Ars galenica
a Bologna
Gli studenti del Galvani in 5 farmacie storiche
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Bologna
Liceo Ginnasio Luigi Galvani
Fotografie degli studenti del corso IGCSE Photography coordinati
dalla prof.ssa Edda Righetti e dal fotografo Jacopo Puggioli
5° L: Laura Cacciamani, Chiara Cenerini, Martina Felici,
Andrea Felloni, Valeria Masoni, Sara Rossetti
5° M: Arianna Cauli, Annalisa Coraducci,
Costanza De Stefani, Paola Caterina Forino
5° N: Sofia Cremonini, Giulia Stefani
Testi Francesca Ghedini (5° M)
Studenti-Farmacisti del corso di scienze naturali del Liceo classico coordinati
dalla prof.ssa Antonella Porfidi
2° A: Matteo De Bernardo, Nicoletta Defranceschi, Ylenia Liverani, Giovanni Vaccari
Progettazione e coordinamento generale
prof.ssa Susanna Magnani, responsabile progetti Scuola-Lavoro
Mostra a cura degli studenti del Galvani
con la supervisione tecnica di Anna Gianotti (IBC) e di Jacopo Puggioli
Pubblicazione
a cura di Anna Gianotti (IBC)
Photo editing
Jacopo Puggioli
Approfondimenti storico artistici
Elisabetta Landi (IBC)
Progetto grafico
Priscilla Zucco (IBC)
Comunicazione
Valeria Cicala, Isabella Fabbri, Carlo Tovoli (IBC)
Stampa Centro Stampa Regione Emilia-Romagna
Si ringraziano per la disponibilità
il Presidente dell’Istituto Beni Culturali prof. Angelo Varni,
il Dirigente Scolastico del Liceo Ginnasio L. Galvani prof.ssa Sofia Gallo,
il Presidente di Federfarma Bologna dott. Achille Gallina Toschi,
il Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bologna dott. Paolo Manfredi
copertina: Farmacia Zarri, fontana-profumeria in bronzo e vetro, seconda metà sec. XIX
Ars galenica
a Bologna
Gli studenti del Galvani in 5 farmacie storiche
LICEO GINNASIO LUIGI GALVANI BOLOGNA
FEDERFARMA BOLOGNA
ORDINE DEI FARMACISTI BOLOGNA
ISTITUTO BENI CULTURALI REGIONE EMILIA-ROMAGNA
L’Ordine dei Farmacisti di Bologna, unitamente alla Associazione dei titolari di
farmacia di Bologna Federfarma, ha colto con entusiasmo l’iniziativa del Liceo
Galvani e dell’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna intesa alla
valorizzazione di alcune farmacie storiche della città di Bologna, attraverso le
immagini di antiche strumentazioni e di alcuni momenti dell’attività professionale
del farmacista catturate dall’obiettivo dei giovani allievi. Tale iniziativa ha
prodotto una magnifica raccolta fotografica che rimarrà a memoria della
professione per i futuri farmacisti.
Paolo Manfredi Achille Gallina Toschi
Presidente Ordine dei Farmacisti di Bologna
Presidente Federfarma Bologna
Con Ars galenica a Bologna il Liceo Galvani conferma la sua vocazione a
relazionarsi con la cultura bolognese attraverso il partenariato con enti,
istituzioni e associazioni di grande tradizione. Il centro pulsante del progetto
è la nobiltà di luoghi e di professioni, che vengono conosciuti dai nostri allievi
attraverso la pratica lavorativa e la ripresa fotografica. Così dopo Palazzo Ranuzzi
Baciocchi e l’attività forense sono ora le farmacie storiche della città, con le
antiche strumentazioni, ad essere oggetto dell’interesse scientifico degli allievi
e dell’abilità tecnica dei giovani fotografi. In questo progetto la classicità si
incontra con la scienza e la fotografia ferma momenti salienti della storia di una
antica professione, mostrando al pubblico interni, arredi e particolari preziosi,
colti e valorizzati dalla passione di vecchie e nuove generazioni. Il mio personale
ringraziamento va a quanti, all’interno del Galvani e nella città di Bologna, hanno
reso possibile questa esperienza di conoscenza e di crescita culturale.
Sofia Gallo
Dirigente scolastico Liceo Ginnasio “Luigi Galvani”
Questa pubblicazione sulle farmacie storiche bolognesi costituisce la seconda
esperienza di una collaborazione già avviata con il Liceo Galvani nel 2013, con
un analogo lavoro sul palazzo Ranuzzi-Baciocchi, anch’esso conclusosi con un
quaderno prodotto in gran parte dagli studenti, autori di alcuni testi e delle
fotografie. La positiva valutazione che abbiamo dato di quel primo episodio
ci ha spinti a intraprendere questo, perché riteniamo essenziale favorire
quanto più possibile l’impegno dei giovani verso la conoscenza e la tutela del
nostro patrimonio culturale. L’Istituto è impegnato da sempre in un’opera di
censimento che si avvale del mezzo fotografico come strumento non soltanto di
documentazione, ma anche di riflessione e progettualità, e per questo ci sembra
davvero fondamentale che il laboratorio fotografico del Galvani indirizzi gli
studenti ad esercitarsi su casi concreti, dove la ricerca storica, la costruzione di
un racconto per immagini e la sua comunicazione al pubblico sono gli elementi
interconnessi di una ricerca globale.
Piero Orlandi
Responsabile Servizio Beni Architettonici e Ambientali
Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna
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LA FARMACIA E LA MEDICINA MILLENARIA
Le prime testimonianze sulla farmacopea risalgono al codice babilonese di
Hammurabi e ai papiri dell’antico Egitto, che tramandarono prescrizioni mediche basate su principi attivi utilizzati fino all’età moderna. Nel papiro di Ebers
(1550 a.C.), infatti, si trovano ricette per usi farmacologici noti anche alla medicina moderna, come ad esempio l’oppio, noto ai Sumeri e sacro al dio Thot. L’interpretazione dei testi egizi ha rivelato inoltre l’uso di vere e proprie “farmacie
da viaggio” che accompagnavano gli speziali, venerati come sacerdoti. Tanto
grande fu l’influenza della farmacopea da esercitare un influsso durevole anche
su filosofi e letterati.
Nell’antica Grecia il padre della medicina e della farmacologia, attribuita a Esculapio, fu Ippocrate (Coo, 460 a.C. - Larissa, 377 a.C.). Il suo insegnamento giunse
alla civiltà romana attraverso il medico Galeno (Pergamo, 129 - Roma, 216), dal
cui nome derivò l’ars galenica, ovvero l’arte di preparare i medicamenti . Un
esempio nella nostra regione sono i vasetti in terracotta e le bilance dello strumentario della Domus del chirurgo di Rimini (seconda metà sec. II d.C.).
L’Italia ebbe un ruolo di primo piano nella diffusione della scienza ippocraticogalenica, oggetto di studi nel monastero benedettino di Montecassino (sec.V
- VI) e nella celebre scuola farmacologica di Salerno (sec. XI), cui Ruggero il
Normanno conferì un assetto legislativo con il Diploma salernitano, alle origini
dell’esame di stato. Per i medici e gli speziali, che godevano di una posizione
sociale paritaria e di ruoli distinti, il Diploma salernitano diventò obbligatorio, e
così pure l’obbligo della cura gratuita ai poveri. Nel secolo XIII l’imperatore Federico II insignì la Scuola di Salerno del sigillo della Civitas ippocratica, ribadì la
necessità di una verifica per l’esercizio della professione, sia medica che farmacologica, e fissò i criteri per gli studi scientifici, rilanciando lo studio di Ippocrate
e di Galeno. La farmacia si avviava a diventare un’istituzione di Stato.
Nel medioevo l’ars galenica ebbe un ruolo fondamentale. L’Arte degli Speziali,
dotata di statuti dal XIII secolo, fu centrale nell’organizzazione cittadina, al punto che lo stesso Dante Alighieri dovette iscriversi alla corporazione per accedere ai pubblici uffici.
Negli orti monastici si coltivavano i “semplici”, le varietà vegetali con virtù medicamentose adoperate dal monacus infirmarius per la preparazione dei farmaci. La benedettina Santa Ildegarda von Bingen (sec. XII) e il domenicano Sant’Alberto Magno (sec. XIII), dottori della Chiesa, furono tra i più famosi scienziati
che si occuparono di farmacologia.
Dall’Oriente giungeva la farmacopea araba, con le spezie racchiuse negli albarelli, contenitori in ceramica di forma cilindrica, così da poter essere più agevolmente allineati sugli scaffali delle officinae aromatariorum. Ripetuti in ambito
arabo siculo, e quindi in Italia, in Francia e in Spagna, tra XV e XVI secolo gli albarelli conobbero una larga diffusione.
La scoperta dell’America immise nuove piante medicinali nella pratica della farmacologia, che l’invenzione della stampa contribuì ulteriormente a diffondere.
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Ma già nel Codice Atlantico Leonardo da Vinci aveva rivendicato il primato della
Natura contro i rimedi “fatti di specie d’alchimia”.
Tra il XV e il XVI secolo le farmacie dei conventi lasciarono il posto a laboratori
più grandi, organizzati presso gli ospedali, come nel caso, nel nostro territorio,
della farmacia dell’Ospedale di Santa Maria della Scaletta a Imola.
Nei primi anni del ‘500 furono dettate disposizioni rigorose in merito alla somministrazione dei farmaci che imponevano la trascrizione delle ricette e la custodia dei veleni sotto chiave, combattendo inoltre i farmacisti abusivi. L’usanza
delle visite periodiche dei medici alla farmacia fu ripristinata dal naturalista
Ulisse Aldrovandi. Allo scienziato, che nel 1574 diede alle stampe l’Antidotario
bolognese, si deve la creazione dell’Orto Botanico di Bologna, allestito nel 1568
nel cortile del Palazzo Pubblico in un’epoca che vide il moltiplicarsi degli orti botanici nelle città universitarie.
Nel XVII secolo il metodo sperimentale trasformò la farmacologia, che ricevette
un impulso grazie all’evolvere dell’alchimia nella chimica, e alla scoperta di nuovi prodotti. Nell’800 furono create nuove farmacie, mentre aumentava il numero dei farmaci disponibili sul mercato. La spezieria si trasformò gradatamente
nella farmacia moderna.
Se fino al 1930 la maggior parte dei rimedi venduti in farmacia veniva allestita
direttamente dal farmacista, dopo la seconda guerra mondiale, con l’industrializzazione, il lavoro di preparatore diventò sempre più marginale.
Ciò nonostante, il farmacista ha conservato il suo ruolo di preparatore di prodotti medicinali. Nella dizione corrente, per preparato galenico si intende il
farmaco allestito in farmacia dal farmacista, in “contrapposizione” al farmaco
industriale allestito dall’industria e che per essere commercializzato necessita
di una AIC (autorizzazione all’immissione in commercio) rilasciata dal Ministero
della Salute.
Si distinguono:
A. Preparato galenico magistrale o formula magistrale: è il medicinale preparato dal farmacista in farmacia in base ad una prescrizione medica magistrale (dal
latino magister) destinato a un determinato paziente.
B. Preparato galenico officinale o formula officinale: è il medicinale preparato
autonomamente dal farmacista in farmacia secondo la Farmacopea di un paese
membro dell’Unione europea e destinato ad essere dispensato direttamente ai
pazienti che si servono in tale farmacia.
La norma di legge che definisce come allestire i farmaci in farmacia è costituita
dalle NBP (norme di buona preparazione) presenti nella Farmacopea ufficiale
XII edizione.
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Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli quindi Farmacia della Carità,
via San Felice 89, preparato con avvertenze speciali
Lasciamo stare d’aver le lor celle piene d’alberelli di lattovari
e d’unguenti colmi, di scatole di vari confetti piene, d’ampolle e di
guastadette con acque lavorate e con olii...
Giovanni Boccaccio
Gli antichi vasi di farmacia hanno un fascino strano, hanno una vita,
tanto che noi oggi non sappiamo disgiungere l’impressione visiva di una
farmacia, sia pur umile e modesta, da quella dei vasi che l’adornano.
Gabriele D’Annunzio
La spezieria non deve essere intesa come il solo ambiente in cui
veniva servito il cliente ma come un insieme di spazi che dovevano avere
un doppio respiro, uno luminoso, apollineo, diurno e solare, l’altro oscuro,
notturno, inferico: casa dal ritmo binario, luogo a double face…
Piero Camporesi
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IL PROGETTO “FARMACIE”
Il progetto “Farmacie” è nato nell’ambito di una convenzione fra il Liceo
Ginnasio “Luigi Galvani” di Bologna, l’Ordine dei Farmacisti della Provincia
di Bologna, Federfarma e l’Istituto Beni Culturali della Regione
Emilia-Romagna come attività di alternanza scuola/lavoro coordinata
dalla prof.ssa Susanna Magnani.
Obiettivi generali
• realizzare una mostra fotografica e una pubblicazione intitolate
“Ars Galenica a Bologna” dedicate all’analisi degli aspetti storico/
artistici di alcune delle antiche farmacie di Bologna. Le fotografie e
i testi sono stati realizzati dagli studenti del Liceo Galvani coinvolti
nel progetto
• svolgere un’attività pratica di laboratorio con la preparazione da
parte di alcuni studenti del Liceo Galvani di prodotti galenici sotto
la guida diretta dei farmacisti.
Soggetti destinatari
• un gruppo di allievi del Corso Scientifico Internazionale del
Liceo Galvani selezionati tra coloro che hanno seguito il corso
di Fotografia per sostenere l’esame IGCSE Art and Design
(Photography) seguiti e coordinati dalla prof.ssa Edda Righetti e dal
fotografo Jacopo Puggioli, collaboratore del Liceo Galvani
• un gruppo di studenti particolarmente interessati alla chimica del
Corso ad indirizzo Classico del Liceo Galvani coordinati dalla prof.
ssa Antonella Porfidi.
Obiettivi specifici
Nel corso delle attività concernenti il progetto “Farmacie” gli studenti
coinvolti hanno potuto:
• utilizzare le conoscenze generali derivate dallo studio della Storia
dell’arte e calarle nello specifico della realtà storico/artistica della
loro città e in particolare delle farmacie storiche
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• maturare una conoscenza del patrimonio artistico della propria
città e la consapevolezza che il concetto di bene culturale
non riguarda soltanto le emergenze artistico/architettoniche,
ma anche il tessuto storico/artistico/culturale fatto di esercizi
commerciali, come le antiche farmacie, che hanno una storia e
custodiscono preziosi arredi, oggetti e strumenti d’epoca
• avvicinarsi, grazie all’assistenza dei professionisti titolari delle
farmacie, all’attività pratica di laboratorio con la preparazione di
alcuni prodotti galenici
• valorizzare in modo professionale le competenze acquisite con
il corso di Fotografia e il corso di Chimica svolti durante l’anno
scolastico presso il Liceo Galvani
• comprendere che il linguaggio fotografico può svolgere un
compito importante di analisi e di lettura dei fenomeni e
diventare memoria, documentazione e patrimonio della città .
Gli studenti del Galvani all’interno della farmacia del Corso, già antica Spezieria Zanoni da San
Biagio, via Santo Stefano 38
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FARMACIA ALBERANI
Via Farini 19
La farmacia si trova al pianterreno di Palazzo Alberani, realizzato nel
1909 (come si legge nel cartiglio decorato all’angolo esterno della
costruzione) dall’ ingegnere Ettore Lambertini (Bologna 1861-1935), che
lo progettò in collaborazione con Paolo Graziani. L’edificio, nello stile
della Secessione viennese, si allinea all’eclettismo architettonico che
caratterizza i palazzi circostanti: la Cassa di Risparmio, le Poste, il palazzo
Zambeccari e il palazzo Cavazza.
In Palazzo Alberani la scelta dell’impianto planimetrico rivela l’intenzione
di Lambertini di sfruttare commercialmente la soluzione ad angolo
e il desiderio del committente di evidenziare il raggiunto prestigio
imprenditoriale con una costruzione rappresentativa dell’aggiornamento
borghese dell’antica tipologia della casa-bottega. Sulle pareti esterne
Alfonso Borghesani (1882-1964), lo scultore di Crevalcore autore, fra
l’altro, di eleganti opere Liberty nella Certosa di Bologna e dei decori
della Clinica Pediatrica Gozzadini, raffigurò, in bassorilievo, gli emblemi
che alludono alle virtù della farmacopea e all’attività imprenditoriale:
nel cantonale, due putti inginocchiati sotto le ali di un’aquila e, sempre
sulla facciata, una figura femminile, simbolo della Scienza, al livello della
farmacia. Interessante, poi, l’insegna scultorea raffigurante l’inalazione
di vapori di oppio. L’oppio ebbe in passato una grande fortuna,
non solo come narcotico, ma anche come medicamento sedativo e
analgesico. In tempi più recenti i medici lo prescrissero largamente
in formule farmaceutiche molto note, come la “tintura crocata di
laudano” o la “polvere del Dover”, fino a quando, per i seri problemi di
tossicodipendenza che procurava e i rischi di abuso, il suo uso non fu
rigidamente disciplinato dalla legislazione.
Altre decorazioni di sapore elegantemente floreale sono presenti in
Palazzo Alberani nella fascia sottotetto, nelle cornici e nei coronamenti
delle finestre, nelle ringhiere e nelle ornamentazioni sotto i balconi in
ferro battuto.
All’interno, la farmacia conserva gli arredi dell’inizio del Novecento
impreziositi da incisioni di marmo e oro zecchino: pregevoli il bancone,
riccamente decorato con intagli scultorei raffiguranti mascheroni, i
lampadari dell’epoca, e le belle vetrine originali in vetro decorato in
oro, con i riconoscimenti regi per lo Stabilimento chimico-farmaceutico
Alberani.
Il nome della farmacia è legato ai sali di frutta Alberani, sali solubili
frizzanti e digestivi, che conobbero un grande successo fino alla fine
degli anni Settanta, dei quali, purtroppo, gli attuali proprietari non
custodiscono testimonianze.
In passato la farmacia era dotata di un laboratorio per la preparazione di
farmaci.
Pag. 10, Farmacia Alberani, già Antica Farmacia detta dei Casali, lampadari in stile Aemilia Ars,
1909
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Farmacia Alberani, già Antica Farmacia detta dei Casali, insegna, 1909
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Farmacia Alberani, già Antica Farmacia detta dei Casali, interno della farmacia con gli arredi
originali, 1909
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Farmacia Alberani, già Antica Farmacia detta dei Casali, insegna, particolare delle medaglie, 1909
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Farmacia Alberani, già Antica Farmacia detta dei Casali, Alfonso Borghesani, particolare del rilievo
scultoreo della facciata di Palazzo Alberani, 1909
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Farmacia Alberani, già Antica Farmacia detta dei Casali, mascherone, particolare del bancone
ligneo della farmacia, 1909
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Farmacia Alberani, già Antica Farmacia
detta dei Casali, dall’alto, ingresso
della farmacia; Alfonso Borghesani,
L’inalazione dei vapori di oppio, 1909;
particolari dell’arredo ligneo, 1909
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Farmacia del Corso, già Antica Spezieria Zanoni da San Biagio, via Santo Stefano 38,
18 insegna della farmacia, 2010
FARMACIA DEL CORSO
Via Santo Stefano 38
La farmacia del Corso, così denominata a partire dal XIX secolo per la
vicinanza con il Teatro del Corso, oggi distrutto, e il bar del Corso, un
tempo elegante luogo di ritrovo, in origine si chiamava Spezieria di San
Biagio. Le prime notizie risalgono al XV secolo quando Giacomo e Antonio,
figli di Guglielmo speziale, la vendettero per trecento lire; da allora,
numerosi passaggi di proprietà ne scandirono la storia. Nel XVI secolo
fu la Confraternita della Morte a gestire la farmacia, che fino agli inizi
del XIX secolo fu proprietà della famiglia Zanoni, nella quale si distinsero
personaggi illustri quali il botanico e farmacologo Giovan Andrea, custode
dell’Orto Botanico dal 1642. Il 30 dicembre 1834 la farmacia passò al
professor Gaetano Sgarzi. L’ultimo atto di compravendita risale al 1919,
quando venne acquistata dal dottor Mario Santandrea che ne comprese il
valore di testimonianza storica e artistica. Soldato, uomo dai molti interessi
e di forte passione politica, dopo la Seconda Guerra Mondiale diventò
presidente del ricostituito Ordine dei Farmacisti bolognesi e ideò il primo
distintivo dei farmacisti italiani, costituito dall’antico simbolo del serpente
che beve da una coppa.
Al suo interno, la farmacia del Corso conserva l’arredo settecentesco
in stile barocchetto progettato dal pittore e decoratore bolognese
Mauro Tesi detto “il Maurino” (Montalbano, 1730 – Bologna, 1766), che
lo progettò su commissione degli Zanoni. All’artista si deve la scelta di
collocare sopra l’ingresso al laboratorio un’opera pregevole dello scultore
bolognese Angelo Gabriello Piò (Bologna, 1690 – 1770), eseguita in
stucco dorato, raffigurante la Vergine Annunciata, patrona della Societas
aromatariorum bolognese.
Un tempo la farmacia aveva un aspetto ancora più ricco, dato che Mauro
Tesi ne aveva finemente affrescato il soffitto; dell’opera resta un bozzetto
preparatorio perché le decorazioni, coperte con la calce dopo il colera del
1855, furono distrutte durante i lavori per l’introduzione dell’illuminazione
a gas.
Introduce alla farmacia una pregevole vetrina, disegnata dall’architetto
Melchiorre Bega intorno al 1937, e impreziosita da un mortaio del XVII
secolo utilizzato in funzione di maniglia. Appena entrati, si viene catturati
da uno spazio dalla luce ambrata, articolato da paraste lignee che
inquadrano vetrine nelle quali sono esposti, oltre ai prodotti farmaceutici
odierni, vasellami ceramici e vitrei dell’epoca.
Un inventario del 1820 riporta i prodotti venduti nella farmacia: più di 1650
voci, fra prodotti semplici e composti, quantificati in libbra medicinale,
oncia, dramma, scrupolo e grano. Molte le tipologie di acque, balsami,
elisir, fiori, grassi, liquori, pastiglie, pillole. Fra i medicamenti più antichi si
ricorda “L’aceto dei quattro ladri”, aromatizzato con aglio, utilizzato per
la prima volta durante la peste di Marsiglia del 1720 nella convinzione che
l’aglio rendesse immuni dalle malattie infettive, compresa la peste.
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Farmacia del Corso, già Antica Spezieria Zanoni da San Biagio, arredo ligneo della farmacia, attribuito
a un progetto di Mauro Tesi, 1760 circa; in basso, il retrobottega
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Farmacia del Corso, già Antica Spezieria Zanoni da San Biagio, vaso da farmacia, seconda metà sec.
XVIII
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Farmacia del Corso, già Antica Spezieria Zanoni da San Biagio, bilancia
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Farmacia del Corso, già Antica Spezieria Zanoni da San Biagio, il titolare della farmacia mostra un
volume del 1637
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Farmacia del Corso, già Antica Spezieria Zanoni da San Biagio, Angelo Gabriello Piò, La Vergine
Annunciata, Patrona della Societas Aromatariorum, stucco dorato, 1760 circa
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Farmacia del Corso, già Antica Spezieria
Zanoni da San Biagio, dall’alto, antico
formulario; mortaio del XVII sec. utilizzato
come maniglia della porta d’ingresso;
pilloliere e vaso da farmacia, sec. XIX;
antica cantina
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, via Collegio di Spagna 1 A,
26 orologio, sec. XIX
FARMACIA SAN PAOLO
Via Collegio di Spagna 1 A
Secondo quanto riportato nell’epigrafe laterale alla porta su via Collegio
di Spagna, la farmacia San Paolo nasce nel XIV secolo come “antica
spezieria della pigna” fondata dalla famiglia Calvi, una dinastia di ricchi
lardaroli romagnoli unitasi in seguito alla famiglia Marescotti, nobile
casata bolognese, proprietari del palazzo e del complesso edilizio di
via Barberia n. 4 (ora sede universitaria del DAMS). All’interno della
farmacia, nei pregevoli arredi originali del XVIII secolo è custodita una
preziosa collezione di 71 albarelli e un versatoio, tutti provenienti dalla
fabbrica di Colle Ameno, presso Sasso Marconi.
Il Borgo di Colle Ameno è uno dei rari esempi di architettura illuministica
di campagna nella quale si coniugano le esigenze della residenza
signorile con le attività produttive. Il Borgo, voluto dal marchese Filippo
Carlo Ghisilieri, venne edificato su una preesistente villa seicentesca,
accogliendo una fabbrica di pregiate maioliche. Nel 1765, alla morte
del marchese, la fornace fu affittata dai ceramisti Rolandi e Finck che la
tennero fino al 1767, quando, molto probabilmente, fu realizzata la serie
degli albarelli della farmacia S. Paolo.
L’albarello, utilizzato per contenere sostanze pastose e unguenti, è il
tipico vaso da farmacia dalla particolare forma cilindrica, strozzata nella
parte centrale, che richiama una canna di bambù. I vasi custoditi nella
farmacia S. Paolo sono dipinti con decori azzurro e blu cobalto, con i
motivi del fiore di pruno e della foglia di acanto intercalati. La cottura
dei vasi è quella classica a terzo fuoco: una prima cottura è per la base,
la seconda per la smaltatura bianca e l’ultima per i decori celesti . Le
iscrizioni dei vasi vennero eseguite a secco, e infatti alcune sono sbiadite.
Interessante dettaglio della farmacia sono le borchie di legno appese ad
una parete, chiuse nella parte inferiore e aperte in quella superiore. Qui
i pazienti riponevano messaggi per i vari dottori, i cui nomi erano incisi
sulle borchie. Queste borchie sono in stile liberty, così come il soffitto e la
madonnina appesa di fronte all’entrata.
Ad oggi tutto l’arredo è rimasto invariato, grazie alla passione della
famiglia Concato, ed è meta di visite di scolaresche, antiquari ed
appassionati. L’affresco che decorava il muro all’esterno della farmacia
è oggi purtroppo completamente scolorito, ma è ancora visibile
l’iscrizione: “Antica Spezieria all’insegna della Pigna. Fondata nel secolo
XIV”.
Vanto dell’antica spezieria erano le pillole della Zambotta, curatrice
bolognese: boli lassativi a base di rabarbaro, cascara, estratto molle di
genziana e polvere di liquerizia.
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, insegna in ferro battuto; in basso,
interno della farmacia con gli arredi originali, sec. XIX
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, il titolare della farmacia mentre
dispensa un farmaco
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, La Vergine Annunciata, Patrona della
Societas Aromatariorum, sec. XIX
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, preparati in polvere
In basso pag. 30,Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, “HIC
CLAUSA/ SERVANTUR PHARMACA/ INDUSTRIA CHEMICA/ PARATA” (“QUI RACCHIUSI/ SONO
CONSERVATI I FARMACI/ PREPARATI/ DALL’OPEROSITA’ CHIMICA”)
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, simbolo della pigna nell’ insegna in
ferro battuto
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, borchia per i messaggi destinati ai
medici
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria all’insegna della Pigna, principi attivi per preparazioni
galeniche: un presidio per i nostri bisnonni
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Farmacia San Paolo, già Antica Spezieria
all’insegna della Pigna, dall’alto, ingresso
della farmacia; particolare del soffitto; vasi
da farmacia; il fascino delle antiche alchimie:
“Sangue di drago e ononide spinosa”, 1805
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Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli quindi Farmacia della Carità, via San Felice 89,
36 particolare della lampada in bronzo, metà sec. XIX
FARMACIA TOSCHI
Via San Felice 89
In origine la farmacia Toschi era una spezieria fondata dallo speziale
Pietro Galli nella seconda metà del ‘700, come testimoniano le iniziali
“P.G.” dipinte sui vasi di maiolica esposti tuttora nelle scaffalature lignee
del locale. In seguito, la spezieria prese il nome “Farmacia della Carità”
essendo divenuta di proprietà dei frati della Carità.
Venne poi acquisita da Geltrude Conti, la quale, vedova di Leonardo
Toschi, farmacista di Dozza, dopo aver ceduto in locazione nel 1852 la
“Farmacia di Dozza”, si trasferì a Bologna. Qui il figlio, Achille Toschi,
divenne titolare della farmacia appena acquisita.
Ad Achille succedette, nella conduzione dell’attività , il figlio Tullio e,
in seguito Achille, fino ad arrivare al nipote Achille, titolare attuale,
coadiuvato dalle sorelle Tullia e Ilaria nella conservazione e nella
valorizzazione della farmacia antica.
La farmacia conserva tuttora gli originari arredi settecenteschi e un
pregevole corredo farmaceutico di 143 vasi di maiolica commissionati
dallo speziale Pietro Galli alla fabbrica di ceramiche dei fratelli viennesi
Finck, che all’epoca possedevano una fornace in via S.Felice, a poca
distanza dalla spezieria. In assenza di documenti specifici è possibile
proporre come datazione dei vasi della farmacia Toschi una data di
poco successiva al 1775, data dell’inizio dell’attività di Giuseppe Finck.
Il monogramma costituito dalle iniziali “P.G.” intrecciate sui vasi della
farmacia, in bella evidenza sopra il cartiglio con l’iscrizione del medicinale,
induce a pensare che il corredo fosse richiesto dallo speziale al momento
dell’apertura dell’esercizio.
I vasi furono realizzati a tre colori con la cottura a terzo fuoco e decorati
in rosso porpora, verde e bruno manganese su fondo bianco, con motivi
di serti vegetali e rose che incorniciano il cartiglio con le iniziali.
Nella farmacia si trovano inoltre pilloliere e caraffe, scatole in legno per
la conservazione delle erbe officinali, lampade a petrolio e a gas, mortai
in bronzo utilizzati per pestare droghe e ridurle in polvere. Uno di questi
mortai presenta un foro, provocato durante la Seconda Guerra Mondiale
da una scheggia di una bomba. In un contenitore si conserva la storica
teriaca, definita la “riparatrice di tutti i mali”; in uso fino ai primi anni del
XX secolo, il leggendario farmaco era preparato con centinaia di piante e
conteneva anche sangue di vipera. Oggi la teriaca odora di liquirizia.
All’interno della farmacia antica, separata attualmente dalla parte nuova
e commerciale, tre iscrizioni latine riportano le seguenti iscrizioni:Principiis obsta sero medicina paratur;Contra vim morbi dat medicamina
tellus; Contra vim mortis solo medela Deus.
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Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli quindi Farmacia della Carità, interno della farmacia con gli
arredi originali del XVIII secolo; in basso, verso il XXI secolo: il magazzino robotizzato
38
Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli quindi Farmacia della Carità, le farmaciste
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Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli quindi Farmacia della Carità, particolare della lampada in
bronzo, metà sec. XIX
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Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli quindi Farmacia della Carità, Manifattura Finck, vasi da
farmacia, post 1775
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Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli quindi Farmacia della Carità, “CONTRA VIM MORTIS/
SOLA MEDELA DEUS” (“CONTRO IL POTERE DELLA MORTE/ IL SOLO MEDICAMENTO E’ DIO”)
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Farmacia Toschi, già Spezieria Pietro Galli
quindi Farmacia della Carità, dall’alto,
interno della farmacia con vetrina,
scaffali e vasi; sostanze per preparazioni
galeniche; contenitore in legno; Madonna
con Bambino, particolare dell’arredo ligneo
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Farmacia Zarri, via Ugo Bassi 1, mortaio in ghisa, sec. XIX
FARMACIA ZARRI
Via Ugo Bassi 1
Il 12 marzo 1814 Luigi Cesare Barbieri, discendente diretto di un’antica
famiglia di “aromatari” trecenteschi che avevano bottega in Sant’Andrea
degli Ansaldi, fondò sotto i Portici della Gabella l’aristocratica farmacia
Zarri.
Agli inizi del ‘900, la farmacia passò al dott. Vanzini che diede impulso
alle preparazioni galeniche di laboratorio, frutto di un’aggiornata ricerca
scientifica, testimoniate, insieme ad altri documenti, dai listini conservati
in archivio, relativi a una quantità di medicinali, compresi quelli iniettabili.
Nella farmacia si vendevano farmaci famosissimi in tutta Italia, come
l’Elafron, un prodotto per migliorare le prestazioni dei cavalli da corsa,
il Kina nux, un liquore digestivo prodotto fino alla metà degli anni
Settanta, quando ne decadde il brevetto, preparato con 32 piante
esotiche secondo una ricetta dell’aromatario Giacomo Barbieri, che nel
1365 lo chiamò Aperiens amarus orientalis compositus.
La farmacia ha tuttora annesso un laboratorio per la preparazione dei
farmaci.
Nella sala sono esposti libri antichi e vasi da mostra di terraglia bianca
decorati con motivi vegetali a rilievo e anse, in forma di protomi egizie.
Particolare, quest’ultimo, che rimanda alle soluzioni analoghe adottate
dalla manifattura Aldrovandi e diffuse nella terraglia bolognese. Nel 1794,
infatti, il conte Carlo Filippo Aldrovandi Marescotti, seguendo l’esempio
del marchese Ghisilieri, fondatore della manifattura delle ceramiche di
Colle Ameno, aveva aperto all’interno del suo palazzo in via Galliera, oggi
noto come palazzo Aldrovandi Montanari, una manifattura di terraglie
ispirata ai modelli neoclassici inglesi di marca Wedgwood, ideati da
Robert Adam. Anche i vasi monocromi custoditi nell’attuale farmacia
Zarri, con il loro stile neoclassico, testimoniano il passaggio d’epoca tra
Settecento e Ottocento.
Sul bancone della sala vendita è esposta un’antica fontana-profumeria
in vetro e bronzo di fine Ottocento; qui veniva versata l’aromatica
”Acqua di Bologna”, un profumo del quale si è perduta la ricetta. I clienti
intingevano nell’acqua un fazzoletto e poi lo mettevano in tasca. Oggi
la fontana-profumeria fa ancora bella mostra di sé sul bancone, ma è
ovviamente vuota. Molto interessante è anche la farmacia portatile,
in mostra in una vetrina, costituita da una cassetta lignea originale
corredata di strumenti.
All’esterno c’è un’ insegna con l’iscrizione “Reale farmacia Zarri. Fondata
nel 1814” e l’elegante orologio con decori floreali in ferro battuto
realizzato da Alfredo Tartarini e riconducibile al gusto dell’Aemilia Ars, la
società di arte e di alto artigianato fondata da Alfonso Rubbiani.
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Farmacia Zarri, insegna in ferro battuto in stile Aemilia Ars, inizi sec. XX; in basso, interno con gli
arredi originali, primi decenni del sec. XIX
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Farmacia Zarri, farmacista collaboratrice intenta al controllo delle scadenze
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Farmacia Zarri, un esemplare del patrimonio librario della farmacia: la Farmacopea Universale di
Niccolò Lemery, 1720
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Farmacia Zarri, un carteggio della Casa di Sua Altezza Reale il Duca di Genova nell‘archivio della
farmacia; in basso, lettera autografa di Augusto Murri del 1888 conservata nell’archivio della
farmacia
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Farmacia Zarri, farmacia da viaggio, sec. XIX
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Farmacia Zarri, dall’alto, particolari della
fontana-profumeria in bronzo e vetro,
seconda metà sec. XIX; vasi da farmacia in
terraglia bianca; sostanze per preparazioni
galeniche
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Collegio dei medici <Bologna>, Antidotarium Bononiense novissime restitutum anno jubilaei MDCCL,
52 Bologna, Tipografia di Lelio Dalla Volpe, [1750], frontespizio
Laboratorio
galenico
Antidotarium bononiense a collegio medicorum
L’Antidotario è un prontuario per la corretta composizione dei medicamenti, ad
uso preciso dei farmacisti.
Questa ricetta della Teriaca risale ad una edizione del 1570, precedente a quella
del 1574, cui è legato il nome di Ulisse Aldrovandi.
Teriaca
La Teriaca o Triaca, dal greco antico theriaké, ovvero antidoto, oppure secondo
alcuni dal sanscrito tàraca dove tàr significa salva, è un preparato farmaceutico
dalle virtù ritenute miracolose di origine antichissima, capace di risolvere ogni
tipo di male. In origine il suo principale uso era quello di combattere i veleni e in
particolare i veleni iniettati per la morsicatura di “fiere velenose” come la vipera.
Ed è per questo che un’altra possibile etimologia del nome si può ritrovare
nel vocabolo greco therion, usato per definire la vipera e gli animali velenosi
in genere. La composizione, invece, deriva dal contravveleno “Mitridato”,
inventato dal re del Ponto Mitridate che, secondo la storia raccontata dagli
antichi medici romani, per combattere la paura ossessiva di essere avvelenato
assunse veleno fino all’assuefazione (mitridatismo). Spetta ad Andromaco il
Vecchio, medico di Nerone, il perfezionamento della ricetta del Mitridato al quale
pensò di aggiungere la carne di vipera poiché il suo uso avrebbe accresciuto
le virtù dell’antidoto. Nasceva così la Teriaca Magna o Teriaca di Andromaco.
La composizione subì nel tempo notevoli variazioni, ed il primo ad intervenire
con le sostituzioni fu il medico filosofo Avicenna che aggiunse tredici semplici
togliendone altri. Il suo successo fu universale ed esplose nel XVI secolo.
La ricetta
Varie sono state le ricette della Teriaca indicate da medici e speziali nei diversi
tempi, ma quella che fu individuata essere la vera ed unica di Andromaco il
Vecchio è quella descritta da Galeno il quale affidò al fisico Damocrate il compito
di trascriverla in versi giambici per mantenere giusta la proporzione delle dosi
di tutte le droghe semplici che vi entravano. Infatti in molte farmacopee del
XVI e XVII secolo, la preparazione è riportata come Teriaca di Damocrate. I
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sessanta componenti, tralasciando vino e miele, che in questo caso entrano nel
rimedio come eccipienti, sono divisi in sei gruppi di cui: il primo composto da un
elemento, il secondo da quattro, il terzo da otto, il quarto da sedici, il quinto da
ventiquattro e il sesto da otto.
La divisione in sei gruppi e il numero dei semplici si legava al peso di ogni singola
droga al fine di ottenere: per quattro gruppi il peso di una libbra per ognuno,
uno di mezza e uno della sesta parte della libbra che, sommato alla mezza libbra
e al peso del vino e del miele, che andavano aggiunti, avrebbe formato un’altra
libbra.
Prima di affrontare l’esame di alcune delle droghe semplici componenti la
Teriaca occorre ricordare che l’arte dello speziere prevedeva una conoscenza
dei tempi di raccolta delle droghe vegetali che avrebbero costituito le materie
prime per la preparazione galenica: radici, foglie, fiori, gomme e succhi dovevano
essere perfetti e freschi per essere trasformati. Ogni componente veniva
accuratamente scelto, diviso secondo “misura e sostanza”, lavato con grandi
quantità di acqua di fonte, attinta di fresco, eliminando ogni traccia di terra o
altre impurezze; steso all’ombra in ambienti ben aereati e lasciato seccare per il
tempo opportuno. Le parti molli, gomme e succhi, venivano filtrate per eliminare
le parti fecciose e per renderle più omogenee nel colore e nel sapore.
Particolarità di alcuni ingredienti della Teriaca
I trocisci (Trochiscorum Scilliticorum) avevano la funzione di mantenere inalterate
le proprietà dei principi attivi che li costituivano: quelli viperini erano formati
dall’impasto della carne della vipera bollita, impastata con pane grattuggiato,
quelli di scilla dalla droga vegetale impastata con farina d’ Orobo e quelli edicroi
da svariate droghe impastate. Tutti gli impasti venivano divisi in piccole porzioni
e modellati come sfere, quadrati o triangoli. Le virtù terapeutiche riguardavano i
dolori del corpo, la tosse cronicizzata, i vomiti e il trabocco di fiele.
Un altro mistero della ricetta è l’opobalsamo (xilobalsamo, carpobalsamo).
L’opobalsamo o Balsamo orientale fu descritto come virtuoso e sublime
ingrediente dai più importanti semplicisti come Dioscoride, Plinio e Prospero
Alpino. Molti credettero che la droga fosse costituita dalla gomma raccolta, per
incisione della corteccia, dalla pianta del balsamo, altri il prodotto che si otteneva
per decozione dei rami di una pianta che nasce e cresce in Perù (Balsamo del
Perù). Lo xilobalsamo e il carpobalsamo erano rispettivamente il legno della
pianta del balsamo e il frutto della medesima pianta. L’Oppio usato nella Teriaca
proveniva per la maggior parte da Tebe perchè la qualità era superiore a quella
dell’oppio turco. L’oppio tebaico era “denso, grave, amaro al gusto, sonnifero
nell’odorarlo, agevole da risolversi con l’acqua, bianco e liscio”.
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Gli studenti farmacisti al lavoro
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Collegio dei medici <Bologna>, Antidotarium Bononiense novissime restitutum anno jubilaei MDCCL,
56 Bologna, Tipografia di Lelio Dalla Volpe, [1750], composizione della Teriaca magna o Teriaca di
Andromaco, p. 1
TERIACA DI ANDROMACO
INGREDIENTI
pillole di scilla sei once
unguento odoroso di vipera
pepe lungo
oppio tebano
cinnamomo tre once
radice di rizoma di giaggiolo ilirico
rose rosse
balsamo
semi di budino (rapa) o di senape
parte superiore del camedrio scordio
agarico un’oncia e i semi
mirra
costo
croceo orientale
cassia lignea
lavanda
giunco
pepe nero
incenso
origano
fiordaliso
parte superiore del robbio
calamintha montana
semi di prezzemolo della macedonia
radice di pentafillo
zenzero
terebinthina cipria sei dracme
arte superiore del camedrio polio
chamaepityos
nardo celtico
amomo
lacrime stirace
meu atamantico
Sia fatta con un rito solenne nell’Archiginnasio dalla società dei farmacisti, davanti
a tutto il nostro collegio legittimamente convocato: a nessuno sia dato ordine di preparare la Triaca in privato.Si oppone ai morsi di animali velenosi, alla corruzione
degli umori e alla malignità, elimina l’alito pesante, mette in moto la digestione, fa
espellere il feto morto, placa i dolori, uccide i vermi, elimina il meteorismo, frena il
vomito e il reflusso, è di grande aiuto, se usata prudentemente, per il mal di testa, le
vertigini, paralisi, convulsioni, ostruzioni ventricolari, e molti altri problemi.Dosaggio da uno scrupolo ad una dracma.
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B
A
C
K
S
T
A
G
E
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Bibliografia
Carlo Pedrazzini, La farmacia storica ed artistica italiana, Milano 1934
Ezio Raimondi, Luigi Guicciardi, Cristoforo Masino, Per una storia della farmacia e
del farmacista in Italia. Emilia Romagna, Bologna, 1986, vol. 4
Gabriella Lippi, Spezierie e speziali. I corredi farmaceutici, l’Arte e l’Antidotario a
Bologna nel Settecento, in Da Giuseppe a Leopoldo Finck. Maioliche bolognesi del
Settecento (1764-1797), Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, 2000,
pp. 43-59
Patrizia Catellani, Viaggio tra le antiche farmacie storiche, Catalogo Cosmofarma
exibition, Bologna 2001
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Ars galenica a Bologna
Gli studenti del Galvani in 5 farmacie storiche
Mostra fotografica e Laboratorio galenico 1-14 febbraio 2014
Ordine dei Farmacisti - Via Garibaldi 3 - Bologna
Inaugurazione 1 febbraio 2014 ore 17
sabato e domenica 2, 8, 9 febbraio ore 17-20
3-7, 10-14 febbraio ore 9-12.30, 15.30-17 ingresso gratuito
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Bologna
Liceo Ginnasio Luigi Galvani
Centro Stampa Regione Emilia-Romagna
gennaio 2014
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Ars Galenica a Bologna