Laboratorio Apistico Regionale - Friuli Venezia Giulia
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Febbraio 2013
14/02/2013
Il mese di febbraio è iniziato sulla scia del mese precedente, che era stato caratterizzato da
temperature sopra la norma. Questo fatto, unito alla fioritura del nocciolo, ha spinto le api ad
allevare la covata che, negli alveari più vigorosi, si è estesa anche su tre favi. Se da un lato questa
situazione appare vantaggiosa agli occhi dell’apicoltore, in quanto le famiglie si sviluppano
rapidamente, dall’altro lato può nascondere delle insidie che l’apicoltore potrebbe pagare a fine
stagione. Non bisogna dimenticare, infatti, che la presenza di covata induce la varroa presente
nell’alveare a riprodursi; considerando che per ogni ciclo di covata l’acaro all’incirca raddoppia la
sua popolazione, l’assenza di un blocco di covata prolungato, può comportare ingenti numeri di
acari in estate. Sarà dunque il caso di tenere conto di questa situazione più avanti nel tempo e
valutare attentamente l’impiego, già in primavera, di mezzi di lotta biomeccanica (es. favo
trappola).
La seconda settimana di febbraio, invece, ha visto un decremento delle temperature, con vento e
neve anche a bassa quota. In questa situazione, le api sono rientrate in glomere ed è possibile che
una parte della covata deposta in precedenza sia stata abbandonata.
Come si può osservare, in febbraio si riscontrano condizioni meteorologiche altalenanti, che si
riflettono sullo sviluppo delle famiglie, che da un lato vogliono ripartire e dall’altro sono frenate
dalle basse temperature.
Se il freddo si prolunga, gli alveari che non sono stati correttamente invernati o quelli che sono
troppo deboli rischiano di morire. Quando le api entrano in glomere, infatti, per scaldarsi tendono a
consumare il miele o il candito che sono presenti nelle immediate vicinanze; se ciò non è possibile,
le api possono morire di fame anche se vi sono favi con miele nell’arnia, ma lontani dal glomere.
Si consiglia agli apicoltori di effettuare, appena il tempo lo concede, una visita di controllo della
situazione degli alveari per sistemare il nido e somministrare zucchero candito dove necessario.
Inoltre, durante le visite, gli alveari trovati orfani vanno immediatamente riuniti prima che vengano
saccheggiati.
Si ricorda agli apicoltori che è possibile valutare il livello di sviluppo delle colonie, anche quando
queste non possono essere visitate.
Innanzitutto, l’apicoltore può osservare il volo delle api che, nelle giornate soleggiate, escono per
purificarsi o per raccogliere il nettare e il polline disponibili; se le api rientrano con polline,
significa che è in atto l’allevamento di covata.
In base al flusso di api che entrano ed escono da ciascun alveare, è possibile intuire la diversa
popolosità delle colonie. Se non si osserva alcuna attività di volo, è probabile che la famiglia sia
morta durante l’inverno.
La forza della famiglia, inoltre, può essere stimata controllando i residui presenti sul fondo
antivarroa dell’alveare; questi, infatti, si localizzano in corrispondenza degli spazi esistenti tra favo
e favo (che sono presidiati dalle api adulte) e, a seconda di quante strisce di rimasugli (cera e
opercoli) si contano e di quanto queste si estendono lungo il fondo, si capisce alla popolosità della
famiglia. La presenza di granuli di polline fresco sul fondo dell’alveare, inoltre, conferma
l’allevamento di covata da parte delle api.
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Per valutare l’entità delle scorte senza visitare le colonie, è possibile soppesare gli alveari
sollevando con una mano il bordo posteriore dell’arnia.
26/02/2013
Le scorse settimane sono state contrassegnate da temperature basse con nevicate anche a bassa
quota, che di conseguenza hanno rallentato l’attività delle api all’interno della colonia.
Per questa settimana è previsto un lieve incremento delle temperature, che però non saliranno sopra
i 10-12 gradi in pianura. In queste condizioni ancora incerte, si suggerisce agli apicoltori di
effettuare solo visite rapide per alimentare le famiglie con poche scorte (per chi non l’avesse già
fatto) ed eventualmente procedere alla riunione degli alveari orfani.
Se le temperature dovessero crescere ulteriormente nel corso dei prossimi giorni, è possibile
stimolare gli alveari anche con alimentazione liquida. La somministrazione di nutrizione stimolante,
infatti, favorisce la deposizione di uova da parte della regina e quindi la nascita di giovani api;
queste sono indispensabili sostitute della api vecchie che, ormai logore per aver attraversato un
inverso piuttosto mite, muoiono progressivamente.
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Marzo 2013
05/03/2013
La settimana in corso sarà caratterizzata da precipitazioni piovose su tutta la regione. La prossima
settimana, invece, vedrà un abbassamento delle temperature, che si manterranno sotto i 10 gradi. La
vegetazione pare rallentata nel suo sviluppo e le possibilità per le api di raccogliere nettare e polline
dalle piante sono ridotte.
In queste condizioni, la visita degli alveari va fatta rapidamente solo per somministrare
alimentazione solida (candito) alle colonie; si suggerisce inoltre agli apicoltori di non allargare
ancora il nido, ma di attendere l’arrivo di condizioni climatiche più favorevoli e stabili.
27/03/2013
Le avverse condizioni meteo che si sono abbattute sulla nostra regione negli ultimi giorni,
caratterizzate da temperature basse e pioggia, si protrarranno anche durante la settimana in corso e
quella seguente.
Purtroppo, in questa situazione le api non escono dall’alveare e la regina rallenta la deposizione di
uova. Le famiglie, che in questo periodo avrebbero assistito all’incremento costante della
popolazione di api, restano bloccate, con il rischio di non essere sufficientemente popolose
all’arrivo della prima fioritura interessante: il tarassaco. Pochi sono infatti gli alveari che saranno
pronti al primo grande raccolto dell’annata che, negli ultimi anni, risulta sempre più difficile da
effettuare a causa del meteo, come in questo caso, o perché le famiglie sono state invernate deboli,
in seguito all’infestazione di varroa e all’infezione di virus che le api avevano subito l’autunno
precedente.
In tali condizioni, si consiglia di visitare le famiglie rapidamente e solo se necessario, per fornire
alle api candito (meglio di tutto) o eventualmente dei telai di miele di provenienza certa: non
somministrare mai alle api miele fermentato o peggio ancora miele proveniente da famiglie che
erano state colpite da malattie (es. peste americana o nosema). Sarebbe meglio evitare, almeno fino
all’arrivo di condizioni climatiche più favorevoli, di allargare il nido con telai vuoti, specie in
alveari deboli e con poche api.
Nelle giornate favorevoli, le api escono per bottinare nettate e polline che la natura mette a loro
disposizione. Si rileva che, nelle poche ore di sole registrate nei giorni scorsi, le api hanno iniziato a
bottinare sul salice (polline) e su alcune piante fiorite appartenenti al genere Prunus (polline e
nettare); anche l’erica è fiorita nelle aree montane.
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Aprile 2013
04/04/2013
Il maltempo che ha interessato la nostra regione durante la settimana di Pasqua e il giorno di
Pasquetta non è stato propizio per le api e nemmeno per gli apicoltori.
Tuttavia, nei pochi momenti favorevoli che si hanno, quando cioè le temperature lo permettono, le
api visitano i fiori che sono aperti; si osservano infatti api, altri apoidei e anche ditteri che
raccolgono nettare e polline sulle siepi di Viburnum tinus, ma sono molto visitati dalle api anche i
Prunus a fiori bianchi e a fiori rosa (Prunus pissardi nigra), che si presentano in piena fioritura.
Fra le piante erbacee, si segnalano molte api sui fiori azzurrini di veronica (Veronica persica),
poche api sui capolini di pratolina (Bellis perennis) ma nessun ape sui fiori di Lamium, nonostante
siano sbocciati. Il tarassaco (Taraxacum officinale), purtroppo, non è ancora fiorito, ma lo sarà nei
prossimi giorni.
Attenzione: secondo un articolo pubblicato sull’Informatore Agrario (fascicolo 8/2013), le
“intenzioni di semina” dichiarate all’ISTAT dai coltivatori per l’annata 2012-13 fanno registrare nel
Nord-Est un del 12,8% di superficie investita a mais da granella e a livello nazionale un incremento
di superficie impiegata a colza e girasole (+49,5 e +9,4% rispettivamente). I fiori di colza
rappresentano una buona fonte nutritiva primaverile, utile agli alveari deboli che hanno bisogno di
riprendersi; tuttavia, la fioritura prolungata di questa pianta si sovrappone spesso a quella
dell’acacia, rovinando, di fatto, la produzione di quest’ultimo miele. Diverso è il caso del girasole,
da cui le api ricavano (a seconda della varietà seminata) abbondante miele e polline, che possono
rappresentare una buona fonte alimentare per la colonia durante il periodo estivo o un’ulteriore
fonte produttiva per l’apicoltore.
Nonostante la pioggia sia sempre in agguato, per la settimana in corso e soprattutto per quella
successiva, le temperature saranno in aumento e ciò favorirà l’attività di raccolta delle api e di
sviluppo degli alveari. Di seguito, si forniscono alcuni suggerimenti per favorire il rapido e
omogeneo accrescimento delle famiglie in vista del raccolto principale, che per molti apicoltori è
rappresentato dall’acacia.
1. Se le famiglie non sono sufficientemente vigorose da meritare l’apposizione del primo melario
per la raccolta del tarassaco, si suggerisce agli apicoltori di stimolare l’ovideposizione da parte della
regina (e quindi lo sviluppo delle colonie) somministrando alle api dello sciroppo zuccherino.
Inoltre, la stimolazione degli alveari per la produzione di api bottinatrici dovrebbe iniziare circa 40
giorni prima dell’inizio della fioritura di cui si vuole sfruttare al massimo il raccolto. Questo arco
temporale, infatti, corrisponde alla somma dei giorni in cui, da quando è stato deposto l’uovo, l’ape
operaia sfarfalla (21 giorni) e, da ape di casa diventa ape bottinatrice (altri 21 giorni circa).
2. Per facilitare l’ovideposizione, è possibile inoltre dare spazio alle api inserendo (ogni 7-10 giorni
e in penultima posizione, ovvero dopo l’ultimo telaio con covata) un telaio da nido che sia già stato
costruito dalle api e che abbia numerose cellette vuote atte a ospitare la nuova covata. In questo
periodo, infatti, a meno che non vi sia forte importazione di nettare, le api difficilmente
costruiscono i fogli cerei, pertanto è meglio dar loro qualcosa che sia già pronto all’uso.
3. A causa delle abbondanti piogge dei giorni scorsi, è possibile che i fondi di alcuni alveari siano
pieni di acqua stagnante, che favorisce la proliferazione di muffe all’interno degli alveari e/o sui
telai. Si consiglia pertanto di svuotare i cassetti dall’acqua, pulire i fondi con una spatola e, una
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volta asciutti, ricollocarli sotto l’alveare.
4. Qualora vi fossero alveari orfani, questi vanno riuniti ad alveari che invece presentano la regina.
18/04/2013
Dopo un lungo periodo di maltempo, finalmente la situazione pare essersi stabilizzata e le
temperature sono rientrate nelle medie stagionali. Purtroppo, molti alveari si presentano ancora
deboli, con api che occupano pochi favi, appaiono statiche e incapaci di ripartire. Tuttavia, il
miglioramento del clima e la fioritura di Prunus, tarassaco e altre essenza utili possono spingere le
regine a ovideporre, consentendo alle colonie di espandersi e arrivare al raccolto dell’acacia (il cui
sviluppo appare leggermente in ritardo) senza grossi problemi.
All’apicoltore spetta ora il compito di favorire la crescita armonica delle colonie, inserendo
settimanalmente, in penultima posizione, ovvero fra l’ultimo favo di covata e il primo favo di
scorte, un telaio costruito oppure con foglio cereo. L’introduzione in alveare di almeno 2-3 fogli
cerei a stagione permette di rinnovare tutta la cera della colonia nel giro di 3-4 anni (in natura, ciò
avviene solo in occasione della sciamatura). L’eliminazione dei telai vecchi presenta un duplice
vantaggio, in quanto abbatte la carica di patogeni che si annidano nell’alveare e riduce i residui
delle sostanze attive impiegate per la lotta alla varroa, ritardando in questo modo lo sviluppo di
fenomeni di resistenza.
In questo periodo, è buona norma effettuare una visita sanitaria accurata delle colonie, controllando
principalmente lo stato di salute della covata, alla ricerca (si spera vana) di eventuali sintomi di
malattie. Questa operazione risulta più facile in primavera, quando si osserva il massimo sviluppo
della covata in rapporto alle api presenti.
All’interno dello stesso apiario, inoltre, sarebbe utile che le famiglie siano quanto più omogenee per
numero di telai e di api. Per far ciò, è necessario, previo accertamento delle condizioni sanitarie di
tutte le colonie, livellare le famiglie, spostando i favi di provviste e di covata da quelle più vigorose
a quelle più deboli. Durante tale operazione, si deve essere certi di non spostare la regina, lasciando
l’alveare orfano.
Con l’arrivo del bel tempo e l’inizio dell’importazione, le famiglie tendono a svilupparsi molto
rapidamente fino quasi ad “esplodere”; è quindi necessario, per quelle colonie che occupano già
l’intero nido, apporre il primo melario, per dar spazio alle api, e iniziare eventualmente i controlli
sciamatura.
È buona norma, infine, tenere un diario dove annotare le informazioni rilevanti e le operazioni
apistiche che si effettuano di volta in volta per ogni alveare (es. età della regina, stato sanitario della
famiglie ed eventuale livello di infestazione, quantità di covata e scorte, favi sostituiti, melaria
aggiunti e tolti, ecc.). Questo diario permette di conoscere la storia di ogni singola colonia e di
programmare, quindi, le attività da svolgere durante la visita successiva e nel corso dell’intera
stagione apistica.
30/04/2013
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Nella seconda metà di aprile, le condizioni meteorologiche si sono stabilizzate e, a parte qualche
rovescio primaverile, il sole è stato protagonista. Attualmente, si registra la fioritura del colza,
anche se la superficie coltivata in regione appare inferiore rispetto agli anni passati. L’acacia,
intanto, progredisce a vista d’occhio e nel giro di qualche giorno inizierà a fiorire in pianura.
La situazione favorevole ha incoraggiato le api regine a deporre molta covata, con la conseguente
nascita di numerose giovani api ed “esplosione” delle famiglie. Per chi non avesse già provveduto,
si suggerisce di allargare i nidi fornendo fogli cerei alle colonie (vedi bollettino precedente); per le
famiglie che occupano già l’intero alveare, invece, si consiglia di posare il primo melario.
Queste semplici operazioni permettono di dare spazio alle api, favorendo così il contenimento del
fenomeno della sciamatura, che proprio in questi giorni ha iniziato a tormentare molti apicoltori.
A questo punto della stagione, infatti, le api avvertono la necessità di dividere la famiglia, in una
sorta di atto riproduttivo dell’alveare, se inteso come superorganismo. Tale fenomeno, però, non è
gradito agli apicoltori, in quanto si verifica in concomitanza delle fioriture principali (acacia su
tutte) e, lasciando poche api nell’alveare, ne riduce il raccolto.
Esistono diverse tecniche per evitare la sciamatura che sono riassunte di seguito.
1. Taglio dell’ala dell’ape regina: in questo caso si taglia un’ala alla regina che comunque, al
momento opportuno, esce dall’alveare per sciamare ma, non potendo volare, cade di fronte al
predellino; in conseguenza di ciò, le api che erano uscite perché pronte a sciamare, non avvertendo
la presenza dell’ape regina, rientrano nell’alveare.
2. Eliminazione delle celle reali: l’alveare deve essere controllato settimanalmente (telaio per telaio)
alla ricerca di celle reali, che andranno eliminate; in questo modo, non vi sarà mai una regina pronta
a sostituire quella “vecchia”, che è costretta a restare nell’alveare assieme a tutte le api.
3. Ingabbiamento della regina: consiste nell’ingabbiare l’ape regina in gabbiette idonee per circa 20
giorni, eliminando subito e a distanza di una settimana le eventuali celle reali presenti nell’alveare.
In questo modo, si evita il controllo settimanale della sciamatura durante il periodo di maggiore
importazione, ovvero in presenza di melari pesanti da sollevare.
4. Confinamento della regina: consiste nello spostare l’ape regina assieme a 1 o 2 favi con covata,
api e miele in un’arnietta in polistirolo. Nell’alveare orfano, che non potrà più sciamare, dovranno
essere eliminate le celle reali tranne una, da cui nascerà la regina nuova.
5. Salasso delle colonie: consiste nel prelevare, dagli alveari forti e potenzialmente pronti a
sciamare, 2 o 3 favi di covata fresca e opercolata con api e scorte; i favi vanno collocati in un
arnietta in polistirolo, dove le api alleveranno un’ape regina, dando origine a una nuova famiglia
(nucleo). In questo modo, l’alveare di partenza verrà indebolito e avrà una minore propensione alla
sciamatura.
Per maggiori dettagli sulle tecniche appena menzionate, si rimanda l’attenzione alla cartella
“tecnica apistica” presente nella sezione del sito “Schemi, presentazioni e pubblicazioni”, dove sono
consultabili dei files più dettagliati sull’argomento.
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Maggio
22 Maggio 2013
La raccolta di nettare di acacia si è conclusa da poco, anche a causa delle piogge intense e
prolungate che hanno interessato l'intera regione; il maltempo ha concentrato l’attività di raccolta
delle api bottinatrici nelle poche giornate (o ore) di sole. In pianura come in collina le produzioni
sono state basse e gli apicoltori che avevano famiglie forti hanno ottenuto mediamente un solo
melario di acacia (10-15 kg) per alveare.
Anche quest’anno si assiste a un diffuso fenomeno di sciamatura, a causa delle frequenti piogge che
stanno interessando la regione.
Sono stati inoltre rilevati alcuni problemi da parte di coloro che hanno rinnovato le api regine; una
percentuale abbastanza elevata di esse, infatti, è risultata non fecondata o fucaiola.
Viste le condizioni meteo che si prospettano per i prossimi giorni, che saranno caratterizzate da
ulteriori piogge e temperature al di sotto della media, è parzialmente a rischio anche la produzione
di Amorpha fruticosa, che da poco ha iniziato la fioritura.
In ogni caso, il Laboratorio Apistico Regionale ha avviato la procedura di inserimento del Miele di
Amorfa nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali del Friuli Venezia Giulia, ai sensi del
D.M. 08.09.1999 n. 350. Si spera quindi che da luglio questo prodotto si aggiunga all’elenco dei 10
mieli tipici già riconosciuti per la regione.
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Giugno
08/06/2013
Il Laboratorio Apistico Regionale ha ospitato presso l’Università di Udine (sede Rizzi) un gruppo di
circa 25 persone che sta seguendo un Corso di Apicoltura per Stranieri organizzato dal Consorzio
Apicoltori di Pordenone in collaborazione con la Provincia medesima.
In tale occasione, il dott. Desiderato Annoscia ha presentato ai corsisti la struttura dell’apicoltura in
Friuli Venezia Giulia, quale possibile modello da esportare oltreconfine. Inoltre, ha fornito loro
informazioni riguardanti la Legge Regionale in vigore dal 2010, l’attività del Laboratorio Apistico
Regionale, quella dei Consorzi e il ruolo degli Esperi Apistici. Infine, il p.a. Mauro D’Agaro, del
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali (sez. Entomologia) ha accompagnato i futuri
apicoltori nel Laboratorio di smielatura del Dipartimento, illustrando le caratteristiche delle diverse
attrezzature, nonché i reperti apistici friulani dell’annesso piccolo museo di apicoltura.
20/06/2013
Dopo le incessanti piogge e le basse temperature che hanno compromesso la regolare attività di
raccolta delle api anche su amorfa (oltre che su acacia), nella seconda decade di giugno l'anticiclone
atlantico ha portato alta pressione, assenza di piogge e temperature elevate, in linea con la stagione
estiva, che è appena iniziata.
La fioritura del tiglio è stata abbondante e sta ormai volgendo al termine in pianura, mentre è da
poco iniziata in collina assieme a quella del castagno.
Con il bel tempo, in pianura le api possono dedicarsi anche alla produzione di miele millefiori,
utilizzando le fioriture estive, fra cui si annotano:
- rovo (in particolare Rubus ulmifolius) lungo i bordi dei campi;
- trifogli (in particolare trifoglio bianco o Trifolium repens) nei prati, compresi quelli urbani;
- ginestrino (Lotus corniculatus) nei prati magri (pianta che sopporta bene la siccità estiva);
- stoppione o cardo campestre (Cirsium arvense) negli incolti e nelle aree ruderali.
Un fenomeno inconsueto osservato in questi giorni riguarda la presenza abbastanza diffusa
nell’Alta pianura friulana (ancora non si hanno riscontri per altre aree regionali) di piante di acacia
(Robinia pseudoacacia) sulle quali è presente un numero non trascurabile di infiorescenze.
Nonostante la stagione apistica sia ormai avanzata, il fenomeno della sciamatura non accenna a
fermasi e numerose sono le chiamate che giungono quotidianamente ai Consorzi Apicoltori per
richiedere il recupero di sciami.
Per tale ragione, si chiede agli esperti apistici e agli apicoltori di collaborare con i rispettivi
Consorzi di appartenenza, al fine di fornire un servizio per la cattura degli sciami sul territorio
regionale, specialmente laddove questi, per il luogo in cui sono posizionati, rappresentino un
potenziale pericolo per le persone.
Si rende noto che in data odierna, nella sezione “Piano di Lotta Territoriale alla Varroa” del
presente sito, è stata inserita una presentazione sintetica e semplificata del piano stesso.
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Luglio 2013
09/07/2013
L’ultima settimana di giugno e la prima decade di luglio sono state caratterizzate da bel tempo su
tutta la regione, con temperature che si sono mantenute nella media stagionale.
L’importazione di nettare in pianura è rallentata, così come in collina, dove la produzione di miele
di castagno e di tiglio-castagno si è conclusa ed risultata al di sotto della media. Nelle aree montane,
invece, le produzioni di tiglio sono buone e la raccolta di millefiori sui pascoli in alta quota è ancora
in corso.
A questo punto della stagione è necessario porre particolare attenzione alla situazione sanitaria delle
colonie e soprattutto al livello di infestazione di varroa. In alcuni alveari si iniziano a vedere le
prime api deformi, segno tangibile della presenza del parassita e dei virus che esso trasmette (in
particolare del virus delle ali deformi).
Si consiglia pertanto di effettuare una visita accurata delle famiglie per valutarne lo stato sanitario e
il livello di infestazione, che si dimostra un strumento utile per definire le linee di lotta più adatte a
salvaguardare gli alveari.
Da questo momento della stagione in poi è possibile iniziare i trattamenti acaricidi, che vanno
effettuati in assenza di melario e avviati contemporaneamente su tutti gli alveari dello stesso
apiario. Per coloro che effettuano il blocco di covata, si suggerisce di ingabbiare le regine entro la
metà di luglio.
Nella sezione “Piano di Lotta Territoriale alla Varroa” del presente sito, è stata inserita una
presentazione sintetica e semplificata del piano stesso. È possibile scaricare e consultare il
documento, al fine di eseguire in modo corretto la tecnica apistica o il trattamento scelto per
contrastare il parassita.
Nota tecnica
Il monitoraggio dell’infestazione da varroa si può effettuare in diversi modi, di seguito descritti
brevemente.
1. Ispezione del cassetto diagnostico vaselinato posto sul fondo dell’arnia; una caduta
giornaliera superiore a 15 api richiede l’intervento acaricida immediato.
2. Ispezione della covata; se disopercolando 100 cellette si trovano più di 25 varroe, è
necessario intervenire subito con il trattamento acaricida e, in caso di infestazione più
elevata, provvedere all’asportazione della covata.
3. Distribuzione di zucchero a velo nell’alveare; consiste nel cospargere 100 g di zucchero a
velo sulle api presenti nel nido e contare, il giorno successivo, il numero di varroe cadute nel
cassettino diagnostico vaselinato. Se vi sono più di 40 varroe, è necessario iniziare
immediatamente il trattamento acaricida.
4. Utilizzo di zucchero a velo su un campione di api; consiste nel prelevare circa 300 api
(equivalenti a un vasetto di plastica da 120 ml colmo di api) dai favi laterali dell’alveare. Le
api vanno spostate in un vaso di miele da 1 kg con tappo a rete (maglia 2 mm) assieme a due
cucchiai da cucina di zucchero a velo. Il contenitore va agitato per un minuto circa, quindi
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lasciato riposare un altro minuto; una volta che tutte le api si sono impolverate di zucchero a
velo, il barattolo va capovolto e agitato energicamente su un vassoio bianco, dove si
possono contare le varroe. Se escono più di 15 varroe, è necessario iniziare immediatamente
il trattamento acaricida.
24/07/2013
Flora apistica
Da qualche giorno è terminata la raccolta di nettare sull'alianto (Ailanthus altissima) nelle aree dove
questa pianta esotica è diffusa.
In alcune zone agricole ci sono appezzamenti di girasole (Helianthus annuus) e di erba medica
(Medicago sativa) con piante in fiore che, grazie all'apparato radicale profondo, sono abbastanza
resistenti alla siccità, che nelle ultime settimane si è avvertita in gran parte delle aree di pianura
della regione. Per tale motivo, attualmente, le api trovano poche risorse su cui bottinare, che
consentono loro di produrre il cosiddetto millefiori estivo.
In aree ruderali e ai margini dei campi sono in fioritura la clematide o vitalba (Clematis vitalba) e
alcune Asteracee con fiori aperti solo al mattino (es. radicchiella capillare o Crepis capillaris,
radicchiella selvatica o Crepis roheadifolia, costolina o Hypochoeris radicata - tutte con fiori gialli
- e radicchio selvatico o Cichorium intybus con fiori blu), molto resistenti alla siccità; lungo i canali
di irrigazione e le scoline sono presenti inoltre la salcerella (Lithrum salicaria), la canapa acquaiola
(Eupatorium cannabinum) e la verga d'oro maggiore (Solidago gigantea).
In aree urbane è in fioritura la lavanda (Lavandula spp.), la sofora del Giappone (Sophora
japonica), una leguminosa molto ricercata dalle api per nettare e polline, e il poligono russo
(Fallopia baldschuanica), specie talora inselvatichita che fiorisce da giugno ad settembre.
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Agosto 2013
14/08/2013
Situazione meteo, Flora apistica e Trattamenti
Dopo il caldo torrido dovuto all’anticiclone africano che ha raggiunto la nostra regione a metà
luglio-inizio agosto ed è stato caratterizzato da temperature molto elevate e assenza totale di
precipitazioni, finalmente è ritornato l’anticiclone delle Azzorre, che ha portato temperature più
gradevoli, che si sono ulteriormente abbassate in seguito a una saccatura atlantica che ha invece
portato piogge sparse su tutta l’area. La situazione attuale delle temperature permette alle api di
tollerare meglio i trattamenti contro la varroa, soprattutto quelli a base di timolo.
Attualmente, è necessario prestare la massima attenzione alla varroa e a eventuali saccheggi che
possono innescarsi in assenza di fonti nettarifere.
In seguito ai trattamenti, la caduta di acari, rilevabile attraverso il cassetto diagnostico posto sul
fondo di ciascun alveare, risulta variabile a seconda della zona: in alcuni apiari, infatti, si contano
anche 5000 varroe per alveare, mentre in altri si registra una caduta più bassa (200-500 varroe per
alveare); in alcune aree, inoltre, si rileva una situazione "anomala", che corrisponde a una caduta di
varroa quasi nulla (meno di 10 acari per alveare), con famiglie che si presentano colme di api sane e
con abbondante covata. Si suggerisce comunque di non abbassare la guardia e di verificare a
campione la caduta di varroa durante i trattamenti, oltre a controllare lo stato sanitario delle covate e
delle api adulte.
Gli alveari molto infestati vanno messi a sciame, mentre i telai con covata vanno riuniti e, una volta
sfarfallate tutte le api, vanno trattati con ApiBioxal.
Di recente, alcuni apicoltori della Bassa pianura friulana hanno segnalato una consistente
importazione di nettare (di provenienza floristica ignota) dal colore ambrato, che ha riempito i nidi
dei fortunati alveari. Tuttavia, il miele che ne deriva tende a cristallizzare rapidamente nei favi e
questo può rappresentare un problema per gli apicoltori. In seguito a sopralluoghi effettuati nelle
zone interessate non è stata riscontrata, sulle diverse piante visionate, la presenza di afidi o cicaline
(che possono produrre molta melata) e quindi nemmeno di melata.
In alcune zone della regione (in particolare nell’Alta pianura), una buona fonte di nettare per gli
alveari è fornita dall’erba medica, che si trova in fiore in vecchi medicai (rimasti non sfalciati, in
quanto la massa verde è assai limitata a causa della siccità), dove è stata rilevata un’abbondante
presenza di api in attività.
Nelle aree cittadine, in giardini, parchi e viali, sono in piena fioritura gli alberelli di lagerstremia o
albero di S. Bartolomeo (Lagerstroemia indica, fam. Lythraceae), assai visitati da api domestiche e
selvatiche; questa specie appartiene alla stessa famiglia della salcerella (Lithrum salicaria), che
invece è a fine fioritura nei fossi, nelle scoline e lungo i canali.
Queste piante possono rappresentare una buona fonte di cibo per le api che, in questo modo, sono
stimolate ad allevare più covata e a mettere da parte un po’ di scorte per l’inverno. A questo punto
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della stagione, infatti, i melari dovrebbero già essere stati rimossi dagli alveari per permettere i
trattamenti contro la varroa, che in gran parte della regione (a eccezione delle zone montane)
dovrebbero essere iniziati già da qualche giorno.
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Settembre 2013
06/09/2013
Al momento, la situazione sanitaria degli alveari sembra essere buona. In particolare, la caduta di
acari in seguito ai trattamenti è risultata bassa in pianura, più alta nelle zone collinari e disomogenea
in montagna.
Si consiglia comunque di monitorare la caduta di varroa nei fondi diagnostici e di prestare
attenzione agli episodi di reinfestazione dovuti a saccheggio. Nel caso in cui si riscontri ancora
varroa, si suggerisce di prolungare il trattamento con ApiLife Var.
Per prevenire i saccheggi, può essere utile ridurre l’ingresso degli alveari mediante l’utilizzo
dell’apposita porticina metallica. Risulta inoltre opportuno iniziare a stringere le famiglie, portando
all’esterno (o in magazzino) i favi più chiari e con poche scorte e inserendo eventualmente un
diaframma.
La quantità di scorte negli alveari appare disomogenea, anche se da poco è iniziata la fioritura
dell’edera, che rifornisce le api di nettare e polline. Ad ogni modo, nelle colonie che presentano
poche scorte, si suggerisce di somministrare dello sciroppo zuccherino o del candito, per favorire
l’allevamento di covata.
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Ottobre 2013
8 ottobre 2013
Pratiche apistiche, stato sanitario delle colonie e flora apistica
Durante il mese di ottobre l’apicoltore deve iniziare le visite di pre-invernamento delle famiglie
d’api; in particolare, va ispezionato con cura ogni alveare posseduto, per valutarne lo stato di salute
e le scorte disponibili.
In generale, in questo periodo dell’anno, il nido va riorganizzato e ristretto, se necessario, su un
numero di telai che le api riescono a coprire completamente; dopo l’ultimo telaio, di norma ricco di
scorte, andrebbe inserito un diaframma, che delimita il nuovo spazio utile per le api. I favi chiari e
quelli con poche scorte vanno inizialmente portati all’esterno, possibilmente al di là del diaframma,
per poi essere conservati in magazzino. Le porticine metalliche vanno posizionate all’ingresso degli
alveari, al fine di riparare il nido dagli agenti atmosferici e soprattutto di evitare i saccheggi
(possibili durante le giornate più calde) da parte di famiglie più forti.
Lo stato sanitario delle colonie, a questo punto della stagione, sembra generalmente buono.
L’infestazione di Varroa negli alveari appare sotto controllo, tuttavia non va abbassato il livello di
attenzione nei confronti del parassita. In alcune zone dell’Alta pianura friulana e del Pordenonese,
invece, sono state rilevate malattie della covata (più o meno intense in termini di numero di cellette
interessate per alveare), causate da funghi (covata calcificata – Ascosphaera apis) e virus (covata a
sacco – Sacbrood Virus).
Attualmente, salvo casi isolati, le famiglie risultano adeguatamente popolate di api e
sufficientemente rifornite di scorte (polline e nettare), grazie all’abbondante fioritura di edera
(Hedera helix), presente su muri, lungo le recinzioni e sul fusto di alberi in siepi e boschetti. Ai
margini dei campi, negli incolti e nelle aree ruderali soprattutto di pianura si assiste a una buona
fioritura di topinambur (Helianthus tuberosus) e di Aster spp., entrambi appartenenti alla famiglia
delle Composite, da cui le api ricavano prevalentemente polline.
La generale buona importazione di alimento glucidico e proteico nelle settimane precedenti ha
permesso alle colonie di allevare abbondante covata, che si concretizzerà in una presenza più
cospicua di api d’inverno.
Se le famiglie, invece, risultano deboli e poco popolate, se ne consiglia la riunione con famiglie più
forti. Qualora le scorte siano insufficienti, si deve provvedere a una nutrizione adeguata,
somministrando alle api zucchero candito (1-2 kg per alveare) che stimola l’allevamento di covata,
oltre a sostenere l’attività delle api adulte.
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Novembre 2013
Tecnica apistica
Le temperature al di sopra della media stagionale continuano a favorire l’allevamento di covata in
molti alveari friulani. In generale, lo stato sanitario delle colonie appare buono; le famiglie forti si
sono disposte su 6-7 favi, mentre i nuclei presentano 3-4 favi completamente coperti di api. Le
piogge degli ultimi giorni hanno accelerato il consumo di polline e nettare di edera,
abbondantemente raccolti durante le scorse settimane, grazie all’andamento meteorologico
favorevole. Attualmente, sono ancora in fioritura gli ultimi capolini di topinambur e di aster, oltre a
qualche erba di prato rifiorita; in giardini e orti è in fioritura il nespolo del Giappone (Eriobotrya
japonica), una rosacea molto visitata dalle api.
Agli apicoltori si suggerisce di eseguire l’ultima visita di invernamento, prima che le temperature
calino bruscamente, rendendo impossibile questa operazione. In particolare, è necessario rilevare la
forza delle famiglie, il loro stato sanitario e la quantità di cibo a disposizione. Sulla base di questi
dati, può essere opportuno provvedere, servendosi di un diaframma, al restringimento del nido,
facendo in modo che le api presenti coprano completamente i favi lasciati dall’apicoltore
(andrebbero allontanati dall’alveare i telai chiari, perché tendenzialmente sono meno presidiati e
quelli che presentano poco miele e polline, in quanto non idonei a soddisfare le esigenze alimentari
delle api). Gli alveari con poche scorte andrebbero nutriti con alimento solido (es. zucchero
candito), mentre quelli più deboli, con meno di due favi di api, andrebbero riuniti con le famiglie
più forti. Queste operazioni andrebbero svolte velocemente, per evitare che si inneschino fenomeni
di saccheggio fra le colonie.
Appena si riscontra l’assenza di covata, è necessario intervenire con Api-Bioxal (acido ossalico
diidrato), per eliminare le varroe presenti in fase foretica sulle api adulte.
LAR, 05 novembre 2013
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Rapporti 2013 - Università degli Studi di Udine