DIPINTI ANTICHI
GENOVA, 29 FEBBRAIO 2012
OLD MASTERS PAINTINGS
GENOA, 29 FEBRUARY 2012
ASTA - AUCTION
Genova
Palazzo del Melograno
Piazza Campetto, 2
ESPOSIZIONE - VIEWING
Genova
Palazzo del Melograno
Piazza Campetto, 2
MERCOLEDÌ 29 FEBBRAIO
Wednesday 29 February
SABATO 25 FEBBRAIO
ore 10-13 15-19
Saturday 25 February
10am to 1pm - 3 to 7pm
Tornata Unica
ore 21 Lotti 201 - 394
Single Session
at 9pm lots 201 - 394
DOMENICA 26 FEBBRAIO
ore 10-13 15-19
Sunday 26 February
10am to 1pm - 3 to 7pm
LUNEDÌ 27 FEBBRAIO
ore 10-13 15-19
Monday 27 February
10am to 1pm - 3 to 7pm
MARTEDÌ 28 FEBBRAIO
ore 10-13 15-19
Tuesday 28 February
10am to 1pm - 3 to 7pm
AVVISO IMPORTANTE
Si comunica che i diritti d’asta sono pari al 24% del prezzo di aggiudicazione, in ottemperanza alla manovra economica L. 148 del 14/09/2011 (aumento IVA)
IMPORTANT NOTICE
We would like to inform that purchaser will pay a sum equivalent to
24% of the hammer price including the VAT, in compliance with the economic measure L. 148 dated 14.09.11 (VAT increase)
La partecipazione all’Asta implica l’integrale e incondizionata accettazione delle Condizioni di Vendita riportate in questo catalogo
lotto 230
I lotti potranno essere ritirati a partire da Giovedì 1 Marzo esclusivamente previo appuntamento telefonico +39 010 2530097
in copertina:
lotti 341, 219, 288
2
Taking part in the Auction implies the entire and unconditional acceptance of the Conditions of Sale outlined in this Catalogue.
The lots may be collected from Thursday 1 March, by telephone appointment calling +39 010 25 300 97.
3
Genova
Palazzo del Melograno
Piazza Campetto, 2
16123 Genova
Tel. +39 010 2530097
Fax +39 010 2517767
Roma
Via Avezzana, 8
00195 Roma
Tel. +39 06 69200565
Fax +39 06 69208044
Milano
Via Santa Marta, 25
20123 Milano
Tel. +39 02 72023790
Fax +39 02 89015908
ASSOCIATI
Firenze
Capinetta Nordio Benini
+39 335 7059919
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Genova
Alessandro Pernecco
+39 329 0399096
Lecce
Francesco Petrucci
+39 348 5101534
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Milano
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+39 349 7949621
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Catania
Michele Paternò del Toscano
+39 339 6681798
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Torino
Nicoletta Cornaglia
+39 331 6153624
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Guido Wannenes
Amministratore Delegato
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Stefano Della Croce di Dojola
Direttore Generale
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Responsabile Personale e Total Quality
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Luca Melegati
Direttore Milano
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Ufficio Stampa
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DIPARTIMENTI
Argenti, Avori, Icone
e Oggetti d’Arte Russa
Tommaso Teardo
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Arte Moderna
e Contemporanea
Guido Vitali
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Arte Orientale
Alessandra Pieroni
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Francesca Ciurlo
Consulente servizio abbonamenti
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Arti Decorative
e Design del XX Secolo
Gilberto Baracco
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Andrea Schito
[email protected]
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Responsabile Assistenza Clienti
[email protected]
Ceramiche e Vetri
Luca Melegati
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Responsabile Sala d’Asta
Paolo Gadau
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Spedizioni e ritiri
Dipinti del XIX Secolo
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Gioielli e Orologi
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Mobili, Sculture e Oggetti d’Arte
Guido Wannenes
Mauro Tajocchi
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INFORMAZIONI RIGUARDANTI
QUESTA VENDITA
AUCTIoN eNQUIRIeS
AND INFoRMATIoNS
eSPeRTI
SPeCIALISTS IN CHARGe
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+39 010 2468376
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AMMINISTRAZIoNe
VeNDIToRI - CoMPRAToRI
PAYMeNT BUYeRS - SeLLeRS
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ASSISTeNZA CLIeNTI
CoMMISSIoNI D’ACQUISTo
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CLIeNT SeRVICeS
ABSeNTee BIDS
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RISULTATI D’ASTA
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Tappeti e Tessuti Antichi
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Venezia
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+39 338 9339811
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lotto 236
4
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TORNATA UNICA
Mercoledì 29 Febbraio 2012 ore 21
Lotti 201 - 394
SINGLE SESSION
Wednesday 29 February 2012 at 9pm
lots 201 - 394
lotto 322
6
7
201.
202.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Lumache e insetti
Tempera su pergamena, cm 11X16
Stima € 1.500 - 1.800
BARBARA REGINA DIETZSCH (attr. a)
(Norimberga, 1706 - 1783)
Ramo di ciliege e lucertola
Tempera su pergamena, cm 18X23
Stima € 3.000 - 3.500
Opera di notevole fascino e qualità, da riferire ad un pittore fiammingo i cui risultati ricordano gli esiti di J. Van Kassel (Anversa, 1626 - 1679).
La risoluzione d’immagine dei singoli brani sorprende per l’accuratezza. La lenticolare verosimiglianza con cui è descritta l’ape, la tridimensionalità delle lumache e la loro superficie traslucida sono qui rese con maestria. Queste caratteristiche reali e percepibili attraverso i sensi,
sottintendono altresì ad un complesso significato allegorico che allude alla corruzione e alla caducità dell’esistenza.
Figlia di Johann Dietzsch Israele, noto disegnatore e incisore, Barbara Regina riceve la sua formazione presso la bottega familiare, raggiungendo ben presto una notevole fama nell’arte della miniatura a soggetto botanico e naturalistico. Le sue opere presentano uno stile meticoloso e descrivono volatili, insetti, frutti, fiori, paesaggi, scene di caccia e ritratti.
Bibliografia di riferimento:
Bibliografia di riferimento:
Fleurs et Jardins dans l’art flamand, catalogo della mostra a cura di René Pechère, Gand, Musee des Beaux Arts, 1960, p. 125, nn. 91-92
E. Panofsky, Early netherlandish Paintings. Its Origins and Character, Cambridge/Mass. 1953, vol. 1, p. 131
U. Krempel, Jan van Kessel, catalogo della mostra, d. Ä. Die vier Erdteile, Monaco 1973
W. James J. Delectus Huntiana 22: A painting of onions by Barbara Regina Dietzch, Bulletin of the Hunt Institute for Botanical Documentation” 11 (2). Fall 1999. p. 10. http://www.huntbot.andrew.cmu.edu/HIBD/HI-PDF/Bulletin-11-2.pdf.
D. Scrase, Flower drawings, Cambridge 1997, pp. 44 - 45
8
9
203.
“Avevo dunque un anno quando mio padre mi lasciò a Venezia per andare a recitare a Londra. Fu in quella grande città che mia madre calcò per la prima volta le scene e fu là che nel 1727 diede alla luce mio fratello Francesco, celebre pittore di battaglie, che dal 1783 lavora a
Vienna, dove esercita la sua arte” (Giacomo Casanova, Storia della mia vita, 1893- 89, I, p. 21). Con le parole di Giacomo Casanova introduciamo l’attribuzione di queste due scene belliche a suo fratello minore Francesco (Londra, 1732 - Vienna, 1802) che, per paradosso della
storia, era all’epoca indubbiamente molto più famoso e le cui opere sono sparse per tutta Europa. La sua fortuna si affermò in modo particolare a Parigi, dove acquisì una fama internazionale, ma la sua formazione avvenne a Venezia e poi a Firenze presso il Simonini, anche se i
suoi primi modelli sono da ricercare nelle battaglie di Giuseppe Zais. Le tele in esame si attribuiscono per la peculiare agilità delle figure e per
il taglio compositivo, con i cavalieri in primo piano e gli altri protagonisti che si stagliano sullo sfondo paesistico con rifinito gusto decorativo. Per i caratteri di stile i dipinti si possono ricondurre alla maturità, attorno all’ottavo-nono decennio, in analogia con la tela esitata presso
la Christie’s di Amsterdam il 5 Febbraio 1991, n. 33 (fig. 1).
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Scena di battaglia con fortilizio sullo sfondo
Battaglia di cavalleria
Olio su tela, cm 38X48
(2)
Stima € 3.000 - 4.000
Bibliografia di riferimento:
fig. 1
10
G. Sestieri, I pittori di battaglie. Maestri italiani e stranieri del XVII e XVIII secolo, Roma 1999, pp. 262-273
11
204.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Coppia di vasi fioriti
Olio su tela, cm 64X51
(2)
Stima € 3.000 - 3.500
Questa coppia di vasi fioriti databili al XVII secolo presenta aspetti di stile lombardi, non distanti dagli esiti pittorici del Vicenzino e Margherita Caffi, per la vivace
pennellata e sensibilità scenica. Un’ipotesi attributiva è
quella di Gian Maria Marchetti, autore di nature morte
piacentino (1658 - 1721) e formatosi verosimilmente nell’ambito caffiano quando la pittrice soggiornò nella città
emiliana dal 1670 al 1682. Detto ciò, l’aspetto arcaico dei
dipinti è di peculiare fascino e ricorda le composizioni del
Maestro del Vaso a Grottesche e le prime prove di Mario
Nuzzi, secondo una tipologia illustrativa che in quel periodo assumerà una diffusione generalizzata lungo tutta
la penisola.
Bibliografia di riferimento:
A. Crispo in La natura morta in Emilia e in Romagna,
Milano 2000, pp. 184-186
205.
PETER CASTEELS (attr. a)
(Anversa, 1684 - Richmond, 1749)
Vaso fiorito
Olio su tela, cm 36X44
Stima € 3.000 - 4.000
L’opera è stata ricondotta al catalogo di Peter Casteels da Giancarlo Sestieri, per la peculiare tipologia illustrativa e il carattere del tessuto pittorico, in analogia con Osias Beert, Philippe de Marlier e Jean Picart, maestri nel genere della natura morta e in modo particolare nel descrivere eleganti vasi fioriti ove le differenti tipologie botaniche sono rese con somma abilità e diligenza scientifica. Secondo lo studioso, la tela
in esame appartiene al cosiddetto secondo periodo, quando l’artista, tralasciando i modi di Van Huysum, assume una personale cifra stilistica e la sua produzione è soprannominata delle corbeilles des fleurs, che precede la fase in cui si avvicina a Gaspard Pieter Verbruggen.
Bibliografia di riferimento:
M. L. Hairs, Les Peintres flamand des fleurs au XVIIe siécle, Bruxelles 1985, p. 417
12
13
206.
207.
PIETRO MONTANINI
(Perugia, 1603 - 1679)
Paesaggio con il battesimo di Cristo
Olio su tela, cm 22X34
Stima € 1.000 - 1.500
LEONARD BRAMER (attr. a)
(Delft, 1596 - 1674)
Battaglia equestre
Olio su tela, cm 25,5X34
Stima € 2.000 - 3.000
Il dipinto, per i caratteri di stile e scrittura, si attribuisce al paesaggista Pietro Montanini, detto Petruccio Perugino. La biografia più accreditata è quella di Lione Pascoli che durante l’adolescenza apprese i rudimenti del disegno dal pittore. Dal biografo apprendiamo che Montanini giunse a Roma appena diciottenne, legandosi al vasto entourage di Pietro da Cortona. In seguito all’incontro con Salvator Rosa aderisce
allo stile di quest’ultimo sino all’imitazione, ammaliato dai “capricci pittoreschi” e dalle particolari atmosfere paesistiche. I primi studi si devono a Federico Zeri che ha pubblicato due marine siglate, appartenenti alla collezione Pallavicino di Roma. Il catalogo è tuttavia inquinato
a causa della confusione attributiva creatasi con le opere d’Alessio de Marchis, generata dagli studi del Voss sui paesaggi conservati nella cattedrale di Perugia. Molte delle opere generalmente assegnate al Rosa sono da ricondurre al “nostro”, specialmente i dipinti di piccolo formato,
dove il Montanini riesce ad esprimere una sensibilità di tocco affine a quella dell’artista napoletano, ma una diversa concezione luministica.
Nel nostro caso la tela è da datare al periodo cortonesco del pittore e ciò si evince osservando i rari paesaggi del Berrettini come quelli appartenenti alla Pinacoteca Capitolina che furono certamente esemplari. A confronto possiamo citare i Paesaggi con figure conservati alla National Gallery di Londra (inv. NG 2723 - 2724) attribuiti dallo Zeri al Montanini.
Opera dal sapore ancora arcaico, all’origine del genere, barocca per l’enfasi narrativa e per la stesura, ma ancora gustosamente vincolata ai
primi esempi Seicenteschi. Non si avvertono le complesse coreografie del Borgognone né le complessità degli esempi rosiani o giordaneschi,
ma piuttosto le sensibilità chiaroscurali e cromatiche di un Leonard Bramer detto Leonardo delle Notti, la cui attività italiana è documentata dal 1614 al 1628, anni in cui visitò Genova, Roma, Venezia e Parma, esprimendo uno stile che rivela chiare influenze degli artisti presenti
a Roma come Elsheimer e certi pittori dell’Italia Settentrionale lì trapiantati, quali Carlo Saraceni, Marcantonio Bassetti, Domenico Fetti e
suggestioni bamboccianti. Nel nostro caso, osservando le pennellate sfrangiate, le tonalità pittoriche e il disegno, si possono cogliere interessanti spunti di confronto che consentono di pensare all’artista di Delft quale verosimile autore. A questo proposito è utile il confronto con la
piccola lavagna raffigurante Gesù cade sotto la Croce conservata al Castello Sforzesco di Milano e con Il sacrificio di Ifigenia del Museo Prinsenhof a Delft.
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, Roma 1976-1980, II, pp. 666-667
14
15
208.
209.
PITTORE DEL XVI-XVII SECOLO
Martirio di San Lorenzo
Olio su rame, cm 50X35
Stima € 3.000 - 4.000
GIOVANNI GHISOLFI
(Milano, 1623 - 1683)
Paesaggio con rovine e figure
Olio su tela, cm 60X45
Stima € 3.000 - 4.000
fig. 1
Opera di alta qualità e ragguardevole effetto, da collocare cronologicamente attorno alla metà del XVI secolo. La scena raffigura il supplizio di San
Lorenzo e l’analisi dello stile ostenta una cultura pittorica di risoluto gusto manierista, con evidenti inflessioni venete e la conoscenza dell’arte toscana, in modo particolare delle composizioni vasariane e di Francesco Salviati, ma altrettanto percepibile è una netta influenza nordica, memore di una
cultura rudolfina. Sono queste le principali considerazioni che ci consentono di delineare l’ambito intellettuale dell’artista che, filologicamente, sembra formarsi nell’alveolo della pittura lagunare, dove ha certamente acquisito le moderne istanze del manierismo toscano e d’oltralpe, avendo altresì
a mente le complesse coreografie tizianesche. Giunti a questo gradino possiamo avanzare un ipotesi attributiva a Giovanni De Mio (Schio, 1510/12 Napoli, 1570 ?) che, per biografia e stile, è il candidato principale per arrivare alla risoluzione del caso. Il De Mio fu pittore e mosaicista apprezzato
dai contemporanei, tanto che Palladio stesso lo definì “huomo di bellissimo ingenio”. È ricordato per la prima volta nel 1537 come collaboratore di
Vincenzo Bianchini (1517-1563) ai mosaici di San Marco a Venezia. Dopo un viaggio in Toscana, dove lavora al Camposanto di Pisa (1538), tornò
a Venezia e vi operò come mosaicista. Dopo il 1541 lavora alla decorazione della Cappella Sauli in Santa Maria delle Grazie a Milano, poi, in patria,
esegue Il martirio di san Lorenzo, per la parrocchiale di Torrebelvicino (fig. 1) e la decorazione della villa Thiene a Quinto Vicentino. Nel 1556 è ancora a Venezia dove lavora al salone sansoviniano della Marciana. Sarà poi in Umbria, a Padova, a Napoli e a Cosenza. Resta tuttavia criticamente
essenziale valutare quanto la personalità del pittore sia risolutiva per comprendere le modalità di penetrazione e diffusione del Manierismo in terra veneta e di come questo avvenga attraverso una serie di personalità eccentriche e, come ben suggerisce Vittorio Sgarbi in suo saggio del 1981, il De Mio
ha un ruolo “oramai non più marginale”. A sostegno dell’attribuzione qui proposta è utile confrontare il rame in esame proprio con la pala di Torrebelvicino, in cui si rivelano le medesime tipologie fisionomiche, modalità di panneggio e strutture disegnative, oltre che un’analoga qualità. Qualità
che per le dimensioni e la preziosità del supporto nella nostra opera tocca livelli ancora più alti e suggestivi, rinsaldando l’assegnazione al maestro.
Bibliografia di riferimento:
Ghisolfi, ricordiamolo, è nato a Milano, si formò nell’ambito familiare e si trasferì a Roma intorno al 1650, beneficiando della lezione cortonesca e soprattutto del periodo trascorso in collaborazione con Salvator Rosa, dedicandosi a dipingere paesaggi e vedute architettoniche.
Questa propensione paesistica e archeologica rivelò presto un’intima vena classicista, contrassegnata da eleganti equilibri compositivi. La tela in esame esibisce i caratteri stilistici del pittore e mostra la sua capacità d’evocare vedute con antichità classiche. Elogiato dalle fonti antiche, la riscoperta critica della sua produzione avviene nel 1913 con gli studi dell’Ozzola e nel 1922 dal von Kutschera, che gli dedica una voce
monografica; ma saranno le ricerche condotte da Busiri Vici a delinearne la personalità, evidenziando l’importante ruolo di precursore del ruinismo romano. La nostra composizione si data agli anni della maturità, dopo il 1650, quando è testimoniato dall’Orlandi l’aggirarsi del pittore tra i monumenti classici dell’Urbe: “né lasciò fabbriche antiche o frammenti che non disegnasse o dipingesse”. La presenza a Roma di
Ghisolfi nel 1654 è inoltre documentata da alcune lettere di Salvator Rosa (Busiri Vici, p. 14, n. 8).
Bibliografia di riferimento:
A. Busiri Vici, Giovanni Ghisolfi (1623-1683). Un pittore milanese di rovine romane, Roma 1992
V. Sgarbi, Giovanni De Mio, Bonifacio de’ Pitati, Lamberto Sustris: indicazioni sul primo tempo del manierismo nel veneto, in “Arte Veneta”, XXXV, 1981, pp. 52-61
V. Sgarbi, Giovanni de Mio, in Da Tiziano a El Greco. Per una storia del Manierismo a Venezia, catalogo della mostra a cura di Stefania Mason Rinaldi, Milano 1981, pp. 123-129
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210.
211.
HUBERT ROBERT (seguace di)
(Parigi, 1733 - 1808)
Paesaggi ideale con Tempio di Vesta
Paesaggio ideale con fiume e tempio in rovina
Olio su tela, cm 89 x 90
(2)
Stima € 2.000 - 3.000
ALESSIO DE MARCHIS (attr. a)
(Napoli, 1675 - Perugia, 1752)
Paesaggio con casolare
Paesaggio costiero
Paesaggio con villa agricola e viandanti
Tecnica mista su carta, cm 23X36 (3)
Stima € 7.000 - 8.000
La costruzione scenica e i caratteri di stile suggeriscono di trovarci al cospetto di opere desunte dai modelli pittorici di Hubert Robert. L’artista, formatosi
in patria, si trasferì a Roma nel 1754 divenendo pensionante dell’Accademia di Francia dove frequentò le
lezioni di Natoire. Nella Città Eterna il Robert fu
particolarmente suggestionato dalle opere di Giovanni Paolo Pannini, che interpretò con una sciolta
sensibilità pittorica di gusto rococò, sensibilità altresì sviluppata grazie all’influenza del giovane Jean-Honoré Fragonard, anch’egli giunto a Roma nel 1756,
col il quale manterrà stretti rapporti di amicizia. Le
nostre composizioni descrivono due paesaggi ideati
con rovine il cui li tono archeologico si fonde con
l'elemento fantastico grazie a una viva attenzione per
agli effetti di luce e al gusto tipicamente settecentesco per il “capriccio”, a sua volta accresciuto in seguito al viaggio compiuto a Napoli e in Sicilia che
sollecitò l'interesse per le monumentali vestigia dell'antichità classica.
Bibliografia di riferimento:
J. H. Fragonard e H. Robert a Roma, catalogo della
mostra, a cura di Philippe Morel, Roma 1990
Questi graziosi paesaggi di fantasia, si possono
attribuire al pittore Alessio de Marchis. Le notizie biografiche che lo riguardano ci sono fornite
da Nicola Pio e dall’abate Lanzi, che lo collocano a Roma intorno al 1702 presso la bottega di
Rosa da Tivoli. Trasferitosi ad Urbino per affrescare il Palazzo del Cardinale Annibale Albani probabilmente in concomitanza con le ristrutturazioni attuate intorno al 1730 dall’architetto
Luigi Vanvitelli - eseguì anche i pannelli d’armadio presso la Sacrestia della Confraternita di San
Giuseppe e altre opere per il Capitolo della Cattedrale di Perugia. Le opere qui presentate sono
databili alla prima maturità, quando gli influssi
della pittura romana di paesaggio, espressi tramite pennellate veloci e a macchia, si diluiscono
attraverso un linguaggio delicatamente settecentesco, che De Marchis esprime con singolare personalità e accenni preromantici e sensibilità di
gusto veneto. A confronto possiamo citare il Paesaggio con torre e viandanti e il Paesaggio collinoso nel Lazio pubblicati da Busiri Vici (p. 183,
fig. 193; p. 329, DM 53), dove possiamo cogliere le medesime tonalità cromatiche e un omogeneo repertorio illustrativo.
Bibliografia di riferimento:
A. Busiri Vici, Trittico paesistico romano del
‘700, Roma 1976, pp. 157-210; 297-333
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212.
ANGELO DA CAMPO
(Verona, 1735 – 1825)
Paesaggio con pastori
Olio su tela, cm 119X137
Firmato sul retro della tela: Angelus. De. Campo. F. Verone 1772
Stima € 20.000 - 30.000
Il dipinto, grazie alla firma sul retro della tela visibile prima della foderatura,
si assegna al pittore Angelo da Campo. L’origine veronese dell’opera è tuttavia indubitabile per le strette similitudini di stile con le prove pittoriche di Domenico Pecchio (Verona, 1712 - 1760) e in modo particolare Andrea Porta
(Verona, 1719 - 1805) stimato paesista il cui atelier era situato vicino all’antica chiesa di Santo Stefano, dove si raccoglievano le botteghe d’arte cittadine,
tra il fiume Adige all’altezza del Ponte di Pietra e il Teatro Romano. Il paesaggio qui presentato si può quindi considerare una testimonianza preziosa e una
importante aggiunta al catalogo del pittore, in cui è possibile cogliere l’alto livello qualitativo del suo talento, capace di creare eleganti scenografie arcadiche correttamente impostate prospetticamente e felicissime per la scelta
cromatica. Nell’opera in esame si conduce l’attenzione sulla misurata scansione dei piani di visuale e l’accurata descrizione dei monti in lontananza, delineati
con piccole e sapienti pennellate intrise di luce e, come nel caso di Andrea Porta, partecipi di una concezione estetica che preannuncia sensibilità di sapore
neoclassico in una equilibrata espressione tra tradizione e modernità. Resta da
dire che trovarsi al cospetto di questo dipinto apre ulteriormente la necessità
di indagare la produzione paesistica settecentesca a Verona e in modo particolare la personalità del Da campo che, citato tra i fondatori dell’Accademia di
pittura nel 1664, si pone tra protagonisti della scena artistica scaligera, posizione altresì confermata dall’attività svolta nella decorazione a fresco come avviene nella Villa Pellegrini Marioni a Chievo (1776). Risulta comunque
straordinario il fatto che i pochi studi a lui dedicati non contemplano opere a
tema paesistico e ciò avvalora l’importanza della nostra tela.
Bibliografia di riferimento:
F. Butturini, Tommaso, Andrea Porta e Agostino, paesisti veronesi del Settecento, catalogo della mostra, Verona 1977
E. Rama, Andrea Porta, in La Pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1989, pp.
689-690
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213.
214.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di dama come vestale
Pastello su carta, cm 62X48
Stima € 3.000 - 4.000
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di giovane
Olio su tela, cm 80X62
Stima € 3.000 - 4.000
fig. 1
Questo elegante dipinto ritrae una giovane donna posta di trequarti e con lo sguardo diretto verso l’osservatore. La delicata cromia perlacea
della veste risalta grazie ai panneggi serici e corruschi che modellano la figura stagliandola sul fondo cangiante grigio-azzurro. La buona qualità dei pigmenti e l’accurata stesura rimarcano il talento dell’autore che sfoggia una disinvolta capacità di descrivere i delicati giochi d’ombra. Lo stile suggerisce l’attribuzione ad un artista francese attivo attorno alla metà del XVIII secolo, il cui gusto cosmopolita si esprime
secondo la moda ritrattistica europea di gusto allegorico e suggestionata dai celebrati esempi di Rosalba Carriera. L’analisi complessiva dell’opera suggerisce quale ipotesi attributiva il nome di Louis Michel van Loo (Tolone, 1707 - Parigi, 1771), artista francese formatosi sotto la
guida del padre Jean Baptiste van Loo nelle città italiane di Torino e Roma. Nel 1725 a Parigi vinse un prestigioso premio all’Académie Royale de Peinture et de Sculpture. Con suo zio, il pittore Charles André van Loo, visse a Roma tra il 1727 ed il 1732 e nel 1736 divenne pittore ufficiale alla corte di Filippo V re di Spagna. A confronto possiamo citare il Ritratto di dama come vestale esitato presso la Christie’s di
New York il 25 Maggio 1999, n. 73 (fig. 1)
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In ottimo stato di conservazione, il dipinto raffigura un giovane nobiluomo posto di trequarti e con il viso rivolto verso l’osservatore. La delicata cromia della marsina risalta per contrasto con il biancore del panciotto ravvivato da una raffinata sequenza di ricami a disegno floreale e dal volto diafano che si staglia sul fondale paesistico. Lo splendore dei pigmenti e l’accurata stesura sottolineano l’ufficialità dell’immagine,
solo lievemente addolcita dall’espressione dell’effigiato che accenna un sorriso. Lo stile del dipinto rispecchia la tradizione cosmopolita del ritratto settecentesco, qui oramai orientato verso sensibilità neoclassiche, sull’esempio delle effigi batoniane, ma rilette attraverso orientamenti di gusto francese e veneto che influenzeranno il genere nell’ambito delle diverse corti europee.
23
215.
216.
PIETRO LABRUZZI
(Roma, 1739 - 1805)
Ritratto di Antonio Marmorai
Olio su tela, cm 115X86
Stima € 7.500 - 8.500
FRANCOIS HUBERT DROUSAIS
(attr. a)
(Parigi, 1727 - 1775)
Ritratto di dama
(marchesa de Beauharnais)
Olio su tela, cm 65,5X53,5
Stima € 7.000 - 8.000
Provenienza:
HH duca Guglielmo d’Urach, conte di
Wurtenberg (secondo un’antica etichetta frammentaria sul retro)
Collezione Lady de Trafford, vendita
Christie’s Londra il 3 Marzo 1994,
n. 80
Esposizioni:
Londra, Wildenstein & Co. Ltd.,
1938, n. 5, come ‘Drouais’
L’affascinante ritratto è in buone condizioni di conservazione e raffigura Antonio Marmorai, come si evince dalla scritta ANTONIO / MORMORAI / AVD / DEL / S.G. MRO / 1768 presente sul volume appoggiato sul tavolo in basso a sinistra. Volume che reca altresì la Croce dell’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano di Pisa - da cui prese il nome l’omonima piazza della città - istituito probabilmente per contrastare le
incursioni piratesche delle navi turche e barbaresche, voluto da Cosimo I de’ Medici e consacrato con bolla pontificia il 1° febbraio 1572. Tra
i suoi membri più eminenti, personaggi significativi della vita politica ed amministrativa del Granducato durante la reggenza lorenese, figura
proprio un Antonio Mormorai, come riportato dettagliatamente nel volume Nobili, Patrizi, e Cavalieri, redatto da Cinzia Rossi. Quindi risulta indubbio che il gentiluomo del presente “Ritratto” sia da identificarsi col suddetto nobile. Resta da decifrare il significato della scritta
in corsivo “per Anna Briglia” che compare sul risvolto del foglio sotto il suddetto volume. Ritengo che si debba riferire ad una destinataria
del quadro, dal cognome solo omonimo col pittore Giovanni Francesco Briglia, di cui non si hanno notizie biografiche. La tipologia dell’effige è rigorosamente pertinente alla corrente di gusto neoclassico a cui partecipano Pompeo Batoni, Anton Raphael Mengs e Anton von Maron. Il taglio d’immagine e l’abbigliamento raffinato, descritto nei minimi dettagli, dalla marsina di velluto color porpora al panciotto,
rappresentano l’alta condizione sociale del personaggio, uomo di lettere e politico. A differenza del Mengs, Pietro Labruzzi imposta i suoi dipinti con maggiore naturalezza, in analogia con la ritrattistica batoniana, destinata prevalentemente alla committenza inglese di stanza a Roma. In questo caso l’effigiato mostra con disinvoltura il suo status guardando verso l’osservatore con sostenuta sicurezza. La luce proveniente
dall’alto a sinistra mette in risalto il volto ben definito e i colori delle vesti, stagliando la figura dal fondale e creando un effetto asciutto, quasi raggelato, di notevole eleganza formale. Queste caratteristiche permettono di considerare l’opera tra le migliori del catalogo labruzziano,
in analogia con il Ritratto di Giovanni Battista Piranesi (Petrucci, 2010).
François-Hubert Drouais è uno dei più importanti ritrattisti del XVIII secolo e la sua arte si caratterizza per la peculiare spontaneità dei visi
femminili e l’eleganza delle loro vesti. Grazie a questi tratti distintivi riuscì a ottenere straordinarie commissioni e tra i suoi ritratti più celebri si annoverano quelli di Madame de Pompadour, della contessa du Barry e del conte d’Artois, gran parte dei quali sono conservati al Museo del Louvre. Il dipinto in esame si basa su uno schema compositivo tipico del maestrodettato dai canoni della ritrattistica celebrativa di gusto
europeo. La buona conservazione consente di apprezzare adeguatamente le qualità dell’artista, capace d’esprimere al meglio la rilevante posizione sociale dell’effigiata e il suo aspetto psicologico, con disinvolta immediatezza ed eleganza. L’espressione del volto è raggiunta attraverso un’attenta sovrapposizione di velature, atte a delineare la fisionomia, ma ancor più la mimesi dell’epidermide, procedimento che possiamo
altresì percepire nelle vibranti e corrusche tonalità delle vesti e le loro seriche lumeggiature.
L’opera è corredata da una scheda critica di Giancarlo Sestieri.
Bibliografia di riferimento:
A. Busiri Vici, Pietro Labruzzi, pittore romano di ritratti, in “Scritti d’Arte”, Roma 1990, pp. 9-11
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PIETRO NAVARRA
(attivo a Roma tra il 1685 e il 1714)
Natura morta con cacciagione
Natura viva con conigli, frutta e verdura
Olio su tela, cm 46X61
(2)
Stima € 6.000 - 8.000
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Pietro Navarra è l’unico tra gli allievi di Franz Werner von Tamm ricordato da Lione Pascoli nel 1736 e giudicato tra coloro che più d’ogni
altro han fatto onore al maestro (L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni, Roma 1736, p. 378). La vicenda critica dell’artista inizia con la mostra sulla natura morta del 1964 e l’identificazione del cosiddetto Monogrammista P. N., riconosciuto nella personalità di
Pietro Navarra da Lamberto Golfari nel 1981. Di notevole importanza fu poi lo studio condotto da Ludovica Trezzani pubblicato nei poderosi volumi curati da Francesco Porzio e Federico Zeri nel 1989 dedicati a La Natura morta in Italia (Milano 1989, I, fig. 984). Tuttavia la
vera e propria definizione stilistica del pittore si deve alle recenti ricerche di Ulisse e Gianluca Bocchi che hanno altresì disegnato i riferimenti formali entro i quali si articola la produzione dell’artista nell’ambito delle influenze desunte da Tamm, Berentz e Giovanni Paolo Spadino
(U. e G. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630-1750, Viadana 2005, pp. 661-696). Grazie all’articolato corpus costruito
dai due studiosi è possibile esprimere precisi confronti tra le tele in esame e la produzione certa del Navarra. Si vedano a esempio la grande
composizione siglata del Museo Mayer van der Bergh di Anversa (PN 26), e la Natura morta conservata presso il Palazzo di Montecitorio. Si
tratta di opere in cui si coglie la peculiare stesura del pittore, pastosa e materica, che si coagula quando è necessario rendere vibrante la superficie delle diverse tipologie di frutti e animali, in cui i giochi d’ombra sono evidenziati da punti di biacca luminosi e accesi.
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PIETRO FABRIS
(attivo a Napoli dal 1754 al 1804)
Giovane con cesta e fiaschi
Olio su tela, cm 92X74
Stima € 15.000 - 18.000
GIUSEPPE BONOLIS
(Teramo, 1800 - Napoli, 1851)
Ninfa
Firmato e datato in basso a destra:
G. Bonolis faceva 1849
Olio su tela, cm 103,5X83,5
Stima € 15.000 - 20.000
L’opera è corredata da una scheda critica di Nicola Spinosa del 18 febbraio 2004.
Giuseppe Bonolis è uno dei principali artisti d’origine abruzzese della prima metà del XIX secolo. Formatosi presso la scuola di disegno istituita dal comune di Teramo diretta da Muzio Muzii, il giovane ne fu espulso nel 1820 per aver partecipato ai moti carbonari. Trasferitosi a
Napoli proseguì la sua istruzione da autodidatta, per poi accedere all’istituto di Belle Arti e nel 1826 all’Accademia, dove frequentò i corsi del
pittore neoclassico allievo di David, Joseph Franque. Intrapresa la libera professione, Bonolis ottenne ben presto i primi riconoscimenti ufficiali, in modo particolare durante la Mostra del Reale Museo Borbonico che gli procurò innumerevoli commissioni e la fama di soave ritrattista. Il suo stile si avvicina, negli esiti qualitativi e di gusto, alle opere di Jean Baptiste Wicar, all’epoca direttore dell’Accademia di Belle Arti.
A Napoli il Bonolis istituì a sua volta una scuola d’arte privata in acceso conflitto dottrinale con il dogmatismo accademico, promuovendo il
richiamo alla pittura dal vero e creando quei presupposti ideologici al movimento realista che contrastava metodi didattici e canoni figurativi considerati oramai desueti. Queste indicazioni tuttavia non si avvertono in maniera determinante nella sua arte e anche Domenico Morelli ne ridimensionò il ruolo effettivo pur riconoscendo che personalità come il Palizzi furono indotti ad abbracciare con successo questa estetica
rivolta ad un naturalismo integrale. Detto ciò, la qualità tecnica ed estetica delle opere di Bonolis è indiscutibile e la tela qui presentata ne è
un esempio fulgido per la sicurezza del segno e la preziosità della stesura.
Bibliografia di riferimento:
Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al classicismo, Napoli 1988, II, p. 57, pp. 393-397, fig. 410, scheda 310
L. Martorelli, Giuseppe Bonolis, in Artisti teramani dell’Ottocento: Bonolis, Della Monica, Pagliaccetti, Celommi, Francavilla al Mare 1986, pp. 7-14
Pietro Fabris è documentato a Napoli dal 1756 al 1792, influenzato da Vernet, da Hackert e in modo particolare da Joli, è uno degli artisti
più importanti dediti al vedutismo nel Sud Italia. Sua è la famosa serie di vedute dei Campi Phlegraei realizzata nel 1768 per la Royal Society di Londra tramite l’ambasciatore William Hamilton, ma all’artista spetta anche il merito di “aver indirizzato l’interesse, tra i primi, sul mondo minuto, caratteristico e colorato della plebe napoletana, dando l’avvio a quella pittura di scenette, di vita popolaresca, che formeranno uno
dei motivi fondamentali nella tematica della successiva pittura partenopea” (Raffaello Causa, 1956). L’opera in esame come indicato da Nicola Spinosa, si colloca alla maturità dell’artista, quando Fabris indirizza la sua produzione verso soluzioni iconografiche di gusto borghese,
accostandosi altresì a soluzioni pittoriche dell’ultimo Giuseppe Bonito, in modo particolare per la pennellata rischiarata dai toni cromatici rarefatti. Prossima per gusto e stile, si cita la grande tela raffigurante i Preparativi per il pellegrinaggio al Santuario della Madonna dell’Arco,
firmata e datata 1792, dove compaiono personaggi e fisionomie assai simili, che diverranno patrimonio comune per molti artisti ottocenteschi come Saverio della Gatta.
L. Fino, Scene e costumi popolari a Napoli tra ‘700 e ‘800. Stampe acquarelli e gouaches da Fabris a De Bourcard, Napoli 2004
L. Martorelli, Bonolis Giuseppe, in La Pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, p. 706
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PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio lagunare con case incendiate
Paesaggio cittadino con case incendiate
Olio su tela, cm 58X70
(2)
Stima € 8.500 - 9.500
Non sorprende affatto che l’attribuzione di questi due affascinanti dipinti fosse riservata ad Alessio De Marchis (Napoli, 1710 circa - Perugia 1752, ), artista che secondo l’Abate Lanzi scontò una lunga prigionia per aver dato fuoco a un fienile: “per dipingere incendi più al naturale”. A causa di questa indicazione la critica novecentesca non esitò a riferire al pittore un numero inverosimile di opere raffiguranti questo
tema, come è avvenuto per le tele della Galleria Nazionale Barberini, ora ricondotte a un anonimo maestro nordico. Tuttavia non si esclude
a priori che l’artista d’origine partenopea, romano d’adozione e residente a Perugia dal 1738, abbia eseguito opere con tali soggetti, ma nel
nostro caso l’analisi della stesura evidenzia dicotomie di giudizio abbastanza nette. Detto ciò, in assenza di documenti e firme, è interessante
prendere in considerazione l’ipotesi di Pier Francesco Foschi, autore paradossalmente famoso per aver dipinto paesaggi innevati: osservando
alcune caratteristiche di stile, quel che appare una congettura diviene un’interessante proposta d’indagine. E’ in ogni caso indiscutibile l’alta
qualità d’esecuzione, la bellezza delle piccole figure e di notevole effetto è la modalità con cui sono descritti i roghi e la modulata luminosità.
Bibliografia di riferimento:
A. Busiri Vici, Trittico Paesistico romano del ‘700, Roma 1976, pp. 157-207, 297-333
M. Vinci Corsini, Pier Francesco Foschi, Milano 2003
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223.
PITTORE ROMANO DEL XVIII SECOLO
Autoritratto di pittore
Olio su tela, cm 68X60
Iscritto sul recto della tela:
Autoritratto di Carlo Labruzzi accademico
Stima € 900 - 1.200
NICOLA GRASSI (attr. a)
(Formeaso, 1682 - Venezia, 1748)
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 97X72
Stima € 5.500 - 6.500
Secondo l’iscrizione posta sul verso della tela il dipinto raffigura l’autoritratto di Carlo Labruzzi (Roma, 1748 - Perugia,
1817), artista da considerarsi tra i migliori paesisti romani
d’età neoclassica, formatosi all’Accademia di San Luca della
quale divenne membro ed accademico di merito nel 1796,
quando già faceva parte dal 1781 della “Compagnia dei Virtuosi al Pantheon”.
Quadro di notevole eleganza formale ed estetica che per carattere di stile si riconduce all’ambito veneto e al catalogo di Nicola Grassi, autore formatosi con Antonio Carneo e Nicolò
Cassana. La delicata stesura di sapore settecentesco, il particolare taglio dell’immagine e della luminosità, supportano adeguatamente questa proposta attributiva, oltremodo valorizzata
osservando il volto del giovane e la modalità con cui l’artista ha
eseguito la stesura della veste. La scenografia e le tonalità cromatiche denotano la piena aderenza al più aggiornato rococò
lagunare, a suo modo prevalente nell’estetica europea. La propensione al genere ritrattistico gli fu impartita certamente dal
Cassana, e su questo filone furono assai precoci i riconoscimenti, tanto da essere considerato un brillante “competitore
della Rosalba” secondo il Lanzi, mentre nel 1771 lo Zanetti lo
ricorda come “valente pittore di ritratti che dipinse con un bel
maneggio di colori, con vaghezza e con lucidità”.
Bibliografia di riferimento:
R. Lattuada, Sei dipinti inediti di Nicola Grassi, in “Arte documento”, 16, 2002
A. Piai, Sottrazioni e addizioni al catalogo di Nicola Grassi:
un’ipotesi per Giovanni Battista Grassi, in “Arte documento”,
16, 2002
222.
PITTORE OLANDESE DEL XVII SECOLO
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 59X49
Stima € 2.000 - 2.500
Sorprende la spigliata energia di questo ritratto, soprattutto
per la vivace progressione cromatica e stesura dei panneggi, capace d’evocare riflessi di luce con sensibili lumeggiature e superfici corrusche. L’effigiato, visto di trequarti, è appoggiato a
un plinto marmoreo e guarda diretto oltre la superficie del quadro, verso l’osservatore. Il portamento distinto - il medesimo
che troveremo adottato in pieno XVIII secolo nella ritrattistica batoniana - trova compatibilità con l’abito, cerimoniale e
pregiato, che rivela l’alta carica sociale. Lo stile svela inoltre
l’origine olandese dell’autore e una data d’esecuzione attorno
alla seconda metà del XVII secolo. La scenografia invece, intrisa d’accorgimenti barocchi e artifici teatrali, si apre lungo il
margine destro verso lo sfondo, consentendoci di intravedere un sontuoso giardino all’italiana.
Il
carattere illustrativo e la tipologia
suggeriscono l’attribuzione a Nicolas Maes (Dordrecht, 1634 - Amsterdam, 1693), noto per le sue doti
di ritrattista, come si evince osservando il Ritratto von Freifrau Alphen già della collezione Haidvogel
di Vienna (fig. 1).
U. Ruggeri, Rivelazione di Nicola Grassi, in “Arte documento”, 16, 2002
224.
PITTORE LOMBARDO DEL XVIII SECOLO
Ritratto del Dottor Cristoforo Quadrio di Tirano
Olio su tela, cm 112X90
Stima € 2.500 - 3.000
Il dipinto presenta gli inequivocabili caratteri della ritrattistica
lombarda settecentesca, particolarmente influenzata dai modelli di Vittore Ghislandi. L’effigiato, come puntualizza la lettera impugnata nella mano destra, si riconosce tra gli
appartenenti alla nobiltà valtellinese e la località di Tirano conferma questa indicazione. La stretta grammatica ghislandiana
è altresì suggestionata dalle opere di Paolo Maria Bonomino artista bergamasco (1703-1779) considerato dalle fonti storiche uno dei suoi migliori seguaci - e nel nostro caso è addolcita anche dagli esempi di Giacomo Ceruti.
fig. 1
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225.
JAN BATTIST WEENIX
(Amsterdam, 1621 - Utrecht, 1660/1661)
Battaglia
Firmato in basso a sinistra
Olio su tela, cm 95X136
Stima € 20.000 - 30.000
Firmata in basso a sinistra, la tela è una splendida testimonianza dell’arte pittorica di Jan Battist Weenix, artista olandese formatosi presso
Jan Micker, noto per i suoi paesaggi italianizzanti ma altrettanto capace di evocare dinamiche scene belliche. Dal 1642 al 1646 visse in Italia,
a Roma, dove fu pittore designato presso il Cardinal Pamphilj. Al suo ritorno in Olanda, iniziò a chiamarsi Giovanni Battista e continuò a dipingere paesaggi italiani con rovine, caratterizzati da una luce brillante il cui stile ricorda quello di Nicolaes Berchem. Il suo fare pittorico è
caratterizzato da cromie brillanti, una stesura liquida e ricca di luminosità, mentre la definizione delle figure e del paesaggio è dettata dalla
sua origine nordica, predisposta ad una precisione disegnativa e una rigorosa descrizione della realtà. Per i caratteri di stile e scrittura la tela
in esame si colloca alla maturità dell’artista, dopo il suo soggiorno romano, attorno alla metà del sesto decennio. La scena è costruita prospetticamente su un paesaggio scarno attraversato da un fiume che si apre sulla parte destra dell’immagine, mentre la parte sinistra e dedicata alla narrazione, che vede lo scontro tra i cavalieri turchi e cristiani.
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del ‘600 a Roma, Roma 1977, vol. III, pp. 450-453
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227.
FRANCESCO TREVISANI (attr. a)
(Capodistria, 1656 - Roma, 1746)
Madonna con il Bambino
e San Giovannino
Olio su tela, cm 51X39
Stima € 4.000 - 6.000
UBALDO GANDOLFI
(San Matteo della Decima, 1728 Ravenna, 1781)
Madonna con il Bambino
Olio su tela, cm 49X38
Stima € 6.000 - 8.000
L’istriano Francesco Trevisani - documentato a Roma dal 1678 e la cui decorazione eseguita nel 1696 nella cappella in San Silvestro in Capite offre un’interessante sintesi tra ascendenze venete e barocche foriere di interessanti sviluppi stilistici - è uno dei principali interpreti della
cultura rococò a Roma. La formazione tenebrosa dettata da Antonio Zanchi a contatto con la cultura capitolina lo induce a una sintesi cromatica che non trova confronti, coadiuvata altresì da una chiarezza narrativa e una luminosità di altissima qualità. La sua fortuna critica si
misura d’altra parte con l’importanza dei suoi patroni a partire dal cardinale Flavio Chigi e si riflette nella singolare personalità del cardinale Pietro Ottoboni, il cui profilo biografico tratteggiato da Charles de Brosses nel 1740 è particolarmente sintomatico: “… Nipote di Alessandro VIII, veneziano, protettore di Francia, creato cardinale a diciassette o diciotto anni, privo di morale e di credito, debosciato, ridotto
alla rovina, amatore d’arte, fanatico musicofilo”, ma a dispetto di ciò l’Ottoboni fu l’effettivo regista della vita culturale romana per circa cinquant’anni. La sua residenza alla Cancelleria accoglieva l’Accademia dell’Arcadia, Juvarra gli aveva progettato il teatro e Corelli, Scarlatti e
Händel vi componevano musiche per gli intrattenimenti e dal 1698 ivi abitava il Trevisani “col titolo di suo virtuoso, e primario pittore”, interprete delle raffinate poetiche arcadiche e di sensuali Maddalene, mondane nel portamento e niente affatto tormentate da quel sentimento
patetico di sofferenza e rinuncia, quindi formulate con un lessico indiscutibilmente rococò come aveva ben intuito il Clark, risoluto ad equiparare il Trevisani a Francesco Solimena e a Giambattista Tiepolo quale estensore di un linguaggio di reale valenza internazionale in quanto”
is more intense realistic, rococò and French”. La misura del suo successo si percepisce altresì tramite le molte repliche esistenti, come è nel caso della bella Madonna col Bambino qui presentata, di cui conosciamo la versione conservata presso la Galleria di Dresda (inv. n. 1734).
Appartenente alla prolifica famiglia di artisti bolognesi attivi nel XVIII secolo, Ubaldo si forma presso l’Accademia Clementina con Ercole Graziani, Felice Torelli ed Ercole Lelli, ma gran parte della sua preparazione è determinata dal fratello Gaetano, con cui soggiorna nel 1760 a Venezia traendone un’importante suggestione stilistica, in questo caso dettata dalle opere del Piazzetta e Giovanni Battista Tiepolo. A
testimonianza della sua felice produzione, per lo più a soggetto religioso, ci restano dipinti, cicli di affreschi, disegni e anche alcune sculture
di pregevole qualità. La tela in esame bene esprime la singolare miscela stilistica tra il classicismo bolognese e le ricerche luministiche veneziane, interpretate attraverso una stesura di estrema ricercatezza e sensibilità cromatica. Possiamo ben valutare questo assunto stilistico osservando la misurata scelta dei contrappunti e degli equilibri messi in atto tra luce e colore che modellano la figura della Vergine e il dolcissimo
volto del Bimbo addormentato, luce e colore che plasmano altresì le volumetrie e la profondità, evocate dallo scalare prospettico del manto
blu in primo piano, il rosso della veste e la delicata ombra che segna il collo e il volto di Maria. Caratteristiche che evidenziano la notevole
capacità disegnativa del pittore e il suo superbo impiego degli strumenti pittorici, consentendogli di innalzare una piccola tela a carattere devozionale a livelli eccelsi di grande impatto visivo e immediato coinvolgimento sentimentale, il tutto senza cadere in un formulario illustrativo stantio e privo di potenzialità espressive, giungendo così a un’immediatezza decisamente moderna.
Bibliografia di riferimento:
P. Bagni, I Gandolfi. Affreschi, dipinti, bozzetti e disegni, Bologna 1992, pp. 166-167, nn. 152- 153, p. 546, n. 515
Bibliografia di riferimento:
C. M. S. Johns in Art in Rome in the Eighteenth century, catalogo della mostra a cura di Edgard Peters Bowron e Joseph J. Rishel, Philadelphia 2000, p. 445, n. 293, con bibliografia precedente
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229.
PIETRO BARDELLINO
(Napoli, 1732 - 1806)
San Francesco
Olio su tela, cm 75X62
Stima € 4.500 - 5.000
PITTORE NAPOLETANO
DEL XVII SECOLO
Santa Maria Maddalena
Olio su tela, cm 73X62
Stima € 4.000 - 5.000
fig. 1
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Pietro Bardellino è da considerare uno dei migliori allievi di Francesco de Mura. A partire dalla seconda metà XVIII secolo fu attivo come frescante nelle principali residenze reali di Ferdinando IV di Borbone. Attento alle tendenze dell’arte nord-europea di gran moda alla corte di Maria Carolina di Sassonia, moglie di Ferdinando IV, il pittore schiarisce e rende ancora più diafane le composizioni del suo maestro, esplicando
un elegante gusto rococò in chiave meridionale. La tela in esame è quindi da collocare alla maturità, certamente influenzata dalle tonalità giaquintesche, nondimeno modulata su rarefatte e quasi irreali atmosfere idilliche. La resa preziosa della luminosità pare sfaldare la consistenza
plastica dell’immagine e le tonalità demuriane lasciano spazio a un pittoricismo che si riscontra presso alcuni decoratori tedeschi o austriaci
a lui contemporanei. La tela è quindi un esempio interessante e di notevole qualità, in analogia con il Sant’Antonio Abate del Museo Provinciale di Bari (fig. 1; inv. 1993, n. 1441; olio su tela, cm 82X62).
Il dipinto raffigura Maria Maddalena e l’immagine si attiene alla distintiva iconografia dettata dalla Controriforma, destinata a esortare la
devozione verso i sacramenti, in modo particolare quello della confessione, ma altresì a creare immagini dall’evidente piacevolezza decorativa e modulazioni inequivocabilmente profane. I caratteri di stile e il temperamento cromatico suggeriscono l’assegnazione a un pittore di cultura meridionale e formatosi nell’atelier di Luca Giordano. Il noto artista ha più volte affrontato questo tema, creandone diverse versioni e
interpretazioni, come si evince osservando le tele conservate al Museo di Belle Arti a Dunkerque (Ferrari - Scavizzi A342) e all’Abbazia di Montecassino (Ferrari - Scavizzi A485), opere che hanno certamente influenzato il nostro autore che in questa sede possiamo riconoscere con la
dovuta prudenza in Giuseppe Simonelli (Napoli, 1650 - 1710), per il peculiare taglio degli occhi, i lineamenti della figura e la particolare
struttura disegnativa delle mani.
Bibliografia di riferimento:
Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa, Pietro Bardellino un pittore poco noto del Settecento napoletano , in “Pantheon”, 31.1973
O. Ferrari, G. Scavizzi, Luca Giordano: l’opera completa, Napoli 1992
N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento. Dal rococò al classicismo, Napoli 1987, II, p. 53
M. C. Paoluzzi, Su Giuseppe Simonelli pittore e disegnatore (1649-1710), in Abruzzo. Il Barocco negato, a cura di Rossana Torlontano, Roma 2010, pp. 226-236
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ANTONIO GIANLISI JUNIOR
(Rizzolo San Giorgio, 1677 Cremona, 1727)
Natura morta con tappeto, vaso
fiorito, pesche e tenda
Olio su tela, cm 80X56
Stima € 10.000 - 12.000
MICHELE ANTONIO RAPOUS
(Torino, 1733 - 1819)
Vaso fiorito
Olio su tela, cm 93X67
Stima € 5.000 - 6.000
La vicenda critica di Antonio Gianlisi Junior, per la distinzione di mano dal padre e dagli altri esponenti della bottega, è stata recentemente
analizzata da Alberto Crispo. Lo studioso, riprendendo le importanti ricerche condotte da Gianluca e Ulisse Bocchi e Alessandro Morandotti, giunge ad una ricostruzione storica di miglior precisione, dipanando la problematica attributiva che coinvolge le nature morte raffiguranti tralci di vite e frutti, a tutt’oggi alternativamente riferite sia ai Gianlisi sia a Gilardo da Lodi (Bocchi 1998, pp. 172-173, figg. 211-213).
Diversa è invece la situazione per le opere in cui l’artista esibisce eleganti tappeti, sfarzosi tessuti e vivaci vasi fioriti, che per l’intrinseca esuberanza cromatica, le modalità compositive e di stesura, consentono un facile riconoscimento attributivo. La tela in esame si riconduce di conseguenza al catalogo di Gianlisi Junior e mostra la sua eterogenea sequenza di influenze che corrono dagli esempi bergamaschi a quelli capitolini
del Maltese e Antonio Noletti, specialmente per la sontuosa scenografia.
Pittore naturamortista fra i più eccelsi del Settecento piemontese, influenzato dalla coeva pittura francese, autore di raffinate composizioni floreali, il Rapous realizzò gran copia di nature morte, atte a decorare con gusto e leggiadria i principali palazzi della capitale subalpina. La tela in esame è un esempio tipico della sua arte, databile all’ottavo decennio e particolarmente affine a quella pubblicata da Alberto Cottino nel
catalogo della mostra La seduzione della natura. Natura morta in Piemonte nel ‘600 e nel ‘700 (p. 112). Nel nostro caso è da evidenziare la
bellissima condizione di conservazione della stesura, ricca di colore e spessore pittorico.
Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, La natura morta italiana (1560-1805), Roma, 1984, p. 326
Bibliografia di riferimento:
A. Griseri, La natura morta in Piemonte, in La natura morta in Italia, a cura di Francesco Porzio, Milano 1989, pp. 149-195
F. Arisi, Natura morta tra Milano e Parma in età barocca, Piacenza 1995
A. Cottino, La seduzione della natura. Natura morta in Piemonte nel ‘600 e nel ‘700, Torino 2000.
A. Crispo, Antonio Gianlisi Junior, in La natura morta in Emilia Romagna, Milano 2000, pp. 187-193
G. e U. Bocchi, Problematiche vincenziniane, in Naturaliter. Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e Toscana tra il XVII
e XVIII Secolo, Casalmaggiore 1998, pp. 63-65
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FILIPPO LAURI
(Roma 1623 – 1694)
Paesaggio costiero con figure e l’Etna sullo sfondo
Paesaggio con Cefalo e Procri
Tempera su carta, cm 40X57,5
(2)
Stima € 6.000 - 8.000
Già attribuiti a Francesco Allegrini (Cantiano, 1614 circa - Roma, dopo il 1679), i dipinti presentano caratteri illustrativi e di stile inequivocabilmente legati alla cultura romana seicentesca. La prima impressione, infatti, permette riscontri con la produzione paesistica di Gaspard Dughet, autore che raggiunse esiti qualitativamente eccelsi con la tecnica a tempera, ma in questo caso interpretati con una grazia e una sensibilità differente
rispetto ai canoni eroici del maestro, esibendo una chiara similitudine con le prove di Filippo Lauri. La contiguità tra i due autori è d’altronde spiegabile grazie alla loro collaborazione, come testimoniano i comuni interventi nella Sala degli Ambasciatori al Quirinale e la tela raffigurante Latona che trasforma in rane i contadini della Licia esitata presso la Sotheby’s di Londra il 14 Marz0 2011, n. 57. L’aggiungere queste due tempere
al catalogo di Filippo Lauri apre un aspetto interessante sullo svolgersi del paesismo durante l’età barocca e pone il nostro autore tra i protagonisti
principali e di certo esempio per i settecenteschi sviluppi espressi da Jan Frans van Bloemen e Andrea Locatelli.
Bibliografia di riferimento:
R. Bonnefoit, Aurum Omnia Vincit, in “Dialoghi di Storia dell’Arte, n. 4/5 dicembre 1997, III
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, II, Roma 1977, pp. 684-689
G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, I, pp. 104-107, III, figg. 599-622, con bibliografia precedente
42
43
233.
234.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di Luigi XV
Ritratto di Maria Leszcynska
Olio su tela, cm 65X46
(2)
Stima € 5.000 - 6.000
PITTORE ROMANO DEL XVIII SECOLO
Giuseppe e la moglie di Putifarre
Olio su tela, cm 103X141
Stima € 4.000 - 6.000
Questi eleganti ritratti, celebrano le personalità di Luigi XV e Maria Leszcynska e rispettano le norme iconografiche stabilite da Hyacinthe
Rigaud all’inizio del secolo nel ritratto a figura intera di Luigi XIV oggi al Museo del Louvre. Gli effigiati sono descritti accanto ad una console, abbigliati con vesti cerimoniali e le insegne regali in evidenza. Come di consueto, l’artista si è dedicato ad enfatizzare la preziosità dei
tessuti, esibiti con ampi panneggi e si può altresì rilevare quanto l’immagine del sovrano sia cromaticamente più curata e formale rispetto a
quella della regina. Maria Karolina Zofia Felicja Leszczynska era figlia del re di Polonia Stanislaw Leszczynski e Katarzyna Opalinska e andò in sposa a Luigi XV il 4 settembre 1725.
44
L’opera in esame esibisce sapienti accostamenti cromatici che contribuiscono all’intensa carica erotica della scena, in cui è rappresentato il giovane Giuseppe trattenuto dalla moglie di Putifarre. L’inserimento in alto di un panno drappeggiato offre alla composizione una regia di sapore teatrale, il cui campo visivo è delimitato lungo il margine sinistro da un prezioso vaso argenteo fiorito.
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DIPINTI DA UNA
IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA
LOTTI 236-237
235.
LEANDRO BASSANO (attr. a)
(Bassano del Grappa, 1557 - Venezia, 1622)
Salita al calvario
Olio su tela, cm 85X127
Stima € 9.000 - 10.000
Leandro, il terzo dei figli di Jacopo, si distinse accanto al fratello maggiore Francesco come discepolo e valido assistente del padre. Iniziò collaborando a qualche brano periferico dei dipinti paterni di grandi dimensioni e realizzando opere fedeli agli schemi della bottega. La tela in
esame, infatti, è frutto di una creazione illustrativa pertinente le creazioni di Jacopo e Francesco, in particolare di quest’ultimo come suggerisce il disegno conservato presso il Gabinetto di disegni e stampe degli Uffizi, pubblicato dal Nodari nel 1994, che presenta una simile struttura iconografica e nel nostro caso interpretata con varianti. Detto ciò è verosimile che la creazione originale sia da addebitare a Jacopo e
compiuta tra il 1579 e il 1580, e a sua volta preceduta dalla versione del Fitzwilliam Museum di Cambridge (Ballarin 1996). La tela in esame è quindi riconducibile a Leandro per la peculiare stesura e tecnica esecutiva, decisamente di carattere seicentesco e quindi da datarsi alla
maturità del pittore. Attribuzione verosimile anche per la buona qualità del pigmento e della struttura disegnativa, aspetti che si colgono bene osservando i panneggi delle figure e le profonde tonalità cromatiche.
Bibliografia di riferimento:
F. Nodari, Disegni di Francesco Bassano tra il 1571 e il 1590, in “Paragone”, XLV, n. 47-48, 1994
A. Ballarin, Jacopo Bassano, Cittadella 1996, III, fig. 141
J. Habert, Bassano et ses fils dans les musées français, Parigi 1998, pp. 77-78, n. 11, con bibliografia precedente
lotto 236
46
236.
PITTORE NAPOLETANO DEL XVII SECOLO
Adorazione dei pastori
Olio su tela, cm 170X118
Stima € 20.000 - 25.000
La tela, la tipologia illustrativa, gli aspetti fisionomici dei protagonisti, il carattere della stesura, sono tutti indizi che suggeriscono l’origine
partenopea del dipinto. La superficie pittorica assai sporca e ossidata non agevola la lettura dell’immagine che percepiamo in maniera opaca,
senza poter gustare al meglio le sfumature, il gioco chiaroscurale e la reale profondità tonale delle cromie. Tuttavia, l’osservazione ravvicinata e l’ausilio di una fonte di luce intensa, consente di apprezzare delicatezze e requisiti di ottimo livello qualitativo. A prima vista la datazione appare arcaica, di quell’arcaismo che riscontriamo in opere databili al secondo decennio del Seicento, il medesimo che esprimono le
traduzioni centro italiane di Santafede e Belisario Corenzio, mescolate a emotività d’origine emiliana, che declinano, come ha efficacemente
descritto Stefano Causa, il caravaggismo ortodosso verso un modulato equilibrio a “passo ridotto”, ma è altrettanto visibile una forte componente naturalistica, di matrice riberesca e di marcato espressionismo iberico. Queste considerazioni conducono ad una ipotesi attributiva
seducente ma di notevole complessità filologica, la medesima che avviluppa la reale identificazione del Maestro dell’Annuncio ai pastori (attivo a Napoli nel secondo quarto del XVII secolo) con Giovanni Do (Valencia, 1617 circa - Napoli, 1656) e Bartolomeo Bassante (documentato a Napoli tra il 1614 e il 1656). Non è possibile riassumere i diversi interventi critici inerenti al pittore valenziano che si sono succeduti a
partire dall’importante mostra del 1991 dedicata a Battistello Caracciolo e il primo naturalismo a Napoli, anche se il prudente distinguo tra
i due maestri sottolineato da Nicola Spinosa nel catalogo Ritorno al Barocco è il più corretto da seguire in questa sede. Detto ciò, l’opera qui
presentata sembra ben inserirsi in quest’ambito culturale e non solo per un semplice fatto iconografico. La figura del giovane pastore a sinistra, con la sua contadina fisionomia, trova similitudini con quella presente nell’Adorazione dei pastori conservata all’Accademia Reale di San
Fernando a Madrid, mentre il dolce visetto del Bimbo si accosta al Gesù in grembo alla Vergine del Museo del Louvre, come ugualmente prossimi sono il pastore a destra con il Giacobbe che incontra Rachele di collezione privata fiorentina. Si tratta certamente di semplici indizi e similitudini, ma comunque utili per circoscrivere culturalmente un testo figurativo di notevole qualità e impatto scenico, che documenta un
aspetto peculiare della pittura napoletana attorno al terzo decennio.
237.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Maddalena
Olio su tela, cm 112X163
Stima € 8.000 - 10.000
La diffusione seicentesca del culto magdalenico fu straordinario, l’immagine della giovane peccatrice pentita offriva agli artisti l’opportunità
di raffigurare il corpo femminile con trapelante erotismo, a discapito della condizione penitenziale ed eremitica, le cui angustie non coincidono visibilmente con la mortificazione della carne. La tela qui presentata è un esempio di come la cultura pittorica barocca abbia interpretato il tema, secondo un’iconografia che si manterrà inalterata sino all’età moderna. I caratteri espressivi indirizzano la ricerca verso un area
centro-meridionale e manifestano strette similitudini di stile con Giovanni Battista Beinaschi (Fossano, 1636 - Napoli, 1688).
Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa in Ritorno al Barocco da Caravaggio a Vanvitelli, Napoli 2009, pp. 96-111, nn. 1.27 -1.36
F. Bologna, Battistello Caracciolo e il primo naturalismo a Napoli, Napoli 1991, pp. 286-287, n. 2.40, pp. 330-339, nn. 2.103-2.113
N. Spinosa, Ancora sul Maestro dell’Annuncio ai pastori, Bartolomeo Bassante e Antonio De Bellis, in Studi di storia dell’arte in onore di Denis Mahon, a cura di Maria Grazia Bernardini e Silvia Danesi Squarzina, Milano 2000, pp. 177-184
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DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA
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238.
240.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Filosofo
Olio su tela, cm 87X71,2
Stima € 3.000 - 3.500
PITTORE DEL XVII SECOLO
Testa di carattere
Olio su tela, cm 58X50
Stima € 2.000 - 2.500
Il dipinto raffigura un vecchio in atteggiamento meditativo, l’età e la barba possono far pensare ad un
filosofo, mentre la presenza del teschio e del vaso
fiorito sottintendono all’iconografia della vanitas.
Questi elementi sono simboli della caducità umana,
alludono alla precarietà dell’esistenza terrena e inducono a meditare sui valori della morale cristiana.
Dal punto di vista stilistico, l’opera si attribuisce ad
un artista fiammingo, con evidenti influenze rembrandtiane e il formato riesce ad esprimere una solennità inattesa, grazie ad una regia luministica
capace d’evidenziare la sequenza prospettica degli
oggetti e la volumetria della figura che si staglia sul
fondo scuro. Il brano più evidente è il volto, realizzato con analiticità di segno, che ricorda in parte le
tele di Gerrit Dou e d’altri artisti leidensi affascinanti
dal giovane Rembrandt prima della sua partenza per
Amsterdam.
Il dipinto raffigura una “testa di carattere”: l’assenza di peculiarità iconografiche rende problematico il
riconoscimento dell’effigiato e solo il dettaglio delle
lacrime fa presupporre che si tratti dell’apostolo Pietro, qui colto nell’atto di pentirsi dopo aver negato
per tre volte di essere seguace di Cristo. L’uomo è ritratto a mezzo busto, con la mano accostata al volto e gli occhi arrossati, colmi di disperazione, avvolta
dall’oscurità la testa emerge dall’ombra grazie ad
una luce caravaggesca proveniente dall’alto a sinistra, luce che indaga con intenso naturalismo l’epidermide e i lineamenti. Lo stile suggerisce una
datazione che non supera la metà del XVII secolo e
un’area geografica d’esecuzione meridionale, partenopea, e interessanti affinità con l’espressionismo di
Cesare (Bisceglie, 1605 circa - Barletta, 1652) e
Francesco Fracanzano (Monopoli, 1612 - Napoli,
1656 circa), la cui produzione è costituita in gran
parte da mezze figure di santi e filosofi, tratteggiati
con crudo realismo e introspezione psicologica delle reazioni umane.
Bibliografia di riferimento:
G. De Vito, Perifrasi fracanzaniane, in “Ricerche sul
‘600 napoletano. Saggi e documenti 2003-2004”,
Napoli 2004, pp. 93-122
239.
241.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di gentiluomo con miniatura
Olio su tela, cm 91X72
Stima € 1.000 - 1.200
PITTORE GENOVESE DEL XVII SECOLO
Ritratto d’uomo
Olio su tela, cm 156X118
Stima € 2.000 - 3.000
Il dipinto raffigura un gentiluomo che, posto di i trequarti e con lo sguardo rivolto verso l’osservatore,
tiene tra le mani un ritratto a miniatura, stagliandosi su un fondale a tonalità neutra di colore grigio verde. Lo stile dell’opera suggerisce l’attribuzione a un
artista non italiano, presumibilmente austriaco e attivo attorno alla seconda metà del XVIII secolo.
Il dipinto presenta inequivocabili caratteristiche genovesi e si data a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. La
tipologia illustrativa è tipica dell’iconografia dogale
cinquecentesca, con l’effigiato rappresentato a figura
intera e al naturale. Un esempio di confronto si riscontra con la tela raffigurante Battista Cicale a Zoagli (doge dal 1561 al 1563) e con il ritratto di Simone
Spinola (doge dal 1567 al1569) attribuito ad Andrea
Semino (Genova, 1526 – 1594) da Gianluca Zanelli.
Anche nel nostro caso l’opera è un pregevole esempio
di ritrattistica celebrativa, monumentale e solenne, dove il volto è indagato tramite una realistica descrizione dei tratti somatici.
Bibliografia di riferimento:
P. Boccardo, C. Di Fabio, Le immagini dei dogi di
Genova dal Medioevo alla fine della Repubblica, in
El Siglo de los Genoveses, Milano 1999, pp. 170179, fig. 3
G. Zanelli in El Siglo de los Genoveses, Milano
1999, p. 187, n. VI.9
50
51
242.
243.
FILIPPO LAURI
(Roma, 1623 - 1694)
Glauco e Scilla
Alfeo e Aretusa
Olio su tela, cm 19X26,5 (2)
Stima € 3.000 - 3.500
PAOLO MONALDI
(Roma, 1725 - dopo il 1779)
Scena campestre
Olio su tela, cm 43X33
Stima € 6.000 - 7.000
Filippo Lauri è autore di squisite composizioni a soggetto mitologico e arcadico, realizzate con leggiadria e un rapido pittoricismo che annuncia
nei risultati le opere di Francesco Trevisani e Sebastiano Conca, mantenendo altresì un’estetica di gusto nordico. Rilevanti per la sua formazione sono gli esempi di Gaspard Dughet e Pietro da Cortona, con cui nel 1656-1657 partecipa alla decorazione della Galleria d’Alessandro
VII al Quirinale e il cui influsso si nota negli affreschi di Santa Maria della Pace datati al 1668-1670, nei quali, come bene osserva Elena Fumagalli, l’artista raggiunge un misurato equilibrio fra “la propensione naturalistica e il classicismo d’Andrea Sacchi”. Queste uniche committenze chiesastiche sono probabilmente poco ambite dall’artista che predilige il genere del paesaggio con inserti di figura, come avviene negli
ovali realizzati da Dughet per i mezzanini di Palazzo Borghese, o in altre documentate collaborazioni con Claude Lorrain, Viviano Codazzi,
Mario dei Fiori e Abraham Brueghel. La sua produzione conta innumerevoli composizioni minori, assai apprezzate dai collezionisti e il cui
catalogo ragionato è tuttora da precisare. Il dipinto in esame appartiene a questo specifico gruppo e si può confrontare con le tele pubblicate da Luigi Salerno e Giancarlo Sestieri in riferimento agli affreschi eseguiti attorno al 1671 a Palazzo Borghese e ai modelletti degli stessi esitati presso la Christie’s di Roma il 26 Novembre 1986, nn. 85-87 (Sestieri, figg. 607-609).
Questa piccola tela raffigurante una famiglia di contadini intenti a consumare il pasto è un’opera tipica del catalogo di Paolo Monaldi, autore che nel panorama artistico capitolino si affermò illustrando “la gente semplice del contado nella loro tranquillità agreste” (Busiri Vici 1976,
p. 97), secondo un indirizzo illustrativo esplicitamente desunto dalle iconografie seicentesche dei bamboccianti. La visione arcadica-pastorale del pittore, però, si distacca dalla visione concreta e disincantata della vita rurale, regalandoci una traduzione edulcorata della realtà agreste, ma senza mai regredire nel pittoresco. L’apertura a sollecitazioni culturali di respiro europeo mostrata dall’artista è tuttavia modellata sulle
necessità di mercato che nella Roma settecentesca vede nei viaggiatori del Grand Tour la principale clientela, interessata alle esteriorità del
costume locale, di saltarelli, altalene e bevute (Zeri 1976, p. 45). Detto ciò, il Monaldi si colloca in una zona di confine temporale nella produzione dei Souvenir d’Italie, la cui declinazione successiva sarà la trasfigurazione letteraria o il distorto naturalismo ottocentesco, privo d’impegno morale o sociale, fatto di tarantelle, serenate e carri impennacchiati. Per queste motivazioni la sua arte è culturalmente assai apprezzabile,
fermo restando l’indiscussa qualità pittorica delle opere che in questo caso tocca un livello analogo alla migliore produzione, la medesima che
riscontriamo nei cicli Chigi ampiamente documentati nello studio monografico del Busiri Vici.
Bibliografia di riferimento:
Bibliografia di riferimento:
R. Bonnefoit, Aurum Omnia Vincit, in “Dialoghi di Storia dell’Arte”, n. 4/5 Dicembre 1997, III
A. Busiri Vici, Trittico paesistico romano del’700, Roma 1976
L. Salerno, Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, Roma 1977, II, pp. 684-689
F. Zeri, La percezione visiva dell’Italia e degli italiani, Torino 1976
G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, I, pp. 104-107, III, figg. 599-622, con bibliografia precedente
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245.
GIACOMO BICHI (attr. a)
(Siena, 1633 circa - post 1685)
Ritratto del cardinale Giacomo I Colonna
Olio su tela, cm 62,5X49
Stima € 4.000 - 5.000
NICOLA MARIA ROSSI
(Napoli, 1690 - 1758)
Ritratto di gentiluomo con armatura
Olio su tela, cm 84X65
Stima € 2.000 - 2.500
E. Safarik. G. Milantoni, Catalogo sommario della Galleria Colonna in Roma. Dipinti, Roma 1981, p. 34, n. 20
Nicola Maria Rossi apprende l’arte della pittura da Francesco Solimena, nella cui bottega, secondo il De Dominici, vi è accolto appena sedicenne. Le prime composizioni sono particolarmente affini a quelle del maestro, come possiamo notare nelle opere eseguite per le chiese di San
Nicola alla Carità e di San Paolo Maggiore. Nel 1726 l’artista è documentato a Vienna, ove si dedicò a decorare la Galleria di Palazzo Rofrano e a comporre diversi ritratti. Tornato in patria lo vediamo impegnato a dipingere a fresco alcuni soffitti per la residenza estiva del viceré di Napoli conte di Harrach che gli commissionò altresì tre tele di notevoli dimensioni raffiguranti le Funzioni pubbliche dei viceré. Al
quarto decennio si datano gli affreschi eseguiti nei palazzi appartenenti ai principi d’Avellino e Tarsia Spinelli (oggi distrutti). Il dipinto è stato attribuito a Nicola Maria Rossi da Nicola Spinosa (comunicazione orale al proprietario).
F. Petrucci, Pittura di Ritratto a Roma, Roma 2010, II, pp. 290-291, III, pp. 500 502, figg. 51-58
Bibliografia di riferimento:
L’attribuzione dell’opera è dettata dalle similitudini stilistiche con il ritratto del cardinale Giacomo I Colonna conservato alla Galleria Colonna
di Roma, così come l’identificazione dell’effigiato, i cui tratti fisionomici corrispondono in maniera adeguata. La produzione accertata del Bichi corre tra il 1650 e il 1684, data del ritratto di Mario Chigi appartenente al Museo del Barocco Romano ad Ariccia.
Bibliografia di riferimento:
Settecento Napoletano. Sulle ali dell’aquila imperiale 1707-1734, catalogo della mostra a cura di Nicola Spinosa, Napoli 1994, con bibliografia precedente
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ASTOLFO PETRAZZI (attr. a)
(Siena, 1583 - 1665)
Amore vincitore
Olio su tela, cm 188X122
Stima € 15.000 - 20.000
PIERRE MIGNARD (attr. a)
(Troyes, 1612 - Parigi, 1695)
Portrait de Marie-Anne de Bourbon dite come
cupido “la première Mademoiselle de Blois”,
Princesse de Conti, fille légitimée de Louis XIV
et de la duchesse de La Vallière, représentée en
habits de Cupidon
Olio su tela, cm 114X88
Stima € 8.000 - 9.000
Il riferimento al concetto virgiliano di “Amor omnia subigens” (Egloghe, X, 69) identifica il protagonista del dipinto come l’Amore terreno
che trionfa sui simboli del mondo intellettuale. Ai suoi piedi, buttati alla rinfusa e calpestati, si trovano solitamente gli oggetti che alludono
alle attività dell’ingegno: lo spartito musicale, il liuto, la tavolozza, il compasso, il libro, il violino, e persino il potere terreno figurato dalla
corona spezzata, sottintendono che “ Amore è maestro e signore di tutte le Arti”. Il tema è estremamente raffinato, desunto dal concetto neoplatonico di Marsilio Ficino e dagli scritti cinquecenteschi del Cartari e dell’Alciati e non sorprende che il modello illustrativo caravaggesco
sia scaturito dall’ambiente erudito di Palazzo Giustiniani, nella persona del Marchese Vincenzo, committente della nota versione del Merisi
oggi a Berlino e autore di scritti riguardanti la musica, la pittura e la scultura. La tela del Caravaggio, che affascinò i pittori naturalisti di stanza a Roma all’inizio del Seicento, vedrà il suo replicarsi sino all’esaurirsi della corrente pittorica da lui inaugurata e l’opera in esame partecipa a pieno titolo a questo avvicendarsi d’immagini, raffiguranti adolescenti ignudi che, armati di arco e frecce, emergono dall’ombra con lo
sguardo beffardo e gesti d’ammonimento. Partecipe di questo gusto è anche Astolfo Petrazzi che si formò alla “… scuola del Cav. Francesco
Vanni, oltre ad altri buoni pittori, de’ quali a suo luogo abbiamo parlato... cittadino senese, il quale avendo dipoi studiato molto appresso il
Cav. Ventura Salimbeni e Pietro Sorri, moltissime opere fece nella sua patria... Fu poi chiamato a Roma, dove condusse di sua mano, per la
chiesa di Sant’Eustachio, la storia del suo martirio… per la chiesa di San Gio. dei Fiorentini colorì la tavola per la Cappella de’ Capponi, dove fece la Santa Maria Maddalena sostenuta dagli angeli. Un’altra tavola fece in San Biagio, in cui espresse la figura di Maria Vergine con alcuni angeli e Santi. E finalmente per la Chiesa Nuova, de’ Padri della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, dipinse venti gran quadri
con l’immagine di Gesù Cristo, di Maria Vergine e altri Santi” (F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua, Milano
1812, pp. 299-302). Sembra incredibile ma sono ancora queste le notizie biografiche guida relative al pittore e il suo altro gran estimatore e
biografo, il medico Giulio Mancini, è altrettanto avaro nel delinearne l’attività romana e il suo avvicinamento al naturalismo, certamente appreso a Siena nell’ambito di Rutilio Manetti (1571-1639) e Francesco Rustici (1592-1626). Per questa motivazione l’opera qui esaminata è
un documento importante per comprendere l’evoluzione pittorica dell’artista: abbinata alla tela di medesimo soggetto conservata alla Galleria Nazionale Barberini (olio su tela, cm 169X117, n. inv. 1750) costituisce un tassello per delineare la sua singolare interpretazione del caravaggismo (fig. 1). Ricerche d’archivio indicano che l’attività capitolina del Petrazzi si è svolta tra il 1618 e il 1625 e la committenza Chigi
dettata dal dipinto Barberini suggerisce una discreta fortuna critica. Le ricerche d’archivio e le fonti indicano altresì che il pittore formulò la
sua carriera per il collezionismo privato con questo genere di illustrazioni, come si evince da una lettera inviata a Siena dal principe Mattias
de’ Medici il 15 Maggio 1630, nel quale è citato un dipinto con strumenti musicali commissionato da Giovan Carlo de’ Medici, fratello di
Mattias, dove il Petrazzi è definito in questo tipo di composizioni superiore allo stesso Manetti (Bisogni - Ciampolini 1987, p. 101).
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Il dipinto di bella qualità e felice risultanza pittorica ritrae Marie-Anne de Bourbon, principessa de Conti, figlia illegittima di Luigi XIV e delle duchessa de La Vallière (Vincennes, 1666 - Parigi, 1734) qui rappresentata come cupido. L’analisi dello stile suggerisce immediatamente l’attribuzione ad un artista di scuola francese attivo attorno alla seconda metà del XVII secolo che si può riconoscere nella figura di Pierre
Mignard, artista a cui si deve un altro ritratto di Marie-Anne oggi conservato al Museo Nazionale di Versailles e di Trianon (olio su tela, cm
132X96, n. inv. MV 3624, INV 6661, LP 284). Il Mignard, detto anche Le Romain per distinguerlo dal fratello Nicolas, si formò nell’atelier
di Vouet e dopo il 1630 trascorse ben 22 anni a Roma. Dopo il suo ritorno a Parigi fu nominato pittore di corte e si distinse come caposcuola della ritrattistica barocca francese.
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249.
DOMENICO PARODI
(Genova, 1668 - 1755)
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 138,5X100,5
Stima € 6.000 - 8.000
BARTOLOMEO LIGOZZI
(Verona, 1620 circa - Firenze, 1695)
Vaso fiorito
Olio su tela, cm 83X51
Stima € 3.000 - 4.000
Bartolomeo Ligozzi è uno dei più importanti pittori di nature morte attivi alla corte del granduca Cosimo III de’ Medici. Il presente dipinto
raffigurante un vaso argenteo scolpito a sbalzo contenente un fastoso
bouquet di rose, tulipani, anemoni e garofani, si riconduce alla sua mano, come ha altresì suggerito Giancarlo Sestieri attraverso una serie di
precisi riferimenti alla produzione certa dell’artista. Il modello illustrativo tipicamente italiano vede negli esempi di Mario Nuzi un precedente indubbio, qui riproposto con soavità pittoriche che tradiscono
influenze di gusto nordico, come si evince osservando le due farfalle magistralmente delineate nella parte superiore dell’immagine. I fiori descritti con perizia sono trattati con una superficie serica, una stesura
ricca di luce e colore disteso a velature leggere che consentono di creare effetti di tattile morbidezza. Queste caratteristiche indicano una datazione matura, in anni in cui il genere della natura morta, distaccandosi
dai rigidi schemi arcaici di caravaggesca memoria, assume felicità iconografiche di maggior leggerezza e fastosità barocca, senza tuttavia tralasciare quegli aspetti di obiettività botanica secondo gli indirizzi
culturali espressi dall’Accademia del Cimento. Questa istituzione influenzerà notevolmente le arti figurative e il collezionismo di Ferdinando II, Giovan Carlo e Leopoldo de’ Medici, collezionismo che
considerava la natura morta un genere privilegiato specialmente quando aderiva a dettami strettamente scientifici.
Bibliografia di riferimento:
Floralia. Florilegio dalle collezioni fiorentine del Sei-Settecento, catalogo della mostra, a cura di Marilena Mosco e Milena Rizzotto, Firenze
1988, pp. 80-81
250.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Vaso fiorito
Olio su tela, cm 91X62
Stima € 4.000 - 5.000
“Domenico Parodi nacque di padre scultore e scolpì anch’egli, e fu in oltre architetto; ma il suo gran vanto fu la pittura. Meno uguale a sé
stesso che non fu il Piola, ha tuttavia maggiore stima perché ebbe genio più vasto, cognizioni di lettere e di arte più estese, imitazione del disegno greco più aperta, pennello più pieghevole a qualunque stile”. Con queste parole d’elogio l’Abate Lanzi misura l’arte e la personalità di
Domenico Parodi, figura poliedrica, raffinata, versatile. Formatosi inizialmente nella bottega paterna, fu con certezza fondamentale la frequentazione di Sebastiano Bombelli, autore veneziano, artefice di eleganti ritratti e altresì maestro di Vittore Ghislandi. A completare la sua
educazione contribuì indubbiamente il successivo soggiorno romano che gli permise di modulare le eleganti tonalità di matrice veneziana con
i principi estetici di gusto classico. Questa squisita commistione stilistica si evince osservando la tela qui presentata, esemplare per tradurre in
immagine il giudizio di Carlo Giuseppe Ratti: “In ritratti per eccellenza riuscì e molti se ne veggono per le case di Genova […], che oltre la
molta verisimiglianza de’ sembianti con sfoggio ed elleganza grande sono istoriati e pinti”. Tali indizi consentono di datare l’opera alla prima
maturità del pittore, attorno ai primi anni del Settecento, quando ancor timide sono le inflessioni francesizzanti e si andava consolidando la
sua fama di specialista ottenendo commissioni dalle personalità di maggior spicco dell’aristocrazia genovese (cfr. Sanguineti 2011, p. 104).
Siamo grati a Daniele Sanguineti per aver confermato su base fotografica l’autografia del dipinto.
Bibliografia di riferimento:
Il dipinto presenta strette analogie compositive con le opere di Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori (Roma, 1603 - 1673), pittore specializzato nel raffigurare bouquet e principale protagonista nell’evoluzione in senso barocco
della natura morta caravaggesca, da lui acquisita tramite il suo maestro Tommaso Salini. La composizione raffigura un vaso metallico con decorazioni a
sbalzo, da cui spiccano, con un’esplosione di colore che risalta sul fondale
scuro, i fiori recisi. La fenologia delle diverse specie è primaverile, riconosciamo gli anemoni, le giunchiglie, i giacinti, i tulipani e i gladioli, descritti
con attenta precisione botanica. Detto ciò, è altresì interessante valutare la
personalità di Francesco Mantovano, il cui catalogo è stato recentemente indagato da Gianluca e Ulisse Bocchi: gli studiosi, analizzandone le opere, rilevano la prossimità allo stile di Mario Nuzzi, ipotizzando che l’artista avesse
soggiornato a Roma.
Bibliografia di riferimento:
Flora Romana. Fiori e cultura nell’arte di Mario de’ Fiori (1603-1673),
catalogo della mostra, a cura di Francesco Solinas, Roma 2010
G. e U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma, Artisti italiani 16301750, Viadana 2005, pp. 203-243
R. Soprani e C. G. Ratti, Vite de’ pittori, scultori ed architetti Genovesi, Genova,1769 (1797), vol. II, pp. 208-232
D. Sanguineti, Genovesi in posa. Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento, Genova 2011, pp. 102-116, con bibliografia precedente
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OCTAVIANUS MONFORT (attr. a)
(attivo a Torino tra il 1646 e il 1696)
Ciotola con fichi, mele, melograno e fiori
pergamena, cm 20X31
Stima € 6.000 - 8.000
OCTAVIANUS MONFORT (attr. a)
(attivo a Torino tra il 1646 e il 1696)
Ciotola con susine, nocciole, arancio, pesche e fiori
pergamena, cm 20X31
Stima € 6.000 - 8.000
Bibliografia di riferimento:
P. Chiapatti, M. Rosci, Octavianus Monfort, catalogo della mostra, Torino 1985
Artista noto per la produzione di raffinate nature morte dipinte a tempera su pergamena, le notizie sulla sua vita sono scarne e le fonti artistiche non riportano informazioni utili a definirne la vicenda biografica. I primi passi della ricerca si devono ad Isarlow che nel 1935 pubblicò una natura morta firmata, appartenente ad una collezione privata parigina. La probabile origine piemontese del pittore si deve ad Andreina
Griseri che, in occasione della mostra del 1963 sulla pittura barocca in Piemonte, pubblica una serie di opere del Castello di Settime, mentre
nel 1971 la Pettinati rende nota una seconda natura morta firmata. A tutt’oggi, però, le due sole composizioni datate, quella del 1680 raffigurante il Bambino Gesù in meditazione e il Vaso di fiori del 1689, ambedue di collezione privata, non risolvono completamente le problematiche per una sequenza cronologica del catalogo, affrontato da Marco Rosci in uno studio del 1985 e da una più precisa definizione
dell’artista dal Chiapatti, in una recente mostra intitolata La seduzione della natura curata da Alberto Cottino. Da queste ricerche è possibile stabilire come l’attività del Monfort parta dagli esempi di Giovanna Garzoni, attiva a Torino dal 1632 al 1637, a cui si possono accostare
le giovanili pergamene del Museo di Asti. L’opera in esame riporta alla sua produzione: un confronto convincente si ha con due Nature morte pubblicate da Chiapatti (Torino, collezione privata, cm. 36X5: cfr. Chiapatti - Rosci, 1985, p. 110, tav. XXXVIII; p. 112, tav. XXXIX) che
presentano un’analoga scelta compositiva col piatto di ceramica al centro.
A. Cottino, Octavianus Monfort, in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra, a cura di M. Gregori e J. G.
Prinz von Hohenzollern, Milano 2002, p. 104, con bibliografia precedente
Bibliografia di riferimento:
P. Chiapatti, M. Rosci, Octavianus Monfort, catalogo della mostra, Torino 1985
A. Cottino, Octavianus Monfort, in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra, a cura di M. Gregori e J. G.
Prinz von Hohenzollern, Milano 2002, p. 104, con bibliografia precedente
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PITTORE VENETO DEL XVIII-XIX SECOLO
Veduta di palazzo con giardino
Olio su tela, cm 63X133
Stima € 3.000 - 3.500
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Veduta del Canal Grande con la chiesa della Salute
Tecnica mista su carta, cm 26X35
Stima € 2.000 - 3.000
Il dipinto raffigura la veduta di un palazzo circondato da un ampio parco e i caratteri di stile rispondono a quelli della scuola veneziana del
XVIII secolo e all’ambito bellottiano. L’edificio in lontananza si può riconoscere in quello di re Stanislaw August Poniatowski, celebre appassionato delle arti, collezionista e mecenate di Bernardo Bellotto.
Questa suggestiva veduta del Canal Grande con la Punta della Dogana e la chiesa della Salute, ricorda nel fare pittorico le opere di Nicolò
Guardi (Venezia, 1715 - 1786) e Giacomo Guardi (Venezia, 1764 - 1835), partecipi della florida bottega dei Guardi, le cui opere erano sovente attribuite al padre Francesco. Il nostro artista esprime le dovute capacità secondo una formula ampiamente collaudata del repertorio illustrativo tipico del vedutismo lagunare, ma distaccandosi leggermente dal gusto prettamente rococò semplificandone la vibrante stesura e la
peculiare atmosfera con una sensibilità che sarà propria del XIX secolo, segnando l’evoluzione verso la veduta moderna attraverso un meditato rinnovamento dei precetti e della percezione, serbando inalterato il potere di seduzione.
Bibliografia di riferimento:
A. Rizzi, La Varsavia di Bellotto, Milano 1990
Bibliografia di riferimento:
S. Kozakiewicz, Bernardo Bellotto, Milano 1972
Uno sguardo su Venezia, catalogo della mostra a cura di Teresa Barone, Milano 2008, con bibliografia precedente
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PITTORE DEL XVI-XVII SECOLO
Venere e Marte
Olio su tavola, cm 37X28
Stima € 4.000 - 6.000
PITTORE DEL XVII SECOLO
Ritratto di fanciulla
Olio su tela, cm 51X40
Stima € 6.000 - 8.000
fig. 1
Questa deliziosa tavoletta dai marcati caratteri nordici si riconosce all’ambito della scuola di Praga e in modo particolare suggerisce il nome
di Bartholomeus Spranger, pittore nato ad Anversa nel 1546 e morto a Praga alla corte di Rodolfo II nel 1581. A confronto e conferma si prenda, ad esempio, il disegno (fig. 1) del 1597 conservato presso lo Smith College Museum of Art di North Hampton (inv.n. 1963,52 penna in
grigio e marrone su carta di cm 225 x 203), che ripropone il medesimo modulo compositivo.
La tela raffigura una giovinetta abbigliata con una veste vermiglia decorata da un elegante pizzo e guarnizioni a ricamo. Già attribuita a scuola genovese del XVII secolo, e più precisamente all’ambito di Domenico Fiasella, lo stile esprime un carattere di gusto nordico, o meglio, suggerisce l’ipotesi di trovarci al cospetto di un autore probabilmente olandese o fiammingo attivo in Italia, con esiti assai prossimi a Justus
Susterman (Anversa, 1597 - Firenze, 1681).
Bibliografia di riferimento:
K. Oberhuber, Zu Anmerkungen Bartolomeo Spranger come Zeichner, umení (1970), pp. 213-223, fig. 12
Th. Dacosta Kaufmann, The school of Prague. Painting at the court of Rudolf II, Chicago-Londra 1988, pp. 249-279
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GAETANO GANDOLFI
(San Matteo della Decima, 1734 - Bologna, 1802)
Cristo tentato dal demonio
Olio su rame, cm 62,5X52
Stima € 15.000 - 18.000
Il bellissimo e inedito rame qui presentato databile verso i primi anni del settimo decennio, ci consente di apprezzare al meglio le straordinarie virtù pittoriche di Gaetano Gandolfi che esprime una sensibilità neobarocca tramite una pasta pittorica esuberante e intrisa di colori smaltati, virando la tradizione bolognese al seguito dell’influenza lagunare e capitolina verso il rinnovamento neoclassico. L’opera raffigura
l’episodio evangelico narrato da Matteo (4, 8) e vede Cristo tentato dal demonio durante la permanenza nel deserto, quando turbato dalla fame viene provocato a tramutare i sassi in pane per sfamarsi e dimostrare la sua realtà divina. Osservando il disegno e la stesura possiamo cogliere assai bene la personalissima interpretazione del linguaggio classicista di matrice romana che il pittore svolge, e i riferimenti illustrativi,
come ben indica la Biagi Maino, sono gli arazzi tessuti da Pietro Ferloni sulla scorta dei dipinti eseguiti da Agostino Masucci e Pompeo Batoni per la caffeaus e inviati a Bologna da papa Benedetto XIV Lambertini. L’ispirazione batoniana sarà espressa dal giovane artista anche
nei due ovali raffiguranti la Samaritana al Pozzo e il Noli me tangere di collezione privata bolognese, pubblicati sempre dalla Maino nel 1998.
Il dipinto è corredato da una scheda critica di Donatella Biagi Maino.
Bibliografia di riferimento:
D. Biagi Maino, Magistero e potestà pontificia sull’Accademia Clementina, in Benedetto XVI e le arti del disegno, atti del convegno di studi
(Bologna 1994), Roma 1998
D. Biagi Maino, Gaetano Gandolfi, Torino 2002
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FANNY ROMANINI
(attivo in Italia tra il 1795 e il 1854)
Ritratto di Raffaello e della Fornarina (1831)
Firmato e datato
Matita e acquerello su carta, cm 20,5X29
Stima € 2.000 - 3.000
PITTORE DEL XVII SECOLO
San Gerolamo
Olio su tela, cm 50X38
Stima € 800 - 1.200
Pittore di gusto preraffaellita, ritrattista raffinato, interprete di una pittura storica e didascalica risolta
con un’estrema raffinatezza tecnica, da miniatore. Il
foglio in esame è un esempio di ottima qualità della
sua arte, atto a documentare il contesto culturale dell’artista e la sua peculiare lettura del Rinascimento.
La superficie pittorica sporca e ossidata non consente un’adeguata lettura dell’opera, tuttavia, è possibile proporre un’attribuzione ad un artista di
cultura romana, prossimo per stile e gusto a Filippo
Lauri (Roma, 1623 -1694). A confronto possiamo
citare il San Girolamo penitente conservato presso
la Staatloche Kunsthalle di Karlsruhe (inv. n. 888).
Bibliografia di riferimento:
J. Lauts, Staatliche Kunsthalle Karlsruhe. Katalog
Alte Meister bis 1800, Karlsruhe 1966, p. 301
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261.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Ritratto di Sant’Ignazio
Olio su marmo, cm 32X27
Stima € 1.000 - 1.500
PITTORE DEL XVI-XVII SECOLO
Ritratto d’uomo
Olio su tela, cm 48X38
Stima € 400 - 600
Opera da riferire ad un artista di scuola romana, dipinta su marmo ove, incorniciata una ghirlanda floreale, si staglia la figura a mezzo busto di
Sant’Ignazio (Loyola, 1491 - Roma, 1556), fondatore della compagnia di Gesù. L’immagine è peculiarmente documentaria, mentre la datazione, a causa
della tipologia del supporto è di difficile interpretazione, tuttavia è possibile intuire una collocazione
cronologica ancora cinquecentesca e sviluppata sull’esempio di un ritratto a carattere ufficiale.
L’ opera è da riferire a un artista di area lombardoveneta e attivo durante i primi anni del XVII secolo.
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DIPINTI DA UNA
IMPORTANTE COLLEZIONE VENETA
LOTTI 263-264
262.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Gioco di putti
Olio su tela, cm 75X69
Stima € 2.000 - 2.500
Il dipinto raffigura un gioco di putti, soggetto più volte frequentato dai pittori dell’età barocca. Il riferimento ad un artista di area emiliana, e più precisamente a Francesco Stringa (Modena, 1635 - 1709), è una traccia attributiva interessante, di non facile
documentazione, ma sicuramente utile per centrare una datazione a cavallo tra il XVII e
il XVIII secolo. Riavvolgendo la sequenza delle impressioni è tuttavia apparsa percorribile l’ipotesi di un’origine napoletana dell’autore, ipotesi che ha trovato confronto con due
opere di simile soggetto conservate alla National Gallery of Ireland di Dublino (inv. nn.
1074 - 1075) che, sia pur genericamente assegnate ad Anonimo napoletano del XVII secolo, presentano similitudini stilistiche atte a comprendere l’area culturale d’esecuzione
della tela in esame (fig. 1) e le incidenze prossime a Giuseppe Bonito (Castellammare di Stabia, 1707 - Napoli, 1789).
fig. 1
lotto 263
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71
263.
264.
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Sansone e Dalila
Olio su tela, cm 122X144
Stima € 10.000 - 12.000
PITTORE DEL XIX SECOLO
Compianto
Olio su tela, cm 166X145
Stima € 6.000 - 8.000
Il dipinto raffigura l’istante in cui i soldati filistei sopraggiungono nella stanza di Dalila per catturare l’eroe biblico ormai privo della sua forza sovrumana. Il tradimento della donna, ritratta con le forbici in mano, avviene dopo una notte d’amore e Sansone è addormentato sul suo
grembo. La scena rischiarata da una luminosità diffusa e proveniente dall’alto a sinistra crea un’ambientazione teatrale di sorprendente vivacità barocca, offrendoci un’affascinante prova pittorica per finitezza formale e freschezza, capace d’evocare la storia grazie ad una peculiare
tecnica esecutiva che trasfigura la realtà sensibile in armonia letteraria. Lo stile e l’ampia gamma cromatica suggeriscono immediatamente l’origine veneta dell’autore che per la sua peculiare stesura e cifra disegnativa si può riconoscere in Giovanni Antonio Pellegrini, artista che insieme a Sebastiano Ricci inaugura la stagione settecentesca della pittura lagunare. Antonio fu un pittore internazionale, un artista viaggiante,
accolto presso le principali corti e residenze nobiliari d’Europa: in Inghilterra, Germania, Belgio, Olanda, dove fu richiesto per le sue straordinarie doti di decoratore a fresco e abile pittore a olio. Il suo linguaggio, spigliato e brillante, caratterizzato da un’emotività rococò e delicate sensualità, andava incontro al gusto collezionistico e d’arredo di una classe dirigente intrisa di cultura italianizzante e poco incline alle
gravità estetiche dell’età seicentesca. La sua arte testimonia integralmente il ruolo da lui svolto nell’evoluzione della pittura veneziana d’inizio Settecento, trascendendo dagli esempi di Sebastiano Ricci e la lezione impartitagli da Paolo Pagani, suo primo maestro, rinnovando altresì
le lezioni del Gaulli e Luca Giordano, raggiungendo una raffinatezza cromatica e una partitura compositiva che sarà di fondamentale esempio a Giovanni Battista Tiepolo e la tela qui presentata è un esempio importante per cogliere le qualità raggiunte dal maestro durante la prima maturità.
La tela descrive il compianto della Vergine accanto al Cristo deposto, l’assenza di documenti e firme rende difficile il formulare un sicuro riferimento attributivo dell’opera che tuttavia presenta un livello qualitativo indiscutibile e suggerisce un’ area d’appartenenza alla scuola lombarda del XIX secolo. Si deve altresì osservare l’ottimo impianto disegnativo e la bellezza della stesura, aspetti estetici che indicano senza dubbio
la mano di un artista di notevole talento.
Bibliografia di riferimento:
Antonio Pellegrini. Il Maestro veneto del Rococò alla corti d’Europa, catalogo della mostra, a cura di A. Bettagno, Padova 1998, con bibliografia precedente
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DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE VENETA
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE VENETA
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266.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
San Pietro
Olio su tela, cm 154X120
Stima € 4.000 - 6.000
PITTORE EMILIANO-ROMAGNOLO DEL XVI-XVII SECOLO
Madonna con il Bambino, San Giuseppe, Santa Maria Maddalena, San Giovannino e Santa
Olio su tavola, cm 88X72
Stima € 8.000 - 10.000
Il dipinto raffigura San Pietro penitente e le dimensioni, l’accurata stesura e l’espressionismo del volto suggeriscono di attribuirne l’esecuzione a un artista nordico e memore delle opere di matrice italiana. La figura è illuminata dall’alto da una intensa luce che modella le forme, rende vivide le tonalità cromatiche delle vesti e costruisce la dimensione prospettica della scena. La qualità dei pigmenti si rileva dalla brillantezza
del tessuto pittorico, in modo particolare osservando la veste blu oltremare e l’epidermide del volto, su cui scorrono lucenti le lacrime. Queste caratteristiche sia pur inefficaci per giungere ad una risoluzione attributiva attestano il talento dell’artista.
La tavola presenta caratteristiche di stile che orientano la ricerca attributiva all’ambito emiliano-romagnolo e i confronti rinviano agli esempi pittorici di Luca (Ravenna, 1507 - 1580), Francesco (Ravenna,
1544 - 1618) e Barbara Longhi (Ravenna, 1552 - 1638), ma riflettono altresì la conoscenza delle creazioni di Lorenzo Sabatini (Bologna, 1530 - Roma, 1576), come si evince osservando la Sacra Famiglia con
Santa Caterina d’Alessandria e San Giovannino esitata presso la Finarte il 12 Dicembre 1973, n. 60 con
un riferimento a Barbara Longhi (cfr. Archivio Zeri: N. scheda 37392; N. busta 0415; intestazione busta: Pittura italiana sec. XVI. Bologna 2; N. fascicolo 1; Intestazione fascicolo: Lorenzo Sabatini). La modellazione piena e delicatamente chiaroscurata dei volti, la struttura disegnativa e iconografica, ricordano
tipologie compositive peculiari ai noti artisti ravennati, come si osserva nella Sacra Famiglia del Museo di Castelvecchio a Verona (Viroli, p.
206-207, n. 122) e nella Sacra Famiglia con Santa Caterina conservata al Museo Civico di Bassano del Grappa (Viroli, p. 206-209, n. 130),
opere assegnate alla maturità di Barbara.
Bibliografia di riferimento:
G. Viroli, I Longhi. Luca, Francesco, Barbara pittori ravennati (sec. XVI - XVII), Ravenna 2000, p. 92, n. 56; pp. 194-197, nn. 112-115
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PIETER MULIER detto IL CAVALIER TEMPESTA
(Haarlem, 1637 - Milano, 1701)
Paesaggio con figure
Olio su tela, cm 96X136
Stima € 10.000 - 12.000
ANTONIO MARINI (attr. a)
(Venezia, 1668 - 1725)
Fortuna di mare
Olio su tela, cm 85X130
Stima € 4.500 - 4.800
Opera di affascinante sensibilità paesistica, da attribuire senza esitazioni al primo periodo italiano di Pieter Mulier, tra il settimo e l’ottavo
decennio, quando maggiore è l’aderenza stilistica a Gaspard Dughet e ancora presenti sono gli stilemi di memoria nordica. A questo proposito è interessante il confronto con la grande tela raffigurante Paesaggio col Ponte Lucano oggi conservata nella Sala del Pussino a Palazzo
Doria Pamphilj al Corso, modello che Mulier replicherà con varianti nel Paesaggio pastorale di Burghley House (Roethlisberger, pp. 106-107,
n. 214). Ma ancor più con le prove a fresco di Palazzo Colonna, eseguite in un ambiente attiguo a quello in cui Dughet realizzò una serie di
paesaggi campestri. L’immagine raffigura un esteso paesaggio con un cacciatore. Il soggetto dal carattere arcadico sembra altresì prossimo alla tela conservata presso la State Gallery di Stuttgart, che mostra un’analoga composizione paesistica (Roethlisberger, pp. 106-107, n. 214) o
con i (Roethlisberger, pp. 106-107, n. 214) del Museo di Budapest (Roethlisberger, pp. 106, n. 211-212).
Il tema emozionante della burrasca con velieri in balia delle onde fu assai apprezzato dai collezionisti del XVII e XVIII secolo e molti sono gli
autori ricordati dalle fonti di cui non conosciamo le opere. Nelle raccolte veneziane ad esempio, il Boschini cita Giacomo Maffei, Domenico
Marolì, Agostino Lama e, ovviamente, Pieter Mulier, Antonio Francesco Peruzzini e Monsù Montagna, ma, a parte questi ultimi, nella maggior parte dei casi siamo al cospetto di tele anonime o nella difficoltà d’associare nomi e immagini. L’opera in esame si colloca in quest’ambito culturale, si data presumibilmente agli ultimissimi anni del Seicento e si assegna a un maestro indubbiamente influenzato dalle creazioni
del Tempesta, artista che esibisce un’interessante analogia compositiva e stilistica con la nostra tela. L’analisi dei diversi artefici dediti a questa peculiare tematica paesistica permette tuttavia di riscontrare in Antonio Marini singolari analogie di stile, in modo particolare se valutiamo le opere giovanili come la Tempesta di mare conservata presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, testo significativo per comprendere
l’evoluzione dell’artista che nei suoi esordi si misurava con le creazioni del Tempesta, Matteo von Plattenberg e Monsù Montagna e a questa
si aggiunge la Burrasca di mare dello Staatliche Museum Gemäldegalerie di Berlino, già attribuita da Roberto Longhi a Francesco Borzone
ma da ricondurre bensì alla primissima attività del pittore, quando è documentata la sua presenza a Bologna, città che conserva un’altra precoce testimonianza presso l’Opera Pia Poveri Vergognosi. Nella città felsinea il Marini ebbe l’opportunità di studiare le tele del Peruzzini e di
percepirne quella sensibilità preromantica di matrice rosiana che caratterizza le sue prime creazioni.
Bibliografia di riferimento:
M. Roethlisberger-Bianco, Cavalier Pietro Tempesta and his time, University of Delaware, Newark 1970
F. Cappelletti, Pieter Mulier, in La Pittura di Paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di Ludovica Trezzani, Milano 2004, pp. 313-315
Bibliografia di riferimento:
Il Palazzo Doria Pamphilj e le sue collezioni, a cura di Andrea G. De Marchi, Firenze 2008, pp. 99-116, fig. 53
C. Masini, Gli splendori della vergogna, catalogo della mostra, a cura di Celide Masini, Bologna 1995, pp. 257-258, nn. 104-105
L. Muti, D. De Sarno Prignano, Antonio Marini, Rimini 1991, pp. 215-218, nn. 59-60
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PITTORE VENETO DEL XVI-XVII SECOLO
Ritratto di giovinetto
Olio su tela, cm 40X30
Stima € 600 - 800
PITTORE DEL XIX SECOLO
Ritratto d’uomo
Olio su tela, cm 56X45
Stima € 800 - 1.000
Il dipinto presenta una peculiare felicità illustrativa:
l’adolescente raffigurato spicca sul fondale scuro
grazie alla sgargiante giacca vermiglia sormontata
da un collare d’armatura coronato da una elegante
gorgiera. La stesura e la tipologia iconografica suggeriscono l’origine veneta dell’autore e una data
d’esecuzione che scorre tra la fine del XVI e l’inizio
del XVII secolo.
Databile attorno alla metà del XIX secolo, il ritratto in
esame raffigura un giovane uomo descritto di trequarti, con lo sguardo rivolto alla sua destra. I caratteri di stile suggeriscono l’attribuzione a un artista di
scuola lombarda ispirato alla ritrattistica matura di
Francesco Hayez (Venezia, 1779 - Milano, 1882), in
similitudine con il Ritratto di Alessandro Negroni Prati conservato alla Pinacoteca Ambrosiana.
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PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 77X70
Iscritto sulla tela: De Courteuille pictor Regis fecit 1726
Stima € 1.600 - 1.800
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di giovane uomo
Olio su tela, cm 40X30
Stima € 1.500 - 1.800
L’opera raffigura il ritratto di un uomo da identificare probabilmente in un notaio. Lo stile del dipinto e la scritta vergata sul recto della tela “De
Courteuille pictor Regis fecit 1726” suggerisce l’origine francese dell’autore e dell’effigiato.
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Opera da riferire ad un pittore presumibilmente austriaco e attivo nel XVIII secolo. La qualità disegnativa
e della stesura è assai apprezzabile, si ravvisa in modo
particolare osservando l’intensità dello sguardo e il delicato sfumare dell’epidermide colpita dalla luminosità
diffusa che modella la volumetria del volto e crea lo
stacco prospettico con il fondo a tinta neutra.
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PITTORE DEL XVII SECOLO
San Sebastiano
Olio su rame, cm 35X25
Stima € 1.500 - 2.000
PIETRO BARDELLINO
(Napoli, 1732 - 1806)
Madonna col Bambino e San Giovannino
Olio su rame, cm 34X25
Stima € 1.500 - 2.500
fig. 1
Il modello raffigurato deriva da una tela perduta di Palma il Giovane, opera che trovò una discreta fortuna critica e diffusione illustrativa grazie ad un’acquaforte di Aegidius Sadeler II (1575-1629) in cui in basso a sinistra su una faretra compare l’iscrizione “Jacopus Palma inve”
(Bartsch, 72, 1, n. 096 S1, p. 157), consentendoci di istituire la consequenzialità precisa delle immagini (fig. 1) e la loro diversità, in quanto
la nostra versione presenta una variante sullo sfondo, priva di personaggi e dedicata solo al brano paesistico. L’originale del Palma si può collocare cronologicamente agli inizi del Seicento mettendolo in relazione con il disegno preparatorio per il Santuario delle Sette Chiese di Monselice (Parigi, E’cole des Beaux-Arts, D. 15) datato dalla Mason Rinaldi attorno al 1611 (Mason, 1984, p. 95). La nostra opera trova un’altra
versione su rame conservata presso la Galleria Corsini di Roma (cm 45,5X32,5; inv. n. 248), che aderisce in maniera precisa all’acquaforte
del Sadeler ed è ora attribuita ad un anonimo fiammingo, ma recava un riferimento a Joseph Heintz il vecchio (1564 - 1609) suggerito dal Safarik (Cosma 2007, pp. 19-22)
Allievo prediletto di Francesco de Mura, Pietro Bardellino è un autore che attraversa il XVIII secolo secondo precise direttrici di stile, seguendo l’epigono del tardo barocco partenopeo e la seguente sensibilità rococò, sostanzialmente distaccato dalle influenze dettate dal classicismo romano e dal neoclassicismo. La sua attenta adesione ai modi del maestro mostra tuttavia una severa autonomia, la cui resa si rivela
in modo particolare nelle grandi imprese a fresco. Le sue opere, dopo il giovanile soffitto della Farmacia degli Incurabili (1750), sono la Madonna e Santi della Confraternita dei Bianchi allo Spirito Santo, Ester e Assuero e il Battesimo di Sant’Agostino nella chiesa di S. Maria Regina Coeli, e la Morte di Santa Chiara (1787) nell’omonima chiesa napoletana. Sono da segnalare altresì gli affreschi eseguiti nei palazzi
d’Angri e Maddaloni e l’impressionante decorazione del palazzo dei Regi Studi oggi sede del Museo Archeologico Nazionale, raffigurante il
Trionfo delle arti e delle scienze. Il delizioso rame qui presentato, la cui attribuzione è dettata da ragioni di stile e qualità, è un prodotto caratteristico della produzione giovanile dell’artista, attorno al 1750, prossimo per sensibilità disegnativa alla Madonna con Bimbo della Cappella Palatina di Cacurri (Crotone), ai due rami già Matthiessen raffiguranti L’allegoria della terra e del fuoco (fig. 1) e alla Madonna con il
Bimbo esitata presso la Bloomsbury di Roma il 19 Maggio 2009 n. 84.
Bibliografia di riferimento:
S. Mason Rinaldi, Palma il Giovane. L’opera completa, Milano 1984
Bibliografia di riferimento:
A. Cosma, Fuori dall’ombra. Capolavori restaurati della Galleria
Corsini, Roma 2007
N. Spinosa, Pietro Bardellino un pittore poco noto del Settecento napoletano , in “Pantheon”, 31.1973
N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento. Dal rococò al classicismo, Napoli 1987, II, p. 53
fig. 1
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PITTORE FRANCESE DEL XVII SECOLO
Pero e Cimone
Olio su tela, cm 123X101
Stima € 22.000 - 25.000
Il dipinto raffigura l’episodio di Cimone e la figlia Pero, narrato dallo storico romano Valeriano Massimo (I secolo d.C.) nell’opera dal titolo Fatti e detti memorabili. Si tratta visibilmente di un’allegoria dell’amore filiale, soggetto assai frequentato dagli artisti in età barocca. I caratteri di stile e scrittura suggeriscono una datazione attorno alla metà del XVII secolo e un autore partecipe di una cultura francese
italianizzante a conoscenza delle opere di Simon Vouet e dei suoi allievi come Charles Mellin, a cui si riconosce una tela di simile soggetto conservata al Louvre. Tra i diversi discepoli del Vouet citiamo anche Claude Mellan e Charles Poerson (Vic-sur-Seille,1609 - Parigi, 1667) ed è su
quest’ultimo e al suo periodo giovanile che convergono alcuni suggerimenti attributivi particolarmente interessanti. La tela, in buone condizioni di conservazione salvo una spessa vernice ossidata, presenta una stesura di notevole qualità, e altrettanto pregiato appare il pigmento
come si evince osservando i tasselli di pulitura eseguiti per facilitare una migliore indagine del tessuto pittorico.
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277.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Testa di carattere
Olio su tela, cm 58X49
Stima € 4.000 - 5.000
PITTORE DEL XVII SECOLO
San Pietro
Olio su tela, cm 75X62
Stima € 3.500 - 4.000
Il dipinto raffigura una “testa di carattere” che per tipologia di stile e scrittura, si attribuisce a un artista di scuola olandese attivo tra il XVII
e il XVIII secolo. La peculiarità della stesura e dell’iconografia evidenziano una formazione rembrandtiana, con similitudini prossime alle
opere di Daniel De Koninck (Amsterdam, 1668 - Inghilterra, 1720 ?). Si desidera altresì evidenziare la tecnica pittorica utilizzata che modella
la folta barba con nette incisioni realizzate a manico di pennello, incisioni che creano suggestivi effetti chiaroscurali e che specificano una singolare sensibilità creativa e libertà d’esecuzione.
Il dipinto presenta caratteri stilistici tipici di Giovanni Battista Beinaschi (Fossano, 1634 circa - Napoli, 1688). Formatosi a Torino presso Esprit
Grandjean, residente a Roma sin dal 1652, Beinaschi inizia la sua carriera capitolina come incisore presso Pietro del Po, maturando la predilezione per lo stile di Giovanni Lanfranco che sarà un suo riferimento costante, al punto da generare l’equivoco di un suo apprendistato presso l’artista emiliano. Ma sono altresì stretti i contatti con Giacinto Brandi, con il quale l’artista condividerà l’ammirazione non solo per
Lanfranco, ma anche per il neovenetismo di Mattia Preti. A Napoli il pittore diviene uno dei più richiesti autori di cicli a fresco. Sua è la decorazione in Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone, Santa Maria di Loreto, Santa Maria la Nova, il Gesù Nuovo, e soprattutto la cupola
della Chiesa dei Santi Apostoli (1680), eseguita in ideale prosieguo degli affreschi di Giovanni Lanfranco nella navata della stessa chiesa (cfr.
F. Navarro in Civiltà del Seicento a Napoli, Napoli 1984, I pp. 116-117).
Il dipinto qui presentato raffigura l’apostolo Pietro, visto di trequarti e da una posizione leggermente ribassata. Il volto è colpito da un’intensa
luce di memoria caravaggesca proveniente dall’alto che crea un emozionante controluce. La precocità di datazione è suggerita dalla palese influenza dei testi pittorici di Giovanni Francesco Barbieri, autore che, insieme a Mattia Preti, ha configurato il peculiare tenebrismo di Beinaschi, in analogia con il San Pietro conservato presso il Museo genovese di Palazzo Rosso e il San Pietro e il San Gerolamo della Collezione
Durazzo Pallavicini, tutte opere da collocarsi cronologicamente al 1660 circa. Nel nostro caso è importante cogliere quelle caratteristiche che
indicano la prossimità di stile tra il Beinaschi, Luca Giordano e la tradizione naturalistica partenopea, prossimità riconoscibile nella tonalità cromatica della veste e in modo particolare osservando la stesura con cui è costruito il volto che a distanza ravvicinata appare quanto mai giordanesca. Queste considerazioni consentono di includere il Beinaschi tra i grandi protagonisti della pittura napoletana tardo seicentesca e di
cogliere la sua totale autonomia creativa e dialettica, tanto da ispirare non solo il Giordano ma anche il giovane Francesco Solimena.
Bibliografia di riferimento:
P. Boccardo in Giovanni Battista Beinaschi. Pittore barocco tra Roma e Napoli, a cura di Vincenzo Pacelli e Francesco Petrucci, Roma 2011,
p. 293, n. Ca1
A. Gesino in Giovanni Battista Beinaschi. Pittore barocco tra Roma e Napoli, a cura di Vincenzo Pacelli e Francesco Petrucci, Roma 2011,
pp. 294-295, Ca4-Ca5
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278.
281.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII-XIX SECOLO
Scena Campestre
Firmato in basso a sinistra: Huet
Matita e acquerello su carta, cm 34X48,5
Stima € 600 - 800
PITTORE NORDICO DEL XVIII SECOLO
Veduta di fantasia
Olio su tavola, cm 64X93
Stima € 2.000 - 3.000
Questa delicata immagine campestre si riferisce a Jean-Baptiste Marie Huet (Parigi, 1745 - 1811), pittore francese specializzato nel comporre scene
pastorali e di genere in stile rococò e particolarmente influenzato da François Boucher. La sua produzione conta altresì molte opere eseguite a matita e
acquerello, spesso destinate a modello per tappezzerie e arazzi.
L’opera è da riferire ad un artista nordico, probabilmente austriaco e influenzato dalla coeva pittura francese e veneziana. La scenografia è infatti di gusto
italianizzante, mentre i brani di figura sembrano ispirarsi ai soggetti di Nicolas Lancret (Parigi, 1690 - 1743).
279.
282.
PITTORE ROMANO DEL XVII/XIX SECOLO
Veduta
Olio su tela, cm 30X54
Stima € 2.000 - 3.000
PITTORE DEL XIX-XX SECOLO
Diana cacciatrice
Olio su tela, cm 76,5X94
Stima € 1.500 - 2.000
Il dipinto è stato attribuito ad Hendrik Frans Van
Lint (Anversa, 1684 - Roma, 1763) da Giancarlo Sestieri (comunicazione scritta ai proprietari del 15
gennaio 2005).
Indicato da Giuliano Briganti quale legittimo erede
di Gaspar van Wittel, di cui fu allievo e collaboratore, il Lint è un vedutista di notevoli sensibilità, capace di indagare con perizia il paesaggio
restituendoci immagini di estremo rigore e luminosità di straordinaria concretezza ottica. La tela in
esame è un esempio interessante della sua arte, una
lucida veduta dell’Arco di Tito, del Tempio di Venere con il campanile della chiesa di Santa Francesca
Romana e la Meta Sudante in primo piano.
280.
PITTORE NORDICO DEL XVII SECOLO
L’incendio di Troia
Olio su tavola, cm 40X57
Stima € 1.500 - 1.800
La tavola raffigura la fuga di Enea dalla città di Troia in fiamme. Lo stile e la tipologia del supporto indicano l’origine nordica dell’autore, plausibilmente
un fiammingo attivo attorno alla metà del XVII secolo. Il tema è più volte frequentato dagli artisti dell’età barocca, per l’affascinante opportunità di
descrivere un paesaggio illuminato dai bagliori, mentre lo spunto epico consentiva di conferire alla narrazione un riferimento letterario riconoscibile ed
aulico. Note sono le redazioni di questo soggetto eseguite da Frederik van Valckenborch, Pieter Schoubroeck, Daniël van Heil, Adriaen Lievensz van der
Poel (Delft, 1628 - Leiden, 1671) ed è alla produzione di quest’ultimo a cui avviciniamo la nostra opera.
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PITTORE DEL XIX SECOLO
Scena mitologica
Olio su tela, cm 67X84
Stima € 1.800 - 2.200
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FRANCESCO SOLIMENA
(Canale di Serino, 1657 - Barra, 1747)
Martirio di San Gennaro
Olio su tela, cm 87X130
Stima € 8.000 - 12.000
PITTORE DEL XVII SECOLO
Lucrezia
Olio su tela, cm 98X135
Stima € 10.000 - 12.000
Questa tela è una testimonianza eloquente della creatività narrativa di Francesco Solimena, vigoroso e aggraziato interprete della scuola napoletana tra Sei e Settecento. La scena raffigura il martirio di San Gennaro, tema ampiamente frequentato dall’artista e la parte centrale dell’immagine è dedicata al momento saliente del supplizio, con lo sgherro pronto a sferrare il colpo di sciabola e gli astanti colti da terrore e
sgomento. Dal punto di vista dello stile l’opera si fa risalire agli anni del grande affresco con La Cacciata di Eliodoro realizzato nel 1725 sulla controfacciata del Gesù Nuovo a Napoli, ovvero nel momento in cui Solimena svolge le sue rappresentazioni secondo canoni classicheggianti e un’evidente propensione ad una “impassibile volontà di far grande e perfetto, dentro una sorta di vero e proprio classicismo spaziale,
un repertorio praticamente inarrivabile e molto ben schermato di cultura neo-cinquecentesca che va dalle ‘Stanze’ di Raffaello alle grandi
composizioni veneziane del seguito di Paolo Veronese e del Tintoretto, conosciute per le stampe” (cfr. F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, p. 115).
L’iconografia consente di riconoscere senza indugi la figura di Lucrezia, eroina romana che per l’onta di esser stata posseduta con la forza da
Sesto Tarquinio decise di uccidersi al cospetto dei suoi familiari. La tela già attribuita ad un autore di scuola emiliana si riconduce ad un artista d’origine olandese, con caratteri di stile e scrittura prossimi a quelli di Abraham Janssens (Anversa, 1575 - 1632). Formatosi nella città
natale e dopo il viaggio di studio a Roma da cui tornò nel 1601, Janssens divenne ben presto uno dei principali protagonisti della Scuola di
Anversa con Ambrosius Francken e Otto van Veen, esprimendo un’arte monumentale a contrasto con la tradizionale pittura di costume, solitamente di piccole dimensioni. La sua dominante posizione fu contrastata solo dopo il ritorno dall’Italia di Pietro Paolo Rubens, ma l’artista sarà tuttavia capace di evolvere il proprio stile modulandolo sugli esempi del barocco italiano. Detto ciò, il campo di ricerca si sviluppa
verso i suoi diversi allievi, tra i quali citiamo Giovanni di Filippo Desubleo (Maubuge, 1601 - Parma, 1676).
Bibliografia di riferimento:
J. Müller Hofstede, Zwei neue Frühwerke von Abraham Janssens, in A. Balis e.a., Florissant, Bijdragen tot de kunstgeschiedenis der Nederlanden (15de-17de eeuw). Liber amicorum Carl Van de Velde, Bruxelles 2005, pp. 271-283
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PAUWELS FRANCK detto PAOLO FIAMMIMGO (attr. a)
(Anversa, 1540 ca. - Venezia, 1596)
Venere e Adone
Olio su tela, cm 48X66
Stima € 2.500 - 3.500
PITTORE BOLOGNESE DEL XVII SECOLO
Rinaldo ed Armida
Olio su tela, cm 51X68
Stima € 4.000 - 6.000
Già attribuita a scuola romana, la tela presenta innegabili analogie con la pittura fiammingo-veneta che sul finire del Cinquecento ebbe una
considerevole fortuna collezionistica, in virtù dell’esempio di Maarten de Vos, Ludovico Pozzoserrato e in particolare Paolo Fiammingo. Il fare pittorico e la qualità trovano interessanti riscontri con i modi di quest’ultimo artista che, giunto a Venezia attorno al 1557, frequentò la
bottega di Jacopo Tintoretto. Per similitudine citiamo il dipinto raffigurante Gli Amori del Kunsthistorisches Museum, Vienna (inv. 2360) datato dalla Mason Rinaldi tra il 1585 e il 1589 e il Paesaggio con Satiro e Ninfa già sul mercato antiquario e noto attraverso una riproduzione fotografica conservata nell’Archivio di Federico Zeri (n. scheda 39127; n. busta 0436; intestazione busta: Pittura italiana sec. XVI. Venezia
12; n. fascicolo 8; intestazione fascicolo: Paolo Franceschi).
Soggetto particolarmente amato dagli artisti bolognesi descrive uno degli episodi più rappresentati della Gerusalemme Liberata, opera scritta nel 1581 da Torquato Tasso (XVI, 17 - 23). Si tratta di una romantica allegoria dell’amore, degli amanti che si guardano nel riflesso degli
occhi e nello specchio, mentre nascosti fra gli alberi s’intravedono i compagni d’arme di Rinaldo che in silenzio osservano la scena. E’ un’opera da riferire ad un seguace d’Annibale Carracci (si veda a esempio la versione conservata al Museo di Capodimonte databile al 1601-1602),
verosimilmente d’origine emiliana ma indubbiamente attivo a Roma e a conoscenza della versione dipinta da Domenico Zampieri (Bologna,
1581 - Napoli, 1641) oggi conservata al Museo del Louvre.
Bibliografia di riferimento:
Bibliografia di riferimento:
Catalogue sommaire illustré des peintures du musée du Louvre, Italie, Espagne..., Parigi 1981, II, p. 172
S. Mason Rinaldi, Paolo Fiammingo, in “Saggi di Storia dell’Arte Memorandum”, 11 (1978), pp. 45 -80, n. 38, fig. 25
S. Loire, Musée du Louvre, département des peintures, Ecole Italienne, XVIIe siècle, Bologna-Parigi1996, I, p. 202
A.J. Martin, Augsburg, Prague and Venice at the end of the century, in Renaissance Venice and the North. Crosscurrents in the time of Bellini, Dürer and Titian, catalogo della mostra, a cura di B. Aikema e B. L. Brown, Venezia 1999, p. 619
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BARTHOLOMEUS BREENBERGH
(Deventer, 1598 - Amsterdam, 1657)
Veduta di Acquapendente
Olio su rame, cm 33X53,5
Stima € 15.000 - 20.000
Provenienza:
Formatosi presso le botteghe di Pieter Lastman e Jacob Symonsz Pynas ad Anversa, Breenbergh è registrato nella gilda dei pittori dal 1619,
anno in cui è documentata la sua partenza per Roma. Nella Città Eterna la sua presenza è censita presso le parrocchie di San Lorenzo in Lucina e Santa Maria del Popolo ed è nota la sua collaborazione con Frans van de Kasteele e in modo particolare con Cornelis van Poelenburgh.
Durante il periodo italiano il pittore si dedica in modo particolare al genere della veduta e del paesaggio, plausibilmente eseguiti dal vero come testimoniano gli innumerevoli disegni da lui realizzati che ritraggono gli scorci più suggestivi della capitale e diverse località dell’agro. Secondo il Roethlisberger il rame in esame si data al 1630 circa, con uno scarto temporale che scorre fino al 1633: si tratta quindi di un opera
da collocare all’ultimo periodo italiano o ai primissimi anni in cui il Breenbergh si ristabilì ad Anversa. La qualità dell’opera è certamente di
alto livello e la sua fortuna iconografica è altresì confermata da una incisione realizzata a Parigi da B.A. Dunker e R. Daudet nel 1773 e dedicata a “Son Excellence M.gr Leopold Charles de Choiseul, Archevêque Duc de Cambray, il principe du Saint Empire, Comte de Cambray,
& c. / Par son et très très umile obeissant Serviteut, Bashan”.
Bibliografia di riferimento:
L. B. Harwood, Inspired by Italy. Dutch Landscape Painting 1600-1700, Dulwich Picture Gallery, Londra 2002, pp. 85-93
Christie’s, New York, 15 Marzo 1998, n. 75
P. Schatborn, Drawn to Warmth, 17th century Dutch artist in Italy, Amsterdam 2001, 66-73
Bibliografia:
M. Roethlisberger, Bartholomeus Breenbergh, the paintings, Berlino 1981, p. 57, n. 126
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289.
290.
LEONELLO SPADA (attr. a)
(Bologna, 1576 - Parma, 1622)
Davide con la testa di Golia
Olio su tela, cm 108X84
Stima € 15.000 - 20.000
GUILLAUME COURTOIS
(Saint Hippolyte, 1628 - Roma, 1679)
Ritratto di giovane donna con natura
morta di frutta
Olio su tela, cm 95X70
Stima € 8.000 - 10.000
La luce di sapore caravaggesco illumina la figura dall’alto a sinistra e con abile regia misura gli spazi, rileva le forme e guida con discrezione
lo sguardo dell’osservatore verso i brani salienti dell’immagine, ovvero le espressioni degli occhi e la cruda gestualità dell’eroe biblico. Espressioni e pose che rendono particolarmente realistica la scena e denotano la sensibilità naturalistica del pittore, non a caso soprannominato in
giovane età “Scimia del Caravaggio”, quando nel 1609 è attestato a Roma e a Malta dove fu influenzato dalla pittura e dai soggetti cari al
Merisi e ai suoi seguaci. Tornato in patria nel 1614, l’artista prende servizio presso i Farnese nel 1617 e in quel tempo rivisita i temi caravaggeschi, come avviene nella Buona Ventura oggi conservata alla Galleria Estense di Modena. La tela in esame per similitudini disegnative
del volto e della stesura trova interessanti analogie con la Giuditta con la testa di Oloferne conservata presso la Pinacoteca Nazionale di
Bologna (olio su tela, cm 112,5X138, inv. n. 69), opera datata dal Calvesi tra il 1615 e il 1622, mentre la Frisoni ne colloca l’esecuzione al
1610- 1611, quindi al momento di maggiore aderenza ai modi caravaggeschi e in cui si possono cogliere delicate sfumature di stile domenichiano che aggraziano la composizione modulandola sugli esempi del classicismo d’origine bolognese. Detto ciò, possiamo cogliere nella cromia
una sequenza di ricchezze tonali che, in effetti, suggeriscono una datazione più matura rispetto al San Girolamo Barberini, aspetto che porta
a confermare la datazione suggerita dal Calvesi, ma anche a sospettare una felicissima attribuzione ad Alessandro Tiarini durante la sua fase
giovanile, in corrispondenza con la Madonna col Bimbo, San Rocco e San Michele Arcangelo del Museo del Palazzo Ostankino di Mosca e
del ciclo conservato presso la chiesa di Budrio datato attorno al 1615 circa.
Sintesi della cultura barocca, la tela rappresenta una giovane donna che ha appena colto dei frutti, la scena si svolge in un rigoglioso giardino, e in primo piano, su un plinto marmoreo, si osserva il bellissimo brano di natura morta. L’opera è il frutto di una collaborazione fra due
artisti. I caratteri di stile, infatti, suggeriscono di ascrivere la figura al pittore d’origine francese Guillaume Courtois, conosciuto in Italia come Guglielmo Cortese, documentato a Roma dal 1638 e partecipe della dinamica bottega cortonesca. La natura morta si riconduce invece
al fiammingo Abraham Brueghel, attivo nell’Urbe dal 1659 al 1675 e autore di molte opere realizzate con pittori di figura, come Giacinto Brandi, Giovan Battista Gaulli, Carlo Maratta, Monsù Bernardo e Guglielmo Cortese. A testimonianza di questa consuetudine ricordiamo una lettera del 31 luglio 1666 al collezionista messinese Antonio Ruffo, dove l’artista propone due quadri di “anemoni et altri fiori nobili” con figure
di Giacinto Brandi e Giovan Battista Gaulli; tuttavia, il sodalizio pittorico e la stima reciproca tra il Cortese e il Brueghel sono documentati
dalle tele giunte sino a noi e dalla presenza di nature morte di quest’ultimo nella collezione del pittore romano, come attesta l’inventario testamentario redatto nel 1679. L’inserto naturalistico illuminato da una luce radente esalta i volum tipici dell’artista, i medesimi che riscontriamo nelle due Nature morte con figure femminili segnalate nella Galleria Sanct Lucas a Vienna (di cui è nota una variante passata sul
mercato antiquario italiano), dove il Cortese ha interpretato con squisita eleganza i lineamenti delle giovani donne, memori dei modelli berniniani e cortonenschi. La tela in esame esibisce qualità artistiche di medesima intensità, specialmente per la ricchezza dei valori cromatici.
Bibliografia di riferimento:
Bibliografia di riferimento:
G. e U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma, artisti stranieri 1630-1750, Viadana 2004, pp. 117-147, fig. AB. 5
M. Pirondini, E, Negro, E. Roio, Leonello Spada (1576 - 1622), Manerba (RE) 2002, tavv. XVII-XIX
M. Pirondini, E, Negro, E. Roio, Alessandro Tiarini, Manerba (RE) 2000, pp. 75-76, n. 2; pp. 105-106, nn. 55-57
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LUCA GIORDANO e COLLABORATORE
(Napoli, 1634 - 1705)
L’incontro tra San Carlo Borromeo e San Filippo Neri
Olio su tela, cm 82X120
Stima € 12.000 - 15.000
LUIS DE BOULOGNE
(Parigi, 1654 - 1733)
Agar e l’angelo
Olio su tela, cm 40X49
Stima € 8.000 - 10.000
Nel 1702 Luca Giordano ritorna a Napoli dopo aver soggiornato in Spagna per un decennio. L’artista, oramai alla soglia dei settanta anni,
continua a esprimere una forza creativa straordinaria e le innumerevoli commesse, spesso di notevole impegno tecnico e organizzativo, richiedono la collaborazione dei suoi migliori assistenti. Sono anni in cui il maestro a discapito dell’età sviluppa la sua arte in maniera incessante, lavorando sui contrasti chiaroscurali dai toni bruciati, come si evince osservando le tele destinate alla Chiesa di Santa Maria Egiziaca
a Forcella, dei Girolamini e di Santa Maria Donnaregina Nuova, ma il rinnovamento va altresì incontro ad una ricerca cromatica sofisticata,
sempre più lieve, delicata e intrisa di luminosità, che vede il massimo conseguimento nell’affresco raffigurante il Trionfo di Giuditta che decora la Cappella del Tesoro nella Certosa di San Martino. I dipinti eseguiti per i padri oratoriani dei Girolamini furono commissionati nel 1703
e il ciclo comprende i Due santi in preghiera, San Carlo che bacia la mano a San Filippo, La Madonna con il Bimbo e angeli, San Francesco
di Sales e San Canuto e infine la pala firmata e datata “Jordanus F. 1704” che descrive L’incontro dei Santi Carlo Borromeo e Filippo Neri.
Il modelletto qui presentato è indubbiamente da confrontare con quest’ultima composizione, di cui conosciamo un bozzetto pubblicato nel
catalogo della mostra dedicata al Giordano nel 2001 di collezione privata londinese. L’analisi della struttura e del tessuto pittorico evidenzia
prima di tutto una diversa concezione spaziale che vede sviluppata in orizzontale la narrativa dell’immagine e di conseguenza un fondale paesistico più articolato. A questo proposito appare evidente la dicotomia che distingue i protagonisti rispetto le figure secondarie e il fondale
che sono da riferire indubbiamente alla mano di un collaboratore.
Il dipinto è stato attribuito a Luis de Boulogne da Jean Pierre Cuzin. Il Boulogne eseguì l’apprendistato presso suo padre, Louis de Boulogne
I, e nel 1673 vinse il Grand Prix dell’Accademia di Parigi per una veduta del Reno, quindi si recò a Roma nel 1675 e in quella città fu ammesso all’Accademia di Francia due anni dopo. Nel 1680 ritornò a Parigi, dove ricevette immediatamente vari incarichi per la decorazione
del castello di Versailles e in veste di pittore di corte di Luigi XIV fu il responsabile per la decorazione dei castelli reali, in particolare del Grand
Trianon. Il dipinto in oggetto potrebbe essere stato realizzato nel contesto di questi incarichi. Nel 1694 fu nominato professore dell’Accademia e nel 1724, a coronamento della sua carriera, fu nobilitato e nominato Premier Peintre du Roi. Stilisticamente rimase, come dimostra chiaramente anche il dipinto presente, un fautore del classicismo e dell’interpretazione francese della scuola emiliana. Il suo stile pittorico si
distingue per il colorito possente e luminoso.
Bibliografia di riferimento:
B. De Dominici, Vita del Cavaliere D. Luca Giordano, pittore napoletano, Per Francesco Ricciardo, Napoli 1729, pp. 74-75
R. Muzii in Luca Giordano 1634-1705, catalogo della mostra, a cura di Oreste Ferrari e Nicola Spinosa, Napoli 2001, pp. 356-357, nn. 127-127b
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DIPINTI DA UNA
IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA
LOTTI 293-297
lotto 293
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SVOLGENTE A PAG 99/100_Layout 1 09/02/12 18:09 Pagina 1
SVOLGENTE A PAG 99/100_Layout 1 09/02/12 18:10 Pagina 2
293.
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
I dodici mesi
Olio su tela, cm 15X17,5 (12)
Stima € 12.000 - 16.000
Questa bellissima serie di tele raffiguranti i dodici mesi si attribuisce ad un artista di scuola veneta attivo durante la seconda metà del XVIII
secolo. La freschezza della stesura e la tipologia delle scene ricordano le composizioni paesistiche di Antonio Diziani, ultimo rappresentante
della “felice illusione” come fa notare Franca Pellegrini, perché con la sua morte avvenuta nel 1797 si chiude non solo la straordinaria parabola della pittura veneziana, ma si sancisce la fine della Serenissima Repubblica. I diversi paesaggi pubblicati dalla Pellegrini nel catalogo della mostra Da Canaletto a Zuccarelli, il paesaggio veneto del Settecento (Udine 2003, pp. 133-135, pp. 366-375, nn. 96-100) forniscono un
adeguato esempio di confronto per cogliere lo spunto d’ispirazione delle opere qui presentate.
295.
PITTORE FIAMMINGO DEL XVII SECOLO
Loth e le figlie
Olio su tavola, cm 73X108
Stima € 6.000 - 8.000
Questo affascinante dipinto incastonato in una ricca cornice laccata e dorata si assegna ad un artista fiammingo riconoscibile per gli esiti di
stile a Jan Massys (Anversa, 1509 - 1575), autore formatosi nella bottega paterna insieme al fratello Cornelis e di cui le fonti indicano un
possibile soggiorno a Genova, dove attorno al 1550 eseguì il ritratto di Andrea Doria oggi conservato nei Musei Civici. I volti delle figure
femminili evidenziano anche interessanti similitudini con la Madonna col Bimbo e la Carità entrambi conservate nel Museo di Palazzo Bianco,
in modo particolare per il taglio degli occhi.
Bibliografia di riferimento:
L. Buinsters-Smets, Jan Massys. Een Antwerps schilder uit de zestiende eeuw, Zwolle 1995
294.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Ritratto del vescovo Jean d’Albert, duc de Luynes
Olio su tela, cm 128X96
Stima € 10.000 - 12.000
L’effigiato per la tipologia della veste e il cordone dell’Ordine di Santo Spirito si riconosce in un vescovo francese. L’Ordine
di Santo Spirito è una delle onirificenze più prestigiose della monarchia francese e la sua fondazione avvenuta nel 1578 si deve
a Enrico III. Il nome fu scelto in riferimento alla data di nascita del monarca, alla sua incoronazione sul trono di Polonia e in
seguito su quello di Francia, tre avvenimenti accaduti il giorno della Pentecoste. In questa scheda registriamo inoltre l’attribuzione tradizionale dell’opera a Charles Etienne Geuslain (1695 - 1765).
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DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA
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296.
PITTORE DEL XVIII-XIX SECOLO
Ritratto di dama a cavallo
Ritratto di gentiluomo a cavallo
Tempera su tessuto applicato su tela, cm 233X168 (2)
Stima € 20.000 - 30.000
A discapito della vernice ossidata, le opere in esame manifestano in ogni caso la loro peculiare felicità compositiva, trionfale e raggiante secondo le direttive pittoriche del XVIII secolo. Si tratta di due ritratti encomiastici, verosimilmente commissionati per celebrare una unione matrimoniale e destinati alla decorazione privata. La velocità dell’esecuzione e la la tipologia
illustrativa non consentono un riconoscimento attributivo preciso, ma possono suggerire il confronto con la scuola emiliana, di ambito parmense o piacentino, sull’esempio dei Fasti Farnesiani del Monti e dello Spolverini.
102
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA
103
297.
299.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di vestale
Olio su tela, cm 61X42
Stima € 3.000 - 3.200
PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO
Madonna
Olio su tela, cm 68X51
Stima € 2.500 - 3.000
La tela propone un’iconografia desunta dal modello
tizianesco conservato al museo del Prado e si colloca cronologicamente al XVII secolo. Si presume corretta l’ipotesi di riferirne l’esecuzione a un maestro
spagnolo che si misura con l’importante artista veneziano e la stesura e i pigmenti comprovano una
notevole qualità, altresì percepibile grazie a una buona conservazione.
Bibliografia di riferimento:
F. Valcanover, Tiziano, Milano 1969, p. 121, n. 341
298.
300.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Maria Vergine
Olio su tela, cm 100X79
Stima € 2.000 - 3.000
PITTORE ROMANO DEL XVII-XVIII SECOLO
Madonna col Bambino
Olio su tela, cm 35X24
Stima € 2.000 - 3.000
La Madonna Dolorosa è un tema iconografico d’origine medioevale qui proposto secondo caratteri di
stile e scrittura che suggeriscono una datazione a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo. La precedente attribuzione ad un autore veneto è qui elusa con
cautela a causa di alcune sensibilità che possono
orientare la ricerca verso l’area romana e all’ambito
del Trevisani.
L’opera, di delicata intensità devozionale, è da ascrivere indubbiamente ad un artista di cultura romana,
attivo attorno alla metà del XVIII secolo. Il modello è inequivocabilmente aulico, memore di composizioni “senza tempo” e sviluppatesi nell’arco
dell’età barocca. Traspare, infatti, quella sensibilità
d’origine cortonesca, riletta attraverso il classicismo
di Carlo Maratta, la medesima che si esprime a
esempio nella piccola Madonna con il Bambino appartenente alla Collezione Incisa della Rocchetta a
Roma (Sestieri 1994, fig. 583).
Bibliografia di riferimento:
G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della
fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994
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DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ITALIANA
105
301.
302.
HENDRIK VAN LINT
(Anversa, 1684 - Roma, 1763)
Paesaggio marino con il trionfo di Galatea
Olio su tela, cm 65X99
Stima € 15.000 - 18.000
CARLO LABRUZZI
(Roma, 1747 - Perugia, 1817)
Paesaggio con figure
Olio su tela, cm 66X78,5
Stima € 10.000 - 12.000
Bibliografia:
Fratello minore di Pietro, raffinato ritrattista, Carlo Labruzzi è uno dei più interessanti paesaggisti d’età neoclassica attivi a Roma. La sua carriera è altresì costellata da ragguardevoli riconoscimenti: fu infatti membro della pontificia Accademia dei Virtuosi al Pantheon, accademico
di San Luca e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia. La sua fama è dettata dallo smisurato apprezzamento che riscuotevano le sue
opere presso i viaggiatori stranieri, che secondo la moda del Grand Tour raggiungevano la città capitolina e desideravano un ricordo visivo
dei suoi monumenti e in modo particolare del territorio circostante. Le antiche vestigia classiche deliziavano i forestieri non digiuni di storia
e letteratura antica: “In questa campagna la nostra memoria vede più dei nostri occhi” sentenziava nel 1740 Horace Walpole, alludendo all’ascendente che esercitava il passato sulla sensibilità di chi ci si addentrava evocando l’Arcadia, le poesie d’Orazio e Virgilio. Nell’età barocca, le Cascate di Tivoli e i monti Albani erano la meta prediletta di Claude Lorrain e Gaspard Dughet, interpreti fra i migliori dell’ideale
classico che, secondo Jonathan Skelton, avevano entrambi desunto da quei luoghi, la cui visita era altresì consigliata nel 1791 dall’Itinerario
istruttivo di Roma e parte delle sue adiacenze pubblicato da Mariano Vasi, una guida che interpretava al meglio il gusto dei turisti offrendo
indicazioni sui percorsi e le località da visitare. Le opere di Labruzzi seguono questa direttrice culturale e, come si evince osservando le sue
creazioni, sono tratte dal vero, anche se il filone possiede una celebre tradizione illustrativa. La smagliante luminosità dei paesaggi ha in più
il pregio di unire una descrittività di gusto haeckertiano con una sorprendente vivacità di tocco e qualità pittorica e non è certamente un caso che il nome del Labruzzi fosse equiparato a quello di Pompeo Batoni, come si evince dal taccuino di viaggio stilato nel 1779 da Lord Herbert conte di Pembroke (E. Calbi, 2005, p. 238).
A. Busiri Vici, Peter, Hendrik e Giacomo Van Lint tre pittori di Anversa del ‘600 e ‘700 lavorano a Roma, Roma 1987, p. 259 n. 312
Opera singolare del catalogo di Van Lint, generalmente dedito al paesaggio ideale sull’esempio di Claude Lorrain e a vedute romane eseguite
con ottica precisione, questa tela risulta un unicum, salvo considerare la Marina di fantasia con bagnanti esitata a Roma presso la Finarte il
28 Maggio 1985 (n. 469/B) e anch’essa pubblicata dal Busiri Vici (p. 237, n. 284). Al centro della composizione l’artista ha raffigurato l’episodio mitologico, con tritoni e ninfe, piccole figure eseguite con velocità di pennello e dovizia di particolari. Il paesaggio è surreale e contribuisce alla fantasia della visione la peculiare luminosità, modulata dal cielo nuvoloso da cui traspaiono i raggi solari che con virtuosismo tecnico
modellano gli impervi costoni rocciosi. In questo caso l’artista sembra esprimere tutta la sua nordica sensibilità, quasi a rileggere testi figurativi della tarda maniera e del paesismo romano cinque-seicentesco di Paul Brill e Adam Elsheimer.
Bibliografia di riferimento:
E. Calbi, Un paese incantato. L’Italia dipinta da Thomas Jones a Corot, catalogo della mostra, a cura di Anna Ottani Cavina, Milano 2001, pp. 6-7
E. Calbi, Carlo Labruzzi, in La pittura di paesaggio in Italia. Il Settecento, a cura di Anna Ottani Cavina ed Emilia Calbi, Milano 2005, pp.
238 - 240, con bibliografia precedente
106
107
303.
304.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Testa del Battista
Olio su tavola, cm 35X49
Stima € 10.000 - 12.000
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Giochi di putti
Olio su tela, cm 89,5X67
(2)
Stima € 6.000 - 8.000
Il modello iconografico di questa tavola è la nota Testa del Battista conservata al Museo del Louvre ed eseguita da Andrea Solario nel 1507
su commissione di Charles d’Amboise, opera che ottenne da subito un notevole successo, vista l’esistenza di una replica ritenuta autografa conservata al Museo Statale di Vizovice, datata al 1513, e le diverse copie prodotte dai seguaci dell’artista, come quella conservata alla Pinacoteca Ambrosiana riferita ad Antonio Solario, quella del Museo di Belle Arti di Dole e infine quella già della collezione Aldo Nosella di Milano.
La versione qui presentata, come ben evidenziano i debiti confronti iconografici, è certamente una derivazione di alta qualità pittorica derivante dal modello parigino, e questa constatazione comporta una riflessione di ordine filologico non trascurabile. La prima osservazione da
fare è di ordine cronologico, osservazione che induce a una datazione non coeva rispetto alla redazione primigenia, ma che corre altresì verso i primi anni o decenni del XVII secolo. Il circoscrivere un ambito temporale all’esecuzione comporta una riflessione non secondaria, dettata dalla qualità indiscutibile della stesura e di alcune caratteristiche della pasta pittorica che in alcuni passaggi e sfumature se ben osservate
attraverso una lettura lenticolare, conduce a interessanti analogie con il mondo rubensiano e quindi a valutare l’opera quale colta reinterpretazione di un testo rinascimentale, traslato artisticamente verso una modernità di gusto barocco. Detto ciò, è debito dar limite ad ulteriori ipotesi attributive, inevitabilmente rischiose da avanzare in questa sede.
Databili attorno alla metà del XVIII secolo, i dipinti esprimono un evidente classicismo d’origine bolognese e una delicatezza di stesura che risente delle innovazioni rocaille. Il significato delle immagini è chiaramente allegorico e il dipinto raffigurante i due putti che lottano allude alla pericolosità di
Cupido e la maschera posta in basso a sinistra designa la falsità delle passioni amorose quando si basano sulla menzogna. Differente è la simbologia
della tela con i due amorini abbracciati, dove la corona d’alloro diviene attributo poetico e d’armonia sentimentale.
Bibliografia di riferimento:
B. Baert, The Head of St John the Baptist on a Tazza by Andrea Solario (1507): the transformation and the transition of the “Johannesschüssel” from the Middle Ages to the Renaissance, Parigi 2007, con bibliografia precedente
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305.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Storie di Mosé
Tempera su seta, cm 21,5X24 (4)
Stima € 2.000 - 2.500
Questi piccoli e raffinati dipinti eseguiti a tempera su seta raffigurano quattro episodi biblici della storia di Mosè. Lo stile e la costruzione delle immagini suggeriscono la loro appartenenza culturale al barocco romano, precisamente all’ambito cortonesco e alla figura di Giovanni
Francesco Romanelli, personalità rivalutata grazie alle pionieristiche ricerche d’Italo Faldi e in modo particolare dagli studi di Maurizio Fagiolo dell’Arco. L’esordio dell’artista avviene con Pietro da Cortona e ciò gli consente d’entrare in diretto contatto con la committenza Barberini, in modo particolare con il Cardinale Francesco, suo mecenate ed estimatore, e sarà sempre il favore barberiniano a offrirgli l’opportunità
d’ornare con Storie delle Metamorfosi di Ovidio le volte della Galleria parigina del Mazzarino. La trasferta francese segna la diffusione del
barocco romano in Europa e la sua evoluzione verso un linguaggio “Alessandrino”, elegante e stilizzato. Al periodo francese risale anche la
serie commissionata nel 1657 da Luigi XIV al Gabinetto sull’acqua della regina Anna d’Austria nel suo appartamento al Louvre, incisa da Jean Raymond e composta da sette dipinti che raccontano la storia di Mosè, tre dei quali sono andati dispersi nel XVIII secolo, mentre tre sono in deposito al Palazzo di Compiègne (inv. 575, 577, 578). Appare quindi plausibile la corrispondenza delle nostre composizioni con quelle
parigine, da considerare degli eleganti d’après.
Bibliografia di riferimento:
I. Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli, Roma 1970
L. Barroero, Giovanni Francesco Romanelli, in Pietro da Cortona 1597-1669, catalogo della mostra, a cura di Anna Lo Bianco, Milano 1997,
pp. 181-186
M. Fagiolo dell’Arco, Pietro da Cortona e i cortoneschi, Milano 2001, pp. 111-124, con bibliografia precedente
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PITTORE DEL XVIII SECOLO
Cane da caccia con selvaggina entro paesaggio
Olio su tela, cm 117X166
Stima € 10.000 - 12.000
NICCOLO’ STANCHI
(Roma, 1623/1626 - 1690)
Frutti in una coppa di vetro
Olio su tela ovale, cm 58X44
Stima € 6.000 - 8.000
Il soggetto e le caratteristiche formali consentono di attribuire la tela all’artista partenopeo Baldassarre De Caro, vissuto tra il 1689 e il 1750.
Secondo Bernardo De Dominici è allievo del pittore Andrea Belvedere e le prime opere note sono eseguite nel gusto del maestro, come i pannelli raffiguranti vasi di fiori conservati presso la collezione del Banco di Napoli (1715). In seguito l’artista realizzerà quasi esclusivamente dipinti con scene di caccia e d’animali, con un fare pittorico di gusto seicentesco e ispirandosi specialmente alle opere di David de Coninck, attivo
a Roma tra il 1671 e il 1694. A confronto possiamo citare la tela raffigurante Natura morta con cane da caccia e selvaggina esitata presso la
Sotheby’s di Londra il 20 Aprile 1994 (Morandotti 1995, p. 134).
Bibliografia di riferimento:
R. Middione in La natura morta in Italia, a cura di Francesco Porzio, Milano 1989, pp. 890-892, 957-959
A. Morandotti, Pittura italiana antica. Artisti e opere del Seicento e del Settecento, Milano 1995, pp. 134-135
R. Muzii, Museo nazionale di Capodimonte, dipinto del XVIII Secolo. La scuola napoletana, a cura di Nicola Spinosa, Napoli 2010, p. 31, n. 32
Bibliografia:
J. T. Spike, M. Fagiolo dell’Arco, Il senso del piacere. Una collezione di nature morte, Milano 2002, p. 148, n. 58
Questa felice natura morta raffigurante una coppa di vetro colma di succosi frutti, si ascrive a un artista attivo a Roma durante la seconda
metà del XVII secolo, che si identifica senza indugi in Niccolò Stanchi. I precedenti iconografici e di stile dell’opera si riscontrano in modo
particolare nelle creazioni di Michelangelo Cerquozzi (Roma, 1602 - 1660) e si colgono inoltre interessanti similitudini con le coeve prove
di Giovanni Paolo Castelli detto Spadino (Roma, 1659 - 1730) e Abrahan Brueghel (Anversa, 1631 - Napoli, 1697), similitudini qui tradotte con elegante sprezzatura e una dettagliata descrizione delle diverse tipologie di frutta che mostrano tutta la loro morbidezza e vivacità cromatica. La notevole qualità descrittiva si evince osservando il vaso di cristallo che, per impostazione e regia luministica, ricorda le opere di
Filippo Napoletano. Niccolò Stanchi lavorò al fianco del fratello Giovanni e da lui ereditò una delle più importanti botteghe romane dedite
al genere della natura morta. Il distinguo filologico tra i due fratelli si coglie nelle tonalità vivaci a pastello e i contorni eleganti che contraddistinguono i dipinti di Niccolò.
Bibliografia di riferimento:
A. Cottino, Natura silente. Nuovi studi sulla natura morta italiana, Torino 2007
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308.
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PITTORE SPAGNOLO DEL XVII SECOLO
San Francesco con il Bambino
Olio su tela, cm 94X75
Stima € 3.000 - 4.000
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Rebecca al pozzo
Olio su tela, cm 36X50
Stima € 3.500 - 4.000
Il dipinto descrive La visone di Sant’Antonio ed è una delicatissima testimonianza pittorica desunta dalla tela eseguita tra il 1665 e il 1669 da Bartolomé Esteban Pérez Murillo (Siviglia, 1617 - 1682) conservata presso il Museo de Bellas Artes di Siviglia (olio su tela, cm 190X120). San Antonio è raffigurato in
abito francescano e con il bouquet di gigli, simbolo della verginità, e abbraccia il Bambino seduto su un
libro. La parte superiore è dedicata ad una gloria di angeli e nubi da cui cade una soffusa luminosità. L’ottima qualità d’esecuzione consente di valutare le strette analogie stilistiche e formali rispetto alla versione spagnola, analogie che suggeriscono di avanzare un’interessante ipotesi attributiva.
Il dipinto raffigura Rebecca al pozzo e dai caratteri di stile si evince la sua genesi giaquintesca
che suggerisce l’attribuzione a un artista presumibilmente pugliese e prossimo ai modi di Nicola Porta (Molfetta, 1710 - 1784).
115
310.
312.
PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO
Santa Martire
Olio su tavola, cm 58X46
Stima € 2.000 - 3.000
PITTORE BOLOGNESE DEL XVII SECOLO
Ritratto di bambina con gallina in una cesta
Olio su tela, cm 49X38
Stima € 1.000 - 1.500
La corona, la palma del martirio e lo stendardo consentono di riconoscere la figura di Sant’Orsola, vissuta probabilmente nel IV secolo e suppliziata a
Colonia dal re Unno Attila. Il dipinto, sia pur manifestando una solida classicità di gusto emiliano, tradisce sensibilità venete, come si evince osservando lo
stendardo, mentre il volto della Santa ricorda vagamente i profili del Forabosco pur non presentandone le medesime caratteristiche di stesura; tuttavia il
confronto con la Sant’Orsola di collezione J. O’
Connor Lynch di New York offre un interessante
spunto di ricerca, ma altrettanto utile è il valutare
quegli echi classicisti espressi durante la maturità da
Antonio Zanchi.
311.
313.
PITTORE ROMANO DEL XVIII SECOLO
La Maddalena
Olio su tela, cm 70X58
Stima € 3.000 - 3.500
PITTORE FIAMMINGO DEL XVII SECOLO
Madonna con il Bambino
Olio su tavola, cm 64X49
Stima € 2.000 - 2.500
Il dipinto si assegna a un artista di cultura romana e
attivo nel XVIII secolo. La tradizionale attribuzione
a Girolamo Pesci è qui espunta rivolgendo la nostra
attenzione verso l’ambito di Tommaso Conca.
La tavola raffigura la Madonna con il Bambino e la sequenza prospettica della composizione presenta un piano marmoreo su cui poggiano un libro, alcune ciliegie e un elegante vaso fiorito con gigli. Lo
stile suggerisce una datazione che scorre tra il XVI e il XVII secolo e
una collocazione geografica d’esecuzione nordica, fiamminga, all’ambito di Jan Massys (Anversa, 1509 - 1575) o, meglio, di un suo allievo o seguace. L’origine iconografica è invece italiana e rinascimentale,
così come gli inserti allegorici rappresentati che alludono ai frutti del
Paradiso e alla purezza della Vergine, secondo modalità illustrative riscontrabili in ambito lombardo-veneto, che giustificano altresì una precedente attribuzione ad un maestro di scuola leonardesca. La vernice
ossidata non consente una piena lettura del tessuto pittorico, ma è comunque agevole percepire la vivacità cromatica vermiglia della veste e
dei frutti, mentre sorprende l’alta qualità con cui emerge dall’ombra il
brano fiorito di sapore particolarmente arcaico. Fatte queste considerazioni è interessante citare un’altra attribuzione che ha accompagnato il dipinto, riferita a Jan Kraeck detto Giovanni Carraca (Haarlem,
prima del 1568 - Torino, 1607) artista che svolse la sua attività presso la corte sabauda lavorando al servizio di Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I di Savoia tra il 1568 e il 1607 e, in effetti, le tavole di
simile soggetto conservate alla Galleria Sabauda di Torino presentano
interessanti analogie di stile.
Bibliografia di riferimento:
Il nostro pittore fiamengo. Giovanni Caracca alla Corte dei Savoia
(1568-1607), catalogo della mostra, a cura di Paola Astrua, Anna Maria Bava, Carla Enrica Spantigati, Torino 2005
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DIPINTI DA UNA
IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA
LOTTI 315-316
314.
PITTORE ATTIVO IN VENETO NEL XVIII SECOLO
Festa in maschera
Olio su tela, cm 66X94
Stima € 6.000 - 8.000
fig. 1
Il dipinto raffigura una festa in maschera che si svolge in un ampio salone contornato da colonne e illuminato da lampadari di notevoli dimensioni ed eleganti specchiere. Ai lati sono ben visibili due palchi in cui siedono i musici, mentre al centro della composizione si svolge il
ballo in maschera. I caratteri di stile e scrittura suggeriscono immediatamente la cifra veneta dell’opera, eseguita da un artista certamente influenzato dalle tele di gusto guardesco e sensibilità nordiche. La peculiare forma disegnativa delle figure e l’ambientazione suggeriscono altresì il nome di Marco Marcola (Verona, 1740 - 1793), artista veronese noto soprattutto per le sue opere a carattere festoso e ispirate alla
commedia dell’arte. A confronto citiamo Il ballo in maschera (inv. 1948.276) conservato presso il Wadsworth Atheneum di Hartford pubblicato da Federico Zeri e B. B. Fredericksen (fig. 1), in cui si possono osservare le medesime tipologie fisionomiche e sensibilità atmosferiche.
Bibliografia di riferimento:
B. B. Fredericksen, F. Zeri, Census of Pre-Nineteenth-Century Italian Paintings in North American Public Collections, Cambridge 1972, p. 248
lotto 315
118
119
315.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Ritratto d’uomo
Olio su tela, cm 73X60
Stima € 5.000 - 6.000
316.
LAMBERT SUSTRIS (attr. a)
(Amsterdam, 1515/1520 - circa 1584)
Scena allegorica
Olio su tela, cm 62X118
Stima € 8.000 - 12.000
Il ritratto raffigura un giovane uomo visto di trequarti con lo sguardo diretto verso l’osservatore. Il volto risalta dal fondale scuro grazie a una
fonte di luce frontale che ravviva il rosso acceso del fiocco e il bianco vigoroso della sciarpa. L’immagine esprime un sentito naturalismo, accentuato dall’aspetto informale con cui è rappresentato l’effigiato che mostra altresì una energica partecipazione e presenza, dettata dall’attenta introspezione psicologica. La prima impressione osservando i lineamenti, le labbra vermiglie e la stesura è di trovarsi davanti all’opera
di un autore lombardo attivo durante la seconda metà del XVII secolo. L’intensità dello sguardo rammenta gli esempi di Salomon Adler (Danzica, 1630 - Milano, 1709), mentre il vivo realismo conduce verso la ritrattistica di ambito bergamasco e all’ambiente di Carlo Ceresa (San
Giovanni Bianco, 1609 - Bergamo, 1679).
Biblografia di riferimento:
La tela, incastonata in un’elegante cornice dorata, presenta caratteristiche inequivocabilmente venete e più precisamente veronesiane, percepibili nella peculiare stesura e gamma cromatica, che ne pone la datazione alla seconda metà del XVI secolo. Il soggetto, di difficile decifrazione, raffigura un corteo di musici e rammenta l’iconografia di un cerimoniale, ma l’assenza di precisi indizi iconografici non consente un
sicuro riconoscimento del tema, anche se è tuttavia plausibile interpretarne il significato quale allegoria della musica o un trionfo. Per similitudine possiamo prendere in considerazione la tavola raffigurante il Trionfo della fama esitata presso la casa d’aste Dorotheum il 31 Marzo
2009, n. 78 (Sgarbi 1981, figg. 16-17) che è altresì utile per inquadrare stilisticamente l’opera. Un indizio di maggior precisione lo riscontriamo
osservando L’incontro della regina di Saba e re Salomone conservato presso la National Gallery di Londra (1550 ca.) che permette di misurare il livello qualitativo del nostro dipinto e la sua partecipazione al manierismo di marca lagunare.
Bibliografia di riferimento:
V. Sgarbi, Giovanni De Mio, Bonifacio de’ Pitati, Lamberto Sustris: indicazioni sul primo tempo del manierismo nel veneto, in “Arte Veneta”, XXXV, 1981, pp. 52-61
V. Sgarbi, Giovanni de Mio, in Da Tiziano a El Greco. Per una storia del Manierismo a Venezia, catalogo della mostra, a cura di Stefania Mason Rinaldi, Milano 1981, pp. 138-143
Il ritratto in Lombardia da Moroni a Ceruti, catalogo della mostra, a cura di Francesco Frangi e Alessandro Morandotti, Milano 2002
120
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE ROMANA
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317.
318.
LUCA GIORDANO
(Napoli, 1634 - 1705)
Sant’Andrea
Olio su tela, cm 60X50
Stima € 11.000 - 13.000
BENEDETTO LUTI
(Firenze, 1666 - Roma, 1724)
Gesù Cristo
Olio su tela, cm 65X50
Stima € 6.000 - 8.000
fig. 1
L’opera, recentemente studiata da Vincenzo Pacelli, raffigura Sant’Andrea e s’interpreta quale studio per la Crocifissione di Sant’Andrea conservata alla National Gallery of Ottawa (fig. 1) eseguita da Luca Giordano entro il settimo decennio (cfr. O. Ferrari, G. Scavizzi, Luca Giordano, Napoli 2000, I, p. 262, A80; II, p. 507, fig. 156). La tela canadese, già attribuita a Giuseppe Ribera prima degli studi condotti da
Ferdinando Bologna (cfr. F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, p. 34) è nota nella sua iconografia anche tramite altre due copie rispettivamente conservate già a Genova in collezione Quartara e al Museo del Louvre, anch’esse recanti un’errata ma comprensibile attribuzione a Giuseppe Ribera. Stabilita la cronologia e osservata la stesura della tela canadese si evince, infatti, la sua appartenenza alla seconda
“fase riberesca” del Giordano che segue la primissima produzione degli anni quaranta, quando le suggestioni tratte dallo Spagnoletto si traducono in figure di martiri, eremiti e filosofi descritti con spregiudicato realismo. Nel dipinto in esame il pittore ha focalizzato l’attenzione
per definire il volto del santo, considerato uno dei brani di maggiore impegno figurativo, come mostra altresì l’alta qualità con la quale è delineata la fisionomia e la sua epidermide, indagata con notevole impegno e secondo le modalità naturalistiche del primo Seicento napoletano.
Sorprende come, pur nelle piccole dimensioni, l’opera possa apparire “monumentale” e le modalità pittoricistiche riescano a descrivere la barba incolta e la capigliatura, ma anche a restituire con stupefacente verosimiglianza le proporzioni del busto e della spalla, in tensione per la
posizione obbligata della crocifissione.
Benedetto Luti fu allievo a Firenze di Anton Domenico Gabbiani e nel 1691, grazie al patronato del granduca Cosimo III, si trasferì a Roma
con il privilegio di vivere e lavorare in Palazzo Medici in Campomarzio. Il successo della sua arte si misura con i riconoscimenti raggiunti: divenne Principe dell’Accademia di San Luca nel 1720 e Reggente della Congregazione dei Virtuosi del Pantheon negli anni 1708 e 1709 e tra
i suoi committenti si annoverano il cardinale Pietro Ottoboni, papa Clemente XI Albani e l’elettore palatino Johann Wilhelm a Lothar Franz
von Schönborn, dal quale ricevette nel 1715 la croce di Cavaliere del Sacro Romano Impero. A Roma il Luti modellò la sua arte sugli esempi di Carlo Maratta, il principale pittore dell’epoca, cui sottoponeva i suoi lavori, ma altrettanto fondamentale erano le opere del Gaulli, decisive per il risvolto plastico e cromatico utile a sciogliere il suo primitivo linguaggio fiorentino. Su queste direttive di gusto, il pittore con l’inizio
del Secolo si svincola dai precetti maratteschi e i suoi mezzi espressivi pervengono ad una piena autonomia, sviluppando un linguaggio personalissimo e interprete di quel classicismo arcadico che unisce la cultura barocca, il rococò fino al cristallino linguaggio di Pompeo Batoni.
La tela in esame, ancor memore dei modi di Carlo Maratta, può datarsi al primo decennio del Secolo, in prossimità con la Cena in Emmaus
e la Maddalena in casa del Fariseo conservate all’Accademia di San Luca e datate al 1607.
Bibliografia di riferimento:
G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, II, figg. 640 -641
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319.
PITTORE NAPOLETANO
DEGLI INIZI DEL XVII SECOLO
Apollo e Marsia
Olio su tela, cm 95X140
Stima € 35.000 - 45.000
La tela è un’eccellente testimonianza del primo naturalismo napoletano e descrive con efficacia il noto episodio mitologico narrato da Ovidio
nelle Metamorfosi (XI, 153 - 179). La vicenda della punizione per aver osato sfidare un dio, mettendosi in competizione, sfocia nel supplizio,
qui descritto nel suo momento cruciale. La scena non trova nessuna concessione al pudore nei confronti della violenta gestualità, cagionata, secondo la favola ovidiana, per dimostrare la superiorità degli strumenti a corda rispetto a quelli primitivi a fiato e la terribilità dell’episodio è
fatta risaltare dal dettagliato studio fisionomico di Marsia, quanto mai riberesco, che contrasta volutamente con la bellezza proverbiale di Apollo. I protagonisti emergono dall’ombra con luministica caravaggesca, occupano per intero il taglio dell’immagine e la loro figura è proiettata
in primo piano risaltando le muscolose volumetrie e l’intenso espressionismo dei volti. La vicenda critica di quest’opera ha come unica traccia
una foto conservata presso l’archivio di Federico Zeri in cui la tela è classificata tra gli anonimi napoletani (n. scheda 52262; n. busta 0516;
intestazione busta: Pittura italiana sec. XVII. Napoli 8; n. fascicolo 1; intestazione fascicolo: Anonimi napoletani sec. XVII: soggetti profani) e
segnalata con una precedente assegnazione a Francesco Guarino. I caratteri di stile suggeriscono prima di tutto la precoce datazione che a nostro parere scorre tra il 1615 e il 1620. L’analisi delle fisionomie, invece, traccia ipotesi che rivelano una sentita incidenza dei modi battistelliani (Napoli, 1570 - 1637), in particolare nel delicato ma crudo volto di Apollo, ribereschi, riconoscibili nella spagnoleggiante epidermide di
Marsia e forti inflessioni alla Filippo Vitale giovane (Napoli, 1589/90 - 1650) ma oramai autonomo nel suo sviluppo stilistico, riscontrabile nelle plastiche posture, classicheggianti ma con echi che rammentano il San Sebastiano già riferito al Maestro di Pau, sempre che se ne accetti la
locuzione, e la nota pala di Santa Maria di Costantinopoli conservata a Capodimonte, la cui datazione al 1618 segna un riscontro cronologico che si adatta adeguatamente alla nostra tela. Per quanto riguarda Battistello, possiamo cogliere similitudini con la Mezza figura di giovane
della Galleria Canesso, quanto mai vicina al Finoglio, che a suo volta è confrontabile con i Due giovani ragazzi altrimenti noto come i Due putti vendemmianti già di collezione privata romana e il San Giovannino conservato al Museo Filangeri di Napoli. Fatte queste considerazioni che
consentono di precisare la datazione e gli ambiti attributivi, è quindi indubbia la pertinenza di quest’opera tra Battistello e Vitale.
Bibliografia di riferimento:
S. Causa, Battistello Caracciolo, Napoli 2000, pp. 176-177, nn. A12-A13
V. Damian, Tableaux napolitains du naturalisme au baroque, Parigi 2007, pp. 8-11
V. Pacelli, Filippo Vitale, in Civiltà del Seicento a Napoli, catalogo della mostra, a cura di Raffaello Causa, Napoli 1984, pp. 498-504
G. Papi, Finson e altre congiunture di precoce naturalismo a Napoli, in “Paragone”, 52.2001, pp. 35-47
Filippo Vitale: novità ed ipotesi per un protagonista della pittura del ‘600 a Napoli, a cura di Giuseppe Porzio, Milano, 2008, p. 115, tav. 48
N. Spinosa in Museo nazionale di Capodimonte, dipinti del XVII secolo. La scuola napoletana, Napoli 2008, p. 218, n. 223
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321.
PITTORE MODENESE DEL XVII SECOLO
Sacra famiglia entro ghirlanda fiorita
Olio su tela, cm 84X105
Stima € 6.000 - 8.000
320.
LAVINIA FONTANA (attr. a)
(Bologna, 1552 - Roma, 1614)
Ritratto di Cardinale (Cardinal Cenci ?)
Olio su tela, cm 100X75
Stima € 6.000 - 8.000
Lavinia Fontana, singolare pittrice “che andava al pari delli primi huomini di quella professione” (Avvisi Urbinati, Lat. 1077, c.428 A-B in
M. T. Cantaro, Lavinia Fontana Bolognese “pittora singolare”1552-1614, Milano-Roma 1989, p. 1), fu squisita interprete dell’arte bolognese
tardo cinquecentesca allineata ai dettami del naturalismo contro riformato. Figlia e allieva di Prospero Fontana, Lavinia esprime una spiccata predisposizione eclettica tipica del suo tempo e raggiunse assai presto una propria cifra stilistica, interessata alle influenze di carattere nordico e alle suggestioni carraccesche, ma la sua arte si svolse con costante evoluzione lungo tutto l’arco della carriera, in modo particolare dopo
il trasferimento a Roma avvenuto nel 1603 su richiesta di Gregorio XIII. Nella città pontificia, grazie alla prestigiosa protezione, la pittrice
oltre a produrre pale d’altare e opere a carattere profano si dedicò intensamente alla ritrattistica e, secondo Luigi Lanzi, “più che da altri fu
ambita dalle dame romane, le cui gale ritraea meglio che uomo”. A questi anni si data la tela in esame, caratterizzata da uno spiccato realismo e sprezzatura, giocata sul vivace contrasto cromatico della veste che si staglia sul plumbeo fondale paesistico. Il volto, colto al naturale,
presenta strette analogie con la coeva ritrattistica di Ottavio Leoni e reminiscenze inevitabilmente caravaggesche. Di notevole qualità è altresì il brano di natura morta visibile alle spalle del cardinale, il messale aperto su cui risaltano i purpurei nastri segnalibro.
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Il dipinto raffigura una Sacra Famiglia inserita in una sontuosa ghirlanda e si riferisce ad un artista di area
emiliana. La qualità del brano fiorito e l’eleganza delle figure riflettono ipotesi attributive a Pierfrancesco Cittadini (Milano, 1613/18 - Bologna, 1681), noto per la sua produzione di eleganti ritratti e magnifiche nature morte. La tela in esame si potrebbe ascrivere alla sua maturità, attorno alla fine del quinto decennio, e il
carattere illustrativo tradisce spiccate suggestioni romane, specialmente se si osservano le figure che esprimono analogie con le composizioni del Romanelli. Detto ciò, l’analisi di quest’ultime suggeriscono altresì una maggiore rispondenza con le opere di Simone Ascani, artista modenese e collaboratore del fratello Pellegrino (Modena, 1634 - ?, 1720) attivo principalmente per la corte estense e definito dal Tiraboschi “Valoroso pittore di Fiori”,
(Tiraboschi 1781-1786, p. 309). A sostegno di questa attribuzione possiamo confrontare la tela raffigurante la Madonna con il Bambino e San Giovannino entro una ghirlanda di fiori conservata presso la Galleria Estense di Modena, confronto che evidenzia similitudini precise dal punto di vista
dello stile e della stesura. Curioso come proprio la tela estense nel suo percorso critico venisse assegnata dal Quintavalle ad un seguace del Cittadini e
a sua volta ricondotta agli Ascani da Alfonso Garuti nel 1989. Questa confusione attributiva è tuttavia pienamente comprensibile se prendiamo a esempio l’Allegoria della Primavera e l’Allegoria dell’Estate eseguite dal Cittadini per i Conti Legnani di Bologna e poi passate alla collezione del Marchese Campori a Modena che presentano il medesimo impianto illustrativo.
Bibliografia di riferimento:
A. Ghidiglia Quintavalle, Artisti alla corte di Francesco I Este, Modena 1963, p. 43
A. Garuti, Pittori modenesi e carpigiani del Settecento e l’Accademia modenese, in L’Arte degli Estensi, catalogo della mostra, a cura di Andrea Emiliani, Modena 1986, p. 143
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323.
PITTORE DEL XVIII-XIX SECOLO
Pergamena con tarassaco, giunchiglia e anemone
Matita e acquerello su pergamena, cm 22X17
Stima € 4.000 - 5.000
322.
PITTORE DEGLI INIZI DEL XIX SECOLO
Paesaggio con gatto, gallina, pulcini e volpe in trappola
Tecnica mista, cm 12,5X21
Stima € 5.500 - 6.500
324.
PITTORE DEL XVIII-XIX SECOLO
Pergamena con tulipano e fiori
Matita e acquerello su pergamena, cm 22X17
Stima € 4.000 - 5.000
Questa deliziosa miniatura raffigurante animali da cortile si data agli inizi del XIX secolo e presenta una qualità esecutiva notevole, specialmente per l’accurata descrizione dei singoli brani animalier e per la raffinata resa pittorica, prossima nei suoi esiti a Johann Wenzel Peter (Karlsbad, 1745 - Roma, 1829). L’artista boemo, naturalizzato romano dal 1774, si distinse in modo particolare per questo specifico genere
illustrativo, per il quale fu ricercato da una committenza di altissimo prestigio. Molte delle sue opere furono tradotte a “mosaico in piccolo”
dagli artigiani attivi per la Reverenda Fabbrica di San Pietro come Cesare Aguatti e Giacomo Raffaelli.
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325.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII-XIX SECOLO
Bambina con gabbietta
Bambina con cesto di fiori
Olio su tela, cm 42X35
(2)
Stima € 2.000 - 3.000
326.
PITTORE DEL XX SECOLO
Rinaldo e Armida
Olio su tela, cm 76X94
Stima € 3.000 - 3.500
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328.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Ecce homo
Olio su rame, cm 15X12
Stima € 1.000 - 1.500
327.
PITTORE ROMANO DEL XVII SECOLO
Mosè e il miracolo della fonte
Olio su tavola, cm 55X78
Stima € 2.000 - 3.000
Il dipinto esprime chiaramente la sua origine romana, tanto da suggerire un immediato riferimento a Lazzaro Baldi (Pistoia, 1624 circa - Roma, 1703), ma la costruzione scenica rimanda a modelli di più stretta ascendenza cortonesca e il confronto con il disegno riferito a un seguace
di Ciro Ferri conservato presso il Département des Arts graphiques del Museo Louvre (n. inv. 12523) raffigurante il medesimo soggetto (fig.
1) offre un preciso indirizzo di ambito attributivo. A questo proposito è interessante prendere nota di un’acquaforte datata al 1665 circa delineata da Pietro Aquila inequivocabilmente desunta dall’originale del Ferri (M. Fagiolo dell’Arco, Pietro da Cortona e i “cortoneschi”. Giminiani, Romanelli, Baldi, il Borgognone, Ferri, Milano 2001, p. 154, tav. LXXX, fig. 141).
329.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
La Vergine Maria e i simboli della Passione
Olio su rame, cm 15X12
Stima € 1.000 - 1.500
fig. 1
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331.
PITTORE DEL XVI SECOLO
Annunciazione
Olio su tavola, cm 29X53
Stima € 3.000 - 4.000
330.
PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO
Annunciazione
Olio su rame, cm 20X26
Stima € 2.000 - 3.000
La struttura dell’immagine trova origine nel rigore prospettico e architettonico rinascimentale di marca fiorentina, i nomi di Fra Bartolomeo
e Mariotto Albertinelli possono essere citazioni adeguate per comprendere il substrato linguistico di questo artista che tuttavia presenta delicatezze disegnative e fisionomiche centroitaliane, derivanti da modelli perugineschi che suggeriscono una collocazione geografica umbra o periferica rispetto a Firenze e una datazione alla prima metà del XVI secolo. Il volto della Madonna è ad esempio memore di alcuni profili di
Gerino da Pistoia (Todini, p 354, fig. 1283), ma ancor più pertinenti per prossimità sono i nomi di Baccio Ubertini (Todini, p 361, fig. 1302).
Bibliografia di riferimento:
F. Todini, La pittura Umbra, dal Duecento al primo cinquecento, Milano 1989, vol. II
Il rame in esame si attribuisce ad un autore di scuola veneta influenzato dalle opere di Paolo Veronese, sull’esempio dell’Annunciazione esitata presso la Sotheby’s di Londra il 5 Luglio 1967, n. 20, e quella conservata presso il Museo di Torcello (inv. n. 1084) e proveniente dalla
locale chiesa di Sant’Antonio. A conferma di questo ascendente illustrativo citiamo altresì quella pubblicata dal Pignatti nel 1976 (vol. I, p.
184 n. A114; vol. II, fig. 820) e pertinente ai Musei Civici di Genova.
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333.
PITTORE LOMBARDO DEL XVIII SECOLO
Gesù nell’orto
Olio su tela, cm 49X66
Stima € 2.000 - 2.500
GIUSEPPE ANTONIO PIANCA
(Agnona di Borgosesia, 1703 - Milano, post 1762)
Maria Vergine
Olio su tela, cm 39X29
Stima € 1.500 - 1.800
Il dipinto raffigura Gesù che, sorretto da un angelo nell’orto degli ulivi, prega il padre di potersi allontanare da quel “calice” al quale era destinato. Lo stile indica una datazione al XVIII secolo, presumibilmente alla prima metà e una collocazione geografica nord italiana. Già riferito a Giuseppe Antonio Pianca (Agnona, 1703 - 1760 circa), l’opera esprime altresì una sensibilità cromatica d’ascendenza veneta, memore
di Francesco Fontebasso e in modo particolare di Giovanni Battista Pittoni, anche se il sentito naturalismo distrae da una stretta pertinenza
lagunare. Tuttavia vi sono alcune composizioni come a esempio il Cristo deposto e un angelo di collezione privata padovana e pubblicato da
Egidio Martini che consente interessanti spunti di confronto con le opere di quest’ultimo.
La tela, sia pur dal carattere devozionale e di piccole dimensioni, esprime una felicità pittorica intensa e, per evidenti motivazioni di stile, si
attribuisce a Giuseppe Antonio Pianca. Artista inspiegabilmente sottovalutato dalla critica e dal mercato contemporanei, il Pianca manifesta
una notevole sensibilità cromatica, con stimolanti affinità con la pittura barocca genovese e l’arte del Magnasco, aspetti che lo pongono tra i
più originali artefici della prima metà del ‘700, operante tra il Piemonte e la Lombardia. Interessante è la modalità con cui coniuga gli aspetti di un’arte dal sapore seicentesco e tenebroso con una delicatezza di tocco modernamente rococò, aspetti che il dipinto in esame esprime con
qualità indiscutibili.
Bibliografia di riferimento:
E. Martini, Pittura veneta e altra italiana dal XV al XIX Secolo, Rimini 1992, p. 334, fig. 242
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VINCENT ADRIAENSSEN
detto IL MANCIOLA
(Anversa, 1595 - Roma, 1675)
Battaglia equestre
Olio su tela, cm 121X170
Stima € 15.000 - 18.000
Bibliografia:
G. Sestieri, “Antico” e “Moderno” nella pittura di Battaglia. Contributi al
Manciola, Michelangelo Cerquozzi e il Borgognone, in Studi in onore di Maurizio Fagiolo dell’Arco, Milano 2002, tav. LVI.2, pp. 219-229, con bibliografia precedente
G. Sestieri, I Battaglisti. La pittura di battaglia dal XVI al XVIII secolo, catalogo della mostra, Roma 2011, pp. 22-23, n. 2
Presentato alla mostra I Battaglisti curata da Giancarlo Sestieri nel 2011, il dipinto, per i caratteri di stile
e scrittura, si ascrive alla mano di Vincent Adriaenssen detto il Manciola, autore qualificato nell’esecuzione
di raffinate scene belliche la cui precisa identità pittorica si è delineata grazie al pioneristico contributo di
Elena Fumagalli pubblicato nel 1969 sulla rivista Paragone, dove innumerevoli tele conservate nelle collezioni Borghese, Colonna, Pallavicini e Rospigliosi trovano adeguate conferme documentarie. Il percorso critico proseguì con Federico Zeri nel saggio La nascita della “Battaglia come genere” e il ruolo di Cavalier
D’Arpino che introduceva il volume curato dalla Consigli nel 1994 intitolato La Battaglia nella Pittura del
XVII e XVIII secolo. Questi studi aprirono la strada al Sestieri che ne ha messo totalmente a fuoco la personalità e il catalogo con il saggio “Antico” e “Moderno” nella pittura di battaglia. Contributi al Manciola, a Michelangelo Cerquozzi e al Borgognone, partecipe del volume Studi sul Barocco Romano in onore di
Maurizio Fagiolo dell’Arco edito nel 2002, dove per la prima volta fu pubblicata l’opera in esame. Il gusto
pittorico del Manciola ha negli esempi rubensiani un precedente importante, che tuttavia si miscela con nordica sensibilità ai moduli iconografici tardo manieristici dell’Arpino e di Antonio Tempesta. Giunto a Roma attorno al 1625, le sue creazioni dal carattere surreale, dinamiche e smaglianti di colore trovarono un
notevole ed immediato apprezzamento, tanto che nel 1645 il pittore fu richiesto a Parigi dal cardinale Mazarino lavorando al Luxenbourg, al Palais Mazarin e presso tutte le residenze reali per ben sedici anni. Sorprende tuttavia come rispetto ai suoi colleghi, in primis Cercuozzi e Courtois, il Manciola rimase
concettualmente vincolato a posizioni tarde manieriste sia pur trasposte con vivace fantasia e scioltezza pittorica. Per comprendere questo assunto si osservi ad esempio la tela già di collezione Pagano a Genova (Sestieri 2002, tav. LXXVIII), in cui il collegamento con le costruzioni illustrative desunte da Antonio Tempesta
è inequivocabile e la modernità si esplica nell’interpretazione luministica-cromatica e nella spettacolarizzazione scenica, caratteri che portano la sua arte ad un respiro pienamente barocco. Una plausibile risposta
a questa dicotomia si può conseguire analizzando gli intenti espressivi che l’artista mette in atto contrapponendosi al naturalismo primo seicentesco, naturalismo che elude confrontandosi con l’esuberanza narrativa di Pietro da Cortona e le contiguità ideative della sua origine rubensiana. Aspetti che troviamo
pienamente applicati alla tela in esame che il Sestieri giustamente indica tra le “migliori in assoluto” e in linea con le opere eseguite per Palazzo Altemps e Rospigliosi che databili attorno alla metà degli anni quaranta offrono un adeguato punto di riferimento cronologico.
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PITTORE DEL XVII SECOLO
Carlo e Ubaldo nel giardino di Armida
Olio su tela, cm 93X143
Stima € 2.500 - 3.500
PITTORE LOMBARDO DEL XVII SECOLO
Caino e Abele
Olio su tela, cm 77X103
Stima € 1.600 - 1.800
Lo stile del dipinto suggerisce una collocazione geografica d’esecuzione all’ambito emiliano e descrive l’episodio narrato nel canto XV della
Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. I due protagonisti Carlo e Ubaldo sono raffiguranti nel momento in cui, inoltratisi nel giardino di
Armida, sono tentati da due giovani donne presso la fonte del Riso: “Ecco il fonte del riso, ed ecco il rio che mortali perigli in sé contiene. Or
qui tener fren nostro desio ed esser cauti molto a noi conviene: chiudiam l’orecchie al dolce canto e rio di queste del piacer false sirene, così
n’andrem fin dove il fiume vago si spande in maggior letto e forma un lago. Quivi de’ cibi preziosa e cara apprestata è una mensa in su le rive, e scherzando se ‘n van per l’acqua chiara due donzellette garrule e lascive, ch’or si spruzzano il volto, or fanno a gara chi prima a un segno destinato arrive. Si tuffano talor, e ‘l capo e ‘l dorso scoprono alfin dopo il celato corso. Mosser le natatrici ignude e belle de’ due guerrieri
alquanto i duri petti, sì che fermarsi a riguardarle; ed elle seguian pur i loro giochi e i lor diletti. Una intanto drizzossi, e le mammelle a tutto
ciò che più la vista alletti mostrò dal seno in suso…”.
L’opera si ascrive a un autore di scuola lombarda, prossimo per gli esiti di stile a Daniele Crespi (Milano, 1597 circa - 1630), come si evince osservando in modo particolare il volto di Caino, d’intensa espressività naturalistica e affine a quello di Saul caduto da cavallo del Metropolitan Museum e proveniente dalla collezione Suida Manning o allo sgherro in primo piano dell’Andata al Calvario conservata alla Pinacoteca di Brera.
Bibliografia di riferimento:
N. Ward neilson, Daniele Crespi, Soncino 1996, p. 44, tav 98; p. 113, tav. XXI.19
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337.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Capriccio arcitettonico con fontana, figure e paesaggio costiero
Capriccio arcitettonico con figure e paesaggio sullo sfondo
Capriccio arcitettonico con figure e ponte sullo sfondo
Capriccio arcitettonico con statua, figure e fiume sullo sfondo
Tempera su carta, cm 16,5X24
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Stima € 8.000 - 12.000
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L’alternarsi di due indicazioni attributive alla scuola romana e poi veneta inquadra i poli di riferimento illustrativi di queste deliziose opere, eseguite certamente con gusto eclettico e un dispiego di elementi desunti dal
“ruinismo” capitolino e dai “capricci” d’origine lagunare. La fortunata diffusione di questo peculiare genere
paesistico nel corso del XVIII secolo ha influenzato tutta la cultura pittorica europea, grazie alla pratica della
copia e del commercio di stampe. A contribuire in maniera determinante a modellare il genere furono le acqueforti di Antonio Zucchi (Venezia, 1726 - Roma, 1795), ma altresì le fortunate vedute di Antonio Joli e la
produzione di scenografie teatrali come avviene nel caso di Gaetano Ottani (Bologna, 1722 - Torino, 1808).
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338.
PITTORE TOSCANO DEL XVII SECOLO
Bambino con flauto
Olio su tela, cm 79X58
Stima € 2.000 - 2.500
L’opera trova interessanti analogie iconografiche e di stile con il dipinto di Cesare Dandini pubblicato recentemente da Sandro Bellesi nel Catalogo dei Pittori Fiorentini del ‘600 e ‘700. Cesare Dandini, formatosi nella bottega familiare, trascorse un periodo a Roma dove lavorò con
Pietro da Cortona acquisendo la conoscenza della “grande” decorazione a fresco e in particolare le opere degli artisti emiliani là trapiantati,
in modo particolare Annibale Carracci e Giovan Francesco Barbieri.
Bibliografia di riferimento:
S. Bellesi, Vincenzo Dandini e la pittura a Firenze alla metà del Seicento, Pisa 2003
S. Bellesi, Catalogo dei Pittori Fiorentini del ‘600 e ‘700, Firenze 2009, p. 221, fig. 465.
339.
PITTORE NAPOLETANO DEL XVII SECOLO
Pastorello
Olio su tela, cm 130X98
Stima € 3.000 - 3.500
L’opera in esame per la sua arcaicità d’immagine, l’attento ductus naturalistico e i caratteri tecnici, si può riferire ad un artista napoletano attivo entro la metà del XVII secolo. Le analogie con le opere del Maestro degli Annunci ai pastori, Francesco Fracanzano e Giovanni Do, distinguibili in modo particolare nella pennellata mossa e vibrante, suggeriscono una datazione entro il quarto decennio, in analogia con il
pastore a destra presente nel Giacobbe e il gregge di Labano conservato presso la Galleria Regionale di Palermo e con la figura di giovane visibile in primo piano nella tela raffigurante Rebecca ed Eleazaro di collezione privata milanese pubblicata da Giuseppe De Vito nel 1998, connotata da simile sfrangiarsi del colore e delle pennellate. Sono altresì interessanti ai fini della nostra ricerca le immagini dei dipinti attribuiti
a Bartolomeo Passante resi noti nel medesimo saggio del De Vito, soprattutto se prendiamo in considerazione il Giacobbe al pozzo di collezione privata spagnola.
Bibliografia di riferimento:
G. De Vito, Variazioni sul nome del Maestro dell’Annuncio ai pastori, in “Ricerche sul ‘600 napoletano”, 1998, pp. 7-57, figg. 25-31-35-37.
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340.
PITTORE FIAMMINGO DEL XVII-XVIII SECOLO
L’incendio di Troia
La morte di Alessandro
Olio su tela, cm 47X63
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Stima € 7.000 - 9.000
I dipinti si attribuiscono a Daniel van Heil (1604 - 1664), artista fiammingo specializzato in paesaggi con scene d’inverno o fuochi e principalmente attivo a Bruxelles. Una simile composizione raffigurante l’Incendio di Troia è stata esitata presso la casa d’aste Bukowski di Stoccolma il 27 Maggio 2008, n. 474.
Bibliografia di riferimento:
Daniel van Heil biography, in De groote schouburgh der Nederlantsche konstschilders en schilderessen (1718) by Arnold Houbraken
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341.
FRANCESCO DE MURA
(Napoli, 1686 - 1782)
Autoritratto
Olio su tela, cm 127X102
Stima € 35.000 - 45.000
Bibliografia:
N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Barocco al Rococò,
Napoli 1988, vol. I, pp. 160-161, n. 257; p. 345, fig. 306
Saggio esemplare dell’arte ritrattistica di Francesco De Mura, allievo favorito di Francesco Solimena e principale interprete del rococò napoletano durante il regno di Carlo di Borbone. L’artista
si rappresenta alla stregua di un aristocratico, di un principe napoletano, elegantissimo e fiero.
L’immagine coglie la sua figura seduta, con lo sguardo altero rivolto verso l’osservatore mentre
con gestuale teatralità indica il dipinto posto alle sue spalle raffigurante l’allegoria della fortezza.
L’atmosfera, scandita al ritmo di un contrappunto musicale per la felice luminosità, possiede una
gamma cromatica dalle modulazioni a pastello che rievoca le contemporanee tonalità della porcellana realizzata nella Real Fabbrica di Capodimonte. Si esprime dunque in quest’opera il momento
più felice della produzione ritrattistica demuriana, aggraziata e idealisticamente carica d’umana
passione, in linea con il gusto internazionale dell’epoca rocaille d’influenza francese, ma decisamente migliore nei suoi esiti emotivi. La tela in esame si identifica con il ritratto sul mercato antiquario di New York negli anni 1968-1972 pubblicato da Nicola Spinosa e, secondo le indicazioni
di Federico Zeri, proveniente dall’Asta Cassirer-Helbing di Berlino e dalla collezione H. Freiherr Tucher di Vienna. Di quest’opera conosciamo una seconda redazione conservata nel Corridoio Vasariano agli uffizi (inventario 1890, n. 3378) che presenta leggerissime varianti.
Bibliografia di riferimento:
Classificazione archivio Zeri: n. scheda 63766; n. busta 0589; intestazione busta: Pittura italiana
sec. XVIII. Napoli 2; n. fascicolo 6, intestazione fascicolo: Francesco De Mura: soggetti profani 1
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PITTORE DEL XVIII SECOLO
Negazione di Pietro
Olio su tela, cm 96X133
Stima € 4.000 - 6.000
La negazione di Pietro è un soggetto ideale per gli artisti affascinati dal linguaggio caravaggesco e tenebroso. Il dipinto ritrae l’incontro di Pietro con la serva di Caifa, nel momento in cui gli disse “anche tu eri con il Nazzareno, con Gesù” e l’apostolo negò di conoscerlo portandosi
la mano destra al petto. La ricostruzione scenica a lume di notte, oltre a circoscrivere la veridicità storica dell’episodio, ne accentua il carattere drammatico, il pathos umano. Il fondo a tinta scura contrasta con i riverberi della candela, unica fonte di luce che risalta la gestualità
eloquente e i volti dei protagonisti. Lo stile dell’opera esula dal carattere pittorico italiano, manifesta la sua matrice nordica e inequivocabile
è la sua relazione con il milieu culturale romano dei primi decenni del XVII secolo, influenzato dal dipinto di Michelangelo Merisi oggi al Metropolitan Museum di New York e citato nell’inventario Savelli del 1650 (M. Marini, Caravaggio “pictor praestantissimus”, Roma 2005, pp.
290-291, n. 81) e con la bellissima tela di Nicolas Tournier passata all’incanto presso la Christie’s di New York il 31 Gennaio del 1997, n.
92. Consultando l’album della memoria e l’utile repertorio del caravaggismo europeo di Benedict Nicolson, la tela tradisce altresì le sue affinità con i dipinti di Gerrit van Honthorst e Gerard Seghers (Anversa, 1591 - 1651).
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LUIGI GARZI
(Pistoia, 1638 - Roma, 1723)
Mosè consegnato alla figlia del faraone
Olio su tela, cm 71,5X98
Stima € 6.000 - 8.000
fig. 1
Soggetto particolarmente caro alla cultura pittorica d’età barocca, la tela in esame si ascrive ad un artista di area romana, più precisamente
cortonesca, con caratteri di stile che paiono corrispondere con le opere di Luigi Garzi (Pistoia, 1638 - Roma, 1721). Particolarmente utile ai
fini di un’attribuzione è il confronto con tela di medesimo soggetto proveniente dalla collezione Laschena e oggi esposta presso il Museo del
Barocco Romano ad Ariccia (fig. 1, olio su tela, cm 59X74), ma altrettanto interessante è la redazione di grande formato (olio su tela, cm
228X253) della Galleria Palatina a Firenze (n. inv. 518).
L’opera è corredata da una perizia di Giuliano Briganti del 5 Giugno 1973.
Bibliografia di riferimento:
Bibliografia di riferimento:
G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, II, fig. 430
Benedict Nicolson, Caravaggism in Europe, second edition, revised and enlarged by Luisa Vertova, Torino 1989, vol. I, pp. 121-129, fig.
1244 e pp. 173-175, fig. 1423 -1426
150
151
152
344.
345.
PITTORE OLANDESE DEL XVII SECOLO
Adone
Olio su tela, cm 113X160
Stima € 6.000 - 8.000
PITTORE FRANCESE DEL XVII SECOLO
Loth e le figlie
Olio su tela, cm 112X146
Stima € 6.000 - 8.000
Il dipinto raffigura Adone, figlio nato dal rapporto incestuoso fra Cinira, re di Cipro e sua figlia Mirra; Adone nacque dal corpo della madre
trasformata in albero di mirra per sfuggire all’ira paterna appena questi scopri d’essere stato ingannato. Fu in seguito allevato dalle Naiadi, e
fece innamorare con la sua sfolgorante bellezza la stessa Afrodite, che lo amò appassionatamente, e poi anche Persefone. Zeus, per accontentare
entrambe, ordinò al ragazzo di passare un terzo dell’anno con Afrodite, un terzo con Persefone e un terzo con la persona di sua scelta. Lo stile dell’opera dal notevole carattere italianizzante si può tuttavia ricondurre alla mano di un artista olandese, prossimo negli esiti a Abraham
Bloemaert (Dordrecht, 1564 - Utrecht, 1651). La struttura illustrativa, con il corpo disteso e descritto con sapore michelangiolesco ricorda,
infatti, la tela con Amore e Psiche attribuita al Bloemaert e comparsa presso la Sotheby’s di Londra il 7 Luglio 2005, n. 117.
L’opera si ispira alla tela di medesimo soggetto eseguita da Simon Vouet nel 1633 e conservata al Museo di Belle Arti di Strasburgo.
Bibliografia di riferimento:
Loth et ses filles de Simon Vouet éclairages sur un chef-d’oeuvre, catalogo della mostra, a cura di Dominique Jacquot e Guillaume Kazerouni, Strasburgo 2005
153
346.
347.
PITTORE EMILIANO DEL XVIII SECOLO
Paesaggio fluviale con ponte e figure
Olio su tela, cm 75X158
Stima € 3.000 - 4.000
PITTORE EMILIANO DEL XVIII SECOLO
Paesaggio con villaggio fortificato e figure
Olio su tela, cm 75X158
Stima € 3.000 - 4.000
I dipinti si datano alla metà del XVIII secolo e lo stile suggerisce l’appartenenza alla scuola bolognese per le analogie con le opere di Carlo
Lodi, Bernardino Minozzi e Prospero Pesci, artisti dediti al genere del paesaggio e divulgatori di un gusto locale che trae ispirazione dal paesismo romano e veneto. La stesura densa e corposa esprime delicatezze di sapore pittoresco, attenta a descrivere le variabilità atmosferiche e
una misurata profondità spaziale. Le scene di vita pastorale e la conformazione del territorio tradiscono una possibile attinenza con una visione reale, ma plausibilmente tradotta da un sentimento arcadico, sospeso tra verità e immaginazione, secondo una formula tipicamente settecentesca. Un confronto interessante per circoscrivere criticamente le opere si attua con i paesaggi conservati presso l’Opera Pia dei Poveri
Vergognosi a Bologna.
Bibliografia di riferimento:
Gli splendori della vergogna. La collezione dei dipinti dell’Opera Pia dei Vergognosi, a cura di Celide Masini, Bologna 1995, p. 256, nn. 98-101
154
155
347bis.
348.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Scena di battaglia tra cavallerie cristiane e turche
Olio su tela, cm 70X140
Stima €6.000 - 8.000
PITTORE FIAMMINGO DEL XVII SECOLO
Veduta costiera con vascelli
Olio su tela, cm 50X64
Stima € 2.500 - 3.500
Il dipinto si data ai primi anni del XVIII secolo e si ascrive ad un artista di cultura meridionale, influenzato dalle opere di Marzio Masturzio,
artista attivo tra Napoli e Roma alla metà del XVII secolo. La stesura, morbida e pastosa, chiara e armonica, rivela notevoli qualità ornamentali, espresse con una verve e una cifra stilistica personalissima, ravvisabile in modo particolare nelle striature del cielo e nella discreta euritmia cromatica.
Lo schema compositivo esibisce un'interessante regia scenica, con al centro il fulcro narrativo dello scontro, mentre nella zona destra si scorge un secondo punto di vista bellico, prospetticamente inquadrato dalla collina e dal punto focale rappresentato dalla torre che si erge sullo
sfondo. Le caratteristiche elencate e la tipologia dei volti consentono di presupporre il nome di G. Luigi Rocco, il cui catalogo è stato puntualizzato da Giancarlo Sestieri nel 1999.
Opera di autore olandese prossimo per stile ad Abraham Storck (Amsterdam, 1604 - 1708), artista specializzato in marine e vedute portuali reali
o di fantasia. A confronto possiamo citare la veduta portuale di fantasia conservata presso il Museum voor Moderne Kunst Arnhem, inv. nr.
GM 10.920 (fig. 1), dove si scorgono le medesime impostazioni scenografiche e di gusto. Nel nostro caso si deve altresì rilevare il peculiare carattere italianizzante del paesaggio, che ritrae un tratto immaginario di costa mediterranea con un fondaco e sullo sfondo una chiesa.
Bibliografia di riferimento:
fig. 1
Bibliografia di riferimento:
J. Giltaij, cat. tent. Lof der Zeevaart, Rotterdam (Museum Boijmans Van Beuningen), Berlin (Staatliche Museen zu Berlin, Gemäldegalerie im
Bodemuseum) 1997, pp. 387-397
G. Sestieri, Pugnae. La guerra nell'arte. Roma 2008, pp. 86-87
156
157
349.
352.
JACOB DE HEUSCH
(Utrect, 1657 - Amsterdam, 1701)
Paesaggio costiero con figure
Olio su tela, cm 43X85
Stima € 4.000 - 5.000
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Mercurio e Argo
Olio su tela, cm 51X96
Stima € 1.500 - 1.800
La tela trova corrispondenze iconografiche e di stile
con le opere di Jacob de Heusch, artista documentato nella Bent romana nel 1675 e un disegno datato al 1680 appartenente al Museo di Sant’Anna a
Lubecca, testimonia ancora la sua presenza nella città eterna, oltremodo confermata dal libro dei conti
della famiglia Falconieri, dove si registra negli anni
1686-1692 l’acquisto delle sue opere.
La scena vede in primo piano Argo assopito dalla
musica ipnotica di Mercurio, così da poter rapire Io,
l’amante di Giove trasformata in giovenca da Giunone (Metamorfosi I, 668 - 721). Il dipinto può essere attribuito ad un autore d’origine nordica, attivo
probabilmente a Roma nel XVII secolo e attento
agli esempi di Claude Lorrein.
350.
353.
PITTORE OLANDESE DEL XIX SECOLO
Paesaggio fluviale con capanna e figure
Olio su tela, cm 33X52
Stima € 1.500 - 1.800
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Paesaggio fluviale con figure
Olio su rame, cm 18X26
Stima € 400 - 600
351.
354.
PAOLO VERONESE (seguace di)
Allegoria della Battaglia di Lepanto
Olio su tela, cm 25,5X39,5
Stima € 800 - 1.000
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio con villa
Olio su tela, cm 56X72
Stima € 2.000 - 3.000
Questo piccolo dipinto è un d’après della grande tela eseguita nel 1578 da Paolo Veronese per decorare la Sala del Collegio del Palazzo Ducale a Venezia
distrutto dopo l’incendio del 1574. Il tema raffigurato è politicamente importante, sia per la valenza
votiva della vittoria ottenuta a Lepanto nel 1571 da
parte del Doge Venier, sia per celebrare la potenza
marittima della Serenissima.
Bibliografia di riferimento:
T. Pignatti, F. Pedrocco, Veronese, Milano 1995, II,
pp. 373-374, n. 261
158
159
355.
356.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Natura morta
Olio su tavola, cm 20X27
Stima € 2.000 - 3.000
MICHELANGELO PACE DETTO MICHELANGELO DEL CAMPIDOGLIO (attr. a)
(Vitorchiano o Roma, 1625 - Roma, 1669)
Natura viva
Olio su tela, cm 73X112
Stima € 2.000 - 2.200
Questa natura morta di concezione arcaica e dai caratteri di stile lombardi, è prossima per gli
esiti formali alle composizioni di Fede Galizia (Milano, 1578 - 1630). Ricordiamo in questa
sede la Natura morta con prugne, pere e una rosa (olio su tavola, cm 30X35) e l’Alzata in ceramica con frutti (olio su tavola, cm 41X54) pubblicate da Ada Magnani nella recente mostra sulla natura morta lombarda e l’Alzata con pesche e grappolo d’uva di collezione privata (olio su tavola, cm 47X55) resa nota da Flavio
Caroli nella monografia dedicata alla pittrice. Detto ciò, lo stile suggerisce una datazione di poco posteriore, già seicentesca, sulla falsariga di
quelle eseguite da Panfilo Nuvolone (Cremona, 1581 - Milano, 1651), artista che sancisce la fortuna commerciale e collezionistica della natura morta seicentesca in Italia settentrionale.
Inusuale nel repertorio pittorico del Campidoglio, solito creare seducenti combinazioni di frutta e fiori in un paesaggio, questa composizione
rammenta per soggetto le più tarde opere di Franz Werner Tamm (Amburgo, 1658 - Vienna, 1724) e ancor più le vivissime scene di “animali in posa” eseguite da David de Coninck detto Rammelaar (Anversa, 1644 circa - Bruxelles, notizie fino al 1701). Sfogliando il catalogo del
pittore, scopriamo che le tele dove compaiono animali sono assai rare, ricordiamo in questa sede la Natura morta con zucche e pappagallo
dell’Hermitage e la Natura morta con frutta, uccelli e ramarri su sfondo di paesaggio,pubblicata recentemente da Gianluca e Ulisse Bocchi,
ma si tratta sempre di opere dove i brani di frutta e di fiori prevalgono per numero e presenza. Inutile decantare le qualità del pittore, la visione stessa del soffice piumaggio e la descrizione della mela sbocconcellata, bastano per rendersi conto della sapiente esecuzione, che anticipa moduli e modelli che solo nella seconda metà del Secolo trovano espressione grazie agli artisti prima citati.
Bibliografia di riferimento:
Il dipinto è stato attribuito a Michelangelo Pace da Giuliano Briganti (comunicazione orale al proprietario).
Natura morta lombarda, catalogo della mostra, a cura di Flavio Caroli e Alberto Veca, Milano 1999, pp. 76 - 95, con bibliografia precedente
Bibliografia di riferimento:
F. Caroli, Fede Galizia, Torino 1989, p. 88, n. 33
G. e U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti stranieri 1630-1750, Viadana 2004, con bibliografia precedente
G. e U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630-1750, Viadana 2005, con bibliografia precedente
160
161
357.
358.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Perseo e Andromeda
Olio su rame, cm 28X41
Stima € 2.000 - 3.000
PITTORE BOLOGNESE DEL XVIII SECOLO
Re Salomone adora gli idoli
Olio su tela, cm 71,5X92,5
Stima € 1.000 - 1.200
Il rame raffigura l’episodio di Andromeda tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (libro IV). La storia narra che Perseo sorvolando le coste etiopi di ritorno dall’impresa contro la Medusa vide Andromeda incatenata ad uno scoglio e, colpito dalla sua bellezza, si fermò per aiutarla. La
giovane era figlia del re d’Etiopia Cefeo e Cassiopea, che osò dichiararsi più bella delle Nereidi indispettendo così Poseidone che per vendicarsi inviò in quelle terre un terribile mostro. Il responso dell’oracolo disse che per placare l’ira divina Cassiopea doveva sacrificare sua figlia
Andromeda all’orribile creatura marina. Perseo si offrì volontario per liberare la giovane da questa terribile sorte e promise di uccidere il mostro in cambio della mano di Andromeda. Una volta sconfitto, Perseo poggiò la testa di Medusa in terra per sciacquarsi le mani: al contatto
con il sangue della Gorgone alcune alghe si pietrificarono trasformandosi in corallo. Lo stile dell’opera suggerisce un’attribuzione ad un artista di area emiliana prossimo ad Antonio Carracci (Venezia, 1583? - Roma 1618).
Il dipinto raffigura la propensione dell’anziano Salomone a venerare i culti pagani introdotti in Israele dalle sue numerose mogli. L’iconografia
presume la raffigurazione del re inginocchiato al cospetto dell’idolo, in procinto di elargire le offerte. Il dipinto è l’espressione di un classicismo elegante e composto di chiara matrice bolognese ed esprime una cifra stilistica prossima ai modi di Lorenzo Pasinelli (Bologna, 1629 1700), ben riconoscibile nei volti dei personaggi e nelle lumeggiature, mentre il disegno dei panneggi e la stesura ricordano i modi di Donato
Creti (Bologna, 1671 - 1749).
Bibliografia di riferimento:
L. Bistega in La pittura bolognese del 700, a cura di Adriano Cera, Milano 1994
C. Baroncini, Pasinelli, Rimini 1993
162
163
359.
TIZIANO VECELLIO (seguace di)
(Pieve di Cadore, 1480/1485 Venezia, 1576)
Ritratto d’uomo
Olio su tela, cm 70X56
Stima € 4.000 - 5.000
Il dipinto esibisce caratteri di stile pertinenti alla scuola veneta e in modo particolare alla cultura tizianesca, mentre le ricerche condotte non
hanno trovato riscontro in un modello sovrapponibile, avvalorando il fatto che si tratti di una composizone autonoma. La struttura illustrativa, tipicamente cinquecentesca, descrive un giovane uomo con lo sguardo diretto verso l’osservatore, uno sguardo risoluto e fiero, accentuato
dalla tonalità grigio azzurro degli occhi. La stesura invece, può condurci a una datazione attorno alla prima metà del XVII secolo, per la sua
vigorosa pastosità, in analogia con le opere mature di Leandro Bassano (Bassano del Grappa, -1557 - Venezia, 1622) o le prove giovanili di
Pietro della Vecchia (Venezia, 1603 - Vicenza, 1678), quando si misurava con l’illustre tradizione rinascimentale. La vibrante superficie pittorica crea un vivo effetto realistico, in un delicato equilibrio tra sprezzatura e misura, percepibile in maniera particolare osservando le labbra, tratteggiate con spigliata volontà realistica. Questi aspetti qualificano la qualità del dipinto e la sua peculiare raffinatezza, dimostrazione
di un gusto estetico che partendo da una norma iconografica aulica si traspone verso il rinnovamento barocco.
360.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 111X88
Stima € 1.000 - 1.200
Esiste un’interessante analogia tra la tela in esame e la ritrattistica di Benedetto Gennari, terzogenito d’Ercole e della moglie Lucia Barbieri.
Si formò nella bottega familiare, divenendo un abile imitatore delle opere dello zio, il celebre Guercino, ma la sua fama è dovuta ai raffinati
ritratti eseguiti per le corti di Luigi XIV e Carlo II d’Inghilterra. Il prolungato soggiorno francese modificò notevolmente i suoi modi espressivi, modulandone lo stile su i modelli di Mignard e Le Brun, mentre a Londra, la sua attenzione si rivolse alle tele di Lely e Kneller. L’opera
in esame si può accostare al Ritratto di Girolamo Graziani della Galleria Estense, per la peculiare posa dell’effigiato e l’attenzione per i dettagli, tuttavia, nel nostro caso il tessuto pittorico presenta alcune differenze sostanziali con le opere autografe, dove è possibile notare una maggiore inclinazione calligrafica e un più efficace conferimento di distinzione ai personaggi raffigurati.
Bibliografia di riferimento:
N. Roio, Benedetto Gennari, in La scuola del Guercino, a cura di Emilio Negro, Massimo Pirondini, Nicosetta Roio, Modena 2004, pp. 135170, con bibliografia precedente
164
165
361.
363.
ANTONIO MERCURIO AMOROSI
(Comunanza, 1660 - 1738)
Coppia di bambini
Olio su tela, cm 41X32
Stima € 2.000 - 3.000
FILIPPO NERI SCACCIATI (attr. a)
(Firenze, ? - 1749)
Natura viva
Olio su tela, cm 76X57
Stima € 2.000 - 3.000
Il dipinto si attribuisce al pittore Antonio Mercurio
Amorosi per i caratteri di stile e scrittura, nonché per
la tipologia del soggetto, tipico della sua produzione,
che ritrae scene di vita quotidiana soprattutto legata al mondo dell’infanzia. La sua formazione
avvenne con il conterraneo Giuseppe Ghezzi e seguitò con il figlio di questi, Pier Leone. La fortunata carriera dell’artista è testimoniata da Lione
Pascoli, suo biografo ed estimatore. La tela si data
attorno al 1700 e ritrae una coppia di fanciulli in
una cucina, la loro pittoresca figura felicemente immersa in un’atmosfera sognante è peculiare e in armonia con la rivisitazione delle tematiche
bamboccianti in chiave settecentesca, secondo una
visione della realtà assai simile da quella narrata
nelle opere d’Eberhard Keilhau detto Monsù Bernardo. La nostra tela è paragonabile con quella raffigurante Due ragazzi che giocano con un nido di
uccelli di collezione Lemme (cfr. C. Maggini, 1996,
tav. XXI), col Venditore ambulante della collezione
Molinari Pradelli (p. 155) e con l’Allegoria delle Età
dell’uomo, già Londra, Collezione Cooper (p. 161).
La tela in esame si può attribuire all’artista fiorentino Filippo Neri Scacciati, pittore d’animali e soprintendente all’opificio delle Pietre Dure. La sua
formazione è avvenuta presso l’atelier paterno e nel
1715 risulta immatricolato all’Accademia del disegno. La produzione documentata si concentra negli
anni trenta ed è caratterizzata da opere raffiguranti
gruppi d’animali e volatili, destinate alle collezioni
di ritratti zoologici e ornitologici della villa medicea
dell’Ambrogiana. Si tratta di composizioni illustrative, con lo scopo di raffigurare le diverse specie, dipinte con vivacità e in contesti paesistici. La tela in
esame presenta qualità descrittive di notevole pregio
ed è da osservare l’alta qualità del pigmento pittorico, in modo particolare del fondo azzurro dalle
tonalità a lapislazzuli.
Bibliografia di riferimento:
M. M. Sinari, Pietro Neri Scacciati, in La natura
morta in Italia, a cura di Francesco Porzio, Milano
1989, pp. 597-599
Bibliografia di riferimento:
C. Maggini, Antonio Mercurio Amorosi pittore
(1660-1738), Rimini 1996
362.
364.
PITTORE FRANCESE DEL XVIII-XIX SECOLO
Bambini che pescano
Olio su tela, cm 46X36
Stima € 1.500 - 2.000
PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio con arco naturale, cascata e figure
Olio su tela, cm 69X54
Stima € 2.000 - 3.000
Questa veduta di fantasia si riconduce a un artista
francese e i caratteri di stile e scrittura consentono
un’attribuzione a Charles Francois de Grenier de la
Croix, detto Lacroix de Marseille (Marsiglia, 1715
- Berlino, 1782). Il riferimento al noto paesista è possibile grazie al confronto con le opere certe della sua
produzione, intrise di suggestioni italiane che il de la
Croix acquisì durante la sua permanenza a Roma e
a Napoli. Particolarmente simile è ad esempio il Paesaggio con cascata recentemente pubblicato da Giancarlo Sestieri (G. Sestieri, Capricci paesaggi e
vedute dal XVII al XIX Secolo, Roma 2006, pp. 4243 nn. 24-25) che lo studioso confronta a sua volta
con la tela firmata e datata 1763 di simile soggetto
esitata presso la Sotheby’s di New York (5 Ottobre
1993, n. 17) e con la serie di paesaggi con il Tempio
di Tivoli passati sempre da Sotheby’s il 5 Luglio
2005, nn. 10-11 e 13).
Bibliografia di riferimento:
AA. VV., All’ombra del Vesuvio, Napoli 1990, pp.
288-289, 391-392
166
167
365.
366.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Sant’Agnese
Olio su tela, cm 72X58
Stima € 2.500 - 3.500
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Ritratto di dama
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 97X75
(2)
Stima € 4.500 - 5.000
La palma del martirio e l’agnello consentono di riconoscere l’immagine di Sant’Agnese (Roma, 290 - 305), nobile appartenente alla gens Clodia che subì il martirio all’età di 12 anni durante le persecuzioni di Diocleziano. Il dipinto si data attorno alla prima metà del XVIII secolo e
si attribuisce a un artista romano influenzato dall’arte di Carlo Maratta, qui riletta sull’influenza delle opere di Giovanni Maria Morandi, Andrea Casali, Giuseppe Bartolomeo Chiari, e in modo particolare di Andrea Procaccini.
168
Questa coppia di ritratti in prima tela si attribuiscono a un pittore piemontese e la figura maschile, grazie ai titoli dei volumi posti a lato dell’effige, si riconosce quale medico. Incastonati in cornici coeve, i dipinti sono un’interessante testimonianza della ritrattistica settecentesca nord
italiana, in modo particolare per la connotazione di gusto borghese con cui sono concepite, secondo una concezione che in area lombarda
trova un’illustre tradizione.
169
367.
GIOVAN BERNARDO CARBONE
(Genova, 1616 - 1683)
Ritratto di magistrato veneziano
Olio su tela, cm 110X92
Stima € 20.000 - 30.000
fig. 1
Dalla qualità eccelsa e sensibilissimo naturalismo, il ritratto qui presentato si assegna alla mano di Giovan Bernardo Carbone, artista genovese
che, inizialmente formatosi con Giovanni Andrea De Ferrari, si dedicò con successo al genere ritrattistico raggiungendo esiti di altissimo livello sull’esempio dei celeberrimi modelli di Anton Van Dyck. L’iter artistico del pittore recentemente riesaminato da Daniele Sanguineti possiede
scarne tracce documentarie atte a svolgerne la cronologia. Perduti o non rintracciati i suoi lavori giovanili, il corpus ricostruibile trova con il
Ritratto di Giovanni Vincenzo Imperiale con la moglie, i figli e i nipoti della villa Imperiale di Terralba a Genova del 1642 un appiglio sicuro
per delinearne la prima fisionomia, quella che precede il soggiorno veneziano compiuto tra il 1650 e il 1657. Il contatto col mondo pittorico
lagunare ne ravviverà la tavolozza, consentendogli di modulare la stesura con passaggi delicatamente sfumati, costruiti con sapienti velature
e profondità di toni che offrono distintivi effetti naturalistici che contrassegneranno tutta la successiva produzione. Questo vigoroso realismo
desunto dagli artisti del primo Seicento e dall’influenza nordica si riscontra altresì nella grande pala d’altare con San Luigi che adora la Croce
dipinta verso il 1663 per la chiesa genovese della Santissima Annunziata o nell’Adorazione dei Magi conservata presso il Museo dell’Accademia Ligustica. Il Ritratto in esame è quindi esemplare della sua prima maturità, eseguito nell’alveo della cultura veneziana, e il suo ductus
tradisce oltremodo l’attenta rilettura delle opere tarde di Gioacchino Assereto, per il piglio fortemente realistico, teso a indagare la personalità dell’effigiato e il felice rapporto spaziale tra la figura e lo sfondo, brillantemente risolto sugli accordi cromatici dell’abito e del volto. Altrettanto percepibile è il confronto con la ritrattistica di Valerio Castello, grazie a cui rielabora il linguaggio barocco, perdendo quelle rigidità
compositive di sapore più arcaico. Queste caratteristiche consentono di considerare la nostra tela una delle migliori prove del Carbone, atta
a dirimere su base qualitativa la reale valenza delle attribuzioni errate di cui è sovente vittima il suo catalogo e a confronto, nulla ha da invidiare con il Ritratto di Nobiluomo conservato presso la Wallace Collection (fig. 1), in cui è possibile cogliere la medesima concezione disegnativa e di stesura, specialmente osservando le mani e la forza dello sguardo.
Ringraziamo Daniele Sanguineti e Camillo Manzitti per aver confermato l’attribuzione dell’opera.
Bibliografia di riferimento:
D. Sanguineti, Giovanni Bernardo Carbone, Soncino 2007
170
171
DIPINTI DA UNA
IMPORTANTE COLLEZIONE GENOVESE
LOTTI 369-372
368.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Resurrezione di Cristo
Olio su tela, cm 117X97
Stima € 3.000 - 4.000
Riferita a un pittore centroitaliano, la tela in esame è filologicamente complessa, indubbiamente eseguita da un petit maitre, ma vi si riconosce tuttavia un buon livello qualitativo. Un’ipotesi interessante si coglie congetturando l’origine emiliana dell’autore, a conoscenza di modelli aulici non solo di ascendenza rinascimentale, ma anche bolognesi, specificatamente carracceschi. Questo indirizzo di ricerca, specialmente
se si osserva la figura d’armigero a terra in primo piano, suggerisce quale possibile autore Giuseppe Caletti, artista d’origine cremonese nato
nel 1600 e morto a Ferrara attorno al 1660, noto per le sue interpretazioni guercinesche, ma altrettanto capace di invenzioni svolte in piena
autonomia creativa. Possiamo citare a esempio la tela raffigurante Cristo condotto davanti a Pilato conservata presso la Galleria Doria Pamphilj a Roma (inv. n. 516), in cui nel sistema disegnativo delle figure e di alcuni profili si colgono curiose e interessanti analogie stilistiche.
Bibliografia di riferimento:
E.A. Safarik e G. Torselli, La Galleria Doria Pamphilj a Roma, Roma 1982, n. 201
E. Negro e N. Roio, Spigolature guercinesche e ferraresi, in “F. D”, N.S. 2005 (2006), 22, pp. 112-118, con bibliografia precedente
lotto 369
172
173
369.
370.
PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO
Cena in Emmaus
Olio su tela, cm 118X161
Stima € 4.000 - 5.000
PITTORE VENETO DEL XVII SECOLO
Ultima cena
Olio su tela, cm 118X161
Stima € 4.000 - 5.000
Pendant del lotto 370, la scena raffigura la Cena in Emmaus, il momento saliente dell’episodio evangelico narrato da Luca (24:13-32), quando i
due discepoli riconoscono Cristo risorto nel momento in cui compie il gesto di benedire il pane. La scoperta crea sbalordimento e meraviglia, Cleofa si erge in piedi e la repentinità del gesto lo obbliga ad appoggiarsi alla tavola, mentre Matteo alza la mano destra mostrando un’espressione incredula. La scena si svolge all’interno di una stanza e i protagonisti, illuminati da una fonte di luce proveniente dall’alto a sinistra, si stagliano sul
fondale scuro del muro. Anche in questo caso il dipinto esibisce una costruzione prospettica accurata e una regia di gusto teatrale, in cui le diverse fonti di lume e i contrappunti cromatici coadiuvano non solo la narrazione ma permettono di coglierne gli aspetti emotivi.
Il dipinto reca un’attribuzione a Pietro Damini (Castelfranco Veneto, 1592 - Padova, 1631) indicata da Giuseppe Fiocco nel 1963 con una comunicazione scritta alla proprietà. Questo suggerimento vieni qui accolto con la dovuta prudenza, anche se la contestualizzazione dell’opera
all’ambito veneto risulta condivisibile.
La costruzione scenica presenta una accorta regia disegnativa e altrettanto apprezzabile è la scansione prospettica, sottolineata dalla sedia posata a terra in primo piano e dal fondale architettonico. L’artista ha oltremodo curato i brani di natura morta, non solo quelli inerenti alla tavola
imbandita, ma in maniera particolare il mantello color indaco e il libro, appoggiati con disinvoltura sulla cesta visibile in basso a destra, anch’essa perfettamente allineata alla prospettiva dell’immagine. L’ipotesi di trovarci al cospetto di una tela del Damini è resa incerta per il classicismo d’influenza emiliana che caratterizza il dipinto, distante dai più puri esempi d’ascendenza veneta, tuttavia è possibile riferirne l’esecuzione
alla tarda maturità, quando oramai attivo a Padova poteva agevolmente aggiornare il suo linguaggio guardando ai modelli carracceschi.
Bibliografia di riferimento:
G. Delfini Filippi, Opere di Pietro Damini 1592-1631 e di Damina Damini in Castelfranco, catalogo della mostra a cura di G. Cecchetto, G.
Delfini Filippi e P.L. Fantelli, Castelfranco Veneto 1994
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DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE GENOVESE
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE GENOVESE
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371.
372.
PITTORE DEL XVII SECOLO
Sant’Antonio con il Bambino in braccio
Olio su tela, cm 110X96
Stima € 3.000 - 4.000
PITTORE EMILIANO DEL XVII-XVIII SECOLO
Madonna con il Bambino e Sant’Antonio
Olio su tela, cm 76X102
Stima € 4.000 - 5.000
La tela fu assegnata nel 1965 da Mario Bonzi al pittore genovese Bernardo Castello (Genova, 1557 - Genova, 4 ottobre 1629). Lo studioso
ne colloca l’esecuzione attorno al 1622, quando l’artista dipingeva a fresco il San Martino nella chiesa parrocchiale di Albaro. Il Bonzi suffraga oltremodo l’attribuzione dell’opera confrontandola con il Sant’Antonio conservato nella chiesa della Santissima Concezione mentre
scorge nel Bimbo analogie disegnative con un angioletto dipinto nel Martirio di San Pietro da Verona della chiesa di Santa Maria di Castello, mentre il Sant’Antonio è comparato al diacono presente nella pala con Teodosio e Sant’Ambrogio della chiesa di Santa Chiara in Albaro.
Il dipinto reca un’attribuzione di Giuseppe Fiocco a Jean Boulanger (Troyes, 1606 circa - Modena, 1660), pittore francese attivo a Modena
presso la corte estense e noto per le decorazioni a fresco eseguite in diversi ambienti della Reggia: la Camera della Fede Maritale, il Camerino dell’Innocenza, la Camera dei Venti e la Camera di Giove.
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE GENOVESE
DIPINTI DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE GENOVESE
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373.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Paesaggio con armenti e rovine
Olio su tela, cm 33X50
Stima € 2.500 - 2.800
374.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Paesaggio con castello
Paesaggio con villaggio e figure
Olio su tela, cm 40X50
(2)
Stima € 2.500 - 2.800
375.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Mosè salvato dalle acque
Olio su tela, cm 61X76
Stima € 2.000 - 2.500
Il dipinto si attribuisce a un autore di scuola francese e fu desunto verosimilmente da un acquaforte tratta dalla tela di Nicolas Poussin conservata presso Ashemolean Museuma of Art di Oxford (olio su tela, cm 204X 150).
Bibliografia di riferimento:
C. Wright, Poussin paintigs. A catalogue raisonné, Londra 1985, p. 112, fig. 87
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376.
378.
PITTORE VENETO DEL XVI-XVII SECOLO
L’educazione della Vergine
Olio su tela,cm 77X59
Stima € 800 - 1.000
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Maddalena
Olio su tela, cm 42X34
Stima € 1.500 - 2.000
Il modello reniano, ma ancor più desunto dalle opere di
Lorenzo Pasinelli e Gian Gioseffo dal Sole, indica l’origine bolognese del pittore che con delicatezza propone
un iconografia più volte frequentata dagli artisti di quell’ambito culturale. Le dimensioni e i caratteri di stesura
suggeriscono altresì una datazione tardo settecentesca,
e una qualità apprezzabile e fatta risaltare dall’elegante
e coeva cornice dorata.
377.
379.
PITTORE LOMBARDO DEL XVII SECOLO
La Samaritana al pozzo
Olio su tela, cm 97X72
Stima € 1.000 - 1.200
PITTORE LOMBARDO DEL XVI SECOLO
Sant’Ambrogio
Olio su tavola, cm 41X35
Stima € 1.500 - 1.800
La tavola si ascrive a un pittore lombardo attivo nel
XVI secolo e raffigura Sant’Ambrogio (Treviri, 340 Milano, 397), riconoscibile per il pastorale e il flagello. L’autore dimostra di essere influenzato dalle opere
di Ambrogio da Fossano detto il Borgognone (Fossano, 1451 circa - Milano, 1523), per la peculiare fisionomia che ricorda il Sant’Ambrogio tra i Santi
Satiro e Marcellina, Gervasio e Protasio conservata
alla Certosa di Pavia. Ma altrettanto interessanti sono
i riferimenti percepibili nelle predelle raffiguranti i fatti della vita di Sant’Ambrogio della Galleria Sabauda
e dell’Accademia Carrara a Bergamo.
Bibliografia di riferimento:
Ambrogio da Fossano detto il Borgognone. Un pittore
per la Certosa, catalogo della mostra, a cura di Gianni Carlo Sciolla, Milano 1998, pp. 210-217, nn. 27-29
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380.
382.
PITTORE ROMANO DEL XVII SECOLO
Studio di testa
Olio su tela, cm 35X25
Stima € 1.000 - 1.200
PITTORE DEL XVIII-XIX SECOLO
Natura morta
Olio su tela, cm 65X81
Stima € 1.000 - 1.200
383.
GIORGIO GASPARINI O ZORZI DA CASTELFRANCO (seguace di)
(Castelfranco Veneto, 1478 - Venezia, 1510)
Le tre età dell’uomo
Olio su tela, cm 64X79
Stima € 500 - 600
381.
PITTORE DEL XVII-XVIII SECOLO
Ritratto di gentiluomo
Olio su tela, cm 76X42
Stima € 800 - 1.000
L’opera recava un attribuzione a Carlo Ceresa che,
seppur imprecisa dal punto di vista filologico, risulta funzionale per circoscrivere l’ambito culturale in
cui è stata concepita. La severa austerità con cui è
descritto il personaggio dalla mossa capigliatura che
cade fino alla spalle e spicca sul fondale scuro con vivo naturalismo non fa che avvalorare l’ipotesi di una
origine lombarda dell’autore. La posa di trequarti,
l’intensa vivacità dello sguardo e le labbra che sembrano schiudersi a un lieve sorriso, sottolineano la
buona qualità d’esecuzione, suggerendo la possibilità di riconoscere la mano di Giuseppe Giachinetti
Gonzales detto il Borgognone delle Teste (Madrid,
1630 - Bergamo, 1715).
Bibliografia di riferimento:
La tela è copia della nota composizione di Giorgione
altresì conosciuta come la Lezione di canto, dipinta a
olio su tela di cm 62X77 attorno al 1501 e custodita
nella Galleria Palatina a Firenze. Il soggetto alquanto
misterioso è stato interpretato anche quale rappresentazione dell’Educazione del giovane Marco Aurelio. I
tre protagonisti d’età differente spiccano su fondo
scuro: il giovane al centro legge un pentagramma, l’uomo alla sua sinistra indica lo stesso spartito mentre il
vecchio è volto verso l’osservatore.
384.
PITTORE NAPOLETANO DEL XVII SECOLO
Compianto
Olio su tela, cm 102X76
Stima € 1.500 - 2.000
Opera da riferire a un artista napoletano attivo nel
XVII secolo e da inserire tra i seguaci di Giuseppe Ribera. La tela, infatti, propone il medesimo schema compositivo della Pietà conservata presso la Certosa di San
Martino a Napoli (olio su tela, cm 264X170). La qualità d’esecuzione è da considerarsi discreta e di particolare interesse è l’estetica fisionomica della Vergine.
Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa, Ribera, Napoli 2003, p. 308, n. A189
Fra’ Galgario e la ritrattistica della realtà nel ‘700.
Opere dall’Accademia Carrara e dalla Collezione
Koelliker, catalogo della mostra a cura di Francesco
Rossi e Giovanna Valgussa, Milano 2008, pp. 114119, n. 36
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385.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Scena di battaglia
Olio su tela, cm 31X63
Stima € 600 - 800
388.
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Cristo
La Vergine Maria
Olio su tela applicata su tavola, cm
62X49 (2)
Stima € 800 - 1.000
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392.
PITTORE DEL XIX SECOLO
Fortuna di mare
Olio su tela, cm 60X74
Stima € 400 - 700
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Immacolata concezione
Olio su tavola, cm 30X17
Stima € 300 - 400
FRANCESCO GANDOLFI
(Chiavari, 1824 - Genova, 1873)
Studio per il sipario del teatro
sant’Agostino a Genova
Matita e tecnica mista su carta,
cm 22X17
Stima € 300 - 400
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393.
PITTORE DEL XIX SECOLO
Santi francescani in gloria
Olio su tela, cm 81X53
Stima € 400 - 600
PITTORE FIAMMINGO DEL XIX
SECOLO
Madonna con il Bambino e donatore
Olio su tavola, cm 60X33
Stima € 400 - 600
391.
394.
PITTORE LOMBARDO DEL XVI
SECOLO
Madonna col Bambino e due donatori
Olio su tela, cm 130X118
Stima € 500 - 800
PITTORE DEL XVII SECOLO
I Santi Pietro, Paolo e Agostino
Olio su tavola, cm 32X25
Stima € 300 - 400
387.
PITTORE DEL XIX SECOLO
L’eruzione di Pompei
Olio su tela, cm 43X53
Stima € 400 - 700
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INFORMAZIONI IMPORTANTI PER GLI ACQUIRENTI
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quali ad esempio, l’autenticità, lo stato di conservazione, il materiale, la provenienza, ecc.
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prezzo possibile considerati il prezzo di riserva e le altre offerte. Le offerte Scritte effettuate sui lotti senza riserva (contrassegnati dalla stima di colore rosso) in assenza di un’offerta superiore saranno aggiudicati a circa il
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€ 25 + IVA per gli oggetti d’arte
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al di fuori del territorio della Repubblica italiana. Il Regolamento Cee n.
3911/92 del 9 dicembre 1992, come modificato dal Regolamento Cee
n. 2469/96 del 16 dicembre 1996 e dal Regolamento Cee n. 974/01 del
14 maggio 2001, regola invece l’esportazione dei Beni Culturali al di
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personalmente. WANNeNeS ART AUCTIoNS non risponde per quanto
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documento equipollente direttamente a WANNeNeS ART AUCTIoNS.
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Con Dlgs n. 118 del 13/2/2006 è in vigore dal 9 Aprile 2006 in Italia il “Diritto di Seguito” (Droit de Suite), ossia il diritto dell’autore (vivente o deceduto da meno di 70 anni) di opere di arti figurative e di manoscritti a
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350.000 euro
- 0,50% per la parte del prezzo di vendita compresa fra 350.000,01 e
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TeRMINoLoGIA
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TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, è opera dell’artista.
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pittore non conosciuto, ma distinguibile, legato al suddetto
artista, ma non necessariamente da un rapporto di alunnato.
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è di un pittore, contemporaneo o quasi contemporaneo, che
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MANIeRA DI TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, è stata
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DA TIZIANo: l’opera, secondo la nostra opinione, è una copia di
un dipinto dell’artista.
IN STILe...: l’opera, secondo la nostra opinione, è nello stile menzionato, ma di epoca successiva.
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ReCANTe FIRMA – DATA - ISCRIZIoNe: secondo la nostra opinione,
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ReSeRVe
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CoLLeCTIoN oF LoTS
Purchasers must collect the Lot/s by 15 working days from the date of
the Auction. At the end of this span of time, WANNeNeS ART AUCTIoNS
will not be responsible either for the custody of the Lot/s or for any damage that may occur to the Lot/s upon their removal to an appropriate warehouse. WANNeNeS ART AUCTIoNS will charge the Purchaser
with the costs of insurance and storage as laid down in the Chart available to Customers in the headquarters of the Company. When collecting the Lot/s, the Purchaser must provide WANNeNeS ART AUCTIoNS
with a valid document of identity. Should the Purchaser request a Third
Party to collect the Lot/s already paid for, the latter should possess a
piece of written permission signed by the Purchaser and a photocopy
of the Purchaser’s document of identity. The Lot/s are given to the Purchaser or the Third Party only upon payment having taken place. If purchased Lot/s are collected after the above-mentioned time limit the
Auction House may debit the costs of storage (by month or part of a
month) as follows:
100 euro + VAT for Furniture
50 euro + VAT for Paintings
25 euro + VAT for objects
THe SHIPPING oF LoTS
The Staff at WANNeNeS ART AUCTIoNS will be glad to ship Lots purchased according to written instructions given by the Purchaser, following payment of the Lot/s concerned. Shipping will be at the risk
and expense of the Purchaser who, by means of a written communication, will have to subtract WANNeNeS ART AUCTIoNS from any
responsibility concerning such an operation. Furthermore, our Staff
is available for evaluations and advice in relation to the shipping methods employed and insurance of the Lot/s.
eXPoRT oF THe LoTS PURCHASeD
The Law Decree no. 42 of January 22nd 2004 regulates the export of
cultural heritage and goods outside the Republic of Italy. The eU Regulation no. 3911/92 of December 9th 1992, as modified by eU Regulation no. 2469/96 of December 16th 1996 and by eU Regulation no.
974/01 of May 14th 2001, regulates the export of cultural heritage and
goods outside the european Union. In order to export outside Italy cultural heritage and goods that are over 50 years old need an export Licence that the Purchaser has to procure for him/herself personally.
WANNeNeS ART AUCTIoNS is not involved in the procurement of such
permits and cannot therefore guarantee the relative issue of such permits. WANNeNeS ART AUCTIoNS, upon the request of the Purchaser,
may undertake the operations necessary for the granting of the export
Licence at a cost of 80 euro plus VAT for old/ancient objects and 80 euro plus VAT for modern objects (including form-filling, taxation stamps
and photographic (colour) documentation). Should the above-mentioned authorisation not be granted the Purchase of the Lot/s is not nullified,
neither is the payment of the Lot/s, unless prior agreement with WANNeNeS ART AUCTIoNS was made before the Auction. With reference to the
regulations contained in art. 8, 1st paragraph, letter B DPR 633/72. Purchasers have to respect the following procedures should they wish to take the
Lot/s outside the european Union and claim the VAT refund:
The completion of CUSToMS forms/papers and transport outside the european Union within three months from the invoice date.
The sending - within the same term - of the oRIGINAL CUSToMS TAXATIoN STAMP oR eQUIVALeNT DoCUMeNT directly to WANNeNeS
ART AUCTIoNS.
THe ARTIST’S ReSALe RIGHT
The Artist’s Resale Right has been in force in Italy since April 9th 2006
with the Law Decree no. 118 (13/02/2006). This represents the right of
the Author/Artist (living or deceased within the previous seventy years)
of figurative art works and manuscripts to perceive a percentage of the
sale price of his/her original works upon those sales taking place following the initial sale of the work/s in question. This right is the responsibility of the Purchaser and will be calculated according to the sale
price and will not be superior to 12,500 euro per lot. The amount to be
paid may thus be calculated:
4% for the sale price up to 50,000 euro.
3% for the sale price between 50,000,01 and 200,00 euro.
1% for the sale price between 200,000,01 and 350,000 euro.
0.5% for the sale price between 350,000,01 and 500,000,01 euro.
0.25% for the sale price above 500,000 euro.
The Artist’s Resale Right charged to the Purchaser will be paid by WANNeNeS ART AUCTIoNS to the SIAe (The Italian Society for Authors and
editors) as laid down by the Law. Works subject to the Artist’s Resale
Right are marked by this symbol (F).
NOTICE
every lot with any electric equipment is sold as "not working" and it
should be totally re-conditioned. Wannenes Art Auctions is not responsible for any incorrect, wrong use of sold lots or for any non-compliance with instructions
TeRMINoLoGY AND DeFINITIoNS
Affirmations concerning the Author, attribution, origin, period, provenance and conditions of the Lot/s in the Catalogue are to be considered
as the personal opinion of the experts and Scholars who may have been
consulted and do not necessarily represent fact.
TITIAN: in our opinion, the work is the work of the artist.
ATTRIBUTeD To TITIAN: in our opinion, the work is probably by the
artist, but there is no absolute certainty.
TITIAN’S WoRKSHoP/STUDIo: in our opinion, the work is by an unknown painter working in the artist’s workshop/studio who
may or may not have undertaken the painting under the artist’s supervision.
TITIAN’S CIRCLe: in our opinion, the work is by an unknown painter who is in some way connected or associated to the artist,
although not necessarily a pupil of the artist.
STYLe oF/FoLLoWeR oF TITIAN: in our opinion, the work is by a
painter who was contemporary or almost contemporary to
the artist, working in the same style as the artist, without
being necessarily connected to him by an artist-pupil relationship.
MANNeR oF TITIAN: in our opinion, the work has been carried out
in the style of the artist but subsequent to the period of the artist.
FRoM TITIAN: in our opinion, the work is a copy of a painting by the
artist.
IN THe STYLe oF...: in our opinion, the work is in the style mentioned but from a later period.
SIGNeD – DATeD – INSCRIBeD: in our opinion, the signature and/or
date and/or inscription are by the artist.
BeARING SIGNATURe – DATe – INSCRIPTIoN: in our opinion, the signature and/or date and/or inscription have been added.
The dimensions supplied are HeIGHT first, followed by WIDTH.
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CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA
Art. 1
I beni possono essere venduti in lotti o singolarmente ad insindacabile giudizio della WANNeNeS ART AUCTIoNS (di seguito ART AUCTIoNS o Casa d’Aste). Le aste saranno tenute in locali aperti al pubblico da ART AUCTIoNS che agisce unicamente
come mandataria nel nome e nell’interesse di ciascun venditore (il nome del quale è trascritto in tutti i registri previsti dalle
vigenti leggi). Gli effetti della vendita influiscono direttamente sul compratore e sul venditore. ART AUCTIoNS non assume
nessuna responsabilità nei confronti dell’aggiudicatario, del venditore, o di qualsiasi altro terzo in genere.
Art. 9
Le stime relative al prezzo base di vendita, riportate sotto la descrizione di ogni bene sul catalogo, sono da intendersi al netto di ogni
onere accessorio quale, ad esempio, diritti d’asta, tasse ecc. ecc. Poiché i tempi tipografici di stampa del catalogo richiedono la determinazione dei prezzi di stima con largo anticipo esse potranno essere oggetto di mutamento, così come la descrizione del bene.
ogni e qualsivoglia cambiamento sarà comunicato dal Banditore prima dell’inizio dell’asta sul singolo bene interessato; fermo restando
che il lotto sarà aggiudicato unicamente in caso di raggiungimento del prezzo di riserva.
Art. 2
Gli oggetti sono venduti/aggiudicati al miglior offerente, e per contanti. Nel caso in cui sorgessero delle contestazioni tra più aggiudicatari, il Banditore, a suo insindacabile giudizio, rimetterà in vendita il bene che potrà essere nuovamente aggiudicato nella medesima
asta; in ogni caso gli aggiudicatari che avessero sollevato delle contestazioni restano vincolati all’offerta fatta in precedenza che ha
dato luogo alla nuova aggiudicazione. In caso di mancata nuova aggiudicazione il Banditore, a suo insindacabile giudizio, comunicherà chi deve intendersi aggiudicatario del bene. ogni trasferimento a terzi dei lotti aggiudicati non sarà opponibile ad ART AUCTIoNS che considererà quale unico responsabile del pagamento l’aggiudicatario. La partecipazione all’asta in nome e per conto di
terzi potrà essere accettata da ART AUCTIoNS solo previo deposito presso gli Uffici della Casa d’Aste - almeno tre giorni prima dell’asta - di adeguate referenze bancarie e di una procura notarile ad negotia.
Art. 10
Art. 3
ART AUCTIoNS si riserva il diritto di ritirare dall’asta qualsiasi lotto. Il banditore conduce l’asta iniziando dall’offerta che ritiene
più opportuna, in funzione sia del valore del lotto presentato sia delle offerte concorrenti. Il banditore può fare offerte consecutive o in risposta ad altre offerte, fino al raggiungimento del prezzo di riserva. Il Banditore, durante l’asta, ha facoltà di accorpare e/o separare i lotti e di variare l’ordine di vendita. Il banditore può, a suo insindacabile giudizio, ritirare i lotti che non
raggiungano il prezzo di riserva concordato tra ART AUCTIoNS ed il venditore.
Il completo pagamento del prezzo di aggiudicazione, dei diritti d’asta, e di ogni altra spesa accessoria dovrà essere effettuato entro 10 giorni lavorativi dalla data dell’Asta, in valuta avente corso legale nella Nazione ove si è svolta l’asta. In caso di mancato pagamento, fermo restando il risarcimento dei maggiori danni ART AUCTIoNS potrà: a) restituire il bene al mancato
venditore ed esigere il pagamento dal mancato acquirente delle commissioni perdute; b) agire per ottenere l’esecuzione
coattiva dell’obbligo di acquisto; c) vendere il lotto a trattativa privata, od in aste successive, comunque in danno del mancato compratore, trattenendo a titolo di penale gli eventuali acconti versati. Nel caso il lotto rimanesse custodito da ART
AUCTIoNS ciò avverrà a rischio e spese dell’aggiudicatario e del mancato venditore in solido. In ogni caso fino alla data di
vendita o restituzione l’aggiudicatario dovrà corrispondere ad ART AUCTIoNS una somma, a titolo di penale, calcolata, avendo come base, l’importo di aggiudicazione maggiorato di tutte le tasse e commissioni, al tasso del 30%. Tale somma sarà dovuta a partire dal sesto giorno successivo all’aggiudicazione.
Art. 11
L’aggiudicatario, dopo aver pagato tutte le somme dovute, dovrà ritirare i lotti acquistati entro 15 giorni lavorativi dalla data dell’Asta
a suo esclusivo rischio, cura e spese, rispettando l’orario a ciò destinato da ART AUCTIoNS. Nel caso in cui l’aggiudicatario non dovesse ritirare i lotti acquistati entro il termine sopraindicato ART AUCTIoNS li conserverà, ad esclusivo rischio e spese dell’aggiudicatario, nei locali oggetto dell’asta per altri cinque giorni lavorativi. Trascorso tale periodo ART AUCTIoNS potrà far trasportare, sempre
a rischio e spese dell’aggiudicatario, i beni presso un qualsiasi depositario, od altro suo magazzino, liberandosi, nei confronti dell’acquirente, con la semplice comunicazione del luogo ove sono custoditi i beni. Resta fermo il fatto che per ritirare il lotto l’aggiudicatario dovrà corrispondere, oltre al relativo prezzo con accessori, anche il rimborso di ogni altra spesa successiva.
Art. 12
In ogni caso ART AUCTIoNS potrà concordare con gli aggiudicatari diverse forme di pagamento, di deposito, di vendita a
trattativa privata, di assicurazione dei beni e/o la fornitura di qualsiasi altro servizio che fosse richiesto al fine del miglior andamento possibile dell’affare.
Art. 13
Tutti sono ovviamente tenuti a rispettare le leggi vigenti all’interno dello Stato ove è stata svolta l’asta. In particolare ART
AUCTIoNS non assume nessuna responsabilità in relazione ad eventuali restrizioni all’esportazione dei lotti aggiudicati, e/o
in relazione a licenze e/o permessi che l’aggiudicatario potrà dover richiedere in base alla legge vigente. L’aggiudicatario
non potrà richiedere alcun rimborso ne al venditore ne ad ART AUCTIoNS nel caso che lo Stato esercitasse il suo diritto di
prelazione, od altro diritto a lui riservato.
Art. 14
In caso di contestazioni rivelatesi fondate, ed accettate da ART AUCTIoNS a seguito della vendita di oggetti falsificati ad arte la Casa d’Aste potrà, a sua discrezione, dichiarare la nullità della vendita e, ove sia fatta richiesta, rivelare all’aggiudicatario
il nome del venditore. L’acquirente potrà avvalersi di questo articolo solo ed esclusivamente nel caso in cui abbia notificato
ad ART AUCTIoNS, ai sensi degli articoli 137 e SS CPC la contestazione con le prove relative entro il termine di 15 giorni dall’aggiudicazione. In ogni caso, a seguito di un reclamo accettato l’aggiudicatario avrà diritto a ricevere esclusivamente quanto pagato per l’aggiudicazione contestata, senza l’aggiunta di interessi o qualsiasi altra somma per qualunque altro motivo.
Art. 15
Le presenti condizioni di Vendita sono accettate automaticamente alla firma della scheda di cui all’art 5 e comunque da tutti quanti concorrono alla vendita e sono a disposizione di chiunque ne faccia richiesta. Per qualsiasi controversia è stabilita
la competenza del foro di Genova
Art. 16
Legge sulla Privacy d. lgs. 196/03. Titolare del trattamento è ART AUCTIoNS S.r.l. con sede in Genova Piazza Campetto, 2. Il cliente potrà esercitare i diritti di cui al d. lgs. 196/03 (accesso, correzione, cancellazione, opposizione al trattamento ecc.ecc.), rivolgendosi ad ART AUCTIoNS S.r.l.. GARANZIA DI RISeRVATeZZA ai sensi dell’art. 25 del d. lgs. 196/03 i dati sono trattati in forma
automatizzata al solo fine di prestare il servizio in oggetto, o di altro servizio inerente l’oggetto sociale della società, con le
modalità strettamente necessarie allo scopo. Il conferimento dei dati è facoltativo: in mancanza, tuttavia ART AUCTIoNS non
potrà dar corso al servizio. I dati non saranno divulgati. La partecipazione all’asta consente ad ART AUCTIoNS di inviare successivi cataloghi di altre aste.
Art. 4
Art. 5
Al fine di garantire la trasparenza dell’asta tutti coloro che sono intenzionati a formulare offerte devono compilare una scheda di partecipazione con i dati personali e le referenze bancarie. ART AUCTIoNS si riserva il diritto di verificare le referenze fornite e di rifiutare alle persone non gradite la partecipazione all’asta. All’atto della compilazione ART AUCTIoNS consegnerà
un cartellino identificativo, numerato, che dovrà essere esibito al banditore per formulare le offerte.
Art. 6
ART AUCTIoNS può accettare mandati per l’acquisto (tramite sia offerte scritte che telefoniche) effettuando rilanci tramite il Banditore, in gara con le persone partecipanti in sala. In caso di offerte identiche l’offerta scritta preverrà su quella orale.
Art. 7
Art. 8
190
L’aggiudicatario corrisponderà ad ART AUCTIoNS un corrispettivo pari al 24% sul prezzo di aggiudicazione comprensivo di
I.V.A. A questo corrispettivo dovrà essere aggiunto, per i lotti che lo prevedono, il Diritto di Seguito secondo la normativa vigente (vedi informazioni importanti per gli acquirenti). Per i lotti che fossero in temporanea importazione, provenendo da
paesi non Ue oltre ai corrispettivi d’asta di cui sopra l’aggiudicatario, se residente in un Paese Ue, dovrà corrispondere ogni
altra tassa conseguente, oltre a rimborsare tutte le spese necessarie a trasformare da temporanea a definitiva l’importazione
(i beni interessati saranno indicati con il segno**). Si ricorda che qualora il venditore fosse un soggetto I.V.A. l’aggiudicatario
dovrà corrispondere anche le imposte conseguenti (i beni interessati saranno contrassegnati dal segno °°).
Nel caso di due offerte scritte identiche, che non siano superate da offerte in sala o telefoniche, ART AUCTIoNS considererà aggiudicataria quella depositata per prima. ART AUCTIoNS si riserva il diritto di rifiutare, a suo insindacabile giudizio, offerte di acquirenti non conosciuti e/o graditi. A parziale deroga di quanto sopra ART AUCTIoNS potrà accettare dette offerte
nel caso sia depositata una somma a garanzia di importo pari al valore del lotto richiesto, oltre commissioni, tasse, e spese.
In ogni caso all’atto dell’aggiudicazione l’aggiudicatario comunicherà, immediatamente, le proprie complete generalità e i
propri dati fiscali.
ART AUCTIoNS agisce esclusivamente quale mandataria dei venditori declinando ogni responsabilità in ordine alla descrizione degli oggetti contenuta nei cataloghi ed in ogni altra pubblicazione illustrativa. Tutte le descrizioni dei beni devono intendersi puramente
illustrative ed indicative e non potranno generare nessun affidamento di alcun tipo negli aggiudicatari. L’asta sarà preceduta da
un’esposizione dei beni al fine di permettere un congruo esame degli stessi da parte degli aspiranti acquirenti, affinché quest’ultimi,
sotto la loro totale e completa responsabilità, possano verificarne tutte le qualità, quali ad esempio, l’autenticità, lo stato di conservazione, il tipo, il materiale, la provenienza, dei beni posti in asta. Dopo l’aggiudicazione nessuno potrà opporre ad ART AUCTIoNS
od ai venditori la mancanza di qualsiasi qualità dei beni oggetto di aggiudicazione. ART AUCTIoNS ed i propri dipendenti e/o collaboratori non rilasceranno nessuna garanzia di autenticità e/o quant’altro. Tutte le indicazioni sulla caratura ed il peso di metalli o pietre preziose, come sui relativi marchi, sono puramente indicative. ART AUCTIoNS non risponderà di eventuali errori o della falsificazione
effettuata ad arte. Nonostante il possibile riferimento ad elaborati di esperti esterni alla Casa d’Aste, ART AUCTIoNS non ne garantisce né l’esattezza né l’autenticità.
191
GENERAL CONDITIONS OF SALE
Art. 1
Art. 2
The objects are sold to the highest Bidder for cash. Should any disputes arise among more than one Purchaser, the Auctioneer
(his/her decision is final) will put the object up for sale once more so it can be purchased again in the same Sale. In each case, the
Purchasers who disputed the former Sale of the object in question are still bound by the initial Bid (which gave rise to the subsequent
Sale of the object). Should the subsequent purchase fall through once again the Auctioneer (his/her decision is final) will decide which
person may successfully purchase the Lot/s. each transfer to Third Parties of the Lot/s purchased does not become the responsibility of ART AUCTIoNS which considers the Purchaser as the sole person/s responsible for payment. Bidding at an Auction in the name of and for Third Parties may be accepted by ART AUCTIoNS only after sufficient bank references as well as a power of attorney
have been received by the AUCTIoN HoUSe at least three days before the Auction.
Art. 3
ART AUCTIoNS reserves the right to withdraw any Lot/s from the Auction. The Auctioneer starts the Auction beginning with the Bid
that s/he believes to be the most opportune, based upon both the value of the Lot/s as well as the competing Bids. The Auctioneer may make further Bids or in response to other Bids, until the reserve price is reached. The Auctioneer, during the Auction, may group
together or separate Lot/s and vary the order of the Sale. The Auctioneer may – and his/her decision is final – withdraw Lot/s that
do not reach the reserve price agreed upon between ART AUCTIoNS and the Seller.
Art. 4
The Purchaser will pay ART AUCTIoNS a sum equivalent to 24% of the hammer price including VAT. To this sum the Artist’s Resale Right,
according to current laws (see important information for Purchasers), will be added for those Lots where necessary. For those Lots being
temporarily imported and coming from non-eU States, apart from the above-mentioned detractions, the Purchaser – if resident in an
eU member-State - will pay all other subsequent taxes, as well as refund all expenses required to transform the temporary import status of the object/s to a status that is permanent (the objects are indicated by the sign **). If the Seller is in possession of a VAT number
the Purchaser will also pay all subsequent taxes (the objects are indicated with a °°).
Art. 5
In order to guarantee the highest levels of transparency during the Auction for all those who intend to make Bids, prospective Bidders are
required to fill out a participation form with personal information and bank details. ART AUCTIoNS reserves the right to make checks on the
details/references provided and to refuse those who might not be welcome. Upon completion of the form ART AUCTIoNS will supply a
numbered identification paddle which will have to be shown to the Auctioneer in order to proceed with Bidding.
Art. 6
ART AUCTIoNS may accept absentee Bids (by means both of written as well as telephone Bids) that will be undertaken by the Auctioneer, in direct competition with those present in the Auction Room. Should there be a case of identical Bids, the written Bid will
prevail upon the oral Bid.
Art. 7
Should there be two written Bids that are not beaten by Bids made in the Auction Room or telephone Bids, ART AUCTIoNS will consider the Purchaser to be the one who made the Bid first. ART AUCTIoNS reserves the right to refuse – its decision is final – Bids made by Purchasers who are not known or welcome. ART AUCTIoNS may, however, partially in reference to the above-mentioned,
accept Bids if there is a guaranteed sum deposited equal to the value of the Lot that is requested, apart from commissions (buyer’s
premium), taxes and expenses. In each case, at the moment of Purchase, the Purchaser will immediately inform the AUCTIoN HoUSe of his/her personal information and taxation details.
Art. 8
ART AUCTIoNS acts exclusively as the agent for the Sellers and bears no responsibility in terms of descriptions of the objects
in the Catalogues or in any other illustrated publication. All the descriptions of objects are intended purely as illustrative and
indicative. They may not generate any form of reliance as far as the Purchaser is concerned. The Auction will be preceded by
a public viewing of the objects in order to allow for a careful examination of the objects on behalf of aspiring Bidders. In this
way, potential Purchasers will have the opportunity to and be responsible for a complete examination of all the qualities of
the object/s in question: for example, the authenticity, the state of preservation, the type, the material and the provenance of
the objects being auctioned. Following the Purchase, no one will be able to dispute or criticise ART AUCTIoNS or the Sellers
for the lack of any form of quality in reference to the object being auctioned. ART AUCTIoNS and its employees/consultants
will issue no guarantee of authenticity. All those indications relative to the carats and the weight of metals or precious stones,
as well as their relative marks, are merely indicative. ART AUCTIoNS is not responsible for any potential errors or falsifications.
Notwithstanding any potential reference to descriptions by experts external to the AUCTIoN HoUSe, ART AUCTIoNS does not either guarantee the accuracy or the authenticity of such comments.
Art. 9
192
The objects may be sold in Lots or individually according to the final opinion of WANNeNeS ART AUCTIoNS (here follows referred to
as ART AUCTIoNS or AUCTIoN HoUSe). The Auctions will be held in premises that are open to the public by ART AUCTIoNS which
acts simply as AGeNT in the name and interests of each Seller (the name of the said Seller is written in all the Registers required by
Law). The Sale directly concerns the Purchaser and the Seller. ART AUCTIoNS does not assume any responsibility in relation to the
Purchaser, the Seller or any Third Party concerned.
the Catalogue requires price estimates in advance, these latter may be subject to change, as may also the description of the object.
each and every change will be communicated to the Auctioneer before the beginning of the Auction in relation to each object concerned. The Lot/s will, however, only be sold upon reaching the reserve price.
Art. 10
The entire payment of the hammer price, the commissions applied (buyer’s premium) as well as all other expenses must be paid for
within ten working days of the Auction date, in the legal currency of the State in which the Auction has taken place. In the case of
lack of due payment, after full compensation of damages made to ART AUCTIoNS, the AUCTIoN HoUSe may:
return the object to the Seller and demand full payment from the Purchaser of the due commissions/premium;
undertake action in order to forcefully obtain the obligations of purchase;
sell the Lot/s privately or in subsequent Auctions, to the disadvantage of the original Purchaser, treating any sums paid by the latter
as a form of sanction. If the Lot/s is kept by ART AUCTIoNS this will be at the risk and expense of the Purchaser and the original Seller. In each case, until the sale or return dates the Purchaser will pay ART AUCTIoNS a sum – in the form of a sanction – to be calculated on the basis of the hammer price plus all taxes and commissions at a rate of 30%. This sum must be paid from the sixth day
following the Auction.
Art. 11
The Purchaser, after having paid all the sums due, must collect the Lot/s acquired within fifteen working days of the Auction date,
at his/her own risk and expense, in full consideration of the opening hours of ART AUCTIoNS. Should the Purchaser not collect the
Lot/s during the above-mentioned times ART AUCTIoNS will keep them at the risk and expense of the Purchaser in the AUCTIoN
HoUSe for a further five working days. once this period has passed, ART AUCTIoNS will remove the object/s (at the Purchaser’s own
risk and expense) to the storage space deemed most appropriate by the AUCTIoN HoUSe. The AUCTIoN HoUSe will inform the
Purchaser of the place where the object/s are kept. Let it be clearly understood that in order to collect the object/s the Purchaser
will have to pay, apart from the price plus commissions (buyer’s premium) etc, any refund due to subsequent expenses incurred by
the AUCTIoN HoUSe.
Art. 12
In each case, ART AUCTIoNS may agree with the Purchaser/s upon different forms of payment, storage, private sale, insurance of the
object/s and/or granting of any other service requested in order to achieve the most successful results possible.
Art. 13
everybody has, obviously, to respect the current Laws within the State where the Auction is held. In particular, ART AUCTIoNS assumes no responsibility in relation to potential restrictions concerning the export of purchased objects and/or in relation to licences
or permits that the Purchaser might have to request on the basis of current Laws. The Purchaser will not be able to request any refund either from the Seller or from ART AUCTIoNS should the State exercise its right to pre-emption or any other right it may possess.
Art. 14
In the case of disputes that are revealed to be well-founded and accepted by ART AUCTIoNS subsequent to the sale of false objects, the
AUCTIoN HoUSe may, at its own discretion, declare the sale null and void and, if requested, reveal the name of the Seller to the Purchaser. The Purchaser may make use of this Article (Article 14) only and exclusively in the case that s/he has notified ART AUCTIoNS – according to Articles 137 and following in the Code of Civil Procedure – of the dispute in question with the relative proof within fifteen days of
the Auction date. In each case, subsequent to an accepted claim the Purchaser has the right to receive exclusively what was paid as the
disputed hammer price without the addition of interests or other sums for any other reason.
Art. 15
The current Sale Conditions are accepted automatically upon signing the form (see Article 5) and by all those individuals who take
part in the Sale. The above-mentioned Conditions are at the disposal of any individual who requests to see them. Any case of controversy is within the jurisdiction of the Genoa Law Courts.
Art. 16
Privacy Law (Legislative Decree 196/03). Data Controller: ART AUCTIoNS S.r.l. with headquarters in GeNoA, Piazza Campetto, 2. The
Customer may exercise his/her rights according to Legislative Decree 196/03 (access, correction, cancellation, opposition etc), by contacting ART AUCTIoNS S.r.l. GARANZIA DI RISeRVATeZZA according to Article 25 of Legislative Decree 196/03. The information is
computerised with the sole intention of providing the above-mentioned service or any further service relative to the Company, in
such a way that is strictly connected to the question at hand. The supply of data is optional: in default of which, ART AUCTIoNS will
not be able to perform the service required. Data will not be divulged. Participation in an Auction allows ART AUCTIoNS to send subsequent Catalogues of other Auctions.
The estimates relative to the initial sale price, indicated beneath the description of each object in the Catalogue, are intended as NeT
and do not include, for example, the commissions (buyer’s premium), taxes etc. Since the printing time employed for the making of
193
0212
GE101/II
MODULO PER LE OFFERTE /ABSENTEE BIDS FORM
IO SOTTOSCRITTO
NOME/COGNOME
DOCUMENTO/N°
DATA E LUOGO DI EMISSIONE
DOCUMENT/N.
DOCUMENT/N.
NATO A
DATA
BORN IN
DATE
INDIRIZZO
ADDRESS
CITTÀ
CAP
STATO
TOWN
ZIP CODE
COUNTRY
TELEFONO/FAX
E-MAIL
PHONE/FAX
E-MAIL
CODICE FISCALE
TAX PAYERS CODE
CONFERISCO INCARICO
A Wannenes Art Auctions affinché effettui per mio ordine e conto delle offerte per l’acquisto dei lotti qui sotto elencati fino al prezzo massimo (oltre commissioni, tasse e/o imposte e quant’altro dovuto) indicato per ciascuno di essi, e/o prenda contatto telefonico con me al momento in cui saranno posti in vendita i lotti qui sotto
elencati, al numero di telefono da me indicato. Dichiaro di conoscere ed accettare integralmente le condizioni di vendita stampate sul catalogo ed espressamente esonero Wannenes Art Auctions da ogni e qualsiasi responsabilità per le offerte che per qualsiasi motivo non fossero state eseguite in tutto o in parte e/o per le chiamate
che non fossero state effettuate, anche per ragioni dipendenti direttamente da Wannenes Art Auctions.
Data .................................................................... Ora ...........................................
Firma ...................................................................................................................
RICHIAMO ALLE CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA E VARIE
1. Il presente elenco non è da considerarsi esaustivo ma, meramente, esemplificativo; il
partecipante all’asta ha già preso visione delle condizioni generali di vendita che ha dichiarato di aver compreso ed integralmente gradito ed accettato.
2. Nel caso di parità tra un’offerta scritta ed una in sala prevarrà l’offerta scritta.
3. Nel caso di parità tra più offerte scritte prevarrà quella formulata per prima, purchè formulata in maniera completa (garanzie bancarie comprese).
4. Il proponente è perfettamente a conoscenza che il prezzo finale di acquisto sarà composto dalla somma offerta maggiorata dai diritti d’asta e da tutte le imposte e tasse conseguenti, nonché da tutte le voci di spesa chiaramente indicate nel catalogo.
5. Wannenes Art Auctions s’impegna a cercare di effettuare l’acquisto al prezzo più basso possibile.
dati saranno trattati esclusivamente per le finalità per le quali sono stati comunicati e per
l’invio di comunicazioni commerciali e/o pubblicitarie (comunque esclusivamente per
materie inerenti l’oggetto sociale della Wannenes Art Auctions). I dati potranno essere comunicati a persone ed enti che prestano servizi per conto di Wannenes Art Auctions , ivi
compresi istituti di credito per l’espletamento delle formalità di pagamento. I dati potranno essere trattati anche con strumenti informatici.
LEGGE SULLA PRIVACY
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 L. 675/96 e successive modificazioni ed integrazioni i
Firma ...................................................................................................................................
LOTTO
DESCRIZIONE
Ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 del Codice Civile dichiaro di approvare specificatamente con l’ulteriore sottoscrizione che segue gli articoli 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15 delle Condizioni di Vendita.
OFFERTA MASSIMA IN €
fax +39 010 2517767 - [email protected]
We would like to inform that purchaser will pay a sum equivalent to 24% of the hammer price
including the VAT, in compliance with the economic measure L. 148 dated 14.09.11 (VAT increase)
Si comunica che i diritti d’asta sono pari al 24% del prezzo di aggiudicazione, in
ottemperanza alla manovra economica L. 148 del 14/09/2011 (aumento IVA)
AVVISO IMPORTANTE
IMPORTANT NOTICE
NAME/SURNAME
GENOVA 29 febbraio 2012
IMPORTANTI PORCELLANE E MAIOLICHE EUROPEE
MOBILI, SCULTURE E OGGETTI D’ARTE
Cataloghi: + 39 010 2530097 - [email protected]
Web site: www.wannenesgroup.com
recapito telefonico (solo per offerte telefoniche in sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
QUESTO MODULO SARÀ RITENUTO VALIDO SOLO SE PERVERRÀ PER LETTERA O FAX ALMENO SETTE ORE PRIMA DELL’INIZIO DELL’ASTA
NON SI ACCETTANO OFFERTE TELEFONICHE SOTTO I 500 EURO DI STIMA MASSIMA
THIS FORM WILL BE ACCEPTED ONLY IF RECEVED BY E-MAIL OR FAX AT LEAST SEVEN HOURS BEFORE THE BEGINNING OF THE AUCTION
TELEPHONE BIDS LOWER THAN 500 EURO WILL NOT BE ACCEPTED
Foto/Photography
Armando Pastorino - Genova/Genoa-Italy
Paola Zucchi - Genova/Genoa-Italy
Stampa/Printers
Litografia Viscardi - Alessandria-Italy
Grafica/Graphic Design
Crea Graphic Design - Genova/Ovada-Italy
www.crea.ge.it
Finito di stampare nel mese di FEBBRAIO 2012
Printed in Italy
196
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