Lezione quarta Dove, a proposito di ritratti, si parla di occhi e di mani, di vestiti, di uomini (e donne) belli oppure brutti… Ovvero, sul concetto rinascimentale di bellezza, e sul rapporto dell’anima con il corpo. Raffaello, Ritratto di Baldassarre Castiglione, Parigi, Museo del Louvre, 1515-1519 B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, II 26-27 Allora il Magnifico Iuliano, «Vorrei - disse - messer Federico, poiché avete fatto menzion di questi che s'accompagnano così voluntieri coi ben vestiti, che ci mostraste di qual manera si debba vestire il cortegiano e che abito più se gli convenga, e circa tutto l'ornamento del corpo in che modo debba governarsi; perché in questo veggiamo infinite varietà […] . Saria adunque ben fatto saper in questa confusione eleggere il meglio.» Disse messer Federico: «Io in vero non saprei dar regula determinata circa il vestire, se non che l'uom s'accommodasse alla consuetudine dei più; e poiché, come voi dite, questa consuetudine è tanto varia e che gli Italiani tanto son vaghi d'abbigliarsi alle altrui fogge, credo che ad ognuno sia licito vestirsi a modo suo. […] Piacemi ancor sempre che tendano un poco più al grave e riposato, che al vano; però parmi che maggior grazia abbia nei vestimenti il color nero, che alcun altro; e se pur non è nero, che almen tenda al scuro ; […] perché le cose estrinseche spesso fan testimonio delle intrinseche». B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, II 27 Allor disse messer Cesare Gonzaga: «Questo a me daria poca noia perché, se un gentilom nelle altre cose vale, il vestire non gli accresce né scema mai riputazione.» Rispose messer Federico: «Voi dite il vero. Pur qual è di noi che, vedendo passeggiar un gentilomo con una robba addosso quartata di diversi colori, o vero con tante stringhette e fettuzze annodate e fregi traversati, non lo tenesse per pazzo o per buffone? […] Aggiungendovi ancor che debba fra se stesso deliberar ciò che vol parere e di quella sorte che desidera esser estimato, della medesima vestirsi, e far che gli abiti lo aiutino ad esser tenuto per tale ancor da quelli che non l'odono parlare, né veggono far operazione alcuna». B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, II 28 «A me non pare,» disse allor el signor Gaspar Pallavicino, «che si convenga, né ancor che s'usi tra persone di valore giudicar la condicion degli omini agli abiti, e non alle parole ed alle opere, perché molti s'ingannariano; né senza causa dicesi quel proverbio che l'abito non fa 'l monaco.» «Non dico io,» rispose messer Federico, «che per questo solo s'abbiano a far i giudici resoluti delle condizion degli omini, né che più non si conoscano per le parole e per l'opere che per gli abiti; dico ben che ancor l'abito non è piccolo argomento della fantasia di chi lo porta, avvenga che talor possa esser falso; e non solamente questo, ma tutti i modi e costumi, oltre all'opere e parole, sono giudicio delle qualità di colui in cui si veggono.» Raffaello, Ritratto di Baldassarre Castiglione, Parigi, Museo del Louvre, 1515-1519 Raffaello, Ritratto di Baldassarre Castiglione, Parigi, Museo del Louvre, 1515-1519 Leonardo da Vinci, Ritratto di Ginevra de’ Benci, Washington, National Gallery, 1476-78 Leonardo da Vinci, Ritratto di Ginevra de’ Benci, Washington, National Gallery, 1476-78 Virtutem forma decorat B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, IV 57 e 59 «Rare volte mala anima abita bel corpo e perciò la bellezza estrinseca è vero segno della bontà intrinseca e nei corpi è impressa quella grazia più e meno quasi per un carattere dell’anima, per lo quale essa estrinsecamente è conosciuta, come negli alberi, ne’ quali la bellezza de’ fiori fa testimonio della bontà de’ frutti; e questo medesimo interviene nei corpi, come si vede che i fisionomi al volto conoscono spesso i costumi e talora i pensieri degli omini». «In somma, ad ogni cosa dà supremo ornamento questa graziosa e sacra bellezza; e di si po che ’l bono e ’l bello a qualche modo siano una medesima cosa, e massimamente nei corpi umani; della bellezza de’ quali la più propinqua causa estimo io che sia la bellezza dell’anima che, come partecipe di quella vera bellezza divina, illustra e fa bello ciò che vede e tocca […]; però la bellezza è il vero trofeo della vittoria dell’anima, quando essa con la virtù divina signoreggia la natura materiale e col suo lume vince le tenebre del corpo».