ORGANIZZAZIONE AZIENDALE appunti inerenti le lezioni del Prof. Stefano Agati OBIETTIVI L’insegnamento si propone di fornire informazioni e conoscenze in relazione al funzionamento delle organizzazioni e di sviluppare competenze con particolare riferimento all’organizzazione dell’impresa privata. CONTENUTI ⇒ Il concetto di organizzazione. ⇒ Il contesto esterno e la realtà territoriale. ⇒ Small business e PMI, caratteristiche distintive. ⇒ La struttura organizzativa di base. ⇒ Organigrammi. ⇒ Elementi dell’organizzazione. ⇒ Tipologia dei ruoli. ⇒ Il ciclo di vita di un’organizzazione. ⇒ I meccanismi integratori di informazione e comunicazione. ⇒ I meccanismi di guida e controllo. ⇒ I meccanismi operativi di gestione del personale. ⇒ La competenza professionale. ⇒ Il modello di analisi delle professionalità. ⇒ I processi – il concetto di processo come variabile organizzativa. ⇒ Elementi di base dell’imprenditorialità. ⇒ Il ruolo del marketing nelle organizzazioni. ORGANIZZAZIONE L’organizzazione è un aggregato di persone, di risorse materiali e immateriali deliberatamente connesse e coordinate con confini relativamente identificabili che opera con relativa continuità per S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 1 / 79 raggiungere un obiettivo comune o un insieme di obiettivi anche confliggenti che trovano punti di convergenza (Prof. G. Costa) Semplificando, le parole chiavi sono: ⇒ aggregato di persone ⇒ risorse materiali ed immateriali ⇒ gli obbiettivi comuni e l’insieme degli obbiettivi, Questa è la definizione che possiamo dare di organizzazione Per organizzazione non si và ad intendere solo un impresa. Ci sono vari tipi di organizzazione: un circolo culturale, la famiglia, l’impresa. Questo è un concetto che và ad abbracciare tutto quanto si può intendere per organizzazione; l’organizzazione non è solo l’impresa ALCUNI FORME DI ORGANIZZAZIONE ⇒ FIAT ⇒ SUPERMERCATO ⇒ FAMIGLIA ⇒ BORSA ⇒ OSPEDALE ⇒ CIRCOLO CULTURALE ⇒ CHIESA EVOLUZIONE NELLA GESTIONE DEL BUSINESS Alcuni modelli organizzativi: il Taylorismo ed il fordismo sicuramente molto importanti come modelli organizzativi. ⇒ TAYLORISMO, ottimizzazione della funzione aziendale ⇒ FORDISMO, produzione in serie Facendo un salto di decenni, c’è un altro modello che ha tracciato la storia dell’organizzazione ed è stato determinante: QUALITA’ TOTALE o Lean Production (organizzazione snella) S.Crepaldi – M.Ansaloni produzione snella ottimizzazione dei flussi e processi aziendali agosto 2008 2 / 79 Quindi vedete la differenza tra l’ottimizzazione della funzione aziendale (TAYLORISMO) dove ci si limitava alla ottimizzazione di una funzione aziendale, l’ottimizzazione dei flussi e dei processi aziendali (FORDISMO) e la qualità totale con aziende come la Toyota, (TOYOTISMO). La Toyota è riuscita ad elaborare delle strategie anche nella catena di montaggio; in Europa per cambiare una catena di montaggio ci si mettevano delle giornate mentre loro non dico in pochi minuti ma quasi hanno trovato dei sistemi ottimi. Quando si parla di qualità totale ci viene in mente il termine just time, con il vantaggio che non ci sono fondi di magazzino. Ottimizzazione dei processi vuol dire che si va oltre le funzioni, quindi i processi vanno ad essere trasversali tra le funzioni. Siamo su una panoramica generale dell’evoluzione della gestione del business. AZIENDA VIRTUALE IN UN SISTEMA OLONICO Azienda virtuale in un sistema olonico, vi faccio un esempio pratico. Siamo nel 1994, corrisponde all’età post-moderna. Con l’età post-moderna dopo il crollo del muro di Berlino (1989), qualcuno dice già nel 1975, ci sono stati dei cambiamenti, la globalizzazione ha influito notevolmente anche sull’organizzazione dell’azienda perché si sono aperti i mercati. Olonico deriva da “olon” che è una parola greca che significa tutto e quindi vuol dire che l’impresa è un’opportunità anche per la piccolamedia impresa perché riesce a creare dei collegamenti con altre imprese in tutto il mondo quindi è stato visto questo modello organizzativo un qualcosa che serviva anche alla piccola-media impresa. Ottimizzazione della catena totale di business Un esempio di ottimizzazione della catena totale: l’Aprilia. L’ Aprilia di quel tempo funzionava così (i punti chiave): la lean production, l’organizzazione snella per cui anche loro ci dicevano per esempio “… noi con i fornitori cerchiamo di selezionarli molto bene e S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 3 / 79 cerchiamo di fare il justing time…” per cui loro costruiscono moto e succedeva che riuscivano a ordinare le materie prime, i semilavorati per l’assemblaggio delle moto e portarli contemporaneamente o quasi contemporaneamente in produzione quindi il vantaggio è quello di evitare le scorte di magazzino. Sono dei costi molto forti per l’azienda quindi di evitare costi . Poi certe volte il rapporto con il fornitore veniva invertito con il cliente, cioè l’Aprilia era direttamente in contatto con la BMW, l’olonico virtuale era come rappresentare tante cellule in rete tra di loro. Aziende talvolta non tanto grandi, talvolta più grandi, perché l’Aprilia ha una dimensione abbastanza importante a livello di dipendenti, ma in questo sistema possono entrare anche organizzazioni più piccole. Quindi una rete d’affari. E’ chiaro che se voi andate in un’impresa artigiana le logiche sono diverse. Da ricordare quindi i 3 momenti importanti che vanno a coprire 100 anni di storia dell’organizzazione: ⇒ Taylorismo (inizio del 900) che riguarda un’organizzazione che appunto puntava molto all’ottimizzazione della funzione aziendale; ⇒ Qualità totale (anni 80), lean production cioè la produzione snella come veniva chiamata, che comportava un evoluzione notevole tramite un ottimizzazione dei flussi e dei processi aziendali; in altre parole non ci si concentrava più sul discorso di funzione aziendale, ma con un evoluzione molto forte, si puntava su questo tipo di funzione e di produzione snella. ⇒ L’azienda virtuale in un sistema olonico (avvio dell’età post moderna, crollo del muro di Berlino) olon, dal greco vuol dire tutto, e ci fa vedere come anche nel nostro nord-est esistono imprese di questo tipo ad esempio l’Aprilia cioè un impresa in fin dei conti grande ma non enorme che comunque riusciva a interagire nel mondo con altre aziende, altre imprese in maniera olonica. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 4 / 79 Questo modello, questo schema di rifermino è utilizzabile anche per la piccola media impresa, in particolare la nostra. Ecco tutto questo comporta l’ottimizzazione della catena totale del business per cui il business è globale. A questo punto ritorniamo sulle definizioni: il concetto di funzione aziendale e il concetto di processo. FUNZIONI E PROCESSI ⇒ FUNZIONE AZIENDALE ⇒ Presidia l’accumulazione di professionalità e competenze specialistiche. ⇒ Presidio organizzativo di una fase del processo operativo. (Prof. Costa G.) A parte questa definizione teoretica, dal punto di vista pratico una funzione può essere: amministrativa, produttiva, marketing, acquisti, commerciale; in pratica la funzione accumula delle professionalità e delle competenze specifiche. ⇒ PROCESSO ⇒ Attività o gruppo di attività che, partendo da un input e aggiungendo valore a questo, produce un bene o un servizio per un cliente interno o esterno. (Prof. Costa G.) Io credo che questo concetto è scritto dal punto di vista teorico, ma si può spiegare anche con parole proprie definendolo un processo all’interno di un organizzazione, un flusso. Il processo di lavoro per esempio. Più avanti andremo a vedere l’azienda dal punto di vista con le variabili organizzative. Però l’azienda prima, deve essere considerata nel suo ambiente. Mi viene in mente un famoso iceberg tracciato da un signore che si chiama Kabel proprio in un libro nel 1994 che si chiamava “strategia S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 5 / 79 attuale“, lui si riferiva più al marketing, però comunque tracciava un iceberg dove nella parte più profonda, cioè i nove decimi sono sotto il mare, nella parte più profonda metteva il macro ambiente, cioè se l’impresa naviga come un iceberg: la punta sono i risultati poi al di sotto ci sono le strategie, la pianificazione. Ma nella parte più profonda dell’iceberg c’è il macroambiente e poi il microambiente. Il macroambiente è il mare più grande in cui l’azienda naviga, stiamo entrando nell’ambiente dell’impresa. AMBIENTE L’ambiente di un’impresa è costituito dai protagonisti e dalle forze esterne all’impresa che ne influenzano la capacità di sviluppare e mantenere positivi rapporti con la clientela obiettivo (Kotler. P.) FORZE DEL MACROAMBIENTE PROTAGONISTI DEL MICROAMBIENTE MACROAMBIENTE: il macro ambiente è l’ambiente più grande nel quale individuiamo 6 forze; anche ai fini dell’esame possiamo citare l’ambiente: 1-ECONOMICO 2-DEMOGRAFICO 3-FISICO 4-TECNOLOGICO 5-POLITICO/ISTITUZIONALE 6-SOCIALE E CULTURALE. ⇒ AMBIENTE ECONOMICO Cos’è l’economia? S.Crepaldi – M.Ansaloni È il livello di vita di alcune persone. agosto 2008 6 / 79 C’è una multifattorialità nell’economia e il fatto che esista più di un elemento dà una certa specificità all’economia. C’è una multifattorialità non c’è un elemento singolo e questa multifattorialità a seconda dei singoli elementi darà una specificità a quel tipo di situazione. Ognuno di noi potrebbe avere un’idea diversa su come fare economia, su che cos’è l’economia. Una cosa importante che può tagliare la testa al toro e di come misurare l’economia, attraverso il termometro degli indicatori congiunturali. L’economia si misura attraverso gli indicatori congiunturali. Indicatori congiunturali: sono fondamentali per misurare l’economia Il PIL (prodotto interno lordo) è un macro indicatore e fa la fotografia di una certa situazione economica, a livello nazionale il PIL ha avuto una crescita molto bassa negli ultimi anni, anche crescita zero o zero virgola. Si parla invece di un Veneto che ancora mantiene un certo PIL anche di un punto anche più alto della media nazionale, dipende da provincia a provincia. Non è detto che una economia nazionale con PIL negativo non abbia la sua influenza, perché ci sono distretti industriali in piena crisi ma altri distretti comunque che funzionano bene e con volumi di affari che di anno in anno aumentano anche del 20%. Il PIL, prodotto interno lordo è la totalità dei beni e dei servizi finali prodotti su un territorio (Italia, Europa, mondo, Veneto) in un anno. La parola chiave è prodotti e servizi finali. Esempio: come FIAT produco macchine e compro acciaio dal produttore di acciaio, compro acciaio per un valore di 100 e poi vendo le mie auto a 250.; vado a calcolare solo il valore delle 250 auto e non vado a calcolare il valore dell’acciaio che ho acquistato. Prodotti finali. Si può trasferire lo stesso concetto con i servizi. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 7 / 79 L’ import/export è un indicatore congiunturale importante; le aziende italiane esportano notevolmente, anche se dopo dobbiamo tenere conto della contingenza di oggi, per alcune è notevolmente aumentata per altre diminuita, pensiamo all’oreficeria del vicentino, purtroppo sicuramente abbiamo un declino molto forte, ecco anche per un tipico distretto industriale, se pensiamo ad altre realtà ci sono anche degli aumenti di fatturato. Il ML (mercato del lavoro) è un altro indicatore congiunturale importantissimo, nel Veneto ci sono 2 milioni e 4mila lavoratori, questo è il mercato del lavoro; di queste persone si è cercato di identificare il livello di studio. Il livello di scolarità è un qualcosa che può essere sottolineato come dato e che influisce anche nella nostra economia. Es. nel Veneto il titolo di studio dei lavoratori che hanno una posizione regolare è così distribuito: • Laureati 13%, • Diplomati 32,4%, • Studi professionali 13,1% (ragazzi che escono e trovano subito un lavoro) • Medie inferiori 34,1% • Scuola elementare 6,4% • Non hanno la scuola elementare o hanno fatto qualche anno o sono analfabeti 1% il CONSUMO ELETTRICO è un indicatore congiunturale perché se un’impresa consuma elettricità, vuol dire che produce. Alcuni altri indicatori congiunturali sono : il TURISMO Qualcuno tra gli indicatori congiunturali propone anche l’inflazione che però si basa su calcoli che non sono realistici, quelli che noi percepiamo. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 8 / 79 Oggi infatti si parla continuamente di inflazione percepita, quella reale, però voi sapete come funziona il paniere. Non cito l’inflazione perché se io compro il telefonino da 500 euro, sapete che ha una strategia di marketing, si parla di scrematura del mercato, ne parleremo più avanti. Io rientro con un prodotto ad alto costo e poi il prezzo si abbassa. Quante volte avete comprato un telefonino e poco dopo il prezzo diminuisce, se io lo inserisco nel paniere faccio vedere che non c’è inflazione, anzi al contrario. Oggi si sta arrivando al 3,4%, in questo momento come media nazionale e credo che per alcuni prodotti tipo quelli energetici sia ancora più alta. I numeri vanno visti nella loro complessità. La borsa, non la inserisco perché non corrisponde al reale andamento di una azienda perché si basa su fattori emotivi o di speculazione, il caso di Alitalia o di altre aziende e poi chi investe in borsa deve valutare sul lungo termine. Noi siamo abituati ad avere l’indice di borsa giornaliero che però per chi investe può avere un significato molto relativo. Un prodotto lo devi tenere per almeno 5 anni per vedere i risultati e poi c’è questo effetto emozionale che spesso non corrisponde all’andamento delle imprese. Sul concetto di finanza c’era una domanda. La finanza è la disciplina che studia processi con cui individui, imprese, organizzazioni e stati gestiscono i flussi monetari nel tempo, ecco è la gestione in pratica dei flussi monetari nel tempo, perché spesso non si fa molta differenza tra economia e finanza, anche al telegiornale dicono parliamo di economia e poi parlano di borsa in realtà che è all’interno dell’economia, ma la finanza ha le sue peculiarità, esiste una finanza personale che è quella che concede i debiti e crediti agli individui e una finanza aziendale, che si occupa della ricerca dell impiego delle risorse aziendali da parte delle imprese, oppure ancora una finanza pubblica, che riguarda le tematiche della ricerca e dell’impiego di risorse finanziare da parte della pubblica istituzione oppure una finanza internazionale e così via, potremo parlarne tutta la mattina. Per quanto riguarda l’aspetto degli investimenti aggiungerei una cosa importante, quando si parla di finanza ci si focalizza su investimenti personali, poiché c’è comunque una differenziazione importante sul termine degli investimenti, e si differenzia, il mercato monetario con carattere distintivo una scadenza a breve termine, mentre quando parliamo di mercato finanziario parliamo di breve e lungo S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 9 / 79 termine, cioè il mercato finanziario riguarda operazioni di medio lungo termine in particolare il finanziamento dei programmi di investimento alle imprese che comprende per esempio le azioni e le obbligazioni emesse dalle imprese ed erogazioni di credito a lunga scadenza si è parlato spesso anche di obbligazioni, perchè le imprese sono una fonte di finanziamento per le imprese, io credo che conosciate questo concetto quindi non vado oltre,però l’impresa comunque emette obbligazioni per finanziarsi e di solito si parla di medio e lungo termine per questo tipo di titolo. Differenza fra AZIENDA e IMPRESA: L’AZIENDA è la parte della struttura del capitale; le aziende non sono solo quelle di produzione, ma ci sono anche aziende di consumo come la famiglia e aziende pubbliche come la provincia, la regione ecc.. ⇒ l’azienda è un complesso di beni (parte rigida dell’organizzazione) Quindi aziende di produzione, di consumo , pubbliche. l’IMPRESA è quello che muove tutto ciò. E ‘una differenza più teorica che pratica, poi come termine si usa indifferentemente. ⇒ l’impresa è un’attività (parte dinamica dell’organizzazione) Ci sono due aspetti che occorre distinguere, uno è la delocalizzazione e l’altro è il modello più vecchio che è quello del distretto industriale. Il modello del distretto industriale è il modello delle piccole e medie imprese che producono sul territorio e che hanno una specializzazione produttiva, quindi queste 3 variabili. Quali sono i distretti industriali nel Veneto? Verona: il mobile della bassa veronese, Cerea, Legnago ecc.. il marmo della Valpolicella, la calzatura dell’alta veronese Vicenza : la concia della valle del Chiampo che prende da Chiampo, Arzignano, Montebello, l’oreficeria, la meccanica, l’elettromeccanica di Montecchio Maggiore Alto Vicentino : macchine tessili Bassanese: le ceramiche e il mobile S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 10 / 79 Vicenza è la provincia che ha più distretti Belluno: l’occhialeria, in questa provincia ci sono tante microimprese, ma abbiamo anche un’importante impresa che è la Luxottica, la prima azienda italiana quotata alla borsa di New York Treviso: Montebelluna - abbigliamento sportivo e calzatura sportiva Padova: la pellicceria di Cervarese Santa Croce, la meccanica di precisione, il turismo con la basilica di S. Antonio (2° o 3° santuario al mondo come visitatori), l’università Venezia: il vetro di Murano, la calzatura della Riviera del Brenta, Sinistra Piave fino a tutta Treviso c’è il mobile, l’artigianato del mobile, la petrolchimica di Marghera Rovigo: i giostrai Vi darò una cartina di tutti i distretti. Gli esperti definiscono le 3 variabili che ho detto prima e in più stabiliscono dei loro coefficienti Voi è importante che sappiate le 3 variabili: la specializzazione produttiva (cioè il prodotto) tranne quelli della logistica di Porto Marghera, li parliamo di logistica, non li abbiamo citati, coefficente di intensità, presenza di piccole e medie imprese delimitazione territoriale I distretti non hanno le stesse dimensioni, ad esempio la concia della Valle del Chiampo è molto stretto e va in lungo da Chiampo, Arzignano, Montebello. Il distretto dell’occhialeria è molto più ampio. ⇒ AMBIENTE DEMOGRAFICO La demografia è importante per il marketing, si sapeva circa un ventennio fa che la Cina sarebbe diventata ciò che è diventata, anche per un discorso puramente demografico. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 11 / 79 Per quanto riguarda lo studio demografico, lo studio delletà è molto importante, anche i consumatori a seconda dell’età hanno dei gusti differenti. Gli americani a livello di età, come segmentazione del mercato, avevano fatto tre suddivisioni molto grandi e suggestive: ⇒ i tradizionalisti ⇒ i baby bum ⇒ i post baby bum Ad esempio il gelato, i tradizionalisti vicino ai sessant’anni vanno su tre gusti, tipo fragola, vaniglia, cioccolato. I baby bum, cioè l’età di mezzo, quella età da trenta ai cinquanta andranno a scegliere all’incirca 31 gusti. I post baby bum, i ventenni chissà che tipo di scelta potranno avere. ⇒ AMBIENTE FISICO ⇒ AMBIENTE TECNOLOGICO ⇒ AMBIENTE POLITICO ISTITUZIONALE ⇒ AMBIENTE SOCIALE E CULTURALE Dove vive l’impresa, l’ambiente sociale e culturale, con la quale l’impresa ha dei contatti diretti. PROTAGONISTI DEL MICROAMBIENTE L’azienda naviga in un macroambiente ma anche in microambiente. Il macroambiente è l’ambiente più grande, generale, il MICROAMBIENTE è fatto di protagonisti, come i fornitori, i clienti, i mercati: o FORNITORI o CONCORRENTI o PUBBLICI S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 12 / 79 o CANALI DI DISTRIBUZIONE o CLIENTI o MERCATI ⇒ FORNITORI: sono molto importanti nel modello organizzativo, saper scegliere i fornitori è importantissimo così pure la gestione della trattativa, la gestione del prodotto, la gestione del prezzo, tutti i livelli di sconto che possiamo chiedere nella trattativa, il termine di pagamento, e una cosa di cui di solito non si tiene conto è il livello di affidabilità del prodotto. ⇒ CONCORRENTI: possiamo dire che non esiste solo la concorrenza diretta ma anche una concorrenza indiretta. Il concetto di concorrenza indiretta, a me interessa solo questa suddivisione. È importante fronteggiare la concorrenza indiretta con campagne collettive di vendita che vengono fatte anche attraverso la pubblicità, la promozione televisiva. concorrenza diretta, chi vende il proprio prodotto concorrenza indiretta. aziende che si mettono insieme per difendere il loro prodotto (latte, birra) Chi lavora in azienda di produzione avrà sia dei concorrenti diretti ma anche dei concorrenti indiretti. ⇒ PUBBLICI nell’ambito del pubblico in generale puo’ essere individuata una serie di settori o ambienti, costituiti da gruppi che hanno un interesse o un’influenza, reale o potenziale, nei riguardi dell’impresa (Kotler. P) S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 13 / 79 Ecco questi possono essere l’ambiente finanziario, i mezzi di informazioni sia nel bene che nel male per l’ azienda, il governo o il parlamento, gruppi/associazioni di cittadini, il pubblico in generale e i collaboratori dell’impresa. Per quanto riguarda la comunicazione d’impresa, nelle grosse aziende viene usato un mezzo di comunicazione che è un giornale interno all’azienda dove vengono scritte tutte le vicende aziendali e vengono valorizzati anche i dipendenti, è un modo anche per comunicare all’interno dell’organizzazione, all’interno dell’impresa. o AMBIENTE FINANZIARIO o MEZZI DI INFORMAZIONE(molto importanti in un’impresa, possono fare il bene e il male di un’organizzazione, possono pubblicizzarla, possono buttare scredito, possono essere importanti anche per le aziende che agiscono non eticamente). o GOVERNO E PARLAMENTO o GRUPPI E ASSOCIAZIONI DI CITTADINI: in termini per esempio di marketing le associazioni dei consumatori stanno prendendo sempre più piede e questo viene chiamato consumerismo. o PUBBLICO IN GENERALE o I COLLABORATORI DELL’IMPRESA ⇒ CANALI DI DISTRIBUZIONE Il concetto di DISTRIBUZIONE si divide in distribuzione lunga 4 passaggi produttore grossista dettagliante consumatore finale media 3 passaggi breve 2 passaggi produttore dettagliante consumatore finale produttore consumatore finale e questo nel senso che comunque ci sono vari passaggi nella distribuzione. Il concetto di servizio: riuscire ad avere dei produttori che riescano di fatto a darci un buon servizio anche nei punti S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 14 / 79 vendita, è li che vengono fuori i guai, quindi l’affidabilità del fornitore è molto, molto importante. I Canali di distribuzione sono tutte le strategie che l’azienda adotta nella distribuzione del proprio prodotto. La FIAT magari produrrà le proprie autovetture in Polonia, e le commercializza, distribuisce, attraverso i concessionari, ecc.. E’ una strategia di distribuzione della FIAT. Benetton ha una strategia di distribuzione diversa, utilizza il franchising quindi un’altra strategia di distribuzione. ⇒ CLIENTE: l’importanza del cliente per un’azienda orientata al marketing e soprattutto negli ultimi anni sempre di più l’importanza del servizio al cliente; molte aziende si stanno organizzando sempre più per dare un buon servizio al cliente. Questa è una suddivisione minima per ricordarci l’importanza del servizio al cliente: ogni azienda e ogni piccola impresa fornisce un servizio che viene chiamato di primo livello, principale, cioè si tratta del prodotto, del servizio nudo e crudo che viene offerto, in realtà il servizio è fatto di più starti che hanno una valenza psicologica molto importante ed infatti il secondo livello ce lo aspettiamo tutti e cioè avere un servizio che viene chiamato di base, che si realizza quando quel negozio o chi per esso soddisfa tutte le nostre attese, tutte le nostre aspettative; noi abbiamo delle aspettative di ricevere un servizio in termini anche di cortesia, in termini di post vendita ecc quindi quando noi siamo soddisfatti su questo riceviamo dal punto di vista teorico ma anche pratico un servizio di base il terzo livello del servizio che credo sia importantissimo e che molte aziende stanno cercando di impostare è quello chiamato periferico; molte organizzazioni cercano di trovare sempre nuove soluzioni per dare sevizi che il cliente talvolta addirittura non si aspetta, es. che il servizio ricevuto sia così buono oppure la soluzione ad un particolare problema. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 15 / 79 Ricapitolando abbiamo il servizio di ⇒ primo livello, che è il servizio principale cioè nudo e crudo, ⇒ secondo livello, che è l’aspettativa che noi abbiamo, per dare un buon servizio il cliente deve arrivare a piena soddisfazione in termini di cortesia e in tante cose che lui si aspetta, ⇒ periferico, che va oltre l’aspettativa del cliente. ⇒ MERCATO: un mercato consiste di tutti i potenziali acquirenti che, condividendo un particolare bisogno o desiderio, potrebbero essere interessati e in grado di impegnarsi in uno scambio, al fine di dare soddisfazione al bisogno o desiderio predetti (Kotler. P.) possiamo identificare 4 tipologie di mercati: • MERCATI D’USO se una persona è un consumatore di diete, in particolare fa parte del mercato d’uso • MERCATI DI PRODOTTO calzature, ecc.. • MERCATI DEMOGRAFICI suddivisone del mercato ad esempio per età, il mercato dei giovani • MERCATI GEOGRAFICI suddivisone del mercato a livello geografico in territori che hanno un particolarità e potenzialità proprie. il mercato dell’automobile, delle DIMENSIONE DEL MERCATO DEMOGRAFICO ⇒ MERCATO POTENZIALE Interesse + Reddito potenziale perché richiede l’interesse da parte del potenziale cliente di acquisto di quel prodotto e anche il reddito per poter acquistare quel prodotto. Quindi le parole chiavi sono interesse e reddito. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 16 / 79 ⇒ MERCATO DISPONIBILE Interesse + Reddito + Accesso disponibile, vuol dire che quella persona deve avere interesse per quel prodotto o quel servizio, deve avere reddito per acquistarlo. Deve avere però anche possibilità di accesso, per esempio ci dovrebbe essere un punto vendita dell’azienda vicino al suo territorio. Possibilità di accesso a quel mercato in qualsiasi modo. ⇒ MERCATO DISPONIBILE QUALIFICATO Interesse + Reddito + Accesso + Requisiti disponibile e qualificato: richiede interesse, reddito, accesso e requisiti; ad esempio se vorrò acquistare una macchina dovrò avere 18 anni, diversamente non ho i requisiti per utilizzare quel prodotto. ⇒ MERCATO SERVITO È la parte del mercato disponibile qualificato cui l’impresa intende rivolgersi ⇒ MERCATO PENETRATO È dato dall’insieme dei consumatori che acquistano il prodotto S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 17 / 79 CONCETTO DI AZIENDA L’AZIENDA E’ IL COMPLESSO DEI BENI ORGANIZZATI DALL’IMPRENDITORE PER L’ESERCIZIO DELL’IMPRESA (Codice Civile, art. 2555) L’AZIENDA È IL MEZZO PER L’ESERCIZIO DELL’IMPRESA. Quindi il concetto di azienda è diverso da quello di impresa: ⇒ l’azienda è un complesso di beni (parte rigida dell’organizzazione) ⇒ l’impresa è un’attività (parte dinamica dell’organizzazione) CONCETTO DI IMPRESA Si definisce impresa, l’azienda di produzione che attiva i processi produttivi, con risorse monetarie conferite a titolo di capitale proprio, organizzando autonomamente il lavoro e sopportando i rischi economici della domanda e dell’offerta per conseguire un risultato economico denominato/detto profitto (Porta. V) Qui si tratta Impresa come azienda di produzione Precedentemente, si è parlato anche di Azienda “no profot”, quindi Aziende di consumo, come la famiglia, aziende pubbliche ….. I LIVELLI DIMENSIONALI questi sono importanti, ai fini dell’esame occorre ricordarsi che esistono delle micro imprese (da 1 a 9 dip.), piccole imprese (da 10 a 49 dip.), medio imprese (da 50 a 249 dipendenti). MICROIMPRESE, “SMALL BUSINESS”, PICCOLISSIMA IMPRESA Quelle imprese che hanno effettivi comprendenti meno di 10 persone, da 1 a 9. Quindi se noi pensiamo al Veneto, ma anche all’Italia in generale, perchè il modello del distretto industriale è anche molto presente in S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 18 / 79 tutto il territorio italiano, parliamo spessissimo di organizzazioni di imprese tra 1 è 9 persone/dipendenti. L’Italia, a livello di unione europea in termini di Microimpresa, viene solo dopo la Grecia. Con queste definizioni si fa riferimento a tute le attività e, quando si parla di economia, occorre tenere presente che ci sono vari Macrosettori nell’economia: ⇒ il Primario che è Agricoltura, Caccia Pesca e Prestazione; ⇒ il Secondario che è l’industria e le costruzioni (molto importanti) ⇒ il Treziario che sono i servizi pubblici e privati. PICCOLE IMPRESE La Piccola Impresa non è l’unità più piccola ma è intermedia, con effettivi compresi tra 10 e 49 persone . MEDIE IMPRESE hanno effettivi compresi le 50 e 249 persone (Atto 2003/361/CE) Tenete conto che comunque percentualmente il numero di imprese più alto, oltre il 90% è rappresentato dalla microimpresa, small business o piccolissima impresa: realtà Italiana , realtà Greca. COMPARTO ARTIGIANO Il mondo artigiano, non viene chiamato settore artigiano, ma viene chiamato comparto artigiano, questo perché in realtà l’artigianato esclude l’agricoltura ma rientra sia nell’industria che nei servizi. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 19 / 79 La tipologia dell’impresa artigiana è trasversale, rientra sia nel Macrosettore secondario che in quello dei servizi, e quindi abbraccia sia il secondario che il terziario. L’artigianato ha un livello dimensionale stabilito per legge, non rientra nel livello dimensionale di prima, semmai si interseca all’interno, per esempio da 1 a 9 ci saranno diverse imprese artigiane, ma di per sé l’artigianato ha una legge quadro (Legge 443/85) che stabilisce i limiti dimensionali, definisce la figura dell’imprenditore artigiano, definisce alcune modalità per l’iscrizione all’albo e tutte quelle che sono le caratteristiche e le peculiarità dell’artigianato. Poi sapete che la legislazione relativamente a questo Comparto è una legislazione che poi operativamente è Regionale ma qui parliamo di legge nazionale. LE DIMENSIONI DELL’IMPRESA ARTIGIANA LAVORO NON IN SERIE LAVORO IN SERIE MESTIERI ARTISTICI E TRADIZIONALI E ABBIGLIAMENTO SU MISURA TRASPORTI EDILIZIA N° MASSIMO DIPENDENTI 18 DI CUI APPRENDISTI 9 9 5 32 16 8 0 10 5 (Legge 443/85, art. 4) – Legge Quadro composta da 13 articoli . IN QUESTA LEGGE È L’ART. 4 CHE STABILISCE I LIMITI DIMENSIONALI. A parte gli ultimi tre gruppi (MESTIERI ARTISTICI E TRADIZIONALI E ABBIGLIAMENTO SU MISURA, TRASPORTI, EDILIZIA) che comunque appartengono a determinate categorie di artigianato, il maggior numero a livello statistico è determinato dalle imprese dove il lavoro non è in serie (cioè non c’è un uso prevalente di macchine, poi ovviamente c’è una commissione regionale per l’artigianato, provinciale che andrà a S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 20 / 79 stabilire effettivamente come stanno le cose), con un numero di dipendenti massimo pari a 18. Poi abbiamo le imprese dove il lavoro è considerato in serie, quindi dove c’è un uso prevalente di macchine, con un numero di dipendenti massimo pari a 9. Quindi quando queste imprese si iscrivono alla Camera di Commercio è probabile che se ci sono dei dubbi, la commissione và a stabilire se quell’impresa lavora o meno in serie. A meno che l’impresa non appartenga ad uno di questi tre gruppi: o mestieri artistici e tradizionali e abbigliamento su misura o trasporti o edilizia. Esiste anche la figura dell’apprendista la cui presenza massima è mediamente al 50% dell’organico; per ogni qualificato un apprendista al massimo, poi l’impresa deciderà eventualmente quanti apprendisti assumere. In pratica la legge dice che è possibile assumere un certo numero di apprendisti purché nel 18 ed esempio della prima categoria, non si superi il 50%, quindi 9 nei 18 , non 18 più 9, qui parliamo di tetto massimo. Così per il lavoro in serie la Legge prevede un numero di apprendisti di 5, all’interno dei 9. Nei mestieri artistici e tradizionali e abbigliamento su misura, un classico di Venezia è il vetro di Murano, che è fatto di imprese di dimensione industriali, però è fatto anche di imprese di dimensione artigiana, vedete sulla tabella, sono 32, non sono poche, andiamo già a sforare l’altra classificazione dell’ impresa la cos’ detta piccola, in questo caso gli apprendisti al massimo sono 16. Poi abbiamo i Trasporti, qui l’apprendista non viene considerato, perché si guida e basta, e guida chi ha la patente. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 21 / 79 Le Imprese Edili sono importantissime, sono molto diffuse soprattutto nelle imprese artigiane, qui il numero massimo di dipendenti è dieci, e gli apprendisti saranno 5. Quindi la Legge 443/85 stabilisce i limiti dimensionali (art. 4), definisce la figura dell’imprenditore artigiano, definisce alcune modalità per l’iscrizione all’albo e tutte quelle che sono le caratteristiche e le peculiarità dell’artigianato. Per alcune imprese tessili ed artigiane ha anche una convenienza, perché poi per l’impresa artigiana e per la piccola impresa spesso, vengono fatte delle leggi regionali che per esempio favoriscono gli insediamenti, oppure danno dei finanziamenti per le fiere, per l’export e così via…. In più, è molto importante la figura dell’associazione, l’associazionismo, quindi molti imprenditori artigiani poi si associano nelle grandi associazioni, ce ne sono tre, quattro, le due principali penso siano quelle che numericamente hanno più iscritti sono la CNA, e la ConfArtigianato. E queste associazioni poi , sono molto utili all’impresa artigiana perché forniscono loro dei servizi (commercialista). SMALL BUSINESS: CLASSIFICAZIONE DUE criteri di classificazione dell’impresa artigiana, per capire meglio il concetto di Small Business/Piccolissima Impresa/Microimpresa (chiamatela come volete). (T. Savi) LA DIMENSIONE -NUMERO DEGLI ADDETTI -FATTURATO LA COMPLESSITA’ DEL PRODOTTO O SERVIZIO -NUMERO DEI PRODOTTI -AMPIEZZA DELL’ATTIVITA’ S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 22 / 79 Vediamo che la Piccola impresa può essere a sua volta classificata, e questa classificazione si basa su due variabili è come se noi facessimo una matrice dove nella dimensione delle ascisse (X) mettiate la dimensione, cioè due variabili in particolare il numero di addetti ed il fatturato, che sono molto importanti e nella dimensione delle ordinate (Y) la complessità del prodotto o servizio; gli obbiettivi possono essere diversi soprattutto per capire meglio questi tipi di impresa, fare ricerca per lo sviluppo di progetti a favore di queste imprese, di queste organizzazioni. Questo serve a costruire un a tabella, una piccola matrice (Dimensione / Complessità del Prodotto) che ci aiuta a ragionare assieme sulla classificazione non solo dell’impresa artigiana ma per la piccola impresa in generale. In questa tabella noi non solo possiamo inserire realtà artigiane, ma tutte le realtà, ritorniamo indietro a quella considerazione che abbiamo fatto in precedenza da 1 – a – 9, quindi ci mettiamo dentro l’Artigianato ma anche le altre (imprese commerciali ecc.)-. SMALL BUSINESS COMPLESSITA’ DEL PRODOTTO DIMENSIONI MONOCELLULARI FAMIGLIARI MICRONUCLEARI AGGLOMERATE MONOPRODOTTO PLURIPRODOTTO PRODOTTO INTEGRATO Paghe e contributi Tasse, Paghe e contributi (commercialista) Studio di Consulenza Aziendale Affittacamere Camera e Colazione Albergo idraulico Termo-idraulico Termo-idroelettrico Punti vendita di frutta Frutta latte caseari Mini market 4 livelli di dimensioni e 3 livelli di complessità del prodotto S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 23 / 79 Spiegazione tabella sopra: MONOCELLULARI: è la cellula, una persona che lavora da sola, è il primo livello di dimensione, minimo una persona. Facciamo un esempio non sull’impresa artigiana ma sul professionista: perché vi dico professionista, perché certe volte, già fanno la differenza tra impresa e libera professione, ma certe volte anche a livello di ISTAT mettono assieme il libero professionista con le Imprese. Ma noi dobbiamo sapere che c’è una differenza importante, c’è la partita iva però poi per l’impresa c’è l’iscrizione alla Camera di Commercio; sarà poi impresa individuale, società di persone, società di capitali. ES: Una persona (MONOCELLULARE) che offre paga e contributi come consulente esterno su di un’impresa, offrirà un monoprodotto; se c’è un’evoluzione ed offre tasse – paga e contributi, diventa un commercialista, offrirà quindi un pluriprodotto vuol dire prodotto più ampio; un’evoluzione ulteriore, che è il concetto di prodotto integrato sarà uno studio di consulenza aziendale. Quindi da una parte la complessità del prodotto che può avere la piccola impresa, la piccolissima impresa, monoprodotto, pluriprodotto, prodotto integrato e dall’altra parte i livelli dimensionali. IMPRESA FAMIGLIARE ve ne sono tantissime, esempio nel comparto turistico (“zimmer frei” caramelle libere) è il primo livello monoprodotto. Il Pluriprodotto, significa che vengono offerti più prodotti. IMPRESE MICRONUCLEARI sono due persone che si mettono assieme, fanno società es. S.r.l. e fanno un laboratorio idraulico, magari assumendo anche un apprendista, questi sono artigiani chiaramente. Nel monoprodotto, fanno solo un laboratorio idraulico, mono-servizio, perché è unico il servizio che offrono. Poi diventa pluriprodotto, ed offrono termo-idraulico , poi addirittura arrivano al prodotto integrato, consistente in un gruppo polivalente termo-idro-elettrico, praticamente offrono tutto quello che possono offrire nel comparto dell’impiantistica. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 24 / 79 LE AGGLOMERATE sono quelle piccolissime imprese che hanno più punti vendita; il concetto di agglomerato è quello, però sono piccolissime imprese. Nel monoprodotto, abbiamo più punti vendita di frutta, con il pluriprodotto abbiamo vendita di frutta, latte, caseari, mentre se ci riferiamo al prodotto integrato può diventare un mini self service dove vende un pochino di tutto. Questi sono gli esempi che ha fatto Savi nella compilazione di questa tabella. Nell’artigianato molte sono le aziende a componente familiare ed il primo oggetto di riferimento diviene lo STATUS. Si è scoperto che certe volte l’impresa artigiana continua la sua attività perché è nel territorio da anni cioè si tramanda, nonno, padre, figlio, e questo viene chiamato status. Vanno approfonditi questi aspetti perché solo attraverso lo studio di queste cose si può migliorare l’ambiente economico circostante all’impresa. Ecco quindi un primo livello è proprio ad esempio quello dello STATUS. Una seconda problematica che emerge nell’impresa artigiana è la politica degli investimenti Spesso in queste piccole imprese ci sono persone di varie generazioni che lavorano insieme, addirittura certe volte 3 generazioni con modi diversi di intendere anche le possibilità di investimento, il nonno dice, possiamo investire solo se abbiamo i contanti, il padre una via di mezzo, il figlio farebbe debiti; ci sono visioni diverse sugli investimenti. L’ultima cosa molto importante e peculiare dell’impresa artigiana sono le problematiche relative alla TRASMISSIONE GENERAZIONALE il “vecchio” pieno di esperienza non molla mai vuole sempre rimanere alla guida e certe volte non da la possibilità al figlio di diventare leader dell’azienda e crea questi intasamenti organizzativi S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 25 / 79 Quindi 1° lo status, 2° la politica degli investimenti 3° la trasmissione generazionale Lo studio dell’impresa passa anche attraverso queste cose teoriche e può essere utile perchè fa capire moltissime cose. Un'altra cosa importante è la relazione impresa-famiglia e questa non è solo tipica dell’impresa artigiana, ma è tipicissima di imprese a vari livelli, quindi è tipica dell’impresa piccola, piccolissima ma anche dell’impresa media diciamo 60-70 persone, il padre il figlio e il nonno. Se prendiamo il blocco famiglia e prendiamo delle parole, la parola finanziamento è relativa all’impresa, la stessa parola più o meno anche con significato diverso è risparmio per quanto riguarda la famiglia, quindi il denaro viene inteso da una parte come finanziamento per l’impresa mentre nella famiglia come risparmio, e mettendo lo stesso soggetto, sia impresa che famiglia, nascono dei problemi; ci sono questi due blocchi che si contrappongono. Il concetto di delega piuttosto che il concetto di appartenenza: nell’impresa i lavoratori lavorano per merito, i più soprattutto lavorano per merito, il merito è l’appartenenza; spesso nell’impresa famigliare non si è li solo per merito ma magari per appartenenza e così via si potrebbero fare tantissimi esempi su questo. Con ciò abbiamo visto tutto il contorno, ora entriamo all’interno di un organizzazione; entriamo nell’ORGANIZZAZIONE in generale, e diciamo che qualsiasi organizzazione ha delle variabili organizzative al suo interno. Quello che segue è la rappresentazione di un modello sistemico di organizzazione che è stato portato avanti da diversi studiosi negli anni; è un modello importante per classificare all’interno un’organizzazione, non solo un’impresa. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 26 / 79 Questo modello sistemico è fatto da una caramella: Fattori in entrata fattori in uscita Variabili organizzative È un sistema aperto, dove troviamo due imbuti, uno in entrata ed uno in uscita. Se rappresentiamo con questo modello un’impresa, oppure anche comunque un’organizzazione, in senso ampio, vediamo che è un sistema aperto, potrebbe essere una di quelle speci di impresa che naviga in quel Macroambiente e Microambiente che abbiamo visto prima. Fattori in entrata: l’impresa si nutre dei rapporti che ha con il Macroambiente; Variabili Organizzative: sono poste all’interno e vengono rappresentate da diversi studiosi, anche in modo diverso; la mia interpretazione è quella di iniziare a parlare di Strategie, perché ogni impresa ovviamente deve avere delle strategie. Vedremo 4 variabili importantissime (questo è molto importante e fondamentale anche per il nostro esame). Fattori in Uscita: quello che l’impresa produce, ed emette poi sul mercato (prodotti, servizi, i rapporti con i cliente ecc.). La STRATEGIA è la Prima Variabile Organizzativa di un’impresa STRATEGIA = 1° variabile organizzativa di un organizzazione all’interno della caramella la STRATEGIA di un’impresa e’ l’insieme di obiettivi scopi o fini che definiscono: S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 27 / 79 ⇒ il business nel quale l’impresa opera ⇒ le politiche e i criteri di condotta ⇒ l’identità dell’impresa (orientamento strategico di fondo) (prof. Costa. G) Questa è una definizione di strategia e se abbiamo più una visione di pratica, la Strategia consiste anche in un altro concetto che è: LA VISIONE D’IMPRESA, ogni imprenditore deve avere una visione, ed il concetto più ampio di visione è che questa comprende non solo l’enunciazione della filosofia aziendale e la missione d’impresa “mission”, ma anche l’individuazione della singole unità aziendali strategiche e delle loro interrelazioni All’interno della Visione Generale “la VISION” c’è la MISSION che contiene anche l’individuazione delle Aree D’Affari: NELLA MISSION L’ORGANIZZAZIONE SI CHIEDE : ⇒ quale e’ o potrebbe essere il nostro settore d’affari? ⇒ quali saranno le caratteristiche future del settore? ⇒ che cosa ha valore per il nostro cliente? Queste sono le cose fondamentali che riguardano la MISSION, la missione che l’impresa si dà. Quindi praticamente l’imprenditore l’azienda, l’organizzazione, si pongono tutte queste domande, in pratica la Misione deve esprimere le finalità che l’azienda si propone in termini di politiche fondamentali, degli ambiti competitivi e delle linee operative dell’impresa. AREE DI ATTIVITA’ E’ importante anche per l’impresa più piccola, identificare ad esempio il Portafoglio di Attività, magari la piccola impresa non ha una S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 28 / 79 suddivisione unica, però deve capire meglio anche il proprio portafoglio di attività, le proprie aree d’affari in questo senso. La classificazione delle Aree d’Affari avviene attraverso la “MATRICE DI BOSTON” 1 - La matrice è fatta di quattro quadranti, nel quadrante in alto a destra, ci sono le attività/prodotti che iniziano e che devono essere lanciati sul mercato; tali prodotti, attività o servizi, prendono il nome di “Question Marks” (punto interrogativo), oppure Wildcat (gatto selvatico). In pratica si lancia un prodotto nuovo, lo si deve sostenere, per cui non esiste profitto ma c’è una perdita per quell’area di attività e anche la piccola impresa, deve tener conto di queste cose. Provate a pensare un prodotto appena uscito, si và in perdita dal punto di vista dell’esercizio, per quel tipo di prodotto, per quel tipo di area di S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 29 / 79 acquisto e questa cosa in maniera suggestiva viene chiamata Question Marks o wildcat. QUESTION MARKS – nel quadrante in alto a destra Prodotti che hanno una bassa quota di mercato, in un mercato in alto tasso di crescita perché siamo nella parte alta della matrice; per alto tasso di crescita si tratta di un mercato che ha più del 10% di crescita rispetto a quello successivo. 2 - Se questo funziona bene, se quel prodotto di cui abbiamo palato prima inizia a vendere molto diventa una Stars, nome corretto secondo la Matrice di Boston. STARS – nel quadrante in alto a sinistra Molto probabilmente questo prodotto dovrà ancora essere sorretto da grossi sforzi pubblicitari, ad esempio attraverso i media, quindi molto probabilmente per quanto ne vediamo il prodotto andrà in pari. Prodotti che hanno una alta quota di mercato, in un mercato in alto tasso di espansione perché siamo nella parte alta della matrice; per alto tasso di crescita si tratta di un mercato che ha più del 10% di crescita rispetto a quello successivo. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 30 / 79 3 - Se tutto procede bene, il prodotto si andrà a stabilizzare, stiamo sempre parlando dell’area di Portafoglio dell’attività, e diventerà un prodotto che si vende quasi da solo “Cash Cows”. CASH COWS – nel quadrante in basso a sinistra (una mucca da mungere); in questo caso nell’area di portafoglio dell’attività andrò in positivo; qui avrò le attività che danno un utile e sono molto importanti per l’impresa; quindi quei prodotti che si vendono da soli e che se ne vendono tanti. Avrò l’utile. Prodotti che hanno una alta quota di mercato, in un mercato a basso tasso di espansione perché siamo nella parte bassa della matrice. 3 - Al termine del ciclo di vita il prodotto diventa un Dogs. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 31 / 79 DOGS – nel quadrante in basso a destra (in questo caso dogs viene usato in termine dispregiativo). Prodotti che hanno una bassa quota di mercato, in un mercato a basso tasso di espansione perché siamo nella parte bassa della matrice. Se il prodotto fosse stato un flop (fiasco), non ci sarebbe stato “il giro classico” nell’ambito del portafoglio dell’attività e ad un certo punto l’azienda si accorge che deve eliminare il prodotto, perché non si riesce più a vedere e da Question Marks lo passerebbe direttamente a Dogs. Questa vista fino ad ora è la suddivisione che può essere suggestiva del portafoglio di attività, in termini anche di Aree d’Affari. Nella matrice abbiamo quindi in ascissa la quota di mercato e nelle ordinate il tasso di crescita del mercato più o meno il 10%. Questa matrice è importante e suggestiva e può essere anche per riflettere sull’attività di una piccola impresa, per vedere quelle che devono essere spinte andando in perdita, quelle che devono essere spinte andando in pari, quelle che fanno vivere l’azienda e quelle che devono essere eliminate. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 32 / 79 Questo metodo serve proprio per il monitoraggio del Portafoglio dell’Attività. Questa discriminazione porta dei buoni risultati, perché può essere la fonte per elaborare nuove strategie, sulla base della constatazione di una certa situazione. Le CASH COWS sono le uniche che danno un profitto, un utile prima delle tasse. Questa è una cosa in più che vi sto dicendo, spesso si parla di punto di pareggio, quel famoso punto di pareggio non è altro che, parlando a livello di costi e ricavi dell’organizzazione, il punto da cui poi successivamente nasce il profitto; è il punto di incontro. In pratica ogni organizzazione, quindi parlo di profitto, ha dei costi, proprio parlando di cose basilari, che sono i costi fissi e i costi variabili. I costi fissi esistono anche nel momento in cui non c’è nessun tipo di volume di rendita, perché comunque sono costi fissi, come gli affitti ecc e i costi variabili sono variabili al variare del numero delle vendite, queste due linee si sommano e costituiscono i costi totali di vendita dell’azienda. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 33 / 79 Il profitto deriva dalla differenza tra i ricavi, quindi il fatturato di questa azienda, e i costi totali, il punto di incontro di queste due linee immaginarie di ricavi e costi è detto ‘punto di pareggio’ in italiano che va benissimo. Da quel momento nel nostro grafico metteremo in evidenza quello che è il profitto (l’ho detto un po’ per visualizzare il concetto di profitto più che atro, se poi volete lo riprendiamo vi porto una slide e diventa più chiaro da visualizzare, ma è un concetto che vi ho aggiunto, non arriverò a chiedere cos’è il punto di pareggio, volevo dirvi però che il concetto di profitto dal punto di vista grafico visivo nasce da li). il bilancio è fatto di due sezioni fondamentali, per chi è ragioniere sono cose scontate, ma fondamentalmente ci accontentiamo di questo poi se vi interessa ci ritorneremo. Il bilancio inizia così: in alto a sinistra c’è la situazione patrimoniale e per chi ha fatto ragioneria c’è il segno “dare” che nella situazione patrimoniale significa, che ci sono le attività dell’impresa cioè immobili, cassa, ma vi porto uno schema e lo vediamo in maniera basilare, poi nella situazione di destra della situazione patrimoniale, fate cono i nastrini cioè si divide in due il foglio e nella sezione di destra ci sono le passività, i debiti verso le banche , mutui passivi, ecc…(magari vi porto lo schema così vediamo tutte le voci). Nella situazione patrimoniale, cosa molto strana, è che in quella fascia di destra c’è anche il capitale netto dell’impresa e uno dice come mai mettete il capitale netto dell’impresa come passività, perché in effetti sono dei debiti che l’impresa ha nei confronti dei soci, perché sono i soci che hanno versato il capitale d’inizio. Poi naturalmente c’è il famoso punto economico che è la seconda parte del bilancio, in tutto un insieme comunque, nella parte di sinistra, il famoso “dare” per i ragionieri, ci sono i costi e nella parte di destra, il famoso “avere” per i ragionieri, ci sono i ricavi, la differenza tra costi e ricavi da il profitto. Poi approfondiamo dopo. La STRUTTURA DI BASE è la Seconda Variabile Organizzativa di un’impresa STRUTTURA DI BASE = 2° variabile organizzativa organizzazione all’interno della caramella di un Più complesso è il concetto di STRUTTURA DI BASE, (questo termine non è neanche scritto sulle slide, io me lo segnerei) che al suo interno contiene diverse definizioni. Nella STRUTTURA DI BASE troviamo l’organigramma, lo scheletro che sostiene l’organizzazione. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 34 / 79 ORGANIGRAMMA = rappresentazione grafica della struttura. Vi troviamo rappresentate: ⇒ la denominazione delle unita’ organizzative, ⇒ le posizioni in cui queste sono articolate ⇒ le relazioni tra esse Poi vi è una differenza, che vedremo pio, tra il concetto di ruolo e posizione. Vedremo 3 tipologie di organigramma, le 3 tipologie più semplici fanno parte della struttura di base: MODELLO GERARCHICO MODELLO FUNZIONALE MODELLO GERARCHICO-FUNZIONALE MODELLO GERARCHICO: si intende un modello dell’organigramma semplicissimo, in alto ci sarà un capo che è una figura di line poi vediamo cosa significa e cosa serve, in basso ci saranno dei ruoli cosi detti operativi. Il modello gerarchico è il modello organizzativo più diffuso nelle imprese di piccole dimensioni Il modello gerarchico presenta vantaggi come: ⇒ unicità di comando ⇒ contatti diretti tra capo e collaboratori ⇒ chiara definizione dei compiti assegnati ⇒ certezza delle disposizioni impartite Direi, semplicissimo, una figura di line, un capo in linea e sotto soltanto degli operativi, quindi ruoli esecutivi. MODELLO FUNZIONALE: se un modello gerarchico è costituito con semplicità da un ruolo di line e poi ruoli esecutivi, al funzionale si vanno ad aggiungere lateralmente dei ruoli di staff. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 35 / 79 La struttura è composta da un capo con più specialisti e degli esecutori; esiste una dipendenza funzionale, nel senso che ogni specialista può dare ordini agli esecutori per quanto attiene alle proprie competenze e nell’ambito della propria specializzazione può dare disposizioni a tutte le altre unità organizzative. Questo è il concetto di modello funzionale ed ovviamente in un azienda molto più grande le cose diventano molto più complicate, però a noi interessa questo schema, che esiste un modello gerarchico con una funzione di line e funzioni operative ed esiste un modello funzionale dove compaiono dei ruoli di staff. MODELLO GERARCHICO-FUNZIONALE: questo terzo modello unisce il principio della unicità di comando con quello della specializzazione quindi, diminuisce l’autorità degli specialisti rispetto al modello funzionale; gli specialisti assistono i capi gerarchici senza scavalcarli, per consentire loro di dare disposizioni tecnicamente corrette. Quindi questo modello • unisce il principio della unicità di comando con quello della specializzazione, • diminuisce l’autorità degli specialisti rispetto al modello funzionale, • gli specialisti assitono i capi gerarchici senza scavalcarli per consentire loro di dare disposizioni tecnicamente corrette (gli specialisti hanno in questo senso meno potere). RUOLI DI LINE, RUOLI DI STAFF, RUOLI OPERATIVI RUOLI DI LINE Sono impegnati nei processi decisionali, nella formulazione di strategie, nel perseguire obiettivi e politiche. Sono i capi, prendiamo non so un direttore del marketing o amministrativo o altre figure più in basso che comunque danno ordini, danno disposizioni e le delegano magari. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 36 / 79 RUOLI DI STAFF Svolgono funzioni di supporto, assistenza e consulenza ai ruoli decisionali. RUOLO OPERATIVO semplicemente mette in pratica le disposizioni avute. Non occorre una definizione complessa, il ruolo operativo non fa altro che mettere in pratica le disposizioni che vengono date dai ruoli di line oppure in certi organigrammi anche dai ruoli di staff. È molto importante quindi avere una definizione di ruoli, abbiamo visto che in tutti e tre gli organigrammi complessivamente alla fine, compaiono tutte queste tre tipologie di ruoli: 1) i ruoli di line sono impegnati nei processi decisionali, nella formulazione di strategie, nel perseguire obbiettivi e politiche 2) i ruoli di staff svolgono funzioni di supporto, assistenza e consulenza ai ruoli decisionali e infine 3) i ruoli operativi non fanno altro che mettere in pratica le disposizioni. Una cosa importante ai fini della nostra impostazione di base e anche ai fini della teoria, è conoscere il significato di compito mansione ruolo. Sono molto importanti anche queste definizioni perché comunque sono basilari ELEMENTI DELL’ORGANIZZAZIONE: COMPITO Elemento di base (inscindibile) della suddivisione del lavoro. Esempio: un impiegato che fa le fatture svolge un compito. MANSIONE Somma dei compiti esplicati nello svolgimento di un lavoro. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 37 / 79 Le 3 variabili significative sono: 1) grado di autonomia che può avere quella persona nell’ambito delle mansioni che ha, parte prescritta del ruolo, cioè si può scrivere su un foglio; 2) livello di varietà, 3) livello di specificità, cioè grado di dettaglio e definizione delle procedure e dei metodi di esecuzione, questa è la specificità. Quindi noi tutti nel nostro lavoro abbiamo degli elementi di base che sono i compiti, che rappresentano elementi di base quasi scientifici della suddivisione lavoro, questi sommati e scritti su un foglio diventano le nostre mansioni che noi di fatto mettiamo in pratica nello svolgimento di un lavoro. Le mansioni hanno tre variabili significative, il grado di autonomia che la persona può avere e il livello di varietà, livello di specificità, cioè grado di dettaglio e definizione delle procedure e dei metodi di esecuzione. Però la scatola più grande che contiene tutto è il RUOLO; all’interno del ruolo c’è il contenitore delle mansioni, l’area prescritta del ruolo, cioè la mansione è molto chiara e però ci fa capire che un ruolo non ha solo un’area descritta ma anche un’area discrezionale al suo interno. RUOLO e POSIZIONE ⇒ Ad ogni mansione corrisponde un ruolo e riferendosi alla individualità (persona) che la esercita si parla di “posizione”. ⇒ La mansione corrisponde “all’area prescritta” del ruolo. ⇒ Il ruolo comprende anche “un’area discrezionale”: quella quota di interpretazione della realtà e delle scelte non tradotte dall’organizzazione in metodologie o procedure definite. Quando parliamo di posizione parliamo del ruolo attribuito a quella determinata persona, quella è la sua posizione, quindi sono due termini S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 38 / 79 che si equivalgono, uno è il ruolo e uno, quando è riferita a quella persona, è la sua posizione. Abbiamo terminato la seconda variabile che è quella della struttura di base, quindi abbiamo terminato di veder gli elementi di questa variabile, quindi ripetendo la STRUTTURA DI BASE comprende L’ORGANIGRAMMA, abbiamo visto nella struttura di base il modello gerarchico, quello funzionale e quello gerarchico-funzionale, abbiamo visto il concetto di ruoli, di line, di staff ed eventualmente operativi, il concetto di compito, di mansione e di posizione, e abbiamo concluso con il concetto generale che tutto questo rientra in quella che è la struttura di base dell’organizzazione quindi la seconda variabile. I MECCANISMI OPERATIVI è la Terza Variabile Organizzativa di un’impresa MECCANISMI OPERATIVI = 3° variabile organizzativa di un organizzazione all’interno della caramella MECCANISMI OPERATIVI Vedete che prima abbiamo parlato di strategie, poi di ossatura e abbiamo accennato questi modelli di organigramma ecc, adesso entriamo nella terza variabile, il MODELLO SISTEMICO, che si chiama meccanismi operativi, ogni organizzazione grande o piccola che sia ha dei meccanismi operativi. Questi meccanismi sono di tre tipi. I meccanismi operativi di prima tipologia si chiamano: 1°) MECCANISMI INTEGRATORI COMUNICAZIONE DI INFORMAZIONE E e sono: Sistema informativo che ogni impresa dovrebbe avere, che collega l’impresa a livello informativo con l’esterno; S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 39 / 79 Rapporti interfunzionali che integrano l’informazione la comunicazione, il rapporto tra le funzioni aziendali (amministrativa, protettiva, marketing, commerciale ecc.) Rapporti interpersonali comunicazione come concetto; Modello Lineare ( emittente messaggio - codifica – mezzo – decodifica ricevente ), Comunicazione Circolare (con l’aggiunta della risposta da parte del ricevente e del “Feedbek”, come parte di risposta che ritorna all’emittente) I meccanismi operativi di seconda tipologia si chiamano: 2) MECCANISMI DI GUIDA E CONTROLLO e sono: Sistema di pianificazione e controllo Piani (pensate i piani di marketing) Programmi Budget Procedure e norme che ogni organizzazione deve avere (qui entriamo più nel contesto dinamico dell’impresa, prima c’era la struttura, poi il dinamismo); I meccanismi operativi di terza tipologia si chiamano: 3) MECCANISMI DI GESTIONE DEL PERSONALE e sono: Pianificazione degli organici Reclutamento e selezione Sistemi di valutazione Sistemi di mobilità e sviluppo carriera Sistemi retributivi Come voi sapete ogni organizzazione pubblica o privata deve pianificare gli organici, provvedere al reclutamento e alla selezione, avere sistemi di valutazione, provvedere a sistemi di mobilità e sviluppo carriera, S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 40 / 79 perché la risorsa umana che era stata citata prima, va curata, ed è l’investimento più importante di ogni organizzazione. Se voi pensate che come si faceva una volta e anche adesso, una persona lavorava tutta la vita in un organizzazione diventando più istruita, quindi deve essere anche curata la persona; non tutte le aziende lo fanno purtroppo, anche se oggi si cerca di farlo sempre di più attraverso la formazione personale e di carriera. Vi sono poi i sistemi retributivi che è un argomento molto delicato, se ne parla molto su discorso di stipendi e salari. Riguardo ai MECCANISMI INTEGRATORI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE proprio perché si tratta di risorse umane, occorre dire che la comunicazione nell’organizzazione diventa veramente importante. Vediamo ora il concetto non tanto di professionalità quanto di competenza personale. La competenza professionale di una persona, è fatta di 3 mattoni: 1° MATTONE - CONOSCENZA: ognuno di noi come lavoratore porta in azienda le sue: ⇒ conoscenze generali o di base che ci da la scuola ad esempio ⇒ conoscenze specifiche di un certo tipo di argomento, di lavoro ⇒ conoscenze di contesto cioè tipiche di quel tipo di attività che riguardano proprio quel contesto lavorativo. 2° MATTONE – ABILITÀ: ⇒ l’abilità tecnico-pratica: pensiamo ad un operaio che lavora in azienda e deve avere delle abilità manuali, ma lo stesso anche dell’impiegato che usa i computer e che deve avere delle abilità in quei compiti tecnico-pratici che vengono utilizzati nel lavoro ⇒ l’abilità del relazionare: In realtà le abilità tecnico-pratiche non sono sufficienti, conta tantissimo la comunicazione, il saper comunicare in azienda, ecco per esempio noi lavorando nel comparto formativo adesso l’imprenditore si accorge che serve la comunicazione, ci chiede magari di fare un’analisi dei bisogni e di S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 41 / 79 preparare un corso di formazione sul comunicare con i dipendenti perché sente questa carenza; la comunicazione è un’abilità che fa parte della competenza professionale. 3° MATTONE – LE RISORSE E LE CARATTERISTICHE PERSONALI Ognuno di noi porta nella sua attività lavorativa risorse e caratteristiche personali e particolari come ad esempio il livello di autostima che una persona ha e che può portare nella sua organizzazione. Quando si parla di autostima viene in mente la piramide di Manslow che sottolinea quanto è importante questo bisogno personale che è quello di stima e autostima; la piramide prevedeva 5 livelli di bisogni che sono riportabili alle persone ma anche al marketing, i bisogni fisiologici, mangiare bere dormire ecc poi la persona una volta soddisfatti questi cerca di soddisfare i bisogni di sicurezza, soddisfatto il bisogno di sicurezza ci sono i bisogni sociali dove c’è anche quella parte relazionale, queste sono veramente fondamentali. La comunicazione è importante già quando abbiamo pochi attimi di vita ed è molto importante a partire dalla relazione. Il livello superiore dopo i bisogni sociali, sono i bisogni personali che contengono quelli di autostima e stima fino ad arrivare al bisogno più alto che è quello di auto realizzazione. Il modello lineare della comunicazione lo potremmo rappresentare con tanti mattoncini uno vicino all’altro; troviamo quindi un’emittente, cioè colui che emette un messaggio nella comunicazione, poi c’è l’ultimo in fondo che è quello del ricevente o destinatario, per creare un modello lineare semplice, che non ammette risposta. All’interno di questi mancano ancora tre mattoncini, sono cose che conoscete gia ma le riprendiamo perché secondo me a livello organizzativo la comunicazione è fondamentale quindi come schema volevo sollecitare le altre tre componenti all’interno, al centro c’è il messaggio che io voglio trasmettere attraverso un mezzo. Quindi emittente, codifica, trasformazione messaggio e codifica del ricevente. del pensiero in forma simbolica, Succede spesso che in azienda per motivi di disorganizzazione si diano tipi di comunicazione incomplete creando poi equivoci molto grandi, persone che vanno in giro per ore credendo di far giusto, ritornano in azienda e hanno fatto una cosa totalmente sbagliata. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 42 / 79 La comunicazione è fatta di 3 elementi fondamentali, la semantica, cioè la scienza che studia i segni, la sintassi, cioè la composizione delle frasi e la pragmatica, che è praticamente la comunicazione in riferimento al comportamento di quella persona. Un'altra cosa sulla comunicazione, ci sono stati degli studi, dell’importanza nella comunicazione per esempio ci sono stati degli studi di Albert Meravian nel 1972 che ha suddiviso la comunicazione in 3 canali fondamentali che molti di voi conosceranno, il verbale, il paraverbale e il linguaggio del corpo, non so se qualcuno di voi sa già quanto può incidere il linguaggio del corpo nella comunicazione, anche in azienda, piuttosto che il verbale e il paraverbale, quindi anche i dati che sono universali, non mi potrete smentire perché sono su tutti i testi sono che il linguaggio del corpo può avere un impatto del 55%, il paraverbale il 38% e il verbale il 7%, questi sono i dati che trovate su tutti i testi di comunicazione. Per terminare questo piccolo inserto sulla comunicazione, qualcuno di voi prima aveva detto la comunicazione è circolare, ed è quella poi da adottare in azienda, la circolarità. Per completare il nostro schema, ci sarà una risposta, che non è la risposta a una domanda, ma è la reazione a uno stimolo; stimolo, adattamento, risposta è come se fosse un circuito. Si parla di retroazione che come definizione è la parte di comunicazione che poi ritorna, perché comunque nella comunicazione c’è dispersione. C’è anche un terzo livello nella comunicazione ovvero il dialogo, noi ci limitiamo a questi due esempi cioè lineare e circolare però chiaramente lui potrebbe sapere 100 e non dice tutto perché quando si comunica si dice una parte di quello che si sa, chi ascolta riceve una parte e sfuggono molte parole pensate per esempio l’importanza di registrare una lezione all’università perché le parole sfuggono, si esce dall’aula e si pensa di avere tutto in testa in realtà è utilissimo riascoltare la registrazione e lo stesso vale appunto chi ascolta qualcosa non ricorda tutto e quindi c’è una perdita nella comunicazione. Mancano due concetti importanti, uno che volevo rappresentare qua, che è il concetto di rumore, cioè tutto ciò che può disturbare una comunicazione a cominciare un rumore acustico, fino a un rumore che può essere una barriera una qualsiasi cosa anche organizzativa, come una cattiva disposizione delle scrivanie in azienda (c’è gente che è mancina e ha il telefono a destra) Fino adesso abbiamo visto tre variabili: strategie, struttura di base e meccanismi operativi quest’ultimi che abbiamo appena visto e che sono fatti di tre elementi. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 43 / 79 I PROCESSI SOCIALI è la Quarta Variabile Organizzativa di un’impresa PROCESSI SOCIALI = 4° variabile organizzativa organizzazione all’interno della caramella di un PROCESSI SOCIALI I processi sociali sono definibili come comportamenti personali, interpersonali e collettivi che gli individui appartenenti ad una determinata organizzazione mettono in atto rispetto ad essa. Questa variabile organizzativa punta all’aspetto umano, quindi i processi sociali, sono definiti come comportamenti personali, interpersonali e collettivi che gli individui mettono in atto all’interno di un’organizzazione. Non esistono processi sociali di un unico tipo, i processi sociali sono a loro volta di più tipologie e noi le analizziamo in superficie: ⇒ PROCESSI SOCIALI DI ACCETTAZIONE Consenso verso tutte o alcune prescrizioni della struttura di base, dei meccanismi operativi o degli stessi processi sociali in atto. Quindi semplicemente, il consenso verso tutte o alcune prescrizioni della struttura di base da parte dei dipendenti dell’organizzazione, vengono chiamati processi sociali di accettazione. ⇒ PROCESSI SOCIALI DI RIFIUTO espressione di un dissenso verso tutte o alcune prescrizioni della struttura di base, dei meccanismi operativi o degli stessi processi sociali in atto. Questi processi qualche volta li abbiamo potuti vedere anche noi nella nostra organizzazione o magari in altre ed è sintomatico che nell’organizzazione ci sono sicuramente dei problemi. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 44 / 79 ⇒ PROCESSI SOCIALI DI COMPENSAZIONE prevedono prestazioni professionali non previste o non riconosciute, che emergono a seguito dell’assenza di utili regole di funzionamento o dalla presenza di regole contraddittorie o incongruenti. Anche questo è sintomatico del fatto che l’organizzazione ha qualcosa che non funziona ed è lo stesso personale che si adatta e compensa. Se di Comunicazione abbiamo già parlato vediamo di definire il Comportamento come classificazione teorica; si hanno comportamenti di tipo “Remissivo”, di tipo “Aggressivo” (quando si ha la capacità di dire il proprio punto di vista in una situazione unica, dove ci sono due cose che si sovrappongono, sa ascoltare, e anche riesce a mettersi nei panni degli altri), comportamenti di tipo “Manipolatorio” (molto importante molto forte nelle persone) ed infine abbiamo comportamenti di tipo “Assertivo”. Giusto per prepararci poi al prossimo incontro, diciamo che vi sono 4 FUNZIONI DEL MANAGER e parliamo proprio di manager, di leader e di capi. Poi c’è differenza tra manager e imprenditore, ma per ora lasciamo stare e parliamo di manager e di queste 4 funzioni: ⇒ La funzione produttiva (P) che non è il produrre in senso lato, ma per il manager è l’orientamento al successo • la competenza richiesta al manager nella funzione produttiva è che il manager deve avere un orientamento al successo • il presidio è l’efficacia, è ottenere risultati. ⇒ La funzione amministrativa (A), nel senso di funzione manageriale, non di funzione amministrativa come l’organigramma; • la competenza è la capacità di organizzazione e di controllo S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 programmazione, capacità di 45 / 79 • Il presidio è l’efficienza • l’obbiettivo è l’ottimizzazione. ⇒ la funzione imprenditoriale (E) • la competenza è la creatività e la capacità di assumere rischi; se l’imprenditore non ha creatività ne capacità di assumere rischi calcolati, perché il rischio c’è sempre nella attività imprenditoriale, non può fare l’imprenditore ne il manager. ⇒ la funzione integrativa(I), • la competenza negoziazione è il rapporto interpersonale e la capacità di Vediamo nel dettaglio l’importanza delle funzioni manageriali, non intesa come funzione produttiva, amministrativa nel senso stretto, ma come funzione del “MANAGER”. C’è una ricerca di un autore californiano ADIZES, che poi su questo ha creato il ciclo di vita dell’impresa, il ciclo di vita dell’organizzazione, che è un argomento che invece rientra nelle nostre competenze in maniera molto stretta e quindi può anche essere oggetto di domande di esame. “FUNZIONI MANAGERIALI” SDA BOCCONI: “MODELLO DI ADIZES” Obiettivo = dove voglio arrivare Presidio = cosa vado a presidiare, a focalizzare Competenze richieste = S.Crepaldi – M.Ansaloni cosa occorre, quali capacità si debbono avere agosto 2008 46 / 79 Le funzioni manageriali individuate da ADIZES nel ciclo di vita dell’organizzazione sono: 1) FUNZIONE PRODUTTIVA (P) Obiettivo: Ottenere risultati Presidio: Efficacia – aspetto qualitativo Competenze richieste : Orientamento al successo (ottenere i risultati e l’efficacia). 2) FUNZIONE AMMINISTRATIVA (A) Obiettivo: Ottimizzare Presidio: Efficienza (aspetto quantitativo) Competenze richieste: Programmazione Organizzazione Controllo Differenza tra Efficacia ed Efficienza: Efficacia: è più ad un discorso di qualità. Efficienza: è più un discorso quantitativo. 3) FUNZIONE IMPRENDITORIALE (E) Obiettivo: Analizzare l’ambiente Presidio: Innovazione Competenze richieste: Creatività Capacità di assumere rischi (competenze che debbono possedere sia l’imprenditore ch il manager) Nell’impresa privata deve essere così, ci deve essere continua creatività, capacità di risolvere i problemi e la capacità di S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 47 / 79 assumere dei rischi, perché i rischi ci sono sempre, però devono essere calcolati, devono essere minori possibili. 4) FUNZIONE INTEGRATIVA (I) (quale funzione di rapporto interpersonale e di capacità di negoziazione). Obiettivo: Mediare -Armonizzare Presidio: Sinergia Competenze richieste: Rapporto interpersonale Capacità di negoziazione Quindi la persona, il manager dell’azienda è la somma di tutte queste Funzioni, dall’orientamento al successo, alla capacità di programmare, organizzare e controllare, alla capacità di assumere rischi fino alla capacità di negoziare e di intraprendere rapporti interpersonali (discorso della comunicazione). CICLO DI VITA DI UN’ORGANIZZAZIONE standard SDA BOCCONI: MODELLO DI ADIZES Ora facciamo una carrellata di queste fasi per portarvi a conoscenza di quelle che sono queste fasi secondo questo modello che è il ciclo di vita di un’organizzazione, il ciclo di vita di un prodotto, rappresentabile graficamente attraverso una campana, una gaussiana, fatta di 11 fasi. L’acronimo PAEI sta ad indicare le 4 funzioni manageriali appena enunciate (Produttivo - Amministrativo – E-imprenditoriale – Integrativo), quando la lettera è maiuscola significa che la funzione è più importante in quel momento della fase, quando l’impresa comincia a declinare qualche fase la lettera non ci sarà più.. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 48 / 79 All’inizio nella nostra gaussiana fatta di 11 fasi troviamo 1° fase - IMPRESA NASCENTE (paEi) L’impresa nascente, Adizes la definisce come: Prevale la funzione di innovazione e sviluppo in questo caso c’è una (E) che corrisponde all’imprenditorialità L’organizzazione non esiste ancora siamo ai primissimi momenti Esiste l’idea imprenditoriale C’è un Forte investimento emotivo da parte dei fondatori S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 49 / 79 2° fase - IMPRESA BAMBINA (Paei) Decresce la funzione produttiva (P) imprenditoriale (e) e aumenta quella Ritmi di lavoro elevati – meccanismi operativi ridotti al minimo Diffuso coinvolgimento sull’esterno per promuovere e per vendere 3° fase - IMPRESA IN SVILUPPO (PaEi) Accanto alla funzione produttiva (P) riemerge quella di spinta imprenditoriale (E) Ogni opportunità diventa prioritaria Bisogna conciliare “orientamento al breve” con “orientamento al lungo” dinamismo con riflessione critica Bisogna preparare lo sviluppo della funzione amministrativa (a) non ancora sviluppata. 4° fase - IMPRESA ADOLESCENTE (pAEi) L’impresa in questa fase inizia a prendere piede in una maniera abbastanza importante, Emerge la funzione amministrativa (A) Politiche/Procedure/Sistemi di gestione I processi si fanno più impersonali Nel pAEi la funzione produttiva diventa più ridimensionata, sono molto forti la funzione Amministrativa e la funzione Imprenditoriale. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 50 / 79 5° fase - IMPRESA PRIMARIA (PAEi) L’impresa conosce e persegue i propri obiettivi annuali ha piani/progammi/procedure capaci di realizzarli ha consapevolezza e pensiero strategico si ha crescita sia di efficacia che di efficienza 6° fase - IMPRESA STABILE MATURA (PAeI) qui abbiamo la maturità e la stabilità dell’impresa, però termina la fase di crescita, siamo arrivati all’apice. Declina la funzione imprenditoriale (la spinta di crescita incomincia a diminuire) e cresce quella integrativa (I) L’impresa ha raggiunto una posizione stabile sul mercato e comincia a godere dei frutti del lavoro passato E’ diffuso un senso di sicurezza Si passa più tempo con i colleghi che con i clienti (questo come clima generale, ci si comincia a rilassare un po’) Finisce la crescita, secondo qualcuno può essere chiamata un’impresa che inizia a declinare. Quando le cose smettono di crescere, cominciano a morire questo ha un senso anche per l’uomo, l’uomo che smette di crescere, smette di studiare, di essere curioso inizia questa fase di declino. (Ichak Adizes) Simo arrivati all’apice, da questo momento declina la funzione imprenditoriale S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 51 / 79 7° fase - IMPRESA ARISTOCRATICA (pAeI) L’impresa incomincia a declinare il basso orientamento allo sviluppo trascina con sé la caduta della funzione produttiva formalismo/ritualismo (moquette e quadro del fondatore alle pareti) per recuperare in produttività si fanno azioni cosmetiche sui prezzi (quindi si và a ritoccare i prezzi per recuperare). Nel caso continui la decadenza, e non si riesca a rivitalizzarla, l’impresa diventa: 8° fase - IMPRESA ARISTOCRATICA DECADENTE (pA-I) Scompare la funzione innovativa (E) dove innovativa stà per imprenditoriale Si avverte la crisi ma nessuno fa nulla per evitarla E’ diffuso un senso di condanna ma non si rinuncia allo stile di sempre (ci sarà sempre l’aristocrazia che deve continuare, però ormai non ci sono più soldi) Chi può se ne va, chi rimane accusa di slealtà/tradimento chi se ne è andato (tanti se ne vanno perché trovano altri posti di lavoro, chi non può rimane e’ incatenato ed ha la sensazione di affondare assieme nave). S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 52 / 79 9° fase – IMPRESA QUASI BUROCRATICA (- A – i) quindi dopo l’aristocrazia incomincia la burocrazia La riduzione di produttività non è più compensabile con semplici manovre sui prezzi Si erode la quota di mercato La speranza di recupero è tutta affidata a obiettivi e meccanismi di efficienza Inizia la caccia al colpevole e si diffondono le logiche difensive Quindi c’è un’entropia, ci si stringe all’interno di questo sistema che ormai stà per naufragare 10° fase - IMPRESA BUROCRATICA (-A- -) L’unica funzione presente è quella amministrativa (A) Ci si avvita su norme/procedure c’è Deresponsabilizzazione ci sono compartimenti e comportamenti stagni c’è Difensivismo Chiusura verso l’esterno e rischio di entropia (si chiude in sé stesso, non l’apertura alla vita che è il contrario) 11° fase - COLLASSO, (- - -) non esiste più nulla, tutte le funzioni scompaiono (- - -). S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 53 / 79 Parliamo ora del concetto di Professionalità mentre abbiamo già visto il concetto di competenza professionale che ricordiamo è fatta di tre mattoni fondamentali : ⇒ ogni persona ha anche delle conoscenze, che porta nel suo lavoro conoscenze generali, specifiche, di contesto; ⇒ ogni persona parta con sé delle abilità di tipo tecnico operativo e poi abilità di comunicazione di competenze relazionali; ⇒ ogni persona ha un proprio concetto di competenza professionale, ha delle risorse delle caratteristiche personali come ad esempio l’autostima. Ora invecie parliamo del concetto di Professionalità. È un concetto riproducibile nel senso che si può disegnare, si può dare una forma alla professionalità, almeno secondo l’esperto Vaccani che, alla Bocconi, ha elaborato questo modello in italiano. ANALISI DELLA PROFESSIONALITA’ Occorre pensare al concetto di PROFESSIONALITA’ come ad un composto di TRE INGREDIENTI che mescolati in proporzioni diverse danno ricette professionali diverse (Vaccani R., SDA Bocconi). sulla base di un diagramma a tre assi cartesiani possiamo costruire tutte le professionalità; i tre ingredienti sono: OPERATIVITÀ – SPECIALIZZAZIONE – GESTIONALITÀ Possibile domanda di esame: definizioni di Operatività – Specializzazione – Gestionalità gestionalità Specializzazione Operatività S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 54 / 79 La prima asse (X) “ascisse” del diagramma è l’Operatività: il concetto di OPERATIVITÀ: “Compiti tecnico – pratici non innovativi” ad esempio: ⇒ caricamento dati ⇒ gestione ordinaria controllo numerico L’operatività è un impiegato, l’operaio che lavora al computer, sono tutti quei compiti tecnico-pratici, non innovativi che una persona svolge nel suo lavoro – viene messa nell’asse x. La seconda asse (Z) “tangente” è la Specializzazione: il concetto mestiere” di SPECIALIZZAZIONE: “Conoscenza applicata al ad esempio: giovani appena laureati che lavorano, magari fanno dei corsi ancora di formazione, per poter applicare il loro titolo di studio al mestiere. Ma se questa specializzazione poi non la applichi al mestiere, non si può dire che uno è specializzato in quel mestiere solo perché ha quella laurea, quel titolo di studio quel Master, ma deve essere applica al mestiere; non è sufficiente avere un titolo ma bisogna applicarlo. ⇒ prestazioni che contemplano operazioni fisico innovative attinenti ad un mestiere specifico. - mentali La terza asse (Y) “ordinate” è la Gestionalità: il concetto di GESTIONALITÀ: “Discrezionalità decisoria sull’uso di risorse”. ad esempio: quando ho discrezionalità di decidere sull’uso delle risorse, quindi soprattutto un capo ha questa prerogativa, decidere come usare le risorse a disposizione e soprattutto le risorse umane. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 55 / 79 ⇒ gravita nel campo del lavoro mentale ed innovativo ⇒ non è direttamente collegata alla soluzione di un problema specifico, bensì alla predisposizione di risorse atte a favorirne la soluzione. Anche la parola “Problem Solving” (risolvere i problemi) è una parola importante in azienda, gran parte del lavoro è fatta di soluzone di problemi. gestionalità Specializzazione Operatività In pratica abbiamo creato queste tre assi, adesso cercheremo costruirci alcuni tipi di professionalità, partendo dal fatto che si và ad certo livello di Operatività, ad un certo livello di Specializzazione, ad certo livello di Gestionalità e questo a seconda del tipo professionalità. di un un di Per fare questi grafici come terminologia ci sono questi tre elementi di base: Operatività – Specializzazione – Gestionalità S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 56 / 79 La prima Professionalità che propone “Vaccani” è la PROFESSIONALITA’ PARCELLIZZATA Questa è una professionalità con un volume molto ridotto, è un cubo a tre dimensioni ma è molto ridotto, perché abbiamo: ⇒ OPERATIVITÀ: ha una quantità limitata di compiti quindi se ipotizziamo un valore da “zero” a “x” è molto piccolo, ⇒ SPECIALIZZAZIONE : ha poca conoscenza applicata al mestiere, quindi anche qua, sulla tangente da zero ad un certo valore, è molto breve il percorso di specializzazione. ⇒ GESTIONALITÀ: si ha bassa discrezionalità decisoria. In pratica, con questo primo esempio di professionalità Parcellizzata, otteniamo un cubettino abbastanza piccolo, quindi vuol dire che la persona, che esercita questo tipo di professionalità, ha una quantità limitata di compiti, ha una Specializzazione bassa ed anche una bassa Gestionalità quindi una professionalità minima Esempio, un commesso che porta la posta. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 57 / 79 La seconda Professionalità che propone “Vaccani” è la PROFESSIONALITA’ GENERICA Caratterizzata da: ⇒ OPERATIVITÀ: Rilevante numero di compiti ⇒ SPECIALIZZAZIONE: Basso livello di specializzazione ⇒ GESTIONALITÀ: Basso livello di gestionalità in questo caso, rimane invariato il livello di gestionalità, rimane invariato il livello di specializzazione però aumenta molto l’operatività, quindi il parallelepipedo si sviluppa verso il senso delle “x”; quindi il volume aumenta tutto verso l’operatività, gli altri due elementi rimangono invariati. Esempio: parliamo sempre di quell’operaio, che ha però un numero di compiti più rilevanti, ed abbiamo definito i compiti come Operatività, quindi Compiti Operativi, però rilevanti. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 58 / 79 La terza Professionalità che propone “Vaccani” è la PROFESSIONALITÀ SPECIALISTICA Caratterizzata da: ⇒ OPERATIVITÀ: Numero limitato di compiti operativi ⇒ SPECIALIZZAZIONE: Alto livello di conoscenza applicata ⇒ GESTIONALITÀ: Medio livello di gestionalità Avremo una grossa enfasi sulla Specializzazione, che può avere un numero limitato di compiti operativi, deve avere sicuramente un alto livello di conoscenza applicata al mestiere e può avere un medio livello di gestonalità. Il parallelepipedo si sviluppa verso l’asse tangente. Esempio: lo Specialista, in un’organizzazione privata dove c’è un enfasi sulla specializzazione può essere l’architetto, il medico; è chiaro che ci vuole la conoscenza applicata al mestiere, quindi la specializzazione applicata al mestiere . S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 59 / 79 La quarta Professionalità che propone “Vaccani” è la PROFESSIONALITÀ SPECIALISTICA GESTIONALE Caratterizzata da: ⇒ OPERATIVITÀ: Più compiti operativi degli specialisti ⇒ SPECIALIZZAZIONE: Minore attività specialistica ⇒ GESTIONALITÀ: Maggiore livello di gestionalità In questo caso il cubo diventa di medie dimensioni ed è proporzionato, quindi abbiamo più compiti operativi degli specialisti, c’è minore attività Specialistica, ed abbiamo un maggiore livello di gestionalità . Esempio: potrebbe essere un capo reparto, che ha una Specialistica Gestionale. Siamo partiti dall’idea di uno specialista con bassi compiti operativi, si parte dalla profesionalità presidente, mentre sicuramente il capo reparto ha più obblighi operativi, nel senso, perché deve servire molte cose anche a questo livello. Nella pratica tutto un è abbastanza proporzionato, l’operatività, la Specializzazione e la Gestionalità, perché sicuramente un capo reparto non è un direttore di funzione. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 60 / 79 La quinta Professionalità che propone “Vaccani” è la PROFESSIONALITA’ GESTIONALE SPECIALISTICA Caratterizzata da: ⇒ OPERATIVITÀ: Compiti operativi di portata ridotta ⇒ SPECIALIZZAZIONE: Attività specialistica minore ⇒ GESTIONALITÀ: La gestionalità prende il sopravvento (l’enfasi fortissima è sulla gestionalità). Lo sviluppo sarà tutto verso l’asse del “y”; quindi minore Operatività, minore Specializzazione ma un grande livello di Gestionalità. Esempio: un direttore amministrativo, un direttore di funzione, un direttore commerciale. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 61 / 79 La sesta ed ultima Professionalità che propone “Vaccani” è la PROFESSIONALITA’ GESTIONALE OPERATIVA Caratterizzata da: ⇒ OPERATIVITÀ: Alto livello di operatività ⇒ SPECIALIZZAZIONE: Basso (generico) livello di specializzazione ⇒ GESTIONALITÀ: Alto livello di gestionalità La Gestionale Operativa è una figura un po’ strana, perché gestionale ed operativa assieme. Quindi un alto livello di Operatività, un basso o generico livello di Specializzazione ed una Gestionalità alta; l’enfasi è su queste due assi “operatività (x)” e “gestionalità (y)”, mentre rimane bassa la “specializzazione (tangente)”. Esempio: il datore di Lavoro, oppure anche dei Manager che non riescono troppo ad identificarsi con le parti, quelli che vogliono fare tutto loro, (che vanno loro a mettere apposto la ruota del carrello che si è rotta ecc…), e quindi questa operatività che non finisce mai a scapito certe volte anche di altri aspetti più importanti, ma lo fanno in buona fede, perché si sento partecipi, sono sempre là, nella zona operativa. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 62 / 79 Di queste variabili noi ne abbiamo viste sei, ma sono la base per costruire altre variabili infinite sempre partendo da questi tre elementi di base: Operatività – Specializzazione – Gestionalità Nel programma abbiamo anche il concetto di MARKETING, che è molto importante, è un marketing ancora riferito all’impresa privata, chiaramente perché il nostro è obiettivo e quello che è importante vedere i concetti del marketing. “Kotler”, che è la persona più importante come teorico del MARKETING dà questa DEFINIZIONE DI MARKETING: Il marketing è un processo sociale e manageriale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri, creando offrendo e scambiando prodotti e valore con altri (Kotler) Il marketing è un processo sociale (si sottolinea l’aspetto sociale dell’impresa, l’importanza che un’impresa ha nella società) e manageriale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri (sono i due concetti fondamentali del marketing), creando offrendo e scambiando prodotti e valore con altri (quindi c’è questo concetto di scambio, un altro concetto fondamentale di marketing è lo scambio). Esistono altre definizioni che però per risultare buone definizioni devono citare come minimo concetti di Bisogno di Desiderio e di Scambio, o il concetto di Valore. Quindi bisogni e desideri due CONCETTI FONDAMENTALI: ⇒ Il concetto di BISOGNI si può tradurre in uno Stato percepito di privazione Ricordiamoci della piramide di Maslow (1954), dove rappresentati i concetti di bisogno riferito alla persona, quindi S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 vengono 63 / 79 Bisogni fisiologici - quelli di ordine più basso (mangiare, bere, dormire); Bisogni di sicurezza; Bisogni sociali; Bisogni di livello personale (“stima” e “autostima”) Bisogni di auto-realizzazione. Quindi il concetto del Bisogno è un concetto fondamentale del marketing. ⇒ Il concetto di DESIDERI Kotler li definisce come una manifestazione che i bisogni assumono in base alla cultura e alla personalità individuale. Quindi c’è come un’interpretazione del bisogno, sulla base della cultura e della personalità individuale che poi nel marketing è chiamato DESIDERIO; in una società occidentale consumistica il desiderio ha una grossa importanza in riferimento al consumo. Un altro concetto che è importante nel marketing è il concetto di VALORE: ⇒ Il concetto di VALORE rappresenta la differenza fra il valore conseguito mediante il possesso e l’impiego di un dato prodotto ma anche di un dato servizio e il costo sostenuto. Perché se noi non percepissimo un maggiore valore nell’acquistare un prodotto, un servizio non lo compreremo, non daremo dei soldi al commerciante. Perchè vuol dire che noi percepiamo un maggior valore che possiamo conseguire attraverso il possesso o l’impiego di un bene. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 64 / 79 Il marketing è una scienza molto complessa, per fare un corso di marketing potrebbero servire 100ore, 150ore, fare un master di marketing, è molo complicato . Il marketing operativo è fatto di cose molto concrete di concetti di base, fondamentali di cui il primo è il PRODOTTO; ogni azienda, per operare nel marketing utilizza il “Marketing Mix” offre cioè innanzitutto dei Prodotti. Questo concetto di Marketing Mix o Mix di Marketing, è noto anche come le “P” del marketing che sono state ideate nel 1962 da un sig. Meckatney, e lui ha parlato inizialmente di 4 P. Infatti la P di Prodotto, quindi il primo elemento fondamentale di ogni impresa è che deve avere il prodotto, quando intendo Prodotto intendo anche il concetto di Sevizio (Prodotto-Servizio). Ricordiamo, perché è molto importante, il concetto di Servizio: Abbiamo 3 strati del Servizio, il primo strato viene chiamato il Servizio Principale, o servizio nudo e crudo, poi ogni persona si aspetta un Servizio di Base che deve rispondere a tutte le attese che ha quella persona ed infine abbiamo un Servizio Periferico che si realizza quando un’organizzazione riesce a stupire favorevolmente la persona andando oltre le sue attese . 1° P ⇒ Concetto di PRODOTTO Un prodotto è tutto ciò che può essere offerto a un mercato a fini di attenzione, acquisizione, uso e consumo, in grado di soddisfare un desiderio o bisogno. Esso può consistere in oggetti fisici, servizi, persone, località, istituzioni e idee (Kotler) Il concetto di marketing management racchiude tutto il concetto di Marketing dall’analisi dei bisogni fino al controllo, molti confondono vendita con marketing, in realtà è una piccola parte del marketing, perché il primo presupposto del marketing è analizzare i bisogni del cliente S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 65 / 79 Il marketing è strettamente legato al bisogno ed esiste anche un marketing no profit in relazione soprattutto all’aspetto sociale, ci sono organizzazioni no profit che lo utilizzano. Vediamo di terminare il concetto di Marketing Mix nel 1962 Meckatney, ha individuato IL PRODOTTO la prima P “PRODUCT” 2° P ⇒ Concetto di PREZZO Il secondo elemento che è stato identificato è ovviamente il PREZZO. Il Prezzo è fondamentale nel Marketing Mix, è un elemento del Marketing Mix; questa matrice ci fa capire come vi siano due variabili importanti “il prezzo” e la “qualità” (per es. il prezzo viene fatto in rapporto alla qualità). Se si mette la parola prezzo sulla linea orizzontale della matrice e si mette la parola qualità sulla riga verticale, la matrice prende vivacità, diventa viva. Ed allora vedete, per es. (queste cose non ve le chiederò mai, perché sono cose mnemoniche, non servono assolutamente a niente, sono solo per curiosità) però vedete, se io ho un prezzo alto, vedete il prezzo basso – medio – alto, oppure qualità bassa – medio – alta: con la strategia del premio di prezzo convergono in un prezzo alto con una qualità alta, questo vuol dire. Se io invece avrò una strategia di liquidazione, avrò un prezzo basso , ed avrò una qualità alta e così via. Per cui le due variabili importanti sono prezzo ma anche qualità, quindi devo sempre coniugare questi due valori, queste due variabili, S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 66 / 79 prezzo - qualità (poi lasciate stare i nomi delle strategie perché non serve a nulla imparare nomi a memoria). KOTLER per esempio propone nove strategie, dove abbiamo un prezzo che può essere basso-medio-alto, ed una qualità che può essere bassa-media-alta, che coniugandole insieme creano nuove strategie differenti: Strategia di liquidazione, Strategia del prezzo conveniente, Strategia del buon mercato, che sarà, per esempio alta qualità e basso prezzo. Quindi il Prezzo è fondamentale . L’uomo di Marketing quello che deve poi creare i prezzi, ovviamente avrà degli obbiettivi di prezzo, delle strategie di prezzo o dei metodi per fare un prezzo . Ci sono dei corsi interi che fanno le imprese, come calcolare i prezzi dei propri prodotti, c’è tutto un’analisi dei costi abbastanza complicati. Oppure in alcuni settori, non c’è niente da fare, non lo puoi fare il prezzo, perché il prezzo è quello che ti propone il mercato, tu puoi fare quello che vuoi ma il mercato ti offre quello e non lo puoi fare tu, non è che si possa sempre imporre il proprio prezzo. 3° P Concetto di PROMOZIONE “PROMOTION” , quindi è una “P” fondamentale, che era già stata identificata nel 1962 da Meckatney. Non si tratta solo di pubblicità perché nella realtà (questo è un messaggio che vi consiglierei di ricordare), la Promozione è poi fatta da 4 elementi fondamentali: o Promozione-Pubblicità o Promozione-Vendite o Pubbliche Relazioni o Vendita Personale Li vediamo uno alla volta: 1° - PUBBLICITÀ: ha gli obbiettivi per informare, per persuadere, per ricordare, quindi abbiamo vari tipi di pubblicità: S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 67 / 79 Annunci stampa e radiotelevisivi da cui siamo bombardati ogni giorno Elementi esterni e interni della confezione (che viene detta Packaging in inglese) - Meckatney non l’aveva considerata prima. Pubblicità postale – Opuscoli Cataloghi – Film pubblicitari Riviste aziendali – Manifesti e locandine Annuari – Affissioni stradali Materiale espositivo – Audiovisivi Simboli e immagini Tutto questo è pubblicità. Ci sono anche le chiamate telefoniche, ma non le ho messe qua perchè fanno parte di una tecnica che non riguarda tipicamente la Promozione, ma riguarda il Marketing Indiretto; è però sempre parente. Indirect Marketing è fatto da azioni che fa un’organizzazione e che comportano intanto un “data base”, un archivio con i nominativi a cui rivolgermi, poi ci deve essere come azione una risposta misurabile. Quindi tutto ciò che in una campagna pubblicitaria non può essere Indirect Marketing, è tutto ciò che non è misurabile subito ed immediatamente. Gli esempi potrebbero essere l’Indairect Mailing, le lettere che ci vengono inviate a casa con l’idea di farci comprare qualcosa, ma anche la pubblicità mirata, quella che viene fatta in televisione, il tele marketing che ha un contenuto misurabile, perché comunque c’è un numero; la televisione privata o nazionale è in grado di misurare l’ascolto e cioè quante telefonate hanno avuto. Ecco tutto questo è l’ Indirect Marketing o Marketing Indiretto, soprattutto Telemerketing, Indirect Mailing, e pubblicità velata. Anche la vendita personale, è una forma di marketing indiretto, perché è a velocità continua e perchè è l’antica forma di Indirect S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 68 / 79 Marketing, in quanto il venditore si presenta e comunque ha una misurabilità nella sua azione . 2° - PROMOZIONE VENDITE La promozione vendite possono essere: Concorsi a premi – lotterie – offerte speciali – campioni gratuiti – fiere, mostre ed esposizioni – dimostrazioni – buoni sconto - buoni premio – liquidazioni - agevolazioni di pagamento sopravvalutazione dell’usato – raccolta di punti e figurine (non sono da imparare a memoria è giusto per saper che cosa sono) 3° - PUBBLICHE RELAZIONI quali: Rassegne stampa – conferenze Seminari e convegni – relazioni di bilancio Contributi per opere assistenziali Sponsorizzazioni – Pubblicazioni Relazioni con la comunità in generale. Per finire per quanto riguarda la Pubblicità, a proposito di aspetti sociali, studi psicologici, sociologici, nella pubblicità è importante ad esempio lo studio del ciclo di vita della famiglia. Quando voi vedete una pubblicità televisiva spesso vi rendete conto, automaticamente, che si basa sullo studio del ciclo di vita della famiglia, per cui il ciclo di vita della famiglia normalmente è: • la persona giovane che vive sola, per cui per quel tipo di persone fanno la pubblicità ad esempio dei profumi, sono persone che vivono sole e che fanno questo tipo di acquisto; • la giovane coppia senza figli, anche là c’è tutta una pubblicità che viene mirata su questa fascia, ad esempio i cioccolatini di una certa marca, che è anno ed anni che fanno; S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 69 / 79 • nido pieno di primo livello, è una giovane coppia con uno o più figli dove il più piccolo ha meno di sei anni, e qui all’ora abbiamo le merendine ; • nido pieno di secondo livello , significa che il più grande dei figli, anche se sono due, ha più di sei anni; • nido pieno tre, è la famiglia con genitori di media età che hanno ancora i figli in casa, magari di venti ventidue anni, fino a ventinove, fino a trentaquattro, sono ancora figli giovani, però sono ancora in casa, c’è una famosa marca di un prodotto con cui ci si sciacqua la bocca che da anni rappresenta il nido pieno tre . • la coppia non più giovane dove anche l’ultimo figlio è andato via, ed anche qui abbiamo vari prodotti che vengono reclamizzati, prodotti turistici, relax, magari sono già in pensione, però ci sono tutti i soldi accumulati durante tutta la vita da spendere; • l’anziano che vive solo, uno dei due che è rimasto; 4° - VENDITA PERSONALE Chi fa vendita personale passa normalmente 5 fasi (qui andiamo nello specifico, ma è solo per farvi un esempio) Contatto Analisi Presentazione Superamento Obiezioni Tecniche conclusive Qui si potrebbe parlare tantissimo a livello di etica, non etica (ricorda il film “morte di un commesso viaggiatore”); un classico del venditore, del commesso viaggiatore era quello che doveva vendere a tutti i costi, quello non era il marketing di sicuro, era la vendita a tutti i costi basata sulla forza del sorriso, sulle scarpe lucide, sul vestito senza macchia con la cravatta che è classico del commesso viaggiatore. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 70 / 79 4° P ⇒ Concetto di PACKAGING nel 1962 il Packaging non era ritenuto così importante Il Packaging è l’insieme delle attività volte a proteggere e a realizzare il contenitore o l’involucro di un prodotto. Il Packaging è un potente strumento di marketing e svolge molte funzioni (Kotler) tra cui: o Attrarre l’attenzione del cliente o Descrivere le caratteristiche del prodotto o Concludere la vendita 5° P PUNTO VENDITA (PLACE) Place = Posto All’interno del Punto vendita ci sono degli aspetti, di cui 2 fondamentali, un po’ come nella promozione 1° - Concetto di DISTRIBUZIONE le Strategie dei canali di distribuzione le Decisioni relative ai canali di marketing il Sistema della distribuzione commerciale e fisica E’ un po’ tutto quello che riguarda la distribuzione dei prodotti e dei servizi. 2° - Concetto di DIRECT MARKETING sono tutte quelle azioni di marketing diretto che l’azienda può fare e che comportano una risposta misurabile. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 71 / 79 Quindi è una sorta di marketing diretto piuttosto praticistico, dove è necessario disporre di un database, cioè un archivio dei nominativi dei clienti, e si fanno delle azioni che comportano una risposta misurabile. Kotler cosa fa inserisce schematicamente la vendita personale sia nel concetto di promozione (e io quindi ve lo riporto) sia nel concetto di place; trovate la duplicazione del concetto di vendita personale. Quindi la VENDITA PERSONALE Quindi la vendita personale è inserita dal punto di vista teorico almeno, comunque schematico, in tutti è 2 i punti, nelle 2 P di Promozione e Place, e questo perché comunque la vendita personale oltre ad essere oggetto di Promozione di vendita, è anche il più antico strumento di marketing diretto (quando non c’era il telefono, quando si scrivevano le lettere ecc.) si usava la vendita personale, vendere convincendo le persone. Tutte azioni che faccio nel DIRECT MARKETING debbono avere una loro misurabilità; nella vendita personale c’è la risposta misurabile. La vendita personale, rientra in questo, perché c’è una misurabilità all’azione, una misurabilità molto forte (un certo numero di visite, di contatti con i clienti che abbiano un certo numero di chiusura dei contratti) che non è, ad esempio, mai così diretta in una campagna promozionale generale (televisiva). I concetti sono: Database avere un elenco di nominativi, fermo restando tutte quelle che sono le leggi sulla privacy e Risposta misurabile. DIRECT MAILING Direct-mailing sono ad esempio le lettere che vengono mandate con finalità di vendere, libri, viaggi, cose terra terra, spicciole. Il direct mailing è una strategia molto più diffusa di quello che si pensi, viene usata non solo dal piccolo negozio (erboristeria) ma anche dalle grandi case automobilistiche. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 72 / 79 Vi faccio un esempio sul direct mailing che come vi dico viene usato di più di quello che non si pensi. Per esempio per il direct mailing c’è proprio tutta una procedura chiamata “il pacchetto direct mailing” per cui viene fatta una lettera con una determinata struttura molto precisa, ad esempio all’interno della lettera, per aver un contenuto specifico, c’è un’introduzione, una frase eclatante, una domanda, una citazione che colga l’attenzione, poi c’è un corpo centrale dove vengono messe ad esempio i vantaggi e i benefici che la persona può avere, gli obbiettivi dell’azione. Poi c’è una 3° pagina che viene chiamata conclusiva, dove ci vuole per forza un cosi-detto servizio a fare: Spedisci subito ecc. Questa è proprio una psicologia comunicativa scritta. Infine, non so se l’avete notato, c’è addirittura una 4° parte che sembra un errore, ma non lo è, è il post-scrittum = PS . Addirittura viene messo con strategia proprio spessissimo cioè col, PS che vuol dire : Ti metto una piccola frase dove ti descrivo i vantaggi appositamente, come dire un errore no?. Invece è proprio la tecnica. Hanno scoperto che il 15 – 20% delle persone, aprendo la busta, legge prima questa parte. Quindi avendo scoperto questo, la usano proprio come strumento di comunicazione. Di solito se notate quando ricevete una lettera di direct mailing fatta bene, troverete 2 concetti fondamentali non solo nel post-scritum, i vantaggi o la parola vantaggi e naturalmente la scadenza dell’offerta che è tipica di una azione commerciale. TELEMARKETING Poi c’è il Telemarketing che è un’azione misurabile. Il telemarketing può avere dei fini molto diversi, obbiettivi molto diversi (non stiamo qui a dibatterli perché credo non siano di vostro interesse in questo ambito, era giusto per dire che cosa si fa). PUBBLICITÀ MIRATA E poi c’è la pubblicità mirata che può essere televisiva, ad esempio in televisione vengono fatti degli spot con il numero telefonico (numero verde o non numero verde) e comunque c’è una misurabilità diretta, non solo sulle piccole televisioni private. Poi la pubblicità mirata può essere fatta anche a mezzo stampa, attraverso comunque una risposta che può essere il numero di telefono, o addirittura il vecchio sistema (?). S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 73 / 79 IL MARKETING SOCIALE E LO SVILUPPO DELLA MORALE non è oggetto questo di esame o di altro, è una cosa che vi volevo aggiungere perché è venuta fuori una discussione I sei stadi di Kolberg sono uno studio sulla morale: STADIO 1 Punizione Uno si comporta moralmente soltanto perché ha paura della punizione. (questo è il 1^ livello). Ha uno suo sviluppo morale che fa si che è solo per la punizione che ha quel tipo di atteggiamento e di comportamento. Questo è un livello di base. Addirittura secondo Kolberg ci sarebbe anche un livello 0 (zero) per cui tutto ciò che è bene, tutto ciò che mi fa stare bene è bene, tutto ciò che mi fa stare male è male. Questo è il livello zero, proprio primitivo. Il primo livello invece è la punizione, cioè io mi attengo ad un’etica perché ho paura della punizione. STADIO 2 Ricompensa Io mi comporto bene se mi dai una caramella, c’è la ricompensa, è un po’ come il bambino. STADIO 3 Approvazione io mi comporto bene, però ho un atteggiamento etico-morale perché questo mi da l’approvazione di qualcuno, di uno o più persone . STADIO 4 Legge Io mi comporto bene perché lo dice la legge; è lo stadio medio dove si fermano le persone. Smetto di fumare perché c’è la legge, perché al parco adesso li multano, c’è la Legge. STADIO 5 Controllo sociale Mi comporto così in senso morale perché per esempio faccio parte di un gruppo che ha questa etica, e quindi difendo questa etica. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 74 / 79 STADIO 6 Principio etico universale Il livello più alto che è di alcuno di noi, è il principio etico universale, cioè io sono legge a me stesso. Nel senso che pago le tasse non perché ho paura della punizione, non per una ricompensa, ma perchè credo che pagare le tasse sia utile. Esempio: Se noi intervistiamo fuori da una chiesa una persona e gli chiediamo perché è andata a messa: Al primo stadio risponderebbe perché se no vado all’inferno. Al secondo stadio: perché forse vado in paradiso. Al terzo stadio: perché parlo con quello che è dietro di me. Al quarto stadio: perché ci sono i comandamenti Al quinto stadio:Perché appartengo ad un gruppo di catechisti e quindi devo. Al sesto stadio Perché è riuscito a trovare la sua morale. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 75 / 79 SVILUPPO DELLE STRATEGIE (LA DIFFERENZIAZIONE E IL POSIZIONAMENTO) 1) LA DIFFERENZIAZIONE E’ la definizione di un insieme di differenze significative in grado di rendere distinguibile per l’acquirente l’offerta dell’impresa rispetto a quella dei concorrenti (Kotler) ⇒ DEL PRODOTTO Caratteristiche, prestazioni, affidabilità, stile L’azienda differenzia il proprio prodotto attraverso delle caratteristiche di prestazioni, affidabilità, stile e così via; crea cioè una differenziazione del proprio prodotto o del proprio servizio. ⇒ DEI SERVIZI Consulenza, consegna, installazione L’Azienda va a differenziare i servizi che offre ai propri clienti attraverso consulenza, consegna, installazione, ecc…. ⇒ NELLA QUALITÀ DEL PERSONALE. La differenziazione può essere anche fatta attraverso la qualità del personale In una ditta privata che da un servizio al cliente la qualità del personale viene misurata anche dal servizio che dà il personale. In un’attività commerciale ad esempio: L’ approccio iniziale con il cliente è già un momento fondamentale, poi nel determinare i bisogni capire le esigenze di quella persona, quindi utilizzare la strategia delle domande, la conoscenza del prodotto, perché una persona che propone un prodotto deve conoscerlo e saperlo presentare soprattutto, caratteristiche, vantaggi, benefici. Si è notato per esempio che alcune persone che fanno attività di servizio, che non sono ben istruite presentano solo le caratteristiche di un prodotto, ma non hanno la capacità di trasformare in vantaggi/benefici per noi acquirenti. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 76 / 79 Ancora attenzione bilanciata è molto importante per esempio se parliamo di un punto vendita. Poi ancora soddisfare le richieste insolite spesso i clienti hanno richieste insolite che bisogna comunque cercare di gestire, poi bisogna vedere come, però l’importante è rispettale e gestirle; usare tecniche di vendita ecc. le tecniche di vendita, offrire gli extra, assumersi responsabilità personale, gestire il regolamento, post vendita la Non vado oltre, potete cancellarli questi concetti, volevo solo dirvi che comunque il concetto è: C’è una differenziazione nella qualità del personale, e ho detto vi faccio un esempio sul servizio. ⇒ DELL’IMMAGINE Per terminare, una differenziazione dell’immagine. La differenziazione dell’immagine ha diverse sfaccettature (simboli, colore, ecc…), l’azienda può anche differenziare l’immagine. Quindi possiamo prendere de marchi talmente conosciuti, che non hanno bisogno di pubblicità, perché sono riconosciuti. SIMBOLI: Mela/APPLE Mulino/BARILLA COLORE: Rosso/FERRARI Giallo/KODAC Ecco questa è una sorta di differenziazione per immagine. Il logo immagine è un altro concetto importante, addirittura se voi andate a parlare di marchi, ci sono dei marchi che hanno più valore dell’azienda stessa. 2) POSIZIONAMENTO Consiste nel definire l’offerta dell’impresa in modo da consentirle una posizione distinta e apprezzata nella mente dei clienti obiettivo (Kotler) La marca numero uno per... S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 77 / 79 PIANO DI MARKETING (comunque non ve lo chiedo) PREMESSA GENERALE - Inquadramento del piano ⇒ SITUAZIONE ATTUALE DI MARKETING I principali dati su macroambiente, mercato, situazione competitiva, distributiva e di prodotto Siccome abbiamo parlato di piani, il piano di Marketing è molto importante, si fanno dei piani annuali o anche triennali che devono vere una struttura. Il concetto generale è che ci vuole una premessa generale per fare un piano, un inquadramento generale, una situazione attuale dove i principali dati di macroambiente vengono evidenziati, mercato situazione competitiva e distributiva di prodotto Il passaggio successivo è l’analisi, importante è l’analisi del piano si chiama ⇒ ANALISI F.D.O.M. in italiano (Forze, Debolezza, Opportunità e Minacce), Le principali forze/debolezze, opportunità/minacce Occorre fare un’analisi interna di forza e debolezza dell’impresa, se praticamente il manager la strutturavano, bisogna fare proprio un elenco di quelle che sono le forze in quel momento dell’impresa, i punti forti e i punti deboli, e anche delle opportunità e delle minacce. Quale è la differenza: che le forze e le debolezze riguardano l’azienda, l’interno dell’azienda, mentre le opportunità e le minacce riguardano l’ambiente esterno. Quindi una crisi economica piuttosto che altre cose sono delle minacce, mentre altri aspetti interni di forze e debolezze riguardano l’azienda al suo interno. S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 78 / 79 Poi ovviamente il piano deve avere degli ⇒ OBIETTIVI In termini di volume delle vendite, quota di mercato e profitti Vedete che poi quadra su quello che abbiamo detto prima. Comunque l’azienda privata deve arrivare a dei ricavi, ma soprattutto ad un utile, ad un profitto. ⇒ STRATEGIA DI MARKETING Approccio generale di marketing per cogliere gli obiettivi del piano Ed a seguire il ⇒ PIANI DI AZIONE Cosa sarà fatto? Chi lo farà? Quando sarà fatto? Quanto costerà? con naturalmente una ⇒ PREVISIONE DI CONTO ECONOMICO Sintesi dei risultati economici/finanziari ed a concludere i ⇒ CONTROLLI ovvero tutta l’attività di controllo finale S.Crepaldi – M.Ansaloni agosto 2008 79 / 79