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Il ruolo dell’ambiente nella giurisprudenza internazionale e comunitaria*
di Amedeo Postiglione
----------------------------------------* Tratto da Ambiente: per una filosofia dei doveri, A. Postiglione, Irnerio Editore, 2012
“La casa come punto di incontro dell’uomo con l’ambiente” costituisce un ottimo argomento di
riflessione sulla “governance ambientale” ed il “ruolo della giurisprudenza”.
Il termine stesso “ecologia”, letteralmente “discorso sulla casa”, comprende sia il luogo in cui
l’uomo costruisce il centro dei suoi affetti, della sua vita, della sua famiglia, sia il contesto generale
della natura che lo circonda.
Per un corretto equilibrio tra casa e ambiente e per assicurare non solo il diritto all’abitazione, ma
soprattutto la sua qualità e sicurezza nel contesto territoriale, è ormai necessario introdurre una
nozione ampia ed unitaria di ambiente, guardando alla protezione della casa e dell’ambiente in
termini di “governance”, cioè di protezione e gestione con il contributo congiunto di tutti i soggetti
coinvolti.
Non basta affidarsi solo al metodo tradizionale di “command and control” (cioè ad un ruolo delle
istituzioni che pongono delle norme e ne controllano l’applicazione) perché una più matura
coscienza ecologica esige ormai che non ci si accontenti di livelli di tutela “minimi”, ma esige una
elevata protezione del valore costituzionale dell’ambiente e l’assicurazione di servizi di una buona
qualità della vita delle persone, nel preciso contesto territoriale in cui vivono.
Occorre riconoscere che oggi la “casa” è minacciata non solo da varie e persistenti forme di
inquinamento (dell’aria, del suolo, delle acque, da rumore, ecc.) ma anche dal consumo eccessivo
delle risorse naturali, in termini di occupazione di suolo e paesaggio, sicché in varie parti del nostro
Paese si riduce lo “spazio per vivere” e gli standard tradizionali urbanistici non riescono da soli a
reggere alla pressione negativa di tanti fattori esterni.
Minacce vengono anche da lontano, con l’immigrazione non adeguatamente regolata, di imponenti
flussi migratori e per l’operare di nuovi fenomeni, quali il mutamento climatico, la perdita di
biodiversità, la crisi dell’acqua e del cibo in interi continenti, le manipolazioni genetiche di prodotti,
ecc.
La nostra “casa” non ha, perciò, bisogno di protezione solo localmente, ma anche a livello
nazionale, comunitario ed internazionale.
Per ottenere risultati concreti e più adeguati la casa e l’ambiente richiedono il coinvolgimento non
solo del pilastro istituzionale, ma anche del pilastro dell’economia e del pilastro della società civile,
senza i quali non vi è vera governance.
In questo quadro più ampio va inserito il ruolo dei giudici e della giurisprudenza: ruolo necessario
ed insostituibile, ma da integrare e raccordare con i ruoli degli altri attori della governance.
I giudici devono giustamente rivendicare la loro indipendenza, ma solo per rendere un servizio
giusto in tempi ragionevoli ai cittadini, operando senza tentazioni autoreferenziali e corporative per
il bene comune in collaborazione con gli altri soggetti che hanno “responsabilità” per la protezione
dei valori comuni della casa e dell’ambiente.
La leale collaborazione costituisce la strada maestra anche per i giudici, nel rispetto dei ruoli e delle
competenze, nella convinzione che è necessario il concorso del mondo economico e della società
civile secondo nuovi modelli di coinvolgimento per una reale protezione della casa e dell’ambiente.
- Il ruolo della giurisprudenza internazionale
Come è noto la Corte Internazionale di Giustizia, con sede a L’Aja, ha competenza giuridica
generale per risolvere i conflitti tra Stati applicando il diritto internazionale.
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Questa Corte si è occupata di alcune questioni, anche non direttamente riguardanti la materia
ambientale, enunciando principi giuridici utili per la risoluzione di controversie specificamente
ambientali.
Deve osservarsi che le controversie davanti alla Corte di Giustizia de L’Aja possono essere avviate
solo dagli Stati e non anche dalle Organizzazioni internazionali o dalla società civile.
Per questo motivo – cioè la natura solo interstatuale del modello – i casi di danno ambientale
sovranazionale non trovano accesso alla Corte e questo spiega il numero molto limitato dei casi
esaminati, nonostante la creazione di una Sezione speciale Ambiente.
Gli Stati, nella Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare, hanno previsto un Tribunale
Internazionale ad hoc, che opera in Amburgo dal 1996. Poiché non può immaginarsi un altro
tribunale internazionale settoriale per il clima ed un altro per la biodiversità, si pensa alla creazione
di una nuova Istituzione internazionale specializzata ed unitaria, accessibile anche alla società
civile, cioè ad una Corte Internazionale per l’Ambiente.
- Il ruolo della giurisprudenza comunitaria
Il diritto comunitario ambientale interessa i 27 Paesi membri, i quali sono giuridicamente obbligati
ad osservarlo.
La Corte di Giustizia della Comunità Europea in Lussemburgo ha emanato molte sentenze nella
materia ambientale (nell’ultimo periodo una sentenza alla settimana).
Secondo uno studio di Ludwig Krämer (Rivista Giuridica dell’Ambiente, n.1, 2009, pag. 233 e
segg.), i casi di mancata trasposizione , nel periodo 1976-2007 sono stati 587.
Le questioni relative alla protezione della natura occupano il primo posto: si tratta di ricorsi aventi
ad oggetto la “Rete Natura 2000”, cioè gli habitat di flora e fauna di interesse comunitario.
Al secondo posto, per numero, vengono le questioni in tema di rifiuti. Di particolare importanza è la
nozione di rifiuto che – ad avviso dello scrivente – sembra tuttora molto rigida e condiziona anche
la giurisprudenza nazionale nella soluzione di casi concreti (sottoprodotti; materie prime
secondarie).
Molto limitata è la giurisprudenza sul rumore e questo non sembra un buon segnale per questo
grave tipo di inquinamento che tocca da vicino la qualità della vita delle persone.
La durata dei procedimenti davanti alla Corte è di circa 20 mesi, ai quali si deve aggiungere la fase
precontenziosa davanti alla Commissione.
I ricorsi sono proposti dagli Stati membri e della Commissione. La giurisprudenza non è stata finora
favorevole all’accesso di persone ed associazioni di protezione ambientale: in pratica la
Commissione europea monopolizza questo settore, ponendosi in contrasto con i principi della
Convenzione di Aarhus in tema di accesso, trasparenza ed apertura. Tuttavia, non si possono
ignorare i progressi conseguiti dal diritto comunitario nei singoli ordinamenti nazionali (compresa
l’Italia) ed il ruolo propulsivo per la stessa giurisprudenza nazionale, considerato anche il potere del
giudice nazionale di avanzare richieste di decisioni interpretative in via pregiudiziale.
Nei rapporti con l’ordinamento internazionale la Corte di Giustizia della Comunità Europea ha
stabilito un principio di grandissima rilevanza: poiché l’Unione Europea, come soggetto autonomo
di diritto internazionale, ha sottoscritto più di 40 Convenzioni internazionali in tema di ambiente,
queste norme sono divenute a tutti gli effetti diritto comunitario, che obbliga direttamente i 27 Paesi
membri, con conseguente rafforzamento della tutela giuridica. Come si vede il principio di
integrazione opera anche all’esterno e non solo all’interno (vedi sentenza Haegeman Judgement,
CJEC, 30.04.1974, app. Haegeman, Rec,1974 pg. 45).
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