DIPINTI ANTICHI
Genova 24 Febbraio 2009
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24 FEBBRAIO 2009
TH
24 FEBRUARY 2009
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DIPINTI ANTICHI
GENOVA, 24 FEBBRAIO 2009
ORE 21
OLD MASTER PAINTINGS
GENOA, 24TH FEBRUARY 2009
AT 9PM
ASTA - AUCTION
Genova
Palazzo del Melograno
Piazza Campetto, 2
ESPOSIZIONE - VIEWING
Genova
Palazzo del Melograno
Piazza Campetto, 2
Martedì 24 Febbraio
Tuesday 24th February
Venerdì 20 Febbraio
ore 10-13 15-19
Friday 20th February
10am to 1pm - 3 to 7pm
Tornata Unica
ore 21 Lotti 1 - 143
Single Session
at 9pm lots 1 - 143
Sabato 21 Febbraio
ore 10-13 15-19
Saturday 21st February
10am to 1pm - 3 to 7pm
Domenica 22 Febbraio
ore 10-13 15-19
Sunday 22nd February
10am to 1pm - 3 to 7pm
Lunedì 23 Febbraio
ore 10-13 15-19
Monday 23rd February
10am to 1pm - 3 to 7pm
ART AUCTIONS
La partecipazione all’Asta implica l’integrale e incondizionata accettazione
delle Condizioni di Vendita riportate in questo catalogo
I lotti potranno essere ritirati esclusivamente a partire da Mercoledì 25 Febbraio dalle 8.00
alle 12.00 e dalle 14.30 alle 17.30
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ART AUCTIONS
Genova
Palazzo del Melograno
Piazza Campetto, 2
16123 Genova
Tel. +39 010 2530097
Fax +39 010 2517767
Roma
Via Avezzana, 8
00195 Roma
Tel. +39 06 69200565
Fax +39 06 69208044
Milano
Via Santa Marta, 25
20123 Milano
Tel. +39 02 72023790
Fax +39 02 89015908
Guido Wannenes
Amministratore Delegato
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Direttore Esecutivo
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6-02-2009
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QUESTA VENDITA
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SINGLE SESSION
TUESDAY 24TH FEBRUARY 2009 AT 9.00PM
LOTS 1 - 143
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TORNATA UNICA
MARTEDÌ 24 FEBBRAIO 2009 ORE 21.00
LOTTI 1 - 143
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1.
GIOVANNI BENEDETTO CASTIGLIONE
detto IL GRECHETTO
(Genova, 1609 - 1664)
Il Giovane pastore
Acquaforte, cm 25X19
Firmata e datata in basso a destra: Gio. Benedetto
16 [38] Castilionus Geno. Fec
Stima € 1.000 - 1.500
Interpretazione sui temi pastorali d’ambiente romano, specialmente sulle opere di Claude Lorrain dei primi anni
Trenta. La data poco visibile, è stata decifrata da Blunt, Percy e Bellini sull’esemplare conservato al Museo Civico di
Pavia ed esposto nella mostra dedicata all’artista nel 1990. Il foglio è rifilato lungo il margine e applicato su carta.
Bibliografia di riferimento:
G. Dillon, in Il Genio di G. B. Castiglione. Il Grechetto, catalogo della mostra a cura di Gianvittorio Dillon, Ezia Gavazza, Federica Lamera, G. Rotondi Terminiello, Timothy Standring, Laura Tagliaferro, Genova 1990, p. 183, n. 53,
con bibliografia precedente.
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2.
PITTORE FIAMMINGO DEL XVII SECOLO
Natura morta con noci, farfalle, topo e insetti
Olio su pergamena, cm 17X24
Stima € 3.000 - 4.000
Opera di notevole fascino e qualità esecutiva, da riferire ad un pittore fiammingo i cui risultati si possono accostare a quelli
di J. Van Kassel (Anversa 1626 - 1679). La risoluzione d’immagine delle singole parti del dipinto sorprende per accuratezza e
precisione, specialmente per la lenticolare verosimiglianza con cui è descritta la rugosa superficie della noce, la pelliccia del topolino e la tridimensionalità del fiore. Queste realtà percepibili attraverso i sensi, oltre alla loro magnificenza artistica sottintendono ad un complesso significato religioso. Nel nostro caso, il guscio di noce allude alla croce, il topo è una raffigurazione
del male, il fiore reciso ricorda la precarietà della vita, mentre gli insetti, e i piccoli animali, simboleggiano invece la corruzione
delle cose terrene. L’allegoria di questa miniatura vede in ogni elemento un’esortazione a contemplare la caducità della vita,
l’inefficacia della vanità e persuade alla penitenza, come una sorta di promemoria esistenziale e allegoria evangelica.
Bibliografia di riferimento:
Fleurs et Jardins dans l’art flamand, catalogo della mostra a cura di René Pechère, Gand, Musee des Beaux Arts, 1960, p. 125,
nn. 91 - 92.
E. Panofsky, Early netherlandish Paintings. Its Origins and Character. Cambridge/Mass. 1953, vol. 1, p. 131.
U. Krempel, Jan van Kassel, catalogo della mostra, d. ƒ. Die vier Erdteile. Monaco 1973
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3.
CATERINA GORI
(Firenze, attiva nel XVIII Secolo)
Coppia di vasi fioriti
Tempera su carta, cm 34X26
(2)
Firmato e datato in basso: Caterina Gori. F.
1748
Stima € 15.000 - 18.000
D’alta qualità e notevole impatto decorativo, la coppia di carte raffiguranti vasi fioriti qui presentata, di cui una firmata e datata 1748, prospetta un problema storico non trascurabile, per il semplice fatto che pur riconducendone l’origine alla famiglia
fiorentina che ha capostipite Agnolo Gori, la figura di Caterina è sconosciuta alla critica. Stilisticamente, le opere riflettono
un gusto che ricorda le composizioni di Giovanna Garzoni (Ascoli Piceno 1600 - Roma 1670) la cui presenza a Firenze attorno
al 1630 è registrata da Luigi Lanzi (1809, II, p. 209), ma indiscussa è la sua relazione ricorrente con la famiglia Medici, con
Leopoldo e il cardinale Giovanni, committente quest’ultimo, di una serie di vasi fioriti conservati al museo degli Uffizi e che
possiamo considerare modelli per le opere in esame. Queste sorprendono per la precisa raffigurazione delle varietà botaniche
e il non comune talento nel coniugare l’aspetto scientifico con il piacere decorativo, pronunciato con modernità e in maniera
intellettualmente distinta dai più arcaici esempi della Garzoni, ancora memori e soggetti agli esemplari cinquecenteschi di
Fede Galizia. L’assenza di testimonianze documentarie e d’opere riferibili con certezza a Caterina Gori, non consentono appropriate valutazioni storiche, ciò nonostante l’indubbia bellezza e la presenza della firma, autorizzano un giudizio lusinghiero
e a considerare i dipinti una scoperta di grande interesse per la storia della natura morta italiana.
Bibliografia di riferimento:
E. Fumagalli, Giovanna Garzoni, in La natura morta in Italia, a cura di Francesco Porzio e Federico Zeri, Milano 1989, II,
pp. 568 - 571, figg. 678 - 679.
G. Leoncini, Agnolo Gori, in La natura morta in Italia, a cura di Francesco Porzio e Federico Zeri, Milano 1989, II, pp. 583
- 585, con bibliografia precedente.
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4.
FRANCESCO CELEBRANO
(Napoli, 1729 - 1814)
Coppia di giochi di putti
Olio su tavola, cm 42X27,5
(2)
Stima € 6.000 - 8.000
Francesco Celebrano crea raffinati dipinti su tela e a fresco, destinati alla decorazione di chiese e all’ornamento di palazzi nobiliari napoletani. La sua formazione riflette gli esempi del tardo Solimena, che caratterizzano le sue prime composizioni, come
la pala per la chiesa di San Domenico ad Aversa datata al 1753, le tele per il Duomo d’Amalfi e per la distrutta chiesa annessa
al convento dei Gesuiti alla Canocchia di Napoli. Con il settimo decennio, il suo stile manifesta un gusto rocaille, presentando
un tessuto pittorico brillante e corrusco d’ascendenza giaquintesca, che sebbene ancor memore dei modelli di Francesco Solimena e De Mura, si ravviva grazie ad una particolare vivacità esecutiva. Ci riferiamo in modo particolare alle opere a grisaille,
come quelle pubblicate da Nicola Spinosa e conservate al Museo di Belle Arti di Caen o come in questo caso, a leziose composizioni su fondo oro raffiguranti scene mitologiche e arcadiche. Le due tavolette qui presentate sono stilisticamente affini
agli affreschi di Palazzo Sangro, dove il Celebrano diviene pittore di casa dopo il 1764.
Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa, Pittura Napoletana del Settecento, dal Barocco al Rococò, Napoli 1986, p. 53; pp. 88 - 93, nn. 65, 67, con bibliografia precedente.
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5.
OCTAVIANUS MONFORT (Attr. a)
(Documentato in Piemonte tra il 1680 e il 1689)
Natura morta
Tempera su pergamena, cm 26X37,5
Stima € 6.000 - 8.000
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Pittore noto per la produzione di raffinate nature morte, dipinte
a tempera su pergamena, le cui notizie sono scarne e le fonti del
settecento e dell’ottocento non riportano informazioni utili a
definirne la vicenda biografica. I primi passi della ricerca si devono ad Isarlow, che nel 1935 pubblicò una natura morta firmata di una collezione privata parigina. La probabile origine
piemontese dell’artista si deve ad Andreina Griseri, che in occasione della mostra sulla pittura barocca in Piemonte del 1963,
pubblica una serie d’opere del Castello di Settime, mentre nel
1971 la Pettenati rende nota una seconda natura morta firmata.
A tutt’oggi però, le due sole composizioni datate, quella del
1680 raffigurante il Bambino Gesù in meditazione e il Vaso di
fiori del 1689, ambedue di collezione privata, non risolvono
completamente le problematiche per una sequenza cronologica
del catalogo, affrontato da Marco Rosci in uno studio del 1985
e da una più precisa definizione dell’artista dal Chiappetti, in
una recente mostra intitolata La seduzione della natura curata
da Alberto Cottino. Da queste ricerche è possibile stabilire che
l’attività del Monfort parte dagli esempi di Giovanna Garzoni,
attiva a Torino dal 1632 al 1637, a cui si possono accostare le
giovanili pergamene del Museo di Asti.
Bibliografia di riferimento:
A. Cottino, Octavianus Monfort, in Natura morta italiana tra
Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di Mina
Gregori e Johann Georg Prinz von Hohenzollern, Milano 2002,
p. 104, con bibliografia precedente.
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6.
GEORG FLEGEL (Studio)
(Olmütz, 1566 - Francoforte sul Meno, 1638)
Vaso di fiori
Olio su tela, cm 22,5X15
Stima € 4.000 - 5.000
Questa piccola tela già riferita all’incerto gruppo dei
“Maestri del Vaso a Grottesche”, in analogia con le due
tavolette con vasi di fiori cesellati esibiti alla mostra sulla
natura morta italiana a Monaco di Baviera, pur manifestando un tema decorativo pertinente a questa produzione, trova in un’opera di Georg Flegel (1604) del
Fitzwilliam Museum a Cambridge un confronto preciso
(fig.1). L’artista, documentato a Francoforte sul Meno
nel 1597, collabora inizialmente con il fiammingo Lucas
van Valckenborch, qualificandosi a dipingere nature
morte, scene di banchetti e raffinati vasi fioriti. Il dipinto
in esame sorprende per la pregevole definizione floreale
e la raffinata lavorazione a sbalzo del vaso, ma inequivocabile è il suo significato allegorico. Sul levigato piano
marmoreo possiamo osservare un bocciolo appassito e
delle monete deformate, che evocano la precarietà degli
oggetti materiali. Gli insetti, e i piccoli animali, simboleggiano invece la corruzione delle cose terrene. Il vaso,
pur mostrando tutta la sua preziosità, ha impresso in
primo piano l’immagine della morte, che simboleggia la
transitorietà e la fragilità dell’esistenza terrena a cui alludono i rigogliosi e vivaci fiori recisi. Ogni elemento
della composizione esorta a contemplare la caducità
della vita, l’inefficacia della vanità e persuade alla penitenza. Dal punto di vista stilistico l’opera è databile ai
primi anni del XVII Secolo e certamente realizzata da
un artista appartenente alla bottega di Flegel o a conoscenza delle sue opere.
Bibliografia di riferimento:
Giacomo Berra, Maestro lombardo del vaso a Grottesca, in catalogo della mostra Natura morta italiana tra
Cinquecento e Settecento, a cura di Mina Gregori e Johann Georg Prinz von Hohenzollern, Milano 2002,
pp. 112 - 113. Sull’argomento si veda anche il saggio
di Alberto Veca alle pagine 105 - 107 del medesimo catalogo, con bibliografia precedente.
W. J. Müller; DerMaler Georg Flegel und die Anfänge
des Stllebens, in Schriften des Historischen Museums
VII, Francoforte 1956.
K. Wettengl, Die Mahlezeitenstilleben von Georg Flegel. Osnabrück 1983.
fig.1
K. Wettengl, Georg Flegel, Stilleben, Frankfurt 1994,
n. 24.
J. Nicolaisen, H. Seifertová, Georg Flegel, Leipzig,
2000.
Immagini del Sentire. I cinque sensi nell’arte, catalogo
della mostra a cura di Sylvia Ferino - Pagden, Milano
1996.
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7.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Scene di battaglia
Quattro oli su tela, cm 76X128
Stima € 10.000 - 12.000
(4)
Eleganti battaglie databili alla prima metà del XVIII secolo,
eseguite probabilmente da un autore austriaco. L’esecuzione
delle figure e dei cavalli denotano una qualità apprezzabile,
una stesura cromatica considerevole e un’impaginazione avvincente degli episodi.
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8.
JAN MARTSEN DE JONGE (Attr. a)
(Haarlem, 1609 - 1647)
Scaramuccia
Olio su tavola, cm 63,5X48,2
Stima € 3.000 - 4.000
In buone condizioni di conservazione e apprezzabile qualità, il dipinto si può riferire ad un artista nordico, più precisamente
d’area fiamminga che si riconosce in Jan Martsen De Jonge. La scena raffigura uno scontro fra un gruppo di briganti armati
d’archibugio e dei cavalieri di scorta ad una diligenza.
Bibliografia di riferimento:
A.D. de Vries Azn., N. de Roever, Biografische aanteekingen, Oud Holland, 3 (1885), p. 228.
G. Keyes, Esaias van de Velde, Doornspijk 1984 (veelvuldig vermeld)
P. van der Pol, Uittocht 1637 in panorama, een 17e eeuwse tekening als aanwinst, Breda’s Museum Post 5 (1996), nr. 1, p. 2-5
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9.
PIETER HOFMANS detto IL GIANNIZZERO (Attr. a)
(Anversa, 1642 - Roma, 1692)
Scena di battaglia
Olio su tela, cm 81,6X59,3
Stima € 4.000 - 5.000
L’attribuzione a Pieter Hofmans è suggerita da un’etichetta applicata sul telaio, mentre i caratteri di stile e scrittura, presentano analogie con le poche opere note dell’artista, la cui prima citazione storiografica si deve all’abate Lanzi, che lo definisce
un seguace del Borgognone. Giancarlo Sestieri ha recentemente pubblicato due dipinti, già di collezione Sciarra a Fiano Romano, che oltre a proporre una traduzione dei moduli del Courtois, presentano un fare pittorico più sciolto e sommario, prossimo alle opere del gruppo Masturzio e del Reder. La nostra tela, presenta, infatti, un differente ductus pittorico nel modo di
eseguire le parti in primo piano rispetto alle figure secondarie, mentre una speciale qualità di tessuto, vicina al Coutois, si può
osservare nel cielo, in particolare nel modo in cui sono dipinte le nuvole. Il cruento scontro di cavalleria è reso ancor più avvincente dalla ripartizione dell’immagine su due livelli, contenuta da due quinte sceniche che evocano la città di Roma quale
luogo dell’avvenimento.
Bibliografia di riferimento:
G. Sestieri, I pittori di battaglie, Roma 1999, p. 554, con bibliografia precedente.
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10.
JACOB PHILIPP HACKERT (Seguace di)
(1737 - 1807)
Paesaggio
Tempera su carta, cm 51,5X63,5
Stima € 1.500 - 2.500
18
11.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Marina con faro
Tempera su carta, cm 13X18
Siglata in basso a sinistra e datata 1779
Stima € 1.500 - 2.000
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12.
JEAN VICTOR BERTIN
(Parigi, 1767 - 1872)
Paesaggio con fontana e architetture
Olio su tela, cm 46X51
Stima € 2.000 - 3.000
13.
PITTORE DEL XIX SECOLO
Veduta del Ponte Nomentano
Tempera su carta, cm 42X53
Stima € 800 - 1.200
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14.
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Coppia di vedute veneziane
Olio su tela, cm 19X28 (2)
Stima € 2.000 - 3.000
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15.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
La fontana di Trevi
Il “Fontanone”
Tempera su pergamena, cm 25X40
Stima € 2.000 - 3.000
(2)
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16.
PITTORE DEL XIX SECOLO
Coppia di vedute di Napoli
Olio su carta, cm 20X27,5
(2)
Stima € 2.000 - 3.000
14
17.
SCUOLA VENETA DEL XVII SECOLO
Paesaggio con soldati a cavallo
Olio su tela, cm 47X66
Stima € 2.000 - 3.000
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18.
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Veduta del Canal Grande
Olio su tela, cm 51X77
Stima € 40.000 - 50.000
La tela, in buone condizioni di conservazione
e di notevole qualità, è databile attorno alla
prima metà del XVIII secolo, raffigura l’ingresso del Canal Grande, con un taglio prospettico affine a quell’adottato da Canaletto
nel dipinto appartenente alle Collezioni Reali
a Windsor, in quello del Museo di Houston, al
Museo di Cà Rezzonico e in una versione che
si trova all’Ashmolean Museum di Oxford,
mentre altre redazioni sempre autografe sono
segnalate in collezione Poss a Novara e in collezione Rocchetti di Roma, quest’ultima attribuita anche a Bernardo Bellotto (cfr. Puppi,
1968). Con un medesimo taglio di immagine,
Camesasca riferisce in forma dubitativa al
Bellotto una tela conservata a Cà Rezzonico
(cfr. Camesasca, 1974, n. 278).
Bibliografia di riferimento:
L. Puppi, Canaletto, Milano 1968, p. 73, n.
70; p. 102, n. 135.
E. Camesasca, Bellotto, Milano 1974, pp. 119
- 120, n. 278
Canaletto, il trionfo della veduta, catalogo
della mostra a cura di Bozena Anna Kowalczyk, Milano 2005, p. 39.
Canaletto. Prima maniera, catalogo della mostra a cura di Bozena Anna Kowalczyk e Alesando Bettagno, Milano 2001, pp. 162 - 163,
n. 69, pp. 178 - 179, n. 74.
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19.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Mercurio e Argo
Olio su tela, cm 36,5X45
Stima € 1.800 - 2.200
Il dipinto, mostra una sensibilità prossima
agli esiti pittorici di Claude Lorrain (Champagne 1600 ca. - Roma 1682), ricorda il
Paesaggio con suonatore di flauto conservato nel museo di Nancy e il Paesaggio con
Apollo e Mercurio della Galleria Doria Pamphili di Roma, eseguiti rispettivamente
nel 1635 e 1645 circa. L’apprezzabile qualità del tessuto pittorico, specialmente nel
panneggio di Mercurio, dove s’ipotizza l’uso
del lapislazzuli, significa che l’artista disponeva di mezzi appropriati per esercitare la
professione, probabilmente nell’atelier o lo
stretto ambito del Lorenese.
19
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento
a Roma, I, Roma 1977, pp. 376 - 397.
Claude Lorrain e i pittori lorenesi in Italia
nel XVII secolo, catalogo della mostra a
cura di Jacques Thullier, Roma 1982, pp.
275 - 323. nn. 103 - 111.
20.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggi con figure
Coppia di oli su tela, cm 65X95
Stima € 3.000 - 4.000
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21.
GASPARD DUGHET
(Roma, 1615 - 1675)
Paesaggio ideale con il monte Soratte
Olio su tela, cm 49X65
Stima € 7.000 - 9.000
Cognato di Nicolas Poussin, del quale fu allievo, Dughet è da considerarsi pittore di paesaggio fra i più importanti del barocco
romano, ricercatissimo e celebrato dall’aristocrazia, modello di riferimento per gli artisti della generazione seguente, come
Crescenzo Onofri, Jan Frans van Bloemen, Andrea Locatelli. A lui si devono le più importanti commissioni decorative, mentre la sua tecnica pittorica raggiunge esiti d’altissima qualità e compiutezza, specialmente quando esercita la sua arte a tempera, tecnica che porta a livelli d’eccelso virtuosismo, con un’attenzione quasi maniacale nella preparazione dei supporti,
dell’amalgama delle terre e delle vernici protettive finali. La sua attività autonoma comincia nel quarto decennio, con la decorazione di una stanza al primo piano nobile del Palazzo Muti - Bussi all’Ara Coeli. Sono gli anni in cui l’artista al seguito di
Claude Lorrain e Nicolas Poussin cerca la sua ispirazione esplorando la campagna romana, studiandone dal vero gli scorci più
suggestivi, gli effetti di luce e la lussureggiante vegetazione. Alla metà del secolo è chiamato dai Pamphilj, i Costaguti e i Colonna, per i quali esegue affreschi e dipinti da cavalletto, come le suggestive tempere che ancora oggi adornano la sala dei Paesaggi nel Palazzo di famiglia ai Santi Apostoli e riferibili agli ultimi anni d’attività. Il dipinto in esame è un esempio affascinante
della sua arte, una veduta reale ma idealizzata dell’agro romano, interpretata con sensibilità arcadica e classica concretezza
poussiniana, dove lo sguardo può addentrarsi in profondità seguendo una rigorosa sequenza prospettica.
Bibliografia di riferimento:
M. N. Boisclair, Gaspard Dughet. Sa vie et son ouvre (1615 - 1675), Paris 1986
F. Cappelletti, Gaspard Dughet, in La Pittura di Paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di Ludovica Trezzani, Milano 2004,
pp. 272 - 275, con bibliografia precedente.
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FRANCESCO BERNARDINO BISON (Attr. a)
(Palmanova, 1762 - Milano, 1844)
Fantasia lagunare
Olio su tela, cm 33X48
Stima € 6.000 - 8.000
Opera ispirata dai capricci canalettiani, eseguita con raffinata delicatezza cromatica e precisione disegnativa. Il paesaggio ritrae uno scorcio lagunare, le case sono accarezzate dalla luce crepuscolare evocata da rosee tonalità. Le formule collaudate della
veduta fantastica settecentesca, sono qui interpretate con sensibilità romantica ed esprimono uno studio espressivo, capace non
solo di creare luoghi immaginari, ma anche le diverse sfumature di uno stato d’animo. Forse è questo l’aspetto più affascinante
di Bernardino Bison, dove possiamo cogliere la modernità della sua arte, capace di rinnovare una tradizione pittorica senza
cadere nel formulario scenico, riuscendo ad includere nelle sue opere, la coscienza di un tempo interiore e nella luminosità del
tramonto emozioni per l’anima. Ciò smentisce l’ingiustificata critica al pittore di Rodolfo Pallucchini, che lo definisce un “conformista in falsetto, incapace a dimenticare il passato e di tendere ad un’espressione che non fosse un compromesso fra due
epoche e due gusti”.
Bibliografia di riferimento:
R. Pallucchini, La pittura veneziana del Settecento, Venezia 1960, p. 64.
Giuseppe Bernardino Bison, catalogo della mostra a cura di Giuseppe Bergamini, Fabrizio Magani, Giuseppe Ravanello, Milano, 1997.
G. Pavanello, a cura di, La Pittura in Italia, L’Ottocento, Milano 2002, p. 738.
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23.
FRANCESCO ZANIN
(Attivo a Venezia attorno alla seconda metà del XIX secolo)
Capriccio
Olio su tela, cm 80X115,9
Firmato e datato in basso a sinistra: Zanin Franc. 1868
Stima € 6.000 - 8.000
L’attività di Francesco Zanin scorre dal 1855 al 1888 e il suo catalogo conosciuto lo vede esclusivamente dedito al vedutismo,
seguitando la consuetudine settecentesca e moderna, avviata da Giovanni Bernardino Bison, Giovanni Migliara e Ippolito
Caffi. La sua formazione avviene presso l’Accademia di Venezia, dove era previsto l’insegnamento della prospettiva e dell’architettura, la cui cattedra dal 1845 fu tenuta da Federico Moja (Milano 1802 - Dolo 1885). Il percorso di studi è brillante,
infatti, nel 1855 è segnalato fra i migliori allievi e comincia la sua carriera d’artista, raffigurando i siti veneziani più conosciuti,
fissati con rigore scientifico e una particolare attenzione per la luminosità atmosferica. Il catalogo di Zanin contempla pure
capricci e vedute di fantasia, suggestionati non solo dagli esempi illustri, ma altresì, traendo impressioni e spunti da William
Turner e, come nel nostro caso, facendo ricorso a idee squisitamente piranesiane. Infatti, la particolare scenografia del dipinto
rievoca gli stravaganti frontespizi da Le Antichità romane... delineati dal Piranesi, rivisti e trasposti in chiave lagunare.
Bibliografia di riferimento:
F. Magani, Francesco Zanin, in Idealità neoclassica e realismo romantico nella veduta dell’Ottocento, catalogo della mostra,
Milano 1998.
F. Magani, Francesco Zanin : un “Canaletto” nell’Ottocento, Caiati & Salamon, Milano 2008.
Uno sguardo su Venezia, catalogo della mostra a cura di Teresa Barone, Caiati & Salamon, Milano 2008.
La Roma di Piranesi. La città del Settecento nelle Grandi Vedute, a cura di Mario Bevilacqua e Mario Gori Sassoli, Roma 2006.
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PITTORE VENETO DEL XIX SECOLO
Paesaggio costiero
Olio su tela, cm 40X60
Stima € 4.000 - 6.000
L’ottimo stato di conservazione dell’opera permette un’accurata lettura dell’immagine e della sua qualità pittorica, specialmente
quando ne osserviamo i particolari più minuziosi e delicati. La peculiarità con cui il pittore descrive gli attrezzi da pesca, la
decadente costruzione con i rampicanti, le piccole figure, rammentano esiti artistici di gusto settecentesco ma interpretati con
emozionalità romantica e reminiscenze della pittura olandese seicentesca, probabilmente desunte dalle vedute portuali di Jan
van de Cappelle e Simon de Vlieger (si veda a questo proposito B. Aikema e Bram de Klerck, Marco Ricci e l’arte olandese del
Seicento, in catalogo della mostra Marco Ricci e il Paesaggio veneto del Settecento, a cura di Dario Succi e Annalisa Del Neri,
Milano1993, p. 73 - 80, fig. 14). Altrettanto gradevoli sono le delicate sfumature dell’acqua, il digradare dell’orizzonte e l’intervallo cromatico con il cielo. La sospensione temporale che emana la “scenografia” suggerisce una sensibilità arcadica e una
propensione a ritrarre scene di genere. Lo stile, richiama alla memoria le creazioni di Giovanni Bernardino Bison (Palmanova
1762 - Milano 1844), i suoi universi immaginari e inquadrature paesaggistiche intatte, abitate da pescatori, frati in preghiera,
viandanti. La natura e la sua valenza reale, non stride con la visione fantastica. Il merito di questa particolare impressione si
deve alla luce, che pare indagare le minime sfumature delle forme, del colore e nello stesso tempo, produce l’effetto di una bolla,
di un sottilissimo film, oltre a cui è possibile allungare lo sguardo.
Bibliografia di riferimento:
Giuseppe Bernardino Bison, catalogo della mostra a cura di Giuseppe Bergamini, Fabrizio Magani, Giuseppe Pavanello, Milano, 1997.
G. Pavanello, a cura di, La Pittura in Italia, L’Ottocento, Milano 2002, p. 738.
A. Del Neri, Gli inizi di Giuseppe Bernardino Bison in una inedita suite di vedute di Venezia e di Roma, in Arte Documento,
n. 23, 2003, p. 210.
Uno sguardo su Venezia, catalogo della mostra a cura di Teresa Barone, Milano 2008.
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FRANCESCO FONTEBASSO
(Venezia, 1707 - 1769)
Il supplizio di Vetronio Turino
Olio su tela, cm 81X122
Stima € 8.000 - 10.000
Tela giovanile di Francesco Fontebasso, eseguita presumibilmente durante il soggiorno di studio a Roma. Fontebasso è considerato uno dei migliori interpreti di quella tradizione espressiva che nel corso del Settecento crea un tramite stilistico tra Sebastiano Ricci e Giovanni Battista Tiepolo, intercalando al gusto decorativo i parametri della pittura di storia, cimentandosi
inoltre, con il ritratto e la scena di genere, gratificando la sua arte con una notevole sensibilità luministica ed energia plastica.
L’opera in esame raffigura il supplizio di Svetonio Turino, condannato da Alessandro Severo al soffocamento cagionato dal
fumo di paglia e legna umida, perché prometteva falsamente le grazie dell’imperatore per guadagnare denari e favori. L’episodio narrato da Svetonio nell’Historia Augusta, avviene nei pressi del Tempio di Nerva, contiguo a quello d’Augusto e di Traiano, dedicato a Marte Ultore o vendicatore, uno degli edifici più suntuosi della Roma imperiale, che l’artista ricrea con la
fantasia aderendo al gusto rovinistico d’origine veneta e nord italiana con suggestioni desunte da Gian Paolo Pannini, Antonio Stom e Marco Ricci.
Bibliografia di riferimento:
M. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, a cura di Mauro Lucco, Adriano Mariuz, Giuseppe Pavanello, Franca Zava,
Milano 1996, II, pp. 117 - 154, con bibliografia precedente.
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FRANZ JOSEF DE PAULA FERG
(Vienna, 1689 - Londra, 1740)
Paesaggio
Olio su rame, cm 56X40
Stima € 6.000 - 8.000
Allievo d’Adam Pankraz, Gorge Andreas Wasshuber e Hans Graf, si applica nel disegno e all’incisione, studiando Callot e Le
Clerc, per poi divenire assistente di Josef Orient. Nel 1718 lascia definitivamente Vienna e si sposta a Bamberg e in seguito a
Lipsia, dove conosce il paesaggista Johann Thiele, per il quale dipinge le parti secondarie delle sue opere. Dopo una permanenza in bassa Sassonia, poco dopo il 1720 si trasferisce a Londra. Ferg dipinge vedute con rovine, marine, scene di vita quotidiana; nelle sue composizioni il paesaggio è sempre molto accurato, in analogia con i maestri fiamminghi, mentre le figure
paiono più vicine al gusto francese. La sua dimestichezza con l’acquaforte, lo induce nel 1726 a produrre una serie di fogli intitolati capricci, mentre la felicità ornamentale e l’esperienza di decoratore di porcellane a Meissen, lo porta a collaborare con
la fabbrica di Chelsea. I suoi dipinti, per lo più su rame e di piccolo formato, presentano una grazia compositiva e fantastica,
specialmente quando raffigurano vedute di gusto italianizzante. L’opera in esame, per la tipologia di soggetto e la sensibilità
atmosferica si può considerare caratteristica della sua produzione. Somiglianti per il distintivo taglio d’immagine sono i due
rami venduti all’incanto presso la casa d’aste londinese Sotheby’s il 5 dicembre 2007, n. 69.
Bibliografia di riferimento:
H. F. Schweers, Paintings in German Museums, London 1982, II, p. 277.
Parigi, Hôtel Drouot, 9 novembre 1998, n. 46.
L. H. Cust, Ferg, Franz de Paula, 1689 -1740, Sarah Herring 2004.
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ANDRIES VAN EERTVELT
(Antwerpen, 1590 - 1652)
Marina con vascelli
Olio su tavola, cm 74X105
Firmato a destra sulla botte
Stima € 10.000 - 12.000
Opera caratteristica dell’artista, quasi certamente riferibile alla
prima maturità, in seguito al soggiorno genovese presso Cornelio de Wael avvenuto tra il 1608 e il 1610 (informazione
tratta dall’archivio del Rijksbureau voor Kunsthistorische Documentarie di Amsterdam), la cui influenza è ravvisabile in
modo particolare nelle figure e nella resa atmosferica. Questa
peculiare cifra stilistica evidenzia ancora una volta l’importante
ruolo di Cornelio nell’offrire assistenza ai pittori conterranei e
nella diffusione dei loro dipinti sul mercato artistico della Superba e di come nei primi decenni del Secolo è anche possibile
parlare di un gusto italianizzante in chiave genovese. A questo
riguardo è opportuno ricordare in questa sede le uniche opere
note conservate a Genova nel museo Luxoro raffiguranti vascelli in navigazione (figg. 1 - 2), che anticipano insieme alla
nostra tela, risoluzioni d’immagine sviluppate da Jan Theunisz
Blanckerhoff e Pieter Mulier.
fig.1
Bibliografia di riferimento:
Repertori of Dutch and Flemish Paintings in Italian Public Collections, I. Liguria, a cura di Maria Fontana Amoretti e Michiel
Plomp, Firenze 1998, p. 127, nn. 132 - 133.
G. Algeri, Fortune di mare e paesaggi del secondo seicento, in
Pittura fiamminga in Liguria, secoli XIV - XVII, a cura di Piero
Boccardo e Clario di Fabio, Milano1997, pp. 285 - 297.
fig.2
C. Di Fabio, Dai Van Deynen ai de Wael. I fiamminghi a Genova nella prima metà del Seicento, in Pittura fiamminga in Liguria, secoli XIV - XVII, a cura di Piero Boccardo e Clario di
Fabio, Milano1997, pp. 203 - 225, con bibliografia precedente.
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28.
SCUOLA NAPOLETANA DEL XVII SECOLO
Caino e Abele
Olio su tela, cm 220X150
Stima € 5.000 - 6.000
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29.
JOHAN VAN HAENSBERGEN (Attr. a)
(Utrecht, 1642 - L’Aja, 1705)
La nave di Ulisse fugge da Polifemo
Olio su tela, cm 39,5X45
Stima € 3.000 - 4.000
Haensbergen si può considerare il più fedele discepolo di Poelemburg, seguitandone la maniera e il
repertorio iconografico con gran successo. La distinzione filologica delle sue opere rispetto a quelle
del maestro, è possibile valutando attentamente la
qualità dei dipinti e la loro datazione, ponendosi
sempre la domanda, nel caso di un’attribuzione all’Haensbergen, se il quadro non sia da riferire al
Toussaint Gelton (1630 - 1680), la cui produzione
è talvolta sovrapponibile. Nell’opera qui presentata, il tessuto pittorico suggerisce una cronologia
di sapore quasi settecentesco, mentre la stesura, risolutamente più a corpo e in misura minore, a delicate velature, pone quale ipotesi attributiva il
nome di Haensbergen. Il tema iconografico si presta perfettamente ai propositi estetici dell’artista,
consentendogli un’appropriata coniugazione fra la
pittura di “storia” e di paesaggio, usando un supporto dalle dimensioni confacenti alla decorazione
di piccoli ed eleganti ambienti privati. Haensbergen
divenne membro della Gilda di San Luca ad Utrecht
nel 1668, dopo la morte del maestro. L’anno successivo si trasferì all’Aja, dove entrò nella “Confreria pictura”, e ne fu a capo più volte tra il 1682 e il
1690.
29
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a
Roma, II, Roma 1977, pp. 782 - 783.
P. Consigli, I. Consigli, Paesaggi e marine dal Cinquecento all’ottocento, Parma 1990, pp. 80 - 81.
30.
PIETRO TESTA detto IL LUCCHESINO (Attr.a)
Maria Maddalena
Olio su tela, cm 99X83
Stima € 4.000 - 5.000
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GIOACCHINO ASSERETO
(Genova, 1600 - 1650)
Prometeto
Olio su tela, cm 217X143
Stima € 80.000 - 120.000
Il dipinto fu riconosciuto all’Assereto da Daniele Benati, quando apparve a un’asta Finarte alcuni anni or sono (Finarte, Milano, 31/5/2000, lotto 40). L’attribuzione fu accolta da chi scrive
e scelto da Vittorio Sgarbi per una sua mostra dedicata alla tematica del “Male” in pittura, nel
cui catalogo apparve accompagnato da una prima scheda critica (A. Orlando in Il Male. Esercizi di pittura crudele, catalogo della mostra di Torino a cura di Vittorio Sgarbi, Milano 2005,
p. 327 n. 66; cfr. anche Orlando 2006).
Il soggetto efficacemente drammatico, capolavoro del naturalismo “forte” del genovese, è
quanto mai emblematico della sua personalissima poetica. L’Assereto fu artista “del dissenso”
- ossia solito ad affrontare tematiche filosofiche alternative alla cultura ufficiale -, nonchè giudicato “spiritoso” e “saturno” secondo la seicentesca definizione del biografo Raffaele Soprani (1674). Vale a dire: autore di saggi di realismo intenso e profondo, carico di significati
altri che rendono il testo pittorico fonte di continua e profonda meditazione, non solo estetica,
ma anche intellettuale.
Prometeo rubò il fuoco agli dei per donarlo all’umanità osando ribellarsi a Giove, che gli impose una pena terribile. E’ figura-mito dell’eroe che con il fuoco - scintilla di sapienza divina
- eleva l’uomo dal suo primitivo stato di ignoranza a essere superiore capace delle arti e delle
tecniche; precursore di Cristo nella sua opera redentrice attraverso il supplizio, ove la roccia
è prefigurazione della Croce; è simbolo di libertà incondizionata per la sua decisa ribellione alla
tirannia.
Opera colta e matura dell’Assereto, questo straordinario Prometeo, ci dice quanto il pittore genovese abbia colto della terribilità dei soggetti di un Ribera e di un Luca Giordano, conosciuti
certamente nelle raccolte genovesi, ma anche nel suo viaggio a Roma del 1639. Ci dice anche,
questo dipinto come altri del suo ricco catalogo, della sua frequentazione di ambienti filosofici e intellettuali ristretti, forse non convenzionali e non ufficiali, ma che del Seicento ci svela
l’altra faccia del Barocco. Non quello giocoso, esuberante e colorato, ma quello più profondo,
intimo e tormentato.
Anna Orlando
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GIOVANNI BATTISTA PAGGI
(Genova, 1554 - 1627)
Tancredi compiange la morte di Clorinda
Olio su tela, cm 131X103
Stima € 8.000 - 12.000
Bibliografia:
A. Orlando, Con e senza Rubens. La pittura genovese di primo Seicento, in L’Età
di Rubens. Dimore committenti e collezionisti genovesi, a cura di Piero Boccardo
e Anna Orlando, Milano 2004, fig. 28 p. 81, p. 78.
L’opera mostra tutte le diverse componenti della cultura pittorica del Paggi: dalle istanze
milanesi, e anzi procaccinesche nella figura femminile in lacrime sull’estremità destra, a
quelle toscane, e anzi cigolesche, nel viso di Tancredi e nel tessuto rosso lavorato che avvolge la compianta Clorinda. Il Paggi, rientrato a Genova nel 1600 da un ventennale esilio che gli valse una fortunata attività a Firenze, si rinnovò rispetto alle iniziali imbeccate
di segno prettamente genovese, e giunse a realizzare opere finanche spiazzanti per la
compresenza di valenze di vario segno: dai delicati trapassi luministici del Cambiaso, ai
sapienti giochi cromatici toscani, al pathos languido dei milanesi. E’ opera da datarsi non
lontano dal 1620: da porsi tra la Flagellazione di Palazzo Bianco, datata 1615 e la Venere con amorini di collezione privata datata 1624.
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GIOVANNI ANDREA DE FERRARI
(Genova, 1598 - 1669)
San Giuseppe e l’angelo
Olio su tela, cm 93,5X78,3
Stima € 4.000 - 6.000
Il dipinto è stato riconosciuto al pittore da Franco Moro (2002) e da Anna Orlando (2006)
ed è opera significativa a illustrare il debito del genovese nei confronti di Van Dyck. Dopo
il suo esordio come allievo di Strozzi e dopo un momento di forte affinità con Fiasella,
Giovanni Andrea medita profondamente la lezione del fiammingo e mette a punto una
propria sigla stilistica negli anni Quaranta, caratterizzata da una pittura a velature e vibranti effetti atmosferici.
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34.
SALVATORE CASTIGLIONE
(Genova, circa 1629 - post 1674)
Ritratto del doge Gerolamo De Franchi
Olio su tela, cm 218,5X145,5
Iscrizione in basso a destra: “A 1652 [...]“
Stima € 10.000 - 12.000
Bibliografia:
A. Orlando in El Siglo de los Genoveses e una lunga storia di arte e splendori nel Palazzo dei Dogi, catalogo della mostra di Genova
a cura di P. Boccardo e C. Di Fabio, Milano 1999, p. 201, n. VI.24;
A. Orlando, Ritrattisti genovesi del Seicento. ‘Punti fermi’, aggiunte e precisazioni, in Paragone, 36, marzo, 2001, p. 29, tav. 36.
Il dipinto è stato riconosciuto a Salvatore Castiglione da chi scrive (1999) e l’attribuzione è stata confermata da Timothy J,
Standring (2006).
Le ricerche condotte sul ritratto hanno portato a uno straordinario ritrovamento, giacché l’opera costituisce oggi l’unico tassello certo e documentato dell’attività pittorica di Salvatore Castiglione, fratello del Grechetto, la cui arte era nota solo per l’incisione con la Resurrezione di Lazzaro firmata e datata 1645.
La data 1652 in basso a destra e gli abiti dogali dell’effigiato hanno consentito di riconoscere questi in Gerolamo De Franchi.
Un inventario di casa De Franchi del 1738, che lo descrive, ne indica le misure in palmi (corrispondenti) e l’autore (“Castiglione” e non “Grechetto” come nel resto dell’inventario per riferirsi a Giovanni Benedetto).
Il dipinto è inoltre descritto in una dedica a Salvatore Castiglione del poeta Luca Assarino inserita nei suoi Giochi di fortuna,
dato alle stampe nel 1655:
“Però tra i ritratti chi può esprimer l’eccellenza a cui presentamente avete fatto giunger quello del Serenissimo Geronimo De
Franchi ? Chi può descrivere l’animeità colla quale v’è riuscito vivificare ogni sua parte e’l rendere, per così dire, mobile e trattabile tutto il suo intero? E’ egli forse iperbole il dire che avete duplicato l’individuo di quel principe? Che l’avete fatto riveribile nel campo d’un lino al pari di quello ch’egli sia nel seggio del suo trono ? Sarà forse notato di lusinghiere chi, prendendo
a narrare la positura, l’attitudine, la vivezza, la maestà, stimerà di far torto al proprio racconto, quando non affermi ch’esso,
infondendo a prima vista maraviglia ed attenzione, spira un non so che di vivo e di verace che obbliga lo spettatore alla riverenza?”.
La prosa barocca dell’Assarino, dalle evidenti ridondanze encomiastiche, nulla toglie alla sincera ammirazione per un artista
che era tenuto in grande considerazione, sebbene la folgorante fortuna del fratello abbia finora reso difficile la ricostruzione
del catalogo di questo genovese che da questo significativo ritrovamento prende avvio.
Anna Orlando
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35.
PITTORE NAPOLETANO ATTIVO NELLA PRIMA
METÀ DEL XVII SECOLO
Ecce Homo
Olio su tela, cm 128X91
Stima € 6.000 - 8.000
36.
PITTORE ROMANO DEL XVII SECOLO
San Girolamo
Olio su tela, cm 39X27
Stima € 1.500 - 2.000
37.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Santa
Olio su tela, cm 215X160
Stima € 6.000 - 8.000
38.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
San Giuseppe
Olio su tela, cm 178X118
Stima € 3.000 - 4.000
Il dipinto è tradizionalmente attribuito a Francesco
Zuccarelli (Pitigliano 1702 - Firenze 1778), i caratteri
di stile suggeriscono una datazione intorno alla seconda metà del Settecento, per le nitide cadenze classicistiche.
39.
PIETRO NOVELLI detto IL MONREALESE (Attr.a)
(Monreale, 1603 - Palermo, 1647)
Martirio di Santa
Olio su tela, cm 120X150
Stima € 15.000 - 18.000
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CIRO FERRI (Studio)
(Roma, 1634 - 1689)
Madonna col Bambino e San Giovannino
Olio su tela, cm 72X84
Stima € 3.500 - 4.500
L’iconografia dell’opera presenta moduli disegnativi e scenici desunti da Pietro da Cortona.
I molteplici riferimenti al maestro, trovano precisi riscontri osservando lo schema strutturale e la descrizione del paesaggio formulato nella Madonna col Bambino e Santa Martina
(1643 ca.) oggi conservata al museo del Louvre. La tela in esame presenta invece un differente
ductus pittorico, più classicheggiante, delicato, impreziosito da una luminosità e una maggiore attenzione nel descrivere i dettagli, seconde norme espressive che riscontriamo nelle
opere di Ciro Ferri (Roma 1633 - 1689), artista che Lione Pascoli giudica il migliore allievo
del Cortona, l’unico legittimato a “terminare l’opere lasciate imperfette da lui”. A quest’ipotesi attributiva contribuisce l’analogia d’immagine e di linguaggio con il Riposo nella
fuga in Egitto oggi conservato al museo Fesch d’Ajaccio (cm 205 x 205, inv. M.F.A.
852.1.232), che si può considerare il modello compositivo di riferimento. La fortuna critica
della nostra tela è inoltre testimoniata da diverse derivazioni d’inferiore qualità. La prima segnalataci da Federico Zeri (cm 127 x 149) è conservata nella collezione B. Jones a Greenville (South Carolina), la seconda (cm 74 x 98, inv. M.F.A. 852,1,376) si trova anch’essa al
museo Fesch e vagamente riferita all’entourage di Cortona, infine si ricorda quella venduta
all’incanto presso la Finarte di Roma (cm. 72 x 81) il 10 maggio 1988, n. 57.
Bibliografia di riferimento:
M. Fagiolo dell’Arco, Pietro da Cortona e i “cortoneschi”. Giminiani, Romanelli, Baldi, Il
Borgognone, Ferri, Milano 2001.
Archivi Zeri di Bologna: N. scheda 49484 - N. busta 0499
Intestazione busta Pittura italiana sec. XVII. Roma. Pietro da Cortona
N. fascicolo 9 - Intestazione fascicolo Pietro da Cortona: seguaci anonimi.
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GIOVAN FRANCESCO GESSI
(Bologna, 1588 - 1649)
Sacra Famiglia con angeli musicanti
Olio su tela, cm 104X126
Stima € 10.000 - 12.000
Cresciuto nella florida bottega di Guido Reni, Giovan Francesco Gessi è stato a lungo considerato
un suo mero emulo. Insieme al Sementi svolse un’intensa attività di copista da opere del maestro
e di collaborazione nelle massime imprese decorative assunte dal Reni nel corso del secondo decennio del secolo. Diligente e capace, non stupisce dunque vedere poi il Gessi eseguire una replica
di una sua propria opera come è il caso che qui si presenta. La Sacra famiglia con angeli musicanti
della Pinacoteca di Bologna di identiche misure (cm 103 x 130) è opera nota del Gessi (A. Cera,
La pittura emiliana del ‘600, Milano 1982, tav. 6).
A Massimo Pulini si deve l’indicazione di questo preciso riferimento in una comunicazione orale
al proprietario (2004).
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GIOVANNI DOMENICO CERRINI
detto IL CAVALIER PERUGINO
(Perugia, 1609 - Roma, 1681)
Erato musa della poesia amorosa
Olio su tela, cm 79X61,5
Stima € 15.000 - 18.000
Figura 1. Domenico Cerrini, detto il cavalier
Perugino, Euterpe musa della musica, Rennes, Musée des Beaux-Arts
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L’opera è stata riconosciuta al Cerrini da
Massimo Pulini (comunicazione scritta al
proprietario, 2007).
Sono molti i dipinti del Cavalier Perugino incentrati sulla singola figura femminile, che si
carica in taluni casi di una veste allegorica o
mitologica.
In questo caso, la presenza del tamburello,
richiama immediatamente alla figura di
Erato, musa della poesia amorosa. Le muse,
le divinità che presiedono all’ispirazione nel
campo delle arti, furono soggetto molto
amato nella pittura seicentesca e tele di dimensioni ridotte come questa, venivano
spesso eseguite in serie.
Le fonti settecentesche ricordano che il Cerrini amava cimentarsi in questa sorta di soggetti di grande gradevolezza: ne realizzò
“diversi per diversi”, “assai ben disegnati e
coloriti”, ma soprattutto caratterizzati “da
una maniera assai vaga ... per lo grazioso
girar delle vesti” (Pascoli, 1730, pp. 54-56).
Questi soggetti sono peraltro citati per alcune delle tele annoverate nell’inventario del
1682 che annovera diverse decine di opere
del Cerrini, notizia per le quali si rimanda ai
risultati della nota mostra di Perugia del
2005 (pp. 280-281 del catalogo curato da
F.F. Mancini).
Tra le opere note di tema analogo si vedano
per esempio la Euterpe musa della musica
del Musée des Beaux-Arts di Rennes (cm
63x47) o la Clio musa della storia del
Museo di Belle Arti di Budapest, caratterizzata dalla stessa grazia con cui viene presentata questa. Identica, anzi. è la posa
lievemente di tre quarti, del volto nella francese Musa Euterpe esposta di recente alla
bella mostra dedicata al pittore dalla sua
città natale, Perugia (2005) (figura 1).
Dell’opera, inedita, che qui si presenta, si
può apprezzare in particolar modo anche la
sapienza luministica del pittore, capace di
fare emergere la figura, attraverso la radenza
di una illuminazione laterale, che cade sui
bianchi incarnati della giovane; il grande
tamburello adombra la mano sinistra di
Erato, laddove quella destra, intenta a suonare, è descritta in tutto il suo candore, fine
ed elegante come la figura tutta. Il contrasto
del blu intenso e del bianco abbagliante delle
vesti, dà altresì prova della ben nota grazia
coloristica del pittore.
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PIETRO RICCHI detto IL LUCCHESINO
(Lucca, 1606 - Udine, 1675)
Susanna e i vecchioni
Olio su tela, cm 104X78,5
Stima € 10.000 - 15.000
Nel vasto repertorio dei quadri “da stanza” a soggetto profano di Pietro Ricchi, di cui dà conto il catalogo della recente mostra dedicata al pittore realizzata a Riva del Garda nel 1997 (a cura di M. Botteri Ottaviani, Milano 1997),
sono molte le tele che rappresentano figure ritratte a distanza ravvicinata, e
come catturate da una fonte di luce che le fa emergere dal buio. A fare da protagoniste sono spesso le figure femminili: Sibille, Giuditte, Lucrezie Allegorie.
Anche in alcune storie bibliche è la donna ad avere un ruolo predominante e
ad imporsi per la sua sensualità. Così accade nelle varie versioni note del Lot
e le figlie, dove il pittore pone a contrasto il vecchio con le giovani carni e le
fresche forme aggraziate delle fanciulle.
La leggerezza del tocco e la lievità dello sfumato, le tipologie facciali e le scelte
cromatiche ribassate nella penombra che domina la scena, suggeriscono di riferire quest’opera al pittore e a questo particolare capitolo della sua produzione, dove al tema sacro si sovrappone un significato tutto laico e profano.
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DOMENICO PIOLA
(Genova, 1628 - 1703)
Salvator Mundi addormentato come Vanitas
Olio su tela, cm 124,3X91,5
Stima € 30.000 - 40.000
Bibliografia:
A. Orlando in I fiori del Barocco. Pittura a Genova dal naturalismo al rococò, catalogo della mostra di Genova a cura di A. Orlando, Cinisello
Balsamo 2006, fig. 1 a p. 194 (con indicazione di successiva bibliografia
in c.d.s.).
Un bimbo, nella pienezza languida e delicata del suo giovane corpo, giace
adagiato su di un drappo rosa che lascia timidamente apparire agli occhi
del riguardante i simboli del tempo che ineluttabilmente passa: una Vanitas dunque si cela oltre questo grazioso Salvator Mundi , che poggia sul
globo, a ricordarci del suo ruolo salvifico e redentore.
Il dipinto, restituito al pennello di Domenico Piola da chi scrive (2006),
recava l’attribuzione a Gregorio De Ferrari presso il precedente proprietario. Dal Piola maturo al genero Gregorio de Ferrari, il passo è breve,
specie per le opere della maturità del nostro, se si considera il rapporto
di dipendenza tra maestro (Domenico) e allievo (Gregorio), e se si pensa
a quanto hanno dovuto collaborare fianco a fianco, soprattutto nei
grandi cicli di affreschi. Altrettanto può dirsi per il figlio Paolo Gerolamo
Piola, educato dal padre alla pittura, e con lui attivo con particolare assiduità soprattutto negli ultimi due decenni del secolo.
L’opera qui illustrata si data agli anni Ottanta e infatti mostra quei caratteri di leziosità e grazia, specie nel viso, affini tanto al tardo barocco
di Paolo Gerolamo quanto al rococò di Gregorio. A Domenico però sono
pertinenti questa materia corposa e questa stesura compatta; l’incarnato
sodo trattato con lievi modulazioni di rosa e attraversato da ombre sapienti; la maniera di tracciare la vegetazione e il modo di costruire i panneggi, sia quello su cui poggia il Bambino, sia quello bruno che si intona
con lo sfondo in ombra. Il tutto qui pienamente apprezzabile per l’ottimo
stato di conservazione dell’opera.
Destinata all’intima fruizione privata, questa Vanitas trova più di un parallelo nell’abbondante produzione pittorica del Piola, artista leader nel
terzo quarto del secolo sia per la committenza pubblica che privata, sia
per gli affreschi che per le opere su tela, sia per i quadri di grandi dimensioni che per quelli di formato ridotto del quadro “da stanza”.
Il dipinto è stato riconosciuto ad Antiveduto Grammatica da Gianni Papi
che lo ha reso noto selezionandolo tra le opere esposte alla mostra “La
Schola del Caravaggio” da lui curata per la bella sede di Palazzo Chigi ad
Ariccia nel 2006 (cat. n. 36).
Anna Orlando
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ANTIVEDUTO GRAMMATICA
(Roma, 1596 - 1626)
Urania (Allegoria dell’Astronomia)
Olio su tela, cm 100X79
Stima € 10.000 - 15.000
Il dipinto è stato riconosciuto ad Antiveduto Grammatica da Gianni Papi che lo ha reso noto selezionandoleo per la mostra
“La Schola del Caravaggio” da lui curata per la bella sede di Palazzo Chigi ad Ariccia nel 2006 (cat. n. 36).
Secondo lo studioso “il dipinto fa verosimilmente parte della serie composta da nove quadri con le Muse e un decimo con
Apollo, che appartenevano alle collezioni Savoia a Torino e che vengono ricordate nel 1635 nell’inventario redatto da Antonio Della Cornia” (Papi 2006, p. 140). Le tele in quell’inventario e in uno precedente del 1631 erano dette “mano d’Antiveduto”, sebbene pongano il problema della collaborazione col figlio Imperiale, spesso al fianco del padre in questi anni della
maturità. Della serie si conoscono a oggi quattro tele, tra le quali questa, che Papi riconduce al soggiorno torinese del pittore,
nel 1621.
La bella ed elegante figura femminile, volta di profilo con lo sguardo al cielo, è allegoria dell’Astronomia, riconoscibile per la
sfera armillare, il globo, il compasso e il capo incoronato di stelle. E’ la divinità che ispirò la scienza che studia il cielo e il movimento degli astri e dei pianeti, ma la bellezza e sensualità di questa figura, come delle altre compagne di Apollo, la rese con
esse tra i soggetti profani prediletti di tanta pittura barocca.
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PIETRO DELLA VECCHIA
(Vicenza, ? 1603 - Venezia, 1678)
Ritratto di un cavaliere di San Marco
Olio su tela, cm 130X95
Stima € 6.000 - 8.000
Figura 1: Pietro della Vecchia,
Cavaliere che sguaina la spada,
Vienna, Kunsthistorisches Museum
L’attribuzione a Della Vecchia è stata confermata da B. Aikema (com. al proprietario, 24/10/1998), autore del saggio fondamentale per la ricostruzione del profilo artistico del pittore (B. Aikema, Pietro della Vecchia, a profile, in “Saggi e Memorie
di storia dell’arte”, n. 14, 1984, pp. 77-100).
Estimatore d’arte e copista, secondo le fonti, il Della Vecchia fu anche un bizzarro sperimentatore che seppe farsi apprezzare
dalla committenza privata per la novità di alcune proposte iconografiche. Singolare è il suo recupero di soggetti e temi cinquecenteschi in chiave secentesca: si tratta di spunti tematici che egli carica di quella nuova sensualità e di quella che il Palucchini a definito “fragososa prosa barocca”. Tra le opere maggiormente apprezzate sono gli intriganti soggetti allegorici e le teste
di carattere e soprattutto i soggetti “guerreschi”.
Appartiene a questo specifico filone la nostra tela che, come le altre note, dovette risultare particolarmente suggestiva per la
committenza privata veneziana, per quel gusto del costume, dell’estro nell’abbigliarsi, dell’esotico e del fiabesco.
Il personaggio qui effigiato va riconosciuto come un cavaliere di San Marco, unica onorificenza equestre a Venezia. Lo si riconosce per la presenza della medaglia d’oro, insegna ufficiale dell’ordine, e per la foggia dell’abito.
Tra le opere più note del Della Vecchia di soggetto analogo si può ricordare il Cavaliere che sguaina la spada del Kunsthistorisches Museum di Vienna (figura 1), opera di grande fascino per l’estro iconografico e coloristico.
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LUCA SALTARELLO
(Genova, 1610 ca. - Roma, 1645 ca.)
Salomè con la testa del Battista
Olio su tela, cm 96,5X127
Stima € 18.000 - 22.000
Non è ancora stata indagata appieno ogni singola piega del fascinoso tessuto pittorico del naturalismo genovese. In ombra rispetto alla figura del
suo maestro, Domenico Fasella, e di alcuni suoi contemporanei più longevi
e più radicati nel contesto locale, è rimasto Luca Saltarello, morto poco più
che trentenne a Roma, dove si trasferì forse intorno al 1640.
In questa inedita Salomè il Saltarello coniuga la lezione del Sarzana alle
nuove suggestioni della pittura fiamminga a Genova, specie nell’adozione
della tecnica pittorica a velature, che rende delicata e vibrante l’atmosfera,
in un suggestivo gioco di cangianti cromatiche.
La scena è impostata secondo il più tipico schema narrativo della sequenza
ravvicinata a sviluppo orizzontale che ritorna in molte opere genovesi dalla
metà degli anni Venti alla metà degli anni Quaranta circa. Il successo dei
racconti dipinti dall’Assereto, Orazio De Ferrari, Gio. Andrea De Ferrari
e dal Fiasella stesso, fanno di questa scelta compositiva un modello di riferimento per molti, se non tutti, comprimari del palcoscenico artistico locale.
Le figure si dispongono qui simmetricamente ad arco intorno all’elemento
centrale costituito dalla testa del Battista. Le mani sono disposte a creare
un gioco di circolarità, così come l’incrocio tra gli sguardi conferisce un pacato movimento alla scena. Alle estremità sinistra e destra del secondo
piano sono collocate due figure che chiudono lo spazio e nel volgere lo
sguardo fisso al riguardante aiutano a nel ruolo di spettatori di un evento
drammatico. E’ indubbia infatti la forte teatralità di questa impostazione
narrativa, seppure il pathos sia contenuto e non si giunga all’intensa emozionalità delle opere di Assereto, ma ci si trattenga piuttosto sui toni più
leggeri della narrativa fiasellaesca. E’ quanto si può constatare anche nell’opera di riferimento per la ricostruzione del catalogo di Salterello costituita dalla pala conservata in Santo Stefano, datata 1632. Una data questa
che non pare troppo distante da quella di probabile realizzazione di questo bel ritrovamento.
Anna Orlando
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JUSTUS SUSTERMANS (Attr.a)
Figura di sovrano
Olio su tela, cm 116X95
Stima € 3.000 - 4.000
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PITTORE BOLOGNESE DEL XVII SECOLO
Ritratto di gentiluomo con la figlia
Olio su tela, cm 120X92
Stima € 8.000 - 12.000
La grande eleganza del gentiluomo, unito alla spontanea gestualità della bambina che posa accanto al padre; l’intensa espressività di
entrambe le figure alle quali questo notevole pennello ancora anonimo riesce a restituire moti interiori e profonda sensibilità; la capacità di dosare luci e ombre in funzione di un’ambientazione naturale e realistica dell’immagine, ma al contempo a conferire quel
pathos e quella emozionalità che sono proprie delle indagini anche psicologiche del capace ritrattista, sono notazioni di qualità e di
stile che impongono di sottolineare il livello notevole di questo testo pittorico, a tutt’oggi inedito e che, come molti ritratti seicenteschi, attende di essere restituito al proprio autore.
In quest’opera vanno rilevati la descrizione puntuale degli abiti e dei gioielli e quel morbido gioco luministico che ritroviamo nei noti
ritratti di Alessandro Tiarini: nella superba Gentildonna di casa Toschi e nella intensa Orsina Leoni Castelli; capolavori della ritrattistica bolognese che con il nostro ritratto condividono quella sapiente indagine di realismo psicologico, da un lato, dall’altro la ricerca
del dettaglio nell’accuratezza descrittiva, pur nella sobrietà d’impostazione. Infine condividono la forza dell’immagine dovuta alla capacità di scolpire nella luce una figura, nobile ed austera, colta nell’immediatezza della proprie sincera espressività.
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50.
ANTON MARIA VASSALLO
(Genova, 1617/18 - Milano, 1660)
Il ritrovamento di Mosè
Olio su tela, cm 111,5X149
Stima € 40.000 - 60.000
Provenienza:
Genova, collezione di Giovanni Battista Ferrari di Desiderio, 1658
Nella collezione genovese di Giovanni Battista Ferrari di Desiderio, il cui inventario fu redatto in data 1 maggio 1658, si conservavano ben sette dipinti di Anton Maria Vassallo: due dell’Arca di Noè, una Visione di San Giuseppe, un Lot e le figlie, una
Vendita della primogenitura, una Susanna alla fontana e un Ritrovamento di Moisè in la culla nel fiume (cfr. la monografia di
chi scrive: A. Orlando, Anton Maria Vassallo, Genova 1999, p. 149).
Si era già potuta avanzare l’ipotesi della pertinenza alla straordinaria serie per La vendita della primogenitura già in collezione
Zerbone a Genova e poi presso l’antiquario Canesso di Parigi nel 2005 (fig. 1) e per il Lot e le figlie di collezione privata (fig.
2). A queste si è poi potuta aggiungere questa con Il ritrovamento di Mosè, peraltro acquistata dall’ultimo proprietario presso
la famiglia che già possedeva il Lot e le figlie prima del 1999 (Orlando 2006).
Proprio il Lot e le figlie (fig. 2) è il dipinto stilisticamente più prossimo a questo: entrambi attingono dal libro biblico della Genesi per inscenare un racconto a più figure che si giova della semplicità del linguaggio narrativo, con una gestualità pacata dei
personaggi, per calare nel presente una evento sacro. Ciò è proprio alla poetica del Vassallo che è pittore del quotidiano, secondo la lezione dei fiamminghi a Genova e secondo il gusto dominante del naturalismo genovese. Egli fu allievo di Vincenzo
Malò, uno scolaro di Rubens che giungeva da Anversa e che ebbe fortuna in Italia e soprattutto a Genova proprio come prolifico divulgatore dei temi e dei modi del grande fiammingo. Questa lezione rimase fondamentale per il Vassallo che sempre
adottò una pittura corposa, a piena pasta, stesa con immediatezza e vigore di pennello, alternata da alcuni passaggi più leggeri a velature. Lo fa anche in quest’opera che, come le altre della serie, va riferita alla maturità: fu eseguita certamente entro
il 1658, anno dell’inventario, e più probabilmente entro il 1656, anno della peste genovese che coincide con ogni probabilità
con quello della partenza del pittore per Milano, dove è registrata la sua morte il 3 giugno del 1660.
Anna Orlando
fig.1
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fig.2
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PITTORE DEL XVII SECOLO
Scena di interno con figure
Olio su tela, cm 57X91
Stima € 1.000 - 1.500
52.
PITTORE DEL XVI SECOLO
Allegoria dell’estate
Olio su tela, cm 62X94
Stima € 1.500 - 2.000
53.
SCUOLA ITALIANA DEL XVI SECOLO
Sacra Famiglia e San Giovannino
Olio su tela, cm 100X118
Stima € 1.500 - 2.000
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54.
SCUOLA NAPOLETANA DEL XVIII SECOLO
Marina con velieri in battaglia
Olio su tela, cm 74X99
Stima € 1.500 - 2.000
55.
SCUOLA ROMANA DEL XVIII SECOLO
Paesaggio con figure
Olio su tela, cm 65X94
Stima € 4.000 - 5.000
56.
SCUOLA NORDEUROPEA DEL XVII SECOLO
Paesaggio
Olio su tela, cm 86X110
Stima € 1.500 - 2.000
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57.
ADRIAEN VAN DER KABEL (Attr. a)
(Ryswyck, 1631 ca. - Lione, 1705)
Veduta di porto con l’arrivo di un ambasciatore
Olio su tela, cm 177,5X239
Stima € 25.000 - 35.000
Nativo di una piccola località olandese nei pressi dell’Aja, fu allievo in patria di Jan
van Goyen che lo introdusse alla pittura di paesaggio. Determinante fu però il suo
viaggio in Italia, dove giunse nel 1659 circa.
Luigi Salerno ha pubblicato nel suo importante lavoro sui Pittori di paesaggio del
Seicento a Roma del 1976 un dipinto firmato raffigurante una Marina nei pressi
di una torre (figura 1) che costituisce un tassello fondamentale per la ricostruzione
dell’attività italiana del pittore, dove l’artista sul gusto nordico per la veduta e per
il dettaglio innesta la cultura italiana che conferisce alla figura e alla narrazione un
ruolo determinante. L’opera è di utile conforto per riferire al pittore anche questa
grande veduta di porto, che vede ripreso, in dinamica sequenza quasi cinematografica, l’arrivo di un ambasciatore con il suo seguito, in un porto animato dal lavorio intenso degli scaricatori, ma anche dal giocoso intrattenersi di altri, sullo
sfondo. La palizzata di edifici che chiude a destra il bacino portuale fa da quinta
scenica, controbilanciata dalle sagome mosse delle tre grandi galee sulla sinistra.
Accostato al dipinto firmato reso noto dal Salerno si può constatare che sono del
tutto analoghe le scelte compositive e il taglio narrativo, in quel gusto per il “racconto nel racconto” che rende quanto mai piacevoli e decorativi questo tipo di
soggetti, vieppiù nelle grandi dimensioni. Alcuni dettagli poi, che vanno dalla tipologia delle figurine alla particolare maniera di definire l’increstarsi della superficie marina, al modo dettagliato di descrivere le imbarcazioni, sono di ulteriore
conforto all’attribuzione.
Figura 1: A. Van der Kabel, Marina presso una torre, firmato, Bologna, collezione G. Maccaferri
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JACQUES D’ARTOIS (Attr. a)
(Bruxelles, 1613 - 1686)
Paesaggio
Olio su tela, cm 100X42
Stima € 3.000 - 4.000
Il dipinto in esame per i caratteri di stile e scrittura si può attribuire al pittore belga Jacques d’Artois, specializzato nella pittura di paesaggio e a capo di una fiorente bottega. La sua pittura è certamente influenzata dal gusto italianizzante, ma la natura da lui dipinta esprime un sentimento reale, privo di sovrastrutture culturali d’origine classica. Gli aspetti preferiti dei suoi
paesaggi, sono le ombrose e impenetrabili foreste, attraversate da fiumi e torrenti impetuosi, descritti con una sensibilità quasi
preromantica e molto diversa dalle misurate visioni di Claudio di Lorena o di Pussino. Dal paesaggismo italiano fa proprio
l’uso della luce, con cui modula la profondità prospettica, indaga le asperità del terreno e il gioco dell’ombra filtrata dagli alberi. Un confronto è in parte possibile con le opere della maturità di Swanevelt, documentato a Parigi intorno al 1645-1646,
ma ancor più dai paesaggisti belgi post-rubensiani.
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PITTORE ROMANO DEL XVIII SECOLO
Paesaggio
Olio su tela, cm 76X131
Stima € 4.000 - 5.000
Il dipinto, da riferire ad un artista di scuola romana attivo nella prima metà del XVIII Secolo, raffigura un ampio paesaggio con
un borgo fortificato. Lo stile si discosta dalle visioni arcadiche ed eroiche di Jan Frans van Bloemen e Andrea Locatelli, esibendo
un taglio d’immagine dal sapore vedutistico, certamente sollecitato dalle opere di Gaspare van Wittel, ma in questo caso risolto
aderendo ad una norma di tradizione italiana, somigliante a quella di Giovan Francesco Grimaldi e Crescenzo Onofri.
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, Roma 1977 - 1980.
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MARCANTONIO SARDI (Attr. a)
(Roma, documentato dal 1711 al 1733)
Paesaggio
Olio su tela, cm 49X67
Stima € 3.500 - 4.500
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AUGUST FISCHER
(Copenhagen, 1854 - 1921)
Veduta del Tevere con Castel Sant’Angelo
Tempera su carta, cm 48X82
Firmata e datata 1895
Stima € 3.000 - 4.000
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JEAN VICTOR BERTIN
(Parigi, 1767 - 1872)
Coppia di Paesaggi con architetture
Olio su tela, cm 16,4X21,8
(2)
Stima € 2.000 - 3.000
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JAN JOSEPH HOREMANS
(Anversa, 1682 - 1759)
Scena d’interno
Olio su tela, cm 46,5X36
Stima € 4.000 - 5.000
Horemans fu un simpatico interprete della vita borghese e della classe popolare d’Anversa. Il dipinto in esame raffigura l’interno di una cucina, eseguito nei modi caratteristici della tradizione olandese. La scena ritrae una famiglia seduta ad una tavola dimessamente imbandita, con le sedie scompagnate e i pochi utensili appesi alle pareti scurite. In primo piano, possiamo
osservare una donna che versa in una casseruola poggiata sul pavimento la razione di zuppa destinata al cane, la medesima
che servirà ai commensali. Il pittore descrive con attenzione le stoviglie metalliche, i piatti di terracotta e i diversi atteggiamenti,
senza derisione, malcelato sarcasmo o critica sociale, ma evidenziando la naturalezza e la dignità umana dei personaggi nella
loro composta serenità quotidiana.
Bibliografia di riferimento:
W. Bernt, Die niederländifchen maler und zeichner def 17th jahrhundertf, II, Munchen 1980, p.14.
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ABRAHAM WILLEMSENS
(Antwerp, 1610 - 1672)
Rebecca al pozzo
Olio su rame, cm 68X86
Stima € 6.000 - 8.000
Il dipinto raffigura l’episodio biblico di Rebecca al Pozzo (Genesi, 24), la scena è ambientata in un paesaggio dal distintivo carattere fiammingo e vede i protagonisti in primo piano, ritratti nel momento in cui Rebecca offre da bere ad Eliazar da una
suntuosa caraffa di metallo sbalzato e dorato. Willemsens fu allievo di Willem Antonissens negli anni 1627 - 1628 e nel 1645
è documentata la sua presenza a Parigi. Si dedicò prevalentemente alla pittura di paesaggio, dove inseriva scene religiose o mitologiche, ispirandosi a Frank Franken II, van Balen e ai fratelli Le Nain. La sua tavolozza esibisce colori raffinati e luminosi,
distesi a formare un tessuto pittorico ricco di velature e trasparenze, che risaltano grazie alla particolarità del supporto metallico. La maggior parte della sua produzione si conserva in Spagna.
Bibliografia di riferimento:
M. Roethlisberger, Le paint Abraham Willemsens in Jaarboek, Antwerp, 1988, pp. 253 - 259.
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65.
DOMENICO GARGIULO detto MICCO SPADARO
(Napoli, 1609/10 - 1675 ca.)
La lapidazione di Santo Stefano
Olio su tela, cm 78X103
Stima € 20.000 - 30.000
Provenienza:
Napoli, Collezione dei Marchesi Sant’Angelo, anteriormente al 1876
L’opera è stata studiata da Nicola Spinosa (comunicazione scritta al proprietario, 2003),
che la ha identificata con quella citata nell’inventario della nota raccolta ottocentesca
dei Marchesi Santangelo di Napoli. Essa compare nel documento, redatto anteriormente
al 1876, al n. 9, insieme a un martirio di santa Lucia : “Domenico Gargiulo detto Micco
Spadaro: Due quadri in tela compagni ricchi di figure: Lapidazione di Santo Stefano e
Santa Lucia condotta al martirio. Vi è la cifra dell’autore: 0.77:1.05”.
Il dipinto pendant è oggi conservato nel Musée Départemental de L’Oise a Beauvais
(inv. 61.10), che ha infatti identiche misure (cm 76 x 103) e reca la sigla “DG” del pittore (figura 1).
Come il martirio di Santa Lucia, anche quello di Santo Stefano fu replicato in più di
un’occasione da Micco Spadaro. Sempre nel corso del quinto decennio, nella maturità
del pittore, egli realizzò altre due versioni di questo soggetto, che presentano figure e architetture simili al nostro quadro: si tratta di celebri monumenti romani inseriti come
fondale di un’ambientazione di fantasia in cui ambienta questo martirio, su evidente
ispirazione da Viviano Codazzi con cui lo Spadaro si sa collaborò in diverse occasioni,
inserendo la sua moltitudine di piccole e animate figure nelle scenografie di Viviano.
La redazione dell’Elvehiem Museum of Art di Madison nel Wisconsin è importata in
senso verticale, laddove la tela della Walpole Gallery di Londra ha uno sviluppo orizzontale come la tela qui presentata.
Tra le opere più prossime, citate nella relazione di Nicola Spinosa, sono il grande Martirio di San Sebastiano del Museo di San Martino di Napoli, e soprattutto Il martirio
di Sant’Andrea conservato presso il Ritiro dell’Addolorata a Portici presso Napoli. Vi
ritroviamo quel dinamismo convulso conferito alla scena grazie alla celerità del pennello che traccia, nell’immediatezza del tocco, ogni singola figura, disponendola, insieme ad altre, in una progressiva scansione di piani che, nell’incrociarsi delle
immaginarie linee direttrici in diagonale, dilata lo spazio e lo rende, anche nelle dimensioni relativamente ridotte, quanto mai dinamico.
Figura 1: Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro, Martirio di
santa Lucia, Beauvais, Musée Départemental de L’Oise
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66.
LEONARD BRAMER
(Delft, 1596 - 1674)
La salita al Golgota
Olio su lavagna, cm 30X32,3
Stima € 2.000 - 3.000
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Questa composizione raffigurante La salita al Golgota, riflette una cifra stilistica d’ascendenza nordica, ispirata da
Adam Elsheimer e dai primi caravaggeschi. Le figure, grazie alla peculiarità del supporto e alle vibranti pennellate,
spiccano sulla superficie, secondo una tecnica esecutiva che
riconosciamo nelle opere di Leonard Bramer, artista di Delft
giunto in Italia poco dopo il 1616 e documentato a Roma
dal 1618 al 1629. Nella città capitolina il pittore dipinse
per il principe Mario Farnese, per il cardinale Scaglia e la famiglia Giustiniani. Di particolare importanza per la formazione italiana di Bramer, sono le opere degli
innumerevoli artisti nordici ivi presenti, creatori d’affascinanti visioni notturne. Lo stile di Bramer ricorda inoltre le
composizioni di Francois de Nomè, un artista il cui gusto
pittorico trova origine nel cosmopolita ambiente romano,
dove si eseguono in anni precoci le prime tele a carattere
esoterico e magico, che con Filippo Napoletano e Salvator
Rosa troveranno un consenso notevole da parte dei collezionisti e amatori d’arte. A pieno sostegno della paternità
del dipinto al Bramer, contribuiscono i confronti con le sue
opere certe, conservate presso la Galleria Pallavicini e in
collezione Meluzzi di Roma, rese note da Luigi Salerno e
quelle appartenenti alle collezioni fiorentine pubblicate da
Marco Chiarini. Segnaliamo inoltre una lavagna raffigurante Gesù cade sotto la croce nelle Civiche Raccolte del
Castello Sforzesco di Milano.
Il dipinto è accompagnato da una perizia scritta di Giancarlo Sestieri
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di paesaggio del Seicento a Roma,
Roma 1977 - 78, I, 48.2 - 48.5, pp. 274 - 279.
M. Chiarini, Gallerie e Musei di Firenze. I dipinti olandesi del Seicento e del Settecento, Roma 1989.
Leonard Bramer 1596 - 1674: ingenius Painter and Draughtsman in Rome and Delft, catalogo della mostra, Delft
1994
B. W. Meijer, in Museo d’Arte antica del Castello Sforzesco, V, pp. 38 - 39, n. 1176.
67.
PITTORE FRANCESE DELLA FINE DEL XVII SECOLO
La discesa dello Spirito Santo
Olio su tela, cm 142X111
Stima € 1.000 - 1.500
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PITTORE VENETO ATTIVO
TRA IL XVII E IL XVIII SECOLO
Salomone incensa gli idoli
Olio su tela, cm 108X82
Stima € 5.000 - 7.000
L’opera, elegante e correttamente eseguita, raffigura il re Salomone che adora gli idoli, la scena si svolge all’interno di una sontuosa struttura architettonica aperta, dove possiamo osservare in prospettiva un arco corredato di terrazza. Lo stile, la particolare impaginazione e gli ornamenti, suggeriscono di riferirne l’esecuzione ad un artista veneto attivo tra il XVII e il XVIII
Secolo. La scenografia adottata, oltre alle reminescenze veronesiane, trova un confronto con alcune architetture dipinte da
Marco e Sebastiano Ricci, soprattutto in opere come il Capriccio architettonico con mendicante (Venezia mercato antiquario),
Le Nozze di Cana del Nelson Atkins Museum of Art e la bellissima Predica di San Paolo appartenente al Museum of Art di
Toledo (Ohio), dove la porta monumentale e i suoi motivi ornamentali trovano una curiosa similitudine. Tuttavia il riferimento al Ricci si limita alle somiglianze superficiali, lo stile in realtà, se ne distanzia notevolmente e pare più consono ad un
artista partecipe di una cultura vicentina, veronese. A questo riguardo è interessante il confronto con Antonio Domenico Beverense (Vicenza 1624/26 - 1694), che in una Strage degli innocenti comparsa sul mercato antiquario di Roma nel 1994, presenta una regia scenica e un ductus pittorico assai vicino, ma si tratta in ogni caso di semplici tracce di un paradigma indiziario,
non di prove attributive sicure.
Bibliografia di riferimento:
A. Scarpa, Sebastiano Ricci, Milano 2006, schede 105, 178, 167.
R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, pp. 292 - 361.
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MICHEL PLANCHER
(Parma, 1796 - 1848)
Il serpente di bronzo
Olio su tela, cm 150X150
Stima € 15.000 - 20.000
Provenienza: eredità di Francesco Cocchi, ministro di Maria Luigia Duchessa di Parma; Milano, collezione privata;
Finarte Milano, 4/12/1980, n. 122; Farsetti Prato, 9/11/2007, n. 63.
Il dipinto in esame, già attribuito nel 1980 a Julien de Parme dagli esperti Finarte, si riconosce nella composizione eseguita
a Roma nel 1822, dove il pittore esprime uno stile vigorosamente classicheggiante e manifesta un’appropriata capacità
compositiva, desunta dai modelli di Jacques Louis David e dai suoi epigoni italiani e francesi. L’attribuzione dell’opera è
ulteriormente confermata dal Coppertini, che nel 1954 cita due documenti. Il primo è una lettera scritta nell’ottobre del
1822 dal Boudard, conoscente del Placher, indirizzata al De Lama e che recita: “ Il Sig. Plancher ha cominciato un quadro
di soggetto vasto del Vecchio Testamento: il Serpente di Bronzo. Conta di finirlo prima di restituirsi in Patria, quale credo
sarà nella primavera ventura”. Il secondo è una stima fatta dal Borghesi alla morte del Cocchi, ministro di Maria Luigia e
conservata fra le carte del dott. Enrico Colombi nella Villa Baiardini a Valera. Si conosce inoltre un disegno raffigurante I
tre congiurati svizzeri (Manoscritto Parmense 3714, cartella I, n. 31), pubblicato da Cirillo e Godi nel 1991, che presenta
un impianto simile, impostato su diagonali intersecate e figure dal medesimo impatto anatomico.
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70.
PITTORE EMILIANO DEL XVIII SECOLO
Salomone incensa gli idoli
Olio su tela, cm 205X146
Stima € 10.000 - 12.000
La tela in esame, di misure parietali e in buone condizioni di conservazione, raffigura la propensione dell’anziano Salomone a venerare i culti pagani introdotti in Israele dalle sue numerose mogli. L’iconografia presume la raffigurazione del re inginocchiato al cospetto
dell’idolo, in procinto di elargire le offerte. Il dipinto è l’espressione di un classicismo elegante
e composto di chiara matrice emiliana ed è databile al sesto decennio del XVIII secolo.
Bibliografia di riferimento:
L. Bistega, in La pittura bolognese del 700, a cura di Adriano Cera, Milano 1994.
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Provenienza:
William Sturgis Bigelow, dal quale giunse
in eredità al Museo di Boston.
La peculiarità del soggetto, trova nel precedente caravaggesco conservato a Palazzo Pitti un sicuro modello iconografico,
a sua volta riproposto da Theodor Rombouts e Gerrit van
Honthorst. La tela del Merisi è da riferire al periodo maltese
o siciliano, ma verosimilmente pervenuta a Roma o a Firenze
nel secondo decennio. La particolare dipendenza con l’originale che presenta la versione di Rombouts, suggerisce uno studio diretto del dipinto fiorentino, mentre l’invenzione
honthorstiana, meno arcaica e più affine ad una sensibilità
manfrediana, fa pensare ad un diverso svolgimento creativo,
non meno toccante ma di spirito più narrativo e di genere. Di
Honthorst conosciamo due redazioni, conservate rispettivamente presso i musei di Dresda (firmata e datata 1622) e Parigi (firmata e datata 1627). Quest’ultima, di cm 137 x 200
(fig.1), è da considerarsi la redazione da cui deriva quella in
esame, che presenta inoltre elementi di stile e scrittura cronologicamente analoghi.
fig. 1
Bibliografia di riferimento:
71.
GERRIT VAN HONTHORST (Studio)
(Utrecht, 1590 - 1656)
Il Cavadenti
Olio su tela, cm 131X163
Stima € 8.000 - 12.000
A. R. Murphy, European Paintings in the Museum of Fine
Arts, Boston, 1985, p. 133.
Benedict Nicolson, Caravaggism in Europe, second edition,
revised and enlarged by Luisa Vertova, Torino 1989, vol. I,
pp. 121 - 129, fig. 1244 e pp. 173 - 175, fig. 1423 - 1426.
J. R. Jadson e R. E. O. Ekkart, Gerrit van Honthorst. 1592 1656, Doornspjk 1999, 1, P. 72, con bibliografia precedente.
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72.
PITTORE ATTIVO A ROMA NEL XVII SECOLO
Santa Barbara
Olio su tela, cm 132X84
Stima € 3.000 - 4.000
La tela, già attribuita ad Antiveduto Grammatica per alcune analogie illustrative, mostra altresì un diverso ductus
pittorico, più conforme al gusto della tarda maniera e al
classicismo d’origine bolognese. Queste impressioni suggeriscono di rivolgere la nostra attenzione verso i pittori
formatisi nell’ambito carraccesco e attivi fra il primo e il secondo decennio del XVII Secolo. Il nostro autore, infatti,
pare trarre la sua cifra stilistica da Annibale Carracci, con
echi desunti da Ludovico e chiare derivazioni da Domenico Zampieri. A questo proposito, è interessante osservare il dipinto raffigurante Santa Prassede (già Londra,
Galleria Matthiesen) eseguito da Antonio Carracci (Venezia 1583 o 1589 - Roma 1618), che per la postura frontale,
la tipologia del volto e l’impostazione “monumentale”,
offre uno spunto di confronto efficace.
73.
AGOSTINO BELTRANO (Attr. a)
(Napoli, 1607 - 1656)
Pastore con flauto
Olio su tela, cm 130X98
Stima € 4.000 - 6.000
L’opera in esame per la sua arcaicità d’immagine e attento ductus naturalistico può riferirsi alla prima maturità dell’artista, le analogie con le opere del “Maestro
degli annunci ai pastori” e di Francesco Fracanzano, riconoscibili specialmente nella pennellata mossa e vibrante, suggeriscono una datazione entro il quarto
decennio, in analogia con le tele eseguite dopo il 1635 da
Paolo Domenico Finoglio, come l’Eterno benedicente
della chiesa napoletana di Santa Maria dei Sette Dolori,
connotata da uno sfrangiarsi del colore e della pennellata. In seguito, grazie ai preziosismi cromatici di Massimo Stanzione e alle sue raffinate soluzioni compositive,
il pittore giunge a livelli qualitativi assai apprezzabili,
anche se nella tarda maturità questo debito formativo lo
condurrà ad un registro stilistico ripetitivo e dagli esiti
discontinui, con non rare occasioni di pedissequa ispirazione dai modelli ribereschi.
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74.
ORAZIO DE FERRARI
(Genova, 1606 - 1657)
San Matteo e l’angelo
San Luca
Olio su tela, cm 160X108
Stima € 50.000 - 70.000
(2)
Resi noti da chi scrive (2006) questi due dipinti di Orazio De Ferrari raffigurano San Matteo e San Luca, ben riconoscibili per
i rispettivi attributi: l’angelo che aiuta Matteo nella scrittura e il bue alato per Luca. Si può ragionevolmente ipotizzare che appartenessero a una serie di tele coi Quattro evangelisti: quelle mancanti all’appello raffiguranti San Marco e San Giovanni. In
ragione del formato è anche probabile che originariamente avessero funzione di sovrapporta in un salone di un piano nobile
di una dimora genovese allestito a quadreria o di una cappella gentilizia. Ciò è suggerito dalla disposizione speculare delle figure - l’una rivolta a sinistra e l’altra a destra - e ancor più dal fatto che è preferenziale la visione del sott’insù, per godere appieno delle soluzioni compositive con l’effetto dello scorcio adottate dal pittore. Dal basso si apprezza appieno la corpulenza
dei due santi ammantati in panneggi rigonfi e il loro precario equilibrio nello spazio angusto della tela.
E’ il barocco pacato di Orazio De Ferrari che coniuga il naturalismo dell’Assereto - suo faro - con le nuove istanze decorative
del secolo che avanza, in queste belle tele certamente già del secondo quarto del Seicento; unisce il lessico semplice di un fatto
colto nella sua quotidianità, nella semplicità del gesto di Matteo che tempera la sua penna, con la ricercata monumentalità delle
figure.
Il loro protagonismo nell’economia di queste composizioni lascia apprezzare le ben note doti di Orazio di rendere l’anatomia
maschile. Le fonti ricordano una sua assidua frequentazione delle “accademie”: “si portava anche alle Accademie, per essercitarsi col naturale, nelle quali cose tutte, fece gran profitto, e benissimo si fondò con ammirabile franchezza nel dissegno” (Ratti
Soprani, Vita dei pittori, 1674, p. 219). Il corpo è ben modulato nei rilievi muscolari e nel suo porsi nella luce e il segno pittorico è leggero, seppur ancora ben saldo nell’impianto disegnativo. Il ductus è ancora composto, meno sciolto rispetto a
quello del quinto decennio; la delicatezza dei trapassi cromatici intrisi di cangianti e la delicatezza espressiva del volto dell’angelo, nonché lo stesso vecchio che non ha nulla di fortemente realistico, se non la sapiente resa della muscolatura, suggeriscono tale indicazione cronologica per due opere tra le più prossime alle dolcezze del suo maestro Ansaldo, da porsi nel
novero delle opere giovanili di Orazio.
Anna Orlando
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75.
FILIPPO LAURI
(Roma, 1623 - 1694)
Maddalena penitente
Olio su tela, cm 25,5X20
Stima € 2.000 - 3.000
Provenienza:
Sotheby’s Amsterdam, 12 novembre 1991, n. 8;
Bonhams Londra, 6 dicembre 2006, n. 62.
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Filippo Lauri è autore di squisite composizioni a soggetto mitologico e arcadico, realizzate con leggiadria e
un rapido pittoricismo che annuncia nei risultati le opere
di Francesco Trevisani e Sebastiano Conca, mantenendo
altresì un’estetica di gusto nordico. Rilevanti per la sua
formazione sono gli esempi di Gaspard Dughet e Pietro
da Cortona, con cui nel 1656 - 1657, partecipa alla decorazione della Galleria d’Alessandro VII al Quirinale e
il cui influsso si nota negli affreschi di Santa Maria della
Pace datati al 1668 - 1670, nei quali, come bene osserva
Elena Fumagalli, l’artista raggiunge un misurato equilibrio fra “la propensione naturalistica e il classicismo
d’Andrea Sacchi”. Queste uniche committenze chiesastiche sono probabilmente poco ambite dall’artista, che
predilige il genere del paesaggio con inserti di figura,
come avviene negli ovali realizzati da Dughet per i mezzanini di Palazzo Borghese, o in altre documentate collaborazioni con Claude Lorrain, Viviano Codazzi e
Mario dei Fiori. La sua produzione, conta innumerevoli
composizioni minori, assai apprezzate dai collezionisti e
il cui catalogo è tuttora da precisare. Il dipinto in esame
appartiene a questo specifico gruppo e si può confrontare con le tele pubblicate da Luigi Salerno e Giancarlo
Sestieri. Un’opera assai prossima negli esiti, raffigurante
San Girolamo penitente, si trova presso lo Staatliche
Kunsthalle di Karlsruhe, genericamente attribuita a
scuola veneziana e ricondotta al nostro da Federico Zeri.
76.
PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO
Martirio di San Sebastiano
Olio su tela, cm 78X60
Stima € 1.800 - 2.200
Opera di scuola veneta con riflessi stilistici vicino alle
opere dei Diziani.
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77.
PITTORE VENETO DELLA FINE DEL XVII SECOLO
Davide con la testa di Golia
Olio su tela, cm 66,5X55
Stima € 3.000 - 4.000
Opera da mettere a confronto con la produzione d’Antonio Molinari, per linguaggio e struttura, dove convivono tendenze stilistiche ancora seicentesche e movenze
oramai orientate verso il nuovo secolo. Le sollecitazioni
tenebrose più severe d’Antonio Zanchi e Johann Carl
Loth appaiono modulate verso il cambiamento, in contemporaneità con l’evoluzione di Sebastiano Ricci, ma
senza negare i valori del naturalismo e delle memorie
giordanesche, mantenendo in vita quella linfa vitale del
lume e dell’ombra che alimenterà il Piazzetta e la sua corrente. La luce che tornisce i volumi e proporziona le
forme, il volto e le movenze, appaiono appartenere al
lessico maturo del pittore, ma in questa sede si deve
anche rammentare la figura d’Antonio Arrigoni quale
possibile artefice del dipinto, per la decorativa disposizione del manto a formare pieghe e risvolti. La confusione attributiva fra i due artisti d’altronde, trova spazio
sin dal Settecento e ancor ora è argomento frequentato
dagli storici dell’arte veneta, ma filologia a parte, resta
l’attrattiva del dipinto e la sua solida oggettività estetica.
78.
PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO
La Maddalena penitente
Olio su tela, cm 118X93
Stima € 2.500 - 3.500
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Già attribuito al bolognese Gian Gioseffo dal Sole, il dipinto trova maggiori correlazioni con la cultura pittorica veneta di fine Seicento, suggestionata da Sebastiano
Ricci.
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79.
GIACOMO FRANCESCO CIPPER
detto IL TODESCHINI
(Feldkirch, Austria 1664 - Milano, 1736)
Ritratto di giovane pescatore
Olio su tela, cm 126X105
Stima € 20.000 - 30.000
L’inclinazione alla scena di genere da parte d’artisti padani ed emiliani nel corso dei primi anni del Settecento, che vede fra i
migliori protagonisti Giuseppe Maria Crespi, Alessandro Magnasco, Giacomo Ceruti e Giacomo Francesco Cipper, è stata sempre accostata alle idee preilluministe di Muratori, all’Arcadia letteraria e alla “naturale propensione” nei confronti delle classi
popolari. Queste rappresentazioni però, non sono immuni da una buona dose d’ironia, verve satirica e talvolta, una palese carica erotica; quanto importanti sono le riforme che interessano il teatro dialettale, specialmente milanese, che pare accompagnare l’evoluzione che intercorre fra il Todeschini e il Ceruti. Il Cipper nel suo percorso creativo, rinnova la tradizione
seicentesca dei bamboccianti, rilegge in chiave personalissima gli esempi di Monsù Bernardo e del Magnasco, con l’ambizione
oltremodo riuscita di trasporre le sue idee con spirito “monumentale”, dedicandosi ad una realistica definizione degli oggetti
d’uso quotidiano, dei cibi e delle masserizie, giungendo sino alle massime conseguenze della tradizione comica e grottesca, che
in area lombarda ha origini rinascimentali. Nel 1669, Todeschini è documentato a Milano e in simbiosi con la nobilitazione
degli umili intrapresa dal Maggi, comincia a ritrarre i suoi personaggi. L’opera in esame, unanimemente attribuita al Todeschini
da Ferdinando Arisi, Mina Gregori e Maria Silvia Proni, si può avvicinare al Mercato del pesce di collezione privata (olio su
tela, cm. 223 x 419) e al Ciabattino e donna che lavora a maglia (olio su tela, cm. 180 x 120). Anche in questo caso l’effigiato
appartiene alla classe popolare, è un giovane pescatore, che osservandoci con sguardo beffardo, ci rovescia sotto gli occhi una
sfarzosa cesta di pesce. Il dipinto racchiude in se i diversi generi, la natura morta, la figura umana e in parte il paesaggio, temi
che il Cipper dimostra di saper condurre con abilità e spirito d’osservazione, in simbiosi ad una materia vibrante e veloci pennellate, raggiungendo un livello qualitativo eccellente. La complessa natura morta in primo piano, sorprende per l’attenzione
dei rapporti cromatici e luminosi tra i vari elementi e per l’accurata precisione anatomica dei dettagli. Per quanto riguarda la
collocazione cronologica, la caratteristica degli abiti e lo stile suggeriscono una data che scorre tra il 1705 e il 1715.
Bibliografia di riferimento:
M. B. Castellotti, La Pittura lombarda del 700, Milano 1986, tavv. 202 -209.
L. Tognoli, G. F. Cipper, il Todeschini e la pittura di genere, Bergamo 1976.
M. S. Proni, Giacomo Francesco Cipper detto il Todeschini, Soncino 1994.
M. S. Proni, Giacomo Francesco Cipper detto il Todeschini, in Naturaliter. Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e Toscana tra XVII e XVIII Secolo, a cura di G. Bocchi, U. Bocchi, Casalmaggiore 1998, p 180 - 194, p. 183, con
bibliografia precedente.
F. Porzio, Pitture ridicole. Scene di genere e tradizione popolare, Milano 2008.
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80.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Ritratto d’uomo
Olio su tela, cm 92X71.5
Stima € 1.500 - 2.500
81.
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Ritratto d’uomo
Pastello su carta, cm 40,5X28,5
Stima € 1.000 - 1.500
82.
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Il Bimbo addormentato
Pastello su carta, cm 40,5X28,5
Stima € 600 - 800
83.
ALESSANDRO LONGHI
(Venezia, 1733 - 1813)
Ritratto di giovane prelato
Olio su rame, cm 16,5X11
Stima € 300 - 500
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GERRIT VAN HONTHORST (Attr. a)
(Utrecht, 1590 - 1656)
Visione di San Gerolamo
Olio su tela, cm 121,3X213
Stima € 8.000 - 12.000
L’opera in esame è stata assegnata nel 1975 a Matthias Stomer
(Amersfoort 1600 - Palermo 1650) dagli esperti Sotheby’s e in
seguito a Trophime Bigot (documentato a Roma dal 1620 al
1634) da Farsetti; tuttavia, l’analisi stilistica consiglia di scartare queste ipotesi attributive e suggerisce il nome di Gerrit
van Honthorst quale possibile artefice dell’opera. L’arcaicità
dell’immagine e i caratteri di stile, escludono, di fatto, una datazione coincidente con il periodo d’attività degli autori prima
citati, anche se la tipologia iconografica può rammentare il
Sant’Onofrio di Stomer conservato presso la Galleria dei Girolamini a Napoli. La composizione possiede i caratteri distintivi dei maestri nordici attivi a Roma tra il secondo e il
terzo decennio e particolarmente suggestionati dal Caravaggismo, come Dirck van Baburen (Utrecht 1595 - 1624), attivo
nella città capitolina dal 1612 al 1620 circa.
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PITTORE NAPOLETANO DEL XVII SECOLO
Ecce Homo
Olio su tela, cm 110X89
Stima € 3.000 - 4.000
Il dipinto, databile alla prima metà del XVII secolo, ritrae il
corpo flagellato di Gesù, con il procuratore Ponzio Pilato e uno
sgherro (Giovanni, 19.5). L’immagine, si attiene alla tradizione,
con il Cristo al centro, in perfetta simmetria con lo spazio scenico, secondo una norma compositiva cinquecentesca già adottata da Tiziano Vecelio. Già assegnata alla scuola genovese, la
tela qui presentata non trova tuttavia confronti persuasivi per
esprimere ipotesi attributive. L’analisi formale, il ductus pittorico e le fisionomie, richiama alla memoria formule adottate in
area napoletana, da parte d’artisti rispettosi della maniera, coerentemente d’ascendenza romana, toscana, veneta ed emiliana,
tuttavia non immuni dal naturalismo caravaggesco e gli esempi
ribereschi. Tra questi ricordiamo Giovan Bernardo Azzolino,
Fabrizio Santafede, Belisario Corenzio Giovanni Vincenzo Forlì
e specialmente Giovan Agostino D’Amato come ricordato da
Pacelli 2001), ciò nonostante, di questi autori recepiamo solo
un’aria di gusto e cultura con l’opera in esame, che è tuttavia in
linea con quel “caravaggismo smorzato” riconosciuto da Stefano Causa ed espresso dalla pittura partenopea nel II decennio.
Si deve altresì rilevare la qualità del tessuto cromatico, favorita
da un’appropriata struttura disegnativa, distinguibile ad esempio nelle mani di Cristo.
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GABRIELE FERRANTINI detto GABRIELE DEGLI OCCHIALI
(Attivo a Bologna circa 1590-1620)
Ritratto di Francesco Cavalca
Olio su tela, cm 127X103
Stima € 3.000 - 4.000
Provenienza:
Bologna, collezione dei conti Pepoli
L’opera, già ritenuta di Prospero Fontana, è stata riferita al Ferrantini da Daniele Benati (comunicazione orale al proprietario).
Allevo del fiammingo Denis Calvaert, il Ferrantini vive la complessa stagione di passaggio dal manierismo di cui il suo maestro era stato un importante esponente in ambito locale, alle novità introdotte dai Carracci, in direzione di un più sincero
naturalismo. Non si conoscono i suoi precisi estremi biografici, ma è noto che nel
1599 entra a far parte del consiglio della neonata Compagnia dei Pittori a Bologna.
La sua attività nella città delle due torri è peraltro attestata dalla presenza di numerose sue opere nelle chiese. Ancor in gran parte in ombra è la sua attività ritrattistica
di cui questo inedito viene a costituire un importante tassello, essendo nota anche
l’identità dell’effigiato, indicata sulla lettera che ha in mano.
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87.
JACOPO ROBUSTI detto IL TINTORETTO (Studio)
(Venezia, 1519 - 1594)
Ritratto di giovane uomo
tempera su carta, cm 43 x 58
Stima € 3.000 - 4.000
Questo affascinante ritratto dagli inequivocabili caratteri veneti, è da assegnare all’atelier di Jacopo Tintoretto. L’effige deriva dal Ritratto di Gentiluomo venticinquenne, datato 1545, oggi
conservato nelle collezioni reali inglesi a Hampton Court. Il riferimento all’entourage di Robusti, dubitativo a causa delle notevoli suggestioni tizianesche, ha ricalcato la stessa vicenda critica
del dipinto originale; già assegnato al Tiziano negli inventari del 1776, riferito a Paris Bordon da
Giovanni Battista Cavalcaselle nel 1878 e infine al Tintoretto da Bernard Berenson nel 1906, ma
ancora timidamente ricondotto al Vecelio da von Haden nel 1922. La difficoltà attributiva è tuttavia comprensibile, la delicata e morbida tonalità della superficie pittorica, lo sfumare degli incarnati, la maniera con cui il volto emerge dall’ombra e il disegno, ricordano il Tiziano giovane,
il Bordon, tuttavia la fisionomia, l’espressione e il taglio degli occhi appartengono al lessico tintorettesco. La versione qui esaminata possiede una verosimiglianza con l’originale ragguardevole,
tanto da sollecitare la nostra attenzione e sensibilità, specialmente per l’aspetto psicologico sprigionato dal personaggio.
Bibliografia di riferimento:
P. Rossi, Tintoretto. I Ritratti, Milano 1982, pp. 92 - 93, n. 54, fig. 4, con bibliografia precedente.
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ANDREA SOLARIO (Studio)
(Milano 1465 - 1524)
Testa del Battista
Olio su tavola, cm 41,5X52
Stima € 2.000 - 3.000
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fig. 1
Agli inizi del Cinquecento, Andrea Solario si dimostra oramai affrancato
dai precetti di Leonardo, ma nello stesso tempo, capace di riflettere intensamente sul suo magistero. A questo momento appartiene la Testa del Battista oggi al Louvre, dove Solario si concentra su uno “studio di testa” preceduto da un magistrale disegno
(Parigi, Musée du Louvre département des Arts Graphiques), risolto in delicati chiaroscuri. L’opera, commissionata da Charles d’Amboise nel 1507, ottiene da subito un notevole successo visto l’esistenza di una
replica ritenuta autografa conservata al Museo Statale di Vizovice datata al 1513 (fig.1) e le diverse copie
prodotte dai seguaci dell’artista, come quell’appartenente alla Pinacoteca Ambrosiana riferita ad Antonio
Solario, quella del Museo di Belle Arti di Dole e infine quella già appartenente alla collezione Aldo Nosella
di Milano. La versione qui presentata, il cui tessuto materico suggerisce una datazione intorno al secondo
/ terzo decennio del Cinquecento, bene si accosta con quella di Vizovice, non solo per la similare marezzatura del piano, ma anche per la medesima conformazione del piatto e delle lumeggiature, ma si deve oltremodo riflettere sulla sua diretta corrispondenza con il disegno parigino. La qualità pittorica è da considerarsi
alta, i capelli e le parti del volto sono eseguiti con notevole precisione e accuratezza, lambiti da una luce morbida che modula le ombre e definisce la profondità tornendo i volumi. Queste considerazioni conducono
ad assegnare la tavola ad un pittore appartenente all’atelier di Solario, il cui fine non è d’eseguire una copia
fedele ma un’esegesi dell’immagine, avendo per di più l’opportunità di studiarne il disegno preparatorio
predisposto dal maestro.
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BARTOLOMEO GENNARI
(Cento, 1594 - Bologna, 1661)
San Paolo eremita
Olio su tela, cm 87X69
Stima € 12.000 - 16.000
Bibliografia:
M. Pulini in Le collezioni ritrovate di Guercino, catalogo della mostra di Iglesias a cura
di M. Pulini, Milano 2003, tav. VI, p. 11
M. Pulini, Atti viatici alla mostra, in Guercino. Poesia e sentimento nella pittura del ‘600,
catalogo della mostra a cura di D. Mahon, M. Pulini e V. Sgarbi, Milano 2003, fig. p. 86
Il dipinto è stato riconosciuto come opera di Bartolomeo Gennari da Massimo Pulini, che lo ha esposto alla mostra dedicata a Guercino organizzata ad Iglesias nel
2003. Nella scheda di catalogo lo studioso sottolinea come “lo stile pittorico, il trattamento degli incarnati e soprattutto la fisionomia del modello” riconducano alla
mano di uno degli artisti che gravitarono nell’orbita della grande bottega del Guercino: Bartolomeo Gennari. Figlio di Benedetto, Bartolomeo è noto attraverso alcune opere certe in cui assolve al compito di sensibile divulgatore del verbo
guercinesco. Del maestro di Cento, di soli tre anni più vecchio di lui, Bartolomeo riconobbe subito la genialità e il primato, tanto che gli rimase fedelmente vicino per
tutto l’arco della loro attività, ne fu copista e collaboratore, ma anche sincero e genuino emulo, come si può vedere da questo intenso San Paolo.
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FRANCESCO SOLIMENA detto L’ABATE CICCIO
(Canale di Serino, 1657 - Barra, Napoli 1747)
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 93X73
Stima € 10.000 - 12.000
Bibliografia:
Un diavolo per capello. Dalla sfinge a Warhol. Arte, acconciature, società, catalogo della mostra, Pinacoteca di Bologna, 2006
L’opera è stata riconosciuta al Solimena da Nicola Spinosa (comunicazione scritta al proprietario,
14/10/2002).
Colto di tre quarti, in una posa naturale ma aulica, il personaggio in abiti eleganti volge il suo sguardo verso
di noi; fanno da scenario una colonna e uno sfondo di paesaggio, nonché un ampio tendaggio bicolore, secondo la più classica impostazione ritrattistica settecentesca.
Nicola Spinosa ritiene che “il sontuoso ritratto di un aristocratico napoletano” sia stato dipinto tra il 1725
e il 1730, “al culmine della fama e del successo conseguiti negli anni avanzati del Viceregno austriaco in
Italia meridionale”, a giudicare dalla “qualità stilistica”, nonché dalla foggia della parrucca del gentiluomo.
I toni aulici del ritratto, “di composta e sostenuta imponenza sia per taglio compositivo che per resa cromatica”, lo accomunano a tanti ritratti di aristocratici e vari esponenti della corte del Viceregno degli
Asburgo di Napoli. I personaggi sono colti in una posa elegante e controllata, così da conferire quel tono
ufficiale e pubblico che evidentemente era richiesto al pittore. Egli si allinea in questa fase matura alle
nuove tendenze classiciste che, nell’idealizzazione del modello e nella ricerca di un certo purismo formale,
andavano stemperando il naturalismo giovanile.
Tra le opere da rapportare alla presente, possiamo ricordare il ritratto, noto in più redazioni di vario formato, del Conte Aloys Thomas Raimund von Harrach, vicerè di Napoli nel 1728-1733 (cfr. Settecento
napoletano. Sulle ali dell’aquila imperiale, catalogo della mostra a cura di W. Prohaska e N. Spinosa, Napoli 1994, n. 64), che consente di circoscrivere cronologicamente l’opera in esame, il cui effigiato, in mancanza di precisi dati di provenienza storica e di riscontri iconografici, resta a tutt’oggi privo di una precisa
identità anagrafica.
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PIER FRANCESCO CITTADINI
detto IL MILANESE (Attr. a)
(Milano, 1615/16 - Bologna, 1681)
Ritratto di nobildonna
Olio su tela, cm 200X120
Stima € 6.000 - 8.000
Allievo di Daniele Crespi, il Cittadini si trasferisce a Bologna agli inizi del quarto decennio,
dove prosegue il suo apprendistato con Guido
Reni sino al 1637. Nel 1645 l’artista visita
Roma e fra il 1650 - 1652 lo vediamo impegnato insieme al fratello Carlo e Jean Boulanger
a decorare la Sala di Bacco nel Palazzo Ducale
di Sassuolo, dipingendo fiori e frutti che incorniciano i medaglioni dipinti dal pittore francese. Il medesimo motivo decorativo è altresì
impiegato nelle Quattro Stagioni oggi conservate nel museo estense e nella Pinacoteca comunale di Bologna. L’attività di pittore dedito
alla natura morta e al paesaggio è accompagnata da una cospicua produzione ritrattistica,
genere dove l’origine milanese emerge prepotentemente nel piglio realistico di tradizione
lombarda, senza tralasciare l’eleganza e le sontuosità d’immagine di tradizione romana, veneta e quella locale, rappresentata da Cesare e
Benedetto Gennari. Il dipinto in esame testimonia tutte le qualità attribuite all’artista e le
dimensioni parietali, la sua monumentalità, accentuano la carica vitale che emana la giovane
donna raffigurata.
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PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di Luigi XV
Ritratto di Maria Leszcynska
Coppia di oli su tela, cm 91X73
(2)
Stima € 8.000 - 10.000
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Questi eleganti ritratti, celebrano verosimilmente l’unione di Luigi XV con Maria Leszcynska e rispettano le norme iconografiche
stabilite da Hyacinthe Rigaud all’inizio del secolo nel ritratto a figura intera di Luigi XIV
oggi al Museo del Louvre. Gli effigiati appaiono in posa, accanto ad una consolle, abbigliati con vesti cerimoniali e le insegne regali in
evidenza. Come di consueto, l’artista si è dedicato ad enfatizzare la preziosità dei tessuti, esibiti con ampi panneggi e si può altresì rilevare
quanto l’immagine del sovrano è cromaticamente più curata e formale rispetto a quella
della regina. Maria Karolina Zofia Felicja Leszczynska era figlia del re di Polonia Stanislaw
Leszczynski e Katarzyna Opalinska e andò in
sposa a Luigi XV il 4 settembre 1725, il re
aveva allora 15 anni, la sposa 22.
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PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Ritratto d’uomo con libro
Olio su tela, cm 82X67
Stima € 6.000 - 8.000
Sorprende la spigliata energia di questo ritratto, soprattutto per
la vivace progressione cromatica e il ductus pittorico, veloce e
capace d’evocare i riflessi di luce con sensibili lumeggiature e
corrusche superfici. L’effigiato, posto di tre quarti e le mani posate su un lussuoso libro rilegato, guarda diretto oltre la superficie dipinta, ma inaspettatamente, indirizza gli occhi verso un
punto alla nostra sinistra. Elegante e altero è il portamento, raffinato l’abito, che indossa con disinvolta “maniera”, con sprezzatura. Tutto induce a valutare che questo malcelato orgoglio
sia la consapevolezza d’appartenere ad un preciso gruppo sociale, non determinato dalla ricchezza, ma dall’intelletto e il sapere, un bene su cui il protagonista poggia le proprie mani e
quindi la propria esistenza. Evidente è il contrasto illustrativo
con i comuni ritratti “d’antico regime”, dove gli attributi del
potere, quali onorificenze, armature e scettri sono posti in evidenza. Qua è il libro che svolge la funzione allegorica e consente al personaggio di imporsi con atteggiamenti e pose
pertinenti al patriziato, ora scalzato dalla ragione e dalla nuova
intellighenzia illuminista. Giunti a questo punto, dispiace solo
che al cospetto di tale qualità artistica non si riesca a formulare
una proposta attributiva sicura, che tuttavia crediamo possibile
attraverso nuove ricerche.
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PITTORE VENETO DEGLI INIZI
DEL XIX SECOLO
Il bucintoro
Olio su tela, cm 42X58
Stima € 3.000 - 4.000
95.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Naufragio
Olio su tela, cm 52X76
Stima € 4.800 - 7.300
96.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Naufragio
Olio su tela, cm 88X122
Stima € 4.000 - 6.000
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SCUOLA FRANCESE DELLA FINE
DEL XVIII SECOLO
Coppia di nature morte con fiori
Olio su tela, cm 40X54 (2)
Stima € 3.000 - 4.000
98.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Natura morta
Olio su tela, cm 64X88
Stima € 800 - 1.200
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SCUOLA NAPOLETANA DEL XVIII SECOLO
Il banchetto degli dei
Olio su tela, cm 49X75
Stima € 4.000 - 6.000
100.
SCUOLA LOMBARDA DEL XVIII SECOLO
Fiori
Olio su tela, cm 111X82
Stima € 3.000 - 4.000
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101.
JORIS VAN SON (Attr. a)
(Anversa, 1623 - 1667)
Ghirlanda di fiori con Sacra Famiglia
Olio su tela, cm 72X100
Stima € 10.000 - 15.000
L’invenzione dell’immagine sacra ad “incastro”, la cui origine si deve alla collaborazione fra Pietro Paolo Rubens e la committenza oratoriana della Chiesa Nuova di Roma (1608), evolve specialmente in area fiamminga trasponendo la raffigurazione
entro ghirlande floreali dipinte. L’aspetto storicamente rilevante, è che il prototipo è un rame commissionato nel 1608 dal
Cardinale Borromeo a Jan Brugel e all’Hendrick van Balen, la cui trasformazione per adattarsi al gusto d’età barocca si arricchisce o varia intervenendo sull’esuberanza della natura morta. Osservando il dipinto in esame, possiamo in parte comprendere lo schema con cui gli artisti modificano l’iconografia tradizionale. Un ruolo
importante lo svolge il formato, quello rettangolare è indubbiamente il migliore per allestire una quadreria, nel contempo, la “corona floreale” diviene un festone, con valenze sempre più ornamentali. Ciononostante, il senso allegorico non perde la sua valenza. Grappoli d’uva, pere e mele, possiedono un
significato profondo e alludono al sangue di Cristo, al suo amore per la chiesa e all’ineffabilità dell’incarnazione.
Caposcuola nell’ideare nuove sintesi decorative fu Daniel Seghers ( Anversa 1590 - 1661), che ispirò la
generazione di Jan Davidsz de Heem e Van Son. Una tela che presenta una somigliante tipologia di festone, si ricorda presso la Sotheby’s di Londra (11 dicembre 1991, n. 216), mentre una partitura analoga al dipinto in esame, è stata venduta all’incanto presso la casa d’aste Lempertz il 15 maggio del
1999, n. 1149 (fig.1).
fig. 1
Bibliografia di riferimento:
D. j. Maere - M. Wabbes, Illustrated dictionary of 17th century flemysh Painters, Bruxelles 1994, p. 371, con bibliografia precedente.
V. Stoichita, L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea. Milano 1998, pp. 83 - 95.
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102.
GIOVANNI ANDREA DE FERRARI
(Genova, 1598 - 1669)
Marta e Maria Maddalena
Olio su tela, cm 89X124
Stima € 80.000 - 120.000
Bibliografia:
A. Acordon in I fiori del Barocco. Pittura a Genova dal naturalismo al rococò, catalogo
della mostra, a cura di Anna Orlando, Genova-Cinisello Balsamo 2006, n. 73, pp. 214215 (con indicazione di successiva bibliografia in c.d.s.)
Sul fondo scuro di un interno si stagliano, belle ed eleganti, le due figure di Maddalena
e Marta: la prima intenta a pettinare le lunghe chiome bionde e a godere nell’intimo della
propria stanza del lusso e del piacere cui alludono fiori e gioie; la seconda nell’atto di implorare la sorella perchè si convinca a lasciare la sua vita dissoluta di peccatrice.
Si tratta di una rilettura in chiave profana del tema religioso del pentimento della Maddalena. Il racconto consente così di indugiare sulla descrizione degli oggetti di vanità gioielli, fiori - posti sul piano a sinistra, e può essere letto più genericamente come una
Vanitas, tema quanto mai congeniale alla sensibilità di quest’alba di barocco.
I modi del pittore sono minuziosamente descrittivi, e il suo pennello indugia volentieri
nella definizione dei giochi di luce sulle pieghe delle stoffe e sui gioielli. L’accezione più
laica al tema è anch’essa più tipico dell’artista nel terzo decennio, momento in cui l’artista risulta meditare sulla lezione di raffinata eleganza di Orazio Gentileschi, e sulle aggraziate scelte formali di Bartolomeo Cavarozzi.
Se ancora restano tracce dell’influenza dello Strozzi suo maestro - si veda la figura di
Marta per esempio - lo stile di Gio. Andrea si è fatto più personale, nel recupero anche
di un maggior rigore disegnativo che dà consistenza plastica alle figure, proprio osservando i testi di Gentileschi e Cavarozzi.
Il dipinto fu riconosciuto a Giovanni Andrea De Ferrari da Carlo Volpe e l’attribuzione
è stata confermata da Angela Acordon che lo giudica “qualitativamente assai notevole”
e lo colloca “nella seconda metà degli anni Venti (Acordon 2006).
L’opera, per piacevolezza di soggetto e formato, oltre che per lo stato di conservazione,
va annoverato certamente tra i massimi raggiungimenti del pittore.
Anna Orlando
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103.
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Il Tempo svela la Verità
Olio su tela, cm 80X75
Stima € 15.000 - 18.000
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104.
HYACINTHE RIGAUD (Attr. a)
(Perpignam, 1659 - 1743)
Ritratto d’uomo in armatura
con la croce dell’ordine di San Luigi
Olio su tela, cm 76X63
Stima € 6.000 - 8.000
Opera di notevole qualità e raffinato tessuto pittorico da riferire all’artista Hyacinthe Rigaud, la cui fortunata carriera è consacrata dal grande ritratto a figura intera di Luigi XIV eseguito nel 1701. Il re, raffigurato con un manto blu cobalto foderato
d’ermellino sullo sfondo di un fragoroso tendaggio amaranto, incarna l’identificazione collettiva della Francia nell’immagine
garante del suo sovrano e segna una rappresentazione archetipo che condizionerà il ritratto regale europeo e susciterà nella
corte la moda dello state portrait, il ritratto di parata, sopra le righe, che garantisce l’accesso alla perennità della storia. Tuttavia non a tutti i cortigiani ambiziosi era permesso emulare nella posa il sovrano e concedersi scenografie così lussuose. Nella
produzione meno esclusiva, quella non destinata alla stretta cerchia di Versailles, Rigaud e il suo atelier, realizza opere dal segno
meno sensazionale, ma non prive di quelle caratteristiche d’immagine e straordinaria eleganza. A questo riguardo ricordiamo
in questa sede i ritratti conservati nel genovese Palazzo Rosso e raffiguranti Anton Giulio Brignole Sale, Battina Raggi Brignole
Sale e Gio. Francesco II Brignole Sale, al servizio di Luigi XIV in qualità d’inviati speciali e ambasciatori della Repubblica genovese a Parigi. Possiamo in parte affermare che questa produzione “minore” possiede altresì una speciale sensibilità psicologica ed un’immediatezza umana disinvolta, concretamente più apprezzabile dal gusto contemporaneo e alle sue necessità di
ricercata decorazione.
Bibliografia di riferimento:
A. James, Hyacinthe Rigaud (1659 - 1743), ou le miror de Clio, tesi dell’Ecole National de Chartes, Paris 1995.
A. Schnapper, Le portrait à l’Académie au temps de Louis XIV, in “ XVII siécle “, t. XXXV, 1983, pp. 97 - 123.
P. Boccardo, in El Siglo de los Genoveses, catalogo della mostra a cura di Piero Boccardo e Clario di Fabio, Genova 1999, pp.
99 - 101, nn. II. 15 - II. 17.
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MASSIMO STANZIONE
(Orta di Atella, 1585 - Napoli, 1658)
Sant’Agata
Olio su tela, cm 132X114
Stima € 30.000 - 35.000
L’opera è stata esaminata dal prof. Sebastian Schutz
di cui si conserva una relazione scritta (2001). Lo
studioso ne rileva “tutte le qualità stilistiche del
primo Stanzione” e la riconosce come una versione
ridotta del Martirio di sant’Agata della collezione
Dupont a Milano eseguito intorno alla metà degli
anni Venti.
Un soggetto analogo, evidentemente molto richiesto dalla committenza napoletana, si conserva
anche al Museo di Capodimonte ed è anch’esso
opera tipica del giovane Stanzione: entrambe le
opere, quella Dipont e quella del museo di Napoli,
sono infatti inserite tra i primi numeri del catalogo
ragionato sull’artista a opera di Schutze e Willette
nel 1992.
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JEAN-MARC NATTIER (Attr. a)
(Parigi, 1685 - 1766)
M.lle Carton
Olio su tela, cm 195X130
Stima € 70.000 - 90.000
Bibliografia:
X. Salmon, Jean Marc Nattier 1685 - 1766, catalogo della
mostra, a cura di Xavier Salmon, Parigi 1999, p. 81, fig. 3,
con bibliografia precedente.
fig. 1
fig. 2
100
Il dipinto raffigura M.lle Carton, ballerina de l’Operà di Parigi. Il notevole charme della figura, richiama alla memoria
una frase dello storico dell’arte Jacques Thuiller, che attribuiva
a Nattier “l’audacia di offrire alle principesse quanto fino allora era riservato alle attrici”. In questo caso, nulla di più coerente con la libertà dell’artista a dedicarsi al ritratto
allegorico-mitologico, la cui raffinata eleganza riscatta un’attitudine sottilmente licenziosa ed erotica. L’opera, sino ad oggi
ritenuta dispersa, era già stata attribuita da Louis Dimier nel
1930 a Raoux, sulla base del catalogo d’asta Sireul del 1781
e in seguito ricondotta al Nattier da Xavier Salmon, per gli
evidenti caratteri di stile e per la traccia documentaria riscontrata nel catalogo della collezione del principe de Conti, venduta a Parigi il 15 marzo del 1779, dove la tela è evocata da
un veloce schizzo a penna (fig.1). L’affascinante iconografia,
si riscontra nel ritratto d’Anne Marie de Bourbon - Condé
conservato al museo Condé di Chantilly datato al 1729 (fig.2).
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107.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Paesaggio costiero con architetture
Olio su tela, cm 96X183
Siglato: I. F. LF - SPQR
Stima € 15.000 - 18.000
Le rilevanti ricerche dedicate alla pittura di paesaggio condotte da Luigi Salerno e Ludovica Trezzani, consentono di
classificare numerosi pittori, tuttavia è ancora difficile attribuire molte opere conservate in collezioni pubbliche e private,
spesso di notevole qualità e valore decorativo. Il bellissimo dipinto in esame appartiene a questa specifica categoria, le cui
peculiarità di stile e scrittura evidenziano la mano di un artista attivo attorno alla metà del XVII secolo la cui sigla non è
stata ancora decifrata. L’analisi dell’immagine vede come caratteristica principale il brano d’architettura, che ricorda nella
sua lucida descrizione i modelli di Viviano Codazzi e Scipione
Compagno, specialmente per l’effetto prospettico e monumentale, mentre la tipologia scenografica, rammenta le immaginarie banchine portuali d’Agostino Tassi. L’ipotesi
dell’origine nordica del pittore trova nelle figure di Jan Baptist Weenix e Anton Goubau, adeguata fondatezza, specialmente se prendiamo a riferimento La scena di mercato della
Kunsthalle di Karlsruhe. Approfondendo la lettura dell’immagine vi percepiamo una felice disposizione narrativa, l’assenza di un cerimoniale fa pensare ad un episodio
storicamente irrilevante, uno scalo per acquistare vettovaglie
e far distrarre gli aristocratici passeggeri, ma al centro della
composizione spicca una giovane coppia, protagonista della
scena e presumibilmente commissionaria del dipinto. Il luogo
non presenta tratti distintivi, con prudenza vi riconosciamo
quel tratto di costa tirrenica tra Roma e Napoli, ma a parte la
fantasia scenografica, s’immagina che in quel tempo vi siano
stati empori marittimi dove le navi trovavano riparo e rifornimenti. Il dipinto rivela allora la sua connotazione documentaria, di una spedizione motivata da un’ambasceria o,
come spesso descrivono le cronache, da un matrimonio e
quasi certamente faceva parte di una serie di tele raffiguranti
gli episodi salienti del viaggio.
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, Roma
1977 - 1980.
L. Salerno, I Pittori di vedute in Italia (1580 - 1830), Roma
1991.
La Pittura di Paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di Ludovica Trezzani, Milano 2004.
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108.
BARTOLOMEO TORREGIANI
detto BARTOLOMEO DEL ROSA
(Napoli, ? 1590 - Roma, c.1675)
Veduta di Tivoli
Olio su tela, cm 32,5X50
Stima € 3.000 - 4.000
109.
PITTORE FIAMMINGO DEL XVII SECOLO
Fuga in Egitto
Olio su rame, cm 53X63
Stima € 2.000 - 3.000
110.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Scontro fra cristiani e turchi
Olio su tela, cm 96,5X129,5
Stima € 3.000 - 4.000
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111.
SCUOLA FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Scena galante
Olio su tela, cm 29,4X34,2
Stima € 1.000 - 1.200
112.
PITTORE TOSCANO ATTIVO TRA IL XVII E
IL XVIII SECOLO
Figure del Vecchio Testamento
Olio su tela, cm 65X84 (2)
Stima € 2.500 - 3.500
Queste due tele raffiguranti figure dell’Antico Testamento, presentano un tratto e un’impaginazione da
“modelletto”. Il ductus pittorico veloce e scorrevole e i
caratteri di stile, richiamano alla memoria un autore di
scuola toscana attivo fra Sei e Settecento, influenzato
da Pier Dandini, Giandomenico Ferretti e Antonio Domenico Gabbiani, tuttavia distinto nei risultati. La qualità, apprezzabile per la valenza ornamentale, è in ogni
caso penalizzata da una vernice fortemente ossidata,
che ostacola un’agevole osservazione dell’immagine e
ottunde il tessuto cromatico ribassandone il tono. L’impianto scenico, apparentemente disarmonico nell’impaginazione, si spiega con la loro finalità progettuale,
destinata alla decorazione a fresco di una cupola o un
catino absidale e si deve altresì tener conto, che si mostra una sezione di studio e non un’illustrazione completa, che solo l’opera compiuta può offrire.
Bibliografia di riferimento:
Gli Ultimi Medici. Il Tardo Barocco a Firenze.
1670 - 1743, catalogo della mostra, Firenze 1974.
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113.
JACOB DE HEUSCH
(Utrecht, 1656 - Amsterdam, 1701)
Paesaggio costiero con barche e pescatori
Olio su tela, cm 53X68
Firmato in basso a destra
Stima € 8.000 - 10.000
Allievo dello zio Wilhelm de Heusch, l’artista è documentato nella Bent romana nel 1675 e un disegno datato al 1680 appartenente al Museo di Sant’Anna a Lubecca, testimonia ancora la sua presenza nella città eterna, oltremodo confermata dal libro
dei conti della famiglia Falconieri, dove si registra negli anni 1686, 1691 e 1692 l’acquisto delle sue opere. L’attività capitolina dell’artista si orienta inizialmente verso lo stile di Gaspard Dughet e Salvator Rosa, ma sarà quest’ultimo a suscitare una
vera e propria passione, tanto da indurlo ad imitarne le tele. Il gusto per il pittoresco, la sensibilità atmosferica, la capacità di
evocare scenari arcadici di sapore settecentesco ha persuaso la critica a riconoscergli il merito di aver influenzato l’arte di Jan
Frans Van Bloemen e Andrea Locatelli. Il dipinto in esame è un felice esempio della sua produzione databile agli anni novanta,
quando Heusch raggiunge un equilibrio poetico di particolare eleganza, rievocando i fondali scenici di Claude Lorrain e stemperando il pittoricismo desunto da Salvator Rosa. Andrea Busiri Vici D’Arcevia, nella monografia dedicata al pittore, pubblica
una versione assai simile a quella in esame, citando varie edizioni analoghe di cui una dispersa già appartenente alla Galleria
Martinoja di Roma.
Bibliografia di riferimento:
A. Busiri Vici D’Arcevia, Jacob de Heusch (1656 - 1701), un pittore olandese a Roma detto il Copia, a cura di Cinzia Martini, Roma 1997, p. 159, n. 58, con bibliografia precedente.
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114.
PITTORE NAPOLETANO ATTIVO ALLA FINE DEL XVIII SECOLO
Veduta del golfo di Napoli e Vesuvio in eruzione
Olio su tela, cm 57X115
Siglato sulla fontana: T S
Stima € 8.000 - 10.000
Il dipinto si può datare agli ultimi anni del XVIII Secolo e raffigura una gradevole veduta del golfo di Napoli, in bilico tra seduzioni di gusto settecentesco e sensibilità neoclassiche. Il precedente stilistico si può individuare nelle opere di Gabriele Ricciardelli (attivo a Napoli fra il 1740 e il 1780) e nel coevo Pietro Antoniani (Milano 1740/50 - 1805), che intorno all’ottavo
decennio operò a Napoli, realizzando panorami della città e del golfo, ma indubbiamente mostrando uno scarto qualitativo
rispetto alla tradizione vedutistica partenopea. L’evento geologico invece, si può riferire all’eruzione del 1776, ma non è assolutamente indicativo per formulare una datazione, perché questo genere di quadri era destinato prevalentemente ai viaggiatori del Grand Tour, desiderosi di ritornare in patria con un’immagine “completa” della città, dei suoi costumi, scorci
caratteristici e logicamente, della principale attrattiva naturale, mentre per quanto riguarda la decifrazione della sigla, le ricerche
sinora svolte non hanno ancora concesso una valida risoluzione del caso.
Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa, L. Di Mauro, Vedute napoletane del Settecento, Napoli 1999, pp. 31 e 95; pp. 318 - 320, con bibliografia
precedente.
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115.
PAESAGGISTA ATTIVO ALLA FINE DEL XVII SECOLO
Coppia di vedute portuali
Olio su tela, cm 71,5X138 (2)
Stima € 30.000 - 40.000
D’alta qualità e notevole fascino, queste due vedute portuali di fantasia sono un vero e proprio rebus
filologico. La prima impressione, suggerisce una cronologia entro il primo decennio del XVIII Secolo, tuttavia, un attento esame dell’immagine e del tessuto pittorico, consiglia di anticiparne l’esecuzione agli ultimi anni del Seicento. Già attribuite a Luca Carlevarijs per le evidenti similitudini
stilistiche, la loro precocità ci conduce in un ambito di ricerca ancora impreciso, dove i riferimenti sicuri, attributivi e storici, non consentono una distinzione esatta degli artisti italiani e forestieri che
sono all’origine delle veduta “moderna”. Per questo motivo si è preferito escludere, forse è meglio dire
sospendere, il nome di Carlevarijs quale sicuro artefice di queste tele, tenendo in debito conto che della
produzione giovanile dell’artista, in specie di periodo romano (1685 - 1690 circa) quando si misurava
con il van Wittel, non si hanno documenti visivi agevoli su cui confrontarci. Un altro aspetto importante da analizzare è il differente ductus pittorico che presentano, infatti, quella raffigurante la torre
circolare a sinistra, esibisce maggiori conformità con l’opera del Carlevarijs, al contrario della compagna, che pare di diversa mano e ricorda nello stile i dipinti dei Grevenbroeck ed evoca vaghe reminescenze di Pieter Mulier detto il Tempesta e di Carlo Antonio Tavella. Di Grevenbroeck autore
documentato a Napoli con i vedutisti della prima ora e autore di piccoli dipinti raffiguranti vedute
fantastiche e battaglie navali, ricordiamo in questa sede la Veduta di Napoli venduta presso la Sotheby’s di Montecarlo il 18 giugno 1992, che può essere d’utile confronto. La conformazione delle
vedute, sia pur fantastica, idealizzata e di chiara origine rosiana (si veda il dipinto Marina di Faro della
Galleria Palatina a Firenze), può far pensare alla Darsena di Livorno, tuttavia non vi sono indicazioni
utili per un’identificazione del sito, poiché spetta all’immaginazione, la medesima che suggestionerà
tutti gli artisti che nel corso del Settecento si dedicheranno al genere della marina, primo fra tutti il
Vernet. Risiede in queste argomentazioni l’importanza storica dei dipinti qua presentati, la cui bellezza e seduzione trascende i limiti dell’anonimato.
Bibliografia di riferimento:
M. Roethlisberger-Bianco, Cavalier Pietro Tempesta and his time, Newark, University of Delaware
Press, 1970.
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, Roma 1977 - 1980.
P. Consigli, I. Consigli, Paesaggi e marine dal Cinquecento all’Ottocento, Parma 1990.
L. Salerno, I Pittori di vedute in Italia (1580 - 1830), Roma 1991.
N. Spinosa, L. Di Mauro, Vedute napoletane del Settecento, Napoli 1993.
W. L. Barcham. Luca Carlevarijs e la creazione della veduta veneziana del XVIII secolo, in Gaspare
Vanvitelli e le origini del vedutismo, catalogo della mostra a cura di Fabio Benzi, Roma 2002, pp.
57 - 67, con bibliografia precedente.
La Pittura di Paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di Ludovica Trezzani, Milano 2004.
Salvator Rosa, tra mito e magia, catalogo della mostra a cura di Nicola Spinosa, Napoli 2008.
Fantastiche Vedute. La veduta di capriccio in Toscana dal Ciaffieri ai Poli, a cura di Pierluigi Carofano, Pisa 2006.
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116.
JAN GABRIELSZ SONJE
(Delft, 1625 - Rotterdam, 1707)
Paesaggio con cavalieri
Olio su tavola, cm 79X113
Firmato in basso a destra: J/Sonje f
Stima € 6.000 - 8.000
Provenienza:
Dowdeswell Fine Art; Sir Thomas Fermor Heskett first Baron Hoskett (1881-1944);
Easton Neston House, Towcester, collezione privata;
Sotheby’s, Londra, 21-04-2005, n. 85.
Jan Gabrielsz Sonjé nacque a Delft intorno al 1625, fu allievo d’Adam Pynacker e nel 1646 è attestata la sua iscrizione alla
gilda della città. Nel 1654 è documentato a Rotterdam e nel 1665 a Dordrecht. Specializzato nella pittura di paesaggio, la sua
opera presenta affinità con Frederick Moucheron, soprattutto quando dipinge vedute dal carattere italianizzante. Non conosciamo documenti concernenti un suo viaggio in Italia, ma l’arte di Pynacker gli ha sicuramente permesso di acquisire i modelli e le caratteristiche luminosità del paesaggio italiano durante il suo apprendistato. Del dipinto se ne conserva un’immagine
presso il Rijksbureau voor Kunsthistorische Documentarie d’Amsterdam.
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, II, Roma 1977, pp. 708 - 709.
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SIMON JOHANNES VAN DOUW
(Antwerp, 1630 ca. - dopo il 1677)
Scena di mercato e rovine romane
Olio su tela, cm 80X115,9
Stima € 6.000 - 8.000
Provenienza:
Sotheby’s, New York, 11-01-1996, n. 236.
Il dipinto è apparso nel 1996 presso la Sotheby’s di New York e attribuito ad un paesaggista olandese di gusto italianizzante,
attivo nella seconda metà del XVII Secolo; è stato poi riconosciuto al van Douw dagli esperti del Rijksbureau voor Kunsthistorische Documentarie. Il tema raffigurato è caratteristico degli artisti nordici attivi in Italia o di gusto italianizzante, sulla
scia dei bamboccianti romani. Van Douw è documentato in qualità di maestro ad Anversa dal 1654 e nel 1656 fa parte della
Gilda dei pittori di Middelbourg. Durante la sua carriera si specializza nella pittura di cavalli divenendo altresì un noto battaglista e alla sua prolifica scuola si forma primo fra tutti Pieter van Bloemen.
Bibliografia di riferimento:
W. Bernt, The Netherlandish Painters of the Seventeenth Century, I, London - New York 1969, p. 33.
G. Sestieri, I pittori di Battaglie, Roma 1999, pp. 550 - 552.
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118.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Scena di Battaglia
Olio su tela, cm 40X56
Stima € 4.000 - 5.000
Il dipinto raffigura un ampio paesaggio dove è in atto un combattimento di cavalleria, sullo sfondo si vede un paese fortificato, sovrastato da un bastione turrito. L’accurata descrizione del luogo fa pensare ad una veduta reale e la battaglia rappresentata, ad un preciso resoconto storico osservato dal pittore. Detto ciò, possiamo suddividere i diversi ordinamenti che
caratterizzano il genere, consapevoli della distinzione fra la scena celebrativa, che rievoca un avvenimento e quella prettamente ornamentale, priva di qualsiasi relazione con fatti storici, la cui notevole diffusione si può imputare alla Guerra dei
Trent’Anni, come suggerito da Federico Zeri. A queste due tipologie possiamo aggiungere la battaglia di carattere documentario, che vede negli esempi delle Guerre Sabaude di van Hughtenburgh uno dei modelli più conosciuti, dove il pittore, oltre
alle finalità encomiastiche si attiene ad una minuziosa descrizione dei luoghi, della tattica militare e degli schieramenti, evocando al meglio la concitazione dello scontro, il fumo delle esplosioni e logicamente, mettere in risalto la figura del comandante e le sorti vittoriose del suo esercito. A questa categoria appartiene l’opera in esame, che possiamo definire un vero e
proprio reportage. La mancanza d’iscrizioni non ci consente di formulare una lettura storica dell’immagine, tuttavia la collina
fortificata ricorda la zona dei Colli Euganei fra Montegrotto e Monselice, offrendoci uno spunto di ricerca da non sottovalutare ma che non è possibile esaudire in questa sede.
Bibliografia di riferimento:
F. Zeri, La nascita della ‘Battaglia come genere’ e il ruolo del Cavalier d’Arpino, in La Battaglia nella pittura del XVII e XVIII
Secolo, a cura di Patrizia Consigli, Parma 1994, pp. IX - XXVII.
G. Sestieri, I pittori di Battaglie, Roma 1999, con bibliografia precedente.
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UNA COLLEZIONE DI DIPINTI FIAMMINGHI
Lotti 119 - 143
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119.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio con viandanti
Olio su tavola, cm 23X29
Stima € 200 – 300
120.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
All’osteria
Olio su tavola, cm 35X28
Stima € 400 – 600
121.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Galline
Olio su tela, cm 23X31
Stima € 200 – 300
119
122.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Venere, Amore e ninfa
Olio su tavola, cm 19X16
Stima € 200 – 300
123.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio lacustre
Olio su tavola, cm 29X31
Stima € 200 – 300
124.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Battaglia
Olio su tavola, cm 17X24
Stima € 200 – 300
125.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
In vista della battaglia
Olio su tela, cm 37X62
Stima € 600 – 800
126.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Baccanale
Olio su tela, cm 42X50
Stima € 600 – 800
120
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127.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Interno con figure
Olio su tavola, cm 24X36
Stima € 200 – 300
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128.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Interno con figure
Olio su tavola, cm 23X29
Stima € 400 – 600
129.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Ritratto di nobildonna
Olio su tavola, cm 39X29
Datato 1618
Stima € 400 – 600
130.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Natura morta con limone, piatto di corbezzoli e
stoviglie
Olio su tela, cm 42X57
Stima € 600 – 800
128
131.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Naufragio
Olio su tavola, cm 30X64
Stima € 600 – 800
132.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
In partenza per la caccia
Olio su tavola, cm 27X34
Stima € 400 – 600
133.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio fluviale
Olio su tavola, cm 24X37
Firmato in basso a sinistra
Stima € 400 – 600
134.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio fluviale con scena galante
Olio su tela ovale, cm 32X40
Stima € 400 – 600
135.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Il riposo del pastore con i suoi armenti
Olio su tavola, cm 26X37
Stima € 400 – 600
136.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Popolani al lavoro
Olio su tela, cm 30X43
Stima € 400 – 600
129
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137.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio fluviale con architetture
Olio su tela, cm 29X38
Stima € 400 – 600
141.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Animali da cortile
Olio su tela, cm 72X53
Stima € 600 – 800
138.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Sosta di viandanti
Olio su tavola, cm 25X33
Stima € 200 – 300
142.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Al Fontanile – Paesaggio con animali e figure
Olio su tela, cm 32X40
Stima € 600 – 800
139.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Caccia al cervo
Olio su tavola, cm 17X24
Stima € 200 – 300
140.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggi fluviali
Coppia di oli su tavola, cm 38X46
Stima € 400 – 600
116
143.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio costiero con figure
Olio su tavola, cm 58X83
Stima € 600 - 800
(2)
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euro. I collegamenti telefonici durante l’Asta potranno essere registrati. I potenziali acquirenti
collegati telefonicamente acconsentono alla registrazione delle loro conversazioni.
disposizione dei clienti presso la sede. Nel caso in
cui l’acquirente incaricasse una terza persona di
ritirare i lotti già pagati, occorre che quest’ultima
sia munita di una delega scritta rilasciata dall’acquirente e di una fotocopia del documento di
identità dell’acquirente.
SPEDIZIONE DEI LOTTI
Il personale di WANNENES ART AUCTIONS
sarà lieto di occuparsi della spedizione dei lotti
acquistati seguendo le indicazioni comunicate
per iscritto dagli acquirenti e dopo che questi
abbiano effettuato per intero il pagamento. La
spedizione avverrà a rischio e spese dell’acquirente che dovrà manlevare per iscritto WANNENES ART AUCTIONS da ogni
PAGAMENTO
responsabilità in merito. Il nostro personale è
Gli acquirenti devono effettuare il pagamento dei inoltre a disposizione per valutazioni e consigli
lotti entro 10 giorni lavorativi dalla data dell’asta
relativi a tutti i metodi di spedizione e assicuratramite:
A) Contanti per un importo non superiore a zione dei lotti.
5.000,00 euro
DIRITTO DI SEGUITO
B) Assegno circolare intestato a Art Auctions
S.r.l., soggetto a preventiva verifica con l’istituto Con Dlgs n. 118 del 13/2/2006 è in vigore dal
9 Aprile 2006 in Italia il “Diritto di Seguito”
di emissione
C) Assegno bancario di conto corrente intestato (Droit de Suite), ossia il diritto dell’autore (via Art Auctions S.r.l., previo accordo con la dire- vente o deceduto da meno di 70 anni) di opere
zione di Wannenes Art Auctions
di arti figurative e di manoscritti a percepire
D) Bonifico bancario: UNICREDIT BANCA, una percentuale sul prezzo di vendita degli oriVia Dante 1, 16121 Genova – C/C 10066956 ginali delle proprie opere in occasione delle
intestato a Art Auctions S.r.l., – ABI 02008– vendite successive alla prima. Tale diritto sarà
CAB 01400– SWIFT UNCRIT2B100– IBAN
a carico dell’acquirente, sarà calcolato sul
IT73C0200801400000010066956
WANNENES ART AUCTIONS ha la possibi- prezzo di vendita e non potrà comunque essere
lità, previo accordo con il venditore, di offrire superiore ai 12.500 euro per ciascun lotto.
agli acquirenti che ritenga affidabili la facoltà L’importo del diritto da corrispondere è così
di pagare i lotti acquistati a cadenze dilazio- determinato:
nate. I potenziali acquirenti che desiderano ac- - 4% per la parte del prezzo di vendita fino a
cedere ad un pagamento dilazionato devono 50.000 Euro
prendere contatto con la direzione di WAN- - 3% per la parte del prezzo di vendita comNENES ART AUCTIONS prima della vendita. presa fra 50.000,01 e 200.000 Euro
- 1% per la parte del prezzo di vendita comRITIRO DEI LOTTI
presa fra 200.000,01 e 350.000 Euro
Gli acquirenti devono effettuare il ritiro dei lotti - 0,50% per la parte del prezzo di vendita
entro 15 giorni lavorativi dalla data dell’asta.
compresa fra 350.000,01 e 500.000,01 Euro
Decorso tale termine, WANNENES ART AUCTIONS non sarà più tenuta alla custodia né sarà - 0,25% per la parte del prezzo di vendita oltre
responsabile di eventuali danni che possano ar- i 500.000 Euro
recarsi ai lotti che potranno essere trasferiti in un Il diritto di seguito addebitato all’Acquirente
apposito magazzino. WANNENES ART AUC- sarà versato dalla WANNENES ART AUCTIONS addebiterà all’acquirente i costi di assi- TIONS alla SIAE in base a quanto stabilito
curazione e magazzinaggio secondo la tabella a dalla legge.
AGGIUDICAZIONI
Il colpo di martello indica l’aggiudicazione del
lotto e in quel momento il compratore si assume la piena responsabilità del lotto. Oltre al
prezzo di aggiudicazione l’acquirente dovrà
corrispondere a WANNENES ART AUCTIONS i diritti d’asta e gli oneri fiscali previsti dalle leggi vigenti.
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CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA
Art. 1
Art. 2
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I beni possono essere venduti in lotti o singolar- Art. 5
mente ad insindacabile giudizio della WANNENES
ART AUCTIONS (di seguito ART
AUCTIONS o Casa d’Aste). Le aste saranno tenute in locali aperti al pubblico da ART AUCTIONS che agisce unicamente come mandataria
nel nome e nell’interesse di ciascun venditore (il
nome del quale è trascritto in tutti i registri previsti dalle vigenti leggi). Gli effetti della vendita influiscono direttamente sul compratore e sul
venditore. ART AUCTIONS non assume nessuna
responsabilità nei confronti dell’aggiudicatario, Art. 6
del venditore, o di qualsiasi altro terzo in genere.
Gli oggetti sono venduti/aggiudicati al miglior offerente, e per contanti. Nel caso in cui sorgessero delle
contestazioni tra più aggiudicatari, il Banditore, a suo
insindacabile giudizio, rimetterà in vendita il bene che Art. 7
potrà essere nuovamente aggiudicato nella medesima
asta; in ogni caso gli aggiudicatari che avessero sollevato delle contestazioni restano vincolati all’offerta
fatta in precedenza che ha dato luogo alla nuova aggiudicazione. In caso di mancata nuova aggiudicazione il Banditore, a suo insindacabile giudizio,
comunicherà chi deve intendersi aggiudicatario del
bene. Ogni trasferimento a terzi dei lotti aggiudicati
non sarà opponibile ad ART AUCTIONS che considererà quale unico responsabile del pagamento l’aggiudicatario. La partecipazione all’asta in nome e per
conto di terzi potrà essere accettata da ART AUCTIONS solo previo deposito presso gli Uffici della
Casa d’Aste - almeno tre giorni prima dell’asta - di
adeguate referenze bancarie e di una procura nota- Art. 8
rile ad negotia.
Art. 3
ART AUCTIONS si riserva il diritto di ritirare
dall’asta qualsiasi lotto. Il Banditore, durante
l’asta, ha facoltà di accorpare e/o separare i lotti e
di variare l’ordine di vendita. Il banditore può, a
suo insindacabile giudizio, ritirare i lotti che non
raggiungano il prezzo di riserva concordato tra
ART AUCTIONS ed il venditore.
Art. 4
L’aggiudicatario corrisponderà ad ART AUCTIONS
un corrispettivo pari al 23% sul prezzo di aggiudicazione comprensivo di I.V.A. A questo corrispettivo
dovrà essere aggiunto, per i lotti che lo prevedono, il
Diritto di Seguito secondo la normativa vigente (vedi
informazioni importanti per gli acquirenti). Per i lotti
che fossero in temporanea importazione, provenendo da paesi non UE oltre ai corrispettivi d’asta
di cui sopra l’aggiudicatario, se residente in un Paese
UE, dovrà corrispondere ogni altra tassa conseguente, oltre a rimborsare tutte le spese necessarie a
trasformare da temporanea a definitiva l’importazione (i beni interessati saranno indicati con il
segno**). Si ricorda che qualora il venditore fosse
un soggetto I.V.A. l’aggiudicatario dovrà corrispondere anche le imposte conseguenti (i beni interessati
saranno contrassegnati dal segno °°).
Al fine di garantire la trasparenza dell’asta tutti
coloro che sono intenzionati a formulare offerte
devono compilare una scheda di partecipazione
con i dati personali e le referenze bancarie. ART
AUCTIONS si riserva il diritto di verificare le referenze fornite e di rifiutare alle persone non gradite la partecipazione all’asta. All’atto della
compilazione ART AUCTIONS consegnerà un
cartellino identificativo, numerato, che dovrà essere esibito al banditore per formulare le offerte.
ART AUCTIONS può accettare mandati per l’acquisto (tramite sia offerte scritte che telefoniche)
effettuando rilanci tramite il Banditore, in gara con
le persone partecipanti in sala. In caso di offerte
identiche l’offerta scritta preverrà su quella orale.
Nel caso di due offerte scritte identiche, che non
siano superate da offerte in sala o telefoniche,
ART AUCTIONS considererà aggiudicataria
quella depositata per prima. ART AUCTIONS si
riserva il diritto di rifiutare, a suo insindacabile
giudizio, offerte di acquirenti non conosciuti e/o
graditi. A parziale deroga di quanto sopra ART
AUCTIONS potrà accettare dette offerte nel caso
sia depositata una somma a garanzia di importo
pari al valore del lotto richiesto, oltre commissioni, tasse, e spese. In ogni caso all’atto dell’aggiudicazione l’aggiudicatario comunicherà,
immediatamente, le proprie complete generalità e
i propri dati fiscali.
ART AUCTIONS agisce esclusivamente quale
mandataria dei venditori declinando ogni responsabilità in ordine alla descrizione degli oggetti contenuta nei cataloghi ed in ogni altra pubblicazione
illustrativa. Tutte le descrizioni dei beni devono intendersi puramente illustrative ed indicative e non
potranno generare nessun affidamento di alcun
tipo negli aggiudicatari. L’asta sarà preceduta da
un’esposizione dei beni al fine di permettere un
congruo esame degli stessi da parte degli aspiranti
acquirenti, affinché quest’ultimi, sotto la loro totale e completa responsabilità, possano verificarne
tutte le qualità, quali ad esempio, l’autenticità, lo
stato di conservazione, il tipo, il materiale, la provenienza, dei beni posti in asta. Dopo l’aggiudicazione nessuno potrà opporre ad ART AUCTIONS
od ai venditori la mancanza di qualsiasi qualità dei
beni oggetto di aggiudicazione. ART AUCTIONS
ed i propri dipendenti e/o collaboratori non rilasceranno nessuna garanzia di autenticità e/o quant’altro. Tutte le indicazioni sulla caratura ed il peso
di metalli o pietre preziose, come sui relativi marchi, sono puramente indicative. ART AUCTIONS
non risponderà di eventuali errori o della falsificazione effettuata ad arte. Nonostante il possibile riferimento ad elaborati di esperti esterni alla Casa
d’Aste, ART AUCTIONS non ne garantisce né
l’esattezza né l’autenticità.
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Art. 9
Art. 10
Art. 11
Art. 12
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Le stime relative al prezzo base di vendita, riportate sotto la descrizione di ogni bene sul catalogo,
sono da intendersi al netto di ogni onere accessorio quale, ad esempio, diritti d’asta, tasse ecc. ecc. Art. 13
Poiché i tempi tipografici di stampa del catalogo
richiedono la determinazione dei prezzi di stima
con largo anticipo esse potranno essere oggetto di
mutamento, così come la descrizione del bene.
Ogni e qualsiasi cambiamento sarà comunicato
dal Banditore prima dell’inizio dell’asta sul singolo
bene interessato.
Il completo pagamento del prezzo di aggiudicazione, dei diritti d’asta, e di ogni altra spesa accessoria dovrà essere effettuato entro 10 giorni
lavorativi dalla data dell’Asta, in valuta avente
corso legale nella Nazione ove si è svolta l’asta. In
caso di mancato pagamento, fermo restando il riArt. 14
sarcimento dei maggiori danni ART AUCTIONS
potrà: a) restituire il bene al mancato venditore ed
esigere il pagamento dal mancato acquirente delle
commissioni perdute; b) agire per ottenere l’esecuzione coattiva dell’obbligo di acquisto; c) vendere il lotto a trattativa privata, od in aste
successive, comunque in danno del mancato compratore, trattenendo a titolo di penale gli eventuali
acconti versati. Nel caso il lotto rimanesse custodito da ART AUCTIONS ciò avverrà a rischio e
spese dell’aggiudicatario e del mancato venditore
in solido. In ogni caso fino alla data di vendita o
restituzione l’aggiudicatario dovrà corrispondere
ad ART AUCTIONS una somma, a titolo di penale, calcolata, avendo come base, l’importo di aggiudicazione maggiorato di tutte le tasse e
commissioni, al tasso del 30%. Tale somma sarà
dovuta a partire dal sesto giorno successivo alArt. 15
l’aggiudicazione.
L’aggiudicatario, dopo aver pagato tutte le somme
dovute, dovrà ritirare i lotti acquistati entro 15
giorni lavorativi dalla data dell’Asta a suo esclusivo rischio, cura e spese, rispettando l’orario a
ciò destinato da ART AUCTIONS. Nel caso in cui
l’aggiudicatario non dovesse ritirare i lotti acquiArt. 16
stati entro il termine sopraindicato ART AUCTIONS li conserverà, ad esclusivo rischio e spese
dell’aggiudicatario, nei locali oggetto dell’asta per
altri cinque giorni lavorativi. Trascorso tale periodo ART AUCTIONS potrà far trasportare,
sempre a rischio e spese dell’aggiudicatario, i beni
presso un qualsiasi depositario, od altro suo magazzino, liberandosi, nei confronti dell’acquirente,
con la semplice comunicazione del luogo ove sono
custoditi i beni. Resta fermo il fatto che per ritirare
il lotto l’aggiudicatario dovrà corrispondere, oltre
al relativo prezzo con accessori, anche il rimborso
di ogni altra spesa successiva.
In ogni caso ART AUCTIONS potrà concordare
con gli aggiudicatari diverse forme di pagamento,
di deposito, di vendita a trattativa privata, di assicurazione dei beni e/o la fornitura di qualsiasi
altro servizio che fosse richiesto al fine del miglior
andamento possibile dell’affare.
Tutti sono ovviamente tenuti a rispettare le leggi
vigenti all’interno dello Stato ove è stata svolta
l’asta. In particolare ART AUCTIONS non assume nessuna responsabilità in relazione ad eventuali restrizioni all’esportazione dei lotti
aggiudicati, e/o in relazione a licenze e/o permessi
che l’aggiudicatario potrà dover richiedere in base
alla legge vigente. L’aggiudicatario non potrà richiedere alcun rimborso ne al venditore ne ad
ART AUCTIONS nel caso che lo Stato esercitasse
il suo diritto di prelazione, od altro diritto a lui riservato.
In caso di contestazioni rivelatesi fondate, ed accettate da ART AUCTIONS a seguito della vendita di oggetti falsificati ad arte la Casa d’Aste
potrà, a sua discrezione, dichiarare la nullità della
vendita e, ove sia fatta richiesta, rivelare all’aggiudicatario il nome del venditore. L’acquirente
potrà avvalersi di questo articolo solo ed esclusivamente nel caso in cui abbia notificato ad ART
AUCTIONS, ai sensi degli articoli 137 e SS CPC
la contestazione con le prove relative entro il termine di 15 giorni dall’aggiudicazione. In ogni
caso, a seguito di un reclamo accettato l’aggiudicatario avrà diritto a ricevere esclusivamente
quanto pagato per l’aggiudicazione contestata,
senza l’aggiunta di interessi o qualsiasi altra
somma per qualunque altro motivo.
Le presenti condizioni di Vendita sono accettate
automaticamente alla firma della scheda di cui all’art 5 e comunque da tutti quanti concorrono alla
vendita e sono a disposizione di chiunque ne faccia richiesta. Per qualsiasi controversia è stabilita
la competenza del foro di Genova
Legge sulla Privacy 675/96. Titolare del trattamento è ART AUCTIONS S.r.l. con sede in Genova Piazza Campetto, 2. Il cliente potrà
esercitare i diritti di cui all’art. 13 (accesso, correzione, cancellazione, opposizione al trattamento
ecc.ecc.), rivolgendosi ad ART AUCTIONS S.r.l..
GARANZIA DI RISERVATEZZA Informativa ex
art. 10 L. 675/96. I Suoi dati sono trattati in forma
automatizzata al solo fine di prestare il servizio in
oggetto, o di altro servizio inerente l’oggetto sociale della società, con le modalità strettamente necessarie allo scopo. Il conferimento dei dati è
facoltativo: in mancanza, tuttavia ART AUCTIONS non potrà dar corso al servizio. I dati non
saranno divulgati. La partecipazione all’asta consente ad ART AUCTIONS di inviare successivi
cataloghi di altre aste.
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GE56
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ART AUCTIONS
MODULO PER LE OFFERTE /ABSENTEE BIDS FORM
IO SOTTOSCRITTO
NOME/COGNOME
NAME/SURNAME
NATO A
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BORN IN
DATE
DOCUMENTO/N°
INDIRIZZO
DOCUMENT/N.
ADDRESS
CITTÀ
CAP
STATO
TOWN
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COUNTRY
TELEFONO/FAX
E-MAIL
PHONE/FAX
E-MAIL
CODICE FISCALE
TAX PAYERS CODE
CONFERISCO INCARICO
A Wannenes Art Auctions affinché effettui per mio ordine e conto delle offerte per l’acquisto dei lotti qui sotto elencati fino al prezzo massimo (oltre
commissioni, tasse e/o imposte e quant’altro dovuto) indicato per ciascuno di essi, e/o prenda contatto telefonico con me al momento in cui saranno posti
in vendita i lotti qui sotto elencati, al numero di telefono da me indicato. Dichiaro di conoscere ed accettare integralmente le condizioni di vendita stampate sul catalogo ed espressamente esonero Wannenes Art Auctions da ogni e qualsiasi responsabilità per le offerte che per qualsiasi motivo non fossero
state eseguite in tutto o in parte e/o per le chiamate che non fossero state effettuate, anche per ragioni dipendenti direttamente da Wannenes Art Auctions.
Data ...................................................................... Ora...............................................
RICHIAMO ALLE CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA E VARIE
1. Il presente elenco non è da considerarsi esaustivo ma, meramente, esemplificativo; il partecipante all’asta ha già preso visione delle condizioni generali di vendita che ha dichiarato di aver
compreso ed integralmente gradito ed accettato.
2. Nel caso di parità tra un’offerta scritta ed una in sala prevarrà l’offerta scritta.
3. Nel caso di parità tra più offerte scritte prevarrà quella formulata per prima, purchè formulata in maniera completa (garanzie bancarie comprese).
4. Il proponente è perfettamente a conoscenza che il prezzo finale di acquisto sarà composto dalla
somma offerta maggiorata dai diritti d’asta e da tutte le imposte e tasse conseguenti, nonché da tutte
le voci di spesa chiaramente indicate nel catalogo.
5. Wannenes Art Auctions s’impegna a cercare di effettuare l’acquisto al prezzo più basso possibile.
Firma ............................................................................................................
LEGGE SULLA PRIVACY
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 L. 675/96 e successive modificazioni ed integrazioni i dati saranno trattati esclusivamente per le finalità per le quali sono stati comunicati e per l’invio di comunicazioni commerciali e/o pubblicitarie (comunque esclusivamente per materie inerenti
l’oggetto sociale della Wannenes Art Auctions). I dati potranno essere comunicati a persone ed
enti che prestano servizi per conto di Wannenes Art Auctions , ivi compresi istituti di credito per
l’espletamento delle formalità di pagamento. I dati potranno essere trattati anche con strumenti
informatici.
Ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 del Codice Civile dichiaro di approvare specificatamente con l’ulteriore sottoscrizione che segue gli articoli 1, 2, 4,
5, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15 delle Condizioni di Vendita.
Firma ...............................................................................................................
LOTTO
DESCRIZIONE
OFFERTA MASSIMA IN
€
TELEFONO
IL MODULO SARÀ RITENUTO VALIDO SOLO SE PERVERRÀ PER LETTERA O FAX (+39 010 2517767) ALMENO 7 ORE PRIMA DELL’INIZIO DELL’ASTA
NON SI ACCETTANO COMMISSIONI TELEFONICHE PER I LOTTI CON STIMA MASSIMA INFERIORE AI 500 EURO
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Design e Arti Decorative
del XX Secolo
30 marzo 2009
esposizione 26-27-28-29 marzo
Palazzo del Melograno, Piazza Campetto, 2 Genova
orario 10-13 15-19
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Finito di stampare nel mese di Febbraio 2009
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