IL PROBLEMA DELL’AREA Nella matematica greca calcolare l’area di una figura significa costruire con riga e compasso un quadrato equivalente alla figura. A questo punto il valore numerico dell’area, ammesso che interessi, non è altro che l’area del quadrato IL PROBLEMA DELL’AREA Nel caso del rettangolo, per esempio, basta costruire il triangolo rettangolo che ha come ipotenusa la somma dei due lati del triangolo. Per il secondo teorema di Euclide il quadrato dell’altezza relativa all’ipotenusa è equivalente al rettangolo dato EQUISCOMPONIBILITA’ In molti casi semplici l’equivalenza è risolta con l’equiscomponibilità: ovvero una figura viene trasformata in un’altra di cui si sa già l’area scomponendola in più parti e ricomponendo le parti in modo da formare l’altra figura. E’ il caso per esempio del parallelogramma e del triangolo EQUISCOMPONIBILITA’ Questi metodi però si rivelarono complicati o del tutto inefficaci se applicati a figure curvilinee, e in particolare al cerchio. La quadratura (ovvero la riduzione a un quadrato equivalente) del cerchio non diede risultati finché non fu dimostrata la sua impossibilità, almeno con riga e compasso QUADRATURA DEL CERCHIO I greci, e in particolare Archimede, elaborarono ingegnosi metodi per aggirare il problema. Nel ‘600 molti matematici cercarono di ricostruire questi metodi perduti, mentre altri ne cercarono di completamente nuovi QUADRATURA DEL CERCHIO Keplero, ad esempio, dimostrò che il cerchio è equivalente a un triangolo avente per base il perimetro C del cerchio e altezza il raggio, r, immaginando il cerchio diviso in tanti piccoli spicchi quasi triangolari QUADRATURA DEL CERCHIO Ogni triangolo ha come altezza r e come base una porzione ΔC di circonferenza, e l’area del cerchio è la somma delle aree del singolo triangolo. r ΔC 1 S r C 2 Ma 1/2r è una costante e può essere messa in evidenza, e la somma di tutti gli elementi di circonferenza è pari alla lunghezza della circonferenza C 1 1 S r C r C 2 2 Che è appunto l’area del triangolo che ha come base C e altezza r, il che si voleva dimostrare QUADRATURA DEL CERCHIO Bisogna notare che il calcolo di Keplero è corretto solo se si trascura la piccola differenza esistente tra un settore circolare e un triangolo: questo è possibile solo se si divide il cerchio in infiniti settori infinitamente piccoli, nozione che potrà essere resa rigorosa solo due secoli dopo con la teoria dei limiti INDIVISIBILI Cavalieri affrontò il problema dell’equivalenza elaborando la teoria degli indivisibili. Secondo Cavalieri le figure sono formate da elementi indivisibili (segmenti per le figure piane, figure piane per i solidi) e l’equivalenza di due figure è ridotta a quella dei loro indivisibili INDIVISIBILI POSTULATO DI CAVALIERI (qui nel caso di figure piane, per i solidi bisogna sostituire “rette” con “piani”): Se due figure piane possono essere collocate rispetto a una retta in modo che: • tutte le rette parallele a essa che intersecano una figura intersecano anche l’altra • ogni retta determina sulle due figure sezioni (ovvero indivisibili) a due a due equivalenti allora le due figure sono equivalenti INDIVISIBILI Con questo postulato è facile dimostrare l’equivalenza di un rettangolo e di un parallelogramma aventi la stessa base e la stessa altezza. Infatti, collocate le due figure sulla retta r, tutte le rette parallele a r tagliano entrambe le figure secondo segmenti tutti uguali alla base TORRICELLI Torricelli estese il metodo degli indivisibili considerando anche sezione curvilinee delle figure e non solo rettilinee QUADRATURA DEL CERCHIO Torricelli ottenne lo stesso risultato di Keplero considerando il triangolo formato da linee parallele alla base C e i cerchio formato da circonferenze concentriche C C’ r’ r B’ C QUADRATURA DEL CERCHIO Infatti sia la circonferenza C’ sia il segmento sono proporzionali alla distanza dal punto O, centro della circonferenza, ovvero sono proporzionali tra di loro. Quindi: C ' B' C C C Ovvero, gli indivisibili del cerchio (come C’) sono equivalenti a due a due agli indivisibili del triangolo (come B’), quindi le due figure sono equivalenti C’ r’ r C' B' O B’ C TORRICELLI La dimostrazione di Torricelli sembra molto più convincente di quella di Keplero perché non richiede approssimazioni, ma nasconde un’insidia. A B Consideriamo due rettangoli A e B con base uguale e altezza una doppia dell’altra, posti come in figura TORRICELLI h h/2 All’indivisibile L di A facciamo corrispondere l’indivisibile K di B che si trova ad un’altezza pari alla metà di quella di L: è chiaro che questa è una corrispondenza biunivoca, perché ad ogni numero corrisponde il suo doppio e viceversa, quindi le due figure hanno gli stessi indivisibili e sono pertanto…equivalenti! Ma ciò è palesemente assurdo TORRICELLI Secondo Torricelli questa dimostrazione è fallace perché gli indivisibili sono dotati di spessore, se pur infinitesimo, e quindi non possono essere “compressi”. Se però un elemento ha spessore, a rigore, non è indivisibile… h h/2 Il metodo di Torricelli, pur corretto, ha gli stessi problemi di quello di Keplero ISAAC BARROW Torricelli e Barrow dimostrarono un teorema che costituisce ancor oggi una delle basi del calcolo differenziale. La loro dimostrazione è esatta e non si basa su quantità infinitesime, anche se è solo un caso particolare di quello che oggi chiamiamo teorema di Torricelli-Barrow ISAAC BARROW Q Y=f(X) S(x) A XP XQ XH X P Y=S(X) Se S(X) è l’area compresa tra la curva di equazione y=f(X) e l’asse X, tra il punto A e il punto X, allora il coefficiente angolare della tangente alla curva S(X) nel punto X è uguale a f(X) (ovvero, in termini moderni, la derivata di S(X) è F(X) H A X Il problema dell’area Y=f(x) a b Modernamente il problema può essere definito in questo modo: trovare l’area racchiusa tra la curva di equazione y=f(x) (che per ora supporremo continua e positiva) e l’asse x tra le retta x=a e x=b Il problema dell’area Y=f(x) a Δxi b Possiamo approssimare l’area dividendo l’intervallo [a,b] in n intervalli di ampiezza Δxi e costruendo su ciascuno di essi il rettangolo inscritto nella curva, come in figura. Perché il rettangolo sia inscritto si prende come sua altezza il minimo della funzione nell’intervallino Il problema dell’area Y=f(x) La figura così costruita si chiama scaloide inscritto Indicato con mi il minimo della funzione nell’intervallo l’area di ciascun rettangolo è: s m x i i i E l’area s(n) totale: a Δxi b n s (n) mi xi i 1 s(n) prende il nome di somma inferiore Il problema dell’area Y=f(x) Ovviamente le somme inferiori sono sempre minori o uguali dell’area vera, S, per ogni valore di n s ( n) S a Δxi b Il problema dell’area Y=f(x) a Δxi b Adesso costruiamo una figura analoga ma circoscritta alla curva, detta scaloide circoscritto, prendendo come altezza dei rettangoli il massimo della funzione su ciascun intervallo, Mi Il problema dell’area Y=f(x) l’area di ciascun rettangolo è: Si M i xi E l’area S(n) totale: n S (n) M i xi i 1 a Δxi b S(n) prende il nome di somma superiore Il problema dell’area Y=f(x) Ovviamente le somme superiori sono sempre maggiori o uguali dell’area vera, S, per ogni valore di n S ( n) S a Δxi b Il problema dell’area Y=f(x) Quindi tra somme superiori, inferiori e area esiste la seguente relazione: s ( n) S S ( n) a Δxi b Il problema dell’area Y=f(x) Δxi a b Lim S (n) Lim s (n) n n Intuitivamente, all’aumentare di n la differenza tra i due scaloidi diventa sempre più piccola e al limite si annulla, in modo da ottenere l’area della figura. In effetti, è possibile dimostrare rigorosamente che, sotto l’ipotesi che f sia continua, i due limiti sono di fatto uguali Il problema dell’area Y=f(x) Poiché l’area S è sempre compresa tra le due somme allora, per il teorema del confronto, il valore comune dei due limiti deve essere proprio S, e il problema dell’area è risolto s ( n) S S ( n) a Δxi b Lim S (n) Lim s (n) S n n L’integrale definito A questo punto è possibile svincolare l’operazione vista dal concetto di area. Sia f:[a,b] a valori in R, f limitata su [a,b], e siano s(n) e S(n) le somme inferiore e superiore rispettivamente. Se risulta: Lim S (n) Lim s (n) n n Allora la funzione f si dice integrabile su [a,b] e il valore comune dei due limiti si dice integrale definito della funzione f sull’intervallo [a,b], e si indica col simbolo: b f ( x)dx a Integrabilità E’ possibile dimostrare questa condizione sufficiente di integrabilità: Se f è limitata su [a,b] e ammette in tale intervallo al più un numero finito di punti di discontinuità allora è integrabile su [a,b] Integrale e area Y=f(x) Se la funzione f è positiva su [a,b] allora l’integrale definito rappresenta l’area compresa tra la curva e l’asse x tra le rette x=a e x=b a b b S f ( x)dx a Integrale e area b a Se la funzione f è negativa su [a,b] allora l’integrale definito cambiato di segno rappresenta l’area compresa tra la curva e l’asse x tra le rette x=a e x=b b Y=f(x) S f ( x)dx a Integrale e area Y=f(x) b a c Se la funzione cambia segno si divide l’intervallo in più parti in cui la curva ha segno definito e si calcola l’area su ciascuna parte b c b a a c f ( x)dx f ( x)dx f ( x)dx Proprietà dell’integrale se f e g sono integrabili su [a,b] e c è compreso tra a e b: b a a a b a f ( x)dx f ( x)dx f ( x)dx 0 b c b a a c f ( x)dx f ( x)dx f ( x)dx b b b a a a f ( x) g ( x)dx f ( x)dx g ( x)dx Funzione integrale Sia f:[a,b] a valori in R, integrabile sull’intervallo [a,b]: allora la funzione Φ così definita: x ( x) f (t )dt a Si dice funzione integrale Funzione integrale Teorema (di Torricelli-Barrow): se f(x) è continua su [a,b] allora la funzione integrale Φ(x) è derivabile su [a,b] e la sua derivata è uguale a f(x) d ( x ) f ( x) dx Altrimenti detto la funzione integrale è una primitiva della funzione integranda Teorema fondamentale corollario: sia f continua su [a,b] e sia F una sua primitiva. Allora: x f (t )dt F ( x) F (a) a Teorema fondamentale Dimostrazione: Abbiamo già dimostrato che la funzione integrale è una primitiva di f, e siccome due primitive della stessa funzione differiscono per una costante: x f (t )dt F ( x) c a Ponendo x=a e ricordando le proprietà dell’integrale: a f (t )dt F (a) c 0 c F (a) a E sostituendo si ha la tesi CVD Teorema fondamentale Teorema fondamentale del calcolo integrale: sia f continua su [a,b] e sia F una sua primitiva. Allora: b f (t )dt F (b) F (a) a E’ una conseguenza immediata del corollario ponendo x=b