Luigi Di Corato, Bruno Munari illustratore e grafico futurista: 1927-1933 in Il presente si fa storia. Scritti in onore di Luciano Caramel, a cura di Cecilia de Carli e Francesco Tedeschi, Vita e Pensiero, Milano 2008. Gli esordi: 1927-1929 Bruno Munari entra in contatto con il Futurismo in un momento decisivo. Alla fine degli anni Venti infatti l’esperienza macchinista sembra volgere al termine, soppiantata dall’ultima moda: l’Areopittura. Al suo ingresso nel movimento – nel 1927 – egli è in piena formazione, non sembra ancora risentire di influenze esterne, ma è chiaramente condizionato dalla situazione in atto nel gruppo1. Nei suoi lavori di questo periodo convivono influenze diverse e spesso lontane tra loro come il dinamismo boccioniano – punto di partenza delle sue ricerche, come testimonia il manifesto Dinamismo e riforma muscolare2 redatto con Sassu nel ’28 – il macchinismo delle ‘astrazioni sintetiche’ di Panaggi, il ‘favolismo’ di Depero, il Lirismo analitico di Fillia, il concretismo di Diulgheroff – che nel 1926 approda a Torino con il suo bagaglio post-cubista e razionalista – ma anche le nuove istanze aeropittoriche di Prampolini che già preludono all’«Idealismo cosmico». È inoltre importante ricordare che negli stessi anni egli lavora per Carlo Cossio, illustratore e fumettista, quando quest’ultimo realizza in autonomia il primo cartone animato pubblicitario per la IPC (Impresa Pubblicità Cinematografica) e con Munari alcuni brevi filmati ottenuti a partire da ‘pupazzi’ ritagliati nella carta, fissati con spilli e fotografati pazientemente col principio one turn one picture3. Il suo esordio nell’ambito della grafica, o per meglio dire nel campo dell’illustrazione, è pressoché coevo. I primi disegni che risultano ad oggi pubblicati contestualmente alla loro realizzazione sono cinque e sono riprodotti nel luglio del 1928 su «Lidel», un mensile milanese di attualità. Nelle illustrazioni – a corredo dell’articolo di Arturo Lanocita intitolato L’arte di sembrare intelligenti – i riferimenti al macchinismo e a Panaggi sono evidenti, ma l’approccio appare ben più ludico e ironico. Lo stesso dicasi per altri due piccoli disegni a pastello, non pubblicati ma coevi, raffiguranti altrettante teste ‘robot’4. Già nel 1929 Munari consolida una cifra molto più personale. Di quest’anno sono una serie di personaggi-macchina costruiti riducendo figure umane, animali e vegetali ad un assemblaggio di coni, cilindri e sfere, come le illustrazioni eseguite in giugno per il «Corriere dei Piccoli», l’inserto settimanale per l’infanzia del «Corriere della Sera»5. Subito successive e nel medesimo stile sono le illustrazioni pubblicate in agosto sulla rivista «Lidel». Unica differenza di rilievo rispetto a quanto 1 Quando aderisce al Futurismo si firma anche con pseudonimo «BUM»;«Volevo fare il pittore ed arrivai a Milano. Sfogliavo un libro sulle macchine di Leonardo in Galleria San Cristoforo quando mi si avvicina un giovane che mi dice “se ti piacciono le macchine conosci i futuristi”; poi appresi che egli era un giovane poeta di nome Escodamè (Michele Lescovich n.d.r.)». Da un nostro colloquio con Bruno Munari avvenuto nel 1996 presso il suo studio di Via Vittoria Colonna a Milano. 2 Pubblicato in L. De Maria, Sassu futurista, All’insegna del pesce d’oro, Milano 1977. Sullo stesso argomento si veda anche E. Crispolti, Sassu futurista, Skira, Milano 1999. 3 GEC (Enrico Gianeri), Storia del cartone animato, Omnia, Milano 1960, p.192. Cfr anche G. Rondolino, Storia del cinema d’animazione, UTET, Torino 1974, p.169 4 AA.VV., Ricostruzione teorica di un artista. Bruno Munari nelle collezioni Vodoz-Danese, Association Jacquelne Vodoz ed Bruno Danese, Paris 1996, p.17 5 «Corriere dei piccoli», 1929,23 (9 giugno) descritto in precedenza risiede nel fatto che esse sono inserite in un impaginato che è chiaramente costruito in funzione delle immagini, tanto da sembrare un suo primo intervento editoriale. Molto vicine alle tavole di «Lidel» sono due disegni originali – non pubblicati se non in epoca recente – raffiguranti rispettivamente due lottatori e due spadaccini6. Lo stile delle figure qui descritte riecheggia sia gli animali in ceramica che egli realizza nello stesso anno ad Albisola Marina, sia le sue scene per Il suggeritore nudo di F. T. Marinetti, in scena a Roma al Teatro degli Indipendenti il 12 dicembre 1929 con regia di Carlo Ludovico Bragaglia e strutture sceniche di Anton Giulio Bragaglia. Come è noto, a partire dalla mostra Trentatrè futuristi, ospitata dal 5 al 15 ottobre del ’29 alla Galleria Pesaro di Milano, Munari riceve un’importante investitura: Marinetti lo definisce giovane guida del gruppo futurista milanese7 e, puntualmente, la «La Rivista Illustrata del Popolo d’Italia» ne suggella la ‘nomina’ dedicandogli un’intera pagina in cui vengono inserite tre sue caricature, ancora vicine all’astrazione sintetica di Panaggi, raffiguranti Gino Recca, Orio Vergani e Marco Ramperti. La breve nota di corredo, non firmata, chiude con queste parole: «Munari ha ingegno se avrà carattere, e cioè volontà di migliorarsi costantemente e di soddisfare il proprio gusto prima di quello altrui, se diffiderà delle compiacenti lusinghe e seguirà invece il suo più intimo impulso, farà molta strada»8. Gli ‘anni ruggenti’: 1930-1933 Il 1930 è un anno chiave sia per la storia del nostro artista sia per quella del ‘visual design’ italiano. Forte della visibilità ottenuta con l’’investitura’ marinettiana, la partecipazione alla Biennale di Venezia9 e la risposta positiva delle sue illustrazioni, Munari si associa a Riccardo Ricas, altro artista del gruppo futurista milanese, e fonda . tre anni prima della costituzione, sempre a Milano, del famigerato Studio Boggeri e della nascita della rivista «Campo grafico» - uno studio ‘futurista’ di grafica editoriale e pubblicitaria, di decorazione, fotografia e allestimenti10. Non una gallerialaboratorio come la «Dinamo-Azari», che apre i battenti sempre a Milano nel 192711, né una bottega d’arte o artigianato come quella di Cesare Andreoni, un altro collega futurista, attiva nel 1929 – nella quale si potevano acquistare o commissionare pezzi unici, come mobili o oggetti in stile -, ma un vero e proprio studio per la progettazione di grafica e di disegno industriale – oggi diremmo di ‘visual and industrial design’ – a servizio delle imprese di produzione e di servizi che volessero comunicare la propria immagine o il proprio prodotto al mercato su basi innovative e utilizzando i moderni sistemi di comunicazione già disponibili. 6 Lottatori, pastelli su carta da ricalco, in A. Tanchis, Bruno Munari, l’art est un métier, Philippe Sers, Paris 1987, p. 23; Spadaccini macchinisti, 1928-29, disegno pubblicato come tavola fuori testo in C. Lichtenstein – A. W. Haberli, Die Luft sichetbar machen. Ein visuelles Lesebuch zu Bruno Munari, Laer Müller, Zurich 1995, pp. 4849. Le opere sembrano riferirsi ad un disegno di Pasqualino Cangiullo intitolato Il duello e datato 1915, appartenuto a Marinetti e riprodotto in E. Crispolti – F. Sborgi, Il Futurismo – I grandi temi 1909.1944, Mazzotta, Milano 1998, pp. 107 e 116. 7 «Il Gruppo dei pittori futuristi Milanesi guidato dal giovanissimo e genialissimo Bruno Munari si presenta in piena efficienza»: F. T. Marinetti, Prefazione, in Trentatrè futuristi, Bestetti e Tumminelli, Milano 1929, p.12 8 Un pittore futurista: Munari, «La rivista illustrata del Popolo d’Italia», 1929, 6. 9 Presente con Volumi d’atmosfera nella sala 39 dedicata ai futuristi. A Venezia apprezzerà l’opera di Kandinskij. 10 L’ufficio-laboratorio era ubicato al numero 16 di via C. Ravizza a Milano, come si evince da una pubblicità dello studio stesso pubblicata in «L’Ufficio Moderno», 1932, 12. 11 Anty Pansera segnala che Fedele Azari è stato «sia art director che agente» del Depero pubblicitario su contratti importanti come Campari, Lineolum, Presbitero, Bianchi. Si veda A. Pansera, Artisti, artigiani, proto designer: le case d’arte a Milano, in Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano tra le due guerre, Bolis, Bergamo 1992, p.149. Il nome scelto per l’impresa è essenziale e con un forte impatto grafico. Progettato nella piena tradizione del lettering futurista, è costituito dalle sole iniziali dei cognomi dei fondatori, unite dal segno ‘più’: R + M. Il nome – che è già ‘logotipo’ – conferma l’atteggiamento libero ed autonomo dei due artisti che, a fianco di un’intensa attività individuale, eseguono – in quest’ambito – progetti congiunti. Fino ad oggi – a parte il celebre servizio apparso nel 1935 sul n.5 de «L’Ufficio Moderno» nulla è stato ricostruito e proposto degli otto anni di attività dello studio. Alla luce dell’enorme mole di materiale da noi ritrovato e qui per la prima volta proposto, si può affermare che R+M è – almeno fino al 193312 – il primo e l’unico studio a Milano attivo nel campo della progettazione grafica sperimentale. I due anni di esordio sono anche quelli in cui sia Munari sia Ricas, che appare però meno autonomo e sperimentale del suo socio, costruiscono il proprio bagaglio immaginativo a partire, come si è detto, dall’ambito futurista da loro frequentato. Si ricorda infatti che proprio del 1930 è il progetto dell’Almanacco dell’Italia veloce. Nato sotto la direzioni tecnica di Oscar Fusetti e con la consulenza artistica di Fillia, è più volte annunciato, ma mai pubblicato; vengono però dati alle stampe un pieghevole, un fascicolo con pagine tagliate in gradazione come nelle rubriche telefoniche e il noto «specimen». Quest’ultimo è impaginato da Diulgheroff, che disegnerà anche la copertina, con tavole pubblicitarie serigrafiche di Balla, Diulgheroff, Dottori, Munari, Prampolini e Pozzo, con inserti in cellofan e rilegatura in spirale metallica. Il tutto è corredato da un testo di Marinetti sull’arte pubblicitaria. Dopo quasi due anni di interventi ancora d’impronta macchinista e aeropittorica, lo stile di R+M si aggiornerà sia al clima astratto razionalista e costruttivista oramai consolidato a livello internazionale sia – unico caso nel nostro paese prima dell’uscita di «Minotaure» nel 1933 – alle istanze del Surrealismo la cui influenza è evidente soprattutto nell’illustrazione e nel fotomontaggio. Come si è detto, sia Munari che Ricas, oltre all’attività a firma congiunta, continuano però a produrre anche interventi grafici in totale autonomia. In concomitanza all’uscita della ‘summa’ pubblicitaria futurista si inaugura per Munari, a partire dal n. 5, un intenso rapporto con il mensile milanese «L’Ufficio moderno», che continuerà sino al 1937. Il fascicolo d’esordio contiene ben undici caricature ‘sintetiche’ ancora molto vicine a quelle dell’anno precedente. Anche la copertina eseguita per il numero di luglio-agosto è sempre abitata da due personaggi metallici simili a quelli già citati. L’unica differenza consiste nell’aggiunta di un fondo, formato da un rettangolo verticale, probabilmente un accenno di grattacielo, ottenuto con una piatta campitura rossa. Quest’ultima è del tutto simile a quella blu e nera che troviamo nello sfondo di un’altra copertina – di cui è stato rintracciato il bozzetto a tempera13 – del libro Anime sceneggiate di Pino Masnata, edito per le Edizioni futuriste di Poesia di Roma ed eseguita da Munari nello stesso anno. Censita anche una piccola caricatura di Buster Keaton, usata come chiosa ad un articolo di M. Serandrei intitolato Buster l’impossibile, apparsa sul settimanale di attualità «Il Giovedì»14, stilisticamente vicina a quelle realizzate per «Lidel» dove pubblica, in luglio, altre quattro illustrazioni a corredo dell’articolo di Luciana intitolato «Bibite estive» con una traduzione ironica dell’aeropittura prampoliniana. Il fascicolo successivo contiene nove immagini realizzate per Sotto il tetto di un amico di Lucio Ridenti, tra le quali segnaliamo un ritratto aeropittorico di Ricas e il disegno di una ‘villetta’ razionalista di ispirazione diugheroffiana. Nel numero successivo appaiono 12 Anno di fondazione dell’impresa di Antonio Boggeri che, come vedremo in seguito, commissionerà in quell’anno le prime pubblicità del suo studio proprio a R+M. 13 Esposto dalla Galleria Fonte d’Abisso di Milano al Miart nel 1999 e oggi in collezione privata. 14 «Il Giovedì», 10 luglio 1930. cinque piccole tavole aeropittoriche a corredo di un articolo sempre di Luciana intitolato In cerca di funghi e altri cinque, frutto della medesima impostazione, che accompagnano Quest’anno balleremo… di Dancing. Sempre sullo stesso stile e della medesima qualità sono anche le sei immagini per Trofei di caccia, sempre scritto da Luciana, apparse sul numero di ottobre. In novembre realizza, prima di interrompere la collaborazione con il periodico avvenuta in concomitanza con il cambio di direttore, la copertina: un profilo femminile di vaga ispirazione decò anche se con riferimenti sintetici, intitolata Futurismo. All’interno impagina e illustra un servizio sugli abiti femminili adottando, come nella copertina, qualche compromesso, e il frontespizio del romanzo a puntate di Hurbert Wales intitolato La triste vittoria. Nello stesso periodo progetta anche il noto manifesto pubblicitario per la tournée dello spettacolo futurista Simultanina, di F. T. Marinetti15. Dal 1931 Munari collabora con il mensile «L’Ufficio Moderno», di cui si è già parlato, e lavora anche alla rivista di viaggi, moda e attualità «Vie Latine» - solo due i numeri ripetuti fino ad ora – stampata dalle Officine Perego di Milano. Nel primo dei due fascicoli, uscito in gennaio, figura una tavola fuori testo a colori intitolata Una visione futurista della Scala mentre la radio diffonde nel mondo l’eco degli spettacoli. Nel secondo, di marzo, realizza una copertina celebrativa dedicata alla Fiera di Milano del 1931 con un’aeropittura distribuita su tre piani architettonici che raffigura un aereo in picchiata, la prua di una nave, un ingranaggio meccanico e un’automobile. Nel febbraio del 1931 «L’Ufficio Moderno» pubblica un articolo – molto utile alla comprensione del ruolo di protagonista del nostro artista nella Milano d’epoca – intitolato I pubblicitari, corredato da una foto della ‘serata’ con menù d’ispirazione futurista, organizzata dalla rivista in onore della pubblicità e preparato, come si evince dall’articolo, anche da Munari. Tra gli invitati i ‘cartellonisti’ Marcello Nizzoli, Marcello Dudovich e Federico Seneca. Nel numero di agosto compare un cartellone pubblicitario futurista e – tra altre sette – la citata copertina della rivista «Lidel» come esempio non del tutto positivo dell’illustrazione nazionale. Poco più sotto le immagini sono accompagnate dalla nota seguente: «La copertina si è fatta vivace, e anche audace. Ma non ha ancora assunto una fisionomia propria, una fisionomia italiana. Bella, ma ancora incerta nelle sue espressioni» L’annotazione tenta di guidare il lettore, e quindi anche gli autori, al superamento delle ‘incertezze’ presenti nelle opere riprodotte: Munari reagirà puntualmente. Sempre nell’ambito dell’illustrazione e della grafica editoriale, nel dicembre del 1931 prendono avvio due collaborazioni ben più prestigiose e determinanti: quelle con i mensili «La rivista illustrata del Popolo d’Italia» e «Natura», entrambi stampati a Milano presso Alfieri e Lacroix, lo stabilimento tipografico più avanzato nell’Italia di quegli anni. L’impronta artistica di «La rivista illustrata del Popolo d’Italia» è di Mario Sironi e il primo intervento di Munari è una tavola aeropittorica fuori testo a tutta pagina intitolata Il tifoso. Il primo intervento per «Natura» è invece una pubblicità a colori: è anch’esso un inserto realizzato su cartoncino – per la ditta di tessuti Rodier – che propone, per la prima volta in Italia, l’uso del fotomontaggio a colori per scopi pubblicitari. La tavola, completamente astratta, presenta al centro, su fondo giallo, un rettangolo grigio sul quale si sovrappone in obliquo un altro rettangolo composto dalle foto della lana prima grezza e poi tessuta, divise dalla griglia di un telaio abbozzato; il tutto è concluso dalla scritta «Rodier» composta nel ritaglio della foto della fibra, tessuta e tinta di un marrone scuro. 15 Edizione di Carmine Guarino, regia di Marinetti e Piero Carnabuci, scenografie di Benedetta Marinetti. Padova, Teatro Garibaldi, 2 giugno 1930 (notizia desunta da «Sipario», 1967, 260) Un esempio di attività nel campo dell’illustrazione satirica è il ritrovamento in originale di un numero della rivista del GUF – il Gruppo Universitario Fascista di Milano – intitolata «Cip Cip» alla quale oltre a Munari collaborano i futuristi Carlo Manzoni e Franco Grignani, anche se con un ritratto ancora tradizionale. Si segnala – oltre alle numerose illustrazioni e a una delle due irriverenti copertine – che l’impostazione grafica del fascicolo sembra risentire dell’apporto del nostro artista: la rivista ha due sensi di lettura che si incontrano al centro in un’efficace doppia pagina realizzata parafrasando il paroliberismo futurista in senso astratto e quasi surreale; ovviamente la lettura della seconda parte della rivista, la cui quarta di copertina si trasforma in copertina, è possibile solo capovolgendola16. Nello stesso lasso di tempo realizza anche la sovraccoperta del volume di Benedetta intitolato Viaggio di Gararà, pubblicato a Milano da Morreale. Importante è notare che da questo momento in poi la cultura visiva di Munari appare sempre più aggiornata a istanze internazionali. Il suo sistema immaginativo comincia a riferirsi in modo esplicito sia alla cultura razionalista e all’astrattismo internazionale sia – e forse caso unico nell’Italia di quegli anni – in modo netto e appassionato al Surrealismo. A proposito dei riferimenti del Razionalismo è interessante notare che sempre nel 1931 Fillia cura La nuova architettura17, il primo studio in Italia sul razionalismo pubblicato nel pieno del dibattito sull’architettura di Stato, volume determinante per più motivi, ma in particolare per la teorizzazione del rapporto tra Futurismo e Razionalismo e per il sostegno al concetto di produzione in serie dell’arte ‘industriale’. E sempre nello stesso anno scrive anche un articolo su Arturo Tucci Editore di pubblicità nel quale «lamenta le difficoltà nelle quali si dibattono gli artisti creatori di immagini pubblicitarie in Italia, a differenza del resto d’Europa e in America, a causa della mancanza di ‘editori di pubblicità’ attenti non solo alla possibilità di vendita dei bozzetti alle imprese, ma anche alla loro qualità estetica», ma esalta il fatto che Tucci abbia avuto il coraggio di scegliere Diulgheroff per i suoi cartelli lanciatori18. Sempre nel 1931 gli architetti razionalisti Gino Figini e Luigi Pollini curano con Piero Bottoni alla Galleria del Milione la mostra dal titolo «Polemica sull’Architettura Razionalista» e realizzano in collaborazione con Luciano Baldessari i progetti di ‘interior design’ per gli uffici De Angeli-Frua e per il caffè Craja di Milano, luogo chiave per la cultura milanese di quegli anni, frequentato da intellettuali e artisti, come dimostra una tempera di Munari intitolata Amici al Caffè Craja19 datata proprio 1931. Per chiudere sembra altresì importante notare che nel gennaio 1932 la rubrica «Recensioni d’Arte» della rivista «Domus»20 dedica ampio spazio ai «Bauhausbűcher» - tra i quali grande importanza avrà per Munari il volume di Moholy-Nagy intitolato Pittura, fotografia, film – che si dicono in vendita presso la libreria Sperling & Kupfer di Milano21. 16 Sul medesimo argomento si veda A. Bassi, CipCip, in E. Godoli (a cura di), Il dizionario del Futurismo, Vallecchi, Firenze 2002. 17 Fillia (a cura di), La nuova architettura, UTET, Torino 1931. 18 S. Evangelisti, Regesto in Ead. (a cura di), Fillia, Mondadori-Daverio, Milano 1986, p.137. 19 Pubblicato in Aa.Vv., Ricostruzione futurista dell’Universo, Musei Civici, Torino 1980, p.19. Una felice testimonianza del bar e dei suoi frequentatori è conservata in E. Pontiggia, Il Milione e l’Astrattismo 19321938, Electa, Milano 1988, p. 14. Alla decorazione del Craja parteciparono anche Fausto Melotti e Marcello Nizzoli. 20 «Domus», n.49, 1932 21 Malerei, Photografie, Film, «Bauhausbücher», 1925, 8. Dal 1925 al 1931 ne erano stati pubblicati 14 e, da una testimonianza diretta degli eredi del fondatore, i fascicoli venivano venduti anche dalla Libreria d’architettura Salto, sempre a Milano. Una seconda nota, apparsa su «Domus» e pubblicata in appendice alla rbrica di cui sopra, indica la reale possibilità di ricevere tutte le pubblicazioni internazionali recensite, Quanto al Surrealismo, si ricordano alcuni fatti che provano il contatto – ben più complesso da dimostrare con prove documentarie anche se facilmente desumibile dalle opere – con Munari: la mostra Tre pittori di Parigi: Lurcat, Max Ernst, Louis Marcoussis, che si inaugura sempre alla Galleria del Milione il 9 gennaio 1932, rappresenta la prima occasione di confronto diretto in Italia con l’opera di uno dei padri del Dadaismo e dei protagonisti indiscussi del Surrealismo22. La pubblicazione, sempre nello stesso anno, del primo numero della rivista parigina «Abstraction création art non figuratif 1932», nel quale viene riprodotta l’opera Universe del 1931 di Alexander Calder che Munari ripubblicherà cinque anni dopo sulla rivista «La Lettura» in testa ad un articolo interamente dedicato alle ‘macchine inutili’. Tale evento è da considerarsi una prova documentaria della conoscenza da parte del nostro artista della cultura a cavallo tra astrattismo e surrealismo. Proprio del ’32 – anno di gestazione delle Macchine inutili che saranno esposte per la prima volta alla Galleria Tre Arti di Milano del ’33 – sono infatti i primi «Mobiles» dello scultore americano allora residente a Parigi e in stretto contatto proprio con gli ambienti surrealisti23. Prampolini24 figura fra gli artisti protagonisti della rivista dal primo numero al 1934, anno in cui compariranno gli astrattisti lombardi. Sempre nel 1932, «La casa bella» pubblica a colori una ‘tavola decorativa’ aeropittorica di Munari per una tenda e un tappeto destinati a «una Camera da Signora». Nel retro compare anche un motivo per coperta e poltrona «da ripetersi su tutta la superficie della stoffa» con un particolare decorativo sempre aeropittorico. Il mese successivo «La rivista illustrata del Popolo d’Italia» stampa un’altra tavola fuori testo intitolata L’inutile acrobazia che unisce ad’aeropittura ‘narrativa’ un fotomontaggio, tra i primi pubblicati dall’artista. Il numero di aprile di «Natura» apre con una copertina di Munari: un’areopittura astratta con, al centro, un trattore stilizzato guidato da un uomo-sagoma che ara un terreno incolto lasciando un solco piatto, In giugno è inserita una magnifica tavola fuori testo, degni degli esiti più avanzati dell’avanguardia costruttivista, intitolata Per un quinto di secondo. Essa è costituita da un collage fotografico che, utilizzando un impianto prospettico astratto, analogo alla citata tavola pubblicitaria per i tessuti Rodier, raffigura un centometrista che si staglia su un grande cronometro dietro il quale, come sfondo, compare il solito rettangolo ottenuto dal ritaglio di una foto che riprende una folla di ‘spettatori’. A differenza delle esperienze precedentemente condotte in Italia nel capo del fotomontaggio – basti citare a questo proposito Vinicio Paladini, l’unico a piena conoscenza degli esiti ottenuti dai sovietici – l’esperienza munariana appare nettamente più avanzata sia per una maggiore perizia esecutiva sia per richiedendole direttamente all’amministrazione della rivista con pagamento e consegna a domicilio (n. 57, settembre 1932). 22 Nello stesso spazio, ristrutturato da Lingeri nel 1930 in puto stile razionalista, dal 10 al 24 dicembre 1932 espone Fernand Léger affiancato da Jules Pascin e Luigi Bartolini. 23 Lo stesso nome mobiles pare sia stato alle sculture di Calder da Duchamp, mentre il nome stabile viene coniato da Arp. A questo proposito si veda R. Lebel, Il surrealismo all’approssimarsi della guerra, Fabbri, Milano 1967, p.304. 24 Un tramite importante tra Munari e il Surrealismo è Prampolini che risiede per lunghi periodi a Parigi e che nel 1930 espone alla mostra Production Paris 1930 al Kunstsalon-Volfsterg di Zurigo, dove vengono rappresentate molte tendenze dell’atrazione costruttiva e surreale: il suo lavoro compare infatti tra quello di Arp, Giacometti, Max Bill, Ernst, Vantongerloo e Fillia, che in quell’anno risiede nella capitale francese ed entra in contatto, sempre grazie a Prampolini, con gli ambienti puristi. (Si veda Evangelisti, Fillia, pp. 126-127). A ulteriore confrema di tale rapporto ricordiamo che Munari espone Infinito verticale (riprodotto in catalogo) e Aerocristallo (un’opera con il medesimo titolo viene esposta l’anno precedente alla Mostra futurista di Aeropittura, presso la Galleria Pesaro di Milano) nella mostra intitolata Enrico Prampolini et le Aeropeintres italiens, tenutasi presso la «Galerie de la Reinaissance» di Parigi dal 2 al 16 marzo. un’attenzione spiccata alla tridimensionalità, che si concretizza in un attento rapporto tra le immagini e la loro collocazione nello spazio della pagina, spazio nel quale ogni elemento è dosato al minimo. Partendo dagli stessi presupposti formali realizza anche un’altra copertina per il numero di agosto de «L’Ufficio moderno», sulla quale compaiono, sovrapposti l’uno all’altro, due ritagli: sopra una foto aerea di Manhattan e sotto quella di una gran folla intenta a guardare verso sinistra; sull’immagine superiore campeggia il titolo in caratteri meccanici. Il fascicolo di dicembre contiene, oltre alla copertina a collage fotografico vicina alla precedente, un articolo intitolato Il Futurismo alla pubblicità firmato «Noi due», probabilmente Munari e Ricas, che ripercorre le influenze del movimento marinettiano proprio nel campo pubblicitario: «La pubblicità, arricchendosi dei concetti di sintesi e simultaneità propri della lirica – diciamo lirica e non filosofia – futurista, si fece più viva e ardente nelle sensazioni, anche se non pervenute a chiarezza, delle masse. Sintetica, forte, costruttiva, essenziale sino alla linearità, espressiva, veloce, così da cogliere e generare impressioni simultanee, insinuanti e persistenti, la pubblicità ha acquistato di suggestione. Il cartello, il bianco e nero per il giornale, la copertina per il libro e per la rivista, mostrano quali siano le influenze benefiche del movimento futurista esercitate su la pubblicità, la quale guadagna due tipici mezzi di espressione: il fotomontage e il fotodramma. Costruzione ed impaginazione, colori e caratteri, ecc., hanno assunto una fisionomia assolutamente nuova e tale da non potersi immaginare raggiungibile senza un movimento rivoluzionario, ad un tempo distruttore e costruttore, quale fu certamente quello futurista»25. A titolo esemplificativo delle istanza teoriche e programmatiche espresse dall’articolo, vengono pubblicate quattro «figurazioni» tratte dalla quarta raccolta de Il cantastorie Campari che, con ventisette illustrazioni di aeropittoricismo astratto e veste grafica di Munari coadiuvato da Ricas, correda la raccolta di poesie pubblicitarie di Renato Simoni. Stampato qualche mese prima da Bertieri, così viene definito nell’articolo citato: «Con risorse veramente personali, il Munari commenta e sottolinea, ma anche aggiunge ironia all’ironia e spirito allo spirito. E senza ricorrere ai mezzi della caricatura, con una asciuttezza di segni e di toni che potrebbe ritenersi risentita, ed è genuina, spontanea trasposizione nella zona della fantasia di una realtà intensa e penetrata nella sua essenza»26. Di seguito compaiono in un impaginato appositamente studiato per l’occasione, anche le riproduzioni di un «Plastico polimaterico per profumi» raffigurante un volto femminile, e quattro avvisi pubblicitari, rispettivamente tre di Munari ed uno di Ricas. Nell’ultima pagina vengono pubblicate le foto di due allestimenti – uno fieristico firmato R+M e una vetrina firmata Munari – accanto a quattro arredi per ufficio in stile ‘razional-futurista’, uno firmato Munari e gli altri Diulgheroff. Come si può facilmente notare, queste tre pagine restituiscono i presupposti, gli ambiti d’intervento e i punti di riferimento – non è un caso, come abbiamo visto, che sia proprio l’artista bulgaro con il suo portato razionalista e astratto ad essere scelto da Ricas e Munari – alle soglie della V Triennale dell’anno successivo che, con il padiglione tedesco curato da Paul Rennes, permetterà il confronto diretto con gli esiti più avanzati dell’intera grafica europea. A naturale conclusione di un anno tanto intenso, appaiono in dicembre, sempre su «’Ufficio Moderno», la pubblicità, razionalista, dello studio «R+M i pittori + moderni» e la precisazione «la copertina del numero scorso è dovuta alle forbici del pittore Munari»27, mentre nel numero di novembre-dicembre di «Natura» sono molti i contributi di Munari, a partire dalla copertina fotografica a colori nella quale il titolo della rivista è realizzato con la tecnica del ritaglio: la foto, assolutamente astratta pur rimanendo ‘concreta’, ritrae un semplice tessuto di lana a righe colorate. 25 Noi due, Il Futurismo alla pubblicità, «L’Ufficio Moderno», 1932, 11 (novembre) Cfr, nota 24. 27 «L’Ufficio Moderno», 1932, 12 (dicembre). 26 Il medesimo numero contiene una tavola fuori testo con un’aeropittura cosmica a colori intitolata Meteora e pianeta spento. Poco dopo ecco il noto articolo di Raffaeli Carrieri intitolato Munari: illusionista degli spazi, nel quale sono riprodotti i primi cinque fotomontaggi surrealisti e un polimaterico. La pagina successiva è una seconda tavola fuori testo intitolata Viaggio nello spazio con figure geometriche, nuvole, un sole e accenni mimati di polimaterismo sovrapposti, per dare volume ad uno spazio ‘metafisico’. «Munari costruisce i suoi paradossi atmosferici con una precisione ed una meticolosità degna di un giocoliere giapponese. A volte sono scherzi da professore di matematica, cifre plastiche e cromatiche si inseguono in mondi sconosciuti. A volte sono esplorazioni nei regni minerali; scomposizioni di prismi, identificazioni di cellule. Il Futurismo gli ha messo nel sangue questa specie di curiosità della materia: egli la indaga con furore mistico come se in un frammento di antracite o in una scheggia di diamante vi fosse nascosta una vitalità misteriosa, una verità segreta profondamente legata al suo destino».28 Il 1933 si apre con l’uscita dell’annuario di pubblicità denominato «Guida Ricciardi», sul quale è inserita la pubblicità dello studio Boggeri. Essa è stata significativamente progettata ed eseguita dallo Studio Boggeri. Essa è stata significativamente progettata ed eseguita dallo studio R+M e presenta un fotomontaggio ricavato da una foto «del Dr. Paul Wolff» che ritrae una ‘arciera’ prelevata dall’articolo intitolato L’estetica femminile apparso, nel dicembre del 1931, sul numero della rivista «Natura». Unica differenza rispetto all’immagine di partenza è costituita dal fatto che le gambe della ragazza fotografata sono ‘tagliate’ e sostituite dal loro disegno. Contestualmente alla «Guida Ricciardi» esce in libreria anche l’Almanacco letterario Bompiani. Nel frontespizio si legge: «Curano la composizione […] Valentino Bompiani e Cesare Zavattini. […] Le tavole fuori testo sono dovute ai pittori Bruno Munari, Carlo Manzoni, Bruno Angoletta, Erberto Carboni». Una collaborazione importante, che con ogni probabilità, è favorita dal fatto che Marinetti pubblica nel volume ben due scritti, entrambi completamente illustrati da Munari con disegni satirici e caricature, intitolati Il teatro totale e Il Futurismo al 1933 che «promuovono i trionfi» dell’Areopittura e dell’Aeropoesia. È importante notare che, poche pagine dopo, vengono riprodotti anche due ‘disegni automatici’ surrealisti: il primo è intitolato Struttura metafisica di un paesaggio di T. C. Valentine Hugo e Paul Eluard; il secondo, senza titolo, è firmato Greta Knutson e Tristan Tzara. Essi, forse scelti proprio dal nostro artista, influenzano e condizionano molte delle sessantadue illustrazioni realizzate da Munari in questo numero, come Nudista, il frontespizio del mese di marzo, o Bellico, quello del mese di maggio, o ancora Avanti lettera del mese di settembre, che anticipa di nove anni le illustrazioni del libro Le macchine di Munari. I lavori più avanzati e sperimentali che emergono dal volume sono però le otto tavole foto montate della serie «Atmosfera 1933». La serie, ben distribuita nel testo, si apre con Anno X°, che raffigura un giovane armato di vanga nell’atto di scavare con alle spalle una folla a perdita d’occhio; poco dopo Ginevra risente vagamente dell’aeropittura con le immagini fotografiche della testa di una modella sulla quale sta camminando una tartaruga intenta a fumare un sigaro, mentre è osservata da un vegliardo occhialuto; Dopo la guerra vien la pace, in cui vi è l’associazione tra Giappone, Germania nazista con un attacco di contraerea e degli uomini in cammino; Che cosa meravigliosa è l’uomo, con la foto di una famiglia che dorme sotto un ponte visto di scorcio oltre il quale campeggia un ardito grattacielo neworkese; Tendenze dell’architettura, con un aereo, ricavato dal ritaglio e dall’assemblaggio di più foto di edifici razionalisti, che si libra in cielo; Arte moderna, con un ritratto fotografico di Fillia scomposto con i canoni del cubismo sintetico ed associato ad altre immagini, compresa quella che ritrae alcune 28 R. Carrieri, Munari illusionista degli spazi, in «Natura», 1932, 11-12. case in costruzione viste da una ‘finestra’; Sex appeal, abitata da una modella «vestita d’architettura»; Sport , forse la più suggestiva, che associa ad un’arditissima foto di un ragazzo in caduta dall’alto con le mani che anno a toccare i piedi in primo piano una rana disegnata che si avvicina alla superficie dell’immagine fotografica. Fa da contraltare a quest’ultima immagine la tavola fuori testo apparsa il mese di febbraio su «La rivista illustrata del Popolo d’Italia» intitolata Vertigini: un fotomontaggio con uno sciatore intento a gettarsi sui buildings di Manhattan, a loro volta osservati da un personaggio di spalle sistemato alla sinistra della scena. Nel numero successivo compare un altro fotomontaggio di Munari, mentre nle n. 8 vengono inserite, oltre ad una sua illustrazione commemorativa, molto vicina alla copertina di «Natura» dell’aprile ’32, ben due tavole di Moholy-Nagy, a testimoniare lo stretto legame esistente con il pioniere del fotomontaggio e la conoscenza oramai acquisita delle sue sperimentazioni. Uno dei picchi qualitativi raggiunti da Munari in quegli anni nell’ambito del ‘graphic design’ è la copertina di «Natura» del gennaio 1933: in una stanza giallo cadmio sta la foto di una testa grecoromana intenta ad ‘osservare’ una sedia in tubolare metallico – tra i protagonisti assoluti della V Triennale – di forma molto vicina alla sedia elastica 34E progettata da Marcel Breuer e prodotta in Italia, sempre nel 1933, da Columbus29, alle spalle della scena, dalla finestra compare uno sfondo aeropittorico. L’immagine anticipa di un anno l’uscita della celebre pubblicità Princeps realizzata da Xanti per la Cervo – con una testa di scultura identica a quella utilizzata da Munari, mano inguantata e cappello – che dà inizio al noto rapporto di collaborazione, cominciato proprio dopo l’inaugurazione della V Triennale di Milano avvenuta in maggio30, tra Xanti Schawinski e lo Studio Boggeri. Sempre dalle pagine di «Natura» emergono altri elementi degni di nota come l’articolo di Prampolini dal titolo Lo stile, la funzione e i nuovi materiali edili comparso sul numero di giugno che ha per oggetto il padiglione futurista della V Triennale e riproduce una serie di aeropitture decorative realizzate per l’Agip da Munari nel ‘sottopassaggio’31. In luglio una «composizione del pittore Munari» di alta qualità intitolata Amori subacquei è pubblicata a tutta pagina con il fotomontaggio di un nuotatore circondato da una murena e da una coppia di ‘proto-pesci’, e anticipa il primo servizio realizzato in Italia su Herbert Bayer32 che, dopo la V Triennale alla quale partecipa, lavorerà anch’egli per lo Studio Boggeri: «è infatti l’artista che meglio riassume l’alto livello toccato negli ultimi tempi dall’arte grafica tedesca». Vengono riprodotte di corredo al testo, oltre ad alcune opere d ‘grafica progettata’, due tavole con fotomontaggi in bianco e nero, di lirismo quasi romantico, quindi molto diverse da quelle coeve di Munari, vicine al surrealismo di René Magritte. Viene inoltre riprodotta fuori testo una tavola a colori, sempre di Bayer, intitolata Parco di alberi piatti con sagome di alberi su un proscenio metafisico. Tra i tanti protagonisti della grafica internazionale, la V Triennale porterà a Milano anche Max Bill, che proprio in quell’occasione incontrerà Munari: ne nascerà una profonda e lunga amicizia. 29 A. Pansera (a cura di), Flessibili splendori. I mobili in tubolare metallico. Il caso Columbus, Electa, Milano 1998, p.159. 30 «la presenza determinante diventa quella di Xanti Scavinskij. Allorché nel 1933 giunge a Milano “con un rotolo sotto il braccio”, Boggeri sa trovare in un cappello verde disegnato su un fondo viola con una testa greca e la scritta “Habig”, poi diventata “ Princeps” per la Cervo, uno dei primi grandi successi dello studio», in M. Pigozzi, La grafica industriale nel sistema della comunicazione, in Aa.Vv., Anni Trenta, Milano 1982, p. 471. 31 Molto vicine al bozzetto vincitore per il concorso «Stoffe d’autore» indetto dalla De Angeli-Frua e pubblicato sempre su «Natura», 1933, 2. 32 Ricordiamo che Bayer era docente e direttore del dipartimento di grafica, stampa e pubblicità al Bauhaus di Dessau. Per chiudere l’intensa carrellata, si segnala anche l’inizio della fruttuosa collaborazione tra Munari e il mensile «L’Ala d’Italia», organo ufficiale del Regio Aeronautico Club Italiano. Il rapporto lavorativo, cominciato con il n. 2 del 1933, anche questa volta sembra preparato da un articolo, in questo caso di Anton Giulio Bragaglia, intitolato Le origini dell’Aeropittura e apparso sull’ultimo numero dell’anno precedente33. Il breve saggio introduce e approfondisce le istanze aeropittoriche ai lettori del periodico. Pertanto, da febbraio, Munari appare il portatore di novità tra illustratori molto più tradizionali. La sua prima tavola da lui eseguita per il periodico è un fotomontaggio con ‘ritocchi’ aeropittorici che illustra una breve nota sul record mondiale di volo rovesciato realizzato dal capitano Colacicchi; la doppia pagina è impaginata, probabilmente dallo stesso Munari, con sequenzialmente all’illustrazione. Sullo stesso numero compaiono anche tre disegni vagamente satirici a corredo di un articolo di Pier Maria Bardi su rapporto tra aviazione e architettura, l’ultimo dei quali è firmato «Munari+D», probabilmente Duse. Sul numero di aprile viene pubblicato un fotomontaggio intitolato Le prospettive d’oggi e di domani, il turismo aereo nel quale vengono accostate a ‘puzzle’ sei foto dall’alto di città italiane sovrastate da un disegno a monolinea, eseguito con il principio del negativo-positivo, che raffigura un aviatore sul suo aereo; il tutto è poi dominato dalla foto, sempre aerea, della nuova sede del Ministero dell’aeronautica. Il fascicolo di maggio apre con una copertina pubblicitaria per la Shell, firmata «R+M»: su un disegno che raffigura un quartiere cittadino utilizzato e visto dall’alto, compaiono due frecce parallele, incise nel tessuto cittadino, che terminano con i logoi della multinazionale americana ai quali sono associati un’automobile e un velivolo, ad indicare efficacemente i due principali impieghi del carburante promosso. Nel numero estivo i fotomontaggi vengono firmati «Munari+R» ed appaiono più retorici e in assonanza con l’argomento trattato: Italo Balbo e l’Aeronautica italiana. A pagina 108 figura una breve nota illustrata che dà notizia del padiglione che la V Triennale ha dedicato alla stampa aeronautica con l’allestimento di un grande fotomontaggio ‘munariano’ del quale nulla è dato sapere. Il numero di ottobre registra- oltre alla copertina pittorica con paesaggio ed automobile firmata «R+M» e ancora dedicata alla pubblicità della Shell – tre frontespizi non firmati, ma attribuiti a Munari, e due firmati «Munari+R»: tutti fotomontaggi con aggiunte grafiche. Inoltre l’articolo di Bardi intitolato Volare: pensieri e casi è impaginato da Munari e illustrato con tre collage fotografici da lui firmati e di ottima qualità: la prima immagine, quadrata, è costruita accostando una cartina geografica ad una foto aerea di una baia immersa nel verde e unite con un cerchio in cui, sempre con il principio del negativo-positivo, vengono inserite le sagome piene di due aeromobili; la seconda è uno degli esiti più intensi della cospicua produzione munariana, una tavola che raffigura la foto di un dipinto recante il martirio di San Sebastiano, sovrapposta al disegno tecnico di un motore a tre cilindri incorniciato da un bordo nero. Nella pagina successiva troviamo poi un’altra immagine: un aereo, ricavato ritagliando una foto del cielo, sul quale campeggia la scritta «ora il cielo si guarda di più l’aviazione lo ha valorizzato gli ha fatto molta pubblicità». A fianco un’altra tavola con un aeromobile ricavato ritagliando l’immagine fotografica di un tuffatore visto di spalle, sotto il quale stanno confabulando tre anziani signori. L’annata si chiude con il numero di dicembre nel quale viene pubblicata una tavola a piena pagina intitolata Ogni epoca ha le sue macchine, per la quale Munari ha utilizzato il carattere Futura di Renner. Nel 1933, sempre nel campo dell’illustrazione, si segnalano altri tre eventi: la partecipazione di R+M alla Mostra del cartello internazionale e del cartello italiano rifiutato che, tenutasi contemporaneamente in giugno alla V Triennale e alla Galleria del Milione, è organizzata da 33 A. G. Bragaglia, Le origini dell’Aeropittura, «L’Ala d’Italia», 1932, 12. «L’Ufficio Moderno»34; le undici tavole eseguite da Munari per la Litolatta L’Anguria Lirica35, di Tullio d’Albisola, molto vicine a quelle eseguite per il citato Cantastorie Campari; i disegni, su commissione di Cangiullo e Marinetti, da lui realizzati per il pieghevole intitolato Libertà-correre. 34 La mostra è anticipata da un interessante articolo intitolato Mostra Internazionale del cartello moderno e nazionale del cartello bocciato, dove si legge: «Il cartello ha assunto una importanza di prim’ordine e vediamo con piacere che gli artisti puri, anche se non lo trattano, non lo disdegnano e lo comprendono, ma nel nostro Paese la maturità pubblicitaria del cliente, sia l’industriale o membro di giuria, è ancora discutibile per una troppo breve preparazione e l’opera del cartellonista subisce troppe imposizioni e perfino manomissioni perché la si possa giudicare dal come si presenta al pubblico. Per questo abbiamo voluto che i nostri cartellonisti si mostrassero al confronto con i colleghi stranieri, quali sono realmente e non come li vuole la necessità». Nell’elenco degli espositori non compare però Munari, che partecipa alla mostra, come si evince dal catalogo e da un secondo articolo uscito sempre sulla stessa rivista il mese successivo. Si vedano Mostra Internazionale del cartello moderno e nazionale del cartello bocciato, «L’Ufficio Moderno», 1933, 5 e G. L. Luzzatto, La mostra del Cartello alla Galleria del Milione da Dudovich a Sepo, «L’Ufficio Moderno»,1933, 6. 35 Prodotta dalla «Lito Latta Litografia – Lavorazione della Latta» di Savona e pubblicata a Roma dalle Edizioni futuriste di Poesia.