giudiziario (automobili, animali, etc.), il sequestro si esegue in maniera
simbolica, mediante assicurazione locale, con la nomina di un custode e con la apposizione, quando
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sia necessario e possibile, dei sigilli ovvero, in relazione alla natura delle cose, di altro mezzo
idoneo ad indicare il vincolo imposto ai fini di giustizia (si pensi ai casi di impianti, terreni
abusivamente lottizzati etc.);
c) quando si tratti di cosa materiale mobile o suscettibile di diventare mobile, viene
effettuato l’impossessamento e dello stesso viene compilato verbale;
d) l’atto di sequestro viene documentato mediante verbale integrale, sottoscritto da chi lo ha
eseguito e da chi era presente; il verbale contiene altresì l’elenco delle cose sequestrate e la
descrizione delle cautele adottate per assicurarle;
e) il verbale viene inoltrato senza ritardo e comunque non oltre le 48 ore al pubblico
ministero del luogo dove il sequestro sia stato eseguito.
Il verbale di sequestro gode di piena utilizzabilità prima del giudizio ed utilizzabilità
originaria piena anche nel giudizio.
Delle operazione compiute è redatto verbale ( 27 ), recante l’indicazione dei motivi,
che va inoltrato, senza indugio, al più tardi nelle quarantotto ore, al magistrato del pubblico
ministero del luogo in cui il sequestro è stato operato; il quale, nelle 48 ore seguenti, convalida con
decreto motivato l’atto, se ne ricorrono i requisiti (cioè quando abbia colpito cose pertinenti al reato,
soggette ad apprensione coattiva), altrimenti dispone che l’oggetto del provvedimento coercitorio
sia restituito (artt. 352, 354 e 355).
Il verbale di sequestro gode di piena utilizzabilità prima del giudizio ed utilizzabilità
originaria piena anche nel giudizio.
Sono sottratti al sequestro di polizia giudiziaria plichi sigillati o altrimenti chiusi, che
l'ufficiale di polizia giudiziaria deve unicamente acquisire, per trasmetterli, intatti, al magistrato del
pubblico ministero, per l'eventuale sequestro. L'ufficiale di polizia giudiziaria, che abbia fondato
motivo di ritenere che i plichi - nei quali possono essere inclusi, ovviamente, oltre che documenti,
anche nastri magnetici, pellicole cinematografiche ed altro - contengano notizie utili alla ricerca e
alla assicurazione delle fonti di prova, suscettibili di andare disperse a causa del ritardo, ne informa,
con il mezzo più rapido, il magistrato del pubblico ministero, che può autorizzarne l'apertura
immediata. Analoga è la disciplina per gli oggetti di corrispondenza: lettere, pieghi, pacchi, valori,
telegrammi o altro, individuati, dalla polizia giudiziaria, presso gli uffici postali: possono essere,
solo, sospesi nell'inoltro, con ordine impartito al preposto al servizio per il tempo massimo di
(27) Il verbale deve enunciare le ragioni del provvedimento ablativo e va consegnato in copia alla persona alla quale le
cose vengono sequestrate.
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quarantotto ore, entro cui il magistrato del pubblico ministero, se ritiene, può disporne il sequestro
(art. 353).
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17 Le attività sotto copertura
Infine particolare rilievo (in special modo per la loro attualità) assumono le attività «sotto
copertura» per il contrasto al terrorismo anche internazionale svolte da ufficiali di polizia
giudiziaria appartenenti agli organismi investigativi della polizia di Stato, dell'arma dei carabinieri e
della guardia di finanza, che, nel corso di specifiche operazioni di polizia, anche per interposta
persona, possono acquistare, ricevere, sostituire od occultare denaro, armi, documenti, stupefacenti,
beni o cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato, così come possono
ostacolare l'individuazione della provenienza di tali cose o consentirne l'impiego, al solo fine di
acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo ( 28 ). Per tali
attività è prevista - in favore degli ufficiali di polizia giudiziaria e degli ausiliari di cui
eventualmente si avvalgano - un'espressa causa di non punibilità.
Inoltre, quando le indagini abbiano ad oggetto delitti commessi per finalità di
terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale - per i quali la legge stabilisca la pena
delle reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci - o i delitti di
partecipazione ad associazione sovversiva (art. 270, comma 3, c.p.) o a banda armata (art. 306,
comma 2, c.p.), gli ufficiali di polizia giudiziaria possono omettere o ritardare gli atti di propria
competenza, purché l'omissione o il ritardo siano funzionale all'acquisizione di rilevanti elementi
probatori o all'individuazione ed alla cattura dei presunti responsabili dei delitti ( 29 ).
La causa di non punibilità si estende anche agli ufficiali di polizia giudiziaria - ed
agli ausiliari eventualmente utilizzati - addetti alle unità specializzate antidroga, i quali, al solo fine
di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dal testo unico delle leggi sugli
stupefacenti, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano, anche per interposta persona,
sostanze stupefacenti o psicotrope o compiono attività prodromiche e strumentali ( 30 ).
(28) L'esecuzione delle operazioni è disposta, a secondo dei casi, dal capo della polizia di Stato, dal comandante generale
dell'arma dei carabinieri o della guardia di finanza, o, per loro delega, rispettivamente, dal questore o dal responsabile di
livello provinciale dell'organismo di appartenenza, ai quali deve essere data immediata comunicazione dell'esito
dell'operazione. Il procuratore della Repubblica competente per le indagini deve essere preventivamente informato e
deve sapere chi è l'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione e chi sono gli eventuali ausiliari
impiegati.
(29) La polizia giudiziaria deve immediatamente avvisare il procuratore della Repubblica competente per le indagini, al
quale, entro le successive quarantotto ore, va altresì trasmesso rapporto motivato (art. 4 d.l. 18 ottobre 2001, n. 374,
conv. in 1. 15 dicembre 2001, n. 438).
30
( ) In tal caso le operazioni anticrimine possono essere disposte dalla direzione centrale per i servizi antidroga o,
sempre d'intesa con questa, dal questore, dal comandante provinciale dei carabinieri o della guardia di finanza, dal
comandante del nucleo di polizia tributaria e dal direttore della direzione investigativa antimafia. Delle operazioni è
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Procedura Penale II
Lezione I
L'indebita rivelazione o divulgazione dei nomi degli ufficiali o agenti di polizia
giudiziaria che effettuano le operazioni costituisce reato punito con la reclusione da due a sei anni.
data immediata e dettagliata comunicazione, oltre che all'autorità giudiziaria, alla direzione centrale per i servizi
antidroga, indicando l'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile e le eventuali interposte persone impiegate.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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INSEGNAMENTO DI PROCEDURA PENALE