EMPOLI
PRECARIA
2.0
DOSSIER SULL’EMERGENZA ABITATIVA
NELL’EMPOLESE-VALDELSA
a cura del collettivo
e
COBAS empoli valdelsa
INTRO
Il diritto alla casa è un diritto fondamentale e irrinunciabile di ogni essere
umano. Il nostro Paese, oltre ad avere una costituzione che lo tutela, è fra
quelli che hanno firmato i più importanti trattati internazionali sui diritti
umani. Tra questi in particolare la “Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo” delle Nazioni Unite dice che:
Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il
benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione,
al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari [...]
Articolo 25 della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo”
Tale principio, bellissimo sulla carta, trova poi un riscontro nella pratica politica
dei paesi firmatari oppure no? La scelta stessa di fare l'inchiesta nasce dal
fatto che abbiamo forti dubbi al riguardo.
Un miliardo di persone in tutto il mondo soffre attualmente per l’insicurezza
abitativa causata da grandi investimenti del capitale finanziario ed immobiliare,
discriminazioni sociali, economiche e razziali, guerre, disastri naturali. Questo
numero di senzatetto e mal alloggiati, anziché diminuire di 100 milioni entro
il 2015 è destinato a crescere (secondo le stime ONU) di altri 700 milioni
entro il 2020.
In Europa oggi vivono 18 milioni di persone mal alloggiate e 3 milioni sono
le persone letteralmente senza fissa dimora.
Tutto ciò è aggravato ulteriormente dalla crisi tuttora in corso, con conseguenze
non immediatamente percepibili ma da cui non vi è possibilità di un’uscita a
breve termine.
Le prospettive sono quelle di un ricorso ulteriore a fenomeni di precarizzazione
e di indebitamento (prestiti e mutui bancari), a fronte di aiuti sempre più
consistenti per il salvataggio di banche e istituti finanziari.
Ed è la casa, che rappresenta la parte più consistente del debito delle famiglie
italiane, ad essere al centro della crisi, e per questo è stata individuata dai
movimenti come campo di azione e rivendicazione di diritti e di welfare
autonomo, di reddito diretto ed indiretto.
Essa è ora un’emergenza anche per il ceto medio italiano, schiacciato tra la
crescita dei prezzi di mercato e uno Stato assenteista in materia di politiche
abitative, ma sempre pronto a fomentare politiche edilizie atte ad incrementare
i profitti del mercato immobiliare.
Azioni che hanno portato a uno sfruttamento intensivo del territorio,
attraverso meccanismi di valorizzazione finanziaria dello stesso e di
espropriazione della città e dei suoi abitanti.
Dagli anni '90 in poi il pensiero dominante è stato quello significativamente
espresso dall’affermazione “…ci penserà il mercato”, che è culminata in Italia
con la legge 431/98 come vedremo. Ed oggi prosegue se possibile in peggio
con il “Piano Casa” del governo Berlusconi, espressione di una governance
che non si muove nella direzione del “comune”, ma che anzi finanzia costruttori
e palazzinari non rispondendo alle reali esigenze della cittadinanza. Invece di
completare programmi di edilizia residenziale pubblica già avviati, in modo
da dare risposte il prima possibile a sfrattati e senza casa, propone nuove
costruzioni e una gestione privata del patrimonio pubblico attraverso un
processo di aziendalizzazione degli enti.
La questione abitativa dunque è oggi un’emergenza strutturale nella città e
nella pianificazione del territorio.
Non sono più solo i migranti, né gli sfrattati, ad esprimere un diffuso bisogno
esistenziale di case. Oggi sono migliaia di persone a rivendicare il diritto ad
avere un tetto sopra la testa: giovani in procinto di lasciare la famiglia, coppie
di nuova formazione, separati e divorziati, anziani costretti a scegliere tra la
coabitazione con i figli adulti o il ricovero. Sono migliaia di persone per le
quali alla casa non è legata solo la necessità di “ripararsi dalle intemperie”,
ma soprattutto la volontà di una vita autonoma, la possibilità di effettuare
liberamente le proprie scelte di vita.
Questo dossier parte da lontano per poi arrivare molto vicino, fino al territorio
dell'empolese e ai problemi che si trova di fronte dal punto di vista dell'accesso
all'abitare.
Dopo una breve analisi sulle origini che hanno portato l'Italia alla drammatica
situazione dei giorni nostri (dovute alla miope e bipartisan legiferazione in
materia di politiche abitative degli ultimi quindici anni), passeremo ad un focus
più dettagliato a livello locale.
LA SITUAZIONE NAZIONALE, LE POLITICHE
ABITATIVE E LA CRISI
Case senza gente e gente senza casa
Negli ultimi cinque anni 120.000 famiglie italiane hanno perso la loro abitazione
(100.000 di esse per morosità) e oltre 600 mila hanno fatto richiesta ai
comuni di un alloggio popolare.
La risposta più frequente (se non l'unica) che le istituzioni sanno offrire a chi
come noi si occupa di trovare soluzioni a queste famiglie è che “mancano le
case”. La risposta è a suo modo paradossale se si considera che il nostro
paese ha una disponibilità di 28,3 milioni di case (di queste il 20% non sono
occupate) a fronte di 22,8 milioni di famiglie. L'INU (istituto nazionale di
urbanistica), in una recente indagine, ha indicato che il consumo del territorio
e la cementificazione selvaggia hanno raggiunto un livello tale che ad ogni
cittadino possono essere attribuiti in media ben 230mq.
Il problema è evidentemente “cosa si costruisce”. In Francia nel 2005 si sono
costruite 300 mila case, di queste 120 mila erano alloggi sociali. In Italia nello
stesso periodo si sono costruite più abitazioni, 350 mila in tutto, e solo 1.500
alloggi popolari. Su 131 mila domande presentate in un anno per ottenere
un alloggio popolare in Italia, solo l'8% (10.147) sono state soddisfatte dai
comuni.
Questi dati basterebbero di per se a dimostrare l'assurdità di un “Piano Casa”
(che analizzeremo successivamente) concepito con l'intento di favorire da
un lato ulteriori cementificazioni (attraverso l'aumento delle cubature) e
dall'altro una ulteriore privatizzazione del patrimonio pubblico attraverso il
processo di aziendalizzazione degli enti.
Politiche abitative inesistenti
La spesa sociale per la casa è in Italia pressoché inesistente, così come la
manutenzione delle strutture di proprietà pubblica. Secondo l'Eurispes gli
investimenti del nostro paese ammontano ad appena 3,3 euro pro capite
contro i 53,3 euro della Germania e i 214 euro della Francia. I contributi per
l'affitto non superano lo 0,07% del Pil, contro l'1,9% della Francia. La percentuale
di contratti di locazione ad affitto sociale, risposta concreta al problema
dell'abitare ed ai mutamenti sociali in corso, è la più bassa d'Europa (il 4%),
dato imbarazzante se confrontato con quelli di Olanda (36%) o Gran Bretagna
(21%). Questa impalcatura potrebbe in qualche modo reggere in presenza
di un adeguato reddito di base. Niente da fare, anche in questo caso siamo
l'unico paese dell'Unione Europea (insieme alla Grecia), a non garantire alcuna
forma di reddito che vada oltre gli ammortizzatori sociali.
L'assenza di qualsiasi intervento pubblico veniva giustificata fin dai primi anni
'90 con l'idea (bipartisan) che solo affidandosi interamente ai “meccanismi del
mercato” era possibile incentivare una maggiore offerta di alloggi per la
locazione.
Queste considerazioni saranno alla base di provvedimenti legislativi che negli
ultimi anni hanno leso gravemente il diritto di accesso all'abitazione a prezzi
contenuti e che hanno ridotto sempre di più la casa a oggetto di speculazione.
La lobby dei palazzinari e una legislazione su misura
Prima del 1998 esisteva in Italia l'equo canone: il canone di locazione il cui
ammontare non è lasciato alla libera contrattazione delle parti, ma è stabilito
dalla legge, secondo parametri generali riferiti al tipo di immobile, allo stato
di conservazione, alla zona, alle dimensioni della città ecc.
Nel 1992 viene introdotta la possibilità di affittare alloggi in deroga al principio
dell'equo canone (i cosiddetti patti in deroga), già parzialmente scavalcato da
contratti uso foresteria usati impropriamente dai proprietari. Ma il colpo
finale all’equo canone viene sferrato con l’approvazione della legge 431/98,
la cosiddetta legge Zagatti, approvata il 9 dicembre 1998 dal governo di centro
sinistra di D’Alema con pochissimi contrasti. Questa legge, che ha definitivamente
abolito l’equo canone introducendo il canale libero di contrattazione per la
definizione dell’affitto, ha definitivamente ridotto la casa a mero bene di
mercato e cancellato il riconoscimento del diritto all’alloggio come diritto
naturale e irrinunciabile di tutti i cittadini.
L'innalzamento dei prezzi fu immediato: dal 1999 al 2008, l'aumento medio
degli affitti ha toccato il 130%. In contemporanea i fondi per le politiche
abitative si riducevano al lumicino.
Una lungimirante analisi della legge effettuata dal Movimento di lotta per la
casa di Firenze agli inizi del 1999, ci dimostra come non fosse difficile prevedere
la catastrofe sociale che avrebbe prodotto l’approvazione di tale legge. Invece
la cronaca dell’epoca ci riporta commenti entusiasti da parte di politici del
centro sinistra e anche del maggiore sindacato italiano, la CGIL. In sostanza
costoro asserivano, attribuendo ai meccanismi del mercato privato delle doti
di umana sensibilità evidentemente inesistenti, che la libera contrattazione
avrebbe consentito una maggiore offerta di alloggi per la locazione sul mercato
e, a fronte di una domanda costante, si poteva contenere il costo medio degli
affitti. Tutto come se il mercato non potesse prendere in considerazione
l’atteggiamento speculativo, particolarmente accentuato dal fatto che la casa
è un bene indispensabile per ogni essere umano. Una ulteriore inevitabile
conseguenza di leggi sull’alloggio come la 431 è la spinta verso l’acquisto della
casa in alternativa alla locazione. L’Italia è uno dei paesi d’Europa con la più
alta percentuale di alloggi in proprietà: secondo l’ISTAT sono 4.300.000 le
famiglie che vivono attualmente in affitto in Italia, pari al 17% del totale (erano
il 20,3% nel 2004). Il fatto che l’affitto costi più o meno come il rateo del
mutuo ha spinto ulteriormente in questa direzione. Prontamente il Sunia
(Sindacato Inquilini della CGIL), sostenitore della riforma, ha adottato delle
convenzioni con vari istituti bancari per mettere a disposizione dei suoi iscritti
dei contratti di mutuo con banche “amiche” (Monte dei Paschi di Siena,
Unipol ecc) per passare dall’affitto all’acquisto. Nell'ultimo periodo sentiamo
frequentemente dirigenti sindacali parlare della necessità di abolire il canone
libero previsto dalla 431, ma ormai il danno è stato fatto e siamo veramente
curiosi di vedere che scelte politiche
adotteranno le corazzate sindacali per
contrastare i principi normativi da loro
stessi inizialmente sostenuti.
I contributi economici per
l’affitto
La famigerata legge 431, approvata nel
1998, contiene una serie di misure che
avrebbero dovuto, negli intenti del
legislatore, limitare l’impatto sociale,
che si è rivelato poi devastante,
conseguente all'introduzione della libera
determinazione del canone d’affitto.
Uno di questi strumenti avrebbe dovuto
essere il secondo canale di
contrattazione, quello concertato, che
in realtà si è rivelato una pura chimera,
visto che i contratti d’affitto stipulati a
canone concertato rappresentano una
percentuale quasi nulla rispetto al totale
dei contratti d'affitto.
L’altro strumento che avrebbe dovuto facilitare l’esistenza agli inquilini in
difficoltà nel pagamento dell’affitto sono i contributi integrativi per il sostegno
all’accesso alle abitazioni in locazione, stabiliti dall’art 11 della legge 431 a
favore dei conduttori per il pagamento dei canoni di locazione.Vediamo di
analizzare questo strumento.
Innanzitutto il fondo nazionale per la locazione che è il fondo stanziato a
livello nazionale per essere ridistribuito alle regioni e poi a province e comuni,
non è affatto un fondo acquisito una volta per tutte. Il fondo ha subito nel
tempo tagli drastici, essendo una variabile soggetta a riduzioni per esigenze
di bilancio. Il fatto che il gioco sporco dei tagli sia stato effettuato dal governo
Berlusconi, non deve far dimenticare che è stato il centro sinistra a barattare
uno strumento legislativo solido a difesa degli affittuari come l’equo canone
(definitivamente abolito con la legge 431) con un ammortizzatore sociale la
cui consistenza può essere facilmente svuotata con una legge finanziaria. In
effetti il fondo sociale è passato dai 361 milioni di Euro stanziati nel 2000 ai
336 milioni di Euro nel 2001 (tagli del governo Amato), a 249 milioni di Euro
con la finanziaria 2002, e così via a scendere di anno in anno. Nel 2008 siamo
arrivati a 205 milioni in totale in Italia, quasi 13 milioni in Toscana (dati del
Ministero delle Infrastrutture, Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 281 del 1°'b0
dicembre 2008). La legge finanziaria per il 2009, riduce ulteriormente a 161
milioni di euro per il 2009, a 144 per il 2010 e a 110 per il 2011. Dal 2000
al 2009 i fondi statali per la locazione sono diminuiti del 69,58%.
Sarà improbabile oggi, con un governo di destra, tornare ai livelli del 2000,
ma ancor meno probabile sarà arrivare allo stanziamento corrispondente
all’effettivo livello di fabbisogno riscontrato dalle regioni sulla base delle
domande presentate ai comuni: almeno 600 milioni di Euro. A fronte di questi
tagli abbiamo però un grave aumento delle domande per l’accesso ai contributi
del fondo, vista la sempre crescente incidenza del canone di affitto sul reddito
familiare e il conseguente crollo della capacità dei nuclei familiari di
autosostenersi.
Anche nel nostro territorio le domande aumentano di anno in anno, a Empoli
lo stanziamento attuale è di circa 150mila euro. Dal 2004 ad oggi le domande
accolte nel comune di Empoli sono passate dalle 141 del 2004 alle 473 del
2008, le domande di contributo affitto totali sempre a Empoli sono passate
in un solo anno da 417 nel 2007 a 529 nel 2008, un aumento del 27%.
E' evidente che la crisi spinge alla crescita il numero di richieste di aiuto, e
che non hanno lo stesso passo di crescita gli stanziamenti: quello statale
addirittura diminuisce sempre, come abbiamo visto; quello delle amministrazioni
locali, che si trovano di fronte al fatto di dovere dare risposta alle richieste
d'aiuto materiali che arrivano, sono clamorosamente insufficienti. A Empoli
per esempio, considerando il 2008, 150mila euro diviso 473 fa meno di
320euro annue a famiglia, cioè 26 euro al mese di aiuto affitto in media.
Oltre alla chiara inadeguatezza dello strumento, vorremmo approfondire
anche i gravi limiti concettuali del fondo per l’affitto, svelare la reale funzione
che dal punto di vista economico viene a ricoprire questo palliativo sociale.
Chi beneficia effettivamente di questo incentivo economico?
Questa è la domanda chiave. Abbiamo già accennato al fatto che la legge 431
ha consentito ai proprietari di aumentare a dismisura gli affitti tanto che i
settori più deboli della popolazione che ricorrono all’affitto rischiano addirittura
la morosità. Il fondo per l’affitto è in realtà una garanzia per i proprietari
locatori di poter usufruire, in caso di difficoltà economica da parte degli
inquilini, dei fondi pubblici ricevuti dagli inquilini che fanno domanda di
contributo, che li daranno poi ai proprietari per pagare un affitto che non
si potrebbero diversamente permettere di pagare. In alcuni casi esiste anche
il passaggio diretto del denaro dall’ente pubblico al proprietario. I bandi
prevedono infatti che nel caso in cui la domanda di contributo sia fatto da
un inquilino moroso, i soldi o non vengono dati, oppure sono attribuiti
direttamente al proprietario dell’immobile e non all’inquilino. Il contributo
sull’affitto contribuisce quindi a mantenere alti i livelli degli affitti e pur
costituendo nella realtà attuale un sostegno indispensabile per decine di
migliaia di famiglie in Italia, ha contribuito all’arricchimento con soldi pubblici
dei proprietari privati.
Il nuovo piano casa
Come abbiamo notato precedentemente, la cementificazione selvaggia procede
senza sosta, distruggendo terreni e beni paesaggistici. La storia più recente
di questo paese evidenzia molto spesso il pericoloso intreccio tra il mondo
degli appalti, il sistema politico, gli interessi della mafia e la lobby del mattone.
Il Piano Casa foraggia questi ultimi senza incidere alcunché sull’edilizia popolare
e sul problema dei senza tetto. Il previsto stanziamento di 550 milioni di euro
per 5000/6000 alloggi, cela infatti l’ennesimo favore all’ Associazione Nazionale
Costruttori, dato che i fondi stanziati dal CIPE (comitato interministeriale
per la programmazione economica) serviranno quasi unicamente per le
cosiddette grandi opere (Ponte sullo Stretto, TAV ecc).
Non solo, numerosi edifici e grandi
aree pubbliche che potrebbero
essere utilizzate per affrontare
l’emergenza abitativa, verranno
offerte a prezzi stracciati alla
speculazione e alla rendita
parassitaria. Smentendo l’ipotesi
di un decreto e presentando le
norme come “legge quadro”, si
sposta la competenza legislativa
in ambito regionale, il che
potrebbe far sperare
positivamente nell’apertura di un
terreno di conflitto e pressione
per una complessiva modifica della
legge. L’accordo sottoscritto il 31
marzo impegnava infatti le regioni
ad approvare entro 90 giorni
proprie leggi in materia
urbanistica. A oltre 180 giorni
sono solo undici le regioni che
hanno approvato proprie leggi in
materia. La toscana è stata la
regione che si è mossa per prima con legge n.24 dell’8 maggio 2009.Vediamo
in sintesi cosa prevedono le nuove norme:
Aumento delle cubature E’ prevista la possibilità per tutti gli edifici di
ampliamenti fino al 20% del volume e, per quelli realizzati prima del 1989,
la possibilità'e0 possibilità'e0 di abbatterli e ricostruirli con aumenti della
cubatura del 30% (del 35% se realizzati con tecniche di bioedilizia).
Autorizzazioni Non sarà più necessario il “Permesso di Costruire”, un
provvedimento amministrativo emesso dall'autorità comunale, che autorizza
l'attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, in conformità
agli strumenti di pianificazione urbanistica.
Ora basterà una certificazione di conformità giurata da parte del progettista
(magari compiacente) per avviare i lavori.
Sconti fiscali Il contributo di costruzione che viene corrisposto al comune,
sarà ridotto in generale del 20% e del 60% se si tratta della prima casa del
richiedente o di un suo parente entro il terzo grado.
Sanzioni Il Presidente del Consiglio rassicura che non ci saranno abusi
edilizi, e intanto con questo nuovo piano riduce le sanzioni, per i casi più
“lievi” ci sarà il solo provvedimento amministrativa. È anche possibile un
“ravvedimento operoso con conseguente diminuzione della pena e nei casi
più lievi estinzione del reato”.
Il boom del mattone, i mutui, l'indebitamento
Se l'aumento medio degli affitti ha raggiunto le cifre indicate in precedenza,
il prezzo degli immobili è andato di pari passo. La crescita di entrambi è stata
pari al triplo dell'inflazione e al quadruplo dei salari. Una indagine del CRESME,
pubblicata su “La Repubblica” il 03/08/2007, rivela che per l'acquisto di un
immobile di 90 mq per chi ha un reddito medio basso (18.300 euro annui)
occorrono in media 10,3 stipendi annui. Nel 1985 occorrevano a parità'e0
di condizioni, 7,5 stipendi annui.
I debiti delle famiglie italiane per mutui ipotecari, dal 2000 al 2006 sono
triplicati, passando da 80 miliardi di euro a 240 (dati ANCI-CRESME). Secondo
il direttore della Banca d'Italia Draghi, l'indebitamento delle famiglie italiane
a fine anni '90 era il 31% del reddito disponibile, nel 2007 era salito al 49%
e nel luglio 2009 è stato pari al 57% (bollettino banca d'Italia luglio 2009).
L'incremento negli ultimi 3 anni è'e8 stato di 11 punti.
In pratica oltre la metà di quello che gli italiani guadagnano
lo devono alle banche.
La crisi economica e i suoi effetti
Il terremoto economico arriva perciò in un contesto già devastato, fa crollare
i salari, ma non intacca minimamente la rendita. Una recente ricerca del Sunia
indica che per effetto della crisi, oltre 150 mila famiglie potrebbero
restare senza abitazione entro i prossimi due anni. Nell'EmpoleseValdelsa i lavoratori iscritti ai centri per l'impiego sono aumentati nell'ultimo
anno del 129%. I lavoratori in mobilità sono saliti nello stesso periodo del
72% (da 1.394 a 2.404). Le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato
sono state nell'ultimo anno 2.532. Non è difficile perciò ipotizzare anche nel
nostro territorio un aumento considerevole di espropriazioni legati alla
vendita di beni immobili pignorati per debiti con le banche e di sfratti per
morosità (e come vedremo più avanti tali previsioni trovano conferma nei
numeri).
Il canone medio rilevato nel nostro territorio da riviste specializzate nel
settore per un bilocale di 70 mq in zone semi-centrali supera i 600 euro
mensili. E' evidente come tale cifra sia incompatibile per famiglie con redditi
annui inferiori a 20.000 euro (il 77,1% del totale-dati SUNIA CGIL febbraio
2009). Considerando anche utenze e condominio per un valore di 175 euro
al mese, è possibile dedurre che le offerte del mercato immobiliare possono
essere sostenuti solo nel caso di redditi superiori ai 40.000 euro annui (solo
il 3,3 % del totale).
In assenza di misure concrete per calmierare il mercato dei prezzi e di
meccanismi che pongano un freno alla speculazione sugli affitti, per migliaia
di famiglie costrette alla morosità non rimane altro che occupare.
Lo stato di necessità giustifica le occupazioni di case
Il 26 settembre 2007 la Corte di Cassazione (sentenza 35580) ha annullato
la condanna di primo grado inflitta a una donna di 39 anni, Giuseppa D. A.,
sola e con un figlio a carico: le sue condizioni di indigenza non le permettevano
«alcuna possibilità di rivolgersi al mercato libero degli alloggi». La Cassazione
ha così inserito il «diritto all'abitazione» tra i «beni primari collegati alla
personalità» che meritano di essere annoverati tra i diritti fondamentali della
persona, tutelati dall'articolo 2 della Costituzione. Pertanto, i giudici dell'Alta
corte ritengono che l'occupazione abusiva di una casa, da parte di una persona
indigente e in stato di necessità, possa ritenersi «giustificata» e non portare
alla condanna penale.
La questione migranti: fra luoghi comuni, razzismo e reato di
clandestinità
Il pacchetto sicurezza varato dall'attuale governo introduce com'è noto il reato
di clandestinità e punisce con la reclusione fino a tre anni chi affitta o alloggia
irregolari. Tralasciando ogni considerazione sulla volontà persecutoria e sulle
pulsioni incivili e xenofobe dalle quali scaturisce, è facile prevedere che
l'incertezza sulla durata del permesso di soggiorno, finirà con l'impedire anche
a chi affitta regolarmente di impegnarsi in contratti stabili e produrrà
unicamente una proliferazione di contratti irregolari e in nero (fenomeno
che già oggi supera la soglia di un contratto su due).
Dal punto di vista della negazione del diritto alla casa per i nuovi cittadini,
ricordiamo qui anche recente indagine compiuta dal nostro sportello ad
Aprile di quest'anno, in cui si rivela che a Empoli (ma sarebbe interessante
estendere il raggio d'indagine) le agenzie immobiliari non affittano a migranti.
Sul sito di Orda Precaria si possono ascoltare gli audio delle telefonate
registrate: se a chiamare è un italiano va tutto bene e ci sono molte opportunità,
ma per un migrante nella stessa situazione di lavoro e famiglia la casa spesso
non c'è.
La selettività dei bandi
Le regole che governano i bandi di concorso per l'assegnazione di alloggi
pubblici appartengono al secolo precedente e non tengono in alcun conto i
mutamenti sociali e le nuove povertà. Mentre dieci anni fa gli sfratti avvenivano
soprattutto per finita locazione, oggi la maggioranza (circa l'80%) avviene per
morosità. Non considerare nelle graduatorie per le assegnazioni di alloggi
pubblici le cosiddette morosità incolpevoli, cioè dovute al basso livello di reddito
o ad un avvenimento drammatico, quale la cassa integrazione o il licenziamento,
è un atto grave. Oggi crediamo che una delle priorità debba essere la messa
in discussione della legge regionale 96/96 che disciplina le regole di accesso
ai bandi per l'edilizia sociale.
Altro elemento che è utile rimarcare, per sfatare luoghi comuni e
disinformazione, è la differenza di trattamento fra cittadini comunitari e non.
Infatti, mentre ai primi viene garantita la parità d'accesso in tutti i paesi
dell'Unione, per i cittadini extracomunitari occorrono particolari requisiti:
permesso di soggiorno biennale o carta di soggiorno (cfr. L.R. 96/96 e Delibera
G.R. 702/99).
Sfratti: il dato nazionale e quello toscano
I provvedimenti di sfratto emessi in Italia nell’anno 2008 sono stati 52.033
(dati Ministero dell’Interno) con un aumento del 18,6% rispetto all’anno
precedente. Di questi il 79% per morosità (nel 1983 erano il 13%), il 20% per
finita locazione e l’1,0% per necessità del locatore.
In toscana, i provvedimenti emessi nel 2008 sono stati 6291, con un
aumento del 9,31% rispetto al 2007. Ancora più preoccupante è il dato
relativo al numero degli sfratti effettivamente eseguiti con l’intervento
dell’Ufficiale Giudiziario: 2.047 , con un aumento del 27,54% rispetto all’anno
precedente.
Sono soprattutto le aree metropolitane e quelle limitrofe a subire gli effetti
più devastanti. Il dato relativo a Firenze e provincia indica un aumento
delle richieste di esecuzione dal 2007 al 2008 del 58,28% e, di quelli effettivamente
eseguiti del 52,73%.
Un peggioramento della situazione si nota anche dal rapporto tra i
provvedimenti di sfratto emessi e il numero totale delle famiglie residenti in
Italia, che si attesta per l’anno 2008 a uno sfratto ogni 474 famiglie, a fronte
di uno sfratto ogni 545 famiglie nel 2007. La toscana è una delle regioni
che nel 2008 presentano il rapporto sfratto/famiglie peggiore di quello
nazionale: 1/308.
Nelle grandi città, fra cui Firenze, si calcola che il 10% delle famiglie in affitto
(escludendo le abitazioni di proprietà'e0 pubblica) ha subito uno sfratto per
morosità.
Sono gli operai comunque la categoria che ha pagato il prezzo più alto nel
2008: su 100 sfratti per morosità 30 sono arrivati all’indirizzo di famiglie
operaie. Colpiti anche i pensionati: il 23% degli sfrattati sono anziani, c’è poi
un 10% di disoccupati, un 12% di precari e il resto, il 23%, sono impiegati,
ceto medio dunque. La percentuale di migranti rappresenta il 22%.
Tutti nuclei familiari con redditi bassi: solo l’8% supera i 20mila euro. Il 21%
guadagna fino a 10mila euro, il 25 è compreso tra i 10 e i 15mila e il 37 per
cento tra i 15 e i 20mila. Poi c’è un 2% senza reddito e un 7% che non arriva
a 5000 euro.
UN FOCUS SULL'EMPOLESE-VALDELSA:
L’EMERGENZA SFRATTI
I NUMERI DEL TRIBUNALE
Gli sfratti più di tanti altri dati ci parlano delle ricadute sociali della crisi
economica strutturale odierna.
I dati del tribunale di Empoli indicano che da gennaio a settembre di quest'anno
si sono tenute in tutto 232 udienze di sfratto. Inoltre sappiamo che il 14
ottobre 2009 ci sarà un'altra giornata densa di lavoro per i giudici empolesi,
con almeno 62 udienze di sfratto.
Morosità vs Finita locazione
Il 91% degli sfratti (211 su 232) è per morosità, solo il 9% è per finita locazione.
La percentuale di sfratti per morosità'e0 rispetto alle finite locazioni è un
dato in continua crescita. Ma oggi il lavoro sempre più frequentemente non
c'è o viene a mancare, e se c'è è a nero, precario e sottopagato. Il reddito
diventa in questo contesto intermittente mentre gli affitti sono continui ed
esosi (a Empoli si parla di 600€ per un bilocale). Le conseguenze più immediate
di questo stato di cose sono sotto gli occhi di tutti: i giovani escono dal
proprio nucleo familiare sempre più tardi, le famiglie non riescono più a
pagare le rate dei mutui o gli affitti e vanno incontro a eventi drammatici
come i pignoramenti e gli sfratti, le pensioni non sono più sufficienti per
pagare l'affitto e campare dignitosamente.
Da un punto di vista sociale la morosità incolpevole ci consegna oggi un dato
interessante dal punto di vista dei movimenti che si battono per la democrazia
e per i diritti: se trenta anni fa c'erano grandi movimenti organizzati che
praticavano l'autoriduzione degli sfratti o delle bollette, oggi la pratica dello
sciopero dell'affitto, benché determinata da scelte soggettive e non organizzata,
si presenta come pratica ben più radicale e dalle conseguenze più devastanti
sulla rendita immobiliare rispetto a prima. Per esempio in Italia nel 2008 ci
sono stati 52mila provvedimenti di sfratto il 79% dei quali dovuti a morosità,
ciò significa che l'anno scorso in Italia ben 41mila famiglie hanno praticato
questa scelta, anche se obbligata.
Chi subisce lo sfratto
Più di uno sfratto su due (circa il 53%) è intimato a famiglie italiane; il 20%
circa colpisce famiglie di migranti; inoltre degno di essere osservato oggi, alla
luce della crisi che stiamo vivendo, è il fatto che più di uno sfratto su quattro
(il 26%) è contro aziende, attività commerciali e ditte che diventano morose.
Ma alla fine del provvedimento giudiziario cosa succede?
Dipende, se l'inquilino sana la morosità (fino a lasciare non più di due mensilità
di debito) il giudice chiude la pratica e l'inquilino può restare nella “propria”
casa. Altrimenti lo sfratto viene confermato e dalla fase giudiziaria si passa a
quella esecutiva che, prima o poi, viene eseguita.
Nel nostro circondario l'85% dei provvedimenti in corso nel 2009 sono stati
confermati: 197 in particolare da gennaio a settembre, mentre solo il 13% è
riuscito ad estinguere il debito accumulato.
Sfratti pubblici - Publicasa
Circa il 5% degli sfratti sono intimati da Publicasa spa: 16 nel 2008 e 12 fino
a Settembre 2009. Più volte Publicasa ha denunciato di voler sfrattare dagli
alloggi ERP chi ha un reddito alto e può permettersi un affitto nel mercato
privato, in modo da dare gli alloggi pubblici a chi è in attesa da anni. L'intenzione
ci sembra condivisibile, anche se è'e8 improbabile riuscire a dare una casa a
canone sociale a tutti gli aventi diritto, visto che solo a Empoli la graduatoria
relativa al bando del 2006 (aspettando quella del 2009) conta 484 ammessi.
Non ci appare chiaro invece il fatto che tutti gli sfratti di Publicasa negli ultimi
due anni sono stati chiesti contro inquilini morosi, per cui dunque è più
probabile pensare di essere di fronte a situazioni di forte indigenza piuttosto
che ad alti redditi.
Resta da capire se quello di voler sfrattare chi sta in un alloggio popolare
con alto reddito è solo uno slogan, o se Publicasa crede che dietro queste
morosità ci sia gente ricca.
Tendenza
Se si considera che fino alla fine dell'anno ci saranno probabilmente altre tre
giornate di udienze di sfratto (una al mese), che tutte le percentuali dei primi
nove mesi restino costanti (crediamo che nel contesto di crisi tale previsione
sia ottimistica), e che il numero di udienze, circa 60 da giugno in poi, resti
costante (restando ancora sulla scia dell'ottimismo), possiamo aspettarci che
tendenzialmente si avranno altre 180 udienze, in cui circa 150 confermeranno
lo sfratto.
Se tale tendenza fosse confermata si conteranno circa 350 sfratti confermati
nel 2009 solo nel circondario empolese valdelsa, quasi uno al giorno, con un
incremento sostanziale nella seconda metà dell'anno.
CONFRONTO CON GLI ANNI PASSATI
Confrontando questi dati (seppur parziali) del 2009 con quelli del 2008
sempre relativi al tribunale di Empoli (cioè'e8 al circondario) si può notare
che la situazione si è aggravata.
- Nel 2008 in tutto sono state fatte 294 udienze di sfratto: nel 2009 tale cifra
verrà raggiunta il 14 Ottobre, quando sono in lista almeno 62 udienze, che
sommate alle 232 già svolte arrivano proprio a 294. Poi ci saranno giornate
di udienze di sfratto anche a Novembre e a Dicembre: gli sfratti dunque
quest'anno aumenteranno sensibilmente rispetto all'anno scorso.
- Aumentano in percentuale gli sfratti per morosità verso attività commerciali
e aziende. Siamo passati dal 20% del 2008 al 26% dei primi nove mesi del
2009: effetto collaterale della crisi.
- La percentuale di morosità rispetto alle finite locazioni resta all'incirca
costante (89% nel 2008, 91% in questo 2009), del resto crescere oltre il 90%
non è semplice.
Sfratti eseguiti nel circondario nel 2007 e nel 2008
Nel 2007 sono stati eseguiti in tutto nel circondario 94 sfratti, di cui 27 solo
ad Empoli (circa il 29%).
Nel 2008 gli sfratti eseguiti, sempre nel circondario, sono saliti a 108, 15%
in più rispetto all'anno precedente.
A Empoli siamo passati a 43 sfratti, con un incremento relativo rispetto al
2007 del 60% e passando ad avere nel 2008 il 40% degli sfratti di tutto il
circondario.
CONSIDERAZIONI FINALI – OTTOBRE 009
L’espansione metropolitana e il vivere urbano
Nel novembre del 2003 viene fondata a Empoli la rete del nuovo municipio,
ispirata a quella Carta sottoscritta a Porto Alegre nel corso del forum sociale
del 2002. L’associazione a cui aderiscono sindaci e amministratori del
circondario si propone di promuovere la democrazia partecipativa e di
diffondere buone pratiche di governo locale. L’intento è dei più nobili: restituire
spazio pubblico sui destini della città e del territorio, includendo gli interessi
dei più deboli, dei migranti, delle diversità culturali in un progetto di città
aperta e solidale. La realtà è invece quella imposta dalle regole dello sviluppo:
qui come altrove è sempre la logica della razionalità economica, quella che
nasconde sprechi, saccheggi e speculazione, che manipola natura e territorio.
L’espansione e la saturazione urbanistica della metropoli fiorentina richiede
nuove aree di saccheggio e contemporaneamente di enormi investimenti
infrastrutturali (pubblici) per migliorare e velocizzare i trasporti. Non è un
caso che i comuni del circondario che in questi anni hanno avuto lo sviluppo
urbanistico più elevato sono quelli più vicini alla metropoli. Dal 2001 al 2009
il comune di Montelupo F.no registra una crescita del numero degli abitanti
pari al 19,51%, quello di Capraia e Limite del 18,93%, quello di Montespertoli
del 17,40%. In pratica in questi tre comuni, negli ultimi otto anni quasi due
abitanti su dieci sono nuovi. La crescita è ancora più evidente se paragonata
con quella fatta registrare dai comuni più distanti dall’area metropolitana
come Gambassi (3,48%) e Certaldo (4%).
Della città solidale si perde ogni traccia quando si tratta di trovare come a
Montelupo delle soluzioni a famiglie sfrattate
(http://www.gonews.it/articolo_39109_Bloccato-sfratto-famiglia-marocchinadagli-attivisti-dello-Sportello-Sociale-solo-rimandato.html): la massiccia
cementificazione non ha prodotto un solo immobile da destinare alle emergenze
abitative. Nessuna casa a Montespertoli per chi è costretto a vivere in 50 mq
con 6 persone pagando 600 euro d’affitto
(http://www.gonews.it/articolo_18998_sindaco-Chiavacci-incontra-CobasOrda-Precaria-caso-Lamtkhame.html), e intanto oggi tutta la ex giunta
comunale è indagata per manomissioni al piano regolatore con l’intento di
favorire interessi particolari.
Il territorio urbano è disegnato unicamente sui consumi: mancano luoghi di
aggregazione, di cultura e di socialità. Il tempo e i suoi ritmi producono solo
una grande desertificazione sociale. Non c’è da stupirsi se il consumo medio
delle doghe pesanti è in continuo aumento. Eroina, cocaina, razzismo e
xenofobia crescono parallelamente, sfruttando il disagio sociale. La crisi
minaccia i diritti (casa, istruzione, sanità) ma non intacca minimamente il
mercato della rendita o il patrimonio sfitto.
C'è crisi!
Da tempo denunciamo che il nostro territorio sta attraversando un momento
di grande emergenza dal punto di vista degli sfratti e dell'accesso al diritto
all'abitare: centinaia di sfratti in attesa di esecuzione, case popolari insufficienti
rispetto alle richieste, e una crisi del lavoro che in assenza di un reddito di
base porterà sicuramente la situazione ad un livello esplosivo nei prossimi
tempi.
Questa è una situazione drammatica, per questo più volte abbiamo chiesto
un tavolo di circondario sulla questione dell'emergenza abitativa alle istituzioni
locali.
È necessario un intervento straordinario da parte delle amministrazioni, un
blocco generalizzato degli sfratti in tempi brevi, o comunque garantire il
passaggio da casa a casa a tutti gli sfrattati, in modo che le famiglie che
subiscono uno sfratto esecutivo non si trovino senza una soluzione abitativa
dignitosa.
Tali interventi, chiaramente a breve termine, sono da affiancare a un nuovo
piano casa (degno di questo nome) che metta al centro gli interessi pubblici
contro la rendita, attraverso una nuova edilizia popolare che non sia solo
rivolta alla costruzione di nuovi appartamenti ma anche al recupero degli
immobili pubblici in disuso (con blocco della loro vendita) e alla requisizione
di alloggi privati sfitti.
Lo sportello sociale e la Comunità in Resistenza tutta non staranno a guardare
passivamente l’ingiustizia che si compie. Per affermare il diritto alla casa e ad
un’esistenza dignitosa, al fianco delle famiglie empolesi sotto sfratto, lotteremo
per costruire l’argine alla barbarie. Per non far sprofondare il nostro territorio
nell’incivile indifferenza che uccide le fasce sociali più deboli, anche di fronte
a quelle Istituzioni che al contrario dovrebbero tutelarle.
LO SPORTELLO SOCIALE DI EMPOLI
Lo sportello sociale, gestito dal Collettivo Orda Precaria e dai Cobas Empolivaldelsa, costituisce un interessante intreccio tra la creatività'e0 e
l'irrappresentabilità dei movimenti e l'organizzazione del sindacato.
Tutti i mercoledì sera negli spazi del cs intifada a Ponte a Elsa in Via 25 Aprile
è attivo lo sportello di consulenza legale gratuita su vari ambiti dalla precarietà:
lavoro, casa, e per i cittadini migranti sui problemi con i permessi di soggiorno,
richiesta asilo, ecc. Per quanto riguarda l'aspetto legale lo sportello si avvale
della collaborazione di un pool di avvocati del territorio.
Abbiamo prodotto questo dossier sull'emergenza abitativa dal titolo “Empoli
precaria 2.0” perché segue un altro lavoro d'indagine sulla precarietà nel
nostro territorio uscito un anno e mezzo fa: in quel caso affrontavamo la
precarietà dal punto di vista del lavoro, oggi da quello dell'accesso al diritto
all'abitare.
Lo sportello sociale, che non è un sindacato, è un progetto che da circa due
anni si pone come luogo di sperimentazione di un concetto nuovo di
rivendicazione di diritti e di sindacalismo sociale, cittadino. Non è un sindacato
perché non vuole esserlo, perché a seguito della trasformazione epocale che
ha subito il lavoro, la società e il modo di produrre, oggi le strutture sindacali
(e politiche) novecentesche sono inadeguate a tutelare i diritti dei lavoratori
e dei cittadini, e ancor di più per l'obiettivo ben più alto di continuare sulla
strada della lotta contro lo sfruttamento e per l'emancipazione dell'essere
umano.
A partire dallo strumento dell'inchiesta, attraverso il dibattito e il protagonismo
di diverse e molteplici soggettività organizzate crediamo che si possa riuscire
a capire meglio la realtà che ci circonda e praticare percorsi di lotta e
rivendicazione di diritti insieme a chi oggi vive la precarietà della propria
esistenza e subisce il peso e la devastazione di una crisi senza precedenti.
Il nodo centrale su cui ci interroghiamo è il concetto di precarietà, che
individuiamo nell'ambito ampio della vita: oggi precario non è il lavoro o il
reddito, non solo; non è il diritto all'abitare, non solo. Precario è il pianeta,
il clima: i disastri ambientali che stanno colpendo anche il nostro paese lo
dimostrano in modo tragicamente reale. Precaria è la libertà d'espressione,
l'accesso all'istruzione e alla cultura. Precarie sono oggi le nostre città e le
loro relazioni sociali, fatte di aggressioni verso il diverso, di razzismo e odio
dilaganti; precario è il diritto a non migrare.
Da decenni lo scontro sul posto di lavoro si è non a caso affievolito e di
molto, lasciando spazio ad altre forme di conflittualità sociale, urbana,
metropolitana. E questo è dovuto alle trasformazioni del modo di produrre
ed al diffondersi fino a diventare strutturale di una grande massa di lavoratori
precari, immateriali, informali, al nero. Ai fenomeni dell’immigrazione. Al
distribuirsi della produzione dalla grande fabbrica al territorio metropolitano.
Al diffondersi del mercato in tutti gli aspetti della vita.
Precaria è la vita, la precarietà è il paradigma della società
contemporanea.
La rendita finanziaria, paradossalmente, è l’assunzione definitiva da parte del
capitale della trasformazione del rapporto storico capitale/lavoro, della natura
sempre più cooperativa e sociale della produzione, del salto epocale delle
capacità produttive, dell’inadeguatezza del salario come forma storica della
misura del lavoro e dello sfruttamento.
Per queste ragioni, in tempi in cui la rendita finanziaria e immobiliare supera
il profitto, in cui la rendita si traduce in saccheggio dell’intera vita delle
persone, un welfare state all'altezza dei tempi deve passare per il reddito
sociale di cittadinanza, slegato dal lavoro.
In questo senso l'esempio che sta dando la regione Lazio, che sta sperimentando
una interessante forma di elargizione di reddito minimo garantito (per quanto
insufficiente in termini di stanziamento fondi e di numero di cittadini che vi
accederanno), è emblematico: nel mese di settembre 2009 hanno fatto
richiesta del reddito minimo garantito (7mila euro annui) circa 75mila cittadini
del Lazio!
Questo è il nodo centrale che oggi deve sciogliere la politica a tutti i livelli:
la necessità di fronte alla crisi di garantire una continuità di reddito, diretto
o indiretto (cioè in termini di servizi gratuiti), che possa garantire un'esistenza
degna a milioni di persone oppresse da un'esistenza di costante e generale
precarietà.
Siamo certi che tali provvedimenti possono essere posti in essere solo dietro
la spinta di una grande mobilitazione sociale. E questa è la lotta che dobbiamo
mettere al centro del nostro progetto oggi. Questa è lotta alla precarietà.
LA QUESTIONE ABITATIVA È OGGI UN’EMERGENZA STRUTTURALE
NELLA CITTÀ E NELLA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO.
NON SONO PIÙ SOLO I MIGRANTI, NÉ GLI SFRATTATI, AD ESPRIMERE
UN DIFFUSO BISOGNO ESISTENZIALE DI CASE. OGGI SONO MIGLIAIA
DI PERSONE A RIVENDICARE IL DIRITTO AD AVERE UN TETTO SOPRA
LA TESTA. QUESTO DOSSIER PARTE DA LONTANO PER POI ARRIVARE
MOLTO VICINO, FINO AL TERRITORIO DELL'EMPOLESE E AI PROBLEMI
CHE SI TROVA DI FRONTE DAL PUNTO DI VISTA DELL'ACCESSO
ALL'ABITARE.
LO SPORTELLO SOCIALE, CHE NON È UN SINDACATO, È UN PROGETTO
CHE DA CIRCA DUE ANNI SI PONE COME LUOGO DI
SPERIMENTAZIONE DI UN CONCETTO NUOVO DI RIVENDICAZIONE
DI DIRITTI E DI SINDACALISMO SOCIALE, CITTADINO. A PARTIRE
DALLO STRUMENTO DELL'INCHIESTA, ATTRAVERSO IL DIBATTITO E
IL PROTAGONISMO DI DIVERSE E MOLTEPLICI SOGGETTIVITÀ
ORGANIZZATE CREDIAMO CHE SI POSSA RIUSCIRE A CAPIRE MEGLIO
LA REALTÀ CHE CI CIRCONDA E PRATICARE PERCORSI DI LOTTA E
RIVENDICAZIONE DI DIRITTI INSIEME A CHI OGGI VIVE LA PRECARIETÀ
DELLA PROPRIA ESISTENZA E SUBISCE IL PESO E LA DEVASTAZIONE
DI UNA CRISI SENZA PRECEDENTI.
Quest'inchiesta è un work in progress, è in continuo aggiornamento... chi
vuole può scaricarla gratuitamente dal sito cobasempoli-valdelsa.blogspot.com
o su www.ordaprecaria.org
Se vuoi contribuire o ti piacerbbe saperne di più > [email protected]
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EMPOLI PRECARIA 2.0