la parola ai colleghi
editoriale
36 L’importanza dell’automisurazione
della pressione
di Tommaso Borgia
Il weekend prescrivibile 3
di Maurizio Muratore
38 La protesi d’anca con accesso mini-invasivo
antero-laterale
di W. Mega, V. Perrone, M. Abatelillo
i revisori dei conti
Bilancio dell’Ordine approvato 5
a cura di Antonio Antonaci
46 Traumi dentali e danno estetico
di Giuseppe Sebastiano Castelluzzo
focus
“La sanità secondo noi” 10
di Maria Luisa Mastrogiovanni
52
comunichiamo che
56
consigli per la lettura
la parola ai colleghi
Cessa la pandemia. Resta il ricordo 20
di una buona pianificazione regionale
di Gino Peccarisi
I marcatori biochimici di rimodellamento osseo 22
di Giambattista Lobreglio
L’Health technology assessment 30
di Pietro Refolo
RIVISTA UFFICIALE DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI ED ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI LECCE
Direzione e Redazione c/o Ordine dei Medici - via Nazario Sauro, 31 Lecce - www.ordinemedici-lecce.it - [email protected]
Gennaio-Febbraio 2010
anno XXXIII
Direttore Responsabile
Maurizio Muratore
Direttore Editoriale
Luigi Peccarisi
Editing e coordinamento redazionale
Maria Luisa Mastrogiovanni
Comitato di Redazione e Comitato Scientifico
Tutti i componenti il Consiglio Direttivo,
la Commissione per gli iscritti all’albo degli Odontoiatri e il Collegio dei Revisori dei Conti
Concessionaria di pubblicità
Nerò comunicazione - Casarano
Per informazioni Dr. Mario Maffei - 393 9801141
L’immagine di copertina è di Francis Bacon
Stampa:
Stab. grafico della CARRA EDITRICE - Casarano (Le) - Aut. Trib. Lecce N. 3262
Il termine di consegna degli articoli per il prossimo numero è il 20 marzo
La protesi d’anca con accesso mini-invasivo
antero-laterale
I VANTAGGI DEL RISPARMIO MUSCOLARE
la parola ai colleghi
di Walter Mega, Vinicio Perrone, Massimo Abatelillo*
L’
La protesi totale d’anca è costituita
da una coppa acetabolare,
impiantata nella cavità cotiloidea
del bacino, da uno stelo inserito
nella diafisi femorale
e da una testina che permette
a questo di articolarsi con un inserto,
in plastica o in ceramica, posto
all’interno della coppa aceta bolare
intervento chirurgico di impianto di protesi d’anca
rappresenta la migliore scelta nel paziente affetto
da osteoartrosi. Oltre a risolvere la sintomatologia
dolorosa, la protesi d’anca consente di ripristinare una
buona funzione articolare, quindi, di recuperare o
migliorare la sua qualità di vita.
Il paziente che richiede questa chirurgia, tuttavia,
è diventato più esigente in quanto chiede un rapido
recupero ed un veloce reinserimento nella vita sociale.
La protesi totale d’anca è costituita da una coppa
acetabolare, impiantata nella cavità cotiloidea del
bacino, da uno stelo inserito nella diafisi femorale e
da una testina che permette a questo di articolarsi
con un inserto, in plastica o in ceramica, posto
all’interno della coppa acetabolare (Fig. 1).
Negli anni recenti, l‘evoluzione dei materiali e delle
tecniche di costruzione hanno permesso la progettazione di impianti protesici con testine di grosso diametro, 32 o 36 mm, in grado di aumentare considerevolmente l’escursione articolare, rendendo l’impianto
più stabile alla lussazione.
Altro versante di innovazione è quello dell’accesso
chirurgico.
In realtà, gli accessi chirurgici normalmente usati,
soprattutto quello postero-laterale, sono poco rispettosi
dell’anatomia, in quanto prevedono il taglio dei muscoli
che si incontrano procedendo in profondità verso
l’articolazione dell’anca. In compenso, rendono agevole
per l’ortopedico l’impianto della protesi. Il criterio da
usare in un impianto di protesi di anca dovrebbe essere
quello di garantire un’adeguata esposizione
dell’articolazione al fine di permettere il corretto orien-
Fig. 1. Le componenti
di una artroprotesi di anca.
38
tamento delle componenti protesiche ed, allo stesso
tempo, minimizzare il traumatismo chirurgico dei tessuti
periarticolari.
La chirurgia mini-invasiva (MIS), nell’impianto della
protesi d’anca, si traduce in una migliore preservazione
della componente ossea ed in una minimizzazione del
danno chirurgico ai muscoli. I vantaggi sono rappresentati da un più rapido recupero funzionale, un migliore
controllo del dolore, una riduzione delle complicanze,
una diminuzione dei costi diretti ed indiretti e della
degenza ospedaliera. Gli svantaggi sono rappresentati
soprattutto da una curva di apprendimento più lunga.
Naturalmente, bisogna stare attenti a ben distinguere
fra le tecniche caratterizzate da una mini-incisione,
ove i muscoli vengono sempre sezionati ed i ridotti
spazi ottemperano più ad una esigenza estetica,
rendendo più probabile il malposizonamento
dell’impianto stesso (1), e le tecniche mini-invasive
vere e proprie, caratterizzate da una completa preservazione dei tessuti muscolari.
Gli accessi chirurgici normalmente
usati, soprattutto quello posterolaterale, sono poco rispettosi
dell’anatomia, in quanto prevedono
il taglio dei muscoli che si incontrano procedendo in profondità verso
l’articolazione dell’anca
La via chirurgica anteriore
La via chirurgica applicata è quella messa a punto
nel 2003 da Heinz Röttinger, chirurgo ortopedico di
Monaco (2, 3, 4), Germania, e modificata da Marc
Finzi, ortopedico di Libourne, Francia. Tale tecnica è
stata appresa dai primi due autori dopo alcuni soggiorni
studio in Libourne (Francia).
L’approccio chirurgico sfrutta l’interstizio naturale
fra il tensore della fascia lata ed il medio gluteo
Fig. 2).
Si fa uso di un normale letto ortopedico; il paziente
viene posto in decubito laterale con la pelvi reclinata
posteriormente di circa 45°. L’arto da operare, avvolto
in un gambaletto sterile, è appoggiato su un supporto
sterile posto in corrispondenza della caviglia e può
essere manovrato direttamente dall’operatore durante
le varie fasi dell’intervento.
L’incisione cutanea di circa 8-10 cm, parte a circa
4 cm lateralmente alla spina iliaca antero superiore e
Fig. 2. Disposizione dei muscoli rispetto all’articolazione dell’anca
e percorso della via chirurgica. 1- Medio Gluteo.
2-Tensore della Fascia. 3-Collo e testa femorale. 4-Cavità cotiloidea.
5- Grande Gluteo.
si prolunga distalmente verso il bordo anteriore del
gran trocantere.
Dopo aver inciso il sottocute, si ricerca l’interstizio
esistente fra il bordo posteriore del tensore e quello
anteriore del medio gluteo (Fig. 3). Divaricati i muscoli,
39
la parola ai colleghi
e lo spazio creato rende agevole la rimozione della
rimanente porzione di testa femorale. La cavità cotilodea è adesso pronta per essere preparata, con frese
motorizzate, ad accogliere il cotile metallico definitivo.
Si passa, quindi, alla preparazione del canale
femorale: l’accurata pulizia della regione interna al
gran trocantere permetterà di identificare l’ingresso
corretto delle raspe che andranno usate per preparare
l’alloggiamento dello stelo femorale. In questa fase,
l’arto rimosso dal supporto posto alla caviglia è lasciato
cadere con ginocchio flesso a 90°. Dopo l’impianto
dello stelo definitivo, l’articolazione può essere ridotta
e già si avverte la notevole stabilità dell’impianto alle
manovre lussanti, in considerazione dell’integrità della
capsula articolare posteriore e delle strutture muscolari
integre (fig 4).
La sutura è limitata alla fascia superficiale che
ricopre i due gruppi muscolari che si riaccostano
spontaneamente, una volta tolti i divaricatori.
Fig. 3. Si individua interstizio fra il Tensore della Fascia (in alto) ed
il Medio Gluteo (in basso).
si scopre la capsula articolare anteriore dell’anca che
verrà incisa mettendo in vista la testa del femore.
Quindi, con sega oscillante si effettua la resezione
della testa, in corrispondenza della sua parte che
affiora subito al di là del bordo del cotile. Attraverso
un secondo taglio a circa 2 cm distalmente, si asporta
una porzione di testa con il collo femorale contiguo
Materiali e metodi
Presso l’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Gallipoli, nell’ultimo anno, sono
stati effettuati 84 interventi di chirurgia protesica d’anca.
Di questi il 47% sono state protesi totali per coxartrosi
ed il 53 % sono state endoprotesi su fratture del collo
Fig.4 Posizionamento del cotile e dello stelo definitivi.
40
del femore. La via utilizzata è stata sempre quella
postero-laterale con sezione degli extra-rotatori brevi.
Dal mese di ottobre 2009 viene applicato anche
l’approccio anterolaterale di Rottinger modificato.
Sono stati valutati i risultati clinici e funzionali in
merito ai primi undici interventi sull’anca facendo uso
della nuova via: sette protesi totale di anca e quattro
endoprotesi. Il primo gruppo, comprendeva cinque
maschi ed una femmina, con età media di 71,5 anni
(max 81-min 51), tutti affetti da coxartrosi primitiva. I
pazienti del secondo gruppo, composto da un maschio
e da tre femmine con età media di 71,5 anni (max 81min 51), presentavano una frattura mediale dell’anca.
Nel primo gruppo tutti i pazienti avevano una
corporatura robusta con indice di massa corporea
(Imc) media di 28,4 (max 34,6-min 22,7). Il secondo
gruppo di pazienti, essendo molto anziani, presentavano un Imc media di 16,3. I pazienti del primo gruppo
sono stati trattati con artroprotesi totale: stelo e cotile
rivestiti in idroissiapatite, testine in ceramica 32 o 36
mm, strumentario dedicato alla chirurgia anteriore
dell’anca (C2F-Medifix e Biomet). Nei pazienti del
secondo gruppo è stata usata una endoprotesi bioarticolare (Biomet) con stelo retto rivestito in idrossiapatite
e strumentario classico per l’approccio postero-laterale.
Nei pazienti trattati con PTA, la procedura chirurgica
è stata effettuata in anestesia generale con infusione
di curaro al fine di ottenere il massimo rilasciamento
muscolare. I pazienti ai quali è stata impiantata
l’endoprotesi sono stati operati tutti in anestesia spinale,
in quanto le masse muscolari scarsamente rappresentate per l’età avanzata non rapresentavano un ostacolo
all’introduzione degli strumenti.
La stazione eretta è stata consentita a tutti già dal
giorno successivo all’intervento chirurgico con bastoni
nel primo gruppo, con girello deambulatore nel secondo
gruppo.
I pazienti del I gruppo sono stati valutati clinicamente
mediante la scheda di Harris, effettuata prima
dell’intervento, a due ed a sei settimane: essa indaga
il dolore (44 punti), la funzionalità (47 punti), le deformità
La chirurgia mini-invasiva (MIS),
nell’impianto della protesi d’anca,
permette una migliore preservazione della componente ossea
ed una minimizzazione del danno
chirurgico ai muscoli. I vantaggi
sono un più rapido recupero
funzionale, un migliore controllo
del dolore, una riduzione
delle complicanze, una diminuzione
dei costi diretti ed indiretti
e della degenza ospedaliera
residue (4 punti) e la motilità (5 punti). Infine, in tutti i
pazienti sono stati eseguiti i controlli radiografici nei
tempi consueti.
Altri elementi presi in esame sono state le complicanze intra e post-operatorie, il tempo operatorio, il
corretto posizionamento delle componenti protesiche,
la stabilità dell’impianto alle manovre lussanti, la
lunghezza della cicatrice chirurgica, il dolore, la soddisfazione globale del paziente.
Risultati
Nel I gruppo di pazienti, in un caso si è stata
registrata la frattura del gran trocantere, risolta intraoperatoriamente con la cementazione dello stelo: trattavasi di un soggetto di 100 Kg per 170 cm di altezza
con Imc pari a 34,6. Nel II gruppo non sono state
registrate complicanze di alcun genere. Nessun caso
di lussazione articolare o paresi nervose.
Il tempo operatorio, nel primo gruppo, è andato
progressivamente scendendo dalle 2,5 ore nel primo
impianto, ai 100 minuti nel secondo, agli 80 minuti nel
terzo ed assestandosi, quindi, intorno ai 70 minuti nei
successivi. Trattasi di un tempo sovrapponibile a quello
41
la parola ai colleghi
Presso l’Unità operativa di Ortopedia
e Traumatologia dell’ospedale di
Gallipoli, nell’ultimo anno,
sono stati effettuati 84 interventi
di chirurgia protesica d’anca.
Di questi il 47% sono state protesi
totali per coxartrosi ed il 53% sono
state endoprotesi su fratture
del collo del femore. La via utilizzata
è stata sempre quella posterolaterale con sezione degli extrarotatori brevi. Dall’ottobre 2009 viene
applicato anche l’approccio
anterolaterale di Rottinger
modificato
Fig. 5 Il paziente
deambula
dal giorno dopo
l’intervento
chirurgico.
La dimissione è avvenuta in terza o in quarta
giornata nei pazienti del I gruppo; in quarta giornata
o in quinta per quelli del II gruppo, trattandosi anche
di pazienti in condizioni generali più delicate.
Per quanto riguarda il posizionamento delle componenti protesiche, l’inclinazione del cotile ed il varo/valgo dello stelo sono risultati in media rispettivamente di 39,5° (32°-46°) e 1,7° varo (3°-0°) e 0° valgo;
tutti gli steli impiantati sono risultati correttamente
dimensionati, sia quelli anatomici quanto quelli retti
(Fig. 6). I controlli radiografici a sei settimane non
hanno dimostrato la formazione di calcificazioni periarticolari.
Il punteggio medio della scheda di Harris è passato
da un valore medio di 61 pre-operatorio, di 76 a due
settimane e di 88 a sei settimane dopo l’intervento.
Negli ultimi anni, la chirurgia protesica dell’anca si
trova a vivere una fase di sussulto, a causa della
proposizione di nuove tecniche chirurgiche in grado
di associare ad una minore invasività un più veloce
recupero motorio. Si parla di MIS inteso nel senso del
rispetto (risparmio) dell’anatomia, con una riduzione
al minimo dell’aggressività chirurgica a vantaggio del
recupero funzionale.
Tuttavia, occorre distinguere bene fra le tecniche
con mini-incisione e quelle mini-invasive. Nelle prime,
le vie chirurgiche tradizionali vengono applicate ottimizzando gli spazi, il trauma ai tessuti molli e le
disinserzioni muscolari sono ridotte, ma comunque
normalmente impiegato dagli Autori per il normale
impianto per via postero-laterale con disinserzione
degli extrarotatori (mediamente 50’).
Il tempo operatorio, nel secondo gruppo, è andato
altrettanto progressivamente scendendo dai 100 minuti
ai 50 minuti. Trattasi questo, invece, di un tempo circa
doppio rispetto a quello necessario allorquando
l’impianto di endoprotesi viene praticato con accesso
postero-laterale.
La lunghezza media della cicatrice chirurgica è
stata di 9 cm, variando dagli 8 agli 11. Non sono state
evidenziate dismetrie significative.
Il dolore post-operatorio è stato abbastanza contenuto, al punto che nessuno ha richiesto l’uso di
analgesici di secondo livello.
Tutti i pazienti hanno ripreso a deambulare dal
giorno dopo l’intervento chirurgico ed alla dimissione
facevano uso di due canadesi: presentavano tutti una
ottima capacità deambulatoria e soprattutto avevano
recuperato la capacità di alzarsi dal letto e dalla sedia
in piena autonomia (Fig 5).
42
cotile sia ottimale con questo approccio, in quanto
esso può essere posizionato al meglio rispettando la
conformazione ossea naturale.
La via di Rottinger supera il problema evidenziatosi
in altre tecniche mini-invasive, in cui, per migliorare la
visualizzazione del canale femorale, si fa ricorso ad
una seconda incisione lungo le fibre del grande gluteo
(tecnica di Berger) e al controllo radiografico intraoperatorio (8, 9).
Rispetto ad altri approcci anteriori (Hueter), che
sfruttano un piano intermuscolare tra il tensore della
fascia lata ed il sartorio, l’esposizione del cotile risulta
più agevole in quanto si è più lontani dal passaggio
del retto femorale che tende a chiudere il versante
mediale della finestra di lavoro (10, 11).
L’azione decontratturante del curaro, fatto in infusione continua durante l’intervento di impianto della
protesi totale, verosimilmente, agevola la divaricazione
dei muscoli ed il lavoro del chirurgo; in particolare il
rilassamento del muscolo psoas aumenta la possibilità
di distasare i capi articolari dove impiantare la protesi.
Nei pazienti con frattura mediale dell’anca, dove è
stata impiantata un’endoprotesi, il posizionamento
dello stelo retto non ha rappresentato grosse difficoltà,
nonostante l’uso di strumentari non dedicati alla via
anteriore. Tuttavia, in questo gruppo abbiamo registrato
un allungamento dei tempi chirurgici rispetto
all’approccio postero-laterale.
La via di Rottinger si è dimostrata applicabile nella
gran parte dei pazienti di nostra osservazione con Imc
fino a 35 in considerazione che la regione anteriore
dell’anca, normalmente, non presenta grossi pannicoli
adiposi.
Infine, il risparmio dell’apparato abduttorio dell’anca
(i muscoli vengono divaricati a livello degli interstizi
naturali) permette la rapidissima riabilitazione del
paziente, che riesce a deambulare già dal giorno
successivo all’intervento chirurgico senza dolore e
senza deficit di forza (12). Infatti, una notevole componete del dolore post-operatorio è legata al trauma
subito dai muscoli, quando vengono sezionati con
bisturi. La zoppia post-operatoria, tipica negli altri
Fig. 6 Quadro radiografico pre e post-operatorio.
presenti. Nelle seconde non si effettuano disinserzioni
muscolari o sezioni mio-tendinee e vengono sfruttati,
invece, gli interstizi muscolari (muscle splitting).
Gli accessi chirurgici mini-invasivi, proposti o ancora
in fase di definizione, hanno annullato le sezioni miotendinee necessarie nelle vie tradizionali corrispondenti,
proponendo nuovi percorsi chirurgici.
L’attenzione degli Autori si è concentrata sulla
tecnica in cui la ridotta incisione cutanea si unisse ad
un reale risparmio muscolare con accesso
all’articolazione attraverso lo splitting muscolare,
nonché permettesse una visione del campo chirurgico
utile al corretto impianto delle componenti protesiche.
Infine, era importante scegliere una via chirurgica che
non richiedesse la preparazione di campi chirurgici
estesi all’anca controlaterale e nemmeno l’uso di
apparati di distrazione dell’anca da montare al normale
letto operatorio. Quindi, una via chirurgica applicabile
alla gran parte dei pazienti affetti da coxartrosi.
Per tutti questi motivi, è stata scelta la via chirurgica
di Rottinger modificata da Finzi.
La posizione del paziente è agevole sia per
l’anestesista quanto per il chirurgo, la via chirurgica
fra tensore della fascia lata e medio gluteo è apparsa
agevole tanto nell’accuratezza della definizione del
piano di clivaggio, quanto nella possibilità di preservare
le strutture neurologiche. I riferimenti ossei per il corretto
posizionamento delle componenti protesiche sono
risultati ben evidenziabili, in accordo a quanto rilevato
da altri autori (6). L’inclinazione del cotile ed il varo/valgo
dello stelo sono risultati in linea rispetto ad altri lavori
che hanno indagato questo aspetto rispetto alla via
classica (7). Anzi, si ritiene che il posizionamento del
43
la parola ai colleghi
totale delle strutture capsulo-legamentose posteriori
dell’anca. Questi vantaggi rendono la via anteriore
estremamente performante rispetto all’approccio
postero-laterale caratterizzato, invece, da dolore,
zoppia, debolezza muscolare, rischio di lussazione
della protesi nei primi quattro mesi.
accessi chirurgici dipende, invece, dalle masse muscolari che, una volta sezionate, perdono la giusta
tensione e, di conseguenza, le loro proprietà di stabilizzatore dell’articolazione e di motore della stessa.
La via di Rottinger permette al paziente di poter
assumere a letto la posizione che più gradisce, in
quanto la stabilità dell’impianto alla lussazione è
massima: d’altronde nessun movimento fisiologico
porterebbe alla lussazione anteriore dell’anca. Vista
questa peculiarità, la via anteriore è consigliabile nei
pazienti affetti da patologie neurologiche o non collaboranti (Parkinson, Alzheimer).
In merito alla valutazione con scheda di Harris,
nonostante il breve follo-up, abbiamo registrato un
considerevole miglioramento del punteggio che è
passato da 61 a 88 in sei settimane a conferma della
bontà della via chirurgica nel permettere un più rapido
recupero funzionale dell’anca sottoposta a questa
chirurgia (13).
Bibliografia
(1) Ogonda L, Wilson R, Archbold P, Lawlor M, Humphreys P,
O’brien S, Beverland D. A minimal-incision technique in total hip
arthroplasty does not improve early postoperative outcomes. J.
Bone Jt Surg 2005; 87-A: 701-710.
(2) Bertin KC, Röttinger H. Anterolateral mini-incision hip
replacement surgery: a modified Watson-Jones approach. Clin
Orthop Relat Res 2004; (429):248-55.
(3) Röttinger H. The MIS anterolateral approach for THA.
Orthopade 2006; 35(7): 710-15.
(4) Rottinger H. Minimally invasive anterolateral surgical approach
for total hip arthroplasty: Early clinical results. Hip Int. 2006;16
Suppl 4:42-7.
(5) Zhang XL, Shen H, Qin XL, Wang Q Anterolateral muscle
sparing approach total hip arthroplasty: an anatomic and clinical
study. Chin Med J 2008;121(15):1358-63.
(6) Michel MC, Witschger P. MicroHip. A minimally invasive
procedure for total hip replacement surgery using a modified SmithPeterson approach. Ortop Traumatol Rehabil 2007; 9(1):46-51.
(7) Williams SL, Bachison C, Michelson JD. Component Position
in 2-Incision Minimally Invasive Total Hip Arthroplasty Compared
to Standard Total Hip Arthroplasty. The Journal of Arthroplasty
2008; 23(2) 197-202.
(8) Berger RA. Total hip arthroplasty using the minimal invasive
two-incision approach. Clin Orthop 2003; 417: 232-241.[PubMed]
(9) Yoon TR, Park KS, Song EK, Seon JK, Seo HY. New twoincision minimally invasive total hip arthroplasty: comparison with
the one-incision method. J Orthop Sci. 2009;14(2):155-60. [PubMed]
(10) Paillard P. Hip replacement by a minimal anterior approach.
Int Orthop 2007; 31 Suppl 1:S13-5.[PubMed]
(11) Benoit B, Gofton W, Beaulé PE. Hueter anterior approach
for hip resurfacing: assessment of the learning curve. Orthop Clin
North Am 2009; 40(3):357-63.
12. Bennett D, Ogonda L, Elliot D, Humphreys L, Lawlor M,
Beverland, D. Comparison of immediate postoperative walking
ability in patients receiving minimally invasive and standard-incision
hip arthroplasty. A prospective blinded study. The Journal of
Arthroplasty 2007;. 22(4): 490-495.
(13) Dettoni A, D’Aleo P, Perrone V. Revisione retrospettiva a
6 anni di un modello di protesi totale d’anca non cementata:
Considerazioni clinico radiografiche. Minerva Ortopedica 2000; 51
(3) 101.
Conclusioni
L’accesso mini-invasivo antero-laterale all’anca
modificato da Finzi, comporta un reale vantaggio per
il paziente in termini di recupero della funzione articolare
in quanto le masse muscolari vengono realmente
preservate dal trauma chirurgico. Esse vengono separate, divaricate, con le dita delle mano a livello dei
naturali interstizi inter-muscolari. Non si usa il bisturi.
Nonostante il follow-up breve e il numero ridotto di
casi, i risultati clinici registrati permettono di affermare
che la tecnica si dimostra estremamente valida nella
gran parte dei pazienti da trattare con impianto di
protesi totale d’anca o con endoprotesi.
Il post-operatorio è caratterizzato dall’assenza di
dolore, dalla ripresa della deambulazione già dal giorno
successivo all’intervento, dalla degenza post-operatoria
breve, dalla possibilità di riprendere a guidare l’auto
già a 20 giorni. La stabilità della protesi alle manovre
lussanti è sorprendente per un migliore posizionamento
delle componenti proteiche e per la preservazione
* Unità operativa Ortopedia e Traumatologia
ospedale “S. Cuore di Gesù” Gallipoli (Le)
Corrispondenza: [email protected]
44
Scarica

Protesi d`anca con via anterolaterale