Anno 2 • • Copia omaggio "3."/*$0--&;*0/*r#"--"/5:/&r#-"6&3r#36/&--0$6$*/&--*r$0"45r$:$-&r%0/%61r'":r'*03&/5*/*#",&3r(05*r(6/&9 )0("/r*/$05&9r*5"-*"*/%&1&/%&/5r+"$0#$0)&/r+&$,&340/r+6$$"r-"."35*/"r."630(3*'0/*r.0/$-&3r/0-*5"r1"6-4.*5) 1*/,0r10-03"-1)-"63&/r3&1&550r4&&#:$)-0°r50%4 Numero 17 #SVOFMMP$VDJOFMMJ • Novembre 2010 1JB[[BMF'JMJQQPJM.BDFEPOFr$FOUSP$PNNFSDJBMFi-F5FSSB[[Fi 3PNB$BTBMQBMPDDPr5FMrGBY 7JB%BMNB[JBr$JBNQJOP3PNB r5FMrMMHTSM!ZBIPPJUrXXXCMVrCBTJDDPN Insider 2 3 Insider Editore Insider Srl Largo Messico, 15 - 00198 Roma +39 0698353089 direttore editoriale Mariela A. Gizzi [email protected] SO NO V M E M M BR ARIO E 2 0 1 0 direttore responsabile Francesca d’Aloja [email protected] AMMINISTRAZIONE Raimondo Cappa [email protected] redazione [email protected] Laura Pagnini (coordinamento) [email protected] In copertina Red Rocks Foto: Stefano Grasso progetto grafico e impaginazione Insider Srl [email protected] hanno collaborato Alberto M. Castagna Alessandra Vittoria Fanelli Alessandro Mei Angelo Troiani Antonella De Santis Antonella Pirolli Aura Gnerucci Carlo Calabresi Carlotta Miceli Picardi Enrico Tonali Fabrizio Lodi Francesco Mantica Giulia Laruffa Laura Mocci Luciano D’Abramo Maria Luisa Espanet Maria Laura Perilli Paolo Brandimarte Roberto Volterri Valentina Falcinelli stampa Fotolito Moggio [email protected] distribuzione Clodia Service +39 0695218700 [email protected] ANNO 2 - NUMERO 17 Periodicità mensile novembre 2010 LA pittura degli opposti arte grande freddo fashion 14 18 la riscossa delle piccole nautica roma golf open sport red rocks sport 26 30 34 marina ripa di meana intervista le corti del principe corsini vini milano design weekend design locanda dell’arte resort 8 Registrazione presso il Tribunale di Roma al n. 58/2009 del 25/2/2009 Iscrizione del marchio presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti è vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da: INSIDER Srl Ricerchiamo persone o aziende di elevata professionalità, specializzate nella vendita di spazi pubblicitari I candidati interessati come Agenti o Rappresentanti sono invitati a spedire il proprio curriculum vitae inviando una e-mail a [email protected] Area di lavoro: Roma, Viterbo, Rieti, Frosinone 48 74 82 Thanks to www.insidermagazine.it www.vanni.it www.palombini.it Via Veneto, 125 - Roma Via Natale del Grande, 4 - Roma Formello - Zona Industriale Via Cassia, 1801 (La Storta) - Roma Corso Italia, 68 - Viterbo Prenota lo spazio per la tua pubblicità 335 8023548 [email protected] Piazza della Balduina, 10 - Roma Olgiata Verde Shopping Plaza www.caffeschenardi.com Insider Itinerari 6 P P PALAZZO PICCOLOMINI Pienza, città ideale di Aura Gnerucci ienza, originariamente Corsignano, fu costruita per volere del principe umanista Silvio Enea Piccolomini, Papa Pio II, che al momento della sua ascesa al soglio pontificio, nel 1458, commissionò all’architetto fiorentino Bernardo Gambarelli, detto il Rossellino, il progetto di una nuova città, chiamata Pienza in suo onore. Prese così forma una delle prime realizzazioni di città ideale del Rinascimento, come concretizzazione architettonica della visione umanistica del mondo di Pio II. Il nucleo principale di Pienza è costituito dalla piazza, posta sul crinale della collina, in diretto dialogo col paesaggio, intorno alla quale trovano collocazione quattro importanti edifici, aventi ciascuno una facciata del tutto diversa dalle altre: il municipio, il Duomo, il palazzo del vescovo e quello della famiglia Piccolomini. La piazza, di forma trapezoidale e con le pareti degli edifici laterali divergenti, rimanda allo scenario di un palcoscenico, ed è caratterizzata da un impianto prospettico attentamente studiato, fruibile al meglio per chi giunge alla piazza dal lato del palazzo comunale; una prospettiva invertita riduce visivamente la distanza tra l’osservatore e la facciata della cattedrale così da farla sembrare più alta e più grande di quanto non lo sia in realtà; l’ombra meridiana della chiesa durante l’equinozio primaverile e autunnale rivela la vera grandezza della facciata andandosi a sovrapporre alla griglia modulare della pavimentazione, consistente in nove riquadri delineati da fasce in travertino. Nell’impianto della piazza, il Rossellino rimane legato al modello medievale della piazza cittadina, su cui si fronteggiano facciate compatte, diversamente dall’immagine del foro cinto da arcate, trasmessa da Vitruvio e ripresa da Alberti intorno al 1450 nel De re aedificatoria, primo grande trattato di architettura rinascimentale. Se nell’impianto della piazza è preferito il modello medievale, nello sviluppo del tema del palazzo residenziale, possiamo ritrovare a Palazzo Piccolomini gran parte delle conquiste fatte negli anni precedenti a opera di Brunelleschi e Alberti. Quando nel primo Quattrocento l’antico cominciò ad assurgere a modello incontrastato, si cercò di trasferire gli antichi princìpi strutturali e compositivi anche all’edilizia civile, confrontandosi con la sfida di adattare le altezze dei piani e le campate alle regole dell’antico ordine e di raggruppare gli ambienti dalle dimensioni più svariate all’interno di un corpo compatto e completamente simmetrico. Sebbene progettasse un palazzo per un papa, Rossellino si allacciò sia nelle dimensioni, che nella disposizione interna ai palazzi patrizi fiorentini, con chiari riferimenti formali a Palazzo Rucellai di Alberti. Cuore del palazzo è la corte interna, dalla quale si accede sia al giardino che ai piani superiori. Al primo piano è situato l’appartamento nobile, i cui ambienti sono ancora arredati con mobili d’epoca, quadri e suppellettili. L’architetto riesce a coniugare sui tre piani il bugnato, residuo della mentalità fortificatoria, con ordini completi di paraste, sviluppando simmetricamente tre lati del corpo di fabbrica, attraverso l’espediente di porte e finestre finte. La Collocatio, ritenuta da Alberti una delle tre qualità che concorrono per arrivare alla Concinnitas, intesa come un insieme armonico ben strutturato, è particolarmente importante a Pienza, dove, la disposizione planimetrica della piazza e l’orientamento del palazzo sono stati determinati per permettere a Pio II la vista dell’incantevole paesaggio toscano della Val d’Orcia e del monte Amiata, verso cui il palazzo si apre con un inedito prospetto caratterizzato da tre ordini di portici. Il rapporto con la natura, fondamentale tema architettonico, continua attraverso il giardino di forma quadrata che si protende, sostenuto da sostruzioni su due piani, verso la valle; si tratta di uno dei primi giardini pensili del Rinascimento. Il palazzo è stato abitato dalla famiglia Piccolomini fino al 1962, anno in cui la proprietà passò per testamento all’Ente morale di Siena Società di Esecutori di Pie Disposizioni ◆ Foto: www.palazzopiccolominipienza.it La Stanza degli Angeli affresco di Giuliano Collina L L LOCANDA DELL’ARTE, un percorso tra arte, poesia e… bacco Situata su un crinale della collina che si affaccia sul borgo di Solonghello nel Basso Monferrato la Locanda dell’Arte è un resort dove l’ospitalità è servita ad arte di Alessandra Vittoria Fanelli - Photo credits Emanuela Cerri, Nino Lo Duca, Richard Kust a Locanda dell’Arte, una grande manor house nobiliare le cui fondamenta furono gettate nel XV secolo, venne ampliata e ristrutturata nella seconda metà dell’Ottocento dal famoso architetto e progettista Antonelli che firmò la Mole di Torino da cui prese il nome. La proprietà adiacente, anch’essa sorta come abitazione nobiliare nel 1898 fu donata dall’allora proprietario, l’avvocato Manacorda, ad una congregazione di suore che la adibirono ad asilo per l’infanzia rimasto attivo fino agli anni Ottanta. Gli edifici e i terreni annessi vennero poi acquistati da un gruppo di amici milanesi innamorati dal fascino del luogo, perfetto per la villeggiatura con i bambini. Solo nel 2007 la struttura originaria del palazzo Manacorda fu trasformata in un resort dove lo spazio è un viaggio tra poesia, parole e arte. Punto di forza della Locanda dell’Arte è l’ospitalità gestita in modo cordiale e affabile della ‘padrona di casa’ Maria Sormani, nota collezionista d’arte, che ha personalmente guidato l’attenta ristrutturazione dell’antico edificio, arredando con gusto raffinato tutti gli ambienti. La Locanda dell’Arte dispone di quindici appartamenti affacciati sulla corte interna come una sorta di piazza contornata da un loggiato che delinea il perimetro dell’hotel. Alcuni direttamente, altri ai piani superiori, cui si accede da suggestivi scaloni. Tutti gli ambienti, sale e camere, sono arredati ‘a tema’ con opere e sculture di alcuni tra i massimi artisti dell’arte contemporanea quali Picasso, Calder, Pistoletto, Chagall e Paladino: praticamente ogni spazio è una piccola galleria d’arte che l’ospite può scegliere a seconda del proprio interesse artistico. 11 Le cantine settecentesche della Locanda dell’Arte invece sono state adibite a galleria espositiva per mostre di arte temporanee ma anche attrezzata per ospitare eventi culturali come il festival Internazionale di Musica Classica ‘Bacco & Bach’ svoltosi a fine luglio dove agli ospiti, oltre ad ascoltare un concerto principalmente dedicato a Bach, interpretato con maestria dai violinisti russi Albert e Marina Markov e dal Binyamin Quartet, fu offerta la degustazione di un bicchiere di Barbera della Cantina Iuli, noti viticoltori del Monferrato. Sempre nelle cantine sono stati ricavati degli spazi dedicati al benessere: un centro wellness con piscina riscaldata al coperto sapientemente illuminata da un controsoffitto realizzato da grandi vetrate trasparenti da dove, nelle giornate estive, filtrano i raggi di sole mentre ora ad autunno inoltrato viene irradiata una luce più morbida. A lato della piscina si trova una vasca di idromassaggio e uno spazio dedicato alla sauna finlandese e al bagno turco: un percorso per ritrovare il benessere e reintegrare la forma fisica dopo una passeggiata a piedi, una gita in bicicletta o, per i più sportivi, una cavalcata a cavallo tra le brume delle colline incontaminate del Monferrato. La sala riservata alla prima colazione è sottolineata da opere ispirate al tema della tavola e del convivio. Un ampio salone con veranda, illuminato ai quattro lati che si aprono sul belvedere della Valle Cerrina, è invece destinato per banchetti e pranzi d’affari. Un altro salotto con terrazzo permette agli ospiti di godere di una vista particolarmente affascinante e, con il camino sempre acceso nelle giornate autunnali, possono chiacchierare tra loro, leggere e sfogliare preziosi libri d’arte e farsi coccolare da un bonet, tipico dolce della zona. Parlare di gastronomia alla Locanda dell’Arte è ancora un’opera d’arte: la tipica cucina del Monferrato incanta per la sua semplicità ma il vero pregio sono i piatti preparati dal prezioso tartufo bianco soprattutto in questo periodo di massimo raccolto. Un tubero profumato che pervade tutto il territorio e che fino a dicembre si può acquistare nelle tipiche fiere locali dei paesi vicini quali Moncalvo e Murisengo, o nella ‘capitale’ del territorio, Casale Monferrato. In queste terre che ricordano anche i romanzi intrisi di stranianti soavità di Cesare Pavese o i valori del Novecento italiano di Beppe Fenoglio, un altro evento culturale rende unico il soggiorno alla Locanda dell’Arte: la mostra di una collezione di Solonke russe, un’eccezionale raccolta di antiche saliere russe a forma di sedia o tronetto, frutto di una ricerca durata 30 anni che ha appassionato Maria Sormani. Questi pezzi unici in argento, vermeil, smalti champlevé e cloisonné porcellana, legno e altri materiali, rari e pregiati esemplari dell’artigianato e dell’arte orafa russa realizzati nella Russia tra il XIX e il XX secolo, sono in esposizione, con il patrocinio della Fondazione ‘Centro per lo sviluppo dei rapporti Italia-Russia’, alla Locanda dell’Arte fino alla prossima estate (chiusa dal 7 gennaio fino al 12 febbraio 2011). Cultura russa, gastronomia italiana è il binomio perfetto dell’ospitalità della Locanda dell’Arte: nomen omen, è il ‘destino del nome’, appunto, di questo albergo a quattro stelle che è anche ‘una casa’ dove si è accolti con cordialità e dove la cultura è in armonia con la bellezza naturale del borgo ◆ Insider Insider Luxury 12 Tradizione e contemporaneità La grande arte orafa si rinnova e conquista una nuova concezione della gioielleria: classica, dinamica, contemporanea Cosa rende speciali i vostri gioielli? Ci piace pensare di dare ai nostri clienti i gioielli dei loro sogni, quelli che sentono loro e li fanno stare bene. Parlando possiamo capire il carattere e i desideri delle persone: così ognuno viene coinvolto nel processo creativo, per progettare pezzi ricchi di personalità, che sappiano incarnare fantasie e impulsi di chi li indosserà. Trasformiamo l’idea in gioiello direttamente nel nostro laboratorio secondo le tecniche artigianali più raffinate, saltando inutili passaggi commerciali. Siamo alla terza generazione di orafi, e la grande tradizione di quest’arte è alla base di ogni nostra creazione. Da cosa si riconosce un vostro gioiello? La qualità delle pietre, l’originalità delle linee e dei dettagli, la cura appassionata per la lavorazione e la finitura, persino nelle parti nascoste: piccoli particolari che fanno la differenza. Parliamo della vostra collezione Ogni anno presentiamo una collezione con pezzi unici e pezzi in edizione limitata. Le ispirazioni sono ovunque, spesso nell’esigenza di valorizzare delle pietre, anche portate da un cliente, o nelle scelta di tonalità che incontrino l’andamento della moda, puntando su oggetti sempre eleganti, originali e raffinati: classici di oggi e senza tempo. Quale è la proposta di quest’anno? Ci sono diverse suggestioni: la linea Smarties, con pietre tonde di taglio Briolè in diversi colori, o i Double, di grande successo, anelli importanti ma facili da indossare, in diversi abbinamenti di colore ton sur ton. Ci sono poi gli anelli/sigillo della Logo Collection, dalla linea classica caratterizzata dal nostro simbolo impreziosito da un pavè di brillanti, o la Pink Collection nei toni del rosa e del violetto con opale rosa e rotolite, dai toni caldi e brillanti. Cosa si trova da voi? Gioielli in grado di dare un’emozione, da vivere e amare. Chi viene sa di trovare sempre qualcosa di nuovo, tutti i pezzi possono essere modificati per trovare il gioiello più adatto a un’occasione o a un abito. Nelle schede cliente indichiamo l’esatta posizione dei fori per gli orecchini perché siano perfettamente allineati, o la misura delle dita, per far sì che il gioiello e la persona siano valorizzati al massimo, cercando la proporzione più adatta, il colore e la linea che meglio sposano le caratteristiche di ognuno. Nulla è più gratificante di un gioiello che rappresenta la personalità di chi lo indossa ◆ A.D.S. [email protected] C C astaldi ormai da molti anni propone gioielli d’eccezione, e festeggia con uno spazio rinnovato e ampliato. Uno show room in raffinate tonalità di grigio, che ha accolto amici e clienti in una festa d’inaugurazione elegante e originale, un evento che ha animato e sorpreso un angolo della via creando una continuità con la nuova veste del negozio. Qui tra la musica di un clarinetto e il tocco delicato di un mimo, ogni donna è stata omaggiata di un fiore e di gentili attenzioni, mentre la festa proseguiva con brindisi benauguranti e modelle sfilavano tra gli ospiti indossando parure da capogiro, tempestate di pietre preziose dalle inequivocabili caratteristiche della maison. Un momento di saluto e di festa da condividere con chi da anni segue Gianluca Castaldi nel suo lavoro. Via Chiana, 55a/55b - 00198 Roma - Tel. +39 068841937 w w w . c a s t a l d i g i o i e l l i . i t Insider Arte 14 15 LA PITTURA DEGLI OPPOSTI Irene Malish, una tecnica che calibra toni caldi e freddi tra loro contrapposti A di Maria Laura Perilli A lungo il tema prevalente delle opere di Irene Malish, giovane artista russa che da anni vive e lavora a Roma, ha riguardato il volto femminile in primo piano. La sua pittura sembrava mossa prevalentemente da una volontà di introspezione della psicologia femminile, sottolineata da un uso del colore dato con ampie spatolature capaci di ‘calibrare toni caldi e freddi tra loro contrapposti, così da produrre contrasti luministici e chiaroscurali’. Una pittura materica ricca di graffiature, crettature che, in sinergia con lumeggiature di grande impatto visivo, costituivano l’identificabilità del mondo artistico della Malish. Il suo obiettivo era ‘avvicinarsi il più possibile all’anima della donna, nella ricerca profonda della sua identità emozionale ed espressiva’. I volti di quelle donne rispondevano, come diceva Moravia a ‘un nodo di pensieri e di sentimenti confusi e fuggitivi’. Nella serie ‘Kiss and Love’ l’artista affrontava, invece, il problema della coppia colta nelle due singole unità; il volto maschile e femminile venivano trattati, infatti, su tele distinte poi affiancate all’atto dell’esposizione. Quel tempo è trascorso, oggi la coppia è rappresentata su di una unica tela, quasi fosse una terza identità. Il nuovo soggetto è due anime che palpitano all’unisono, in perfetta sincronia sino alla fusione del semplice respiro. Pennellate ancor più materiche, sviluppate secondo linee curve e sinuose, si innestano come fluidi, ricercandosi per la totale integrazione. Ne emerge una visione della coppia antitetica all’odierno disagio di molte unioni dove, spesso, regnano sovrane incomunicabilità ed egoismo. Questo a conferma di quanto ebbe a dire di questa artista il pittore Luciano Beccarla: ‘... estrae dalla padronanza della forma l’ambiguo gioco dell’arte, mirando a sottolineare come l’apparenza dell’immagine non sia altro che la drammatica verità del quotidiano’. Un modo di fare pittura, quello della Malish, che risente fortemente anche dei suoi pregressi studi di architettura; le sue figure, infatti, sembrano seguire le linee segrete di un campo geometrico, una sorta di impalcatura determinante per il loro orientamento. Sono volti sospesi che non concludendosi mai in se stessi, con le loro dinamiche disposizioni, trasmettono un profondo senso del non finito. È così che l’osservatore viene coinvolto dall’artista in un percorso che è quasi una sorta di sfida alla ricerca del superamento dei limiti stessi della tela. Tutto questo grazie anche a un sapiente dosaggio del colore che, evocando un linguaggio espressionista, trasmette ‘sogni, rimembranze, nostalgie misteriose e impenetrabili magie: le magie della sua terra, di cui la Malish rincorre le infinite distese’ ◆ Insider MUSEO DEL CAPPELLO BORSALINO I I di Alessandra Vittoria Fanelli naugurato ufficialmente nel 2006 per volere del Comune di Alessandria e della Borsalino, storica azienda manifatturiera di cappelli che ha saputo trasformarsi da impresa artigianale a industria del primo Novecento, fino ai fasti degli anni Venti e Trenta e ai successi internazionali degli anni Sessanta, il Museo del Cappello di Borsalino racconta la complessità e la storia del cappellificio che si intrecciò, sin dai suoi esordi nel 1857, con la città di Alessandria. Infatti, attraverso la visita del Museo, ospitato nella vecchia Sala Campioni della ex palazzina uffici del Palazzo Borsalino, situata in via Cavour 84, è possibile conoscere la lunga storia di eleganza e della qualità piemontese del cappellificio che ha scandito, nel corso di 150 anni, la metamorfosi della città di Alessandria verso l’industrializzazione. Palazzo Borsalino, ora sede del museo, fu progettato dall’ingegnere Arnaldo Gardella e realizzato tra il 1925 e il 1926. Una sessantina di anni più tardi l’architetto Ignazio Gardella, figlio di Arnaldo, famoso per essere stato il fondatore del Razionalismo Italiano, fece un radicale intervento di trasformazione e di riqualificazione dell’edificio. Il museo, il cui allestimento è stato curato dallo studio Masoero-Tondo Architetti Associati, è interamente dedicato al cappello, all’azienda e alle relazioni tra la città e la fabbrica. L’allestimento propone un percorso circolare e tematico, che approfondisce i diversi aspetti del cappello Borsalino attraverso un video introduttivo che scandisce le diverse sezioni: la storia della fabbrica, le diverse fasi produttive del copricapo, le evoluzioni del costume e della moda, gli sviluppi Sede Borsalino foto Farabola 1957 contemporanei dell’azienda e del prodotto. Campioni colore, forme di legno, le classiche cappelliere Borsalino, i carrellini porta cappelli, sono ulteriori elementi che raccontano il patrimonio estetico e culturale dell’azienda. Tre postazioni multimediali ospitano informazioni di tipo storico e culturale: dalle fotografie di moda provenienti dalla Fototeca civica di Alessandria, ai video del museo sino alle testimonianze dei protagonisti della Borsalino. Il Museo organizza anche mostre temporanee, eventi e pubblicazioni dedicati alla valorizzazione della storia Borsalino, alla promozione della cultura d’impresa e dei fenomeni artistici, di costume e di moda della cultura contemporanea. Inoltre svolge attività di didattica e di ricerca, visite guidate per scolaresche, per privati ed esperti del settore ◆ Info: www.cultural.it Piazza del Parlamento, 8 - 00186 Roma Tel\fax +39 0668192661 - Cell +39 3927883245 [email protected] - www.sartoria-al-corso.roma.it Grande freddo, la moda scende in campo Gabriele Congelo Wunderkind Wunderkind di Luisa Espanet Jo no fui Louis Vuitton Wunderkind Custo Barcelona Costume National Louis Vuitton L TRUE LOVE shop L e previsioni dicono che sarà l’inverno più freddo dell’ultimo millennio. Si parla di guardaroba interstagionale dove il cotone è il leader indiscusso, si buttano le calze alle ortiche, ma si abusa di stivali e scarponcini per andare in spiaggia e ci si avvolge in sciarponi di quadruplo cashmere già ai primi di settembre. Una cosa però è certa: i capi antifreddo continuano a essere previsti nelle collezioni degli stilisti e di conseguenza nei guardaroba. Il cappotto è sempre in auge per la donna. Si punta sui tagli “geometrici”, vedi Calvin Klein e Jil Sander, ma si guarda anche agli anni Cinquanta, alle forme sacco e trapezio, o ai modelli avvitati e asciutti. Per i materiali si va dal mohair, all’angora, al bouclé più “tridimensionale”, come per il cappotto di Miss Sixty, ai tessuti in filati preziosi, leggeri e caldi. Come il cammello dei modelli diritti e minimali di Celine, o il beaver di lana e cashmere dell’avvolgente doppiopetto 101801 di Max Mara, creato nel 1981 e diventato un assoluto-evergreen. Da questa stagione, tra l’altro, è possibile farlo personalizzare con il proprio nome o le iniziali. Louis Vuitton preferisce i modelli aderenti, doppiopetto e non, in lana grossa oppure sottile, piuttosto che in montone trattato come velluto a coste, o in pelle con bottoni di visone, da indossare sopra la gonna godet più lunga. La vita segnata si afferma come un punto forte, tanto da essere prevista perfino nei piumini, sempre più “couture”. Da quelli di Moncler Gamme Rouge disegnati da Giambattista Valli a quelli di Ermanno Scervino con inserti di volpe o mongolia, passamanerie importanti, colli in vernice, chiusura con alamari, maniche a corolla. Inserti e colli di pelo, anche per gli sportivi piumini di Canadiens. La pelliccia,nonostante le campagne degli animalisti, continua a essere presente, sempre più rivista, semplicizzata, trattata come un tessuto. E le collezioni di Gabriele Colangelo, nuovo enfant prodige della moda ne sono una testimonianza. Spesso la pelliccia è intramezzata con altri materiali come da Custo Barcelona o da Jo no fui, intervallata da pelle borchiata, must di stagione. Alle volte è ecologica, alle volte è talmente trasformata da diventare irriconoscibile. Sempre sulla cresta dell’onda il trench. Lo propone sofisticato Gucci, nel classico panno blu navy Marina Yachting. Tra i più d’effetto quelli di Burberry dove il geniale Christopher Bailey li disegna partendo da un dettaglio dei pezziforte della tradizione. Così i due modelli della capsule collection Winter Storm. Con ruolo di comparsa, a cui dedicare però molti flash, la mantella. Da quella in candido montone chiusa da una fibbia gioiello di Phoebe Philo per Celine, a quella con apertura doppiopetto e taglio militare di Alberto Biani, fino alle intriganti proposte etniche di Wunderkind. Camicia Aglini Salopette Dondup Cardigan Paolo Pecora Milano Camicia Aglini Pantalone M.Grifoni Scarpa Donna Palladium Giubbino Pelle Gold Bunny Camicia Aglini Pantalone Grifoni Abito Mina Uk Cappotto Poems Abito Aglini Scarpa Uomo Red Wing Cardigan Paolo Pecora Milano Camicia Aglini Jeans Dondup Scarpa Fred Perry VIA SEGGIANO 33/35, CAP.00139 ROMA - TEL.06 8103711 - E-MAIL: [email protected] PAGINA FACEBOOK: HTTP://WWW.FACEBOOK.COM/PAGES/ROME-ITALY/TRUE-LOVE-SHOP/137408512950577 uomo 23 Louis Vuitton Louis Vuitton D D ato il grande ritorno del vestire chic e dell’uomo probabile, inevitabile che la moda maschile recuperasse il cappotto un po’ sparito per lasciar posto a giubbotti, giacconi, car coat e dintorni. L’offerta è quanto mai variegata, si va dal cappotto cammello iperclassico doppiopetto a quello più aderente in lana grigia o blu. Lardini recupera, attualizzandolo, il modello Chesterfield in tessuto pied-de-poule, doppiopetto con ampi revers e collettino di velluto. Louis Vuitton realizza in nappa nera il classico cappotto diritto e rinnova il grigio con una stampa scozzese sulle spalle. Non mancano ovviamente le proposte più sportive. Dai giubbotti-piumini di varie modellature come quelli di Bomboogie ai caban e ai pickot di Marina Yachting, ai trench di Burberry, Versace, Emporio Armani. Nanibon rivede il montgomery in maglia, mentre Wunderkind e Louis Vuitton rinnovano il montone. Il primo è pluritascato con cintura, da cacciatore canadese in colore naturale, il secondo è un car coat nero con cappuccio e larghi revers ◆ Burberry Lardini 22 Wunderkind Insider Fashion Insider Fashion Insider Home style 24 25 N U O VA A P E R T U R A U U na lunga esperienza nel mondo dell’arredo e dei complementi per la casa, il desiderio di un’esperienza nuova e l’attività di oggi: incontriamo Paola Casadei nel suo store nel quartiere Flaminio. Una nuova attività: come nasce? “Dopo 25 anni alla guida di un grande negozio in centro ho sentito l’esigenza di qualcosa di diverso. Volevo occuparmi di distribuzione di alcuni marchi che mi piacciono e in cui credo davvero. Mentre cercavo un ufficio per la mia attività, sono come inciampata in questo spazio. Un locale raccolto, con l’atmosfera giusta. Un luogo che sento vicino al mio spirito, dove poter seguire in modo personale chi entra”. Lo store ha un aspetto vissuto, un’atmosfera calda e informale. “Questo è lo stile che mi piace. Guardo alle case del nord Europa, alle atmosfere originali delle abitazioni di campagna che si incontrano lassù. I prodotti che ho scelto, in esclusiva per l’Italia, hanno questo profilo. Ci sono per esempio i tavoli in legno antico, prodotti da Hoffz, che ricordano proprio quelli delle case di un tempo: linea semplice e pulita, la loro forza è nel materiale vissuto, fatto tornare a nuova vita. Il legno è il materiale dominante, nella sua espressione più vera: legni antichi riutilizzati per mobili di nuova produzione o pezzi unici originali d’epoca. Ci sono le lampade dalla linea retrò, inconsuete in legno dipinto, da terra o da tavolo, o lampadari molto caldi, non mancano divani e poltrone, anch’essi dalla linea semplice rivestiti in lino o cotone, accoglienti, intimi. Molto d’atmosfera. Perfetti per una seconda casa, o per rinnovare un appartamento con piccoli inserimenti”. Come far convivere questi arredi con una casa più cittadina? “Ci son pezzi assolutamente versatili, altri che possono equilibrare un arredo di design un po’ algido, altri ancora sono piccoli accessori e complementi d’arredo come vassoi in legno o brocche antiche. Sono innanzitutto una decoratrice d’interni, ho seguito ristrutturazioni e fatto consulenze per case e alberghi. Per questo riesco a seguire i clienti nella scelta, consigliare soluzioni d’arredo, dare spunti e proporre idee e per questo ho voluto inserire anche delle vernici, anch’esse molto particolari, in grado di dare atmosfere nuove e magari creare un angolo speciale. Sono vernici a base minerale e calce, quindi ecologiche, con una mano coprente e irregolare in colori molto caldi: prugna, sabbia, grigio scuro, sempre prodotte da Hoffz. Accanto a queste, altre dal risultato più compatto, di Toiles de Mayenne, un marchio che abbiamo scelto anche per i tessuti d’arredo, con una vasta gamma di varianti: cotoni, lini, tinta unita o righe dal gusto francese, fantasie molto chic”. Per chi volesse solo cercare un dettaglio? “C’è la biancheria di Lexington, di ispirazione New England, un country “evoluto” molto informale. Oppure quella di lino organico easy care: copripiumini morbidissimi, lenzuola, tende. Colori sfumati e caldi, tessuti stropicciati molto confortevoli, raffinati e informali. Poi basta guardarsi intorno: ovunque ci sono oggetti in stile, per una nota originale e calda a ogni ambiente” ◆ A.D.S. Via Donatello, 65B - 00196 Roma Tel. +39 06 3219913 - [email protected] www.casadeihomestyle.com Insider Insider Nautica 26 27 Nautica, la riscossa delle “piccole” Comar Comet 26 di Alessandro Mei Sly 48 M M eno visitatori e meno barche esposte hanno caratterizzato la cinquantesima edizione del Salone Nautico Internazionale di Genova. A pesare sulla fiera nautica è stato il tempo che si è abbattuto nei primi giorni di apertura sul ponente ligure. La crisi, sicuramente, ha fatto la sua parte, ma ad aggirarsi in banchina ad ammirare e studiare con attenzione le imbarcazioni esposte sono stati meno curiosi e più amanti del mare desiderosi di acquistare una barca. Un pubblico “scelto”, interessato, che ha evidenziato una voglia di ripresa della nautica. First 30 Nel settore della vela, gli scafi di dimensioni contenute sono quelli che più hanno catturato l’attenzione. A cominciare dal Comet 26, un cruiser veloce e compatto lungo poco più di 7,5 metri, ideale per chi per la prima volta desideri avvicinarsi al mondo del diporto, ma adatto anche per quelli che non disdegnano la vela agonistica. Il cantiere romano, dopo aver sbalordito con il Comet 21, imbarcazione di poco più di sei metri pensata per le uscite giornaliere e le regate in monotipo, ha affidato al designer Sergio Lupoli il disegno di un modello con cuccette, cucina e bagno per chi vuole trascorrere anche il fine settimana in barca. Sulle stesse rive del fiume Tevere è nato l’NM38 del cantiere Nautilus Marina che sta portando avanti con ottimi risultati la sua collaborazione con l’architetto Maurizio Cossutti. L’entry level della famiglia Stillitano presentato a Genova prevedeva un allestimento crociera, con tutti i comfort indispensabili per chi vuole allontanarsi dalla costa. Il colosso Beneteau ha invece mostrato al pubblico italiano il First 30 che per la prima volta ha coinvolto il progettista Juan Kouyoumdjian, conosciuto per le sue “creazioni” da regata realizzate per la Volvo Ocean Race, il giro del mondo effettuato con bolidi da 70 piedi (23 metri). Lo scafo, con la poppa molto larga che si stringe a prua ottenendo una barca stabile che taglia l’onda, ha degli ambienti sottocoperta che fanno invidia anche a modelli di lunghezza superiore. Alle linee d’acqua di un progettista di successo aggiungiamo la messa a punto tecnica del francese Michel Desjoyeaux, uno dei marinai più titolati al mondo, per ottenere un’imbarcazione per la crociera veloce davvero divertente. Non è da meno l’Azuree 33, un open da crociera disegnato da Giovanni Ceccarelli che mantiene la filosofia del più grande 40 piedi pensato per le lunghe navigazioni. Se il panorama delle “piccole” ha offerto diversi nuovi spunti, non sono mancate le novità anche fra le imbarcazioni di taglia maggiore. Fra queste merita lo Sly 48, un altro esemplare dello stile italiano che si presenta con numerosi soluzioni per una più ampia personalizzazione, indicata per chi non ha grossi problemi di portafoglio. Altrettanto si può dire per i molti esemplari di yacht a motore esposti nella marina di Genova. Il cantiere romano Canados ha fatto bella figura con il suo 86 piedi (oltre 26 metri di lunghezza) dalle linee slanciate e una sovrastruttura che consente di avere spazi esagerati. Insider Nautica Canados 86 Prestige 350 Prestige 350 Anche Roma punta sul mare con il Big Blu Particolare è il fly, sgombro da tender e ostacoli, adatto per chi ama vivere all’aperto. Quattro le cabine per gli ospiti a cui si va ad aggiungere una zona equipaggio all’estremità di prua. Il marchio italiano Ferretti ha invece presentato in anteprima mondiale il Ferretti 500, una rivisitazione del 470 con cui il cantiere ha introdotto delle soluzioni tecnologiche innovative, frutto del lavoro del team Ricerca e progettazione navale. Più alla portata è il Prestige 350 esposto dal cantiere francese Jeanneau, con un motore entrofuoribordo dall’eccezionale resa e degli ambienti interni ed esterni davvero confortevoli. Interni dallo stile minimal, ampi spazi e fly arioso a cui si aggiunge un’affascinante cabina armatoriale con “vista mare”, una seconda cabina con due posti letto convertibile a matrimoniale e un gavone di prua con doccia separata, cambusa e salone con ampia seduta ◆ Chi non ha avuto occasione di ammirare le barche in acqua nella darsena di Genova potrà rifarsi visitando i 14 padiglioni della Nuova Fiera di Roma che dal 19 al 27 febbraio andranno a creare una vera e propria proiezione della Capitale sul mare. Non sarà un appuntamento dove poter ammirare i nuovi modelli di imbarcazioni a vela o a motore che offre il mercato, ma sarà un vero e proprio contenitore di appuntamenti e attività legate all’acqua. L’esposizione, infatti, raggruppa in un unico evento fieristico tutto il meglio della pesca sportiva, del mondo della fotografie e dell’immagine sottomarina, oltre a proporre un’ampia finestra sulle imbarcazioni pneumatiche, quelle a motore e quelle a vela. Si aggiungeranno poi attività dimostrative proposte dalla Federazione Italiana Vela per chi vuole avvicinarsi agli sport velici, con un concorso di disegno per gli studenti delle scuole del Lazio e un fitto programma di incontri con i più grandi velisti italiani. Non mancheranno le attività della sezione di salvamento della Federazione Italiana Nuoto e quelle promosse dalla Federazione Italiana Motonautica. L’offerta dell’edizione 2011 sarà completata dalla presenza di un padiglione interamente dedicato al mondo delle attività outdoor. Informazioni: www.big-blu.it Insider Sport 30 31 ALL’OLGIATA GOLF CLUB IN SCENA IL ROMA GOLF OPEN 2010 Joel Sjoholm Sulla scia dei successi italiani ottenuti dai fratelli Molinari nella Ryder Cup, Roma e l’Olgiata Golf Club sono tornati ad ospitare il grande golf internazionale con la seconda edizione del Roma Golf Open, torneo del Challenge Tour europeo che si è svolto da mercoledì 13 a sabato 16 ottobre O rmai mania collettiva”, diceva il presidente della Federazione Italiana Golf Franco Chimenti nel corso della presentazione del Roma Golf Open 2010. A giochi ormai fatti, è giusto riconoscere che, sulla spinta dei trionfi della Ryder Cup, il golf italiano sta raggiungendo dei risultati fino a poco tempo fa inimmaginabili, celebrati anche dal golf internazionale. Non si spiegherebbe altrimenti lo straordinario successo di pubblico del Roma Golf Open, una quattro giorni intensa e piacevole che ha visto trionfare, in un piovoso sabato di metà ottobre, Andreas Harto con 265 colpi (66 65 65 69). Il 21enne danese, dopo aver concluso le 72 buche regolamentari alla pari con il 25enne svedese Joel Sjoholm (68 65 67 65), lo ha superato con un birdie alla prima buca di spareggio. Si sono classificati al terzo posto con 270 lo svedese Steven Jeppesen e gli inglesi Matt Haines e Andrew Marshall, al sesto con 271 lo svizzero Julien Clement e lo spagnolo Carlos Del Moral e all’ottavo con 272 nove concorrenti tra i quali l’australiano Daniel Gaunt, l’inglese Stuart Davis e il francese Michael Lorenzo Vera. Primo degli italiani Marco Crespi, 17° con 273 (69 64 69 71), che nel finale non ha mantenuto la brillantezza dei giri precedenti. Harto, che ad agosto aveva vinto il Tour Championship nello status di dilettante, ora si è reso protagonista di una vera chicca, avendo ottenuto due successi nel Challenge Tour nello stesso anno in due categorie diverse. A poche buche dalla fine sembrava avere già il titolo in tasca con tre colpi di vantaggio, ma Sjoholm è rinvenuto addirittura con due eagle e poi ha guadagnato lo spareggio su un putt sfortunato del danese, con palla che gli si è fermata proprio sul bordo della buca per il bogey. Nel supplemento di gara però Harto ha piantato la palla in bandiera con il secondo colpo e per lo svedese non c’è stato nulla da fare. Nel corso del Roma Golf Open 2010 presented by Rezza gli spettatori, (per i quali l’ingresso era gratuito) sono stati accolti nel Club Pilsner Urquell 19ª Buca, dove è stato allestito l’Aperitivo Pilsner a scopo benefico. L’incasso delle birre vendute è stato infatti devoluto a favore di “Un birdie per la vita”, associazione Onlus senza fini di lucro, che raccoglie fondi per la realizzazione di progetti umanitari. Il pubblico ha anche potuto provare il simulatore golf Nintendo Wii e partecipare al concorso “Vinci la Leggenda”, che ha messo in palio tra i partecipanti un viaggio per due persone onde assistere all’Open Championship 2011. Il percorso dell’Olgiata GC, che in passato ha ospitato una lunga serie di importanti manifestazioni tra le quali due World Cup, una Coppa del Mondo dilettanti, la finale della Dunhill Cup e alcuni Open d’Italia maschili e femminili, ha mantenuto fede alle sue prerogative di tracciato impegnativo e tecnico. Tra l’altro è stato di recente ricostituito il manto erboso utilizzando la Bermuda Patriot, ultima evoluzione di un’erba che garantisce il mantenimento vegetativo anche a temperature proibitive per altre erbe. Il club sarà destinato a ospitare il torneo di golf qualora Roma ottenesse l’organizzazione dei Giochi Olimpici nel 2020. E a proposito di Giochi Olimpici, non bisogna dimenticare che fra pochi anni il golf sarà di diritto tra gli sport a cinque cerchi. “Il nostro sport - ha dichiarato Chimenti - entrerà nel club olimpico con i giochi di Rio del 2016, e sono convinto che ci arriveremo con tutte le carte in regola per vincere”◆ Lorenzo Gagli Marco Crespi Haines Matt Andreas Harto O ““ Alessandro Tadini di Francesco Mantica Insider Sport Sport 32 Aoife Alainn (a sx, con Umberto Rispoli) batte Antara (a dx, con Lanfranco Dettori) nel Premio Lydia Tesio 2010 - ph Grasso Insider Mondanità e arte al galoppo con le Signore dell’Ippica riconoscimento giunto alla decima edizione e legato al Premio Lydia Tesio di Capannelle. UNa serata di gala a Piazza Colonna nella sede de IL TEMPO e un successo a sorpresa della saura italiana Aoife Alainn in pista S di Enrico Tonali S i è cominciato con le Signore e finito con le signorine. Anzi con una miss saura dal misterioso nome un po’ scioglilingua, Aoife Alainn, che in gaelico - l’antica lingua d’Irlanda, dove è nata nel 2007 per poi entrare lo scorso gennaio nel team pisano di Maurizio Guarnieri - vuol dire Bella Eva. È stata una settimana in rosa quella del 42° Premio Lydia Tesio di galoppo alle Capannelle che ha visto il mercoledì la tradizionale assegnazione del riconoscimento Le Signore dell’Ippica tenersi nel Salone Renato Agiolillo di Palazzo Wedekind, ospite de IL TEMPO. Angiolillo, fondatore-editore-direttore del quotidiano di Piazza Colonna (la testata ha festeggiato lo scorso 6 giugno i 66 anni di vita) era un appassionato ippico, con tanto di scuderia - la Don X con giubba bianca e berretto rosso e cavalli cui metteva il nome delle rubriche (celebre fu il galoppatore Elzeviro) del suo giornale. Sette le premiate da Marina Mattei, archeologa dei Musei Capitolini che ha illustrato - per l’avvenimento culturale caratteristico di questa manifestazione - le scene della prospiciente Colonna di Marco Aurelio con il cavallo primo attore. Altre neo-Signore sono state Carlotta Bernardini, amministratrice della scuderia romana Elena, e la conduttrice tv e amazzone Katia Noventa, mentre Elisabetta Sechi è un audace cavallerizza sarda che ha guidato l’antica Sartiglia di Oristano. Inossidabile Signora pure l’attrice (ha esordito a 93 anni nel delizioso “Pranzo di Ferragosto” premiato a Venezia) Valeria De Franciscis, moglie dello scomparso campione di polo (e di canottaggio) Enrico Bendoni. Riconoscimento centrato per la veterinaria Alessandra Vigliani che ha avuto in cura i derbywinner Rakti e Cima De Triomphe ed ha miracolato nel 1997 lo stinco fratturato del galoppatore Storm Mountain (quanti cavalli sono stati spediti al Creatore per incidenti simili?) tornato a vincere ed ora stallone in Piemonte. Appena rientrata dai Mondiali in USA e molto applaudita l’ultima Signora, la paralimpica Antonella Cecilia che nessuna avversità della vita ha potuto allontanare dall’equitazione agonistica. La pittrice Lea Gramsdorf ha creato l’affiche 2010 del Premio Lydia Tesio, altra componente culturale di questa decennale “vie en rose” ippica orchestrata da Caterina Vagnozzi di HippoGroup Roma ed alla quale hanno assistito gli onorevoli Martini, Marinello e Masini, i vertici di Federippodromi Meli e Pautasso, il segretario Unire Acciai, i presidenti Fise Paulgross e Fise Lazio Brunetti. Gli onori di casa sono stati fatti dal direttore generale de IL TEMPO Federico Vincenzoni e dal presidente di Capannelle Tomaso Grassi. La domenica all’ippodromo altro pomeriggio di emozioni con il successo a sorpresa di Aoife Alainn (in sella Umberto Rispoli) sulle favorite straniere Antara (montata dal super-jockey Lanfranco Dettori) e Soberania (con Mirco Demuro) e il ritorno del Premio Lydia Tesio in mani italiane ◆ Fabrizio Frizzi e Carlotta Mantovan I Frankie Dettori on Red Rocks wins the John Deere Breeders’ Cup Turf beating Better Talk Now Louisville Churchill Downs, 4th nov. 2006 I RED ROCKS è il campione, qui fotografato alla Cascina Bruciacuore, che ha galoppato in tre Continenti e ora fa lo stallone in Piemonte, vicino di casa del grande Varenne di Enrico Tonali - ph Stefano Grasso l cavallo magistralmente ritratto per la nostra copertina da Stefano Grasso - uno dei migliori fotografi al mondo di ippica ed equitazione è Red Rocks, un campione che ha corso in Europa, Stati Uniti e Asia, scontrandosi con celebri galoppatori (nel luglio 2008, a Belmont negli Usa, sconfisse di due lunghezze Curlin, il multimilionario purosangue yankee) e ora è in Italia, in Piemonte, a fare lo stallone. Figlio di due irlandesi - il maschio Galileo (uno dei più affermati padri del galoppo mondiale di oggi) e della femmina Pharmacist (nata da Machiavellan, altro boss del turf internazionale) - il baio scuro Red Rocks ha visto la luce l’8 aprile 2003, anche lui in Irlanda (nell’allevamento Ballylinch), per essere poi acquistato dal britannico mister Paul Reddam e affidato all’allenatore Brian Meehan. Ha disputato 24 corse, vincendone 6 e giungendo in 15 fra i primi quattro. Si è battuto contro avversari come Youmzain (tre volte secondo nell’Arc de Triomphe), Vengeance Of Rain (una star di Hong Kong), il panzer tedesco Manduro, Dylan Thomas (vincitore dell’Arc), il grintoso britannico Soldier Of Fortune e Doctor Dino dominatore in Cina. In dieci impegni sulla sua sella è salito Lanfranco Dettori, il fantino milanese che vive in Gran Bretagna ed è considerato fra i migliori del mondo. Con “Frankie” a bordo, Red Rocks ha centrato, il 4 novembre 2006 negli Usa, il successo più prestigioso, la Breeder’s Turf. Le fatiche del “moro d’Irlanda” hanno fruttato al suo proprietario due milioni di euro. Insider Sport red rocks 35 Red Rocks pictured at Cascina Bruciacuore Vigone (TO) Nel 2010 è entrato nell’allevamento Il Grifone a Vigone, 40 km da Torino, diventando vicino di casa del più grande trottatore italiano di sempre, Varenne, anche lui stallone e di Storm Mountain, altro galoppatore italiano che ha iniziato a far da padre nelle cascine di Roberto Brischetto e suo figlio Jacopo, titolari de Il Grifone. Ogni monta di Red Rocks costa 7 mila euro e fin’ora gli sono state presentate 90 fattrici: i campioni del futuro cominceranno a sgambettare in pista nel 2012 ◆ C.O.N.I. F.I.S.E. C.I. Casale San Nicola Società Sportiva Dilettantistica a R.L. Scuola Cavalli Scuola Pony Pony games a partire dai 4 anni con Animatori Pony qualificati con Istruttori Federali principianti preagonistica e agonistica L’italiano Juan Carlos Garcia su Moka De Mescam vincitore di un Gran Premio di salto ostacoli a Verona Michael Whitaker on Insultech Amai wins the Jumping Verona Rolex Fei World Cup tm 2009 Verona, 8th nov. 2009 ph.Fieracavalli/Stefano Grasso Fieracavalli di Verona, e siamo in sella D immancabile appuntamento di inizio novembre per gli appassionati E per i bambini che amano gli asinelli ph Stefano Grasso 2 campi coperti illuminati D uemilacinquecento cavalli di oltre 60 razze - ci sono gli argentini Criollo, capostipiti di quelli adoperati per giocare a polo e gli algerini Berberi, che nell’800 a Carnevale galoppavano a Roma in via del Corso, da Piazza del Popolo a Piazza Venezia - su 35 ettari di area espositiva, con visitatori (153 mila il record 2009) che affollano stand (600 espositori provenienti da 25 Nazioni), spettacoli, ristoranti, campi di gara, padiglioni per bambini (e per i loro grandi amici, gli asinelli), animazioni e saloni specialistici. Questa è la 112esima Fieracavalli di Verona (da giovedì 4 a domenica 7 novembre) leader nel mondo e dedicata al milione di appassionati italiani della sella, con un giro d’affari - in sole 96 ore - di 6,5 miliardi di euro. La città veneta è raggiungibile da Roma in 3 ore con il supertreno Frecciargento ◆ Via del Casale di San Nicola, 232 - 00123 Roma t Tel. 06 30892884 - Tel. e Fax 06 30892990 www.casalesannicola.com - [email protected] [email protected] - Tel. 348 6577889 I bambini e gli asinelli a Fieracavalli 2009 E.T. Insider 38 39 Natale Chiaudani su Seldana di Compalto Sport Dario Carmignani L’EQUITAZIONE RESTA DI BRONZO I cow-boy azzurri salvano la spedizione italiana ai Mondiali di Equitazione negli Stati Uniti. Dignitosi l’8° posto nell’endurance, il 10° nel volteggio e l’11° nel completo (disciplina olimpica). A fondo salto ostacoli e dressage, le altre due specialità a cinque cerchi. A tutt’oggi i Giochi Olimpici di Londra 2012 sono off-limit per l’Italia dei cavalli. L’affaire Seldana U di Enrico Tonali U na sola medaglia - che in terra americana non poteva che venire dal reining, la monta western - e dietro quel bronzo (conquistato dai binomi Smart And Shiney/ Marco Ricotta, Yellow Jersey/Stefano Massignan, Red Chic Peppy/Dario Carmignani, Spat A Blue/Nicola Brunelli) tanta delusione per la squadra azzurra guidata dal presidente della Federequitazione (FISE) Andrea Paulgross. Al 6° WEG (World Equestrian Games, si celebrano ogni quattro anni) tenutosi a Lexington - Kentucky, USA - hanno partecipato 752 cavalli, 632 cavalieri e 58 Nazioni. Il medagliere è stato capeggiato dalla Germania (10 medaglie) che però ha conquistato solo 2 ori rispetto ai 3 di Stati Uniti (7 medaglie), Gran Bretagna (4) e Olanda (4). L’Italia si è piazzata al 14° posto. Nessuno degli 82 cavalli testati è risultato positivo al controlli antidoping. La Federazione Internazionale (FEI) ha stilato una sua classifica, vinta dall’Australia la quale, grazie a questo primo posto, ha ottenuto la qualificazione per Londra 2012. Già promosse ai Giochi - nelle tre specialità del programma olimpico: salto ostacoli, completo, dressage - anche la Germania, per i risultati conseguiti a Lexington e la Gran Bretagna, quale Paese ospitante; più USA, Canada, Belgio, Nuova Zelanda, Olanda Francia e Brasile qualificate in una o due delle tre specialità. Per gli italiani Londra è per ora off-limits, ma c’è ancora il 2011 per conquistare i pass per essere presenti a Windsor. Dopo la medaglia di bronzo del reining, il miglior risultato azzurro è stato l’8° posto di Leila de Saularie/Gianluca Laliscia, Jo Farouza/Martina Lui, Waligorà/Alfonso Striano e Djamina/Andrea Iacchelli nell’endurance a squadre. Poi il 10° posto di Anna Cavallaro (con il sauro Harley ed il longeur Nelson Alcides Vidoni) nel volteggio. L’azzurra Anna Cavallaro e il sauro Harley impegnati nel volteggio (foto FISE) L’Italia (a destra) sul podio mondiale del reining (foto FISE) Tra le specialità olimpiche, grazie ad alcune prodezze di Apollo van de Wendl Kurt Hoeve montato da Stefano Brecciaroli, l’Italia ha strappato nel completo un 11° posto a squadre ed un 14° individuale (Apollo/Brecciaroli ovviamente) in una competizione punteggiata (per gli azzurri) da ritiri ed eliminazioni. Nel salto ostacoli buio pesto: squadra italiana 18.a, miglior binomio (ma 25°) Kapitol D’Argonne/ Emilio Bicocchi. Bontà sua, Gabriele Grassi (del team degli ostacolisti, finito nelle retrovie in sella al grigio American Blu) al rientro in Italia si è dichiarato soddisfatto delle sue performances ai Mondiali. Nessun autoincensamento da parte dei due azzurri in gara nel dressage, Pierluigi Sangiorgi che con Flourian è terminato 45° e Susanna Bordone 52° posto assieme a Dark Surprise. A conferma che è urgente nell’equitazione italiana cominciare a parlare più di cavalli e meno di cavalieri, a Lexington c’è stato l’”affaire” Seldana di Compalto. La cavalla - una baia olandese di 11 anni - è stata ceduta, tre mesi prima di Lexington, dalla sua proprietaria Manuele Traversa all’arabo saudita Abdullha Al Sharbatl. Seldana, sotto la sella dell’azzurro Natale Chiaudani, nel 2009 era giunta seconda a squadre nel Campionato Europeo di salto ostacoli. Via la baia, Chiaudani è stato retrocesso, ai Mondiali, a riserva e nemmeno è entrato in campo; mentre Seldana è giunta nella finale individuale - lo spettacolare Top Four, i migliori quattro cavalli montati a turno dai loro quattro cavalieri contribuendo a far conquistare la medaglia d’argento iridata ad Abdullha Al Sharbatl ◆ Insider Sport Insider Sport 40 41 QUANDO IL POLO SI GIOCA SUGLI ELEFANTI O SUI CAMMELLI di Fabrizio Lodi I I l polo è uno sport ancora di élite. Ma cambia tutto se sostituite gli eleganti cavalli con degli elefanti. Si avete capito bene con degli elefanti, e metteteli in campi da gioco, fate scortare in groppa all’animale il giocatore ufficiale, ma a volte anche più di uno, con un “mahout” (il conduttore di elefanti) e avrete gli ingredienti per mettere insieme una partita di “elephant polo”. Ci sarà sicuramente meno eleganza ma l’impatto visivo sarà di tutto rispetto… È una disciplina sportiva praticata in India dall’aristocrazia britannica fin dai primi del Novecento, con un campionato giunto alla 22ª edizione. Potete perciò immaginare quanto diventi spettacolare la partita che vede il duello fra questi giganti. A volte però può capitare che qualche pachiderma non gradisca troppo questo correre per i campi e diventi un po’ troppo aggressivo. Recentemente infatti un elefante ha distrutto un paio di auto a bordo campo, tanto per far capire che si era stancato… Alcuni studiosi hanno perciò previsto periodi di vacanza per gli elefanti da polo da passare in appositi parchi dove rilassarsi ed essere curati dallo stress e dalle fatiche… sportive. Ma esistono anche altre varianti del polo: sempre in India e in Mongolia si gioca sui cammelli e sui dromedari, animali spesso riottosi ma di grande forza e velocità, in America c’è chi gioca in bicicletta… Chissà, magari se i lapponi conoscessero il polo sicuramente giocherebbero a dorso delle renne! Torniamo al vero polo, sport da sempre abbinato nell’immaginario collettivo a nobili, gentildonne di tutto punto vestite e cavallerizzi dal pedigrée blu e dal conto in banca da eterno sorriso smagliante. Le regole di questa disciplina, sicuramente avvincente e che richiede molta perizia atletica e tecnica, sono sostanzialmente semplici. Si gioca infatti fra due formazioni di quattro giocatori, in sella a cavalli e muniti di mazze di bambù che si fronteggiano con l’obiettivo di mandare una palla di legno attraverso due pali. Vince la squadra che segna più punti. Una partita è divisa in tempi detti “chukker” o “chukka”. La durata e il numero di “chukker” in una partita è variabile: a seconda dei regolamenti, un “chukker” dura dai 7 ai 7 minuti e mezzo, e ne vengono giocati da quattro a otto in una partita. Ogni giocatore al termine di un “chukker” deve cambiare il cavallo, per le richieste estreme disposte a un cavallo in sette minuti di continua corsa (al massimo può essere tenuto lo stesso cavallo per due chukker, ma non di più) ◆ Insider Insider 42 43 CHIRURGIA DEL VISO: OTOPLASTICA “ORECCHIE A SVENTOLA”, RICORDO D’INFANZIA L’intervento maggiormente ricorrente tra i bambini. Correggere l’inestetismo delle orecchie eliminando l’eccesso di cartilagine dei padiglioni auricolari. Trattamento in anestesia locale con regime di day-hospital di Paolo Brandimarte Le cosiddette “orecchie a sventola”, costituiscono un inestetismo che può esporre il soggetto a prese in giro, scherzi e sfottò di pessimo gusto. Ovviamente, il difetto non autorizza il dileggio. Se non è possibile far leva sulla sensibilità altrui, è senz’altro auspicabile far ricorso all’otoplastica, procedura di chirurgia estetica che consente di correggere l’eccesso di cartilagine dei padiglioni auricolari. Nella maggior parte dei casi, i pazienti che si sottopongono a questo tipo di intervento oscillano tra i 4 ed i 14 anni (una minima porzione è rappresentata dagli adulti ndr): il difetto ha carattere ereditario e si manifesta in età pediatrica. L’otoplastica, trattamento di chirurgia plastica più ricorrente tra i bambini, migliora l’estetica delle orecchie in tenera età, preservando il bambino da problematiche psicologiche. A tutto ciò, si aggiunge l’alta flessibilità della cartilagine, che in questa fase particolare della vita, spiana la strada ad un efficace rimodellamento. L’intervento, eseguito in sedazione ed anestesia locale, può essere di duplice fattura: bilaterale oppure incentrato su di un solo orecchio. Di riflesso, le tecniche chirurgiche possono essere differenziate sui due lati, in modo da ottenere una simmetria considerevole. La durata varia dai 30 ai 120 minuti. Generalmente, si predilige un regime di day-hospital. Tecnicamente, dapprima si procede ad accesso chirurgico tramite solco retro auricolare. In un secondo momento, viene praticata un’attenta azione di rimodellamento e riposizionamento delle strutture cartilaginee, il più possibile aderenti al cranio. Una volta ultimata la procedura chirurgica, la testa viene fasciata con un bendaggio elastico, al fine di accelerare il processo di cicatrizzazione. Fatta eccezione per il gonfiore, reversibile in poche settimane, è decisamente rara l’eventualità che si verifichino complicanze di rilievo: seppur possibili, ecchimosi o infezioni cartilaginee sono ipotesi assai remote. Insider 45 INDIVIDUARE LE PATOLOGIE CARDIACHE CON LA VISITA DI IDONEITÁ SPORTIVA. PER DIRE BASTA ALLE MORTI IMPROVVISE In Viale Egeo si consuma il dramma: Maurizio Belli Tuzzi muore durante una partita di calcetto, colto da improvviso malore. L’ennesima tragedia dopo quelle di Alessandro Bini e Giorgio Castelli. I propositi del Dott.Mario Brozzi: “Occorre uno specifico protocollo medico”. Quando la visita di idoneità riduce il rischio... di Paolo Brandimarte Lunedì 25 ottobre, nel corso di una partitella di calcetto, Maurizio Belli Tuzzi accusa un improvviso malore e si accascia a terra. Inutili i soccorsi: il giovane 28enne, intorno alle 23:30, esala l’ultimo respiro. Il ragazzo non presentava particolari patologie e non assumeva farmaci. Dopo Via Felice De Andreis e Via Demetriade, la tragedia si materializza in Viale Egeo. Roma sconvolta da un altro caso di morte improvvisa in campo, dopo le vicende luttuose di Giorgio Castelli e Alessandro Bini, scomparsi rispettivamente il 24 febbraio 2006 ed il 2 febbraio del 2008. Vi sono casi in cui l’indagine medica, seppur rigorosa, non riesce a scongiurare del tutto il rischio di decesso in campo. Basti pensare agli incidenti improvvisi, scontri cruenti, inadeguatezza degli impianti in chiave sicurezza ed insorgenza di patologie non diagnosticabili. Questa variabili, purtroppo, non possono essere pienamente controllate. In questo senso, il Dott. Mario Brozzi, Presidente dell’Associazione “Lo Sport per la Vita” nonché Direttore dell’Istituto di Medicina dello Sport di Roma (IMS), può essere considerato a pieno titolo opinion leader in fatto di prevenzione, medicina sportiva e tutela della salute. Dal virgolettato dell’ex medico sociale dell’A.S. Roma traspare una cerDott. Mario Brozzi ta amarezza: “Siamo Direttore dell’Istituto di Medicina a n c ora a pianger e dello Sport di Roma - IMS L’Istituto di Medicina dello Sport di Roma (Villa Stuart Sport Clinic) Via Tronfale, 5952 (Balduina) PER APPUNTAMENTO ED INFORMAZIONI: 06.35528393 - 06.35528394 l’ennesimo lutto nel mondo del calcio. Dal divertimento alla tragedia il passo è breve. Senza le dovute attenzioni diagnostiche, lo sport diventa pratica rischiosa. Occorre uno specifico protocollo medico, caratterizzato da maggiori controlli e specificità diagnostiche”. Un modello, quello decantato dal Dott. Brozzi, messo in atto dall’Istituto di Medicina dello Sport di Roma (Villa Stuart Sport Clinic ndr), attraverso un oculato monitoraggio degli atleti: visita di idoneità medico-sportiva, ecocardiocolordoppler, valutazione dietologica e kinesiologica. Un vero e proprio check-up per chi svolge attività sportiva, senza distinzione alcuna tra professionisti e semplici appassionati. Del resto, lo sport è crescita, salute ed identità. Ma la vita per lo sport è baratto assurdo ed inaccettabile. La chiosa dell’attuale capogruppo della Lista Polverini: “La Regione sta lavorando affinchè non si ripetano simili sciagure. Stiamo pensando ad un efficace programma di prevenzione sanitaria”. Per esorcizzare il ripetersi di simili disgrazie. Per non sentirsi impotenti. Per non dimenticare Giorgio, Alessandro, Maurizio e gli altri ragazzi tragicamente scomparsi. Insider Insider Intervista 46 47 Riccardo Garrone interpreta Enrico IV di tempo”. Non ho modo di replicare. Quando parte con la sua potente vettura, gli sto dietro a stento. Dieci minuti più tardi, ci troviamo nel laboratorio della sartoria teatrale, dove lo attendono per la prova del costume che indosserà proprio nella nuova serie di spot. Lui scherza con tutti coloro che si avvicendano per prendergli le misure. Autoironico, garbato, sapientemente guascone: un magnifico giovanotto classe 1926, che da oltre sessant’anni calca le scene cinematografiche, teatrali e televisive, spaziando con assoluta naturalezza tra i vari generi. Innumerevoli i ruoli interpretati dall’esordio con ‘Adamo ed Eva’ di Mario Mattoli a oggi, sotto la guida di registi quali, tra gli altri, Federico Fellini (‘Il bidone’, ‘La dolce vita’), Pietro Germi (‘Il ferroviere’), Luigi Zampa (‘La romana’), Valerio Zurlini (‘La ragazza con la valigia’), Ettore Scola (‘La cena’). “Comincia pure con le domande”- mi dice, mentre lo avvolgono dal collo ai piedi con la carta per il modello, fermandola con gli spilli. RICCARDO GARRONE, UN GIORNO; PER CASO... Cronaca di un incontro speciale S di Carlotta Miceli Picardi S orseggio il mio cappuccino di fronte a una deliziosa bimbetta di sei o sette anni che emerge a fatica da un enorme cornetto: due minuscole trecce bionde, il vestitino rosa sul quale la crema cola inesorabilmente, malgrado i disperati tentativi di arginarne la caduta del giovane uomo che le siede accanto. Non appena sorride, presumo che a causa sua il famoso ‘topolino dei denti’ debba essersi indebitato sino al collo. All’improvviso, la piccola spalanca occhi e bocca esclamando con un curiosa inflessione russa sull’accento fortemente romano:“ Papà, papà… vedi San Pietro appoggiato alla porta?! Lo vedi?!” La cassiera e il banchista confermano all’unisono, emozionati: “Si, ha ragione!” Alcuni clienti del bar annuiscono. Mi giro di scatto, immaginandomi prima testimone e poi cronista Maestro, mi racconti gli inizi della sua carriera. “…La guerra, la durissima permanenza nel campo di concentramento in Algeria: un black-out spaventoso nella vita di un ragazzo. Poi il ritorno, poco più che ventenne e il tentativo di riprendermi un’esistenza dalla quale, in realtà, sentivo ormai di essere fuori: gli studi, il mondo che mi era appartenuto prima di quei tragici avvenimenti…Decisi di intraprendere una strada diversa. Preparai un brano in prosa, un pezzo teatrale e una poesia e mi presentai al Teatrino della Vittoria per sostenere l’esame di ammissione. Arrivai secondo nel gruppo maschile, alle spalle di Gabriele Ferzetti ed ebbi l’opportunità di entrare all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Fu la prima tappa della mia nuova storia, cui ne seguì una ancora più importante…” Cioè? “L’incontro con mia moglie Grazia Maria. Stiamo insieme dal 1947. Ci siamo sposati nel ’56”. quanto meno di un fenomeno di suggestione collettiva. In effetti, appoggiato alla porta… San Pietro c’è! Ha la bella faccia e la figura imponente del grande attore che da anni lo impersona in una campagna pubblicitaria di successo: Riccardo Garrone. Inconfondibile anche ‘in borghese ’, con barba e capelli più corti, pull-over in nuance con le iridi azzurre, nonché jeans, mocassini e borsello in cuoio. Subito si presta simpaticamente a posare davanti ai cellulari dei presenti e, non appena mi avvicino, chiede divertito: “ Vuole fare una foto con me?” “Veramente, mi piacerebbe intervistarla, se me lo consente” - rispondo “Certo, però ho un appuntamento: finisca il suo cappuccino, mentre prendo un caffè al volo, poi mi segua con la macchina! Anzi… seguimi!: darsi ‘del Lei’ certe volte fa perdere un sacco Vi siete conosciuti in ambito lavorativo? “No: era la segretaria del Presidente di una banca. Frequentavamo entrambi una sala da ballo non lontano da piazza Bologna. Le ho fatto la corte…ed evidentemente, me la sono cavata in maniera dignitosa!” Un attore, di bella presenza come lei per giunta, in un universo di occasioni e di tentazioni riesce ad essere un marito fedele? “Vabbè - ride - magari non lo sarebbe... - poi si fa serio se non prevalesse il rispetto profondo per la donna che ha saputo dargli quanto cercava da sempre”. Per esempio? “La sensazione impagabile del ritorno a casa: ‘il posto della serenità’. Con il vissuto che conosci e che ami. Quello che apre il cuore”. Il sarto, silenziosissimo, informa che ha finito con un cenno discreto delle mani. “Sai che facciamo, allora? - mi comunica - concludiamo la nostra conversazione proprio a casa mia. Ora avverto”. Non oso ribattere neppure stavolta. Saluta cordialmente, specificando di avere 46 di scarpe e… via! Destinazione Parioli. Quando arriviamo nei pressi della sua abitazione, più che all’ingresso di un condominio, ho l’impressione di trovarmi a Cinecittà: nel giro di tre minuti, entra Ettore Scola, esce Giancarlo Giannini, passa Loretta Goggi. “Ciao, Ninni”- dice rivolgendosi con un nomignolo e un gesto di tenerezza alla moglie, che ci fa accomodare nel salotto: una biblioteca ricca di volumi importanti, numerose foto di famiglia e due ampi divani, uno beige, l’altro bianco a quadretti celesti. C’è un’atmosfera davvero piacevole, qui. Calda, accogliente. Da serate con gli amici. Ne ha molti tra la gente di spettacolo? “In realtà, nel nostro mestiere, l’amicizia non segue percorsi semplici. Soltanto il teatro conserva funzioni affettive. Ci si confronta, ci si racconta. La consueta cena a tarda notte, dopo la rappresentazione, diventa un importante momento di scambio, di condivisione. La ‘compagnia’ già per accezione indica il presupposto dello stare insieme. Il cinema non lo consente”. Come definirebbe in due parole quello italiano? “Arte e cialtroneria”. E quello americano? “Industria eccellente”. Se fosse nato negli Stati Uniti, avrebbe avuto qualcosa in più? “I diritti di replica: potrei riposarmi, magari. Anche se probabilmente mi annoierei. Sono ancora abbastanza giovane per darmi da fare…” - conclude con allegria. Successo significa grande sicurezza o grande preoccupazione? “Penso che la notorietà conquistata nelle arene dei reality show come il Grande Fratello, crei continuamente l’ansia di ricadere nell’anonimato. Manca, a sostenerla, l’impalcatura professionale e psicologica. Mancano i meriti o le attitudini. Diventa invece consapevolezza del proprio valore, la fama che arriva dalla giusta direzione, seguendo un cammino corretto che non può prescindere dal talento”. Lei è ambizioso? “Non particolarmente. Sono fatalista: credo che sia il destino a stabilire dove dobbiamo arrivare. Ciò mi ha permesso in tanti anni di attendere con tranquillità ‘lo squillo del telefono’”. Narciso? “Quanto basta. Mi piaccio”. Cosa non vorrebbe mai vedere, guardandosi allo specchio? “La malinconia che modifica l’espressione, la durezza, una piega amara nel sorriso. Il tempo che passa con una certa cattiveria, insomma. Che ti sconfigge senza clemenza, ti addolora senza ragione. L’inverno nell’anima e sul viso…”. Mi rivolge uno sguardo difficile da sostenere, fermo, intenso. Per un attimo, mi sento dall’altra parte dello schermo, forse un po’ in difficoltà… Se ne accorge e sorride: “Sono un attore, non dimenticarlo!” ◆ Insider Intervista 49 Intervista a Marina Ripa Di Meana Sappiamo che ha scritto altri libri quali “I miei primi quarant’anni” e “Cocaina a colazione” da cui sono stati tratti due film sulla sua vita. E che ha diretto, nel 1992, il titolo “Cattive ragazze” girato in Venezuela. Che ricordi conserva di quella sua prima esperienza registica? “Non ho un ricordo molto positivo, anche perché vi erano pochi finanziamenti. E non penso, almeno per il momento, di prendere in considerazione l’idea di una nuova esperienza registica”. D di Carlo Calabresi D i una bellezza ancora inalterata, dall’aspetto apparentemente algido, ma invece piena di slanci e generosità, Marina Ripa di Meana continua a far parlare di sé. E questa volta licenziando alle stampe un libro su Virginia Agnelli, scritto in collaborazione con la giornalista di cultura de “L’Unità”, Gabriella Mecucci, dal titolo: “Virginia Agnelli. Madre e farfalla”, pubblicato dalla Minerva edizioni. Questo libro ci restituisce Virginia nella sua dimensione più autentica. E la sua vita va letta attentamente, come del resto anche quella della stessa Marina che, come l’araba fenice, è risorta dopo una vita avventurosa a fianco del pittore pop e fotografo Franco Angeli, uomo inquieto e tormentato. Il regalo lei lo ha avuto dal cielo: i doni della spontaneità e del coraggio, che l’hanno aiutata a non farsi travolgere dalle avversità e a conoscere, a Venezia, il marito Carlo Ripa di Meana. Lei, dunque, ci ha regalato un volume molto interessante e prezioso, perché contribuisce a colmare un vuoto in una certa pubblicistica. Un libro che si avvale dell’introduzione di Carlo Ripa di Meana e che racconta, con un periodare elegante e concentrato, l’epopea segreta della Agnelli, di questo straordinario personaggio della celebre dinastia italiana che fece da mediatrice durante un incontro segreto fra il papa Pio XII° e il generale Karl Wolff, comandante supremo delle SS e in cui si giunse a un accordo per la salvezza di Roma. Una personalità travolgente, la sua, trasgressiva, anticonformista. Un’esistenza, quella di Virginia, che diede adito a molte maldicenze, culminate con la relazione tenuta segreta con lo scrittore Curzio Malaparte. Un libro sorprendente su un personaggio eccentrico, estremamente moderno, che non poteva uscire se non da una personalità eccentrica come Marina Ripa di Meana. Qual è stata la motivazione che l’ha indotta a scrivere un libro su un personaggio sconosciuto ma intrigante come Virginia Agnelli? “Tutto è partito da quell’immagine che sta nella quarta di copertina del libro. Quell’immagine mi ha sedotta e l’ho vista, per caso, su un giornale. Una fotografia, fra l’altro, mai vista perché di lei si sa pochissimo. Inoltre, Virginia Agnelli, in quella foto, aveva un’incredibile somiglianza con mia figlia Lucrezia. E da lì, mi sono molto incuriosita e ho voluto conoscere meglio la sua biografia. Anche perché è stata una donna dimenticata, occultata; c’è stata proprio una volontà di non voler parlarne. A riprova di ciò, basta tener conto del fatto che - se da un lato Susanna Agnelli aveva scritto un libro intitolato “Vestivamo alla marinara”- dall’altro il fratello Gianni aveva comprato i diritti perché non uscisse il film. Proprio per evitare qualsiasi maldicenza sulla famiglia”. Lei porta avanti, da sempre, molte battaglie coraggiose in difesa degli animali, dell’ambiente. Ed è testimonial, dal 2001,della campagna per la prevenzione contro il cancro. E lei stessa è stata colpita da questo male. Ce ne può parlare? “Senz’altro. Mi limito a dire che sono riuscita a superare quattro operazioni di cancro e, come vedete, sono l’esempio lampante - con la mia serenità e la “joie de vivre”- di come se ne possa venir fuori bene. Una mia testimonianza su questa problematica è un progetto che mi chiedono in tanti. Una biografia del genere trovo che possa essere d’aiuto e di conforto per molte persone”. Prossimi progetti? “È stata allestita, l’estate scorsa a Cortina da mio marito, una mostra fotografica di Franco Angeli, a me dedicata e che, dopo Cortina, farà tappa all’Ara Pacis a Roma. Inoltre, ho in progetto delle biografie di donne eccezionali a cui sto già lavorando e di cui non vorrei anticipare nulla” ◆ Sente di identificarsi, almeno in parte, nel personaggio della Agnelli? “Ho scelto questo personaggio proprio perché mi sono completamente identificata in esso. Nel senso che la prima immagine era quella di una donna assolutamente frivola, mondana, ricca e quindi privilegiata. Invece, ha avuto una triste parabola. Ho scoperto anche che è stata una donna che ha avuto molte sofferenze, molte vicissitudini, come del resto la maggioranza delle persone. E una morte prematura. Quindi, non è stata solo una privilegiata. E ha avuto un ruolo chiave nel salvare Roma. Se posso essere un po’ modesta anch’io ho avuto un ruolo nel salvare una parte di Roma, e cioè il Pincio, evitando che diventasse un grande parcheggio automobilistico. E, ogni volta che ci passo, non a caso, penso che anch’io ho un po’ di merito in questa città” . Virginia è stata, senz’ombra di dubbio, l’artefice dell’Agnelli style. A suo avviso, chi è stato fra i figli a raccoglierne in toto lo stile e lo charme? “Sì, senz’altro Virginia Agnelli è stata l’artefice dell’Agnelli style, anche perché ha precorso i tempi. Nel senso che fu una donna molto libera, senza pregiudizi, che sgridava Gianni in romanaccio, correndo nuda per i corridoi. Comunque, Susanna e Gianni sono coloro che hanno più ereditato l’Agnelli style e anche Umberto che, però, è stato un po’ più nell’ombra, defilato, in specie rispetto a Gianni. Mentre Giorgio è stato dimenticato ed è uscito di scena suicidandosi in un manicomio”. Insider Intervista Insider Cultura 50 51 Don Diego de La Vega, per gli amici... Flamenco, l’emozione arriva dall’Andalusia di Roberto Volterri di Giulia Laruffa U U Zorro na spada sguainata, u n a cappa svolazzante e rigorosamente nera, una frusta pronta a lasciare indelebile ‘marchio’ sulla pelle del ‘cattivo’ di turno, et voilà: ecco apparire nella nostra mente solo e soltanto Don Diego de La Vega, per gli amici… Zorro! Per la scrittrice Isabel Allende, autrice del recente libro ‘Zorro. L’inizio di una leggenda’, egli è “… la combinazione di Robin Hood e di Peter Pan, più la sete di giustizia di Che Guevara…” e, non contenta affatto di aver così definito l’eroe di infiniti romanzi, film e musical aggiunge “… Voglio rinascere Zorro!”. Ma al pensiero e all’opera dell’Allende torneremo tra breve… Don Diego - il quale, nella finzione letteraria, fa la sua prima comparsa, nel 1919, nel romanzo The Curse of Capistrano di Johnston McCulley - è figlio del latifondista spagnolo Don Alejandro e di Toypurnia, nativa americana che intende dedicare la propria vita alla difesa dei diritti calpestati dal potente di turno, sentimenti questi indelebilmente incisi anche nel DNA di Diego. Non c’è di certo lo spazio per avventurarci nella vita e nelle eroiche imprese di un eroe le cui gesta abbiamo lette ‘ai tempi della scuola’, e non abbiamo occasione per assistere alle sue iniziali lezioni di scherma impartitegli da Manuel Escalante, membro influente del gruppo massonico ‘La Justicia’ a cui si affilia anche il ‘nostro’ proprio con il nome di battaglia di… ‘Zorro’, ovvero ‘volpe’ in lingua catalana. Però - tornando per un istante ad Isabel Allende - possiamo far cenno allo spettacolo dei Gypsy King legato alla leggenda (ma lo è veramente del tutto?) di Zorro. Notissimo gruppo musicale, formato da zingari spagnoli naturalizzati francesi, i Gypsy King traggono origine dalle due famiglie Reyes e Baliardo che lasciano la Spagna durante la guerra civile e si insediano in Provenza dove i cinque fratellini imparano dal padre Josè la tecnica del canto, quella della chitarra applicata in particolar modo alla rumba, però in uno stile musicale che appare come una magica fusione di rumba flamenca, di flamenco - a Denominazione di Origine doverosamente Controllata! - e anche di musica pop. Ovviamente i puristi del flamenco non esitano a storcere subito il naso, ma i Gypsy King continuano per la loro strada ottenendo, negli anni Ottanta, un incredibile successo con il brano Bamboleo e, quasi incredibile a dirsi, con una fantastica rielaborazione ‘in chiave flamenco’ dell’indimenticabile ‘Nel blu dipinto di blu’ (o ‘Volare’ che dir si voglia…) di Domenico Modugno! Ora, fedeli al sempre valido e dantesco “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa…”, i ‘nostri’ stanno portando con successo in scena, nel West End di Londra, il loro kolossal da tre milioni di sterline, prodotto proprio da Isabel Allende, dedicato all’eroico Zorro e alla rumba flamenco, non curandosi neppure per un attimo del pur autorevole ‘Times’ e del suo critico musicale il quale ha definito lo spettacolo “… a cavallo tra Errol Flynn e i Monty Python…” ◆ Narrano antiche cronache… L L o spettacolo El Alma Al Aire debutta nella capitale e il Teatro Greco registra il tutto esaurito. Sabrina Loguè (direttrice artistica della compagnia di Flamenco El Rio Andaluz) si aspettava un successo così? “Sicuramente è una buona cosa che ti ripaga al meglio dopo un duro lavoro. Si tratta di un progetto voluto già da tanti anni, che nasce dopo una condivisione umana e professionale. Un percorso fatto, oltre che dalle prove, da viaggi di ricerca su costumi e musica in Andalusia. Dopo tanta esperienza da ballerina solista, di lavori da tablao o in altre compagnie, avevo voglia di mettermi alla prova con una mia compagnia e con uno spettacolo coreografato da me e dal mio compagno e collega, Stefano Arrigoni”. Che cos’è per te El Alma al aire? “L’idea nasce dal fatto che non volevo mettere su una storia con dei personaggi, ma lasciare a nudo solo le emozioni che sono l’anima del flamenco. Si esprimono le emozioni dell’uomo come racconti di vita vissuta: l’amore, il dolore, la povertà, la solitudine, la tristezza, la passione, il desiderio. Un inno alla vita, attraverso il quale è possibile esorcizzare l’emotività tirandola fuori. El Alma Al Aire non è altro che l’anima lasciata libera di esprimere tutto questo in un modo semplice, non perché poco profondo, ma perché per tutti. Lo strumento di espressione è il flamenco che, grazie ai vari palos, permette di passare dalla felicità dell’alegrias ai toni più tristi della siguiriya”. Notiamo anche una cura particolare nei costumi di scena. “Costantemente viaggiamo in Spagna per prendere idee e per essere all’avanguardia con costumi sempre nuovi e di alta sartoria. Per esempio nella Guajira si richiama l’ambientazione, l’aire appunto, cubana del ventaglio, del corsetto e dei colori havana”. Non capita spesso di vedere uno spettacolo di danza con musica dal vivo. Nella tua idea per la realizzazione di questo spettacolo nasce prima la musica o la coreografia? “Il tutto nasce da una perfetta sinergia, è un continuo interscambio. La musica stimola il baile e viceversa. Sicuramente per me è stata fondamentale la collaborazione quotidiana con il direttore musicale, Matteo D’Agostino”. Progetti per il futuro? “Sicuramente la possibilità di portare El Alma Al Aire in tournee in Italia e, perché no, anche all’estero” ◆ Insider Danza Insider Rabbit Hole QUANDO LA REALTÁ IRROMPE AL CINEMA DOPO L’EXPLOIT DEI FILM DI MICHAEL MOORE, IL DOCUMENTARIO STA CONOSCENDO UNA NUOVA STAGIONE DI SUCCESSI NELLE SALE DI TUTTO IL MONDO. AFFRONTANDO MOLTI TEMI: DALLA SANITÁ ALL’EDUCAZIONE, DAL RISCALDAMENTO GLOBALE ALLA TELEVISIONE Suoni metropolitani Pura energia urbana: uno spettacolo che è diventato, in pochi anni, un nuovo classico. Stomp parla il linguaggio contemporaneo e universale del ritmo e della forza espressiva e trasforma oggetti d’uso quotidiano come scope, bidoni della spazzatura, pneumatici, e semplici gesti, come un battito di mani o il rumore di un passo, in teatro, musica e danza. Una coreografia che nasce dalla strada e dai rumori che vi trovano casa, e che si liberano in ritmo puro e pura armonia grazie a uno sguardo che rinnova e anima in un rito tribale contemporaneo. Ironia, acrobazia, funambolismo sinfonico e vorticoso di suoni e immagini. Stomp Dal 9 al 17 novembre Teatro Olimpico Piazza G. da Fabriano, 17 - tel. 06.3265991 www.teatroolimpico.it A.D.S. P di Alberto M. Castagna P er anni relegato nelle sezioni collaterali dei festival o nelle programmazioni televisive notturne, il documentario sta vivendo una nuova entusiasmante stagione con l’ammissione nel cinema “di serie A”. Segno che il cinema sta scoprendo, o sarebbe meglio dire riscoprendo, la realtà. Ma la vera novità è nella risposta del pubblico che, mai come oggi, sta mostrando di apprezzare un genere controverso (‘il documentario è oggettivo o soggettivo?’ ci si chiede da sempre), creando anche delle star assolute come Michael Moore (Oscar per “Bowling a Columbine” e Palma d’Oro a Cannes per “Fahrenheit 9/11”) o Davis Guggenheim (Oscar per “Una scomoda verità” e “Waiting for Superman”, in uscita in Italia). Piace, insomma, la rappresentazione di ciò che accade attorno a noi o anche lontano da noi. Piace la verità nell’epoca dei ‘reality’ che tanto reali poi non sono. Piace anche in Italia dove, a parte le indagini sociologiche di Moore e Guggenheim, hanno ottenuto buoni riscontri al botteghino anche i documentari naturalistici di matrice francese, come “Il popolo migratore”, “La marcia dei pinguini” o “Oceani” o quelle opere tutte (o quasi) made in Italy che hanno fatto parlare di loro come “Videocracy - Basta apparire” di Erik Landini sul sistema televisivo nazionale o “Viva Zapatero!” di Sabina Guzzanti (autrice anche di “Draquila”) sul sistema dell’informazione. Non vi è dunque oggi festival o rassegna, in Italia come all’estero, in cui non si disputino i documentari più interessanti con la stessa foga con la quale si competono le ultime opere di Scorsese o Ermanno Olmi. Autori, peraltro, più che mai impegnati anch’essi sul fronte del cinema documentario. Cinema.Doc, il documentario in sala Cinema.Doc - Il Documentario in Sala è il primo progetto italiano per costruire un circuito distributivo nazionale di film documentari nelle sale di prima visione. I promotori dell’iniziativa hanno scelto otto documentari italiani di recente produzione provenienti dalle ultime edizioni dei principali festival italiani e li stanno programmando fino al 9 dicembre in 3 sale romane - il Nuovo Sacher, il Farnese e l’Alcazar - con appuntamenti trisettimanali alla presenza degli autori. Nella sua formula di festival/circuito, l’iniziativa prevede che i documentari vengano visti e valutati da una giuria di professionisti cui fanno parte la montatrice Esmeralda Calabria, la produttrice Francesca Cima, il regista Saverio Costanzo, il critico Fabio Ferzetti e l’attrice Alba Rohrwacher: la premiazione si terrà il 16 dicembre nella Sala Cinema del Palazzo delle Esposizioni ◆ On stage tra musica e parole Voglia di musical Arriva a Roma, dopo aver affascinato circa 300 mila spettatori nella tappa milanese, il musical più atteso della stagione. Dal cartoon della Disney che l’aveva portata in tutto il mondo, la romantica avventura della Bella e della Bestia che l’amore riporta al suo aspetto umano, giunge al teatro Brancaccio con una mega produzione e un cast di 33 artisti. Canti, balli e un cambio di scena ogni 7 minuti suggelleranno la nuova direzione della sala di via Merulana, passata per i prossimi 5 anni da Maurizio Costanzo alla Stage Entertainment, colosso olandese specializzato in musical, un genere che sta nuovamente appassionando il pubblico italiano e che vive di coreografie, musica dal vivo, scenografie suggestive e costumi variopinti. La voce di Arianna Bergamaschi anche in questa stagione darà corpo, insieme a Antonello Angiolillo, all’intero cast e all’orchestra che suonerà dal vivo le celebri musiche che hanno valso al film della Disney il premio Oscar per la migliore colonna sonora. Allora non resta che andare e immergersi nell’atmosfera incantata che porterà Roma a un passo da Broadway. La Bella e la Bestia Teatro Brancaccio Via Merulana, 244 - tel. 848.448800 www.labellaelabestia.it A.D.S. M usica appuntamenti M usica appuntamenti Waiting for Superman di Davis Guggenheim 55 Fehran XIX sec. www.teatappeti.com Lungotevere Flaminio, 72 - Tel. +39 063232780 - [email protected] d ... Quel leggiadro quadratino di seta... ...d di Roberto Volterri i seta, di lino, di pizzo o di qualsiasi altro genere di stoffe, il fazzoletto ha una lunga storia che inizia addirittura nell’antica Roma del II secolo a.C. All’epoca denominato ‘sudarium’ viene usato dai Romani più raffinati non per… soffiarsi il naso ma solo per tergersi proprio il sudore - magari, quasi alla fine del I secolo d.C., durante un estivo spettacolo di gladiatori nel Colosseo - oppure per coprirsi il viso e la bocca in caso di intemperie o davanti a qualche olezzante angolo dell’Urbs aeterna ove l’igiene non è proprio il primo pensiero del cittadino. I ‘sudaria’, i leggiadri ‘quadratini’ di stoffa delle gentili matrone romane, all’epoca vengono tessuti nella città di Setabis, in Iberia, e perciò vengono comunemente chiamati ‘setabi’. Nei cruenti spettacoli all’interno del Colosseo servono anche per salutare gli amici… della ‘curva sud’ e ma è solo una diceria… - anche per votare a favore o contro la sopravvivenza del gladiatore sconfitto. Nel IV secolo d.C. lavadacasa.it lavanderia a domicilio Prenota subito, il ritiro è gratuito finalmente qualcuno pensa che il ‘muscinium’ - ebbene sì, ora il fazzoletto ha cambiato nome - possa rendersi più utile in caso di inarrestabile raffreddore! Lasciandoci alle spalle una decina di secoli, arriviamo nella Francia del XV secolo dove vediamo i marinai francesi, di ritorno dalle contrade del misterioso Oriente, introdurre nell’uso corrente dei leggeri ‘quadratini’ di lino con i quali le contadine cinesi si proteggono il capo dai cocenti raggi solari. Le gentilissime dame dei nostri ‘cugini’ d’Oltralpe sempre desiderose di essere le prime a lanciare nuove mode - adottano subito l’insolito accessorio e, naturalmente, lo chiamano ‘couvrechef’, copricapo. Gli Inglesi, per non essere da meno, copiano la moda, lo chiamano ‘kerchief’, lo tengono in mano in attesa del sole cocente e così, nei periodi di noia, si accorgono… che può servire anche in molte altre occasioni! Nel XVI secolo i fazzoletti diventano ambitissimi e costosissimi accessori di moda poiché, decorati anche con fili d’oro e d’argento, vengono elencati nei testamenti e fanno parte della dote di promesse spose. Impregnati di rare essenze vengono spesso offerti in dono ai regnanti di turno: sembra che la presenza del re Enrico III di Francia si sentisse a molte leghe di distanza proprio grazie ai suoi profumatissimi fazzoletti. Ma sicuramente questo è gossip d’altri tempi… Durante il regno di Elisabetta I d’Inghilterra compaiono i primi fazzoletti di pizzo, ingentiliti dal monogramma dell’amato bene e da una nappina che leggiadramente pende da un angolo, vengono subito soprannominati ‘nodi del vero amore’. Qualsiasi gentiluomo ne porta uno con le iniziali della ‘dama del momento’, infilato nel nastro del cappello, mentre la ‘dama’ di cui sopra lo porta… tra i prosperosi seni. Nel 1530 il filosofo Erasmo da Rotterdam - autore del ben noto ‘Elogio della follia’ - consiglia, senza alcun ombra d’ironia “… Pulirsi il naso con la manica è segno di maleducazione. Vi assicuro che è corretto usare il fazzoletto da mano!”. Nel XIX secolo le scoperte della medicina, l’individuazione dei numerosissimi germi diffusi nell’aria che respiriamo e la produzione in serie con stoffe di cotone a basso costo ne hanno definitivamente decretato il ben poco nobile uso con cui oggi conosciamo “quei leggiadri quadratini”… ◆ Insider Cultura Narrano antiche cronache... 54 tappeti antichi “mille esemplari” Insider Mostre 56 Una vacanza che dura tutto l'anno Salvador Dalí. Il sogno si avvicina Milano, Palazzo Reale 22 settembre 2010 - 30 gennaio 2011 Torna a Milano dopo 50 anni il genio di Salvador Dalí, una mostra che indaga sul rapporto del grande artista spagnolo con il paesaggio, il sogno e il desiderio. La mostra, a cura di Vincenzo Trione, intende approfondire il rapporto tra l’artista spagnolo e il tema del paesaggio. Si tratta di un aspetto poco conosciuto dal grande pubblico che offre inattesi spunti di riflessione in merito al legame di Dalí con la pittura rinascimentale italiana, il surrealismo e la metafisica, in un processo che porta il pittore dal caos dell’inconscio al silenzio. Quadri che vogliono documentare un ‘altro’ Dalí: mistico, religioso, spirituale. L’allestimento della mostra, promossa dal Comune di Milano Cultura e prodotta da Palazzo Reale con 24 Ore Cultura, in collaborazione con Unipol Gruppo Finanziario e con il sostegno dell’Ufficio Spagnolo del Turismo di Milano, è curata dall’architetto Oscar Tusquets Blanca, amico e collaboratore di Salvador Dalí: autore, insieme con il Maestro surrealista, della sala Mae West nel museo di Figueras e del famoso sofà Dalilips. Info: www.comune-milano.it/palazzoreale resort Insider MOSTRE di Alessa n dra Vitto ria Fanell i RESPIRO (BREATH) Vicenza - Fondazione Zoé 8 ottobre - 21 novembre 2010 Respiro ma anche: anima, apnea, arresto, blocco, calma, fiato, fremito, fruscio, gemito, inspirazione, interruzione, ossigeno, pace, palpito, pausa, pneuma, quiete, rifugio, rilassamento, rumore, silenzio, soffio, sollievo, sonno, sospensione, sospiro, sosta, sussurro, tranquillità, tregua, vento, vita… Questi i temi della mostra Respiro (Breath) curata da Adelina von Fürstenberg e organizzata da ART for the World Europa per gli spazi della Fondazione Zoè a Palazzo Bissari, nella Loggia del Capitaniato, nel foyer del Teatro Comunale e presso lo Spazio Monotono di Vicenza, Respiro (Breath) proponendosi come un itinerario di installazioni artistiche in diversi spazi della città di Vicenza prevede, insieme una selezione di billboards (cartelloni) della Collezione Zambon Group, una serie di video ed audio installazioni che sviluppano tematiche legate alla respirazione, all’apnea e all’immersione. Info: www.fondazionezoe.it BRASILIA. UN’UTOPIA REALIZZATA. 1960-2010 Triennale di Milano 12 novembre 2010 - 23 gennaio 2011 La Triennale di Milano presenta ‘Brasilia. Un’utopia realizzata. 1960-2010’, una mostra che in occasione dei 50 anni dalla sua inaugurazione racconta le vicende che hanno condotto alla realizzazione della capitale brasiliana e ne descrive la storia nella sua eccezionalità e negli intrecci tra vicende politiche, culturali e sociali del Brasile di quegli anni. La mostra si articola lungo un percorso cronologico, dall’epoca coloniale a oggi, affiancando a materiali tecnici e documenti storici, aneddoti, storie personali, oggetti e testimonianze della vita quotidiana. Brasilia, che ricordiamo è stata progettata dal grande architetto Oscar Niemeyer, viene presentata come una cittàcapitale di fondazione, una città ancora oggi giovane, piena di contraddizioni e al tempo stesso di opportunità. Info: www.triennale.org G uardare lo scorrere del tempo, l’avvicendarsi delle stagioni e i loro colori, i profumi e la luce che mutano sotto i nostri occhi dipingendo con pennellate accese i boschi autunnali. Sembra un miraggio per chi vive giorno dopo giorno una quotidianità fatta di ufficio e traffico cittadino. Ma non lo è: nel parco di Veio, un residence ospita 46 appartamenti perfetti per chi ha bisogno di una sistemazione temporanea, durante un trasloco o una ristrutturazione, o per chi si trova in città solo per qualche settimana magari per lavoro, ma ideali anche per per una vacanza appena fuori porta o chi decide che, pur non volendosi allontanare completamente dalla propria rete di amicizie, impegni e abitudini, preferisce svegliarsi nella natura, tra animali, laghetti incontaminati e il fruscio degli alberi che circondano questi piccoli casali dal sapore inglese. Pensati per assicurare comfort e tecnologia con wi-fi, climatizzatore, allarme, fax, parcheggio, lavanderia, servizio di recapito posta... e un giardinetto privato davanti all’ingresso, dove godere di una dose extra di relax e serenità, che nella bella stagione si arricchisce anche di una piscina in cui si rispecchia una vegetazione rigogliosa. Sono piccoli cottage carattarizzati da una rustica eleganza, a pochissimi chilometri dalla città, collegati anche mediante una navetta che porta alla stazione che dalla Giustiniana arriva a San Pietro e assicura un trasporto lampo: solo venti minuti per arrivare in centro. Intorno agli appartamenti solo quiete e l’offerta della struttura: bisteccheria, ristorante-pizzeria, e l’eleganza del ristorante Il Picchio Rosso. Per un soggiorno indimenticabile. veio residence resort Via della Giustiniana, 906 Tel. +39 0630207264 - +39 0630361782, Fax +39 0630363148 [email protected] www.veioresidence.com Mostre 58 Cranach. L’altro Rinascimento Roma, Galleria Borghese fino al 13 Febbraio 2011 La Galleria Borghese propone per la prima volta al pubblico italiano la figura e le opere di Lucas Cranach il Vecchio, massimo esponente, assieme a Albrecht Durer, della rinnovata pittura tedesca del ’500. La mostra intende dare un’immagine complessiva della produzione artistica del pittore rinascimentale, artista di corte e innovatore, legato alle tradizioni fiamminghe ma contaminato anche dalle novità figurative italiane. Un indirizzo nel verde per una cena tra amici il corvo allegro Insider Mexico. Teotihuacan. La città degli Dei Roma, Palazzo delle Esposizioni fino al 27 febbraio 2011 Il più importante progetto espositivo interamente dedicato alla civiltà precolombiana di Teotihuacan (II sec. - VII sec. d.C.), “Teotihuacan. La città degli Dei” intende presentare al grande pubblico, e per la prima volta, la storia, l’arte e la cultura di uno degli imperi più prestigiosi, quanto misteriosi e affascinanti del centro - America che, prima degli Aztechi, dominò l’intera area mesoamericana. MOSTRE di Laura M o c ci L’UOMO, IL MITO E I PIACERI SENSUALI: IL RINASCIMENTO DI JAN GOSSAERT New York, Metropolitan Museum Fino al 17 gennaio 2011 Artista fondamentale per la maturazione dell’arte nord-europea, Jan Gossaert (1478/ 1532) viaggiando nei primi anni del Cinquecento tra Verona, Mantova, Firenze e Roma ebbe l’occasione di studiare l’antico e il Rinascimento italiano. Troppo sensuale per i collezionisti e mecenati fiamminghi, considerato il primo artista rinascimentale del nord dai meridionali, il pittore lavorò alla corte di Filippo di Borgogna favorendone i gusti umanistici. SHADOW CATCHERS, ovvero gli Acchiappaombre Londra, Victoria & Albert Museum Fino al 20 febbraio 2011 Fotografi che non usano la macchina fotografica, che per far emergere le immagini sulla carta utilizzano la chimica e la luce. La tecnica già utilizzata da MoholyNagy e Man Ray, è stata ripresa negli anni Cinquanta e Sessanta e ancora oggi viene adoperata allo scopo di far recuperare alla fotografia l’aspetto alchemico e magico. U na sensazione di intima bellezza, quella della campagna in autunno, quando ogni cosa si tinge di rosso e dona allo sguardo una visione vibrante e intensa, difficile da cogliere in città. Occorrono pochi minuti di macchina dopo l’ufficio per giungere a destinazione e godere delle ultime ore di luce immersi nella natura. Basta dare uno sguardo al parco: otto ettari rigogliosi in ogni stagione, abitati da daini, papere, porcellini e cigni, rallegrati dal canto dei molti uccelli e dal gracidare delle rane. In un tale scenario è impossibile non ritrovare immediatamente il buonumore, confortati da sapori veri, con un menu che è un inno alla grande tradizione della cucina italiana, dove emergono con forza i sapori di una materia prima scelta con cura ed elaborata con semplicità. Primi piatti e pesce freschissimo, verdure e tanta carne cotta alla griglia, senza tralasciare una bella scelta di dolci, un goloso carosello che non poteva certo dimenticare la pizza cotta nel forno a legna. Un menu che riesce a soddisfare anche i palati più capricciosi, mettendo d’accordo grandi e piccini, che troveranno qui tutto l’occorrente per trascorrere feste di compleanno in allegria, con giochi gonfiabili, animazione e intrattenimento musicale. Il Corvo Allegro, infatti, unisce alla sala con la grande veranda da cui godere una strepitosa vista sul parco, anche uno spazio disco pub, perfetta scenografia per le feste pomeridiane dei bimbi e quelle serali dei più grandi. Basta prenotare per trasformare una giornata qualsiasi in un momento di festa e di vacanza. Il corvo allegro Seven Hills Village Via Cassia, 1216 al km 13 Tel. +39 0630362751 (provenendo dal Raccordo, uscita n. 3) La Giustiniana Domenica aperto anche a pranzo www.ilcorvoallegro.it, [email protected] 60 61 Leggiamo in dolce relax Insider Vampiri in amore. Dinamica dei sentimenti nella saga di Twilight I personaggi della saga di Twilight osservati dagli occhi eruditi e appassionati di Sandra Avincola scoprono la loro emotività e il valore simbolico che sostiene la loro esistenza nella narrazione. L’autrice scopre tutti gli altarini e i segreti del più grande successo editoriale degli ultimi tempi. Stephenie Meyer si ricorda bene l’adolescenza e i suoi miti, Sandra Avincola ripercorre tutta la storia degli archetipi letterari e dei personaggi cui l’autrice americana si è ispirata. Si tratta di un’ analisi attenta e coinvolgente dei quattro volumi che compongono la saga. Particolare attenzione viene rivolta al romanzo incompiuto Midnight Sun di cui Sandra Avincola ci offre anche inedite traduzioni in Italiano. Il Vampiro è qui inteso come metafora della diversità e come struggente incarnazione dei pericoli connessi all’innamoramento. Autrice: Sandra Avincola Casa editrice: Terre Sommerse CONCERTO IN MEMORIA DI UN ANGELO Tutti i personaggi di questi nuovi, magnifici racconti di EricEmmanuel Schmitt hanno prima o poi una possibilità di riscattarsi, di preferire la luce all’ombra. Alcuni l’accettano, altri la rifiutano, altri ancora neppure se ne accorgono. Quattro storie legate tra loro che attraversano l’ordinario e lo straordinario della vita. Autore: Eric Emmanuel Schmitt Casa editrice: E/O LIBRERIA DEL BUON ROMANZO Chi, tra gli appassionati della letteratura, non ha mai sognato di aprire una libreria ideale dove si vendessero solo i libri più amati? Lanciandosi nell’avventura, Francesca e Ivan, i due librai, sapevano che non sarebbe stato facile. Come scegliere i libri? Come far quadrare i conti? Ma ciò che non avevano previsto era il successo. Un successo che però scatena una sorprendente sfilza di invidie e aggressioni. Autore: Laurence Cossé Casa editrice: E/O UN CERTO TIPO DI INTIMITà Con uno stile dalla sconvolgente lucidità Jenn Ashworth cattura il lettore e lo tiene avvinto dall’inizio alla fine, portandolo con sè attraverso la strana vita della giovane Annie. Uno sguardo lucido come pochi sul tortuoso cammino di quella che a conti fatti resta pur sempre la vita di una persona “misteriosamente” normale. Autrice: Jenn Ashworth Casa editrice: E/O Giulia Laruffa Insider Libri 63 Le immagini della fantasia 28ª Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia A Ritmo d’Incanto, fiabe dal Brasile di Laura Pagnini D D Il mondo dei bambini a portata di mano Feste a tema in costume, Baby Park, Magia Bimbi, Teatrino Burattini, Truccabimbi, Ballon Art, Dj e Baby Dance, Gruppo Musicale per bambini, Ambientazioni di Eventi Via Santa Cornelia, 5/A - Formello (zona industriale) tTel. 069075339 twww.videomartin.it t [email protected] [email protected] Noleggio Gonfiabili per interno ed esterno, macchine per POP CORN, zucchero filato e crepes, neve, fumo e bolle di sapone Bert al 17 ottobre al 19 dicembre a Sàrmede il Brasile è protagonista della 28ª Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia. Il piccolo borgo di Sàrmede, ai piedi delle Prealpi trevigiane, è ormai per tutti il “paese della fiaba”, un titolo che quest’anno gli è conteso proprio da quel Brasile in cui la produzione di fiabe e di storie fantastiche è variatissima. La particolarità di questa terra è infatti costituita da una tale mescolanza di razze, religioni e tradizioni, che diventa difficile distinguere dove finisca la fantasia e cominci la razionalità. Al grande omaggio a questo Paese partecipano un centinaio di illustratori che presentano le tavole originali create proprio per trasmettere l’emozione delle fiabe brasiliane. Insieme a questa grande mostra, Sàrmede presenta la tradizionale carrellata delle tavole originali con cui 38 illustratori di 21 Paesi hanno realizzato le più belle opere pubblicate nel mondo dall’editoria specializzata per l’infanzia negli ultimi tre anni. Inoltre, come ospite d’onore - essere invitati come ospite d’onore a Sàrmede equivale, nel mondo degli illustratori, a un Nobel alla carriera parteciperà a questa edizione l’italiana Beatrice Alemagna, illustratrice che ha già ottenuto molti riconoscimenti, ultimi il Premio delle Biblioteche di Taiwan, il “Nati per Leggere” alla recente edizione del Salone del Libro di Torino e il Premio Andersen 2010. I suoi 20 libri illustrati sono già stati tradotti in venti lingue ed hanno portato le sue illustrazioni in tutto il mondo. Invitata a questa edizione è anche l’illustratrice e scrittrice belga Kitty Crowther, quest’anno vincitrice del Premio letterario Astrid Lindgren Memorial Award (ALMA), in assoluto il maggiore riconoscimento mondiale per la letteratura per l’infanzia. Con l’edizione 2010 Sàrmede conferma la propria vocazione a trasformare l’annuale mostra in un vero e proprio Festival della Fantasia. Quattro sono le esposizioni presentate: la monografica dedicata al Brasile, la tradizionale grande esposizione del meglio di quanto pubblicato nel mondo, la mostra omaggio riservata a Beatrice Alemagna e una mostra degli allievi della Scuola Internazionale d’Illustrazione di Cima Sàrmede, esposta al Museo Zavrel, dal titolo “Vele, nuvole e tempeste”, Marco Polo, Tiepolo e Giorgione, tre grandi veneti interpretati dalla Scuola Internazionale d’Illustrazione. Le mostre sono corredate da incontri, attività didattiche, letture animate e concerti. Il tutto intorno alle due sedi espositve: il Municipio, definito “la Cappella degli Scrovegni della Fiaba” per gli affreschi fiabeschi che lo rendono unico al mondo e il Museo Štepán Zavrel, che accoglie le opere del celebre illustratore boemo che 28 anni fa diede vita al mito di Sàrmede ◆ Info: tel. +39 0438/959582, [email protected], www.sarmedemostra.it Freudenreich Insider Fumetti Insider 64 Salute e benessere con XanGo, un frutto che viene da lontano L di Alessandra Vittoria Fanelli L a mangostina (Garcina mangostana) è un frutto orientale che nasce prevalentemente nel Sud Est asiatico. Nei tempi passati gli indigeni locali chiamavano questo frutto ‘Regina della Frutta’ e lo veneravano per il suo sapore e le sue proprietà nutrizionali. Dopo averne scoperto le proprietà terapeutiche, Jo Morton, co-fondatore di XanGo, azienda americana leader mondiale di prodotti per la salute e benessere, che nel 1997 si trovava in Thailanda per motivi professionali, decise di estrarre da questo frutto, composto da una scorza violacea, una polpa carnosa e succosa, una bevanda straordinaria che cattura la freschezza, la dolcezza, il sapore intenso e il colore naturale del frutto mangostano. Il succo di polpa ricavato dalla mangostina, la cui formula è di proprietà della azienda con sede nello Utah, contiene la fonte più concentrata in natura di xantoni e una grande massa di flavonoidi, potenti fitonutrienti. Da questo incredibile prodotto botanico i ricercatori della XanGo hanno prodotto e commercializzato il Succo XanGo©, una bevanda alimentare (non curativa) entrata a far parte della dieta salutistica quotidiana i cui benefici assicurano un ritorno al vigore giovanile. Praticamente un integratore nutrizionale. Il prodotto è stato presentato ufficialmente in Italia lo scorso ottobre alla stampa specializzata del settore della salute e benessere e verrà unicamente distribuito sul mercato italiano solo attraverso una vendita ‘porta a porta’, praticamente un passa-parola tra i consumatori che amano il gusto di questa bevanda che ricorda un concentrato di frutti di bosco. www.xango.com ◆ PUNTI VENDITA SUPERCOSE Via Cassia, 2019 - Tel. 0630884600/9 Via A. G. Bragaglia, 100 (zona Olgiata) - Tel. 0630888390/3 www.supercose.it 67 Si fa presto a dire CACIO di Antonella De Santis Latte crudo “A latte crudo” è una denominazione che indica che il latte usato non viene prima pastorizzato, ovvero riscaldato (a 72 gradi) per eliminare ogni batterio, processo che riduce anche vitamine e flora batterica “buona”, quella che dona personalità e caratteristiche nobili al formaggio. Pastorizzare significa appiattire sapori e varietà. Il latte crudo richiede attenzione allo stato di salute del bestiame e alle fasi di produzione che preferibilmente devono avvenire nel luogo dei pascoli. Non solo cantina Famoso per la sua bontà e la fortuna di cui gode nonostante le periodiche polemiche legate alla tecnica difficilmente contenibile da regolamenti comunitari, il formaggio di fossa ha una sua antichissima tradizione nelle Marche e in Romagna (nello specifico a Sogliano al Rubiconde, a Talamello e a Sant’Agata Feltria). Stagionato in autunno all’interno di fosse scavate nella roccia, in origine per difenderlo da razzie, acquista i caratteristici sentori di muschio, zolfo, tartufo che lo rendono un prodotto da meditazione di grandissimo interesse. S S i fa presto a dire cacio: latte e caglio e poco più. Ma è quel poco più che fa la differenza: le razze degli animali, la diversità dei pascoli e la qualità dell’erba, la sapienza dell’uomo che trasforma, affina, stagiona e che testimonia la grande capacità di adattamento e valorizzazione del proprio ambiente. Quello dei formaggi è un mondo vasto e raffinato, che percorre l’Italia intera raccontando storie di uomini e di animali, di tradizioni e cultura gastronomica, geografica, sociale. Alla fine degli anni ‘80 l’istituto nazionale di sociologia rurale censì circa 400 tipi di formaggio, una stima di certo per difetto ma che non rappresenta i formaggi reperibili, molti legati a piccolissime realtà non commercializzate o a piccole varianti locali. Negli ultimi anni un consumo più consapevole ha portato alla conoscenza e al salvataggio di specialità che la grande distribuzione stava schiacciando (non facciamoci illusioni, in gran parte ancora accade) in favore di prodotti più incolori e standardizzati. Oggi il formaggio è apprezzato, conosciuto e riconosciuto, non più considerato rozzo alimento di pastori come nei tempi passati. Ma quale è il fenomeno per cui il latte, da liquido e deperibile si solidifica e diventa conservabile? Tutto nasce da un processo batterico che separa la componente proteica e lipidica del latte da quella acquosa, la coagulazione avviene per l’acidità o grazie a un attivatore, detto caglio, che viene aggiunto al latte. Di origine vegetale (latte dei fichi, estratto Mai provato con il miele? di carciofi), ma più di frequente di origine animale: dallo stomaco di bovini o ovini. Tra tutti il più efficace, ma che cede un sapore molto forte al formaggio, è quello di capretto. Vi sembra un alimento da vegetariani ortodossi? La caseina, tra i 28 e i 38 gradi, si coagula e trattiene una parte dei grassi, formando la cagliata, generalmente rotta per facilitare la separazione dal siero. A questo punto la cagliata può essere di nuovo cotta a diverse temperature, fusa oltre i 100 gradi, pressata, filata (cioè fatta maturare nel siero caldo acido, poi tirata a mano, come nella mozzarella, nel provolone o nel caciocavallo) oppure lasciata cruda. Sono crudi tutti i formaggi freschi e a pasta molle, come stracchino, crescenza, tome, quartirolo, formaggi che subiscono una piccola stagionatura, il cui sapore è delicato, con sentori erbacei e lievi note acidule, ma sono a pasta cruda anche foraggi duri e semiduri come castelmagno o bra, dal gusto più spiccato. Dopo la messa in forma c’è la salatura e la stagionatura, che varia da poche settimane e diversi anni, come nel bitto, in locali con temperatura intorno ai 10-15 gradi e umidità alta e costante, con una continua cura delle forme, lavate e unte per evitare attacchi di parassiti e spaccature, Il formaggio “nasce” durante la stagionatura: perde acqua, si compatta, grassi e proteine si trasformano e gli zuccheri residui fermentano, il colore diventa più giallognolo e i gas che si formano a volte creano l’occhiatura, i famosi “buchi”. Il latte è diventato formaggio. I matrimoni di gusto, tradizionali o azzardati, volti a esaltare sapori e caratteri unici di ogni prodotto e la straordinaria varietà del patrimonio italiano, sono sempre più diffusi. L’uso di accompagnare il formaggio con mieli e marmellate è molto antico, il connubio perfetto l’asseconda senza mai sovrastarlo, per assonanza o contrasto: ad esempio un formaggio dolce con una confettura o una marmellata e uno piccante con una mostarda, o al contrario, un erborinato, molto saporito, con del miele. I mieli hanno consistenza diversa, e diversi profili: delicato (acacia), aromatico (millefiori), intenso (castagno), balsamico (tiglio), amarognolo (corbezzolo), fino alla melata che avvicina molto le confetture, ogni formaggio trova quindi il compagno ideale. Insider Gastronomia Insider Gastronomia 68 69 Insider dal 1929 Le stagioni e i luoghi del latte Un buon formaggio racconta del pascolo e delle stagioni, perché il latte cambia secondo l’alimentazione del bestiame e un buon prodotto non ammette livellamenti, ma cambiamenti e differenze rappresentano un pregio. In inverno il fieno sostituisce l’erba fresca delle stagioni calde, quando il latte è più ricco e profumato e il formaggio più saporito. Allo stesso modo i pascoli di montagna usati nei mesi estivi, tra i 1300 e i 2300 metri, detti alpeggi o malghe, sono migliori: qui l’erba è più aromatica e l’ambiente incontaminato. Il latte prodotto si trasforma in loco, dove inizia anche la stagionatura fino ai primi freddi. Degenerazioni golose: blu e a crosta fiorita Per qualcuno è una prelibatezza irrinunciabile, per altri, la presenza di muffe fuori o dentro la forma, rappresenta un elemento di forzato rigetto. Tant’è che chi si avvicina al vasto universo caseario non può ignorare la variegata famiglia delle muffe che si presenta con diversi aspetti: l’innocente e morbido bianco che riveste brie, toma o camembert altro non è che la manifestazione della presenza della microflora fungina, che altrove si rivela attraverso pigmentazioni e macchioline. Dall’aspetto più o meno compatto e uniforme, con o senza efflorescenze di colore rossastro o tendente al blu, sono formaggi a crosta fiorita, con patina e a crosta lavata, cioè spugnati periodicamente con diverse soluzioni per favorire una specifica crescita batterica. Batteri, funghi, spore e muffe sono dunque una presenza consueta per i formaggi, anche sotto mentite spoglie. Altro discorso per gli erborinati: striature verdognole o blu segnalano immediatamente la presenza di muffe sviluppatesi naturalmente o provocate mediante la foratura delle forme: è il caso del gorgonzola, del blu del Monviso o dell’inglese stilton ◆ Vini Zona: la nuova dimensione del vino a 4 stelle Il desiderio di realizzare un prodotto di qualità fatto di profumi, di sapori, di sensazioni, di percezioni, di emozioni, di pensieri che includono la bellezza, il ritmo e la poesia tra le sue componenti fondamentali Cantine: Abruzzo, Puglia, Sicilia, Campania, Trentino Alto Adige, Piemonte Contatti: [email protected] Il pane, dalle origini al giorno d’oggi Famoso per la magnifica offerta di pane e pizze, i dolci dell’antica Roma e la gastronomia d’autore, per le specialità artigianali e le vetrine incantevoli, Panella è anche un punto di ritrovo, ideale per una sosta raffinata e gustosa. Dalla colazione al pranzo, per continuare col ricco aperitivo che dalle 18 alle 22 colora il buffet di piatti sfiziosi: insalate di cereali, tartine, fritti e originali stuzzichini da accompagnare con vino, cocktail, birre artigianali. Fantasia e qualità firmate Panella che si spingono anche oltre l’orario di negozio, approfittando della piazzetta arredata con gusto e raffinatezza. Qui ci si può fermare per la cena, gustando piatti originali dove è forte il richiamo all’arte bianca: pizzicotti di pasta di pizza cacio e pepe o al pesto, insalate nei cestini di pane, timballini e selezioni di formaggi e salumi su taglieri anch’essi di pane, strudel salati e altre proposte in armonia con i prodotti di stagione. A settembre sono fichi (immancabili col prosciutto nella pizza bianca), uva, cachi a farcire le specialità di fine estate e a riempire le cornucopie dell’abbondanza. 00185 Roma J Via Merulana, 54 - 55 - Largo Leopardi, 2-10/A J Tel. 06 4872344 - 06 4872435 - 06 4872651 J Fax 064872344 www.panella-artedelpane.it APERTO LA DOMENICA DALLE 8.30 ALLE 13.30 percorsi del buon gusto Dalla sera alla notte tra gourmet e osteria. Accade al Combal.zero di Rivoli, che per il Salone del Gusto ha aperto a tarda ora le sue cucine per trasformarsi in Piola, la tipica osteria piemontese. Combal vs Piola: il gusto è servito Il west, il sole, la natura wild west Sapori d’autunno Combal.Zero Cucina a regola d’arte Uno sguardo alle colline torinesi e alla serie di Fibonacci di Merz, e via, nel cuore dell’elegante sala del Combal. Tovaglie, poltroncine, fiori e qualche opera (come la foto della performance di Vanessa Brecroff che vede commensalimodelle a tavola), servizio attento e professionale con qualcosa in più: la misurata confidenzialità che lascia sfuggire, laddove graditi, una battuta, un commento leggero, il gioco del rilancio nella scelta dei vini (magnifica lista). Nella degustazione pensata per il Salone una rincorsa tra vecchio e nuovo. Il doppio binario parte da un poker di amuse-bouche per lanciarsi nella semplicità di un’albese di merluzzo, con pomodoro alla birra servita con una Peroni Gran Riserva in abbinamento, subito prima delle bellissime ostriche con lemongrass, ananas, peperoncino, uno dei piatti più interessanti, dove lo spunto pungente del lemongrass accompagna un meraviglioso cambio di temperatura: dal freddo frizzantino iniziale dal vago ricordo thai, all’avanzare del peperoncino che si fa strada e scalda il tutto. Ancora tradizione, con l’interpretazione quasi didascalica del polpo alla luciana, impepata di cappesante con la svirgolata della seppia al coriandolo. La matrioska di Tropea congeda dal pesce, con una farcitura di caviale e liquirizia a strati alterni, da sorbire con una deliziosa e delicatissima gelatina di cipolle. Incantevole. Il ritorno al classico è suggellato dalla “cornice” dorata del piatto, un soufflè di maccheroncini con ragout e salsa di Grana: l’opulento del pranzo della domenica. Poi ancora maialino, lumache e una girandola di sapori, ricchezza e povertà, con il virtuosismo della patata orizzontale: un percorso tra qualità e preparazioni diverse per nobilitare il più umile degli ingredienti. Al momento dei dolci la fusione a freddo ricorda che qui si fa sul serio: tanti pezzettini di frutta in tre preparazioni e una base che reagisce con l’acqua frizzante (peccato sfugga dalla stagionalità). Un capolavoro di freschezza e sapori, consistenza e la prova d’abilità del tuorlo d’uovo riempito di crema alla vaniglia. Il parfait di ciocccolato segna la chiusura del menu classico. In ultimo, per tornare bambini, palloncini e minismarties! La Piola Il gusto carbonaro Ore 24, si va in collina, come carbonari si prende un taxi e si sale verso Rivoli e il suo castello. Chi è automunito carica amici e conoscenti per andare alla Piola. La Piola? Si, l’osteria, quella che in Piemonte ospitava partite a carte e bicchieri di barbera. Oggi la Piola reloaded è sul retro del Combal.zero, ristorante ultrachic che unisce design, sperimentazione, fantasia a un servizio in grande stile. A notte fonda le stanze di servizio e il gazebo da fiera si aprono, qua e là sedie e panche, i tavolini appoggiati alle pareti si riempiono a ondate di piatti caldi e freddi, le bottiglie vengono aperte, magnum di champagne, barolo, l’occorrente per gin tonic e altre diavolerie che fanno la gioia dei cultori dei drink mescolati. Al primo sguardo si capisce tutto: questo è un ritrovo tra amici che si incontrano per chiacchierare e spizzicare quel che c’è in casa. Si aprono le danze con salumi e formaggi, poi a sorpresa il vitel tonné, che per molti è un insipido stratificarsi di carne e salsa, ma quando realizzato a dovere svela lunghezza e delicatezza di sapori. Poi direttamente nelle pentole ci sono lingua, purè, pasta e fagioli e il bollito, del resto siamo in Piemonte. La differenza qui è nel come, non nel cosa: cultura culinaria e materia prima, preparazioni a regola d’arte e spirito conviviale. Tutto lì, a disposizione, tra chef, blogger, critici e produttori che chiudono le lunghe giornate del salone senza mai cedere al sonno e alla stanchezza. Si parla, si scambiano idee, lo stellato esce a giocare con gli ospiti e ci si ritrova tutti qui a notte fonda, per celebrare il salone dei gourmet e dei golosi, degli chef e dei curiosi. Combal.zero Piazza Mafalda di Savoia Rivoli (TO) Tel. 011.9565225 www.combal.org Antonella De Santis U n ritorno alla campagna, alla cucina semplice e robusta, al calore e all’initimità di una serata davanti alla brace. Viaggio a un passo da Roma, ma in un’atmosfera che racconta di terre lontane, di pionieri e praterie, per vivere il sapore di un’avventura nel lontano ovest. Qui infatti una distesa verde, con un bosco naturale e graziosi laghetti, ospita Wild West: un angolo di quel lontano mondo dei nativi d’america e dei pionieri, di frontiera e d’avventura. Ci si arriva per un aperitivo al tramonto, si rimane per la cena, ascoltando l’ottima musica di sottofondo, affascinati dall’atmosfera da film e dalla bellezza sorprendente di questo parco appena fuori dal caos della città. Un cancello segna il confine verso l’ovest, con un toro a grandezza naturale che accoglie gli ospiti in questo piccolo viaggio oltre frontiera. All’interno, la sala che ricostruisce perfettamente la scenografia dei film di cow boy: la banca e la prigione (che ospita un tavolo per piccole comi- tive) e ovunque selle, vecchie Colt, cinturoni, frecce, totem, targhe, tutti pezzi originali che accompagnano in questo viaggio che parte dalla buona tavola. Il menu, naturalmente, non può che cedere al richiamo della carne, con una vasta selezione italiana e straniera da cucinare sulla griglia a legna: fiorentina danese, scottona irlandese, entrecote del Nebrasca, bisonte canadese, carne argentina, bistecca fiorentina DOC, alette e coscette di pollo. Una cucina robusta e saporita che non dimentica antipasti Tex Mex, insalate, contorni gustosi come le bucce di patate fritte e le verdure grigliate, e il sabato e la domenica a pranzo anche primi piatti, da accompagnare con vini e birre. Si chiude in dolcezza, con crostatine e dolci caldi dello Chef, scaldati dalla stufa al centro dalla sala o ospitati dall’ampio spazio all’aperto, da cui osservare i tanti animali: papere, cigni, daini, maialini, che faranno la gioia dei più piccoli. Per chi non resiste al vizio del fumo, una sala riservata da cui godere della vista incantevole del parco. wild west - Steak House Via della Giustiniana, 906 Tel. +39 0630207222 Aperto tutti i giorni dalle 19, sabato e domenica anche a pranzo Chiuso il lunedì www.wildweststeakhouse.it 73 N N Al Bicerin, un nome, un sapore di Antonella De Santis Locali storici on è dietro l’angolo, almeno non è dietro l’angolo se a abitate a Roma, se invece vi trovate in zona quadrilatero o giù di lì arrivare al Bicerin non sarà impresa così ardua. Partiamo con ordine. Già sapete della “minimonografica” dedicata a Torino: approfittando del Salone del Gusto ci siamo concessi un piccolo diversivo nel capoluogo piemontese e per questo abbiamo deciso di declinare alcune nostre rubriche in versione “turin”. Per quanto riguarda il locale storico, non avevamo che l’imbarazzo della scelta: la città ospita ben due locali che risalgono al ‘700 e altri del secolo successivo. Ci armiamo di guida e raggiungiamo Piazza della Consolata, dominata dal Santuario omonimo, richiamo per i fedeli che dopo il digiuno per prendere la comunione e nel periodo quaresimale si rifugiavano nel caffè dirimpetto per cercare sostentamento nelle sue calde bevande. Appena aperto, nel 1763 il locale aveva un aspetto diverso da oggi, mentre è all’inizio del secolo successivo che viene ristrutturato insieme all’intero palazzo: fanno la loro comparsa le boiserie in legno e gli specchi, i tavolini in marmo e il bancone in legno, i barattoli per i confetti e la cornice esterna, tutti elementi conservati fino a oggi, che danno a questo piccolissimo caffè l’aspetto attuale ricco di suggestione. Il locale presto si impose per l’invenzione della bevanda da cui prende il nome e che è diventata simbolo della città: il Bicerin, così chiamato dal bicchiere in cui era servito, unisce caffè, cioccolato e latte. Era amatissimo da tutti e nel piccolissimo caffè gentildonne e servette, distinti signori e cocchieri stavano gomito a gomito in attesa di bere questa golosità. Un locale dalla gestione femminile che aprì, attraverso la strada della gola, le porte alla democratica convivenza di ceti sociali diversi e all’uso, fino ad allora impensabile, della frequentazione dei caffè da parte delle signore. Potere della gola! Oggi entrare qui significa rivivere le atmosfere ottocentesche, sentire la presenza di tanti personaggi famosi che hanno sostato ai piccoli tavolini, uno accanto all’altro. Ci furono Cavour, Pellico, Puccini, e molti intellettuali e scrittori vi si fermavano per discorrere, riflettere e rinfrancarsi dal freddo: Gozzano, Calvino, Soldati, ma anche stranieri come Dumas padre e Nietzsche. Una presenza continua che passa per Maria Josè e Umberto II prossimi all’esilio e arriva a Macario e Wanda Osiris e ai nomi di oggi. Qui clienti noti e semplici golosi si fermano per gustare il bicerin con la ricetta originale dell’epoca, uno dei nove tipi di zabaione, cioccolata, torte e biscotti, oppure si accomodano nella bottega accanto, dove nocciolini di Chivasso, Krumiri rossi, chicchi di caffè ricoperti, marmellate e tante altre deliziose specialità sono selezionate per offrire a ognuno la possibilità di portare con sé un delizioso souvenir ◆ Caffè Al Bicerin Piazza della Consolata, 5 Torino, tel. +39 011 4369325 www.bicerin.it Insider Insider Vini 74 75 LE CORTI DEL PRINCIPE CORSINI è la Fattoria a vocazione vitivinicola della famiglia nobiliare Corsini, che dal 1427 produce vini e olio di oliva di grande pregio L di Alessandra Vittoria Fanelli L a famiglia Corsini, toscana di origine, una delle più antiche e prestigiose famiglie nobiliari italiane, nel corso dei secoli ha saputo distinguersi in tutti i settori imprenditoriali, politici ed ecclesiastici (basti ricordare il famoso e controverso Cardinale Lorenzo che divenne Papa nel 1730 con il nome di Clemente XII). Giunti nel 1100 a Firenze provenienti dalla zona di Poggibonsi, nei secoli i Principi Corsini divennero proprietari di due tenute a grande vocazione vitivinicola: dal 1400 La Fattoria Le Corti, situata nel cuore storico della produzioni chiantigiana e dal 1700, più a sud, affacciata sulla costa maremmana, la Tenuta Marsiliana. Da allora Duccio Corsini, ultimo erede del casato nobiliare, ha fatto diventare famose in tutto il mondo queste splendide tenute, producendo vini e olio d’oliva sempre più eleganti nel bouquet grazie alla particolarità dei loro territori. Stemma Principe Corsini I terreni della Fattoria Le Corti, che si estendono per 256 ettari di cui 49 a vigneto, sono circondati da vigne, olivi, boschi e case coloniche e ‘segnate’ da un grande pino marittimo. La Fattoria Le Corti fa da cornice all’imponente villa situata in collina denominata Villa Le Corti, una torre difensiva ricostruita nel Seicento dal pittore e architetto Santi di Tito seguendo lo stile sobrio del rinascimento toscano. Le due torri, pur dandole slancio, conservano la solidità di tempi ancora più remoti. Sotto la mole di Villa Le Corti si trovano le monumentali cantine e l’orciaia, già dichiarate monumenti nazionali. Dopo una serie di interventi di ristrutturazione nella Villa Le Corti sono state inaugurate l’Enoteca e il Ristoro delle Corti dove si possono acquistare i vini e l’olio prodotti nella stessa tenuta e i vini della Tenuta Marsiliana, situata nella maremma grossetana. Ambienti caldi, raffinati dove scegliere con cura i grandi vini e il pregiato olio d’oliva ricavati dalla tenuta, a forte connotazione territoriale, dei Principi Corsini. Stessa atmosfera si ritrova nel Ristoro delle Corti dove, solo a colazione, si possono assaggiare gustosi piatti della tradizione toscana secondo un menu stagionale che viene rinnovato ogni settimana. Alla Fattoria Le Corti i vigneti esposti prevalentemente a sud vengono coltivati a Sangiovese che trova in quest’area la sua massima espressione. Affiancato da altri tipi di uve a bacca rossa, come i tradizionali Canaiolo e Colorino e l’internazionale Merlot, si produce così il raffinato Chianti Classico. La Fattoria Le Corti conta anche oltre 13.000 piante di olivo che si estendono su circa 70 ettari di superficie: il cultivar prevalente é il celebre Frantoio, seguito dal Moraiolo e Leccino. Le olive vengono completamente lavorate in modo artigianale così come la raccolta è manuale e la frangitura avviene Insider Vini Vini 76 Una serata in un caldo rifugio Enoteca Ristoro rigorosamente entro le sei ore. Una lavorazione che permette di ottenere un olio extra vergine dal profumo intenso e fruttato che ricorda la mandorla e il cardo, unico nel suo genere. Oltre all’olio extra vergine di oliva, viene prodotto anche un Dop Chianti Classico da coltura biologica certificata. E per gli appassionati del paesaggio toscano a Villa Le Corti, oltre all’Enoteca e al Ristoro delle Corti è possibile entrare nelle sale e nei giardini che si aprono in occasione di eventi, immaginati proprio sull’equazione tra territorio e storia, tra natura e cultura. Un esempio? Quello del Maggio Musicale Fiorentino, una collaborazione di lunga data che lega Duccio e Clotilde Corsini, ultimi discendenti del casato nobiliare, alla talentuosa rassegna musicale fiorentina che in questi anni ha avuto come palcoscenico proprio la villa, trasformata per l’occasione in un teatro di musica all’aperto. Vini, olio, musica, perfetta sintesi per un viaggio a Villa Le Corti ◆ gourmet Insider I l calore di una casale di campagna, dove il legno, la pietra antica, i dettagli d’epoca regalano una sensazione intima e avvolgente. Un rifugio perfetto per lasciarsi alle spalle freddo e pioggia, circondati da dettagli e attenzioni speciali. Come fermi in un mondo incantato, dove ogni particolare racconta una storia di eleganza e intimità, dove una calda ospitalità si respira nei molti angoli del locale: il salottino in cui fermarsi a conversare, la sala con il camino da cui guardare i pellicani sornioni nel cortiletto, la stanza con il pianoforte, la veranda affacciata sul parco, uno spazio ricco di piante che ne fanno un giardino segreto e infine la saletta privata, riservata solo per due. Un po’ ovunque sono sparsi, con apparente casualità, lampade, foto d’epoca, oggetti antichi, ricordi e tocchi personali che circondano ogni ospite di intimità e calore, per accompagnarlo in una cena raffinata, in cui la semplicità della realizzazione sposa la qualità della materia prima e la grande tecnica artigianale: pane, dolci, grissini, carne essiccata, pasta fresca e secca, tutto viene realiz- zato dallo chef. Un continuo omaggio alla cultura gastronomica italiana che non teme qualche spunto creativo. Si passa così ai prodotti di terra: caprino in crosta phillo con la nostra mostarda di pere, zuppa di funghi porcini in crosta con battuto al rosmarino, filetto di maiale in camicia di provolone di bufala, tartufo bianco (secondo stagione); ai prodotti di mare: gamberoni al vapore con carciofi all’arancio, nero tortello di spigola con zabaione di zucca al dragoncello, trancio di ricciola limonato con chips di carciofi; infine ai dolci: fazzoletto croccante al limone con salsa allo smeraldino di brandy, tortino tiepido di mela annurca al Calvados. Una scelta di piatti raffinati da accompagnare a una delle 500 etichette della bella cantina, scelte da un sommelier sempre presente per consigliare e seguire ogni ospite con professionalità e discrezione, occupandosi del rito del servizio del vino fino all’uso spettacolare della sciabola, per chi preferisce il rito più suggestivo per lo champagne. Nel salotto dei distillati, la possibilità di trascorrere ancora momenti di delizioso relax. Il PICCHIO ROSSO Via Cassia Km 13, Via Italo Piccagli, 101 (provenendo dal Raccordo, uscita n. 3) Tel. +39 0630366468 Ambiente Climatizzato, aperto solo la sera, chiuso la domenica. Piano bar venerdì e sabato. Si accettano tutte le carte di credito. Parcheggio custodito www.ilpicchiorosso.it, [email protected] Insider Gusto 78 79 ALBERI MONUMENTALI L’ “U LIVONE” DI CANNETO SABINO F di Luciano D’Abramo F orse c’è un po’ di leggenda nei racconti che Alto circa 15 mt e in grado di produrre in un anno anche 12 attribuiscono l’introduzione della cultura quintali di olive, nella parte più stretta misura una circonferenza dell’ulivo (Olea europaea) e della relativa di 5,60 mt, che raggiunge i 7,20 mt nella parte mediana. tecnica di estrazione dell’olio, ai fenici, direttamente nelle Nella sezione bassa del fusto, prossima alla ceppaia, presenta zone dell’alto Lazio, da cui poi si sarebbe estesa verso nord, una cavità originata in tempi remoti da una vera e propria in particolare in Toscana e Liguria e, contemporaneamente, carie della pianta, che lo ha parzialmente svuotato all’interno. verso sud, in Sicilia e Calabria, Ma la forza e la tenacia dell’ulivo sempre per opera di navigatori sono riuscite a prevalere, tanto che, L’ulivo, dono fenici o cartaginesi. negli ultimi decenni, si è assistito degli dei agli uomini Fatto sta che uno tra i più grandi, alla formazione di nuovi tessuti Secondo la mitologia, Atena affidò l’olivo vetusti e maestosi ulivi che possiamo tendenti a restringere lo spazio ai Greci come il dono più prezioso per gli a tutt’oggi trovare in tutto il mondo, cavo, ancora abbastanza grande uomini. vivo e vegeto nella sua rigogliosa comunque da fornire ai bambini un Già nelle colonie della Magna Grecia, chioma, è proprio lì, nella zona di sicuro nascondiglio. insieme alla coltivazione dell’ulivo si diffuse Canneto Sabino, in provincia di Riguardo all’età della pianta, rapidamente la cultura della venerazione Rieti. esistono due diverse tesi. La prima di queste piante, tanto che molte “are”, Si tratta del famoso “u livone” - così le assegna circa un millennio di erette in onore di diverse divinità, furono chiamato dagli abitanti del posto anni, facendola risalire alla prima costruite in modo da comprenderle nel - che, secondo alcuni studiosi, grande campagna di bonifica loro spazio sacro. è lì da almeno un millennio a della zona di Canneto, da parte sfidare intemperie, lunghe siccità dei monaci benedettini farfensi, i e improvvise gelate; ma anche quali vi avrebbero fondato, intorno a raccogliere meritatissime cure da parte dei proprietari e all’Anno Mille, un loro presidio di cui oggi resta traccia nella sguardi carichi d’ammirazione dei gitanti, giunti da chissà struttura della casa Tanteri e nella cappella della Madonna dove, proprio per ammirarlo. della Neve. A sostegno di questa ipotesi sta il fatto che fino al 1870 - anno in cui la famiglia Bertini, attuale proprietaria, lo acquistò dal Capitolo del Monastero - l’appezzamento su cui sorge l’olivone figurava tra i latifondi di Farfa. Una seconda tesi, invece, vorrebbe farlo risalire a circa 2000 anni fa e precisamente ai tempi del Re sabino Numa Pompilio, che avrebbe dedicato uno spazio sacro in questa zona al culto della dea Vacuna, divinità dei campi e della natura, a cui venivano offerti, nei riti a essa dedicati, i piccoli fiori bianchi dell’olivo. Ma l’“u livone” non è soltanto un simbolo della potenza e magnificenza della natura, quanto la testimonianza dell’attaccamento alla propria terra, alle sue tradizioni, ai suoi frutti ottenuti con il duro lavoro. Riporta infatti lo scrittore Giuliano Pastiglia - in un libro dedicato proprio alla storia dell’olivone - un racconto secondo cui l’anziana signora Bertini, poco prima di morire, avesse chiamato un monaco benedettino per ricevere gli estremi conforti religiosi. Poiché a quel tempo era tradizione che, in punto di morte un possidente lasciasse, in segno di devozione e pentimento, una donazione alla Chiesa, il monaco sollecitò la signora a donare l’olivone. Ma la donna rifiutò fino all’ultimo, sebbene il benedettino le negasse l’estrema unzione, “quasi che l’olivo rappresentasse il simbolo di una vita di duro e onesto lavoro e prevalesse in lei non l’orgoglio, ma la convinzione che fosse un baluardo della sua famiglia, il segno della sua unità trasmissibile ai discendenti”. Se passate da quelle parti dunque, non esitate a raggiungere la tenuta dei fratelli Bertini, che saranno molto lieti di mostrarvi il loro magnifico albero. La vista della sua maestà e imponenza vi ripagherà ampiamente del viaggio affrontato. L’olio d’oliva: alimento di qualità, rimedio prezioso Elemento essenziale della celebrata “dieta mediterranea”, abbassa il tasso di colesterolo nel sangue, risolve facilmente piccoli problemi di stipsi, è lenitivo per l’ulcera gastrica e favorisce l’attività diuretica. Recenti studi ne hanno dimostrato inoltre l’efficacia nel trattare l’ipertensione. Infine, utilizzato come unguento nei massaggi, costituisce un valido aiuto contro l’artrite, l’emicrania e la caduta dei capelli ◆ Insider Gusto Insider Garden 80 81 ATTENZIONE, PIANTE PERICOLOSE! PERGOLE E STRUTTURE PER ESTERNI Via di Santa Cornelia, 5 - Zona Industriale Formello (RM) Tel. 06 90400430 - Fax 06 90405016 [email protected] - www.sunshop2.it di Angelo Troiani L L Tulipano e specie dotate di sostanze tossiche sono una netta minoranza rispetto all’intero regno vegetale. La presenza di queste sostanze è stata giustificata scientificamente attraverso diverse ipotesi, la più semplice e ovvia consiste nell’esigenza del vegetale di possedere un’arma di difesa contro animali e altri vegetali. È molto difficile che un adulto decida di cibarsi di una parte di pianta, diverso però è il caso di bambini o piccoli animali domestici, che non sono in grado di comprendere la pericolosità di alcune bacche, foglie, bulbi, tuberi, rizomi ecc... Quando una pianta è tossica per contatto, è raro che le conseguenze siano gravi, ma in caso di manipolazioni prolungate si possono verificare delle fastidiosi dermatiti. È bene ricordare che tutte le piante contengono una serie di sostanze attive, dalle più banali (vitamine e minerali), alle più complesse, come alcaloidi e glucosidi, che possono svolgere un’azione sull’organismo umano e animale. Ci sono vegetali di per sé assolutamente innocui, ma che involontariamente suscitano reazioni disastrose negli esseri umani. Come si sa sono sempre più numerose le persone che soffrono di allergie provocate dal polline; la colpa è di quelle piante che affidano al vento la dispersione del loro seme (paritarie, betulle, tigli, ippocastani, platani ecc...), che produce irritazione e bruciore agli occhi e al naso, con starnuti ripetuti e secrezione nasale continua, fino al termine della fioritura. E ora ecco un elenco delle piante verso cui prestare attenzione e che abbastanza comunemente possiamo trovare nei giardini e terrazzi cittadini. Gli iris, dai bellissimi fiori, hanno la parte aerea che non va assolutamente masticata in quanto può creare fastidiosi disturbi intestinali. Il nerium oleander (oleandro) è velenoso in tutte le sue parti e quindi occorre fare attenzione quando si effettuano le potature poiché il succo contenuto nei rami e nelle foglie è irritante per contatto e può provocare allergie. L’elleboro o rosa d’inverno contiene alcaloidi molto pericolosi, tanto che in antichità veniva usato per preparare veleni mortali. Il solanum, da non confondere con il peperoncino, ha frutti coloratissimi e tossici. Nerium oleander La dalia e il giacinto hanno i bulbi velenosi, mentre il tulipano e il ciclamino oltre al bulbo hanno tutta la pianta velenosa. Molto irritante a sua volta è il lattice contenuto nel papaver e nella dipladenia, piante dai bellissimi fiori rossi, ultimamente molto utilizzate. A loro volta tutte le euforbie contengono un succo tossico, mentre una delle poche piante dalle bacche mortali è il taxus baccata. Concludendo, quando si progetta un giardino, oltre all’esposizione, al clima, al terreno ecc. bisogna tenere conto anche della pericolosità delle piante scelte ◆ Dalia Iris rivenditore autorizzato Taxus baccata Solanum seaforthianum La ditta Sun Shop dal 1987 opera nel settore delle tende da sole, strutture per esterno in legno, ferro e alluminio, tende tecniche e arredo per esterni. Maturata grande esperienza, sempre alla ricerca di soluzioni innovative, è oggi in grado di proporre e consigliare i migliori prodotti del mercato, in quanto affianca all’alta qualità, la sicurezza e la durata nel tempo. Valutando le vostre esigenze e le dimensioni degli ambienti da proteggere, riesce a trovare la soluzione più soddisfacente, tenendo conto che alla cura dei rapporti esterni è addetto personale qualificato. Insider 83 Insider Design Molteni & C MILANO DESIGN WEEKEND Arte di vivere M di Antonella Pirolli in collaborazione con Alessandra Vittoria Fanelli M Ceramica Flaminia B&B Italia ilano sembra non accontentarsi più di essere la città “ prima della classe”, sia nella moda che nell’economia... I primi freddi di un attesissimo autunno, l’hanno vista protagonista anche del design! Infatti la rassegna “Milano design weekend”, tenutasi nel mese di ottobre, si è rivelata un’opportunità prestigiosa per avvicinarsi ad un mondo, quello del design, appunto, sempre meno distante dalla gente che ne scopre il fascino e la storia. Per un lungo weekend il capoluogo lombardo ha offerto appuntamenti imperdibili con l’architettura d’avanguardia, i grandi grafici, lo shopping nei negozi d’arredamento più trendy. Oltre a ciò, la rassegna è stata l’occasione per visitare antiche ville e palazzi nobiliari, dove esperti del settore si sono offerti di fare da guida ed illustrare le splendide opere d’arte esposte. Oltre a case-museo come la Poldi-Pezzoli, la Bagatti-Valsecchi o la Boschi-Di Stefano, è stato possibile conoscere monumenti del Novecento sconosciuti alla maggior parte dei visitatori, quali la Torre Velasca o il Palazzo del Toro, sempre illustrati dagli esperti. Ha riscosso un grandissimo successo il “Triennale Design Museum”, dove, oltre a mostre estemporanee sul mondo della produzione moderna e sulla progettazione, è stato inserito il frequentatissimo spazio per i bambini “TDM Kids”. In questo luogo accattivante, laboratori didattici di vario tipo, tenuti da personale preparato, hanno portato a conoscenza dei futuri utilizzatori del design i nuovi materiali e il “bello” unito all’ ”utile”. Infine, la Notte Bianca del Design, tenutasi sabato 16 ottobre, ha poi dato l’opportunità di acquistare fino a notte fonda, pezzi di arredamento a prezzi d’occasione. Imperdibili sia il “Casabella Laboratorio”, dove hanno esposto i loro lavori i due importanti designer contemporanei, Filip Dujardin e Michele De Lucchi, e “Il Gusto del Design”, un percorso tra le hall più suggestive degli hotels di Milano, allestite da cinque giovani promesse del design italiano ◆ Edra, Flower Collection by Masanori Umeda 85 ® FALEGNAMERIA francesco amoroso artigiano DI.EFFE Arredamenti Srl 7JB(.5FSSFOJ3PNBrtrfrcrGSBODFTDPBNPSPTP!NPOEPRVCPJU WWW.MONDOQUBO.IT photo courtesy Andrea Rubbo ARTIGIANALE elementi d’arredo Insider Design Insider Design 86 87 DESIGNER A DOPPIO SENSO Conosciamo meglio 4 dei 14 artigiani/designer presenti a Moa Casa M di Valentina Falcinelli M oa Casa, fiera dedicata all’arredamento e al design, è terminata da poco. Curiosando nei quattro padiglioni all’interno dei quali presenziavano brand e artigiani più o meno famosi, era pressocché impossibile non notare Doppio Senso, uno spazio di circa 600 mq il cui concept e l’allestimento sono stati curati da: Emiliano Brinci, Francesca Soluzioni e Michele Fanfulli. Piazzola coloratissima, piena di oggetti utili, divertenti, insoliti, questo spazio era dedicato esclusivamente ai giovani designer che in questo e nei prossimi numeri, impareremo a conoscere meglio. ELETTRA PORFIRI www.porfiri.it Divertiamoci a pensare! Da cosa nasce la tua passione per il design? Il design come qualsiasi forma di espressione nasce dalla necessità di comunicare un proprio modo di essere e vedersi nelle cose che si realizzano. Dalla voglia di positività e di energia che deve essere divertente e utile. Nasce dal desiderio di rovesciare il proprio atteggiamento e dall’idea che c’è sempre un’alternativa. Qual è stato il tuo percorso formativo? Inizio a formarmi dal Liceo Artistico per laurearmi poi in Storia dell’Arte alla Sapienza di Roma. Ho continuato poi lavorando in cantieri di restauro architettonico e pittorico, cimentandomi in apprendistati in varie aziende e realizzando marchi, logotipi, illustrazioni e progettazione di mobili e oggettistica del quotidiano. La mia formazione, così variegata, credo sia una valida prova che la fantasia e creatività non hanno un canale preferenziale, ma vi si può accedere attraverso porte differenti. Quale personaggio del mondo del design ha “influenzato” i tuoi lavori e il tuo modus operandi? In realtà la mia fonte di ispirazione sono più che altro i materiali e la loro versatilità. Sono la capacità di commistione e la fusione tra loro che mi fanno sperimentare e sorprendere ogni volta. Certo, guardo tutta la produzione contemporanea dei giovani e meno giovani, ma cerco di non “attaccarmi” a nessun nome in particolare. Quali materiali prediligi e perché? Come accennavo prima, i materiali che utilizzo sono differenti: legno, plexiglass, breccia, tela, tessuto, silicone... Ognuno parla e suona come note su uno spartito musicale, creando armonie di volta in volta differenti. Cosa conta di più per te nella realizzazione di un progetto: l’idea, la tecnica, la sperimentazione? L’idea è sempre alla base del progetto e la sperimentazione e tecnica sono un prolungamento sequenziale. A ogni modo, non c’è mai un percorso prestabilito: le sinapsi celebrali seguono il loro corso e così, avendo la tecnica nelle mani la sperimentazione può diventare e in effetti diventa, infinita. Qual è il progetto a cui sei più legata? Il progetto al quale sono legata di più è sempre quello del momento. Per ora Vep catalizza tutta la mia attaenzione. Si tratta di piccoli quadri in scatola, anch’essa personalizzata. Sono realizzazioni artistiche uniche, ricche di colore che possono essere portate ovunque, come una finestra dell’io interno che spalanca lo sguardo in qualsiasi posto ci troviamo. MARCO BRACCINI www.marcobraccini.it Il design ingentilisce l’animo Che tipo di studi hai seguito? Mi sono laureato in architettura allo IUAV di Venezia e nel mio percorso di studi il design ha avuto poco posto; la mia attenzione era attratta dalla progettazione architettonica. Tuttavia, proprio grazie ai miei studi, ho sviluppato la sensibilità che mi permette di apprezzare e elaborare le forme di un oggetto di design. Ritengo che qualunque architetto abbia la capacità di spaziare dall’urbanistica al design senza restrizioni mentali. La mia conoscenza dell’argomento è cresciuta insieme alla mia passione grazie alle mostre e alle letture di libri e riviste specializzate. Qual è il progetto a cui sei più legato? Come creatore di oggetti la mia carriera è iniziata solo da qualche anno, tuttavia mi sono affezionato a “Garden Runaways”; è la reinterpretazione scherzosa dei nanetti da giardino che solitamente fanno veramente poco ridere! I nanetti sono fuggiti dal giardino e sono finiti ad incontrare le nostre biciclette, assumendo le posizioni più disparate. Possono essere quindi utilizzati come portabici e come elemento di arredo da giardino che interpreta in chiave ironica le famigerate statuette! L’oggetto di design più bello? Quello più utile? Quello più inutile? Quello che vorresti portasse la tua firma? Difficile creare una classifica, tuttavia ritengo al top tra gli oggetti più belli l’orologio Lorenz Static, compasso d’ora 1960 disegnato da Richard Sapper, tra gli oggetti più utili premierei per la simpatia innata la “Spremita de Lux” Atlantic disegnata negli anni ’50 da Lino Saltini. Gli oggetti più inutili, che però non oso classificare di design, sono quelli dalle forme più disparate (e brutte) che contengono un pannello solare e una torcia a led che illumina praticamente solo se stessa! Mi piacerebbe aver firmato gli oggetti prodotti dalla ditta Lab 23, arredo urbano molto elegante e moderno affine al mio gusto (questa però è pubblicità!). C’è qualcuno che ti ha sostenuto nello sviluppo dei tuoi progetti? La mia passione per il design è cresciuta anche grazie ai miei colleghi Simone Sergio e Luca Balsamo. I nostri siti ed e-mail di riferimento sono www.underscorestudio.it, info@ underscorestudio.it; http://unxpecteddesign.blogspot.com, [email protected] e il mio sito personale è www. marcobraccini.it, [email protected]. design Marco Braccini, Luca Balsamo, Simone Sergio Hai dei progetti per il futuro? Certamente. Vorrei continuare a sviluppare la mia professione sia come architetto che come designer, collaborando con aziende aperte al dialogo, perché le nostre idee senza il loro know-how costruttivo rimangono solo prototipi. Insider Design 89 ALESSANDRO CORRIROSSI www.puntodifuga.net Ascoltate, guardate e respirate tutto ciò che vi circonda come fosse sempre la prima volta Da cosa nasce la tua passione per il design? Fin da bambino ero affascinato dalla possibilità di utilizzare cose per fare altre cose. Il tutto alimentato dalla fortuna di frequentare la falegnameria di famiglia dove la mia curiosità è potuta crescere giorno dopo giorno alimentando la mia fantasia. Quali sono stati gli studi che hai intrapreso negli anni per formarti come designer? Prima, durante e dopo il liceo ho sempre lavorato in falegnameria. L’esigenza di dover comunicare le mie idee ai clienti e la voglia di confrontarmi con ciò che mi circondava mi hanno spinto a iscrivermi a 29 anni all’istituto Europeo di Design, corso di interior design. Quale personaggio del mondo del design ha “influenzato” i tuoi lavori e il tuo modus operandi? Su tutti Bruno Munari, anche se Gaetano Pesce riesce a farmi sognare come se ascoltassi Chopin o meglio ancora un brano di latin-jazz. a frequentare l’Università Valle Giulia, la Sapenza di Roma. Ho la fortuna di avere come professore e relatore l’architetto e designer Giuseppe Pasquali, un nuovo mentore; è con lui che ho inizito ad approcciarmi realmente al design. ARIANNA RICCI [email protected] Per guardare al futuro bisogna conoscere e osservare il passato Da cosa nasce la tua passione per il design? Nasce con me. Da sempre sono stata affascinata dal mondo dell’arte, questo anche perché nella mia famiglia l’elemento artistico è sempre stato presente. Poi, crescendo, è stato il design a scegliere me, o almeno è così che a me piace vederla. Qual è stato il tuo percorso formativo? Tutto ha avuto inizio al terzo istituto d’Arte di Roma, dove ho incontrato il mio maestro, il pittore Pietro Perrone. È stato lui a rappresentare il mio primo, vero legame con l’arte ed è tuttora presente in ogni mio progetto. Preso il diploma, ho iniziato Con chi ti piacerebbe collaborare e perché? Mi piacerebbe lavorare con molti designer in quanto sono certa lascerebbero sicuramente un segno importante in me e nei miei lavori. Sono sempre pronta a imparare e capire. Mi considero una scatola ancora da riempire e credo sarà sempre cosi. Il nostro lavoro è basato sulla curiosità e quella non può finire. Quando progetti qualcosa, qual è il tuo target di riferimento? In realtà non penso mai a un target specifico. Cerco di realizzare progetti per tutti e basta. Progetto con l’idea di creare qualcosa di utile, qualcosa che racconti una storia; poi a chi piace quella storia, beh, quello è il passo successivo. Qual è il progetto a cui sei legata di più e perché? Dei miei progetti sono legata a tutti in egual modo perché tutti sono parte di me. Rispetto a quelli degli altri al gabbiano di Pasquali, perché è quello che un po’ ha influenzato il mio percorso ed è il mio primo grande riferimento. Un oggetto entra nella storia del design quando...? Quando è arte nel quotidiano, quando emoziona. Quali materiali prediligi? Il legno è il materiale con il quale sono cresciuto e al quale devo tutto. Quando progetti qualcosa, qual è il tuo target di riferimento? Rivolgo tutte le mie attenzioni al pubblico di massa. Quindi fare un prodotto innovativo, ecologico ed economico sono le basi quando inizio a progettare. Vorresti vedere una tua creazione in casa di...? Mi piacerebbe molto vedere una mia futura creazione negli asili nido... Quanto contano da 1 a 10 nel successo di un progetto: la scelta del materiale; la scelta del colore; l’utilità; l’estetica; il target di riferimento; una buona recensione/ visibilità? Scelta del materiale 9; scelta del colore 7; estetica 7; target di riferimento 9; una buona recensione/visibilità 9. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Mi piacerebbe formare una squadra di designer che possa disegnare e realizzare i prodotti nella mia azienda ◆ Insider Design Insider Architettura L 90 L Le terme di Vals Peter Zumthor e la ricerca dell’atmosfera nell’architettura di Aura Gnerucci «Montagna, pietra, acqua. Costruire nella pietra, costruire con la pietra, costruire dentro la montagna, ricavare dalla montagna, essere dentro la montagna: come possono essere interpretati architettonicamente, trasformati in architettura i significati e la sensibilità presenti nell’unione di queste parole? Ponendoci questa domanda abbiamo progettato la costruzione che, passo a passo, ha preso forma» Peter Zumthor e terme di Vals, nel Cantone dei Grigioni, sono un’opera emblematica della poetica di Peter Zumthor, architetto svizzero, insignito del premio Pritzker nel 2009. Il modus operandi di Zumthor, non confluisce in un linguaggio caratterizzato da una sintassi che si ripropone in modo incondizionato nel tempo e nello spazio, ma al contrario rifiuta l’uso di immagini concettuali prestabilite, basandosi su una continua ricerca formale, in stretto rapporto con il contesto e con il Genius loci. Parlando delle terme e del processo creativo che ha portato alla loro forma, l’architetto svizzero racconta di non essere partito da immagini mentali da adattare al compito assegnato, ma di essersi posto fondamentali interrogativi relativi al luogo, ai materiali, alla montagna, alla pietra e all’acqua: cercando le risposte a questi quesiti, è riuscito a creare particolari atmosfere. Per Zumthor l’atmosfera, ovvero la capacità di un’architettura di trasmettere emozioni e suscitare stati d’animo, è una vera e propria categoria della bellezza, che si raggiunge solo indagando a fondo le caratteristiche dei materiali e il loro rapporto con la luce; uno stesso materiale, a seconda delle sue lavorazioni e del tipo di luce da cui è investito, può apparire in migliaia di modi diversi; scrupolosa attenzione dedica inoltre all’accostamento dei vari materiali, “se sono troppo distanti, non vibrano all’unisono, se sono troppo vicini, sono morti”. Durante una lezione tenuta nel 2003 in occasione del Festival di musica e letteratura di Wendlinghausen, l’architetto paragona il suo modo di progettare alla ricerca materica dell’Arte Povera, in cui si ha un impiego dei materiali preciso e sensuale, che allo stesso tempo è affrancato da forti significati. Peter Zumthor utilizza i materiali in modo simile, facendogli assumere qualità poetiche ricche di accezioni e ricercando un legame adeguato tra forma e significato in stretto contatto con il contesto. L’attenzione verso i materiali può essere ricondotta alle origini dell’architetto che, figlio di un ebanista, fin da piccolo imparò l’arte della falegnameria. Osservata dall’esterno, la struttura delle terme si presenta come uno stereometrico volume monolitico sapientemente traforato. L’intero edificio è costituito da un continuum di strati di lastre di gneiss, sovrapposte l’una sull’altra, che sono state estratte da una cava di pietra poco distante, caratterizzate da strati verdi, leggermente bluastri. Le lastre di pietra vengono unite al calcestruzzo andando a costituire una struttura portante, una muratura composita che trova ispirazione nei vecchi muri di sostegno delle strade di campagna. L’interno, ottenuto concettualmente attraverso un processo di scavo, si articola attraverso passaggi intimi e oscurati sul lato della montagna, da cui si accede alle terme, fino a giungere ad ambienti sempre più grandi che portano alla parte anteriore, dove grandi aperture, come quadri sul paesaggio, permettono la vista panoramica sul pendio della valle di fronte, creando un forte legame con la tranquillità dei monti incantati ◆ 91 Insider 92 93 HOTEL AND SPA DESIGN La Spa dell'0zio Marco Vismara Andrea Viganò A Napoli, nell’ambito di Expo Sud Hotel, salone mediterraneo dell’ospitalità va in scena una mostra tematica dedicata al benessere nei design hotel di Alessandra Vittoria Fanelli L’ L’ Benessere nell’essere Davide Agostino esposizione a tema ‘Hotel and Spa Design’ è ospitata a Exposud Hotel, la fiera internazionale sull’hotellerie, benessere, restaurant, catering e pubblici esercizi e locali balneari che si svolge dal 14 al 18 novembre 2010 nei padiglioni della Mostra d’Oltremare di Napoli. Exposud Hotel interpreta da 45 anni l’innovazione dei luoghi dell’ospitalità: contract, arredamento e complementi di design per interni, materiali per pavimenti e rivestimenti, tessuti, illuminazione, arredo bagno e wellness & fitness. Su questo palcoscenico viene presentato l’evento ‘Hotel and Spa Design’, allestito all’interno del padiglione 5, dove è stato ricreato un intero albergo e i suoi ambienti caratterizzanti quali la hall, la Spa (in ogni nuovo hotel la Spa è un must a forte valore aggiunto) le camere e suite, lo spazio outdoor, il ristorante, la sala congressi: un’esposizione tematica realizzata e interpretata da prestigiose firme dell’architettura e del design. L’intero padiglione così ricostruito permette di offrire al pubblico la possibilità di ‘toccare con mano’ le più innovative tecnologie e le più stimolanti soluzioni per design, finiture e materiali, declinate attraverso diversi linguaggi architettonici. ‘Hotel and Spa Design’, evento itinerante ideato da My Exhibition, società specializzata nell’organizzazione di eventi nel settore benessere, ha coinvolto per queste installazioni nomi importanti come Alberto Apostoli, Maurizio Favetta, Marco Vismara e Andrea Viganò, Diego Granese, Davide D’Agostino, artefici degli spazi funzionali del mondo composito del settore alberghiero, con l’obiettivo dichiarato di offrire una vetrina prestigiosa agli operatori dell’hotellerie, settore trainante dell’economia del Centro-Sud. Le cinque installazioni, realizzate con la collaborazione di importanti aziende italiane, sono suddivise in due Spa, due suite e una lounge. L’intento comune è quello di anticipare i trend e stimolare la riflessione e la ricerca su nuove soluzioni progettuali per un reale benessere del corpo e della mente. Nell’hotel virtuale/reale pensato dai cinque progettisti si vedrà: la Spa Dell’ozio firmata dallo studio di Marco Vismara e Andrea Viganò i quali hanno pensato a un luogo dove gioire della contemplazione in un mondo che non lascia tempo per noi, per ascoltarsi e godere del nulla. Ozio è uno spazio leggero, ovattato, senza confini netti, una luce percepita, una musica lieve. Il tutto creato volutamente attraverso l’utilizzo di materiali trasparenti e molto chiari. Suite Spa Luoghi Intrecciati Alberto Apostoli Insider Architettura La seconda Spa declinata al Benessere nell’Essere progettata da Davide d’Agostino, è quella di generare emozioni attraverso il contesto permeato di armonia in cui nulla prevale sull’altro e ogni cosa ha lo stesso peso espressivo: i suoni accompagnano le luci così come i materiali seguono i colori e gli odori si uniscono al tutto. Ancora benessere nella suite Luoghi Intrecciati pensata da Alberto Apostoli che ha voluto intrecciare le diverse funzioni di una contemporanea suite + spa attraverso forme materiali, colori senza tuttavia snaturare la loro purezza ed essenza. Un luogo inedito ed evocativo dove le forme, i materiali diversi e i pochi vivaci colori si rincorrono senza mai toccarsi creando un unicum tra zona bagno, doccia, letto, salotto, guardaroba lasciando inalterata la purezza di ogni dettaglio. Insider Architettura 94 95 Infinity Lounge Maurizio Favetta Nuove magie, invece da Med Dreams una suite interpretata da Diego Granese molto evocativa e mediterranea per cullarsi nel sogno e nelle emozioni. Un’ambientazione aerea per amare cose e persone, un luogo senza tempo e senza mode, proiettata in un futuro di grande dolcezza. Infine la Infinity Lounge di Maurizio Favetta che si sviluppa su 100 metri, caratterizzata da un tunnel di ingresso emozionale giocato su effetti grafici a sorpresa, tra il bianco e il nero, purezza e mistero, e sullo sfondo un’immagine femminile che ricorda paesaggi del cinema neorealista italiano. Una lounge che vuole rappresentare un sogno onirico in perfetto equilibrio con la sua vocazione funzionale: produrre fascino, relax, alzare il livello di tensione emotiva e creare un lifestyle innovativo. Un percorso che coinvolgerà il visitatore con l’obiettivo di scegliere il ‘suo’ personale benessere assecondando i propri desideri ◆ Med Dreams Rooms Diego Granese Insider Architettura Insider