la parola ai colleghi editoriale 36 L’importanza dell’automisurazione della pressione di Tommaso Borgia Il weekend prescrivibile 3 di Maurizio Muratore 38 La protesi d’anca con accesso mini-invasivo antero-laterale di W. Mega, V. Perrone, M. Abatelillo i revisori dei conti Bilancio dell’Ordine approvato 5 a cura di Antonio Antonaci 46 Traumi dentali e danno estetico di Giuseppe Sebastiano Castelluzzo focus “La sanità secondo noi” 10 di Maria Luisa Mastrogiovanni 52 comunichiamo che 56 consigli per la lettura la parola ai colleghi Cessa la pandemia. Resta il ricordo 20 di una buona pianificazione regionale di Gino Peccarisi I marcatori biochimici di rimodellamento osseo 22 di Giambattista Lobreglio L’Health technology assessment 30 di Pietro Refolo RIVISTA UFFICIALE DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI ED ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI LECCE Direzione e Redazione c/o Ordine dei Medici - via Nazario Sauro, 31 Lecce - www.ordinemedici-lecce.it - [email protected] Gennaio-Febbraio 2010 anno XXXIII Direttore Responsabile Maurizio Muratore Direttore Editoriale Luigi Peccarisi Editing e coordinamento redazionale Maria Luisa Mastrogiovanni Comitato di Redazione e Comitato Scientifico Tutti i componenti il Consiglio Direttivo, la Commissione per gli iscritti all’albo degli Odontoiatri e il Collegio dei Revisori dei Conti Concessionaria di pubblicità Nerò comunicazione - Casarano Per informazioni Dr. Mario Maffei - 393 9801141 L’immagine di copertina è di Francis Bacon Stampa: Stab. grafico della CARRA EDITRICE - Casarano (Le) - Aut. Trib. Lecce N. 3262 Il termine di consegna degli articoli per il prossimo numero è il 20 marzo La protesi d’anca con accesso mini-invasivo antero-laterale I VANTAGGI DEL RISPARMIO MUSCOLARE la parola ai colleghi di Walter Mega, Vinicio Perrone, Massimo Abatelillo* L’ La protesi totale d’anca è costituita da una coppa acetabolare, impiantata nella cavità cotiloidea del bacino, da uno stelo inserito nella diafisi femorale e da una testina che permette a questo di articolarsi con un inserto, in plastica o in ceramica, posto all’interno della coppa aceta bolare intervento chirurgico di impianto di protesi d’anca rappresenta la migliore scelta nel paziente affetto da osteoartrosi. Oltre a risolvere la sintomatologia dolorosa, la protesi d’anca consente di ripristinare una buona funzione articolare, quindi, di recuperare o migliorare la sua qualità di vita. Il paziente che richiede questa chirurgia, tuttavia, è diventato più esigente in quanto chiede un rapido recupero ed un veloce reinserimento nella vita sociale. La protesi totale d’anca è costituita da una coppa acetabolare, impiantata nella cavità cotiloidea del bacino, da uno stelo inserito nella diafisi femorale e da una testina che permette a questo di articolarsi con un inserto, in plastica o in ceramica, posto all’interno della coppa acetabolare (Fig. 1). Negli anni recenti, l‘evoluzione dei materiali e delle tecniche di costruzione hanno permesso la progettazione di impianti protesici con testine di grosso diametro, 32 o 36 mm, in grado di aumentare considerevolmente l’escursione articolare, rendendo l’impianto più stabile alla lussazione. Altro versante di innovazione è quello dell’accesso chirurgico. In realtà, gli accessi chirurgici normalmente usati, soprattutto quello postero-laterale, sono poco rispettosi dell’anatomia, in quanto prevedono il taglio dei muscoli che si incontrano procedendo in profondità verso l’articolazione dell’anca. In compenso, rendono agevole per l’ortopedico l’impianto della protesi. Il criterio da usare in un impianto di protesi di anca dovrebbe essere quello di garantire un’adeguata esposizione dell’articolazione al fine di permettere il corretto orien- Fig. 1. Le componenti di una artroprotesi di anca. 38 tamento delle componenti protesiche ed, allo stesso tempo, minimizzare il traumatismo chirurgico dei tessuti periarticolari. La chirurgia mini-invasiva (MIS), nell’impianto della protesi d’anca, si traduce in una migliore preservazione della componente ossea ed in una minimizzazione del danno chirurgico ai muscoli. I vantaggi sono rappresentati da un più rapido recupero funzionale, un migliore controllo del dolore, una riduzione delle complicanze, una diminuzione dei costi diretti ed indiretti e della degenza ospedaliera. Gli svantaggi sono rappresentati soprattutto da una curva di apprendimento più lunga. Naturalmente, bisogna stare attenti a ben distinguere fra le tecniche caratterizzate da una mini-incisione, ove i muscoli vengono sempre sezionati ed i ridotti spazi ottemperano più ad una esigenza estetica, rendendo più probabile il malposizonamento dell’impianto stesso (1), e le tecniche mini-invasive vere e proprie, caratterizzate da una completa preservazione dei tessuti muscolari. Gli accessi chirurgici normalmente usati, soprattutto quello posterolaterale, sono poco rispettosi dell’anatomia, in quanto prevedono il taglio dei muscoli che si incontrano procedendo in profondità verso l’articolazione dell’anca La via chirurgica anteriore La via chirurgica applicata è quella messa a punto nel 2003 da Heinz Röttinger, chirurgo ortopedico di Monaco (2, 3, 4), Germania, e modificata da Marc Finzi, ortopedico di Libourne, Francia. Tale tecnica è stata appresa dai primi due autori dopo alcuni soggiorni studio in Libourne (Francia). L’approccio chirurgico sfrutta l’interstizio naturale fra il tensore della fascia lata ed il medio gluteo Fig. 2). Si fa uso di un normale letto ortopedico; il paziente viene posto in decubito laterale con la pelvi reclinata posteriormente di circa 45°. L’arto da operare, avvolto in un gambaletto sterile, è appoggiato su un supporto sterile posto in corrispondenza della caviglia e può essere manovrato direttamente dall’operatore durante le varie fasi dell’intervento. L’incisione cutanea di circa 8-10 cm, parte a circa 4 cm lateralmente alla spina iliaca antero superiore e Fig. 2. Disposizione dei muscoli rispetto all’articolazione dell’anca e percorso della via chirurgica. 1- Medio Gluteo. 2-Tensore della Fascia. 3-Collo e testa femorale. 4-Cavità cotiloidea. 5- Grande Gluteo. si prolunga distalmente verso il bordo anteriore del gran trocantere. Dopo aver inciso il sottocute, si ricerca l’interstizio esistente fra il bordo posteriore del tensore e quello anteriore del medio gluteo (Fig. 3). Divaricati i muscoli, 39 la parola ai colleghi e lo spazio creato rende agevole la rimozione della rimanente porzione di testa femorale. La cavità cotilodea è adesso pronta per essere preparata, con frese motorizzate, ad accogliere il cotile metallico definitivo. Si passa, quindi, alla preparazione del canale femorale: l’accurata pulizia della regione interna al gran trocantere permetterà di identificare l’ingresso corretto delle raspe che andranno usate per preparare l’alloggiamento dello stelo femorale. In questa fase, l’arto rimosso dal supporto posto alla caviglia è lasciato cadere con ginocchio flesso a 90°. Dopo l’impianto dello stelo definitivo, l’articolazione può essere ridotta e già si avverte la notevole stabilità dell’impianto alle manovre lussanti, in considerazione dell’integrità della capsula articolare posteriore e delle strutture muscolari integre (fig 4). La sutura è limitata alla fascia superficiale che ricopre i due gruppi muscolari che si riaccostano spontaneamente, una volta tolti i divaricatori. Fig. 3. Si individua interstizio fra il Tensore della Fascia (in alto) ed il Medio Gluteo (in basso). si scopre la capsula articolare anteriore dell’anca che verrà incisa mettendo in vista la testa del femore. Quindi, con sega oscillante si effettua la resezione della testa, in corrispondenza della sua parte che affiora subito al di là del bordo del cotile. Attraverso un secondo taglio a circa 2 cm distalmente, si asporta una porzione di testa con il collo femorale contiguo Materiali e metodi Presso l’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Gallipoli, nell’ultimo anno, sono stati effettuati 84 interventi di chirurgia protesica d’anca. Di questi il 47% sono state protesi totali per coxartrosi ed il 53 % sono state endoprotesi su fratture del collo Fig.4 Posizionamento del cotile e dello stelo definitivi. 40 del femore. La via utilizzata è stata sempre quella postero-laterale con sezione degli extra-rotatori brevi. Dal mese di ottobre 2009 viene applicato anche l’approccio anterolaterale di Rottinger modificato. Sono stati valutati i risultati clinici e funzionali in merito ai primi undici interventi sull’anca facendo uso della nuova via: sette protesi totale di anca e quattro endoprotesi. Il primo gruppo, comprendeva cinque maschi ed una femmina, con età media di 71,5 anni (max 81-min 51), tutti affetti da coxartrosi primitiva. I pazienti del secondo gruppo, composto da un maschio e da tre femmine con età media di 71,5 anni (max 81min 51), presentavano una frattura mediale dell’anca. Nel primo gruppo tutti i pazienti avevano una corporatura robusta con indice di massa corporea (Imc) media di 28,4 (max 34,6-min 22,7). Il secondo gruppo di pazienti, essendo molto anziani, presentavano un Imc media di 16,3. I pazienti del primo gruppo sono stati trattati con artroprotesi totale: stelo e cotile rivestiti in idroissiapatite, testine in ceramica 32 o 36 mm, strumentario dedicato alla chirurgia anteriore dell’anca (C2F-Medifix e Biomet). Nei pazienti del secondo gruppo è stata usata una endoprotesi bioarticolare (Biomet) con stelo retto rivestito in idrossiapatite e strumentario classico per l’approccio postero-laterale. Nei pazienti trattati con PTA, la procedura chirurgica è stata effettuata in anestesia generale con infusione di curaro al fine di ottenere il massimo rilasciamento muscolare. I pazienti ai quali è stata impiantata l’endoprotesi sono stati operati tutti in anestesia spinale, in quanto le masse muscolari scarsamente rappresentate per l’età avanzata non rapresentavano un ostacolo all’introduzione degli strumenti. La stazione eretta è stata consentita a tutti già dal giorno successivo all’intervento chirurgico con bastoni nel primo gruppo, con girello deambulatore nel secondo gruppo. I pazienti del I gruppo sono stati valutati clinicamente mediante la scheda di Harris, effettuata prima dell’intervento, a due ed a sei settimane: essa indaga il dolore (44 punti), la funzionalità (47 punti), le deformità La chirurgia mini-invasiva (MIS), nell’impianto della protesi d’anca, permette una migliore preservazione della componente ossea ed una minimizzazione del danno chirurgico ai muscoli. I vantaggi sono un più rapido recupero funzionale, un migliore controllo del dolore, una riduzione delle complicanze, una diminuzione dei costi diretti ed indiretti e della degenza ospedaliera residue (4 punti) e la motilità (5 punti). Infine, in tutti i pazienti sono stati eseguiti i controlli radiografici nei tempi consueti. Altri elementi presi in esame sono state le complicanze intra e post-operatorie, il tempo operatorio, il corretto posizionamento delle componenti protesiche, la stabilità dell’impianto alle manovre lussanti, la lunghezza della cicatrice chirurgica, il dolore, la soddisfazione globale del paziente. Risultati Nel I gruppo di pazienti, in un caso si è stata registrata la frattura del gran trocantere, risolta intraoperatoriamente con la cementazione dello stelo: trattavasi di un soggetto di 100 Kg per 170 cm di altezza con Imc pari a 34,6. Nel II gruppo non sono state registrate complicanze di alcun genere. Nessun caso di lussazione articolare o paresi nervose. Il tempo operatorio, nel primo gruppo, è andato progressivamente scendendo dalle 2,5 ore nel primo impianto, ai 100 minuti nel secondo, agli 80 minuti nel terzo ed assestandosi, quindi, intorno ai 70 minuti nei successivi. Trattasi di un tempo sovrapponibile a quello 41 la parola ai colleghi Presso l’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Gallipoli, nell’ultimo anno, sono stati effettuati 84 interventi di chirurgia protesica d’anca. Di questi il 47% sono state protesi totali per coxartrosi ed il 53% sono state endoprotesi su fratture del collo del femore. La via utilizzata è stata sempre quella posterolaterale con sezione degli extrarotatori brevi. Dall’ottobre 2009 viene applicato anche l’approccio anterolaterale di Rottinger modificato Fig. 5 Il paziente deambula dal giorno dopo l’intervento chirurgico. La dimissione è avvenuta in terza o in quarta giornata nei pazienti del I gruppo; in quarta giornata o in quinta per quelli del II gruppo, trattandosi anche di pazienti in condizioni generali più delicate. Per quanto riguarda il posizionamento delle componenti protesiche, l’inclinazione del cotile ed il varo/valgo dello stelo sono risultati in media rispettivamente di 39,5° (32°-46°) e 1,7° varo (3°-0°) e 0° valgo; tutti gli steli impiantati sono risultati correttamente dimensionati, sia quelli anatomici quanto quelli retti (Fig. 6). I controlli radiografici a sei settimane non hanno dimostrato la formazione di calcificazioni periarticolari. Il punteggio medio della scheda di Harris è passato da un valore medio di 61 pre-operatorio, di 76 a due settimane e di 88 a sei settimane dopo l’intervento. Negli ultimi anni, la chirurgia protesica dell’anca si trova a vivere una fase di sussulto, a causa della proposizione di nuove tecniche chirurgiche in grado di associare ad una minore invasività un più veloce recupero motorio. Si parla di MIS inteso nel senso del rispetto (risparmio) dell’anatomia, con una riduzione al minimo dell’aggressività chirurgica a vantaggio del recupero funzionale. Tuttavia, occorre distinguere bene fra le tecniche con mini-incisione e quelle mini-invasive. Nelle prime, le vie chirurgiche tradizionali vengono applicate ottimizzando gli spazi, il trauma ai tessuti molli e le disinserzioni muscolari sono ridotte, ma comunque normalmente impiegato dagli Autori per il normale impianto per via postero-laterale con disinserzione degli extrarotatori (mediamente 50’). Il tempo operatorio, nel secondo gruppo, è andato altrettanto progressivamente scendendo dai 100 minuti ai 50 minuti. Trattasi questo, invece, di un tempo circa doppio rispetto a quello necessario allorquando l’impianto di endoprotesi viene praticato con accesso postero-laterale. La lunghezza media della cicatrice chirurgica è stata di 9 cm, variando dagli 8 agli 11. Non sono state evidenziate dismetrie significative. Il dolore post-operatorio è stato abbastanza contenuto, al punto che nessuno ha richiesto l’uso di analgesici di secondo livello. Tutti i pazienti hanno ripreso a deambulare dal giorno dopo l’intervento chirurgico ed alla dimissione facevano uso di due canadesi: presentavano tutti una ottima capacità deambulatoria e soprattutto avevano recuperato la capacità di alzarsi dal letto e dalla sedia in piena autonomia (Fig 5). 42 cotile sia ottimale con questo approccio, in quanto esso può essere posizionato al meglio rispettando la conformazione ossea naturale. La via di Rottinger supera il problema evidenziatosi in altre tecniche mini-invasive, in cui, per migliorare la visualizzazione del canale femorale, si fa ricorso ad una seconda incisione lungo le fibre del grande gluteo (tecnica di Berger) e al controllo radiografico intraoperatorio (8, 9). Rispetto ad altri approcci anteriori (Hueter), che sfruttano un piano intermuscolare tra il tensore della fascia lata ed il sartorio, l’esposizione del cotile risulta più agevole in quanto si è più lontani dal passaggio del retto femorale che tende a chiudere il versante mediale della finestra di lavoro (10, 11). L’azione decontratturante del curaro, fatto in infusione continua durante l’intervento di impianto della protesi totale, verosimilmente, agevola la divaricazione dei muscoli ed il lavoro del chirurgo; in particolare il rilassamento del muscolo psoas aumenta la possibilità di distasare i capi articolari dove impiantare la protesi. Nei pazienti con frattura mediale dell’anca, dove è stata impiantata un’endoprotesi, il posizionamento dello stelo retto non ha rappresentato grosse difficoltà, nonostante l’uso di strumentari non dedicati alla via anteriore. Tuttavia, in questo gruppo abbiamo registrato un allungamento dei tempi chirurgici rispetto all’approccio postero-laterale. La via di Rottinger si è dimostrata applicabile nella gran parte dei pazienti di nostra osservazione con Imc fino a 35 in considerazione che la regione anteriore dell’anca, normalmente, non presenta grossi pannicoli adiposi. Infine, il risparmio dell’apparato abduttorio dell’anca (i muscoli vengono divaricati a livello degli interstizi naturali) permette la rapidissima riabilitazione del paziente, che riesce a deambulare già dal giorno successivo all’intervento chirurgico senza dolore e senza deficit di forza (12). Infatti, una notevole componete del dolore post-operatorio è legata al trauma subito dai muscoli, quando vengono sezionati con bisturi. La zoppia post-operatoria, tipica negli altri Fig. 6 Quadro radiografico pre e post-operatorio. presenti. Nelle seconde non si effettuano disinserzioni muscolari o sezioni mio-tendinee e vengono sfruttati, invece, gli interstizi muscolari (muscle splitting). Gli accessi chirurgici mini-invasivi, proposti o ancora in fase di definizione, hanno annullato le sezioni miotendinee necessarie nelle vie tradizionali corrispondenti, proponendo nuovi percorsi chirurgici. L’attenzione degli Autori si è concentrata sulla tecnica in cui la ridotta incisione cutanea si unisse ad un reale risparmio muscolare con accesso all’articolazione attraverso lo splitting muscolare, nonché permettesse una visione del campo chirurgico utile al corretto impianto delle componenti protesiche. Infine, era importante scegliere una via chirurgica che non richiedesse la preparazione di campi chirurgici estesi all’anca controlaterale e nemmeno l’uso di apparati di distrazione dell’anca da montare al normale letto operatorio. Quindi, una via chirurgica applicabile alla gran parte dei pazienti affetti da coxartrosi. Per tutti questi motivi, è stata scelta la via chirurgica di Rottinger modificata da Finzi. La posizione del paziente è agevole sia per l’anestesista quanto per il chirurgo, la via chirurgica fra tensore della fascia lata e medio gluteo è apparsa agevole tanto nell’accuratezza della definizione del piano di clivaggio, quanto nella possibilità di preservare le strutture neurologiche. I riferimenti ossei per il corretto posizionamento delle componenti protesiche sono risultati ben evidenziabili, in accordo a quanto rilevato da altri autori (6). L’inclinazione del cotile ed il varo/valgo dello stelo sono risultati in linea rispetto ad altri lavori che hanno indagato questo aspetto rispetto alla via classica (7). Anzi, si ritiene che il posizionamento del 43 la parola ai colleghi totale delle strutture capsulo-legamentose posteriori dell’anca. Questi vantaggi rendono la via anteriore estremamente performante rispetto all’approccio postero-laterale caratterizzato, invece, da dolore, zoppia, debolezza muscolare, rischio di lussazione della protesi nei primi quattro mesi. accessi chirurgici dipende, invece, dalle masse muscolari che, una volta sezionate, perdono la giusta tensione e, di conseguenza, le loro proprietà di stabilizzatore dell’articolazione e di motore della stessa. La via di Rottinger permette al paziente di poter assumere a letto la posizione che più gradisce, in quanto la stabilità dell’impianto alla lussazione è massima: d’altronde nessun movimento fisiologico porterebbe alla lussazione anteriore dell’anca. Vista questa peculiarità, la via anteriore è consigliabile nei pazienti affetti da patologie neurologiche o non collaboranti (Parkinson, Alzheimer). In merito alla valutazione con scheda di Harris, nonostante il breve follo-up, abbiamo registrato un considerevole miglioramento del punteggio che è passato da 61 a 88 in sei settimane a conferma della bontà della via chirurgica nel permettere un più rapido recupero funzionale dell’anca sottoposta a questa chirurgia (13). Bibliografia (1) Ogonda L, Wilson R, Archbold P, Lawlor M, Humphreys P, O’brien S, Beverland D. A minimal-incision technique in total hip arthroplasty does not improve early postoperative outcomes. J. Bone Jt Surg 2005; 87-A: 701-710. (2) Bertin KC, Röttinger H. Anterolateral mini-incision hip replacement surgery: a modified Watson-Jones approach. Clin Orthop Relat Res 2004; (429):248-55. (3) Röttinger H. The MIS anterolateral approach for THA. Orthopade 2006; 35(7): 710-15. (4) Rottinger H. Minimally invasive anterolateral surgical approach for total hip arthroplasty: Early clinical results. Hip Int. 2006;16 Suppl 4:42-7. (5) Zhang XL, Shen H, Qin XL, Wang Q Anterolateral muscle sparing approach total hip arthroplasty: an anatomic and clinical study. Chin Med J 2008;121(15):1358-63. (6) Michel MC, Witschger P. MicroHip. A minimally invasive procedure for total hip replacement surgery using a modified SmithPeterson approach. Ortop Traumatol Rehabil 2007; 9(1):46-51. (7) Williams SL, Bachison C, Michelson JD. Component Position in 2-Incision Minimally Invasive Total Hip Arthroplasty Compared to Standard Total Hip Arthroplasty. The Journal of Arthroplasty 2008; 23(2) 197-202. (8) Berger RA. Total hip arthroplasty using the minimal invasive two-incision approach. Clin Orthop 2003; 417: 232-241.[PubMed] (9) Yoon TR, Park KS, Song EK, Seon JK, Seo HY. New twoincision minimally invasive total hip arthroplasty: comparison with the one-incision method. J Orthop Sci. 2009;14(2):155-60. [PubMed] (10) Paillard P. Hip replacement by a minimal anterior approach. Int Orthop 2007; 31 Suppl 1:S13-5.[PubMed] (11) Benoit B, Gofton W, Beaulé PE. Hueter anterior approach for hip resurfacing: assessment of the learning curve. Orthop Clin North Am 2009; 40(3):357-63. 12. Bennett D, Ogonda L, Elliot D, Humphreys L, Lawlor M, Beverland, D. Comparison of immediate postoperative walking ability in patients receiving minimally invasive and standard-incision hip arthroplasty. A prospective blinded study. The Journal of Arthroplasty 2007;. 22(4): 490-495. (13) Dettoni A, D’Aleo P, Perrone V. Revisione retrospettiva a 6 anni di un modello di protesi totale d’anca non cementata: Considerazioni clinico radiografiche. Minerva Ortopedica 2000; 51 (3) 101. Conclusioni L’accesso mini-invasivo antero-laterale all’anca modificato da Finzi, comporta un reale vantaggio per il paziente in termini di recupero della funzione articolare in quanto le masse muscolari vengono realmente preservate dal trauma chirurgico. Esse vengono separate, divaricate, con le dita delle mano a livello dei naturali interstizi inter-muscolari. Non si usa il bisturi. Nonostante il follow-up breve e il numero ridotto di casi, i risultati clinici registrati permettono di affermare che la tecnica si dimostra estremamente valida nella gran parte dei pazienti da trattare con impianto di protesi totale d’anca o con endoprotesi. Il post-operatorio è caratterizzato dall’assenza di dolore, dalla ripresa della deambulazione già dal giorno successivo all’intervento, dalla degenza post-operatoria breve, dalla possibilità di riprendere a guidare l’auto già a 20 giorni. La stabilità della protesi alle manovre lussanti è sorprendente per un migliore posizionamento delle componenti proteiche e per la preservazione * Unità operativa Ortopedia e Traumatologia ospedale “S. Cuore di Gesù” Gallipoli (Le) Corrispondenza: [email protected] 44