CLUB ALPINO ITALIANO Sottosezione “VAL NATISONE” ORTIGARA LA BATTAGLIA DEL GIUGNO 1917 di Mariano Moro La Colonna Mozza eretta nel settembre del 1920 sulla q. 2105 dell’Ortigara. ANTEFATTO Il Monte Ortigara è tristemente conosciuto per la grande e sanguinosa battaglia combattuta dal 10 al 29 giugno 1917 nel tentativo, da parte del Regio Esercito Italiano, di riconquistare il territorio perduto in seguito alla Strafexspedition.1 1 Operazione militare con la quale il Capo di Stato Maggiore dell’Imperial Regio Esercito austro-ungarico, Conrad von Hotzendorf, intendeva punire l’Italia per il suo tradimento nei confronti della Triplice Alleanza. Anche se l’operazione passò alla storia con il nome di Strafexpedition (spedizione punitiva), la sua vera denominazione in codice fu Offensiva di primavera. 1 Il comando austro-ungarico con tale azione, concepita già nel febbraio 1916, si prefiggeva di attaccare l’Italia dal Trentino, invadere la pianura vicentina per prendere alle spalle le armate italiane schierate in Cadore, in Carnia, sul Carso e sull’Isonzo. Se tale manovra fosse stata portata a termine con successo i nostri avversari avrebbero ottenuto la completa disfatta del Regio Esercito. Il 15 maggio 1916, preceduto da un violento e intenso bombardamento d’artiglieria, iniziò l’attacco degli imperiali. Caddero rapidamente in mano nemica gli importanti caposaldi italiani della Zugna, il Col Santo, gran parte del massiccio del Pasubio, il Toraro e l’Altipiano di Tonezza. Il 20 giugno l’avanzata austriaca si estese all’Altipiano dei Sette Comuni mettendo così in crisi l’intero schieramento difensivo italiano. Nel frattempo il generale Cadorna, resosi conto della grave situazione, attingendo uomini da tutti i reparti disponibili sul fronte dell’Isonzo, costituì la 5a Armata e la inviò in soccorso alle truppe già presenti sugli altipiani. Dopo sanguinose e furibonde battaglie, combattute sullo Zovetto, sul Lèmerle, sulle Melette di Gallio e a Foza, i nostri soldati impedirono agli austriaci di dilagare nella pianura vicentina. Quando allo Stato Maggiore austroungarico fu chiaro che la Strafexpedition non avrebbe ormai raggiunto gli obiettivi inizialmente prefissati sospese l’offensiva e ordinò ai propri reparti di ripiegare e di attestarsi sulla linea che dal Passo dall’Agnella, attraverso il M. Ortigara, M. Campigoletti, M. Chiesa, M. Forno, giungeva fino alla Val d’Assa. Questa linea incuneata all’interno del territorio italiano, costituiva per austriaci una sorta di testa di ponte entro la quale poteva ammassare uomini e mezzi per una futura, sempre possibile, ripresa dell’offensiva diretta verso la pianura vicentina. Su questo tratto di fronte gli asburgici predisposero un intricato e formidabile sistema difensivo che, come vedremo in seguito, si rivelerà per i nostri soldati un’ardua impresa superare. Non appena venne sospesa l’offensiva nemica iniziò la nostra controffensiva durante la quale i nostri reparti riconquistarono l’intera dorsale di Cima Caldiera riuscendo così a portarsi difronte alla prima linea difensiva austrica dell’Ortigara. Da quelle posizioni, il 6 luglio 1916, prese il via la prima battaglia dell’Ortigara. Quel giorno due colonne di alpini ne attaccarono la vetta (a destra, verso passo di Val Caldiera, andarono all’assalto i battaglioni Sette Comuni, Cenischia e Monviso, a sinistra, verso il Campigoletti avanzarono invece l’Argentera, il Bassano, il Morbegno e il Saccarello). Nessun risultato fu tuttavia raggiunto. Alle 14,00 del 22 luglio 1916, dopo un’intensa preparazione di artiglieria durata otto ore, le penne nere furono nuovamente lanciate all’assalto dell’Ortigara e del Campigoletti. Dopo due giorni di combattimento tutti i tentativi degli alpini s’infransero contro le posizioni avversarie ancora intatte nonostante il fuoco di preparazione dell’artiglieria. Alle 3,30 del 24 luglio 1916, vista l’impossibilità di scardinare le difese avversarie alle nostre truppe fu ordinato di interrompere definitivamente i combattimenti. Con i combattimenti del 24 luglio terminava la nostra controffensiva. Gli uomini e mezzi che erano stati fatti affluire per contrastare la Strafexspedition furono restituiti al fronte dell’Isonzo dove serviranno per la conquista dell’irredenta città di Gorizia. Gravi furono le perdite italiane: 200 morti,1200 feriti e 47 dispersi del solo VIII gruppo Alpino. GENESI DELL’OFFENSIVA DEL 1917 Come abbiano detto la nostra controffensiva non aveva eliminato la profonda sacca in cui si era incuneato il nemico, ma l’aveva solo in parte ridotta. Pertanto la nostra situazione sull’Altipiano non poteva ritenersi certo soddisfacente. Il generale Cadorna, dopo la conquista di Gorizia, nel luglio 1916, comunicò alla 1a armata il suo intendimento di riprendere le operazioni offensive sul fronte Trentino e invitò il Comando Supremo di studiare un piano per riconquistare, prima dell’inverno, la parte nord dell’Altopiano dei Sette Comuni. 2 Campana dell’Ortigara. Le maggiori difficoltà alla nostra avanzata, secondo il Comando Supremo, sarebbero derivate non tanto dalle forze avversarie, certamente inferiori alle nostre, quanto dalle difese campali, attive e passive, da esse predisposte. Perciò il problema offensivo era basato sulla necessità di aprire nelle difese avversarie una breccia adeguatamente larga da potervi far irrompere le nostre truppe. Per aprire questa breccia fu ritenuta sufficiente l’azione di fuco prodotta dalle bombarde con l’aggiunta di batterie pesanti da 240 che l’armata avrebbe potuto ricevere dal fronte del Pasubio e concentrare sull’Altipiano. Per ragioni di riservatezza si stabilì di dare all’offensiva il nome convenzionale di Azione K. Il Comando della 1a armata, il 22 settembre 1916, così elaborò il piano per la realizzazione dell’operazione: “ Raccogliere truppe, artiglieria e materiali […] in modo da poter fare il massimo sforzo sul tratto da M. Ortigara a non oltre M. Campigoletti; staccare l’avversario dall’orlo settentrionale dell’Altipiano; procedere, mantenendosi sull’alto, verso Cima Portule - Bocchetta di Portule e stabilirvisi. Avvenuto lo sfondamento della linea, marciare sugli obiettivi fissati […] sia […] verso sud, sia verso nord dell’Ortigara in cooperazione ad un’azione delle truppe della Valsugana contro il Civaron…”2. Il Comando truppe Altipiano elaborò nel seguente modo tale concetto d’azione:” a) portare l’attacco principale contro M. Ortigara; occupato detto monte e il retrostante passo di Val Caldiera, proseguire verso sud-ovest, lungo il margine dell’Altopiano, fino ad occupare il costone di Portule; b) agevolare la riuscita dell’attacco principale mediante un attacco contemporaneo e concorrente da M. Forno contro la Forzelletta di Galmarara, per minacciare le linee di comunicazione delle truppe nemiche che occupavano la regione di M. Ortigara - M. Campigoletti 2 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), Volume IV, Le Operazioni del 1917, Tomo 2° , Gli avvenimenti dal Giugno al settembre (Narrazione), Istituto Poligrafico dello Stato, libreria, 1954, Roma, p.58. 3 M. Chiesa, e per impegnare nel contempo le riserve che l’avversario volesse inviare verso nord; c) effettuare, sulla restante fronte dell’Altipiano, azioni dimostrative intese ad impedire al nemico di distrarre forze e specialmente fuoco di artiglieria verso la fronte di attacco”3 . L’azione avrebbe dovuto avere luogo non appena lo schieramento delle truppe e dell’artiglieria fosse stato completato, in una giornata che offrisse buone condizioni atmosferiche e di visibilità affinché il tiro delle artiglierie e delle bombarde fosse efficace per la buona riuscita dell’impresa. L’offensiva già prevista per la metà di ottobre si dovette però differire perché una parte delle artiglierie e delle bombarde ancora impegnata sul Pasubio non poterono affluire sull’Altipiano che ai primi di novembre. L’attacco delle fanterie inizialmente previsto per il 10 novembre, a causa delle copiose nevicate che interruppero quasi tutte le comunicazioni telegrafiche e telefoniche, fu definitivamente rinviato. Il Comando Supremo, sempre convinto sulla necessità di migliorare la nostra situazione sull’Altipiano, chiedeva ai primi di gennaio 1917 a quello della 6a armata4 se ritenesse possibile, per la fine di febbraio, dar corso alla nota operazione offensiva. Il Comando della 6a armata escluse tale possibilità per l’epoca indicata ma, sempreché condizioni atmosferiche lo avessero permesso, l’impresa poteva avere inizio per i primi di aprile. Il Comando Supremo allora ordinava di riprendere la preparazione per l’esecuzione della nuova offensiva che per ragioni di riservatezza e al fine di disorientare l’avversario che ci attendeva al varco, fu assegnato convenzionalmente il nome di difensiva nell’ipotesi uno. Il piano operativo per l’esecuzione della stessa nella sostanza ricalcava quello redatto l’anno precedente. Le cose però non andarono come auspicato, poiché il notevole sforzo logistico messo in atto dai nostri comandi non passò inosservato agli austriaci che vennero dunque a conoscenza delle nostre intenzioni. GLI ORDINI PER L'ATTACCO Il Comando della 6a armata nella zona del M. Ortigara aveva schierato il XX Corpo d’Armata del gen. Montuori il quale per l’attuazione della Difensiva uno aveva disposto: ” a) effettuare l’attacco principale contro M. Ortigara; occupare il detto monte e il retrostante Passo di Val Caldiera, volgere verso sud-ovest lungo il margine settentrionale dell’Altipiano, proseguendo l’attacco fino all’occupazione del costone di Portule; b) agevolare la riuscita dell’attacco principale con un attacco contemporaneo e occupare M. Forno contro la Forzelletta di Galmarara, minacciando le linee di comunicazione delle truppe occupanti la regione M. Ortigara, M. Campigoletti, M. Chiesa, ed impegnando ad un tempo le riserve nemiche”5. L’attacco principale fu affidato alla 52a divisione alpina, forte di n. 22 battaglioni alpini6, che con più colonne, doveva assalire le posizioni nemiche fra passo dell’Agnella e M. Campigoletti e procedere poi, senza interruzione, all’occupazione del terreno sul rovescio delle posizioni stesse. Per svolgere tale incarico il Comandate della 52a divisione (gen. Como Dagna) il 3 giugno ripartiva le forze disponibili in due colonne7 assegnando a ciascuna di esse i seguenti compiti: “ alla Colonna 3 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 59. 4 Il 1° dicembre il Comando Truppe dell’Altipiano, fino allora alle dipendenze dal comando 1a armata, assunse la denominazione di 6a armata. Il gen. Mambretti, già comandante delle Truppe Altipiano, ne assunse il comando. 5 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 79. 6 Val Ellero, Val Arroiscia, Monte Marcantour, Monte Clapier, Verona, Bassano, monte Baldo, Sette Comuni, Tirano, Vestone, Monte Spluga, Monte Stelvio, Valtellina, Ceva, Mondovì, Bicocca, Val Tanaro, Val Stura, Monte Saccarello, Val Dora, Cuneo, Monte Marmolada. STEFANO GAMBAROTTO, ENZO RAFFAELLI, Alpini, le grandi battaglie, Storia delle Penne Nere – Volume tre, Editrice Storica dell’Istituto per la Storia 7 del Risorgimento italiano, 2010, Treviso. p. 17. Colonna di destra formata: 8° gruppo alpini con i battaglioni Val Ellero,Val Arroscia, Monte Mercantour, Monte Clapier e le compagnie mitragliatrici 215a , 662a , 691a ; 9° gruppo alpini con i battaglioni Verona , Bassano, Monte Baldo, Sette Comuni e le compagnie mitragliatici, 202a , 663a , 692a ; batterie da montagna , 45a , 47a, e 48a ; compagnie genio Zappatori , 41a , 194a . La colonna di sinistra formata: 2° gruppo alpini con i battaglioni Mondovì, Ceva, Val Tanato, Val Stura; Vestone del 1° Gruppo Alpini; e le compagnie mitragliatrici 527a , 693a , 694a ; 695a ; 13a batteria someggiata, 44a batteria someggiata e 62a batterie da montagna; 195a compagnie genio Zappatori . MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-1918), op. cit. p. 80e 81. 4 Monumento realizzato sulla quota 2101 dell’Ortigara, in memoria dei reparti Austro-Ungarici impiegati nella battaglia del giugno 1917. di destra […], comandata da gen. Di Giorgio, attacco alle posizioni di M. Ortigara dal Passo dell’Agnella a q. 2015 inclusa; conquistate tali posizioni, occupare, Passo di Val Caldiera e tenerlo, per sbarrare le provenienze dalla Val Sugana […]; spingere intanto la propria destra fino a M. Castelnuovo e possibilmente fino a Cima Undici, ed agire contro il fianco sinistro ed il tergo delle difese di M.Campigoletti in concorso con la colonna di sinistra puntare infine con un forte nucleo sul costone Cima Portule-Bocchetta di Portule, ed assicurarne il possesso; alla colonna di sinistra […] comandata da col. br. Cornaro: attaccare, per il vallone dell’Agnella, le posizioni nemiche di M. Campigoletti, in collegamento, per il versante sud-ovest del costone Pomari, con la colonna di destra, eseguire poi un’ampia conversione a sinistra, e tendere alla Forzelletta di Galmarara, che si doveva raggiungere il più rapidamente possibile; proseguire, poscia su bocchetta di Portule […] proteggere inoltre il proprio fianco sinistro con un distaccamento di due battaglioni che, seguendo la direttrice malga Campigoletti […] doveva minacciare da tergo le difese di M. Chiesa….”8. Le nostre forze però, per giungere a contatto con quelle degli imperiali, dovevano scendere dalle pendici di Cima Caldiera e di Monte Lozze, attraversare la “terra di nessuno” rappresentata dal famigerato Vallone dell’Agnelizza e da Pozza dell’Agnelizza e inerpicarsi fino alle quote 2003 e 2101, cime queste ben difese e controllate dall’avversario. L’ORGANIZZAZIONE DIFENSIVA AUSTRO-UNGARICA La sospensione delle operazioni però aveva favorito gli austro-ungarici i quali ebbero tutto il tempo di cui avevano bisogno per dedicarsi a fortificare magistralmente le proprie linee difensive. 8 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 80-81. 5 In particolare, nel tratto fra Monte Ortigara e Monte Colombara i nostri avversari avevano scavato trincee in roccia, profonde circa m. 1,50, munite di parapetti alti mezzo metro, realizzati con muri a secco e con sacchetti di terra. Le difese delle posizioni strategiche dell’Ortigara, del M. Campigoletti, del M. Chiesa, del M. Forno, del M. Cucco di Pozze, del M. Corno di Campobianco, e del M. Colombara, furono organizzate a capisaldi tra loro collegati da trincee e scaglionati in profondità, in modo da assicurarsi successive resistenze. Sul M. Ortigara, la difesa era costituita da tre distinti elementi fra loro strettamente legati: “quello di q. 2101, che partiva dalla linea di cresta e scendeva a sud sino a mezza costa sul valloncello di Buso; quello di quota 2105, che coronava la quota stessa nella parte nord occidentale e meridionale; quello dietro q. 2105, ove, per la lunghezza di una trentina di metri, il nemico aveva praticato uno sbancamento di roccia profondo circa 4 metri, creando un riparo eccellente e pressoché invulnerabile”9. Tutto il sistema campale era difeso da più ordini di robusti reticolati e da numerosissimi appostamenti per mitragliatrici, molti dei quali in caverna, efficientemente orientati per consentire tra loro il reciproco appoggio. In molti punti il terreno era stato anche minato. A tergo di questo profondo sistema difensivo furono costruiti ricoveri, caverne e teleferiche necessarie per assicurare le comunicazioni e i rifornimenti dalle immediate retrovie. Le numerose batterie d’artiglieria furono disposte ad arco, in modo tale da poter colpire agevolmente tutto il campo di battaglia e quindi anche l’intero percorso che i nostri soldati avrebbero dovuto affrontare. Fronteggiava la nostra 6a armata, dal M. Ortigara al M. Colomabra, il solo III Corpo d’Armata austro-ungarico agli ordini del gen. Krautwald. Queste truppe però erano agguerrite e possedevano un’ottima conoscenza del terreno. LA BATTAGLIA Giorno 10 giugno 1917. La preparazione dell’artiglieria ebbe inizio alle ore 5,15, ma fin dalle prime ore del mattino il tempo divenne piovigginoso e si alzò una fitta nebbia che rimase per tutto il resto della giornata. La densa foschia che aveva avvolto il terreno non consentì alle batterie di colpire con precisione le postazioni ed i reticolati nemici i quali, in alcuni punti, rimasero intatti. Nella zona del M. Ortigara, alle ore 12,30, le notizie in merito all’efficacia del fuoco di preparazione pervenute al comando della 52a divisione davano:“…insufficienti i risultati fino allora conseguiti dall’artiglieria sulle trincee e sui reticolati antistanti: in particolare […] quasi intatte le difese verso q.2003, abbastanza sconvolte fra Passo dell’Agnella e q.2101, con varchi insufficienti quelle verso i Ponari, pressoché in piena efficienza le trincee di Valle dell’Agnella, Monte Campigoletti, Busa della Segala”10 Visti i deludenti effetti ottenuti dall’artiglieria, il comandante della 52a divisione, chiese che la preparazione di artiglieria continuasse fino alle ore 16,00 e che l’inizio dell’attacco fosse quindi posticipato di un’ora. La richiesta non fu accolta. Alle 15,00, sotto la pioggia battente, gli alpini, suddivisi in due colonne, iniziarono l’attacco balzando dalle trincee. La colonna di destra si mosse contro la cima dell’Ortigara e il Passo dell’Agnella, mentre quella di sinistra avanzò verso il Monte Campigoletti, a ovest del Monte Ortigara. Immediatamente le artiglierie e le numerose mitragliatrici nemiche aprirono il fuoco sul vallone dell’Agnellizza (che dagli alpini venne in seguito chiamato il “Vallone della morte”) e sulle pendici dell’Ortigara, provocando larghi vuoti sui reparti avanzanti. Gli alpini però non si persero d’animo e 9 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 71. 10 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 84. 6 incitati dai loro comandanti, coraggiosamente continuarono ad avanzare verso le postazioni nemiche. Alle ore 17,00 la colonna di destra si trovava con il battaglione Bassano a contatto delle posizioni nemiche di Passo dell’Agnella e di q. 2003, il Sette Comuni sotto la q. 2105, il Monte Baldo immediatamente dietro al Bassano, il Verona sotto al Sette Comuni, mentre il resto degli altri battaglioni stavano rapidamente sopraggiungendo. Quando alle ore 17,30 giunse l’ordine di proseguire l’attacco, il Bassano, nonostante il micidiale fuoco delle mitragliatrici, superò i reticolati nemici e dopo aspra lotta corpo a corpo, si impadronì del Passo dell’Agnella, di quota 2003 e di quota 2101 poste a est del Monte Ortigara. Contro la cima dell’Ortigara, si erano diretti anche i battaglioni Sette Comuni e Verona, ma quando questi raggiunsero la linea nemica, trovarono i reticolati ancora intatti. Sottoposti ad incessante e micidiale fuoco delle mitragliatrici, i due reparti alpini, per non essere totalmente annientati, ripiegarono sotto il primo gradino roccioso dove si attestarono a difesa. I battaglioni Monte Balbo, Monte Clapier e Val Ellero, riuscirono invece a conquistare solamente qualche tratto di trincea, sul fianco settentrionale delle posizioni di q. 2105 dell’Ortigara, ma ogni altro movimento in avanti fu loro precluso dalla violenta reazione dell’avversario. Nel frattempo, la Colonna di Sinistra, con il battaglione Mondovì, conquistava il Corno della Segala, importante caposaldo nei pressi di Monte Campigoletti, mentre il battaglione Vestone occupava una prima lenea di trincee sul Costone dei Pomari. Ma quando l’unità, giunse sotto un secondo ordine di trincee ancora intatto, fu costretto a ripiegare con sensibili perdite a causa del violento fuoco scatenato dall’avversario ben trincerato sulle proprie posizioni. Gli altri reparti della colonna, che erano riusciti a raggiungere le pendici di M. Campigoletti, verso le ore 17,00 furono a loro volta obbligati a ritirarsi per le gravi perdite subite. Tra queste figuravano quelle del comandante del battaglione Mondovì, gravemente ferito, quelle dei tre comandanti di compagnia e di gran parte degli ufficiali. Nonostante il buon un successo conseguito dai reparti posti all’estrema ala destra, che erano riusciti a portandosi sotto la linea principale di difesa dell’avversario, la prima giornata di battaglia, si chiudeva con la cima principale dell’Ortigara (q.2105), saldamente in mano austriaca, difesa dalle riserve del IV/14° reggimento di Lienz e dal XXIII Feldjager. Le nostre perdite erano state sensibili, anche per i battaglioni di rincalzo. La 52a divisione aveva perduto quel giorno 122 ufficiali e 2463 militari di truppa. 11 giugno 1917. Alle ore 05,30, del giorno 11 giugno, il Comando d’Armata comunicò ai comandi dipendenti che:” a causa delle condizioni atmosferiche, l’azione era sospesa salvo piccole azioni per migliorare situazioni locali”.11 Il generale Montuori, comandante del XX corpo, a sua volta, comunicò alla 52a divisione che tra le azioni locali erano da intendersi la conquista della vetta dell’Ortigara e l’allargamento della nostra occupazione fino a Passo di Val Caldiera. Alle ore 09,00 ebbe inizio il bombardamento di preparazione da parte della nostra artiglieria che proseguì, sebbene ostacolato dalla nebbia, fino alle ore 16,00. A quell’ora, con tempo pessimo, gli alpini dei battaglioni Verona e Sette Comuni attaccarono la selletta fra le due quote dell’Ortigara riuscendo a raggiungere la contrastatissima q. 2105. Tuttavia, subito dopo, a causa dei decisi contrattacchi austriaci, vennero respinti con gravissime perdite. Nelle stesse ore, il battaglione Spluga attaccava in direzione del passo di Val Caldiera riuscendo, nonostante le forti perdite, a giungere sino sulle posizioni di q. 2060 e, con alcuni elementi, sulle pendici sud-orientali di M. Castelnuovo. L’ulteriore avanzata venne però preclusa per la tenace resistenza opposta dal nemico. Pressato dai contrattacchi dell’avversario, che aveva fatto affluire 11 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 106. 7 truppe fresche sulla linea di combattimento, il battaglione Spluga, nonostante il sacrificio dei propri alpini, fu costretto a ripiegare sulle posizioni di q. 2101. A sera il Comandante della 52a divisione, dispose per l’invio sulle posizioni raggiunte di forze fresche con le quali procedere alla conquista degli obiettivi assegnati. Più tardi, però, il comando d’armata comunicò che, a causa delle avverse condizioni atmosferiche, le operazioni non sarebbero state riprese prima di tre giorni. Nella giornata, la 52a divisione aveva perduto: 16 ufficiali (3 morti, 12 feriti, 1 disperso) e 528 militari di truppa (54 morti,420 feriti e 54 dispersi). Le giornate dal 12 al 14 giugno 1917. Il 12 giugno, i due contendenti si rafforzarono sulle proprie posizioni e sostituirono i reparti più provati. L’artiglieria austriaca, bersagliò le falde orientali di M. Ortigara e le posizioni conquistate della 52a divisione. La nostra artiglieria operò invece contro gli ammassamenti di truppe nemiche sul Passo di Val Caldiera e contro una colonna che dalla Val Sugana saliva verso il passo dell’Agnella. Nella notte del 13 giugno reparti austro-ungarici (del 59° e del 14° fanteria) partendo da quota 2105 dell’Ortigara e dalle pendici di Monte Castelnuovo condussero due attacchi contro la q. 2101. Entrambi gli assalti furono respinti dai nostri che inflissero all’avversario sensibili perdite. Il giorno 14 giugno nel settore della 52a divisione l’artiglieria nemica, dalla Valsugana e dal Corno di Campobianco, colpì ripetutamente le nostre posizioni avanzate dei Pomari e di q.2101 oltre a quelle di Cima Campanella e di Monte Lozze. In tre giorni (12 - 14 giugno) la 52a divisione perse complessivamente 28 ufficiali (3 morti e 25 feriti) e 422 militari di truppa (53 morti, 298 feriti e 71 dispersi). Il contrattacco austro-ungarico del 15 giugno 1917. La riconquista delle posizioni perdute il giorno 10 giugno costituiva per gli austriaci, un’imperiosa necessità. Per questo, il comando del III corpo di armata austro-ungarico, seriamente preoccupato della possibilità di perdere totalmente il massiccio dell’Ortigara, il che avrebbe potuto compromettere la difesa dell’intero Altipiano, aveva ordinato al comandante della 6a divisione a.u. di rioccupare al più presto q. 2101, il passo dell’Agnella e q.2003. L’operazione, denominata in codice Operazione Anna, ebbe inizio verso le ore 2,00 del 15 giugno, quando l’artiglieria austro-ungarica aprì un violentissimo fuoco contro le nostre posizioni di q. 2101 e di Passo dell’Agnella e sulle retrovie di esse. Alle 02,30 i reparti d’assalto austro-ungarici composti dal 14° battaglione, da squadre del 17° Reggimento Kronprinz e del 59° Reggimento Rainer sferrarono l’attacco. La rapidità dell’azione e l’interruzione delle comunicazioni non consentirono ai nostri comandi di inviare celermente i rinforzi ai reparti posti sulle posizioni avanzate. La lotta fu quindi sostenuta dalle sole truppe che si trovavano in prima linea che comunque sostennero egregiamente il primo urto (si trattava degli appartenenti ai battaglioni Ellero e Clapier che in quel momento stavano per essere sostituiti dai battaglioni Spluga e Tirano). Il combattimento, durò accanito e con alterne vicende, fino all’alba, ma alla fine il nemico fu costretto a ripiegare sulle sue posizioni di partenza. Durante un ardito contrattacco i nostri soldati riuscirono addirittura a portarsi sulla quota 2105, che fu poi abbandonata di fronte alla pronta ed efficace reazione delle preponderanti forze avversarie. Alle ore 8,30, il nemico portava una nuova minaccia contro il nostro fianco sinistro. L’azione si protrasse fino a mezzogiorno quando l’avversario, i cui attacchi erano sistematicamente rintuzzati dai nostri soldati, ritenendo inutile ogni altro tentativo si ritirò sulle proprie posizioni. Le nostre perdite furono: 62 ufficiali, (12 morti, 48 feriti, 2 dispersi) e 1382 militari di truppa (217 morti, 896 feriti, 2269 dispersi); quelle del nemico, secondo la Relazione Ufficiale Austriaca, ammontarono complessivamente a 6.000 uomini . 8 Le giornate del 16 e 17 giugno 1917. Nei giorni 16 e 17 giugno non si ebbero avvenimenti di particolare importanza: Comandi e reparti italiani si dedicarono ai preparativi per l’imminente ripresa dell’azione offensiva. Da parte austriaca, il feldmaresciallo Conrad aveva ordinato la riconquista delle posizioni perdute da sostenersi col maggior numero possibile di bocche da fuoco. La scelta della data per l’azione era stata lasciata comunque alla discrezione del comandante della 6a divisione austro-ungarica., al quale era stato però fatto osservare che ogni giorno di ritardo poteva incidere negativamente sulla buona riuscita del contrattacco. 18 giugno 1917. Fra il 16 ed il 18 giugno, come poc’anzi detto, le nostre truppe effettuarono gli spostamenti necessari per assumere lo schieramento stabilito per la nuova offensiva12 . Alle ore 8,00 del 18 giugno ebbe inizio regolarmente, su tutta la fronte di competenza dell’armata la preparazione d’artiglieria. Il nemico reagì vivacemente e in particolar modo nella zona dell’Ortigara, sulla quale concentrò il proprio fuoco. Il tiro delle nostre batterie conseguì ottimi risultati in molti punti, infliggendo perdite e danni sensibili all’avversario. Anche la Regia Aeronautica collaborò all’azione, sorvegliando le linee di comunicazione, segnalando i movimenti nemici e osservando i risultati del nostro tiro. Poco dopo mezzogiorno le condizioni atmosferiche, fino a quel momento ottime, andarono sempre più peggiorando. La nebbia che intanto era sopravvenuta cominciò ad ostacolare in modo particolare l’osservazione del tiro. In considerazione di ciò, il comando di armata autorizzò le batterie a variare la durata delle pause di tiro, così da sfruttare i momenti di maggiore visibilità, disponendo per l’indomani mattina l’ultima fase della preparazione che doveva essere eseguita soltanto in buone condizioni di visibilità. Le fanterie dovevano avanzare solo nel caso vi fosse stata la perfetta azione dell’artiglieria di accompagnamento. Nel complesso i risultati ottenuti dell’artiglieria nella giornata del 18 si rivelarono alquanto modesti, tranne che nella zona dell’Ortigara. L’attacco delle fanterie pertanto non avrebbe potuto avere luogo prima del giorno successivo. Nella considerazione che un attacco dell’Ortigara in pieno giorno avrebbe però incontrato grandi difficoltà a causa della notevole potenza di fuco dell’artiglieria avversaria, fu disposto che l’attacco della 52a divisione fosse anticipato alle 6,00 (l’ora era stata in precedenza fissata per le ore 8,00 del 19 giugno). In relazione ciò il comandante della 52a divisione aveva ordinato: “ al gen. Di Giorgio, comandante le truppe dell’ala destra, di attaccare il M. Ortigara da est e da nord-est e tenere nello stesso tempo il Passo di val Caldiera; e al gen. Cornaro, comandante le truppe dell’ala sinistra di attaccare il M. Ortigara da sud-est ed agire dimostrativamente sulla rimanente fronte”13. 19 giugno 1917. Durante la notte sul 19 giugno piovve ininterrottamente sino al mattino, poi il tempo migliorò. Alle ore 6 del 19 giugno, come previsto dai piani operativi, dopo la violenta preparazione d’artiglieria, la vetta dell’Ortigara fu attaccata con azione convergente portata da tre colonne formate dai battaglioni alpini Monte Stelvio, Sette Comuni, Verona, Monte Baldo e Valtellina. Il movimento delle nostre unità, per quanto duramente ostacolato dal vivace fuoco avversario, proseguì rapido tant’è che alle 6,40, le prime ondate, delle tre colonne, raggiunsero la vetta dell’Ortigara. Caddero nelle nostre mani 74 ufficiali, 944 militari di truppa, 5 cannoni e 4 mitragliatrici. 12 Il 14 giugno, il comando della 6a armata diramava l’ordine per la ripresa dell’azione da iniziare in un giorno ancora da destinarsi e con gli stessi obiettivi già fissati il 10 giugno. La preparazione di artiglieria doveva avere una durata tale da conseguire la distruzione completa degli ostacoli passivi e degli elementi attivi nemici. 13 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 118. 9 All’estrema destra del nostro schieramento, la colonna formata dai battaglioni alpini Val Stura, Val Dora e da un battaglione dal 9° reggimento bersaglieri puntò verso il passo di Val Caldiera, ma fu inesorabilmente fermata dal micidiale tiro delle mitragliatrici e delle artiglierie austriache. Sull’Ortigara, intanto, dopo un primo rapido riordinamento delle forze, i nostri reparti, nell’intento di allargare l’occupazione della vetta verso ovest, si spinsero fin sotto q. 2093 e sulle falde del M. Castelnuovo ma urtarono contro le solide difese nemiche imperniate sui capisaldi di q. 2060 e di q. 2093. Poiché fortemente contrastati dal fuoco delle mitragliatrici e sottoposti al violento fuoco di repressione da parte delle artiglierie avversarie, i nostri soldati, già duramente provati anche per la stanchezza accumulata nei precedenti giorni di battaglia, furono costretti a ripiegare nuovamente sulle posizioni di cresta. Il nemico aveva nel frattempo fatto affluire le sue riserve riuscendo così a chiudere la pericolosa falla aperta dai nostri reparti fra q. 2060 e M. Campigoletti. La nostra conquista rimase dunque limitata all’Ortigara. Sulla vetta, dominata da una serie di postazioni austriache collocate più in alto, tutta l’artiglieria nemica concentrò il proprio fuoco che ebbe risultati ancor più devastanti a causa del terreno roccioso che moltiplicava gli effetti dei colpi. Le perdite della divisione, nell’aspra giornata, erano state sensibili:146 ufficiali (28 morti, 115 feriti, 3 dispersi) e 3531 sottufficiali e truppa (450 morti, 2755 feriti, 326 dispersi). Anche le perdite subite dall’avversario, però, furono assai gravi. La relazione dell’11a armata a.u. afferma: “ che il consumo delle forze all’ala sinistra della 6a divisione fu enorme; che i battaglioni ritirati da quell’inferno erano ridotti a scorie “14 Le giornate dal 20 al 24 giugno 1917. Dopo la conquista della cima dell’Ortigara, i nostri comandi erano consapevoli che la controffensiva austriaca avrebbe potuto aver luogo a breve e perciò nei cinque giorni che si susseguirono nel settore dell’Ortigara gli alpini e i fanti, nonostante sottoposti al micidiale tiro delle artiglierie nemiche15, provvidero alla fortificazione delle posizioni conquistate. Si provvide a sostituire i reparti più provati i con altri freschi e al trasferimento di alcune batterie da montagna. La situazione, nel suo complesso, era tutt’altro che facile, non soltanto per le gravi perdite che subivano i reparti esposti al tiro del nemico, ma anche a causa del terreno roccioso che non favoriva di certo la pronta sistemazione difensiva. Infatti, i trinceramenti e i ricoveri realizzati dagli avversari sul rovescio occidentale della vetta, aperti verso le posizioni austriache, non offrivano alcuna protezione. Le nostre truppe furono perciò costrette a ripararsi nelle buche aperte dalle granate e negli anfratti del terreno. A rendere ancor più precaria la situazione dei nostri reparti fu la difficoltà di far giungere loro adeguati rifornimenti giacché tutte le vie di accesso alla vetta erano implacabilmente battute dal nemico che inevitabilmente condizionava l’approvvigionamento degli uomini in linea. Nonostante le difficoltà sulla cima rocciosa dell’Ortigara, fu creata una linea difensiva ripartita in tre settori: “a) di destra, da q.2003 a q.2101 […] b) del centro, da q. 2101 (esclusa) a q.2105 […] di sinistra, da q. 2105 (esclusa) ai Pomari …”16 Lungo questa linea lunga circa 1500 metri gli italiani concentrarono circa 5000 uomini, ai battaglioni alpini Val Ellero, Monte Clapier, Vestone, Val Arroscia, Bicocca, Monte Stelvio, Valtellina, Bassano al I, II e III battaglione del 10° reggimento fanteria (brigata Regina) e infine al XXVII , XXX XXXII battaglione del 1° reggimento bersaglieri. 14 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 123. 15 Nella sola giornata del 20 giugno pe l’azione delle bocche da fuoco avversarie, la 52a divisione perse 737 uomini tra morti e feriti e dispersi. Nei giorni dal 21 al 24 giugno essa ne lascerà sul campo almeno altri 900. 16 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 122. 10 25 giugno 1917. Già il 19 giugno, il feldmaresciallo Conrad, non appena ebbe notizia della perdita dell’Ortigara, dispose per il necessario contrattacco atto a ristabilire la primitiva situazione. La preparazione e l’esecuzione dell’azione furono affidate al Colonnello Sloninka, comandante della 98a brigata austro-ungarica, che, nella notte sul 22, assunse il comando dell’ala settentrionale, della 6a divisione austro-ungarica dislocata dal Campigoletti all’orlo dell’Altipiano. La direzione superiore dell’operazione fu invece attribuita al feldmaresciallo Goiginger, al quale il Comrad si era premurato di dire: ”si deve riconquistare la posizione di Lepozze, altrimenti, tutta la fronte non è più mantenibile”17. Il giorno 22 giugno, l’alto Ufficiale giunse sull’altipiano per conferire con il colonnello Sloninka il quale gli sottopose il suo progetto per l’imminente azione. Il Goiginger lo approvò, e il 23 giugno emanò l’ordine per l’attacco. Le forze destinate all’operazione (nome convenzionale: Wildbach) furono suddivise in tre colonne: la colonna di sinistra, aveva quale obiettivo la q. 2101; la colonna centrale invece la q. 2105; la colonna di destra, muovendo dal Campigoletti, per i Pomari, doveva raggiungere il rovescio di q. 2105. Ogni colonna aveva a sua disposizione squadre d’assalto fornite di lanciafiamme e di larga disponibilità di bombe a mano. Alle ore 2,20 del 25 giugno, mentre le nostre truppe erano intente al lavoro, si scatenò all’improvviso il violento tiro dell’artiglieria nemica. Le nostre deboli difese sull’Ortigara furono in pochi minuti sconvolte. Il nutrito fuoco delle batterie austriache colpì i centri di comando, interrompendo le comunicazioni telefoniche tanto da paralizzare l’intero nostro sistema difensivo. I proietti a gas, dei quali il nemico fece largo uso, accrebbero notevolmente gli effetti devastanti del tiro sulle nostre truppe che subirono numerose perdite. Alle 2,40 le pattuglie d’assalto nemiche, accompagnate dal fuoco della loro artiglieria e dei lanciabombe, abilmente fatti avanzare con le ondate d’attacco, penetrarono nelle nostre posizioni. Per i nostri, l’irruzione delle fanterie nemiche a così breve distanza dall’inizio del tiro di artiglieria costituì un’amara sorpresa. Le prime ondate nemiche, facendo uso dei lanciafiamme e delle bombe a mano, riuscirono a vincere la vivace resistenza opposta dai nostri reparti. Perduta quota 2105, i nostri si raccolsero sotto la linea di cresta, ove in attesa dell’arrivo di rinforzi, si prepararono a frenare ogni ulteriore progresso del nemico. Anche le postazioni difensive di q. 2101, del Passo dell’Agnella e di q.2003, posizioni che, occupate fin dal giorno 10 giugno, avevano ricevuto una più solida sistemazione difensiva, dopo oltre tre ore di lunga e aspra lotta all’arma bianca, furono conquistate dai nostri avversari. Non appena il comandante della 52a divisione poté avere la certezza della caduta dell’Ortigara impartì energici ordini per contrattaccare e ricacciare il nemico, prima che avesse il tempo di rafforzarsi sulle posizioni appena conquistate. Ma tali contrattacchi, effettuati sia dal mattino sia poco dopo mezzogiorno, fallirono a causa del violento fuoco delle numerose mitragliatrici poste subito in azione dall’avversario. Tuttavia un ultimo contrattacco con la partecipazione dei rinforzi giunti frattanto in linea, fu stabilito iniziasse dapprima per le ore 16,00, ma a causa delle evidenti difficoltà, il comandante della 52a divisione, emanò l’ordine che l’attacco generale doveva essere sferrato non prima delle ore 20,00. Quando l’attacco portato dai battaglioni alpini Monte Spluga, Tirano, Cuneo e Marmolada scattò, la reazione degli austriaci fu fermissima. Il fuoco delle loro mitragliatrici provocò sempre più larghi 17 Gli austro-ungarici indicavano con il nome di posizione del Lepozze era, la zona dell’Ortigara. MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-1918), op. cit. p. 136. 11 Cimitero Austro-Ungarico del Monte Campigoletti. vuoti sui nostri reparti intenti risalire i ripidi pendii della cima dell’Ortigara. Più il tempo passava, sempre più si delineava l’impossibilità per i nostri di riconquistare le posizioni perdute. Ciò nonostante i nostri contrattacchi continuarono ancora per parecchie ore della notte ma senza il minimo successo. Il destino dell’Ortigara era ormai inevitabilmente segnato. Alle ore 23,40, il comando del XX corpo d’armata, con l’intento di sottrarre le nostre truppe a ulteriori e inutili perdite, disponeva che per l’alba del 26 gran parte dei battaglioni fosse ritirata, sulla vecchia linea di vigilanza o in quella di difesa ad oltranza, al sicuro dai tiri di artiglieria nemica. Le giornate dal 26 al 30 giugno 1917: termine dei combattimenti. Verso le ore 2 del 26 giugno iniziò il ripiegamento che regolarmente fu completato all’alba. Con i resti dei battaglioni alpini Cuneo, Marmolada, Tirano, Spluga, Marcantour e Valtellina, fu mantenuta però l’occupazione di q. 2003, del Passo dell’Agnella, delle falde orientali dell’Ortigara e dei Pomari. Il colonnello Biancardi, comandante dei gruppi alpini, nella considerazione che la q. 2101 era rimasta saldamento in mano al nemico, aveva fatto notare la precarietà dell’occupazione di q. 2103 e del passo dell’Agnella. Il comando del corpo d’armata non ritenne opportuno tenerne conto di ciò che l’ufficiale aveva prospettato, ma confermò invece l’ordine di dover resistere sui passi dell’Agnella e a quota 2003. Il presidio di questi punti, compreso quello delle falde orientali dell’Ortigara, fu comunque ridotto a un centinaio di uomini suddivisi in piccoli nuclei. La situazione dei battaglioni Cuneo e Marmolada, dislocati a presidio delle posizioni suddette, rimaneva però assai critica, poiché per la mancanza di ripari efficienti, essi erano esposti al continuo fuoco delle artiglierie e mitragliatrici nemiche. 12 Sempre nell’intento di alleggerire l’occupazione avanzata, nelle notti sul 27e sul 28 furono avvicendati anche i battaglioni alpini Spluga e Tirano. Alle ore zero del 29 giugno, perciò, la nostra linea avanzata (q. 2003 – falde orientali dell’Ortigara – Pomari) era tenuta dalle seguenti truppe: “ la 297a compagnia del btg. Cuneo, fra la q. 2003 e il Passo dell’Agnella; le compagnie 298a e 299a dello steso battaglione sulle falde orientali delle q. 2101; il btg. Marmolada più a sinistra, sulle falde orientali dell’altura della q. 21105 fino al costone dei Pomari escluso; il btg. Valtellina e Mercantuour, sostituiti nella medesima notte dal M. Saccarello, sulle Posizioni dei Pomari”18 . Verso le ore 3 del 29 giugno, una compagnia del X/14° austro-ungarica, unitamente ad altri nuclei d’assalto, col favore dell’oscurità scese dalla quota 2101 ed attaccò la 297a compagnia (che come abbiamo detto teneva la q. 2003 e il Passo dell’Agnella). L’assalto compiuto di sorpresa, senza preparazione di artiglieria, riuscì in breve a rompere la nostra tenue linea di occupazione e a sopraffarne i difensori. Una parte di questi tuttavia ebbe modo di sottrarsi all’accerchiamento, ritirandosi verso il Vallone dell’Agnelizza e sulle falde dell’Ortigara. Con la perdita della q. 2003 e del Passo dell’Agnella, la nostra situazione sulle falde dell’Ortigara e su quella dei Pomari divenne insostenibile. Il Comando del XX corpo d’Armata decideva perciò di far ripiegare le nostre truppe sulle primitive posizioni. Il ripiegamento fu compiuto senza difficoltà nella notte sul 30 giugno, con l’evacuazione di tutti i feriti e il trasporto del copioso materiale da trincea. Con le operazioni del giorno 29 giugno ebbe così termine la battaglia che assunse il nome dell’Ortigara, dalla località che più delle altre fu teatro di lunghi, aspri e sanguinosi combattimenti. BILANCIO. L’esito dell’offensiva per una serie di avverse circostanze, nonostante l’accurata preparazione, non fu quello che il Comando Supremo aveva sperato. Le cause che portarono al fallimento dell’offensiva sono state attribuite alle avverse condizioni atmosferiche, alla conformazione del terreno, che favorì più il nemico che noi, i consistenti apprestamenti difensivi realizzati dell’avversario e infine le evidenti le responsabilità nella conduzione della battaglia da parte dei comandi italiani i quali non tennero conto di quegli elementi di carattere contingente e realistico che erano i presupposti indispensabili per la buona riuscita dell’operazione. L’Ufficio Sorico dello Stato Maggiore dell’Esercito in merito alle operazioni riguardanti i combattimenti dell’Ortigara così si espresse: “ le difficoltà del terreno e la potenza della sistemazione difensiva avversaria rivelatesi nella loro realtà, di gran lunga superiori alle previsioni, che dovevano far seriamente dubitare della efficacia dei nostri mezzi distruttivi e dello slancio delle nostre truppe, già duramente provate; la sorpresa, ormai scontata, che non poteva sostituire più elemento decisivo per il successo. Queste considerazioni inducono […] a concludere che sarebbe stata a opportuna la definitiva sospensione dell’offensiva dopo gli scarsi e inadeguati risultati conseguiti, alla sera del 10 giugno; comunque qualora si voglia ritenere che fosse indispensabile continuare l’azione, sarebbe stato assai meglio proseguirla la stessa sera del 10, giacché la sosta di ben nove giorni, come i fatti poi dimostreranno, avrebbe finito per giovare assai più al nemico che a noi”19. Tra il 10 e il 29 giugno del 1917, la battaglia ci costò tra morti, feriti e dispersi almeno 26.000 uomini (altre fonti fanno salire le perdite addirittura a 28.000 soldati). La sola 52a divisione Alpina lamentò la complessiva perdita di ben 12.633 unità (altre fonti indicano il numero delle perdite a 16.000 unità). 18 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 145. 19 MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (19151918), op. cit. p. 148. 13 A ricordo di quei drammatici combattimenti nel 1920 sulla quota 2105 fu eretta una colonna mozza, simbolo stesso dell’Ortigara, con inciso: per non dimenticare. Sul cocuzzolo di quota 2101 invece, negli anni sessanta fu eretto il cippo austrico, a ricordo dei reparti asburgici impegnati nella dura battaglia del giugno 1917. BIBLIOGRAFIA: MINISTERO DELLA DIFESA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO – UFFICIO STORICO, L’esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-1918), Volume IV, Le Operazioni del 1917, Tomo 2° Gli avvenimenti dal Giugno al settembre (Narrazione), Istituto Poligrafico dello Stato, libreria, 1954, Roma; STEFANO GAMBAROTTO, ENZO RAFFAELLI, Alpini, le grandi battaglie, Storia delle Penne Nere – Volume tre, Editrice Storica dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, 2010, Treviso. RINGRAZIAMENTI: Si ringrazia il sig. Josko Kodermac, del PD di Kobarid, per aver accordato il permesso di utilizzare le foto presenti in questa nota storica. 14