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IL CALITRANO
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periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Firenze 1
ANNO XXXIII - NUMERO 54
(nuova serie)
CENTRO STUDI CALITRANI
Via Pietro Nenni, 1 - 83045 Calitri (AV)
www.ilcalitrano.it
SETTEMBRE-DICEMBRE 2013
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FISSN 1720-5638
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IN QUESTO NUMERO
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IL CALITRANO
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ANNO XXXIII - N. 54 n.s.
Ripartire con coraggio e
fiducia. Progetto culturale
per Calitri
di A. Raffaele Salvante
3
Fondato nel 1981
Sponz-Fest
del prof. Alfonso Nannariello
4
Calitrani a New York negli
anni ’50, tra cartoni animati
e fumetti
della prof.ssa Concetta Zarrilli
IN COPERTINA:
Calitri, 04.11.2013. Si è celebrata la
Giornata dell’Unità Nazionale e
delle Forze Armate. Questo giorno
ricorda i caduti di tutte le guerre ed
è teso a sottolineare, tutti coloro,
anche giovanissimi, hanno sacrificato
la propria vita per la nostra nazione,
per la Patria. Alla commemorazione
hanno partecipato le autorità locali
civili e religiose, alcune classi delle
scuole pubbliche, la popolazione calitrana tutta, e l’Ass. Nazionale
Bersaglieri sezione di Calitri (AV)
“Canio Di Roma”. Molti calitrani
hanno partecipato con orgoglio
essendo orfani di guerra, e l’unica
cosa che resta è solo un nome scritto sul monumento ai caduti.
Creato e aggiornato gratuitamente
da ITACA www.itacamedia.it
7
Direttore
dott.ssa Angela Toglia
9
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Il matrimonio de I Condor
del dott. Marco Bozza
Carissimo Calitri
di Gerardina Di Napoli
10
Giovanni XXIII
dell’ ambasciatore Gian Paolo Tozzoli
11
Un progetto culturale
per Calitri
13
DIALETTO E CULTURA POPOLARE 14
LA NOSTRA BIBLIOTECA
20
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
21
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
22
REQUIESCANT IN PACE
23
(FotoMichele Cicoira)
La Redazione de
“IL CALITRANO”
augura a TUTTI
un felice e sereno Natale
e un Buon 2014
“Confida nel Signore e opera il bene,
poni nel Signore la tua gioia,
possa egli appagare il desiderio
del tuo cuore”.
(Salmo 37/3)
Sito Internet:
www.ilcalitrano.it
E-mail:
[email protected]
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È passato un anno …
Associazione “Il Chicco di grano”
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
Segreteria
Michela Salvante
Direzione, Redazione,
Amministrazione
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del Tribunale di Firenze
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Chiuso in stampa il 18 novembre 2013
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C’È ANCORA TANTO CAMMINO DA FARE, INSIEME
RIPARTIRE CON CORAGGIO E FIDUCIA
Il Signore ha risolto tutte le Leggi nell’unica legge dell’“amore”, perché quel che conta veramente non è la norma,
ma il modo con cui, nella diversità dei tempi e dei modi, si realizza l’amore verso i fratelli concittadini.
C chiacchiere, puro e semplice vanilohiacchiere, chiacchiere e ancora
quio di chi ama sentirsi parlare addosso,
infatti dopo il nostro grido di allarme sull’ultimo articolo di fondo, non è cambiato assolutamente nulla; ci hanno propinato fraterni consigli e suggerimenti: la
carta è troppo elegante, i tre numeri l’anno si potrebbero ridurre a due, non mandare il giornale a chi non fa nessuna offerta e così via… ma non è la differenza
di un centinaio di copie che può risolvere il problema, né tantomeno ci sentiamo
di tradire la nostra prima volontà di fare
arrivare il giornale a “tutte le famiglie
calitrane”.
Per chi non lo ricordasse, la testata del titolo di fondo del “primo” numero (1981)
diceva:”Fatti e non (solo) parole” e racchiudeva tutto un progetto, un programma che abbiamo cercato di attuare, alla
meglio, in questi 33 anni e non ci sentiamo, ora, di buttare tutto a mare, poiché le
parole sono un vincolo d’onore, specie se
suffragate dai fatti, dai gesti, dall’impegno in prima persona, perciò fiduciosi abbiamo deciso che le pubblicazioni del
giornale proseguiranno.
Il mondo è in continuo mutamento, la
realtà sociale è in accelerata trasformazione, e in questa fase travolgente e di continua emergenza, tutto crolla, tutto precipita, con l’inversione negativa di tutti i
valori, rapporti sociali imbarbariti, le manifestazioni ripugnanti del potere finanziario; dunque il vizio non è più nell’animo dei singoli individui, ma è insito nelle
cose, è parte imprescindibile del sistema,
che senza più legami con le passate, nobili tradizioni ha decretato la “morte della storia”, inseguendo soltanto il tornaconto personale.
A chi spetta dare un fondamento etico
all’azione dei cittadini sulla base di una
più aperta educazione intellettuale? Noi
siamo convinti che questo compito spetti a ciascuno di noi; in verità su questo
assunto le problematiche non mancano,
anche se alcune molto suggestive come
le frasi buone per tutte le interpretazioni; ma di fronte al fenomeno malavitoso, la sua pervasività sociale, la sua violenza,il suo potere alternativo e distonico
ai precetti del vivere civile, dobbiamo restare attoniti e subire o piuttosto reagire
con forza, con convinzione per recuperare credibilità di fronte a fatti scomodi
ed imbarazzanti?
Chi deve ispirare nei giovani, ma non soltanto loro, un anelito di normalità, di voglia di riscatto, di merito, di desiderio di
competenze? Sulla classe dirigente e in
generale sulla politica, alcuni esperti dicono “ si è sbiadito il senso della politica”. I sindacati che dovrebbero mediare
tra chi governa e la popolazione sono diventati gruppi di potere. L’interesse per il
bene comune è venuto meno.
Siamo consapevoli che ricostruire il tessuto lacerato della nostra comunità civile
non sarà facile, ma scegliere di cambiare
è un sacrosanto dovere, condannando qualunque forma di illegalità, di sopruso, perché il potere, il facile guadagno senza sudore e senza conquista disintegrano i
valori, annullano la persona, distruggono
l’esistenza e l’anima di chi ti sta accanto.
Purtroppo ci sono oggi, come ci sono stati in ogni epoca, coloro che si muovono con
quella eterna carica di ambiguità, reticenza e cinismo, oppure gli spiriti scarsi, sterili, insignificanti e meschini, che muovono sempre, con la bava alla bocca, accuse
e condanne agli uomini coraggiosi, che
hanno iniziativa, zelo e coraggio da vendere, ma questa è la storia del mondo, troppo comune per darle eccessivo credito!
In un simile contesto, si capisce facilmente che si può finire nel mirino della
malavita solo per aver ritenuto normale
far rispettare la legge, ed anche in questo
caso dobbiamo assolvere al nostro dovere di essere inflessibili presidi di progresso
e di costruttori delle coscienze.
A. Raffaele Salvante
3
CALITRI
E LA MONNEZZA
L’indignazione, la rabbia, finanche la cattiveria hanno animato l’assemblea del 27
settembre tenuta a Calitri nei locali del’ex
Eca per discutere dell’attività di “trattamento dei rifiuti” da parte della società
Eco Energy System in cerca di nuovi siti
come la ex Palcitric di Calitri che, benché chiusa da ben diciotto anni, non è ancora stata bonificata dalla presenza di rifiuti tossici e nocivi.
La cittadinanza compatta e decisa ha respinto ogni colloquio o trattativa perché
non vuol neanche sentir parlare di compostaggio di nettezza urbana, in una zona poi già occupata da aziende del settore alimentare come latticini, salumifici,
panifici ecc.
Gli egoismi, le incapacità, le gelosie, le ambizioni fallite, nonché il cinismo spregiudicato di alcuni che non sanno cosa è la
politica seria, a supporto delle loro defaianze vorrebbero contrabbandare l’installazione della “monnezza” quale giustificativo e motivo per fronteggiare una
sempre più deleteria disoccupazione; ma
è bene intenderci subito e senza alcuna remora sulla decisa, forte e
combatta opposizione.
Per tutti i lettori, amici, conoscenti e simpatizzanti che hanno contattato, in vario
modo, il Giornale, per conoscere il nostro pensiero circa la presenza sul nostro territorio di questo tipo di società,
affermiamo quanto segue:
SAREBBE UNA DELLE PIÙ GRAVI E SCRITERIATE IATTURE PER
IL SACCHEGGIO DELL’AMBIENTE E PER LA SALUTE DELLE FUTURE GENERAZIONI.
È una enorme responsabilità che –
speriamo – nessuno vorrà addossarsi, con atteggiamento collusivo,
perché sarebbe un fatto davvero triste, doloroso e traumatico.
I Calitrani devono amare il proprio
paese e per amarlo non lo devono
insozzare.
La direzione
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SU VINICIO E IL CALITRI SPONZ FEST
DALLA SCENA AL GIOCO
del prof. Alfonso Nannariello
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milia Bersabea Cirillo, una mia
amica di Avellino, presentando
alcuni giorni dopo lo Sponz fest un suo
libro a Calitri, ha detto che Vinicio è uno
“di quegli intellettuali una volta detti
organici”.
Non so se, tra i tanti che hanno concorso
a costruire il mito marxista dell’intellettuale organico, Gramsci possa essere
stato d’accordo. Certamente Vinicio ha
sempre avvertito la necessità di impegnarsi in cause civili. Ricordiamo, ad
esempio, relativamente al nostro territorio, la sua partecipazione alla lotta per la
difesa del Formicoso. Tra le sue battaglie civili recenti Tefteri. Il libro dei conti
in sospeso (Il Saggiatore, 2013), con il
quale, tra le altre cose, si schiera dalla
parte dei greci, che sperimentano una
povertà senza precedenti per pagare il
loro conto a questa crisi.
Con la sua Sponzafesta, Vinicio si è
messo di nuovo al servizio di un riscatto,
se non di una classe, ancora di un territorio depresso tanto quanto i proletari che
sembrano aver ceduto il passo e il posto
Lo SponzFest, organizzato a fine agosto 2013 a
Calitri dall’artista Vinicio Capossela, è stato un vero e proprio evento che ha visto la partecipazione di circa 15.000 persone. Nella Casa dell’ECA è stata allestita una mostra fotografica
concernente i matrimoni calitrani.Alcune di queste foto sono opera del fotografo Luigi Nicolais (18.10.1936 + 08.09.1998), grande professionista del bianco-nero e del ritocco a mano,
nonché discepolo – dall’età di 13 anni- di un altro grande fotografo Canio Rainone. Con questa foto si vuole rendere omaggio alla sua memoria, alla sua grande professionalità, ad una
carriera costellata di premi e riconoscenze. Il figlio Vincenzo, la nuora Angela e la moglie Angela lo ricordano con tanto affetto.
a diverse e isolate frange di indignati e
soccombenti.
Specie in quest’ultima occasione Vinicio
è stato il nostro egemòn, il condottiero
dei giorni che hanno smesso di farci sentire il loro rumore corrente. L’affermazione di Emilia mi ha suggestionato per
l’organico.
In Rosso inverso ho scritto che l’architettura della parte storica di Calitri è
“architettura organica”. Mutuata da
Frank Lloyd Wright, la definizione l’intesi come capacità degli uomini di qui di
costruire il paese coi materiali di cui loro
stessi erano fatti. Il brano, perciò, lo titolai Una sola tèmpa.
Parlando delle case di Calitri, Vinicio
dice che, “una sopra l’altra, erano cementate dalle chiacchiere, dai versi degli animali”. La forza di quella comunità, sbriciolata un po’ alla volta dall’emigrazione
degli inizi del secondo Novecento, era in
quella cosa che amalgamava tutto. In
quella cosa che impastava tra loro cose,
animali e persone.
E non posso non tener conto del fatto
che, chiacchierando, dalla bocca partano
schizzi di saliva. E non può non venirmi
in mente la guarigione di Betsaida.
Secondo Marco, Gesù sputò sugli occhi
del cieco nato. Secondo Giovanni,
invece, fece il miracolo spalmandogli
sugli occhi la terra impastata con sputacchi. In ogni caso la saliva servì a
legare, e a creare ciò che non esisteva. Su
queste nostre colline, fabbricandoci le
case, gli uomini che decisero di fermarsi
qui, fecero gli occhi a questa terra cui
diedero pure il loro spirito per farla viva,
per farla respirare.
Chiunque provi a compiere un miracolo
così, impastando la terra con i suoi
umori, non può non sporcarsi le mani e
sponzarsi di sudore. Come ho scritto
ancora in Rosso inverso chi ha fabbricato qui ha sposato queste colline. E queste case sono la fede nuziale messa al
loro anulare. In qualità di direttore artistico dello Sponz, Vinicio è entrato dietro
le quinte. Dal mettersi in scena è pas4
sato al mettersi in gioco. È salito su una
barca che, per quanto traversasse un lago,
oscillava. Ha accettato di rischiare di fallire, intaccando il proprio nome. Qualcuno sa perché? Nessuno può permettersi la minima dose di cinismo, come
qualcun altro ha fatto con Raffaele Salvante, direttore fino a due numeri fa di
questo giornale, sapendo delle difficoltà
del periodico, dicendo Chi glielo ha fatto
fare?
Vinicio, con la sua festa, ha indicato un
modello per riuscire a strapparci fuori
dalla palude tirandoci, come si legge nel
Barone di Münchhausen, da soli per i
capelli. Ha prodotto un’occasione, come
ha tenuto a dire quando è finito tutto,
quando le parti si sono invertite, quando la
carne è andata sotto e i maccheroni sopra,
quando è stato lui a ringraziare noi.
Lo Sponz fest è stato lo sputo, l’inizio
della cura. Come tutti quelli che hanno
collaborato alla realizzazione dell’evento,
e tutti quelli che vi hanno preso parte
come fruitori dei vari momenti e spettatori dello spettacolo finale, sono testimone del fatto che col suo Vinicio ci ha
amalgamati e ci ha impastati. E non può
non venire in mente quello che si legge in
Marco 6
Gesù, vedendo che quelli che lo seguivano “erano come pecore senza pastore,
si fermò con loro”.
A dire il vero, come attestano da tempo i
cartelloni dell’estate calitrana, per restare
nell’ambito del ludico, abbiamo provato,
e non solo in questa stagione, in tanti
modi a tenerci su con qualche flebo o
qualche trasfusione. E un poco di colore,
d’estate soprattutto, lo si riprende.
Poi di colpo le cose sono cambiate, grazie a lui, a Vinicio. Fermatosi con noi, su
un bisogno che da tempo gli covava, su
una sua parola le forze si sono raccolte. E
ognuno ha messo insieme la pasta del
suo pane. E il poco di ognuno, mischiato
nella stessa madia, su un unico progetto,
s’è moltiplicato.
E abbiamo sentito le ossa di nuovo al
loro posto, e sopra i nervi e i tendini a
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saldarle, e poi la carne che sopra s’addensava e la pelle che la ricopriva. E
abbiamo visto i tanti fatti uno. E, come
nella teca di san Gennaro, ci siamo sentiti il sangue sciogliersi dal coagulo, e lo
spirito della vita entrare di nuovo in noi.
Ed è stata festa per esserci ritrovati fuori
dallo stagno, fuori dal cubicolo. Per
essere tornati a sentirci vivi. Per essere
tornati uno, corpo con tutte le sue membra. Per esserci sentiti di nuovo popolo.
Dopo aver mangiato, bevuto, ballato,
gioito e cantato nei giorni della festa, nei
giorni dello Sponz fest, oggi non viviamo
da spensierati. Riprendendo a sentire il
rumore dei giorni feriali, dello Sponz
abbiamo mostrato, forse anche grazie
all’eco e alla nostalgia di quell’evento, il
suo frutto maturo (quel sentirci gente,
popolo, gruppo sociale coeso), sull’occasione delle nostre nuove emergenze territoriali, che ci espongono al rischio di
vedere la nostra diventare la nuova “terra
dei fuochi”, non di quelli rituali di
sant’Antùono, ma di quegli altri nocivi e
infernali prodotti da chi, devoto ai propri
interessi particolari e immediati, attenta
la salute pubblica e, partendo da qui, l’intero creato.
Calitri, 23.01.1963. Matrimonio di Antonietta
Avella e Francesco Cerreta (ricca recca).
Ha, quindi, ragione Vinicio quando
dichiara che occorrono occasioni per
coniugarci: per avere un solo sentire e
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farci una sola carne. Ma forse a noi le sole
occasioni non bastano. Noi abbiamo bisogno che queste siano di qualità, che attraggano. Pare abbiamo bisogno di calamite
che raccolgano i pezzi in uno spazio, in un
momento, in un punto. Ma forse ancora
questo non è tutto e non basta. Anche noi
abbiamo bisogno di uno capace di impastare quel materiale raccolto in tritume,
un Maestro in grado di trasformare la
creta in carne, l’acqua in vino, il piombo
in oro. E, di volta in volta, troviamo le
persone o le associazioni più adatte, come
in questa autunnale occasione gli attivisti
di Sel e Legambiente, che aiutano a portare i pesi gli uni degli altri.
Se questa esperienza di aggregazione
continuerà, se avrà la sua domenica in
nuove edizioni dello Sponz, se continueremo a far nostra la sua lezione, sarà evidente a tutti che Vinicio, come Enea
Anchise, si è messo (magari, come è giusto che sia, solo per un tratto di strada)
sulle spalle il padre del padre, e se l’è
fatto figlio. Intanto già da ora, e per ciò
che è stato, GRAZIA!
Calitrani a New York negli anni
Cinquanta, tra cartoni animati e fumetti
della prof.ssa Concetta Zarrilli
E
llis Island li aspettava lì, sotto lo
sguardo di pietra e la fiaccola accesa
della speranza della statua della Libertà.
L’isolotto sembrava una grande piattaforma quadrangolare galleggiante nel
porto di New York. Lì bisognava superare
visite mediche ed esami per risultare idonei ad essere accolti negli USA. Ellis
Island era il posto dove in molti casi ci si
lasciava subito alle spalle l’esperienza di
settimane di navigazione per l’Oceano
Atlantico, durante le quali si sognava il
proprio futuro più roseo del presente che
si stava vivendo; sulle navi spesso si soffriva il mal di mare per tutto il tempo, ci
si ammalava, ci si innamorava, si faceva
la luna di miele, si nasceva, e si moriva
anche, realmente, o solo di malinconia e
di nostalgia. Coloro che ad Ellis Island
risultavano non idonei venivano imme-
diatamente rispediti indietro, con la
stessa nave con cui erano giunti; a volte
bastava una banale congiuntivite, magari
presa durante il viaggio, e si ritornava in
Italia, con l’amara delusione di un sogno
infranto, e poi di America non se ne
voleva più sentir parlare. Gli ammalati
di vaiolo o di altre malattie contagiose
venivano messi in quarantena. Superate
le barriere di Ellis Island, ci si recava dal
familiare o conoscente indicato sui documenti, disposto ad accoglierti almeno per
i primi tempi, o dal marito sposato per
procura e spesso visto solo in fotografia,
oppure con i bambini piccoli al seguito, si
andava dal marito che era lì già da qualche anno, partito dopo la nascita dei figli.
E si iniziava una nuova vita.
Come tanti altri emigranti, erano giunti a
New York Maria Gervasi, nata a Calitri il
4 dicembre 1878 da Michele Angelo Ger5
vasi e Maria Concetta Bozza, e Francesco Paolo Lanza, il cui cognome fu poi
“inglesizzato” in Lantz presso l’Ufficio
Immigrazione. Sposatisi, Maria e Francesco vissero nel quartiere di New Rochelle, e lì nacque, il 27 aprile 1899, un
loro figlio, Walter Benjamin Lantz. Già
da bambino Walter mostrava grande interesse per il disegno, e si divertiva ad inventare personaggi; ancora ragazzino, come tanti della sua età, cominciò a lavorare
presso un meccanico, e un giorno un ricco cliente, Fred Kafka, vide i suoi disegni
sul tabellone dell’officina meccanica. Colpito dalla bravura del ragazzo, Kafka decise di finanziare i suoi studi presso la
“New York City’s Art Students League”,
aiutandolo nello stesso tempo a trovare
lavoro come fattorino presso il giornale
“New York American”. Il piccolo studente lavoratore continuò i suoi progressi: al-
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IL CALITRANO
l’età di sedici anni cominciò a lavorare
dietro alla macchina da presa nella realizzazione di cartoni animati, con la direzione di Gregory La Cava, poco più grande di lui, pionieri entrambi in questo
nuovo genere cinematografico. Il successo non tardò ad arrivare; al 1924 risale il
suo primo personaggio, Dinky Doodle,
un ragazzino spiritoso con berretto, pantaloncini scuri e maglietta a righe; la serie andò avanti per due anni, e nel 1927
Lantz approdò ad Hollywood, dove lavorò con Frank Capra. Nel 1928 fu direttore della fortunata serie di cartoni
“Oswald the Lucky Rabbit” (“Osvaldo il
Coniglio Fortunato”), creato da Charles
Mintz, che si ispirò a Mickey Mouse, il
Topolino di Walt Disney che apparve sugli schermi nello stesso anno. Negli anni
successivi Walter diede vita a nuovi suoi
personaggi, che ebbero grande successo
fra il pubblico dei bambini: presso la casa cinematografica Universal videro la luce Meany, Miny, Moe, Shuffy Skunk e il
più famoso Andy Panda e infine BabyFace Mouse del 1938, che tanto ricorda
sia Mikey Mouse che Oswald. Lantz divenne così produttore cinematografico
dal 1935; è considerato ancora oggi l’inventore dei cartoni animati a colori, e tale svolta fu molto apprezzata soprattutto
dai più piccoli; ma anche i grandi gradivano molto i suoi lavori, per le colonne sonore jazz che li accompagnavano, nuove
melodie di volta in volta composte appositamente per ogni cartone. Il grande successo che ottenne gli fece guadagnare
l’appellativo “the other Walt” (“l’altro
Walt”), con l’ovvio riferimento a Walt Disney. Dopo essere stato già sposato con
Doris Hollister, nel 1940 Walter sposò
l’attrice Grace Stafford. Come ricorda Joe
Adamson nella biografia di Lantz, “The
Walter Lantz story”, durante la luna di
miele nel cottage di famiglia presso
Sherwood Lake, in California, da un picchio che di notte batteva col suo becco sul
tetto, Lantz ebbe l’ispirazione per il personaggio che ha consolidato il suo successo: nacque così Woody Woodpecker,
in Italia noto con il nome “Picchiarello”,
che debuttò nell’episodio “Knock Knock”
di Andy Panda di quell’anno.
Sua moglie diede la voce a Woody, ma inizialmente la notizia non venne resa nota
nei titoli di coda, perché Walter temeva
che i bambini non avrebbero apprezzato
che la voce di un picchio maschio fosse di
donna. Woody Woodpecker gli diede enor-
me popolarità facendolo diventare il cartoonista preferito della “baby boom generation”. Lo studio di Lantz fu aperto fino
al 1972, considerato ormai un “classic cartoon studio”, mentre in tutto il mondo si
diffondevano i cartoni animati giapponesi. In seguito continuò a dipingere in privato, istituendo anche premi e borse di studio per disegnatori; morì a Burbank in
California, per insufficienza cardiaca, il
22 marzo 1994, all’età di 94 anni.
Il 24 maggio 1925 nasceva a Brooklyn un
altro grande artista, Carmine Infantino, figlio di Pasquale detto “ Patrick”, e di Angela Rosa della Badia, di Calitri, che compare nei registri di Ellis Island per essere
emigrata a New York nel 1909, all’età di
Walter Lantz (1899-1994) e i suoi personaggi
8 anni. Pasquale Patrik Infantino era nato a New York da genitori di origine italiana, ed era un musicista, suonava il sassofono, il clarinetto e il violino nella band
di Harry Warren, compositore di musical
e di grandi successi, come “You’ll never
Know”, per cui vinse anche l’Oscar, la colonna sonora del film “42ª Strada”, e
“That’s Amore”, portata al successo dal
noto Dean Martin, all’anagrafe Dino Crocetti, anche lui di origine italiana, cresciuto nell’Ohio. Anche Harry Warren era
nato da genitori italiani, il suo vero nome
era Salvatore Antonio Guaragna, e anche
lui era cresciuto a Brooklyn, un quartiere
di emigranti, dove tutti si conoscevano.
Lì i connazionali si frequentavano fra loro, mantenendo un indissolubile legame
con la terra d’origine, ricordata ancora oggi nei nomi delle nuove strade di allora: a
Brooklyn c’è via Calitri, e lì i Calitrani
emigrati avevano fondato nel 1913 la “Società di Fratellanza Calitrana di
Brooklyn”; più tardi le notizie si sareb6
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bero diffuse da una sponda all’altra dell’Oceano Atlantico anche grazie a periodici come “L’Eco Calitrana” o “Il Corriere Ofantino”, che garantivano un
“ponte” di collegamento con il loro amato paese. I “barbershop”, i saloni dei barbieri, in cui, continuando la tradizione irpina, si eseguivano anche lavori di
sartoria, erano il posto dove le notizie
giungevano, si commentavano, venivano
diffuse, dove si leggevano i giornali, dove si sapeva tutto di tutti i compaesani. Si
mantenevano vive le abitudini di sempre,
le cene, i raduni, i canti, la musica, il culto religioso. A New York era stata fondata la “Società dell’Immacolata Concezione di Calitri” e, oltre a donare grandi
somme di danaro per la ricostruzione della chiesa dell’Immacolata in occasione
del terremoto del 1910, gli emigranti calitrani avevano fatto giungere negli anni
Trenta da Calitri una copia della tanto venerata statua dell’Immacolata, che fu poi
custodita nella chiesa della Madonna di
Loreto a Brooklyn, dove c’erano in tutto
circa trenta statue di santi e madonne,
ognuna relativa ad una comunità di fedeli, e ognuna copia dell’originale che si trovava nei paesi o città di provenienza in
Italia; si ripetevano i rituali come le processioni, quando, in occasione delle varie ricorrenze, si portavano a spalla per le
strade di Brooklyn le statue ornate con
banconote spillate a nastri in segno di grazie ricevute, e con collane e gioielli d’oro donati in segno di devozione, con tanto di archi di luminarie e parati di lenzuola
ricamate, proprio come si faceva e si fa in
parte ancora oggi qui a Calitri. In questa
cornice storica e sociale, una giovane ragazza calitrana, che da bambina aveva attraversato l’Oceano su una nave, aveva
sposato un simpatico musicista, e aveva
messo al mondo un bambino, pochi anni
prima del fatidico crollo della Borsa di
Wall Street del 1929. La Grande Depressione che seguì il disastro finanziario non
spaventò più di tanto i Calitrani in America; erano abituati alla povertà, al paese
erano stati ancora peggio. Dall’Italia non
partiva quasi più nessuno, anche perché
alle sempre più restrittive leggi americane era seguito il divieto di emigrazione
stabile emanato dopo il 1926 da Mussolini, che era convinto che l’emigrazione
definitiva fosse un indebolimento, una
perdita di forze utili alla nazione italiana.
Durante la Grande Depressione Pasquale “Patrick” non fece più il musicista, ma
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l’idraulico, e con grandi sacrifici consentì
a Carmine di studiare alla “School of Industrial Art”, dandogli l’opportunità di
coltivare la sua grande passione per il disegno. Come ricordava nella sua autobiografia, “The amazing world of Carmine Infantino: an autobiography” (“Il
sorprendente mondo di Carmine Infantino: un’autobiografia”), insieme al suo
compagno di scuola Frank Giacoia, negli
anni Quaranta era andato a cercare lavoro alla Timely, casa editrice di fumetti di
New York. Cominciarono a disegnare lì,
e mentre Giacoia lasciò la scuola per il lavoro, Carmine non lo fece, perché il padre lo costrinse a terminare prima gli studi. Dopo il diploma, negli anni Cinquanta,
Carmine disegnò la serie di fumetti “Charlie Chan” per la Prize Comics. Nel 1956
l’editore della casa di fumetti DC, Julius
Schwartz, gli diede il compito di “rimodernare” i supereroi nella serie “Showcase” n.4, e fu allora che ridisegnò il personaggio Fash Gordon. Nella storia “Flash
dei due mondi” il supereroe fu presentato con una nuova tuta rossa, e calato nel
nuovo contesto dei tempi; iniziò così la
“Silver Age” della DC Comics, di cui ancora oggi Carmine Infantino è indicato
come il maggiore esponente, una vera leggenda per gli appassionati di fumetti in
tutto il mondo. Dal 1966 fu direttore editoriale della DC Comics, carica mai ricoperta da un disegnatore prima di allora. A lui è riconosciuto il grande merito
di aver rinnovato molti supereroi, da Batman a Superman, di aver inventato la Batmobile e Batgirl, e nel periodo di collaborazione con la casa Marvel negli anni
’70 e ’80 disegnò varie serie di Captain
America, Daredevil, Hulk, Spider-Woman e Star Wars, oltre al lavoro svolto
presso la casa editrice Warren. Ha conseguito numerosi premi e riconoscimenti
alla sua carriera, durata oltre 60 anni.
Un’esperienza singolare fu la pubblicazione dal 1952 presso la DC Comics della serie “The Adventures of Dean Martin
and Jerry Lewis” (“Le avventure di Dean
Martin e Jerry Lewis”): la coppia più popolare del cinema e della canzone americana venne immortalata in una serie di fumetti, a detta dello stesso Infantino un po’
ridicola, che però ebbe grande successo;
il contributo di Carmine a questa serie non
fu palesato, lo ha dichiarato egli stesso in
un’intervista; disegnò Dean Martin, giunto all’apice del successo con i suoi film,
e con la canzone “That’s Amore”, che ancora oggi rappresenta l’italianità nel mondo, con quelle parole italiane inserite nel
testo inglese “ just like past’e fasul…pizza
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Carmine Infantino (1925-2013)
pie…vita bella…tarantella”, e l’orecchiabile melodia creata proprio da Harry
Warren, al cui successo aveva contribuito prima della Grande Depressione anche
il padre di Carmine, Pasquale. Carmine
Infantino si è spento il 4 aprile 2013 nella sua casa di Manhattan, all’età di 87 anni, lasciando una grande e valida influenza su molti disegnatori di fumetti di
oggi; è stato un maestro che come si suol
dire “ ha fatto scuola”. Insieme a Walter
Lantz è un figlio di Calitri, e credo che
entrambi, per l’estro creativo e la professionalità che li ha contraddistinti, oltre
che per le loro brillanti carriere, meritino
un posto importante nella memoria collettiva della nostra comunità, oltre che all’esterno di essa.
È PASSATO UN ANNO …
Associazione “Il Chicco di grano”
È
passato un anno dal 9 ottobre 2012, il
giorno in cui Calitri intera si è fermata per piangere la scomparsa di Angelo
Di Milia.
A distanza di un anno, a testimonianza dell’affetto e della stima di cui godeva, tanta
di quella gente si è ritrovata, insieme alla
moglie Rosa, al fratello Giuseppe, ai familiari e agli amici più stretti, nell’auditorium
dell’Istituto Maffucci per assistere alla cerimonia per l’assegnazione delle borse di
studio istituite dall’associazione “Il Chicco di Grano, in memoria di Angelo Di Milia” per testimoniare il suo profondo legame con il paese natio e per premiare quei
ragazzi che come lui amano lo studio e l’impegno per il territorio.
Erano presenti tutti gli alunni del triennio
e i docenti dei tre indirizzi.
Il concorso svolto riguardava una elaborazione del testo:
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire
non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo,
che anche quando non ci sei resta ad aspettarti (Cesare Pavese – La Luna e i Falò)
che gli studenti hanno svolto in diverse modalità espressive.
Il Dirigente scolastico, prof. Gerardo Vespucci, ha elogiato l’iniziativa ed ha esortato gli alunni affinché, nell’esempio di Angelo, reagiscano alla rassegnazione e alla
tentazione dell’abbandono. Dopo aver illustrato le modalità di valutazione degli
elaborati, sono stati premiati gli alunni:
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• per l’indirizzo scientifico Sara Maffucci
del V anno (attualmente iscritta al primo
anno di Università ad Urbino), che ha
scritto un originale articolo di giornale
contenente una riflessione riguardo il rapporto con i nostri paesi, pubblicato su
una immaginaria rivista scolastica mensile;
• per l’indirizzo economico Stefano Colagiacomo, del IV anno ITC che ha prodotto un corposo studio di contesto sullo
stato economico del nostro territorio;
• per l’indirizzo artistico Riccardo Maffucci, del IV anno ISA che ha realizzato
un’opera di tempera su carta dal titolo
“Un Chicco di Speranza”, rappresentante Calitri immerso in un campo di grano.
La signora Rosa Ricciardo ha consegnato
ai vincitori un attestato con la motivazio-
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ne del premio ed un assegno di 500,00 euro. Tutti i lavori prodotti saranno custoditi dall’associazione, che valuterà i modi
per valorizzarli, oltre che raccoglierli in un
archivio. Il ringraziamento da parte dell’Associazione va a tutti gli studenti che
hanno partecipato con i loro bellissimi lavori e un ringraziamento particolare va
agli studenti premiati, che con i loro elaborati hanno espresso speranza, intelligenza e dedizione al lavoro.
A conclusione della manifestazione, semplice ma sentita, è stato assegnato il seguente tema per la prossima edizione (vedi bax a lato).
Ai partecipanti al concorso l’Associazione augura un buon lavoro ed esorta tutti
gli studenti a valorizzare le proprie capacità nell’obiettivo di costruire il proprio
futuro.
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
tratto dal libro “Opere sull’acqua ed altre poesie” di Erri De Luca.
riuscendoci poco … me meschino!
Anche se lontano dalla terra natìa,
mi rivolgevo a te per molte cose
e tu con passione e mai con apatia
trasformavi le spine in tante rose.
Per quanto sforzi la mia mente
riesco a ricordare
l’immagine di un uomo solamente
con tanta voglia di insegnare.
A mio zio Giovanni
Ti sentivo vicino ogni istante
Quando giocavo, quando studiavo,
eri il mio Angelo custode costante,
serio e intransigente, ma ti amavo!
Quando capii i tuoi insegnamenti
Lontano andai ancor ragazzino,
cercai lo stesso di emulare i tuoi comportamenti
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L’insegnante, l’uomo, la perfezione
rappresentavi per me in ogni istante,
il modello da cui attingere con ragione
quanto c’è di utile ed importante.
Un amaro destino presto ha carpato le ali
interrompendo il volo esemplare
di persona retta, senza eguali
che tutti hanno potuto ammirare.
Anche gli amici e il Sacerdote
vollero quel giorno ricordare
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quante e quale fosse la tua dote
e come eri pronto a ricominciare.
Il vuoto che in me hai lasciato
è grande e non lo può colmare
il semplice ricordo del passato,
… cosa non darei per poterti riabbracciare!
Anche tu di affetto ne davi tanto
e ti ho visto a me vicino … mi guardavi
in quella stanza a Benevento
cosa fare mesto e immobile pensavi …
… a cosa non lo potrò mai sapere,
certo fu il tonfo del cuor mio
che avvertii nel trasalire,
ma t’assicuro che furono dolci istanti caro Zio!
Poterti rivedere da trapassato
fu la conferma di una nuova vita,
anche da mortomi hai insegnato
rettitudine, amore, onestà infinita.
03.02.2000
E.A. Cerreta
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IL MATRIMONIO DE “I CONDOR”
del dott. Marco Bozza
Q paese ove diverse tradizioni radicate
uando si vive e si cresce in un piccolo
nel tempo non smettono di cessare, inevitabilmente si resta colpiti da quegli aspetti
positivi che lasciano il segno. Avevo da poco
terminato la seconda elementare, come premio per la promozione mi fu regalata una
piccola bicicletta con la quale macinavo chilometri nei pressi di casa mia. Essendo Calitri un paese dove la pianura è quasi un lusso,
m’intrattenevo spesso in una piccola via leggermente in pianura a pochi centinaia di
metri da dove ancora abito. Una strada
sdrucciolevole, nulla di importante da
segnalare lungo la stessa, se non il suono
che ogni tanto proveniva da un garage posto
di fronte all’entrata posteriore dell’arrotino
Polestra. Era il garage di Giovanni Buldo, il
quale insieme a Nino Tavarone, Antonio
Daniele e Crescenzo Martiniello hanno animato nel tempo il gruppo musicale “I Condor”. Una joint venture calitrana-aquilonese
accompagnata dalla passione per la musica
e da una bravura artistica premiata a livello
discografico con l’album “Viaggio” da un
lato, dall’altro è indissolubile il legame della
band con il mondo dei matrimoni. Nel
garage menzionato poc’anzi, caratterizzato
da una grossa porta in legno blu scuro, questi quatto paladini della musica nostrana
facevano le prove, per dare poi il meglio di
se durante varie esibizioni. Ricordo oggi
come allora, i mille passaggi davanti a
quella porta per ascoltare della musica
divertente e gioiosa mista alla voce intramontabile del Freddie Mercury del Sud
(Giovanni). Secondo la legge, il matrimonio
è il negozio giuridico con il quale un uomo
e una donna formano una famiglia, costituendo tra loro un vincolo di fedeltà, assistenza, collaborazione e coabitazione. Se
però decidi di sposarti a Calitri, allora la
forma giuridica lascia spazio alla tempesta
ormonale di chi già durante la celebrazione
nuziale non vede l’ora di scatenarsi in pista
nelle ore successive al fatidico “si”. Tra la
fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90
decine e decine di coppie si sono unite in
matrimonio, poi magari si sono sciolte e
risposate con partner diversi ma sempre e
soltanto sotto l’egida de “I Condor”. Come
scrivevo all’inizio, quando la tradizione la fa
da padrone, anche nei matrimoni, sono
poche le cose che non possono mancare: il
classico pranzo tradizionale lungo ore e ore
(con le famose cannazze) e l’intrattenimento
musicale di chi sa interpretare con particolare maestria il vero ballo liscio, quello che
fa scalpitare anche chi nel ballo non ha mai
riposto vive speranze. Ho partecipato a
diversi matrimoni nel periodo a cui accennavo sopra, tenutisi per la gran parte al ristorante “Al Pino” oppure presso il ristorante
“Gagliano”. Il matrimonio oltreconfine
aveva un sapore alquanto blasfemo. La classica partecipazione nuziale recapitata per
posta, nella gran parte dei casi, non esisteva,
bensì i genitori della sposa o dello sposo, si
presentavano nelle case degli invitati ad
annunziare il futuro accoppiamento del proprio rampollo o aquila reale (accade ancora
oggi, ma in alcuni casi si dà spazio ad una
comunicazione più formale e meno rurale).
Quando chiedevo dove dovessero “salutare
parenti ed amici”, storcevo un po’ il naso in
occasione del primo ristorante, mentre ero
un pochino più contento in occasione del
secondo. Nel primo caso, più che al ristorante, sembrava di stare nella piazzola di
una caserma contenente automezzi dismessi
avvolti dalla ruggine, ove dei pilastri in
cemento armato al centro della sala erano di
ostacolo alla velocità di camerieri improvvisati e alla performance di ballerini testo-
steronici. Nel secondo caso, l’ambiente era
molto più elegantino, ma quando in un mese
eri condannato a quattro-cinque matrimoni,
allora avresti preferito un eremo solitario in
cima ad una montagna innevata su cui
ascoltare da lontano le note di Rosamunda.
L’impostazione matrimoniale vecchio
stampo si divideva in due parti: il giorno il
pranzo e la sera il buffet, il taglio della torta
e il ballo. Nella seconda parte entravano in
scena loro: “I Condor”. Ricordo che quando
si ritornava la sera al ristorante, dopo essersi
riposati a casa a seguito di una lotta grecoromana con un pranzo ove spesso la quantità superava la qualità, davanti la porta d’ingresso era quasi sempre parcheggiata la
Citroen di Crescenzo, leggermente impolverata, con i suoi ammortizzatori idraulici
pronti ad elevarsi non appena sarebbe avvenuta la messa in moto. La pista da ballo
solitamente si riduceva in una sorta di sudiciume in quanto il buffet serale faceva in
modo che spesso bibite e liquidi vari si
riversassero in terra. Il ballo non mi ha mai
attratto, per cui ero solito sedermi in un
posto ove poter guardare le gesta della band,
a cui nel tempo si è aggiunta Ornella Lanzaretti, la cui voce forte, intensa e decisa
era un po’ come quella di un colonnello che
redarguisce reclute scalmanate. Alla parte
tecnica Vito Cestone, il quale con un atteggiamento un po’ soporifero, manovrava i
cursori del mixer. Nino imbracciava una
chitarra fender, il corpo della stessa rosso
con la parte centrale in bianco e la leva del
vibrato leggermente allentata e penzolante
verso il basso. Dietro si posizionava Crescenzo, attorniato da diversi ripiani di
tastiera e fisarmonica. Il viso di Antonio,
nella gran parte dei casi, era oscurato dalla
circonferenza mastodontica di piatti, la cui
voce si faceva sentire in occasione del ritor-
LAUREA
Il 5 ottobre 2013
presso la Scuola Superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori
“Alma Mater Studiorum Università di Bologna” - Sede di Forlì
Arantxa MESSINA MAFFUCCI
Ha conseguito, con il massimo dei voti, la laurea.
Un augurio tutto particolare dal nonno Lorenzo (u’ riav’l’) la mamma Emilia e la sorella Mayra.
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nello in inglese di “Marina Marina”. Il vero
mattatore era Giovanni, il quale oltre a pizzicare le corde del basso, oltre a cantare,
era il juke box della situazione, colui che
riceveva le richieste più strane. Il repertorio
era per lo più ballo liscio, ove era patente
vedere gente con il calzino bianco e la cravatta annodata in fronte, afferrare con forza
taurina una partner femminile e travolgerla
in un giro vorticoso senza sosta. Che io
ricordi, l’eleganza nel ballo è affiorata soltanto negli ultimi tempi, in precedenza l’importante era non stare fermi e girare come
trottole. L’aria spesso diventava pesante, il
lavorio delle ghiandole sudoripare dava i
suoi frutti. Il momento catartico vero e proprio, dopo un’intera serata passata a saltare
come grilli, era quando Giovanni iniziava ad
annunciare l’ultimo ballo, il che determinava una sorta di nevrosi in chi riceveva
questo tipo di messaggio, per cui si era
costretti ancora a suonare un paio di pezzi
prima di munirsi di coriandoli per avvolgere gli sposi nella loro ultima performance
esistenziale del giorno più bello. Quest’ultima avveniva sulle note di Rosamunda, la
cui durata era pari alla percorrenza di una
maratona televisiva improntata alla raccolta
di fondi per la beneficenza: interminabile.
Gli sposi immersi nei coriandoli, nel sudore
degli amici, nella potenza muscolare di
qualche arcigno toro selvatico pronto a pizzicare i glutei dello sposo, scomparivano
letteralmente sotto la montagna di stelle
filanti, mentre il viso dei musicisti era stravolto dalla fatica, come se avessero affrontato scalzi e senza nutrimento per giorni la
Via Crucis. Alla fine, quando la musica cessava, tutti erano soliti correre a sedersi, quasi
come fosse terminato un incontro di box.
Ho usato il passato in quanto ho associato il
mio personale ricordo dei matrimoni a
quello de “I Condor”. Ancora oggi però
molti matrimoni, a Calitri, si svolgono in
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questo modo, ovviamente con qualche risicato aggiustamento sulla tempistica, l’abbigliamento, le bomboniere, il menù, l’arredo ed altri piccoli particolari rispetto a
venti anni fa, ma “I Condor” non possono
mancare. Oggi il nome “Condor” è spesso
accostato a “La Banda della Posta”, la quale
porta avanti un progetto culturale e musicale
di tutto rispetto, con l’innesto di musicisti
appartenenti ad una generazione in cui i
matrimoni venivano allestiti in strutture
anguste e il ristorante era soltanto un miraggio. Il tempo passa, la pensione si avvicina,
ma “I Condor” sono e saranno sempre una
garanzia.
Ps: spero nessuno dei protagonisti chiamati
in causa me ne voglia per l’ironia usata. A
volte diventa piacevole non prendersi troppo sul serio. Ovviamente mi candido per essere assunto come paroliere pronto a tratteggiare una nuova storia musicale irpina.
CARISSIMO CALITRI …
di Gerardina Di Napoli
C regalatomi l’anno scorso dove scrivevi
arissimo paese, ho letto il Calitrano
a un tuo amico; nel leggere e rileggere ogni
tanto questo giornale non avevo mai avuto
l’idea di scriverti, dopo un anno penso che
ci voleva una risposta e così anche sicuramente con degli errori, dico fra me Calitri
farà la correzione se vuole.
E così comincio a raccontarti i miei ricordi
che sono tra i più belli quando andavo a
scuola elementare, con il grembiule nero e
il colletto bianco annodato con un fiocco di
colore col quale si distingueva la classe che
si frequentava, tutte dovevamo essere in ordine, specialmente quando si andava alla
“Festa degli alberi” al Monumento, le maestre insieme alla Direttrice si cantava Fratelli d’Italia, il Piave e tante altre ancora.
Poi all’uscita della scuola le scolare più bisognose andavano a mangiare al refettorio
delle Suore a San Berardino. Per le vacanze si andava in colonia al mare di Maiori
(SA) per un mese, altre ancora in collegio
finché non terminava la classe quinta.
E che dire poi dei bambini ammalati, tu sapevi dove dovevano andare per la loro guarigione. Grazie Calitri, e grazie ancora per
la merenda, che facevi portare al dopo scuo-
la, una cesta colma di pane spalmato con la
marmellata, da due scolari (uno di loro si
chiamava Angelo Gervasi che poi sarebbe
diventato mio marito). E mi ricordo come
sei, perché non ti abbiamo mai abbandonato; mi ricordo l’Ofanto quando ero bambina e andavo con la mamma a lavare i panni
al fiume, perché non si aveva l’acqua in casa; si metteva tutto, compreso un pezzo di
sapone color verde in un recipiente e si scendeva per la scorciatoia, appena arrivati si
cominciava a lavarli nell’acqua limpida che
scorreva. A fondovalle c’era anche una fornace dove tanti operai andavano a lavorare,
poi per mancanza di lavoro si emigrava; c’era la ferrovia col suo treno fischiante e la
Stazione sempre con tanta gente nella sala
d’attesa, chi per viaggiare e chi aspettava.
Intanto anche noi aspettavamo i panni che
asciugavano sui cespugli e ritornare a casa e ricominciare a giocare saltellando alla corda insieme con le amiche al giro tondo e tanti altri giochi. I maschietti invece
giocavano a nascondino, a tana, ma il loro
gioco preferito era a mazza e piuz’. L’età
dei giochi era finita, come quella di scolare di primo avviamento, per incominciare
a lavorare fino a che nel 1963 sposai Lili10
no, come lo chiamavamo in famiglia e fra
gli amici. Ma dopo tre anni per mancanza
di lavoro e già genitori, siamo dovuti emigrare. Inutile raccontarti la nostra tristezza e malinconia durante il lungo viaggio,
il pensiero era sempre rivolto a te e ai nostri cari. Finalmente il giorno dopo siamo
arrivati a destinazione e, con l’aiuto dei familiari, già in Belgio, abbiamo trovato lavoro. Sono trascorsi tanti anni, ma quando
si poteva di tanto in tanto eravamo contenti
di ritornare. Poi il terremoto ha rovinato
tutto, specialmente Salita Ospedale che conosco benissimo, datosi che è a pochi passi dalla mia casa nativa, cioè Vico San Pietro, dove abitava anche mio marito da
piccolo. Questa casa era appena abitabile
ma ci si adattava ogni volta che si veniva,
ultimamente però non era stato più possibile per il crollo del soffitto e fummo costretti, con rammarico, ad andare altrove.
Della casa è rimasto solo il ricordo di come l’avevamo lasciata, con i due secchi di
plastica vicino alla s’rola, con i quali si andava a prendere l’acqua poco distante per
riempirla.
Carissimo paese, ti voglio dire più di tutto
del tuo amico Angelo Gervasi tanto affe-
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zionato a te e scomparso il 18 ottobre 2011,
eri sempre nel suo pensiero, anche ultimamente, malgrado la sua malattia voleva ritornare, e salutandoti con commozione ti
avrebbe detto: lontano da te non posso più
restare. Purtroppo non è stato possibile rivederti ancora una volta come lui voleva.
Caro Calitri, sono in Belgio a Gilly abito in
via Jean Jaures in una modesta casa, ti prometto che penserò con spirito aperto al tuo
meraviglioso paesaggio e alla freschezza
dell’aria tua mattutina, ti saluto affettuosamente, un’amica settantenne
P.S. Caro paese, mi prolungo a scriverti, anche se non sono tanto brava, e non lo sono
mai stata, figurati che nei primi anni che ero
in Belgio, non avendo il telefono in casa né
io e neanche la mia mamma ci dovevamo
dare le notizie per corrispondenza. Ma siccome mia madre non sapeva né leggere né
scrivere, doveva ringraziare una gentilissima amica di famiglia per leggerla e poi per
rispondere alla lettera ricevuta. Tante volte
commare Rosina, così si chiamava perché
era madrina ad una delle mie due sorelle, mi
diceva nella lettera che dovevo scrivere bene perché non si capiva niente.
Adesso quando penso a queste parole così
familiari viene da sorridere e dico ne aveva di pazienza la nostra comare Rosina per
leggere la mia difficile scrittura. Invece la
lettera che scriveva mia sorella Sisina, anche lei in Belgio, era più leggibile eppure
aveva frequentato solo la terza elementare.
Dopo aver preso un poco di confidenza ti
voglio dire che in Belgio ci sono i miei tre
figli: Carmela, Maria Antonietta e Canio e
due nipoti Marco e Tiziana. Infine ho una
sorella di nome Lucia in un paese non lontano da te nella stessa provincia, e mio fratello Michele è a Calitri. L’indirizzo lo scrive mia figlia Carmela, altrimenti faccio solo
scarabocchi.
Ciao Calitri
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LAUREA
26 luglio 2013
Marisa Di Carlo
Presso l’Università degli Studi
“G. d’Annunzio” Chieti – Pescara,
facoltà di Scienze dell’Educazione Motoria
Ha brillantemente concluso con 110 e lode
il corso di laurea magistrale in
SCIENZE E TECNICHE
DELLE ATTIVITÀ MOTORIE
PREVENTIVE E ADATTATE
discutendo la tesi con il prof. Claudio Robazza
“Correzione dell’atteggiamento rilassato: ipercifosi”.
La famiglia e gli amici le augurano ogni bene.
GIOVANNI XXIII, UN PAPA
ALL’AVANGUARDIA
dell’ambasciatore Gian Paolo Tozzoli
«C
tificie, si intratteneva liberamente con i suoi
ospiti, raccontando loro ricordi legati soprattutto alle sue missioni diplomatiche nei
Paesi d’Oriente. Molti aneddoti verranno
alla luce via via che la sua personalità entrerà nella storia, ma ve ne sono tanti già
noti che rivelano il suo carattere. Raccontava così che, durante il suo soggiorno in
Turchia, avrebbe voluto celebrare la messa
nella lingua del Paese per farsi comprendere da tutti - aggiungeva non senza una
certa malizia. Non era certo un’impresa facile, ma almeno era riuscito a tradurre in
turco l’amen. Questo episodio mette in luce un aspetto della personalità del futuro
pontefice: una natura risolutamente non
conformista, aperta alla comprensione delle varie concezioni del mondo in tutta la loro diversità e permeata di un senso profondamente poetico della realtà, che mai lo
abbandonò per tutta la vita.
Aveva un ottimismo energico, esuberante,
che si manifestava in tutto ciò che progettava o faceva. Questo era il suo stato d’animo abituale, che si esprimeva in mille mo-
encontre Orient-Occident›› (1
963). Come uomo di questo mondo, Angelo Roncalli appartiene già al passato. La porta della sua ultima dimora è ancora socchiusa, ma egli non è più qui. Per
sentire la voce di Giovanni XXIII, il cui spirito ha acceso tante speranze e ha interpretato con forza tanti problemi drammatici
del nostro tempo contraddittorio e tormentato, è bene ricordare alcune caratteristiche
della sua personalità. Roncalli era di una
grande semplicità che emanava da tutto il
suo essere, in ogni momento, in ogni circostanza, poiché il profondo sentimento di
umiltà che lo permeava si opponeva spontaneamente a ogni nozione di supremazia.
Così, quando riceveva una personalità o un
gruppo di ospiti nelle imponenti sale del
Vaticano, non lasciava loro neanche il tempo di inginocchiarsi dinanzi a lui o di baciare il suo anello - come prescrive rigorosamente l’etichetta della Santa Sede.
Accoglieva tutti come un semplice sacerdote facendo “gli onori di casa” nella sua
parrocchia. Spesso, durante le udienze pon11
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IL CALITRANO
di, soprattutto attraverso un sorriso inalterabile. La sua benevolenza spontanea e la
sua serenità non erano tuttavia frutto soltanto di un organismo sano e di una natura
gioiosa che ignorava i conflitti interiori. Se
fosse così, potremmo invidiarlo, ma non
adottarlo come esempio di vita e maestro di
saggezza. Il fatto è che egli ha raggiunto
questo grado di realizzazione di sé attraverso un costante sforzo di virtù: il coraggio calmo e sereno di cui diede prova nelle
ultime ore della sua vita terrena, nella sua
agonia, ne fu la massima espressione. In
queste ultime ore insiste in modo particolare sul fatto che la scomparsa di un uomo,
fosse egli un pastore di Dio, non doveva influire sul compimento dei lavori da portare
avanti, e che la sua morte non doveva interrompere lo sforzo intrapreso.
Verso cosa tendeva questo sforzo? Tendeva ad ampliare fondamenti della Chiesa romana senza intaccare il dogma e i principi tradizionali, a eliminarne il carattere un
po’ chiuso, ad aprire il cattolicesimo a tutta la superficie del mondo contemporaneo,
ad attualizzare il magistero, a lavorare
in vista di obiettivi universali, al riavvicinamento tra gli uomini, alla riconciliazione di tutti i membri della famiglia umana,
ad aprire a tutti i popoli i ricchi granai della Provvidenza.
È nel contesto di questo vasto progetto, di
cui non ignorava né la complessità, né la
difficoltà, che Giovanni XXIII ha convocato il Concilio l’11 ottobre scorso; è a tale
scopo che aveva dispiegato l’intensa forza
d’attrazione che emanava dal nuovo stile
del suo pontificato. La sua semplicità, frutto di una virtù acquisita attraverso uno sfor-
Calitri, 29.07.2012. Quattro generazioni della famiglia Di Napoli (craparegghia). Silvia Maffucci con
in braccio la piccola Sara Di Cecca, la madre Giuseppina Borea e la nonna Antonietta Di Napoli.
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LETTERA APERTA AL CALITRANO
Caro direttore e amico Raffaele Salvante,
la lettera di Fernando Cuppone apparsa sul n.° 52 de “Il Calitrano” di Gennaio - Aprile 2013 in cui, tra i vari bozzetti di affettuosi ricordi della sua vita calitrana, nota la
mancanza di adeguate indagini atte a scoprire la causa dell’incendio che fu poi il motivo indiretto della morte della sorella Nunzia, mi ha dato lo spunto e il coraggio per
dichiarare dopo 39 anni la verità taciuta sulla superficialità delle indagini che seguirono all’incidente stradale avvenuto in contrada Crocepenta la
mattina dell’11 aprile del 1974 in cui perse la vita
il mio amatissimo fratello Giuseppe e di cui io fui
responsabile e vittima al tempo stesso. Molti della
nostra generazione ricorderanno sicuramente quella tragedia tristemente consumata in quel nebbioso
mattino del giovedì santo. Io fui condannato come
l’autore materiale di quell’incidente “per aver sbandato nell’abbordare la curva a velocità sostenuta e
a dir poco imprudente in presenza di nebbia e strada scivolosa per la pioggia”. In realtà le cose anprof. Giuseppe Nicolais
darono diversamente. Non fu abbordata nessuna
27.07.1947 † 11.04.1974
curva. Dal banco di nebbia nel quale eravamo apDottore in Fisica Nucleare
giovane di elette virtù
pena entrati i fari della macchina mi illuminarono
la nuova strada a monte del baraccone di tufi, tuttora esistente a ridosso del distributore di benzina, da qualche anno allargata e asfaltata
e luccicante per la recente pioggia. Questa strada confluiva nella strada statale giusto
al centro della curva e verso la quale io, ignaro e tranquillo, a velocità compatibile, mi
dirigevo credendo che fosse la strada giusta. All’improvviso mi trovai di fronte il parapetto del tombino. Spaventato e disorientato frenai di botto senza però riuscire ad
evitarlo. Il mio povero fratello, non so se definirlo un segno del destino, dopo aver mangiato l’ultimo panino, dopo una notte di viaggio, si era appena assopito e a nulla valse il mio grido di stare attento. Tutto si svolse in un paio di secondi. Non so dove presi la forza e il coraggio per quel che seguì. Il primo soccorso arrivò dopo un’ora e
mezza. In ospedale fui tenuto all’oscuro di tutto per due giorni.
Di quella strada io ricordavo solamente un vecchio sentiero stretto e non asfaltato che
non aveva accesso alla strada rotabile. Mi sono sempre chiesto se i lavori di trasformazione dei luoghi descritti fossero regolari, avessero i giusti progetti e le giuste autorizzazioni. Certo è che la segnaletica stradale era assolutamente insufficiente o per
meglio dire assente. Fu come una trappola. Queste cose, già di per sé evidenti, attestate dalle fotografie e dalla ricostruzione dei carabinieri, furono dette al magistrato
che coordinava le indagini sul posto, ma non le tenne in nessun conto. Certamente
avrebbero fatto emergere altre responsabilità. Sebbene anch’io mi sentissi vittima delle circostanze sfavorevoli e volessi gridarlo ai quattro venti, ero pervaso da un profondo senso di colpa che mi bloccava ogni iniziativa. Così non chiamammo in causa nessuno (Comune di Calitri e ANAS) e rinunciammo a qualunque possibile risarcimento,
anche assicurativo. Con quale animo avremmo goduto di quei soldi? Quando si vivono simili esperienze si vorrebbe solamente scomparire. Né d’altronde ai miei condizionamenti emotivi fece riscontro la lucidità giuridica del mio avvocato, la cui conduzione legale sui vari aspetti dell’intera vicenda rimane, alla luce dei fatti, nebulosa
e scialba. Colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che a vario titolo si prestarono per risolvere i problemi più immediati. Chiedo scusa anche ai lettori per averli tediati con questa triste storia accaduta quasi quarant’anni fa. Io non avevo mai letto il fascicolo delle indagini e la sentenza, ritenendola giusta per quel che mi riguardava,
fino ad un anno e mezzo fa. Poi li ho letti e ho pensato che non è mai tardi per far emergere quegli aspetti sottovalutati nel grande mosaico della verità.
Ti ringrazio per l’ospitalità e Ti saluto cordialmente.
Luigi Nicolais 30.07.2013
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zo costante, divenne una forza al servizio
della sua volontà. Mai cedette a qualche moto di vanità. Nell’esercizio del suo potere
spirituale, non ricorreva mai all’autorità di
cui disponeva, ma voleva vedere tutto, voleva seguire tutto personalmente. Aveva idee
molto chiare, e una fermezza che, come
l’autorità di un padre, si imponeva del tutto naturalmente sui suoi collaboratori più
vicini. Assumeva le responsabilità lui affidate con trepidazione, con fervore e umiltà.
È da questo entusiasmo e da questa umiltà
che scaturiva l’audacia che ha contrassegnato il suo pontificato, durante il quale sono state introdotte innovazioni sia nella forma sia nella sostanza: il costante contatto
del papa con il popolo, la restituzione di alcuni poteri ai vescovi, alcuni cambiamenti
nella liturgia. Egli non ha potuto che avviare alcune azioni, condotte con coraggio.
Il compito che spetta al Vaticano II resta ancora incompiuto. Oltre al coraggio, Roncalli possedeva la prudenza, altro tratto saliente della sua personalità: così, egli non
rivelava che a poco a poco tutto il contenuto rivoluzionario dei progetti da lui elaborati. Lo faceva per rispetto all’opinione altrui? Voleva mettere alla prova la validità
dei suoi disegni? Tutte le ipotesi sono ormai
possibili, poiché questo è ormai un segreto
sigillato dalla morte. Ciò che è certo, è che
l’espressione che egli dava alle sue idee restava sempre un passo indietro rispetto alla loro reale portata.
(segue nel prossimo numero)
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LAUREA
Napoli, 15.10.2013 presso l’Università
“L’Orientale” facoltà
di LETTERE E FILOSOFIA
ha conseguito la Laurea in
LETTERATURE
E CULTURE COMPARATE
la signorina
Di Maio
Francesca
Discutendo la tesi:
“Eat a bowl of tea:
Louis Chu tra
Tradizione culturale
e tradizione letteraria.”
Alla neolaureata gli auguri più sinceri dai genitori,
dalla sorella, dai parenti e amici e dalla Redazione.
VOGLIAMO VERAMENTE FARE qUALCOSA PER IL NOSTRO PAESE?
UN PROGETTO CULTURALE PER CALITRI
G re di destare il sentimento civico dei nostri concittadini per
ziative varie che hanno urgente bisogno di risposte pronte ed efficaci, per non perdersi nel silenzio assordante.
Anzitutto si potrebbe installare una Biblioteca dalle grandi dimensioni, con varie sale di lettura e di consultazione, come luoghi preziosi di ritrovo e di presentazione di libri, di dibattito culturale e di incontri con scrittori o giornalisti e con un adeguato
corredo di Riviste importanti.
La creazione di un importante Museo archeologico, con il prezioso e ricco corredo ricavato dagli scavi effettuati a Calitri fin
dal 2005 e che si sono conclusi in due o tre anni con risultati
davvero strabilianti; a questi preziosi reperti vanno sommati i
numerosi oggetti ancora in possesso di varie famiglie. I reperti vanno restaurati con fondi Europei, come ci risulta stanno facendo i paesi a noi limitrofi, convenendo che la trafila è lunga
e ingarbugliata, e che ancora una volta abbiamo perduto del
tempo preziosissimo che andrebbe recuperato con uno specifico impegno.
Sala per il teatro che nel nostro paese ha sempre avuto una lunga tradizione storica
Varie altre Sale per il concreto svolgimento di vari corsi di
lingue,informatica, astronomia, giardinaggio, ricamo, lobbistica ecc.
Una sala, munita di televisore ed altre apparecchiature tecniche,
per le conferenze e gli incontri di esperti sempre in cerca di nuove motivazioni operative.
Un bar efficiente e ben fornito che può rappresentare anche un
introito finanziario, ed altro ancora, che potrete suggerire cum granu salis.
Per concludere, non possiamo non prendere atto della disattenzione delle istituzioni alle quali chiediamo con forza una attenzione nuova, ricca stimolante ed essenzialmente operativa.
ià altre volte abbiamo parlato di alcune proposte per cerca-
fattive e concrete realizzazioni, capaci di trasformare un paese
già vecchio e moribondo per la mancanza di lavoro, ma che non
può né deve essere “messo in vendita” per pusillanimità, per paura o, più grave ancora, per menefreghismo.
È bene ribadire ancora una volta che noi non apparteniamo a nessuna sponda politica, ma operiamo, con tutti i nostri limiti, esclusivamente per il bene del paese e dei cittadini, perché, sia chiaro
a tutti, che le vere sacrosante battaglie non dovrebbero mai avere
bandiere ideologiche.
A nostro modesto avviso e senza portare offesa ad alcuno vorremmo puntualizzare, per crescere insieme, alcune vicende importanti: al nostro paese negli ultimi anni è mancato un progetto chiaro e coerente che guidasse anche le scelte su dove e
come strategicamente investire per la crescita.
Se i giovani sono i più esposti alle conseguenze negative del cambiamento “mal governato”, essi sono, altresì, la vera risorsa più
importante per vincere le grandi sfide di questo secolo.
La forza della politica – e perciò delle amministrazioni locali –
dovrebbe guardare lontano, perché quando la politica si limita e
guarda la punta del naso non è più politica, bisogna avere il coraggio di “osare” perché altrimenti, come spesso accade, le amministrazioni che si succedono per effetto delle elezioni, buttano a mare il poco lavoro svolto dalle precedenti, per ricominciare
dal nulla un nuovo, difficile, tortuoso iter a scapito dei cittadini
e perciò dei risultati stessi.
Il punto dolens per noi è rappresentato dal mancato utilizzo delfabbricato che ospitava le scuole elementari, di fronte alla ex Eca,
(sono tre piani di grandi stanze che l’Amministrazione vorrebbe
fittare per fare, giustamente, cassa) che è vuoto da due anni e mezzo e ancora non sappiamo per quanto, mentre, a nostro modesto
avviso, andrebbe utilizzato subito – almeno un piano – con ini-
La Redazione
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DIALETTO E CULTURA POPOLARE
C’NqUAND’ ANN’ R’ R’CUORD’
di Lucia Fierravanti
(continua dal n. 53)
Quann’ parterm’ hier’m’ tre mo, tra figl’, nn’pot’ e ggienn’r’ sim’
r’c’ssett’! Cum’ vir’ Calitr’ mij hamm’ popolat’ la la Lombardija,
ma quand’ n’eia custat’, quanda solitudd’n’, quanda affett’ r’ mamma, r’ sor’, r’ z’ian’, r’ pariend’ m’eia mancat’! La terra ndov’ sim’
nat’, r’ abbitudd’n’ chi hamm’ lassat’, l’aria chi hamm’ r’sp’rat!
Quanda cos’ n’ sim’ pers’, ogn’ nnascita, ogn’ ffesta, bbattes’m’,
cum’n’iun’, cres’m’, matr’monij, malatij, n’ nsim’ p’tut’ sta cu la
famiglia nné pp’ ccos’ bbon’ nné p’ ccos’ bbrutt’, ncas’ r’ bb’suogn’ n’ nn’ sim’ p’tut’ ajtà un’cu l’aut’. La famiglia nostra so stat’ li
pa’jsan’ qua. N’ sim’ accundandat’ r’ la telefonata ra quann’ nc’eja
lu telefon’, ma prima quanda fuogl’r’ lett’r’ agg’ chjn’, scr’vija
agg’rnat’ san’, v’lija fa sapè a mamma ogn’ ccosa, cum’ cr’scienn’
r’ ccr’iatur’, quanda riend’ avienn’ puost’, quann’ accumm’nzavan’ a pparlà, a mmov’ li prim’ pass’; passavan’ s’tt’man’, mis’, ma
r’llett’r’ n’ nn’arrivavan’ maj, ogn’ gghiuorn’ chi passava la mal’ncunija aum’ndava.
Ropp’ c’nquand’ann’ qua, m’ send’ ancora stran’ja, cum’ foss’ r’
passagg’, eia lloch’ chi eia r’mast’ stu cor’ sofferend’. Qua la ggend’
eia semb’ r’ corsa, si t’affruond’ a malapena t’ ric’ Ciao! N’ tten’n’
tiemb’ r’ s’ f’rmà, ogn’un’pensaa sse stess’; n’nn’eia cum’lloch’ chi
can’sciemm’ tutt’ quanda, stiemm’ semb’ cu la porta aperta nda la
staggion’, ndi viern’ t’niemm’ chiusa sul’la p’rtegghia, ra la matina quann’ n’auzavam’; ogn’un’chi passava chiamava e ss’affacciava, s’nf’rmava, “Rosa, Ciè cché stat’ facenn’, ndov’ avìta scì
osc’?” Riss’ “zia Tonna r’ la Scarana”, la z’iana r’ mamma, na matina: “lu tiemb’ n’ nn’eia tand’ r’ la quala, a r’ mm’ndagn’ r’ Piern’,
li vosch’ r’ li ros’ sotta P’sc’pahan’, strecan’ r’ nnigl’, e ppo’ la hatta s’av’ passat’ lu per’ ngimma l’aurecchia, (eia sign’ r’ mal’tiemb’)
mo acummenza pur’ a ccagn’lijà” “avariemma sci a lu Sp’nit’, t’nim’ ra scì a ff’rnisc’ r’ zappà nu p’ndiggh’, attuon’ a li carruozz’
r’ r’ppret’, la terra eia straratta e n’ pponn’ arr’và li vuov’ cu la p’rt’cara; mo n’r’ulam’ s’ no sciam’ a la terra a la Fica chi eia v’cin’,
t’nim’ ra sc’iasc’tà ancora na ras’la r’ vigna a la cap’ r’ cimma e
ssi ven’ a cchiov’ n’ r’tram”.
Quanda ccos’ m’ ven’n’ ammend’, cum’ mo s’ndess’ parlà mamma
e ccum mo stess’ facenn’ st’ ffatij.
A ppart’ lu v’c’nanz’ e li fam’gliar’ hier’m’ tutt’ amic’ n’ can’sciemm’
tutt’quanda, quann’ sciemm’ a lu m’lin’ a mmac’nà, a lu furn’ a
ccoc’ r’ ppan’, a lu pisc’l’a pp’glià l’acqua, a l’Ofat’ a llavà. Quann’
sciemm’ for’ p’ ttutt’ lu traggitt’ (doj e ttre or’ r’ strata) s’ facija pur’
la cauzetta p’ la via e n’ff’rniemm’ maj r’ cchiacchiar’jà, sapiemm’
tott’ r’ nn’tiz’j, faciemm’ trascurs’ r’ tutt’ r’ mmaner’, ndov’ aviemma scì lu iuorn’ appriess’, si aviemma fa assaj a s’mm’nà, o a bbr’gnà o a mm’nnà, a ss’ll’cà, a mmet’, a ssecond’ la staggiona e r’
ffatij chi s’ facienn’.
Quann’ po’ arr’vavam’ for’ n’ p’gliavam’ nu muzzch’ alerta alerta e ssenza perd’ tiemb’ n’ raccummanavam’ a Ddij e r’ bbona le-
na, a ccap’ calata accumm’nzavam’ la sc’rnata e ttanda vot’ a
ssecond’ r’ ffatij: o iuqquavam’, o mm’nnavam’ o vr’gnavam’ o
cugliemm’ r’ auliv’ (qquest’ n’ nn’eran’, fatij p’sant’ cum’ zappà
la vigna, abbr’hà, zappà lu cannit’) allora, a vvoc’ stesa, n’ m’ttiemm’ a ccandà: li s’nett’: r’amor’, r’ pass’ion’, r’ s’mpatija e
ppur’ r’ ngiur’ia, canzun’alleghr’,canzun’malincon’ch’, strappa
laghr’m’ e canzun’r’ chiesia r’ la Maronna r’ la Cunc’zion’, r’ lu
Carm’n’, r’ Ggjes’Crist’, r’ li Sand’ (Sand Can’ij, Sand’ And’on’j,
Sand M’chel’…). Licr’st’ian’ ra nda la terra lor’, r’ mand’, chi
f’rnija la strofa e cchi accumm’nzava n’ata canzona, hier’m’ tutt’
chjn’ r’ vita e r’ sp’ranza, si pur’ era accussì travagliata n’ nn’ p’rdiemm’ r’ an’ma e tutt’ nn’ann’mat’ affr’ndavam’ megl’la sc’rnata e ogn’ malapatenza.
Cum’ v’larrija t’rnà a qquigghi tiemb’! So passat’ c’nquand’ann’
chi so qua e angora n’ mm’ sacc’ renn’ cund’ r’ ccamban’ si sonan’
a mmuort’ o a ffesta, lloch’ s’navan’ a mmuort’ a mmat’tin’, si eran’
tre ndinn’ era omm’n’, si eran’ ruj ndinn’ era femm’na; appena s’
s’ndija la cambana la matina, subb’t’ s’ spargija la voc’ e s’ app’rava chi era muort’! Qua n’ tt’accuorg’ r’ niend’, ammen’ si n’ nn’eja
nu famigliar’ o nu pajsan’, si vo sapè quacche ccosa eia sci accattà
lu gg’rnal’.
Calitr’ mij, na cunf’renzia t’ vogl’fa: hij so rr’masta probbia a l’andica, so qua ma la mend’ e l’abb’tuddn’ so ssemp’ quess’lloch’,
fazz’ spiss’ li cunfruond’. Prima n’tt’niemm’ niend’ e mmo t’nim’
tropp’, mo nc’eia l’esaggerazion’ r’ ogn’ ccosa: r’ mangià, r’ vev’,
r’ vest’, acqua calla, fredda, doccia, vasch’ ra bbagn’ (ogn’ ffamiglia - parl’r’ lifigl’- ten’ tre bbagn’) prima la doccia n’ la faciemm’
p’ la vija quann’ s’ m’ttija a cchiov’. Ogn’ ccosa eia indispensabb’l’,
s’accatta, s’accatta e ss’ vaj a ff’rnisc’ ca n’ nc’eia post’ p’ r’ mmett’,
si apr’ l’armadij t’ car’n’ ncuogghj sc’cat’l’e sc’cat’legghj. Prima
nu par’ r’ scarp’ r’ tt’niemm’ quatt’ann’, si s’spzzavan’ li cr’sciul’n’
r’app’ndavam’ cu lu fierr’ f’lat, specij quann’ hijer’m’ for’, mo,
scarp’ estiv’, nv’ernal’, scarp’ chius’, apert’, sandal’, st’val’, (nuj
r’ st’val’r’ pezza r’ mm’ttiemm’ attuorn’ a r’ ccauzett’ e r’ scarp’ a
pp’ rr’parà la terra nda li pier’ quann’ zappavam’). Quas’ ogni stanza na television’, ogn’ un’lu compiuter, n’ tt’rich’ li cellular’, ruj,
tre apprun’, ten’n’ lu vecchj e lu nuov’ a ssecond’ cambia la moda,
semb’ a pp’rtata r’ man’ semb’ a r’aurecchj, ndà la macchina o a
la pper’, nda li bbuss’, a la f’rmata; p’ la strata s’ pot’ send’ lu telegg’rnal’r’ tutt’ quanda, tand’ alluqquan’ e ss’ cunfiran’ cu l’aut.
Appart’ figl’e ggienn’r’, ogn’ nn’pot’ maggiorenn’ ten’ la patenda
e la macana, qua n’famiglia nc’ so 9 macchin’, lu f’rgon’ e ddoj moto, cchiù 7 bbiciclett’ e qquacche ttr’cicul’p’ lu p’cc’ninn’. Quanda chilometr’ r’ strata hamm’ fatt’ matina e ssera a ggì a lu Sp’nit’,
a Lluzzan’, a Lliend’, a lu T’fiegghj, a tott’ r’ part’ lundan’, mo n’ns’ fac’ nu pass’ a la pper’. Cum’eia cambiata la vità! Quanda
cumm’n’tà, prima n’ abb’ttavam’ sul’r’ fatija; hijer’m’ sul’ciucc’ r’
carr’ch’, nn’ nc’ so stat’ ferij o divert’mend’, n’ nsapiemm’ manch’
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Bbè, licingul’, r’ l’ahan’, r’ aurecchj r’ r’ggatt’ r’ ffazz’ spiss’ e ss’alleccan’ gghiongnj tutt’ quanda, si foss’ p’ llor’ avarrija acc’ngulià,
all’ahanijà ra la matina a la sera p’ qquand’ sim’. Nuj anz’ian’
cummattim’ cu l’acciacch’ ma t’assicur’ ca la parlandina e la vozza la t’nim’ ancora bbona e mmenu mal’s’no cum’ ric’ lu pr’verbb’j
“levam’ r’ mmangià e ffamm’ m’rì”
Calitr’ mij, la ggend’ chi canosch’,qquann’ so bb’nuta mafal’ann’,
m’ f’rmava p’ strata e mm’add’mmannava “Ciè cum’ maj n’ nn’
scriv’ cchiù a lu Cal’tran’? Cché t’ si arr’nnuta! Daj,piglia a scriv’
n’ata vota, a nnuj n’ piac’ legg’ r’ ccos’ chi scriv’, e ccum’ r’ ttien’
ammend’! Eia totta v’r’tà qquegghj chi scriv’!” Beè cche v’aggia
ric’, cché v’ ch’rrit’ ca hij rich’ bb’scij!, hji criv’ sul’r’ ccos’” chi
agg’ passat’ e cchi m’ so r’mast’ stambat’ n’da la mend’, specij quegghj trist’ e p’sand’.
Mo v’agg’ accundandat’ n’ata vota, si m’era f’rmata era sul p’cché sacc’ ca quann’ accummenz’ a scriv’ cum’ si r’ pparol’r’ tt’ness’ nf’lat’ a l’ach’ e n’ nso capac’’ r’ smett’ r’ scriv’. A cunfruond’ a
ttutt’ qquegghj chi m’ passa p’ la mend’ eja sul’n’assagg’.
A bbuj, v’ ponn’ s’mbrà f’ssarij ma hij n’ vach’ paccia a scriv’ st’
ccos’, vist’ ca nnì ffigl’, nnì ggienn’r’ e nnì nn’put’ lu sann’ scriv’ e
pparlà, na bbona vota chi agg’ r’p’gliat’ la penna mman’ r’ r’cuord’
m’agg’ fatt’ na saz’iata! Mo si n’ vv’n’ r’sp’iac’ sin’ a la fina m’avìta s’pp’rtà!
R’m’nà r’ cos’ passat’ fors’ v’ annoia ma è ra lu passat’ chi amm’
fatt’ lu pr’sent’. Si pens’ a cum’ sim’ stat’, m’ ven’ ra ric’ r’ n’accundandà r’ tutt’ quegghj’ chi t’nim’, anz’, si prima nc’era lu mal’r’
la p’v’rtà, mo nc’eia lu mal’r’ l’abb’nnanzja. Nn’anz’ a ttanda fama e pp’v’rtà r’ tanda cr’stjan’ n’avarriemma sul’f’rmà a pp’n’zà
(pur’ sila cris’ staj r’t’r’nann’).
Scusat’ m’ p’ st’ pparol’, so pprobbia quist’ i cunfruond’ cu la realtà
e v’larrija invità a r’ngrazià Ddij r’ tutt’ quegghj chi t’nim’.
Calitr’ mij, mo t’ lass’ varamend’, t’ cerch’ scusa, chisà cum’ t’agg’
ann’iat’ bbuon’ bbuon’, si tien’ pacienzia r’ legg’ fin’ a l’ut’ma pagg’na t’ r’ngrazz’j cu ttutt’ lu cor’; t’ lass’ cu la penna ma no cu lamend’, cu la sp’ranza r’t’ v’rè cchiù bbietta possib’l’, salut’ a ttutt’
li figl’tuj, v‘cin’ e llundan’ e tutt’ li figl’spars’ p’ lu munn’ nfor’.
A tti n’abbrazz’ luongh mill’chilometr’ probbia quand’ n’ separan’
ra qua!!!
cche eran’ e n’ mpr’t’ndiemm’ niend, mangiavam’ qqueggh’ chi t’niemm’, chi r’travam’ ra for.
A nnuj n’ p’iacija tutt’cos’, cu la fama chi t’niemm’ n’ lapp’tijavam’ la sciotta senza sci acchiann’ scazzell’. A pp’ t’ ric’ la v’r’tà
m’ ven’ lu ulisc’ r’ qqueggh’ ccos’ r’ na vota: u’ p’zzugghj sotta la
sc’niscia, l’acqua sala fredda o calla, la far’nata cu r’ nn’miccul’o
li ci’c’r’, la m’nestra mmar’tata, li cip’gghin’ arr’stut’ sotta la vrascia, li paparul’a r’acit’, paparul’e pr’mmarol’,li papar’liegghj
sfritt’, la m’gliazza cu r’ ffritt’l’, la sfritta, u sammucchj, li m’gliatiegghj, r’ nnogl’, la st’gliola, li sp’nsal’, tagghj, patan’ e ccucuzzieggh’, acc’ e ppatan’ cu n’addor’ r’ aumenta, lu bbaccalaj a la
ualanegna o cu r’ ppatan’ (l’accattavam’ sul’p’ ccumparisc’ cu l’aut’
p’cché n’ nc’eran’ sold’, quann’ n’ v’nija aità u ualan’ cu li vuov o
quacche aut’ cr’st’jan’), r’ ccicorij r’ carrar’, r’ llassan’ (vruocch’l’saluvagg’) chi accugliemm’ nda la scarpata r’ la vija nova; lu
pr’ver’bbj’ r’ic’: “quann’ tien’ sal’e uogl’ogn’ ffoglia accuogl’” e
pp’ la vija quann’ n’ r’travam’ ra for’, camm’nann’ camm’nann’,
c’cor’j o vruoccul’anchiemm’ r’ bb’sazzol’, faciemm’ a ttiemb’ pur’
a ssegl’r’ p’ la vija e qquann’ arr’vavam’ a ccasa r’ llavavam’ e r’
mm’ttiemm’ a ccoc’.
M’ ven’ pur’ lu ulisc’, r’ li rol’c’ chi si facienn’ p’ r’ ffiest’ r’ Natal’e
r’ Pasqua: r’ scarpegghj e li cauz’nciegghj cu r’ mmier’ cuott’, lu
p’cc’latiegghj cu lu naspr’, li c’cciar’ciegghj e ccu l’uov’ ngimma,
li taragghj scallat’ (quigghj hruoss’) cu gghj ov’ e r’ ppep’. E cum’
m’ pozz’ scurdà r’ qquegghj bbell’fich’ appass’lat’, cr’pat’, cu la stizza mponda? Hij la matina quann’ arr’vava for’ acchianava ngimma a lapianda cchiù aut’ chi p’tija a qquigghj ram’ chjn’ r’ fich’,
janch’ o neur’ p’ mmè eran’ un’meglj r’ l’aut’, pur’ ca lu viend’ m’
s’bbattija a nà part’ e l’auta cu la paura r’ carè, quann’ m’era apparata, anchija lu s’cchiett’ e mm’ n’ sc’nnija, po’ lu juorn’ n’ r’
mmangiavam’ cu r’ ppan’. E cche ddic’ r’ l’uva, la “m’scategghija”,
t’niemm’ parecch’ vit’ ‘ndà li fil’, ggialla cum’ or’, hij sapija ndò
eran’ quegghj bbit’, quann’ era cr’jatura m’ la scija sp’zz’liann’ a
la megl’a la megl’e ttata m’ ssciarrava, m’ r’cija ca si la v’lija avija
fa lu rac’iuopp’l’o totta la penn’la, senza sp’zz’liarla ca la vigna
parija bbrutta.
Calitr’ mij, n’ mm’ ric’ ca so cannaruta, u pr’verb’j ric’ “A chi n’
nn’ lu piac’ r’ bbuon’ u scazza truon’”, penz’ ca r’ ccos’ bbon’ (spec’ij
quegghj r’ na vota) pijacienn’ e ppijac’n’ a ttutt’ quanda. Mo
sul’ann’mm’narghjr’ m’ acchiana l’acqua mmoqqua.
Oligiat, 5 magg’ 2013
Calitri, 11.08.2013. Festa dei quarantenni nati nel 1973.
Terza fila, da sinistra: Ernesto Fasano (con occhiali da
sole), Giuseppe Zarrilli, Lorenzo Tornillo, Canio Angelo
Maffucci, Seconda fila da sinistra: Vincenzo Buldo,
Vincenzo Calà, Massimo Zabatta, Marisa Cesta, Canio De
Nicola, dietro Massimo Mastrodomenico, Ilaria Cruciani,
dietro Maria Zabatta, Patrizia Gautieri, Luigi Cestone,
Stefania Nivone, Michele Di Maio, Canio Zarrilli e Fabio
Codella. Penultima fila da sinistra: con occhiali da
sole Vincenzo Bozza, dietro Mario Angelo Pannisco,
Gerardo Cappiello, dietro Adriano Cubelli, Claudio
Polestra , Michelina Cerreta, Fabrizio Rauso, dietro
Luciana Zarrilli, dietro Michelina Cianci, Donato Frasca,
Lucia Russo e Angela Cubelli. Fila delle donne, da
sinistra: Lucia Di Cairano, Rosa Russo, dietro Tania
Maffucci, Maria Pina Capraro, dietro Massimo Vito Cianci,
Angela Melaccia Maffucci, Rosanna Di Cecca, Franca
Fastiggi, Giovanna Donatiello, Francesca Di Maio e Maria
Teresa Giarla. A terra da sinistra: Francesco
Maffucci,Vincenzo Delli Liuni, Grazia Leone (di
Lacedonia), Isabella Pagliuca (di Lacedonia), Antonio
Margotta e Angelo Rabasca.
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Calitri, 23.01.2013 Nozze d’Oro di Antonietta Avella e Francesco Cerreta (ricca recca). Qui con le nipoti Giuseppina Russomanno a sinistra,
Anna Russomannocon in braccio la piccola Cestone Antonella.Auguri dalla Redazione.
Livorno 25 marzo 1959, Salvatore Nicolais classe 31.01.1916, la figlia
Franca 05.04.1951 e il nipote Giovannino Tuozzolo 1308.1939.
Bisaccia, 08.02.2013 primo compleanno delle gemelline Codella, nate da
Vitantonio e da Elisa Cela. La piccola Sofia è in braccio al nonno,Vincenzo Codella (curella), e Viola in braccio alla nonna Elisa Margotta (p’ppun’).
Auguri dai parenti tutti e dalla Redazione.
Calitri, 22.02.1954. Matrimonio di Angela Bavosa (tetta/02.05.1930) e Mario Metallo (27.04.1929). Affianco allo sposo col costume calitrano Maria Tetta e dietro con la cravatta (senza cappello) Giuseppe Bavosa, genitori della sposa. Affianco alla sposa Colomba Cestone e dietro con la
camicia bianca Giambattista Metallo.
Calitri, 27.10.2013. Posa della prima pietra per la costruzione del campanile della chiesa dell’Immacolata Concezione. Da sinistra: Vincenzo Coppola,
il sindaco Antonio Gerardo Rubinetti, il vescovo S.E. Pasquale Cascio, dietro Carmine Iannece (colui che ha preparato la pietra), il priore Giovanni
Polestra, il nostro parroco don Pasquale Riccio e Pasquale Cestone.
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Calitri, 07.01.1952. Da sinistra in piedi: geom.Vittorio Girardi, avv. GiuseppeVodola, rag. Michele Cerreta, prof. Calvezzi, Pasquale Cioffari, avv. Michele Savanella, don Vincenzo Cubelli, don Michele Di Milia. Seduti da sinistra: fotografo Michele Cioffari, prof. Di Lorenzo, geom. Michele Cerreta,
avv. Ippolito, not. Giuseppe Cestone e davanti il prof. Bianco.
Calitri 1948, località Gagliano, da sinistra: Angelo Frucci
(br’skon’/20.07.1923 + Roma 26.02.2013) Lisa Acocella, Dorina Ferrara,
Antonietta Cerreta (pirlingò), Giovanni Acocella (Zara 04.06.1928 + Roma 08.07.2011).
Calitri, 03.09.2013 presso il
Ristorante Gagliano si è tenuto il 50° anniversario del
Diploma di Ragioniere maturandi nel 1963. Prima fila da
sinistra in piedi: Rabasca Michelantonio, Elio Pastore, Salvatore De Nicola, Caterina
Mastrodomenico, Michele
Metallo, Fernando Cuppone e
Berardino Polidoro. Seduti
da sinistra: Michelina Ferrara,Vincenzo Zazzarino, Bruno
Di Gironimo, Lilina Vallario e
Margherita Acocella.
Grugliasco (TO), 02.06.2013. In occasione del
“Palio di Grugliasco”, il nostro concittadino
Giuseppe Vallario insieme ai suoi amici di Borgata Lesna ha stravinto. Sin dalla prima edizione, 30 anni fa, Giuseppe Vallario è una delle colonne della “squadra”, partecipando al
reclutamento degli atleti, all’organizzazione della sfilata storica, al coordinamento degli eventi di contorno, come gli sbandieratori, ecc. Qui
nella foto è con la moglie Maria Di Maio.
Abbazia del Goleto-Sant’Angelo dei Lombardi,
1976. Matrimonio di Vincenzo Zarrilli e Melinda Poto di Lioni. A fianco alla sposa il Dott. Michele Ricciardi farmacista, a fianco allo sposo
Rosa Zarrilli, sorella dello stesso.
GITA SCOLASTICA 1972: Ischia, 1972 gita scolastica del Istituto Tecnico Commerciale
“A.M. Maffucci” di Calitri. Dietro da sinistra: Vincenzo Nesta, Canio Zarrilli, Canio Di
Cairano. Prima fila da sinistra: Filomena Di Leo, Rosa Lampariello, Antonio D’Emilia,
Maria Vallario, Gaetanina Basile, Vincenzo Zampaglione e a terra Angelina Di Maio.
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Calitri, 1944/45. La famiglia Di Maio (mazzon’), il marito è morto e qui
c’è la moglie Angelarosa Panniello con i figli Maria Giuseppa, Maddalena,
Antonio, Giuseppe è assente. In piedi da sinistra prima fila: Maria Giuseppa Di Maio (23.02.1910+03.01.2010) con i figli Angela
(28.02.1930+21.09.1987) e Giuseppe Tancredi (03.08.1927 + 18.06.1951),
Maddalena Di Maio (27.01 1913 +31.08.1994) col marito Vincenzo Margotta,? con in braccio Rosa Di Maio. A terra, da sinistra in piedi: Filomena e Rosa Tancredi (06.07.1933 + 26.09.1942)col padre Canio (marito di Maria Giuseppa/08.01.1903 + 20.05.1951), Angelarosa Panniello
(05.08.1889+29.09.1980), Michele Margotta (figlio di Maddalena), Antonio Di Maio, Angelo Di Maio e Angelo Margotta (figlio di Maddalena).
Calitri, 18.08.2013 Festa dei 60enni, alcuni dei partecipanti. Da sinistra:
Rosa de Feo, Augusto Romanelli, Giovanni Di Roma,Vitantonio Caputo,
dietro Canio Germano, Gerardo Maffucci, Mario Vincenzo Codella, dietro Canio Di Napoli, don Pasquale Riccio, Michele Maffucci,Vincenzo Bozza e Giuseppe Fastiggi.
Calitri, 10.08.2013. Festa dei 50enni. Prima fila in alto da sinistra: Canio Delli Liuni (ciamban’), Michelantonio Zarrilli (scatozza),Vito Cestone (singer), Rocco Maffucci (cuccion’), Gaetano Zarrilli (scatozza), Giuseppe Ziccardi (samuel’/ u’carianes’),Vincenzo De Nicola (paon’), Giuseppe Maffucci (v’lat’). Seconda fila da sinistra:Antonio Zabatta (marilana), Michele Galgano (ianna), Orazio Santoro (m’nacegghija), Gerardo Nino Nicolais (p’chiuochij), Michele Di Milia (cuzzett’), Giuseppe De Nicola (sartana), Michele Cerreta (t’bbiuol’) e Canio Cestone (moscia). Terza fila da sinistra: Antonio Galgano (mbaccator’), Savino
Lombardi (m’ngucc’), Canio Caputo (m’nd’v’rdes’), Giovanni Polestra (cap’rutt’), Assunta Armiento (caram’zzett’), Franca Maria Germano (zemmar’),Vittoria Di
Milia (piscia cenn’r’),Agnese Diasparra (catald’), Maria Bavosa (buld’), Maria Rosaria Cerillo (di Melfi),Angela Metallo (cot’ca) e Concetta Arci (di Cairano). quarta fila da sinistra: Canio Lopriore (tonnu’cc’), Giuseppina Tuozzolo (tuozz’l’), Lucia F. Rubino (pahanes’),Anna Maria Vallario (salva salva),Angela Gervasi (biond’
nieur’), Maria Antonietta Galgano (maria saluta), Mara Maffucci (m’scion’), Anna Sena (catarina), Marianna Galgano (ghianna) e Angela Cicoira (c’c’ron’). Agli organizzatori di questa festa, grazie per averci regalato un giorno meraviglioso e indimenticabile.
Calitri, 09.02.1995. il sig. Galgano Giuseppe compie 100 anni.
Da sinistra: Stanco Maria Antonia (23.08.1934), GalganoVincenzo (09.06.1928), Ravizzola
Elda (05.06.1960), Galgano Giuseppe (15.09.1955), il festeggiato (deceduto il 28.01.1997), Galgano Rosa Maria (18.01.1960)
con in braccio Roberta Galgano (28.06.1991), Giulia Galgano
(14.06.1985).
Calitri, 26.12.2012. Presepe Vivente. I Tre Re
Magi: Fabio Calà, Nicola Zarra, Antonio Stanco. La Sacra famiglia: Emma Del Cogliano, il piccolo Vincenzo Coppola e Leone Coppola.
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Calitri, 18.08.2013. Festa dei 60anni nati 1953. In fondo da sinistra:Vincenzo Rubino, Canio Bozza,Vitale Di Cairano, Antonio Cicoira. Penultima fila
da sinistra: Giuseppe Tornillo,Vito Fierravanti, dietro Giuseppe Fastiggi (si vede appena), Giuseppe Tartaglia, Corrado De Rosa, Maria Lucrezia,Vincenzo Cubelli, Berardino D’Ascoli, Mario Vincenzo Codella, Canio Di Napoli, Eduardo Ferri, (con occhiali da sole) Erberto Leone,Vitantonio Caputo, Berardino Tornillo, Michele Maffucci, Mauro Metallo,Canio Di Napoli, Aldo Bove,Vincenzo Merola (con occhiali),Vincenzo Di Maio e Teresa Metallo, si intravede appena Angelina Maffucci. Prima fila in piedi da sinistra: PasqualeVitelli, Gerardo Maffucci,Angelo Forgione,Angelo Forgione, Michele Stanco,
davanti Maria Zabatta, Vincenzo Bozza, Gerardina Zabatta, Luigina Cicoira, Gaetana Di Maio, dietro con occhiali Angela Bozza, Rosa Zarrilli, affianco
con occhiali Gaetana Zarrilli, dietro Rosa De Feo, Giovanna Lucrezia, dietro Antonia Di Pietro, Maria Lucrezia, dietro Carmela Gallucci, Franca Lucrezia, dietro si intravede appena Carmela Russo, Angela Petrozzino, Franca Lucia Di Maio,?, Anna Zarrilli, Canio Di Cecca e Benedetta Gervasi dietro. A
terra da sinistra: Canio Immerso,Vincenzo Senerchia, Rocco Di Napoli, Augusto Romanelli, dietro pino De Nicola, dietro ancora Canio Germano,
con i baffi Giuseppe Di Maio, avanti Vincenzo Cubelli, dietro Giuseppe Luigi Bavosa, Giovanni di Roma (con i baffi),Vito Nigro e Rosa Di Napoli.
Fiuggi, 12.09.2011. Da sinistra: Marianna,Teodolinda Paolantonio, Maria Russo, Michelina
Zarrilli e Concetta Russo.
Ci scusiamo
per non aver potuto
pubblicare, ancora
una volta, tutto il
materiale inviatoci
New York, 27.12.2011. Nozze d’oro di Michelina Di Maio e Antonio Zazzarino. Auguri dalla
redazione.
Rimini,22.09.2013. Un gruppo di calitrani al mare. Da sinistra: Nicola Lucadamo (mata nicola), Canio Di Milia (cuzzett’), dietro Vittorio Nivone (paparign’), si intravede Vincenzo Pasqualicchio (megn’), Maria Concetta Zarrilli (sciambagniegghij), dietro si vede appena Gabriel Passeri, Giovanna Del
Toro (sciatall’), Anna Zarrilli (v’ton’), dietro Antonio Zarrilli (innarucc’), Maria Di Pietro (m’rres’), dietro Lucia Russo (cangianella), dietro –Marco- il
proprietario dell’hotel, Rosetta Cetta (p’cec’), dietro Giacinta Zarrilli (tacch’),Anna Caputo (caca patan’), dietro Canio Cestone (m’calon’),Vincenza
Caputo (caca patan’), dietro Graziella Zarrilli (tacch’), Lucia Russo (cangianella), Antonio Galgano (zucquaron’), Antonio Zarrilli con la moglie (sciascialicchij). A terra da sinistra: Giovanni Di Milia (paglier’), Salvatore Mosca (di Bisaccia), Donato Gautieri (sacchett’),Angela D’Alessandro (megn’),
Rosetta Galgano (zambaglion’) e Antonio Martiniello (lancier’). Nella foto
mancano Felicetta di Carlo e Alessandra Del Cogliano.
Calitri, 17.08.2013. Festa dei 30enni. quarta fila da sinistra: Rocco Nicolais, Elisa Grieco,Antonio Nigro, Domenico Buscemi.Angelo Di Napoli,
Gaetano Cicoira, Giuseppe Cerreta,Vincenzo Tuozzolo, Giuseppe Salvante, Maurizio Lettieri, Fabrizio De Rosa. Terza fila: Monica Tornillo, Diana
Maffucci,Vittoria Buldo, Marianna Lucadamo, Emanuela Di Cecca, Graziano Licari, Nicola Mesce, Michela Galgano, Giuseppina Russo,Vincenzo Di
Masi, Jessica Di Cosmo, Emerson Schettino, Barbara Nigro. A terra da sinistra: Mariagrazia Del Cogliano, Mariangela Tuozzolo, dietro Enzo Maria
Campana, Francesco Di Salvo,Vito Di Maio (seduto),Vito Tornillo, Clara Cicoira, RosannaVeneziano, dietro con occhiali Angelo Lucrezia, Giuseppe Zarrilli, Nino Marzullo, dietro Donato Russo e Paolo Fierravanti,
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L A NOSTRA
BIBLIOTECA
ANNIBALE COGLIANO:
Due Italie tra fascismo e post-fascismo.
Rivolta di Calitri e Ferrara Repubblichina
Ed. Scientifiche Italiane (NA) 2013 – pp.281.
L’indagine ha ad oggetto, da un lato, le vicende
della rivolta, sanguinosa e di massa, di Calitri (Alta Irpinia) del 29 settembre 1943, che scoppia violenta, nell’agonia del regime, con l’arrivo degli Alleati che tallonano i nazisti in ritirata, e il suo
prosieguo politico e giudiziario sino agli inizi degli anni ‘5O; e, da un altro, Ferrara repubblichina
attraverso la figura di un vicequestore, Carlo De
Sanctis, tipico funzionario della banalità del male,
responsabile di fucilazioni, torture, sevizie, deportazioni (oltre 500 unità fra partigiani ed ebrei).
Carlo de Sanctis è fratello del sostituto procuratore Francesco, che opera a Sant’Angelo dei Lombardi (Alta Irpinia) e che si distingue per la sua ferocia repressiva contro i rivoltosi di Calitri (quasi
un centinaio gli arrestati, fra cui molti giovanissimi) e contro i contadini di altre località che occupano le terre dei latifondisti o il demanio incolto.
I De Sanctis, entrambi conquistati dal fascismo e
da casa Savoia, sono pronipoti del celebre Francesco De Sanctis, critico letterario e patriota dell’Italia risorgimentale e liberale. Nell’Italia spaccata
in due del dopo 8 settembre 1943, essi rappresentano emblematicamente e drammaticamente la
continuità delle istituzioni e della cultura del ventennio nel nuovo quadro politico che si apre con il
governo Badoglio. E rappresentano i limiti e le due
velocità dell’Italia post-fascista. Sull’altro versante, Fonda lunga della rivolta di Calitri 1943 porta
all’affermazione della sinistra e della cultura democratica nel 1946: 50% dei voti al referendum
per la Repubblica e vittoria social comunista alle
amministrative, cosa del tutto incompatibile con
l’affermazione crescente del potere della Democrazia cristiana, sul cui carro salgono tante forze e
ceti del vecchio regime. […]
(dalla quarta di copertina)
VINICIO CAPOSSELA:
Tefteri. Il libro dei conti in sospeso
Ed.Il Saggiatore (MI) 2013 –pp.154.
Una taverna invisibile dalla strada, una porta modesta a segnalare l’ingresso. Dentro, pochi tavoli,
luci basse, fumo. In fondo alla sala una piccola pedana, dove si suona seduti in linea, di fronte agli
avventori. Voce, chitarra, buzuki. Stasera si suona
rebetiko. Si ascolta mentre si mangia e si beve. È
l’eucaristia che si riceve da seduti, senza poter scappare, e la taverna è la sua chiesa. Vinicio Capossela ha percorso le strade della Grecia nell’anno del
tracollo finanziario. Ha incontrato quel che resta dei
leggendari rebetes nelle taverne di Atene, Salonicco, Creta, catturando visioni, ebbrezze, magie
e illusioni su un piccolo taccuino, il suo Tefteri. Capossela racconta una Grecia inedita, sofferente e
fiera, che riscopre il rebetiko come musica della
krisis. Una musica dell’assenza, nata dalla rabbia
e dalla nostalgia di un popolo, quello greco-turco,
che nel 1922 si trovò sradicato e straniero in patria.
Rebetiko è scelta politica. Rebetiko è appartenenza. È il canto di sirena che riecheggia nei porti del
Mare nostrum. Per il rebetiko non si applaude, si
rompono piatti: la radice della sua forza unica affonda nel suo anarchismo.
Nota dopo nota, pagina dopo pagina, il Tefteri è la
trascrizione dei debiti e dei crediti che bisogna fare per «imparare il mestiere di campare››. Il regi-
stro dei conti in rosso che tutti hanno con la vita e
la morte. Perché, fin dall’antichità, quello che viene dalla Grecia partecipa dell’universale, ci dice
dell’uomo e del suo destino, là dove è nato. Quando superò la necessità e inventò il gioco, la festa,
l’arte. Quando sollevò il capo e divenne anthropos.
(dalla seconda di copertina)
MARIELLA ZARRILLI:
Ali di farfalla
Delta3 Grottaminarda (AV) 2012 –pp.48
Nei versi della Zarrilli l’IO, nuovamente risorto,
dopo tanta esagerata poesia oggettiva, ridiventa
protagonistadella poesia. Poesia dal respiro lieve,
dolce come il sorriso degli innocenti, di chi si interroga sul proprio destino e sul proprio futuro.
Poesia leggera, garbata, spontanea, mai superficiale. Nei versi della poetessa di Calitri si respira
l’aria semplice della vita e il profumo dei sentimenti miti. Poesia ricca di semplicità e densa di
onestà intellettuale. (dalla seconda di copertina)
EMILIO RICCIARDI:
Calitri Antica, II edizione riveduta e amplificata
Ed. DigitalPoint1 – Rionero (PZ) 2013 – pp. 107.
[…] I fatti che l’autore racconta provengono senza dubbio dalla Storia di Calitri di Vito Acocella e
dai lavori degli altri storici nostrani che ne hanno
seguito le orme, ma in gran parte emergono dalle
carte d’archivio riguardanti il nostro paese, da lui
’per la prima volta esplorate. Il testo è inoltre arricchito da una nutrita serie di immagini, in parte
sconosciute al vasto pubblico, e di epigrafi locali.
Nel racconto di Ricciardi si distingue una storia
che si sviluppa nei secoli, col mutare delle dominazioni nel regno di Napoli, col succedersi degli arcivescovi della diocesi di Conza e dei signori feudali. Ma c’è anche un filo narrativo apparentemente
minore, costruito con episodi occorsi alla gente comune, remoti e marginali se si vuole, ma che è difficile immaginare possano essere capitati a Calitri
se non si conoscono le fonti. Il tutto, però, accade
in un’area dominata da un destino geologico: i terremoti demoliscono periodicamente gli edifici del
paese. Ciò che a Calitri rimane di antico è la chiesa dell’Annunziata. Ma i calitrani non hanno mai
cessato di ricostruirli, anche a costo di abitare, nel
frattempo, nelle spoglie grotte tufacee della collina. Un popolo di lavoratori, dal carattere tenace,
dunque. Ai calitrani d’oggi si chiede di non tralignare. Conserviamo il piglio vigoroso dei nostri
antenati, andando avanti verso la storia futura!
(dalla presentazione di Pietro Cerreta).
RAFFAELE MARRA:
Collezione di attimi
Graus Editore (NA) 2013 – pp. 63.
“Sono nato nel Novecento, ma molto ho appreso
dalla generazione che mi ha cresciuto. I miei educatori erano tutti della seconda metà dell’Ottocento. Erano sopravvissuti ai terremoti, alla peste, alla malaria ed erano in grado di inculcare in me
bambino nuove idee e nuove nozioni di vita poiché anche la prima guerra mondiale li aveva lasciati indenni.”
Sebbene proveniente da “una società di contadini
senza terra”, il protagonista di questo racconto era
cresciuto protetto da un’invisibile cortina d’amore che lo legherà per sempre alla sua famiglia. E
una guida dall’alto lo spingerà a divellere le sue radici e a piantarle in una nuova città, Torino, dove,
inaspettatamente, incontrerà l’amore puro.
(dalla quarta di copertina)
Salvatore Scoca
a cura di Donato Lucev – Comune di Calitri Associazione Pro loco Calitri – Grafiche Pannisco 2013.
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Sono già cinquant’anni dalla scomparsa di Salvatore Scoca ma in Calitri, in Irpinia e in altre parti
del Paese in cui egli ebbe contatti come politico e
uomo di Governo, di Avvocata Generale dello Stato, di docente universitario e di studioso o come
semplice cittadino, è sempre vivo il ricordo nonostante la notevole ampiezza di tempo trascorso dalla sua morte. Con il passar del tempo diminuiscono sempre più le persone che ebbero il piacere di
conoscerlo personalmente come pure coloro che
sono a conoscenza del suo operato nei vari campi
in cui svolse la sua attività.
Viene progressivamente meno, in tal modo, una
fonte diretta di informazione intorno alla complessa
figura di Salvatore Scoca per cui si avverte la necessità di mettere a disposizione delle attuali e delle prossime generazioni una documentazione, per
fortuna già esistente, dovendosi solo collazionarla e coordinarla, a cui possano far riferimento per
soddisfare le loro sete di sapere e di conoscenza.
(dalla Presentazione)
Cinquanta foto per il 50° Anniversario
della morte di Salvatore Scoca
10 maggio 1962 – 1° maggio 2012.
A cura di Donato Lucev – Pannisco 2013.
Il ricordo di Salvatore Scoca nel 50° anniversario
della morte si è pensato di svilupparlo attraverso
una serie di iniziative volte maggiormente a creare le basi affinché esso possa risultare quanto più
possibile duraturo nel tempo in modo che le attuali
generazioni, ma anche le future, possano disporre
di un materiale a cui attingere e trasmettere l’operato di Salvatore Scoca.
Si cercò all’epoca di tamponare sia la disoccupazione che l’emigrazione con uno strumento- i cantieri di lavoro – che sicuramente non aveva la pretesa di risolvere i due problemi, ma voleva fornire
una boccata d’ossigeno a tante persone. Nel frattempo si procedeva in maniera parallela su un altro binario che era quello della scuola: Scuola Media, Avviamento Professionale a indirizzo agricolo,
l’Istituto Tecnico commerciale, il Liceo Scientifico e la Scuola d’Arte, che in breve tempo fecero di
Calitri un centro attrattore di studenti da tutti i paesi delle province limitrofe.
(dalla prefazione del Sindaco Antonio Rubinetti)
VITO MARCHITTO:
Nell’Irpinia Estrema. Una militanza politica
e ideale a Calitri e nel Mezzogiorno interno
Mephite 2013 – pp.188.
Ciò che differenzia e distingue in Marchitto il Percorso della memoria, rispetto a tante autobiografie politiche, è il costante e felice equilibrio tra la
dimensione pubblica e la sfera privata, tra sentimento e ragione, l’analisi a mente fredda e il pulsare delle passioni, la serenità tollerante dell’uomo
maturo e l’impossibilità di rimuovere fino in fondo i risvolti più amari.
Uno dei meriti principali di Marchitto, rispetto a
tanti intellettuali e scrittori della sinistra e del Movimento, consiste nell’essersi sottratto alla logica
dello “sconfittismo” e alle opposte tentazioni del
rimpianto o del rancore postumo.
E di aver saputo inquadrare la sua esperienza politica nella storia di un paese, Calitri, di cui ha saputo far rivivere, soprattutto nei capitoli iniziali,
certe atmosfere del dopoguerra epiche e commoventi (degne di un film alla Tornatore) e quella dimensione del tutto particolare dei suoi abitanti, vagamente estrosi e tendenzialmente creativi, che
oggi si riflette nelle brillanti suggestioni poetiche
e musicali di Vinicio Capossela.
(dalla prefazione di Paolo Speranza)
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S O L I D A R I E TÀ C O L G I O R N A L E
lia (Teora), Cianci Francesca (Roma), Di Cairano Antonio (Guidonia), Scappaticci
Angela (Ciampino), Cerreta Vincenzo (Carrara).
Euro 12: Germano Canio (Prato).
Euro 15: Zarrilli Ivan (Limbiate), Rainone Vito (Lentate), Di Milia Lucia (Corsico),
Di Cosmo Vincenzo (Poggibonsi), Cicoira Giuseppe (Melfi), Zarrilli Vincenzo (Castiglione delle Stiviere), Mazziotti Maria Antonia (Santa Marinella).
Euro 20: Cerreta Marianna (Campi Bisenzio), Rabasca Corcione Barbara (Caserta), Rabasca Antonietta (Avellino), Cesta Anna (Bologna), Maffucci Edoardo (Torino), Nicolais Maria Giuseppa (Cairano), Abate Nino (Salerno), Fastiggi Michele (Salerno), Melaccio Giuseppe (Poggibonsi), Santoro Vincenza (Mariano C.se), Cappiello
Armiento Grazia, Maffucci Giuseppe (Portici), Codella Michele (Tirano), Di Napoli Rocco (Casalecchio di Reno), Cerreta Vincenzo (Vimodrone), Di Cecca Vincenzo (Mariano C.se), Tuozzolo Giovanni (Roma), Rinaldi Canio (Lavena Pontetresa), Cestone Pasquale (Busto Arstizio), Zabatta Rosina ved. Galgano, Maffucci
Mario Junior (Forlì), Abate Pasquale (Avellino),Vallario Giuseppe (Grugliasco), Cestone Antonio (Pavia), Cerreta Canio (Cerasolo di Coriano), Caruso Michele (Lomazzo), Balascio Francesco (Bisaccia), Tetta Antonio (Napoli), Cianci Michele (Brescia), Di Milia Iolanda (Pontedera), Bavosa Giuseppe, Capozi Bruno-Mastrullo (Roma), Acocella Nicola (Limidi Soliera), Senerchia Maria (Sesto F.no), Cantarella Maria (Genova), De Nora Bartolomeo (Verbania), Gautieri Pasquale (Bollate), Germano Pasquale (Briosco), Di Milia Vincenzo (Pescara), Toscano Di Maio Rosa Maria
(Rende), Cristiani Salvatore (Poggibonsi), Simone Vincenzina in Valentini (Maddaloni), Farina Franco (S. Marco Evangelista), Gautieri Enzo (Bollate), Scoca Rosa S. Giovanni Vald.no), Fierravanti Pina (Lavena Ponte Tresa).
Euro 25: Polestra Claudio (Desio), Armiento Michelangelo (Roma), Metallo Vincenzo (Roma, via C.Ferrini), Margotta Mario (San Donato M.se), Rabasca Angelomaria (Cervinara), Gautieri Antonio (Mariano C.se), Aristico Antonio (Siena), Gallicchio Mario (Milano), Abate Michele (Roma), Mastrodomenico Caterina (Napoli),
Margotta Claudio (San Donato M.se).
Euro 30: Tozzoli Marta (Napoli), Di Maio Giovanna e Codella Michele (località
non pervenuta), Di Maio Giuseppe (Besano di Verona), Lavanga Pasquale (Cagliari),
Metallo Mauro (Brescia), Cerreta Canio (Roma), Di Gironimo Bruno (Salerno), Ferrero Remo (Torino), Armiento Michele (Caselle Torinese), Galgano Franca (Bergamo), Codella Michele (Roma), Gautieri Antonietta (Rizzolo), De Nicola Michele
(Bologna), Galgano Antonio (Poggibonsi).
Euro 35: Zarrilli - Fastiggi (Bollate).
Euro 40: Armiento Angelo (Siena), Famiglia Girardi-Bennici (Livorno).
Euro 50: Scoca Maria Concetta (Roma), Di Cairano Paola (Cenate Sotto), D’Ascoli Berardino (Genova), Cestone Mario (Brescia), Galgano Antonio (Milano),
Zarrilli Giuseppe (Bollate), Norelli Francesco (Roma), Marrese Luigi (Abbiategrasso), Di Napoli Pasquale (Milano), Zarrilli Michele (Poggibonsi), Margotta Ottavia (Livorno), Santeusanio Giuseppe (Livorno), Di Muro Franca Maria (Bologna),
Del Re Michele (Napoli), Zarrilli Vera e Vincenzo (Prato), Codella Gerardo, Zarrilli Angela (Pavia), don Lorenzo Sena (Fabriano), Messina Giuseppe (Roma), Cestone
Gerardo (Cava de’ Tirreni), Marra Raffaele (Caserta).
Euro 60: Acocella Nicola (Roma).
Euro 100: Michelina Ferrara (Torino), gen. Acocella Mario e Virginia (Napoli),
Euro 150: Lucrezia Vincenzo Luciano (Ivrea).
Vendita libri Alfonso Nannariello € 47 presso Fiera Interregionale Calitri.
Rinnovo dominio sito internet IL CALITRANO a cura di ITACA di
A.Marco Del Cogliano.
DA CALITRI
Euro 5: Pinto Angelo, Zarrilli Pasquale, Rinaldi Francesca Giuseppina, De Vito Antonietta, Di Carlo Tania.
Euro 10: Buonaparte Giuseppe, Cestone Franchino,Vallario Vincenzo, De Nicola Michele, Di Cairano Gaetano, Rossi Olivio, Fastiggi Armando, Maffucci Canio Luciano,
Leone Giuseppe, Cerreta Antonio, Di Tore Angela Maffucci, Contino Lucia, Maffucci
Vincenza Rosaria, Bozza Antonio, Russo Giuseppina, Rosania Luigi, Di Milia Michele,
Zarrilli Giuseppe, Caputo Vittorio, Iannece Antonio, Di Milia Michele, Cerreta Rosa
Antonia, Cardinale Raffaele, Leone Vito Antonio,Tornillo Giovanna, Stanco Giovanna,
Simone Mario, Maffucci Canio Luciano, “Tutto Musica”, Di Maio Gaetanina, Maffucci
Michele, Di Maio Giuseppe-Cestone M.Vincenza, Di Roma Giuseppe, Di Milia Raffaele, Tancredi Giuseppe, Capossela Mario, Zarrilli-Cerreta, Rabasca Antonio Mario,
Margotta Angela, Mazzeo Michele, Di Milia Salvatore, Zarrilli Maria, Maffucci Lucia ved.
Di Milia, Acocella Michele (mecca), Aristico Lorenzo, Russo Vincenzo, Panniello Maria,
Di Milia Vincenzo via Manzoni 8, Russo Concetta,
Euro 15: Fierravanti Maria, Di Guglielmo Michele-Vallario A., Di Maio Vincenzo, Picone
Antonio e Zarrilli Rosa, Cirminiello Vittorio, Russo Giuseppe-Bozza Angela, Lucadamo
Mario (c.da Carruozzo), Scoca Vincenzo e Cestone Maria, Sperduto Angelomaria, Agriturismo “Valle Ofanto”, Cianci Gaetano, Metallo Antonio e Antonietta.
Euro 20: Rocco Briuolo, Rubinetti Lucia, Di Maio Pasquale, Metallo Pasqualina, Nivone Stefania, Bar Ciak si gira, Paolercio Carmine, Cestone Assunta, Paolantonio
Paolo, Basile Francesco, Zabatta Vito, Sacino Francesco, Zarrilli Giuseppe, Fatone
Canio, Di Cairano Francesco Antonio, Gautieri Vincenzo, Gautieri Donato, Gallucci Vincenza in Cestone, Osteria “Tre Rose”, Michele Di Maio, Margotta Antonietta,
Della Badia Anna, Di Cecca Romeo, Coppola Leone, Simone Luigi, Piaggio Center di
Russo Gerardo, Zarrilli Antonio, Margotta Emilio, Di Milia Antonio, Sena Anna, Bovio Cosimo, Zabatta Vito, Di Cecca Michele, Tornillo Michelangelo, Biscotteria “I Nobili”, Cesta Antonio, Mucci Gaetano, Di Milia Benedetto, Carlucci Giovanni, Calabrese-Minichino, Lettieri Enzo, Di Carlo Michele, Nicolais Lucia, Contino Vito Antonio, Tateo Domenico, Armiento Michelangelo, Tornillo Filomena, Cubelli Angelo,
Caputo Vitoantonio, Buglione Lucia, Di Roma Giovanni e Anastasia, Salvante Michele, Mastrullo Giuseppe, Zarrilli Vincenzo, Zarrilli Rocco, Di Muro Leonardo, Maffucci Vincenzo e Zabatta M.Michela, Tancredi Filomena- Cialeo, Lucrezia Antonio, Di
Milia Concetta-Gallo, Caputo Vitantonio, Si Cecca Giovanni, Caputo Giuseppe, Maffucci Lorenzo, Di Milia Maria, Mottola Gerardo, Di MaioGaetano (Salerno).
Euro 25: Germano Giuseppe, Di Cecca Angelomaria, Cerreta Francesco e Antonietta, Lucrezia Vincenzina.
Euro 30: Di Roma Iolanda, Armiento Assunta, Della Polla Antonietta, Lampariello Titti, Di Milia Pasquale, Miranda P. Antonio, Abate Vincenzina, Armiento Antonio, Nesta
Vincenzo, Martiniello Vito-Galgano, Zarrilli Michele, Zarrilli Vito-Tornillo M.Rosaria,
Zarrilli Vincenzo ed Elisabetta, Di Cairano Giuseppe, Gruppo organizzativo Festa
70enni, Gautieri Vincenzo e Maria Francesca, Polestra Fortunato, Suore di Gesù
Redentore, Metallo Michele, Cicoira Lucia, Zarrilli Donato.
Euro 40: Polestra Giovanni, Zabatta Franca.
Euro 50: Gruppo “A Cunv’rsazion’”, Di Milia Giuseppe, Lucev Donato, Caruso Angelo, Galgano Giuseppe, Armiento Vincenzo, Vallario Leonardo, Galgano Luigi, Caruso
Salvatore, Cestone Francesco, Di Cecca Graziella, Festa dei 60enni del ‘53, Pietro
Cerreta, Rabasca Michelantonio, Gruppo quarantenni anno 1973, Iannolillo Maria Antonietta, Galgano Donato.
Euro 60: Di Cecca Raffaele.
Euro 75: Armiento Giuseppe, Partecipanti Festa dei 30 anni classe 1983.
Euro 100: Anonimo, Laboratorio analisi A.M. Maffucci.
Euro 200: Anonimo.
DALL’ESTERO
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
BELGIO: euro 10 Gervasi Carmela, 15 Rubino Donato, Ferrante Pasquale, euro
30 Galgano Antonio.
FRANCIA: euro 20 Ragazzo Nicola.
GERMANIA: euro 30 Koschmieder Klaus, euro 20 Maffucci Canio, Rosania Vincenzo, Zazzarino & Di Carlo Maria, euro 15 Gautieri Vincenza.
SVIZZERA: euro 450 Associazione Calitrani in Svizzera, euro 20 Di Maio Vito,
Valentina r lu sand’f ’les’, Caruso Giuseppe, Russo Giuseppe.
USA: euro 100 Di Napoli Mark.
ARGENTINA: euro 20 Rosales Carlos.
BRASILE: euro 25 Aristico-Senerchia.
VENEZUELA: euro 50 Di Cairano Gaetano.
CANADA: euro 50 Cicoira Fabio (Montreal).
Euro 5: D’Onofrio Giuseppe (Cast. di Stabia), Codella Vincenzo (Firenze),
Euro 5, 20: Piccirillo Angelo (Serre),
Euro 10: Caprio Donato (Quarto), Libreria già Nardecchia (Roma), Manzoli Flavia
e Ascanio (Genova), Ciccone Gaetano (Caronno Pertusella), Di Napoli Teresa
(Calco), Galgano Canio (Cantù), Briuolo Luigi (Alessandria), Di Milia Michele (Castelfranco Veneto), Forgione Giuseppa (Lentate S.S.), Repole Michelina (Rapone),
Cianci-Iavazzo Mario (Napoli), Panella Mario (Nova M.se), Nicolais Giovanna
(Quattro Strade di Lori), Metallo Luigi (Vallata), Tancredi Canio (Modena), Rubino
Filomena (Ancona), Rubino Michele (Comeana), Cantarella Francesco (Brescia),
Gallucci Donato (Ancona), Di Cosmo Michele (Poggibonsi), Sac.Pasquale Rosami-
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IL CALITRANO
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati relativi al periodo dal 21 giugno 2013 al 31 ottobre 2013
sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri
NATI
Gagliardi Michela di Giovanni e Di Salvo Virginia
Orabona Noemi di Paolo e Raia Mariarosaria
De Nicola Francesca di William e Di Conza Filomena
Racioppi Nicolas di Nunzio e Acocella Assunta
Ferrari Davide di Marco e Scarlatella Dora
Zarrilli Aurora di Vito e Nigro Vanessa
Borra Maira di Giuseppe e Borea Daniela
Cignarale Donatella di Davide e Pastore Rosa Pierpaola
Avella Mauro di Antonio e Paolantonio Lucia
Soriano Mattia di Giuseppe e Cestone Antonietta
Zabatta Maddalena di Vito e Maffucci Mariella
Acocella Leonardo Maria di Fausto e Stanco Anna Maria
13.06.2013
05.07.2013
09.07.2013
16.07.2013
20.07.2013
24.08.2013
20.09.2013
25.09.2013
08.10.2013
09.10.2013
10.10.2013
15.10.2013
MATRIMONI
Borea Michele Ivan e Celetti Alessandra
Maffucci Giuseppe e Zabatta Ilaria
Lembo Diego e Galgano Roberta
D’Andrea Antonio e Bavosa Giuseppina
Cestone Giuseppe e Cibellis Romina
Cialeo Giuseppe Raffaello e Racioppi Alfonsina Luisa
Carbonara Piero e Scilimpaglia Laura
Maffucci Giovanni e Zarrilli Mariangela
Di Benedetto Giovanni e Maffucci Michelina
Maffucci Canio e Polito Maria Elisa
Acocella Franco e Bozza Maria Maddalena
La Penna Francesco e Santoro Rosalba
Cestone Francesco e Margotta Giuseppina
Codella Vito e Armiento Filomena
Segnini Gian Luca e Gallo Maria Grazia
Racioppi Vito e Di Paola Rosanna
Pinto Carmine e Nivone Stefania
10.06.2013
22.06.2013
29.062013
06.07.2013
27.07.2013
27.07.2013
04.08.2013
10.08.2013
14.08.2013
17.08.2013
24.08.2013
31.08.2013
31.08.2013
14.09.2013
14.09.2013
28.09.2013
29.09.2013
MORTI
Stanco Canio
16.01.1938 - † 17.06.2013
Toglia Rosina
06.07.1916 - † 20.06.2013
Codella Vito
05.09.1930 - † 22.06.2013
Maffucci Giacomo Giovanni
24.06.1926 - † 23.06.2013
Melaccio Gerardo
18.11.1936 - † 01.07.2013
Bavosa Michele
20.07.1986 - † 10.07.2013
Gervasi Giuseppe
14.08.1946 - † 17.07.2013
Gallucci Gaetana
05.04.1931 - † 04.08.2013
Zarrilli Giuseppe
06.05.1933 - † 04.08.2013
Vodola Raffaele
02.09.1935 - † 09.08.2013
Siconolfi Anna
01.01.1927 - † 24.08.2013
Zarrilli Giovanna
04.11.1932 - † 13.09.2013
Cialeo Francesco Antonio
16.01.1922 - † 14.09.2013
Armiento Lucia
23.02.1933 - † 24.09.2013
Zarrilli Concetta
08.09.1935 - † 30.09.2013
Capossela Annina
08.08.1928 - † 02.10.2013
Valzani Filomena
15.06.1959 - † 01.10.2013
Margotta Lucia
27.09.1922 - † 09.10.2013
Giuliano Giovanna
11.01.1927 - † 21.10.2013
Pinto Francesco
08.07.1924 - † 27.10.2013
Covino Anna
31.07.1914 - † 27.10.2013
Ci scusiamo per qualsiasi eventuale errore.
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MISTERI MISTICI
(E NON) CALITRANI
di Gautieri Donato
(da Reggio Emilia)
Grazie alla lungimiranza politica e dirigenziale del nostro amato paese mi sono ritrovato intorno alla mezza età, insieme ad alcuni miei coetanei,senza lavoro né
prospettive future con famiglia a carico e
mutuo della casa da pagare. L’unica alternativa è stata quella di emigrare. In questo
salto nel buio la mia più grande preoccupazione era per i miei due figli; di come si sarebbero trovati sia come ambiente sia a livello scolastico. Fortunatamente ho trovato
lavoro come trasportatore. Passato il primo
impatto ecco il primo mistero; mio figlio più
grande, che adesso frequenta l’ultimo anno
di ragioneria, a Calitri veniva valutato poco
più della sufficienza; a Reggio Emilia è uno
dei migliori di tutto l’istituto. Allora delle
due l’una: o qui viene sopravalutato (non
credo dato che gli insegnanti delle materie
tecniche gli hanno chiesto di dare delle ripetizioni a buona parte dei suoi compagni)
oppure qui non avviene la lievitazione dei
voti di fine anno degli allievi figli degli amici degli amici. MAH!Misteri scolastici. Il
piccolo invece, che non aveva di questi problemi, ne ha avuto uno di carattere religioso. Ha frequentato il corso di catechismo,
peraltro risultando il migliore, però quando
ho chiesto al parroco Don Pasquale se poteva ricevere il sacramento, dopo varie telefonate, incontri con mio cognato ecc. mi
sono sentito rispondere di no perché faceva
soltanto la 2° media. Ed ecco il secondo mistero. Come mai la cresima l’hanno potuta
riceverla alcuni non della parrocchia? E i ragazzi della parrocchia che erano presenti sono alcuni giorni di tutto il corso? Però si sa,
il buon Dio chiude una porta e ne apre due.
Ad una manciata di chilometri (Andretta) il
parroco Don Giuseppe capita la situazione
e visto l’attestato di frequenza al corso di
Reggio Emilia, è stato felicissimo di cresimare mio figlio Giuseppe senza tanti cavilli burocratici. Non meravigliamoci più quindi se un tempo Calitri era un punto di
riferimento e adesso sta diventando un paese fantasma che si regge soltanto su invidia,
egoismo e gelosia.
RICORDA CHE
LA TUA OFFERTA
È DECISIVA PER
LA PUBBLICAZIONE
DI QUESTO GIORNALE
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R E Q U I E S C A N T
S.E. Mons. Pietro Farina
Vescovo di Caserta
Maddaloni 07.05.1942
† Pozzilli 24.09.2013
Raffaele Pastore
07.07.1939 - † 09.09.2013
Madre affettuosa,
laboriosa ed onesta; le sue
doti furono di esempio
a quanti la conobbero.
I familiari tutti a perenne
ricordo.
Eterno riposo…
(Salmo 11 – 7)
(S. Agostino,
Confessioni IV-1 0.15)
Mario Di Milia
14.09.1950 - † 18.12.2012
Rosa Gautieri
23.05.1926 - † 29.08.2012
Maria Nicolais
25.09.1921 - † 05.12.2010
Siamo certi che dal cielo ci
proteggerai
sempre guardando e
ascoltando il nostro cuore.
I tuoi cari.
Prima noi in te,
ora te in noi per sempre.
I tuoi cari.
Con profondo immutato
dolore ed infinito
rimpianto, la famiglia
ne ricorda i sacrifici,
la dedizione e le tante
sofferenze.
Nessuno muore sulla terra
finché vive nel cuore
di chi resta. Tutti i vostri
cari vi ricordano
con affetto.
Lucia Maffucci
27.10.1927 - † 12.12.2009
Nel terzo anniversario
della sua scomparsa
con l’affetto di sempre
la ricordano
le figlie, il genero, i nipoti
e tutta la famiglia.
Amedeo Galgano
10.03.1929 - † 29.02.2012
Vincenzina Paolantonio
16.08.1932 - † 20.08.2008
Papà dolcissimo ci manchi
tanto! Manca il tuo affetto,
la tua voce, manca il tuo
sorriso, la tua saggezza,
l’amore, il tuo esempio.
Se dentro di te potessimo
camminare il nostro andare
non avrebbe mai fine.
Esiste un angolo nel nostro
cuore dove inevitabilmente
sei, quellopiù fanciullesco
che integre serba le tue cure
e le tue materne premure.
Ci proteggerai dal cielo
come amorevolmente hai
fatto quaggiù.
Nicola Caputo
23.05.1934 - † 06.05.2008
A cinque anni dalla
scomparsa, il suo ricordo
di uomo solare, semplice
ed onesto è sempre vivo
nel rimpianto della
famiglia e di quanti
lo conobbero e l’amarono.
Dina Cicoira
10.01.1916 - † 01.11.2002
Vincenzo Nicolais
12.03.1914 - † 13.02.2008
“Il loro ricordo sia sempre con noi”.
Domenico Di Luzio
01.01 1934 - † 23.09.2003
Angelo Maffucci
16.10.1932 - † 23.03.2003
Carmelinda Di Milia
05.01.1933 - † 03.04.2003
Nel decimo anniversario
della sua scomparsa.
Non piangete la mia
assenza sono beato in
Dio e prego per voi…Io vi
amerò dal Cielo
come vi ho amato in terra.
Il vostro ricordo è sempre vivo per noi a 10 anni dalla vostra
scomparsa. I figli e i familiari tutti.
Romeo Gautieri
19.06.1934
† Belgio, 20.10.1983
A trent’anni dalla
scomparsa sei sempre
nei nostri cuori.
Fratello, sorelle
e parenti tutti
Lina Cicoira
06.05.1947 - † 23.06.1980
“Non esiste una separazione definitiva finché esiste il ricordo”
(I.Allende)
Strappata alla vita nel fiore della giovinezza da una tipica violenza della
nostra società, da 33 anni sei la presenza invisibile nei momenti lieti e tristi
della nostra vita. La sorella Gina, fortunatamente scampata alla tragedia
che la travolse, la ricorda con grande affetto e rimpianto.
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Antonietta Simone
ved. Farina
07.03.1927
† Monza 08.09.2013
Poiché giusto è il Signore,
amante delle cose giuste;
i retti contempleranno
il suo volto.
Dio delle potenze, facci
volgere a te e mostraci il tuo
volto, e noi saremo salvi.
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In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Firenze CMP
per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Calitri, 25.08.2013. La classe 1943 ha festeggiato i 70 anni. In piedi da sinistra: Berardino Polidoro, Romeo Lucadamo, Michele Armiento (si vede solo la testa),
Antonio Galgano, Giovanni Toglia (si vede solo la testa), Giovanni Cubelli, davanti Domenico Tateo, Antonio Gautieri, Giuseppe Cubelli (dietro), Vincenzo
Zazzarino (si vede solo la testa), Giovanni Di Cecca, dietro Vincenzo Zabatta, dietro Raffaele Cestone, Rita Scoca, dietro Maria Concetta Zarrilli, dietro Giuseppe
Vallario, Michelina Di Cosmo, Michelina Dragone (con occhiali), Michele Metallo (si vede solo la testa), Annina Tuozzolo, Gerardo Bavosa (si vede solo la testa),
Michele Leone (dietro), Giuseppina Maffucci (con occhiali), Lucia Cestone, Berardino Zabatta (si vede appena),Antonietta Margotta,Antonio Zabatta (dietro con
occhiali), Raffaele Di Milia, Enzo Cerreta (dietro con occhiali), Antonio Zabatta (dietro) e Vincenzo Di Milia. Seduti: Giuseppe D’Auria, Petronilla Cestone,
Pasquale Cestone e Michele Russo. Nella foto mancano Giuseppina Zarrilli e Franca Salvante.
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54 - Il Calitrano