This paper might be a pre-copy-editing or a post-print author-produced .pdf of an article accepted for publication. For the definitive publisher-authenticated version, please refer directly to publishing house’s archive system. B E LV I V E R E l’ a rc h i t e t t o v o l a n t e di Carlo Ratti Catapulta per le idee Design di Lavinia Capritti Wanders e il giardino del cielo «Se non lo racconti a nessuno, posso condividere questo segreto con te», sembra sussurrare Marcel Wanders, quando parla del suo lampadario Skygarden per Flos. Se un segreto c’è, deve essere eccentrico. Wanders, olandese, 45 anni, si diverte un mondo a creare oggetti dallo stile innovativo, e a prendere in giro i giornalisti. Una prova? Il suo sito web si apre con una sua immagine. È fotografato con occhio azzurro innocente, capelli impomatati, un’impeccabile scriminatura a sinistra. Un uomo perbene? Sia mai: sfoggia un naso da clown. Color oro. Signor Wanders, il suo lampadario, dalla cupola minimal e l’interno barocco, appare un filo originale. L’ispirazione? «Nella mia vecchia abitazione - dice - avevo uno spendido controsoffitto con decori e intarsi. Lo chiamavo il mio giardino del cielo, Skygarden appunto, ed era sempre bello, nonostante non avessi il pollice verde (Marcel Wanders, la prego, sia serio...)». Continua lui: «Non aveva bisogno di acqua o sole, ma il giardino viveva dei raggi di una lampadina. Quando ho cambiato casa, non potevo lasciarlo lì. Così presi i miei attrezzi e lo staccai dal soffitto. Ora questo favoloso pezzo di storia ha un suo posticino segreto, in una sfera di architettura minimalista, al centro della mia nuova casa. Dove posso goderlo con gli amici». Poi dice: «Però, se non lo racconti a nessuno, posso condividere questo segreto con te...». Caro Marcel Wanders, non ci conti. Il suo lampadario è così unico che verremo tutti ad ammirarlo a casa sua. www.flos.com I n g a lleri a di Francesca Zanoni Kabakov in quattro mosse A Mosca sarà un momento importante per l’arte contemporanea. A settembre apre in quattro luoghi diversi una retrospettiva dedicata a Ilya (1933) ed Emilia (1945) Kabakov, la coppia di artisti russi residenti da anni negli Stati Uniti, che per la prima volta espongono nella loro città. Tra le sedi, la nuova galleria The Garage sarà inaugurata proprio da due loro istallazioni (Red wagon, 1991, e The alternative history of art, 2005). The Garage è un nuovissimo spazio ricavato in un ex deposito di autobus disegnato nel 1927 dal costruttivista Melnikov. Le altre sedi della rassegna sono: Winzavod, Marat and Julia Guelman Gallery e il Museo Pushkin. the garage gallery novosushchevskiy, angolo ulirtsa obrazikova mosca Ormai a Londra è un rito. Ogni anno, con i primi caldi, viene svelato al pubblico il Serpentine Pavilion, padiglione temporaneo costruito a Hyde Park e affidato ogni volta a un progettista diverso. Quest’anno è toccato a Frank Gehry, il celebre architetto del museo Guggenheim di Bilbao, che si è cimentato con una grande struttura sbilenca in legno e vetro ispirata a uno schizzo di catapulta di Leonardo. Un progetto interessante per almeno due motivi. Il primo è che la realizzazione ha finalmente messo a tacere quelle maldicenze secondo le quali Frank Gehry sarebbe diventato - come si dice negli Stati Uniti - un one-trick pony (cavallino da circo capace di un’unica esibizione). Qualcuno, cioè, che dopo aver azzeccato il progetto di Bilbao, ormai ripete soltanto se stesso. Capita a molti architetti, e non solo: ricordate la tirata di Stravinsky su Vivaldi che, a suo dire, non avrebbe fatto altro che riscrivere cinquecento volte lo stesso concerto? Ma il secondo motivo è più importante. Il Serpentine Pavilion dimostra come ancora oggi sia possibile, pur con un budget limitato e pochi mesi di tempo a disposizione, stimolare il dibattito architettonico a livello internazionale. Il progetto di Londra pone numerosi interrogativi: sul rapporto tra forma e struttura, sull’uso schietto dei materiali (le grandi travi in legno sono in realtà putrelle d’acciaio rivestite), sul futuro dell’architettura digitale. Insomma, si tratta di un catalizzatore di idee, sulla scia di importanti esempi del passato: dal padiglione progettato da Mies Van der Rohe a Barcellona nel 1929 fino alla celebre nuvola artificiale Blur pensata da Diller & Scofidio per l’esposizione svizzera del 2002. Tutte strutture temporanee che sono durate lo spazio di qualche mese ma che hanno segnato per sempre la storia dell’architettura. Forse un’idea per il sindaco Moratti in vista dell’Expo milanese del 2015? V e n t i q u at t r o 42