Formazione
Stabilimento di Porto Torres
Protezione da agenti cancerogeni
Che cosa è il cancro?
Il cancro non è altro che una crescita anormale ed
incontrollata delle cellule e viene anche chiamato neoplasia o
tumore.
Purtroppo rappresenta una delle principali cause di morte nei
Paesi Occidentali dove causa all’incirca il 20% dei decessi
ed è spesso direttamente riconducibile a fattori ambientali
associati sia allo stile di vita che all’esposizione lavorativa.
In effetti nella comparsa delle neoplasie hanno una notevole
influenza molti fattori individuali come il consumo
dell’alcool, il fumo, l’alimentazione e l’ereditarietà, ma
spesso il fattore scatenante di questa malattia è rappresentato
dall’esposizione ad agenti presenti nel mondo professionale,
in particolare a sostanze chimiche cancerogene.
Che cosa è una cancerogeno?
In generale, agente cancerogeno è una sostanza o un
preparato che, in base alle conoscenze scientifiche, si
ritiene in grado di provocare il cancro o di aumentarne la
frequenza di insorgenza nei soggetti che ne vengono
esposti.
In alcuni casi, quando esistono evidenze scientifiche che
dimostrano che svolgere un determinato lavoro può
comportare un maggiore rischio di tumore negli addetti ma
non è possibile identificare con precisione un singolo
agente cancerogeno, la "cancerogenicità" viene attribuita
complessivamente al processo lavorativo o ad una
esposizione (es. la raffinazione del nichel, la produzione
della gomma, la verniciatura ecc.)
Che cosa è una cancerogeno?
In particolare, però, il D.Lgs 626/94 definisce agente
cancerogeno:
• una sostanza a cui la normativa europea attribuisce la sigla
R 45 ("Può provocare il cancro") o la sigla R 49 ("Può
provocare il cancro per inalazione");
• un preparato su cui deve essere apposta l'etichetta con la
sigla R 45 o R 49;
Inoltre, la legge riporta un elenco, periodicamente
aggiornato, di processi o lavori che espongono ad agenti
cancerogeni, tra cui, ad esempio i lavori che espongono agli
idrocarburi policiclici aromatici (IPA) presenti nella
fuliggine, nel catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di
carbone.
Classificazione dei cancerogeni?
Sulla base della potenziale cancerogenicità delle sostanze sono state fatte numerose
classificazioni.
L’Unione Europea distingue tre diverse categorie:alla prima appartengono le sostanze
sicuramente cancerogene per l’uomo; alla seconda quelle che devono essere assimilate
ai cancerogeni umani sulla base degli studi condotti sugli animali; alla terza
appartengono quelle per le quali gli studi hanno dato risultati preocupanti, ma non
sufficienti ad iscriverle alla seconda categoria.
Il Centro Internazionale per la Ricerca sul cancro (IARC) adotta invece la seguente
classificazione:
Gruppo1: l’agente è sicuramente cancerogeno per l’essere umano;
Gruppo 2A: l’agente è probabilmente cancerogeno per l’essere umano;
Gruppo 2B: l’agente è un possibile cancerogeno per l’essere umano;
Gruppo 3: l’agente non può essere classificato come cancerogeno per l’essere umano;
Gruppo 4: l’agente è probabilmente non cancerogeno per l’essere umano;
La classificazione IARC degli agenti cancerogeni
IARC valuta gli studi scientifici esistenti in merito all’azione
cancerogena di agenti, miscele e circostanze di esposizione e classifica
le evidenze di cancerogenicità - in ordine decrescente - in: sufficiente,
limitata, inadeguata, assente.
Dopo aver valutato separatamente la cancerogenicità nell’uomo, la
cancerogenicità negli animali da esperimento e tutti gli altri elementi
rilevanti a questo proposito (mutagenesi, azioni sull’embrione, sul
genoma, effetti su colture cellulari o altro), IARC conclude con una
valutazione complessiva che classifica l’agente (miscela o circostanza
di esposizione) in: gruppo 1, 2 (2A e 2B), 3 o 4
La classificazione IARC degli agenti cancerogeni
In sintesi, il significato della classificazione di un agente (o miscela o circostanza di
esposizione) è il seguente:
Gruppo 1
L’agente (o miscela) è cancerogeno per l’uomo (oppure: la
lavorazione comporta esposizioni che sono cancerogene per l’uomo).
Gruppo 2
(Questa categoria include agenti, miscele o circostanze di
esposizione per cui, da una parte, il grado di evidenza di cancerogenicità nell’uomo è
quasi sufficiente o, dall’altra, non ci sono non ci sono dati sull’uomo ma c’è evidenza di
cancerogenicità per l’animale
Gruppo 2A
L’agente (o miscela) è probabilmente cancerogeno per l’uomo
(oppure: la lavorazione comporta esposizioni che sono probabilmente cancerogene per
l’uomo.)
Gruppo 2B
L’agente (o miscela) è un possibile cancerogeno per l’uomo (la
lavorazione comporta esposizioni che sono possibili cancerogene per l’uomo).
Gruppo 3
L’agente (o miscela o circostanza di esposizione) non è
classificabile in relazione alla sua cancerogenicità per l’uomo.
Gruppo 4
L’agente (o la miscele) probabilmente non agiscono come
cancerogeni per l’uomo.
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Lavorazione
Agenti
Asfaltatura
idrocarburi aromatici policiclici
Bitume,
Catrame
2A-2B
2B – 3
1
Polmoni,vie respiratorie
Cute
Cute, polmoni
Edilizia
Amianto
Silice
Idrocarburi aromatici policiclici
1
1
2A-2B
Pleure, polmone, tratto gastro intestinale
Polmone
Cute, polmone
Benzene
Benzina
1
2B
Leucemie
Leucemie,altre sedi
Silice
1
polmone
Idrocarburi aromatici policiclici
Cromati VI
2A-2B
1
Cute, polmoni
polmone
Erogazione, deposito,
Trasporto carburanti
Estrazione e lavorazione
marmi,porfido, lapidei in
genere
Fusione ferro-acciaio
class.
IARC
Sedi o tipi di tumore
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Lavorazione
Galvanica
Agenti
class.
IARC
Sedi o tipi di tumore
Cromati VI
1
Polmoni
Lavorazione del cuoio
Polvere di cuoio
1
Cavità nasali
Lavorazione del legno
Polvere di legno
1
Cavità nasali
Lavori all’aperto (edilizia
agricoltura)
Radiazione solare
1
cute
Lavori in miniera e galleria
Silice
Idrocarburi aromatici policiclici
radon
1
2A-2B
1
Polmone
Cute, polmone
polmone
Lavori in sotterraneo
radon
1
Polmone
Lavorazioni meccaniche
Olii minerali
Fumi di saldatura
1
2B
Cute, tratto gastro intestinale, polmone
Polmone
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Lavorazione
Agenti
class.
IARC
Sedi o tipi di tumore
Produzione della gomma
Ammine aromatiche
Idrocarburi aromatici policiclici
1
2A-2B
Vie urinarie, leucemie
Cute, polmone
Produzione di alluminio
Idrocarburi aromatici policiclici
Catrame minerale
Olii minerali
2A-2B
1
1
Cute, polmone
Cute, polmone
Cute, polmone, tratto gastrointestinale
Silice
1
Polmone
Produzione di vernici
Cromati VI
1
Polmone
Produzione e lavorazione
del vetro
Silice
Idrocarburi aromatici policiclici
Arsenico e composti
Composti di vari metalli (berillo,
cobalto, nichel, cadmio)
1
2A-2B
1
1-2B
Polmone
Cute, polmone
Cute, polmone
Vari
Produzione e lavorazione
di materie plastiche
Cloruro di vinile monomero
1
Fegato
Produzione cemento
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Lavorazione
Riparazione autoveicoli
Agenti
class.
IARC
Sedi o tipi di tumore
Benzene
Benzina
Emissioni da motori diesel
Emissioni da motori a benzina
Olii minerali
1
2B
2A
2B
1
Leucemie
Leucemie, altri
Polmoni
Polmoni
Cute, tratto gastrointestinale, polmoni
Cromati VI
Nichel metallico e composti
Radiazioni ultraviolette
Fumi di saldatura
1
2B-1
2A
2B
Polmone
Polmone
Cute
Polmone
Sanità
Radiazioni ionizzanti
Alcuni farmaci antineoplastici
Ossido di etilene
Formaldeide
Radiazioni ultraviolette
1
1-2
1
2A
2A
Leucemie
Leucemie, altri
Leucemie
Cavità nasali
Cute
Verniciatura
Coloranti anilici
Pigmenti a base di cromati VI
1
1
Vescica
Polmone
Saldatura
Lavorazioni che, secondo IARC, comportano esposizione ad agenti
cancerogeni.
Circostanza di esposizione o lavorazione
class. IARC
(Esposizione professionale come) verniciatore
(Esposizione professionale a) nebbie di acidi forti inorganici contenenti acido solforico
(Esposizione professionale come) parrucchiere/barbiere
(Esposizione professionale in ) lavanderia a secco
(Esposizioni professionali nei) processi di stampa
Applicazione di insetticidi (non arsenicati)
Carpenteria in legno
Fusione ferro/acciaio
Industria del mobile e falegnameria
Industria della gomma
Industria tessile
Produzione del vetro artistico, di contenitori in vetro e articoli pressati
Produzione dell’alluminio
Produzione e riparazione di calzature
1
1
2A
2B
2B
2A
2B
1
1
1
2B
2A
1
1
Quando si devono applicare le norme per la protezione da agenti
cancerogeni nei luoghi di lavoro?
Le disposizioni specifiche del D.Lgs 626/94 (quelle del titolo
VII) si applicano in tutte le attività nelle quali i lavoratori
sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa
della loro attività lavorativa.
Occorre ricordare che norme relative all’uso di alcuni agenti
cancerogeni si trovano anche in altre leggi: per esempio
quelle che riguardano le ammine aromatiche, l’amianto, le
radiazioni ionizzanti ecc.. Altro esempio è quello del
benzene, il cui impiego era già limitato in Italia dal 1963.
Come deve procedere il datore di lavoro per applicare il D.Lgs
626/94 relativamente ai cancerogeni?
Il primo passo richiesto è quello di ricercare all’interno delle
proprie lavorazioni l’eventuale presenza di "agenti
cancerogeni".
Per fare questo è possibile individuare le frasi di rischio
R45/R49 nelle schede di sicurezza delle sostanze e dei
preparati o direttamente sulle etichettature, consultare le liste
degli agenti R45/R49 o fare riferimento a vari elenchi
disponibili.
Cosa si deve fare quando si scopre che nelle lavorazioni
dell’azienda esistono possibili esposizioni a cancerogeni?
La prima cosa che il datore di lavoro deve verificare è se l’uso
di quell’agente può essere evitato, ad esempio eliminandolo se possibile - dalla lavorazione o sostituendolo con un altro
agente meno pericoloso.
Se l’agente non è eliminabile e sostituibile, si deve garantire
che il suo utilizzo sia il più ridotto possibile e, comunque,
verificare la possibilità di utilizzarlo in un sistema chiuso, in
modo da ridurre al minimo l’esposizione.
Il livello di esposizione dei lavoratori all’agente cancerogeno
deve comunque essere condotto al più basso valore
tecnicamente possibile.
Cosa si deve fare quando si scopre che nelle lavorazioni
dell’azienda esistono possibili esposizioni a cancerogeni?
Il datore di lavoro dovrà valutare quali sono i livelli dell’agente cui i
lavoratori sono esposti malgrado l’applicazione delle misure
preventive.
Riassumendo, il datore di lavoro che abbia identificato un agente
cancerogeno cui i lavoratori possono essere esposti si preoccupa
innanzitutto di eliminarlo, di ridurne l’utilizzazione e, comunque, di
rendere più basso possibile il livello di esposizione dei lavoratori.
Successivamente, dovrà conoscere qual è il livello di esposizione dei
lavoratori.
Diversamente da quello che succede per altre condizioni di
esposizione, nel caso dei cancerogeni la valutazione è richiesta dopo
l’applicazione di alcuni interventi preventivi, ritenuti indispensabili.
Come si deve comportare il datore di lavoro nei riguardi di agenti ritenuti
cancerogeni ma che non riportano le frasi "R45" o "R49"?
Il datore di lavoro è tenuto ad applicare quanto previsto nel D.Lgs 626/94 per
agenti cancerogeni come definiti da quella legge.
Nei riguardi di altri agenti (o situazioni di esposizione) per i quali esistano
evidenze scientifiche di cancerogenicità, il datore di lavoro dovrà comunque
attuare delle precauzioni per effetto di obblighi che derivano dalla norme
generali di tutela (art. 3 e art. 4 D.Lgs 626/94), le quali impongono di
considerare tutti i rischi per la salute, indipendentemente dalla loro natura.
Oltre alle leggi specifiche e alle situazioni sopra richiamate relative alla
possibile insorgenza di malattie professionali "tabellate", è utile ricordare
l’obbligo generale stabilito dal Codice civile per cui "l’imprenditore è tenuto
ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità
del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità
fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (C.C. Art. 2087 Tutela
delle condizioni di lavoro).
Cosa si può fare concretamente per la prevenzione e
protezione da agenti cancerogeni?
Le azioni che il datore di lavoro deve mettere in atto sono
finalizzate alla eliminazione o riduzione del rischio, ad esempio:
• l’eliminazione o riduzione al minimo dell’emissione di agenti
cancerogeni, mediante aspirazione localizzata;
• l’utilizzo di quantitativi limitati;
• la limitazione delle quantità in deposito;
• la riduzione del numero dei lavoratori esposti, anche isolando le
lavorazioni;
• la regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e
degli impianti;
Cosa si può fare concretamente per la prevenzione e
protezione da agenti cancerogeni?
• l’ adozione di procedure per i casi di emergenza con possibili
esposizioni elevate;
• conservazione, manipolazione, trasporto e smaltimento in
condizioni di sicurezza;
• l’adozione indumenti protettivi e di dispositivi di protezione
individuale.
Accanto a questi interventi di carattere tecnico, procedurale ed
organizzativo si ricorda la necessità di informare e formare i
lavoratori relativamente ai rischi e alle misure di protezione, di
considerare la sorveglianza sanitaria nei casi previsti, di
predisporre misure di emergenza ecc.
Quale può essere il "più basso valore tecnicamente possibile" di
esposizione?
In altre parole, c’è un livello di esposizione che può essere
considerato sicuro?
Per gli agenti cancerogeni la scienza ammette che il vero livello
sicuro è il livello "zero", cioè l’assenza di esposizione. Non a caso
gli interventi di prevenzione richiesti devono tendere a eliminare
il rischio, a prescindere dal livello di esposizione.
Per alcune sostanze, peraltro, anche organismi scientifici
internazionali individuano dei livelli "accettabili" al di sotto dei
quali il rischio potrebbe essere ritenuto "non significativo", ma
solo in pochi casi tali livelli sono univoci o condivisi.
In altri casi, il livello "zero" non è oggi raggiungibile: si dovrà in
tali casi cercare di arrivare al valore più basso di esposizione che
le tecniche produttive e di bonifica permettono di ottenere
La valutazione dell’esposizione deve essere fatta
sempre?
Sì, il datore di lavoro deve sempre valutare per sapere qual è
livello di esposizione dei lavoratori all’agente cancerogeno.
Questo non significa che si debba misurare in ogni caso per
avere una stima dell’esposizione
Quando si deve misurare per valutare
l’esposizione?
Si deve misurare (mediante analisi diretta o analisi su prelievi
ambientali) ogni volta che questo sia tecnicamente possibile e
utile al fine di valutare l’entità dell’esposizione.
In particolare, la misurazione potrebbe essere utilmente
effettuata per valutare l’efficacia delle misure di prevenzione
adottate, per dimostrare l’esiguità del rischio o per accertare
l’assenza di un agente.
Quando si deve misurare per valutare
l’esposizione?
Nei casi in cui non è possibile misurare, la valutazione potrà
essere effettuata integrando varie fonti di informazione, ad
esempio confrontando situazioni lavorative simili, assumendo
criticamente dati di letteratura, considerando i quantitativi
utilizzati o le modalità di uso, l’esistenza di mezzi di
prevenzione o protezione ecc.
La valutazione tiene conto comunque delle caratteristiche
delle lavorazioni, della loro durata e frequenza, dei
quantitativi di agenti cancerogeni prodotti o utilizzati, della
loro concentrazione e della capacità di penetrare
nell'organismo per le diverse vie di assorbimento.
Sono obbligatori controlli medici per i lavoratori
esposti?
Sono obbligatoriamente sottoposti a sorveglianza sanitaria i
lavoratori per i quali la valutazione abbia evidenziato un
rischio per la salute: gli stessi lavoratori devono allora essere
iscritti in un registro. L’esistenza di rischi per la salute è
valutata dal medico competente.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
Le modalità di effettuazione della sorveglianza sanitaria dei
lavoratori esposti a cancerogeni e/o mutageni sono oggetto di un
ampio dibattito di lunga durata tra i medici del lavoro, sia nel ruolo
di medico competente, sia tra i medici dei servizi pubblici di
prevenzione nei luoghi di lavoro, e, più in generale, tra tutti i tecnici
impegnati nella prevenzione nei luoghi di lavoro.
La normativa prevede che gli accertamenti preventivi siano
orientati a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i
lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità
alla mansione specifica; il controllo delle condizioni di salute dei
lavoratori e quindi il mantenimento dell’idoneità alla mansione
specifica dovrebbe essere l’obiettivo delle successive visite
periodiche.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
Solo i lavoratori esposti sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
Nella valutazione dell’idoneità alla mansione specifica è necessario
adottare la massima cautela in riferimento a condizioni di
esposizione a taluni agenti cancerogeni e/o mutageni che
presentano rischi particolarmente elevati per alcune categorie
di lavoratori.
Eventuali proposte di screening per identificare "quelle categorie di
lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni
presenta rischi particolarmente elevati" (art. 64 comma 1. del
D.Lgs. 626/94) vanno considerate con estrema cautela, sia che si
alluda a una ipersuscettibilità acquisita (ad es. fumatori, condizioni
patologiche comportanti una facilitazione dell’assorbimento o
difficoltà nell’escrezione delle sostanze estranee), sia che si alluda a
una ipersuscettibilità genetica, spesso ignota al portatore.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
I test genetici relativi alla suscettibilità a cancerogeni possono essere
distinti in test per varianti genetiche ad alta o a bassa penetranza.
Schematicamente, le varianti ad alta penetranza sono rare, sono
associate a rischi molto elevati di cancro, riguardano funzioni cellulari
cruciali (replicazione, apoptosi) e abitualmente non coinvolgono
interazioni con esposizioni ambientali (es. BRCA1, sindrome di LiFraumeni, Von Hippel-Lindau). Si tratta pertanto di situazioni non
pertinenti al caso della suscettibilità professionale. Le varianti
(genotipi) a bassa penetranza sono associate a un modesto aumento del
rischio di cancro, agiscono principalmente modulando l’azione di
cancerogeni ambientali (attraverso il metabolismo o la riparazione del
DNA) e sono frequenti (esempi, GSTM1, GSTT1, CYP1A1, XRCC1,
XRCC3 …). In questo caso è possibile dimostrare che è più efficace la
riduzione delle esposizioni ambientali piuttosto che la selezione dei
"non suscettibili".
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
Pertanto non ha senso sottoporre i lavoratori a screening genetico per i
tumori, sulla base delle conoscenze attuali.
La potenziale intrusività nella sfera privata di una tale pratica richiede che
le decisioni vengano prese a un livello più alto - e partecipato - di quello
del medico competente; inoltre, di volta in volta, è necessario stimare la
misura in cui il rischio è più elevato per gli ipersuscettibili.
Nel rispetto del principio che l’esposizione a cancerogeni e/o mutageni
deve comunque essere tenuta al più basso livello possibile, è ragionevole
identificare alcune situazioni (verosimilmente poche) in cui particolari
condizioni patologiche individuali sconsiglino comunque un’esposizione a
concentrazioni ancorché minime nell’ambiente di lavoro.
Tali orientamenti, come ovvio, dovranno essere costantemente aggiornati
alla luce dell’evoluzione scientifica dell’immunologia e della
"epidemiologia molecolare".
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
Il medico competente, analogamente a quanto accade per tutti gli altri
rischi lavorativi, stabilisce il programma di sorveglianza sanitaria ed
epidemiologica e lo attua secondo criteri e protocolli basati
sull’evidenza.
Nella definizione di tali protocolli si pone anche il problema di
impiegare accertamenti finalizzati alla ricerca degli effetti biologici
precoci, mediante idonei indicatori. La giustificazione di tale pratica è
costituita fondamentalmente dal valore predittivo di tali indicatori
rispetto alle condizioni patologiche (nel caso specifico i tumori
maligni). Ad oggi, tuttavia non sono disponibili indicatori idonei per la
sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni e/o mutageni.
Sono tuttora sconsigliate, perché non suffragate dall’evidenza
scientifica, pratiche di sorveglianza sanitaria che rivestano il
significato di "screening" per la diagnosi precoce di tumori su specifici
organi bersaglio.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
Il medico competente, in alcune situazioni, può proporre o aderire a
progetti di indagine disegnati in maniera scientificamente ed
eticamente adeguata, per approfondire il significato di indicatori o
test, e partecipare a ricerche per la valutazione di efficacia degli
stessi, sia nel caso si tratti di soggetti esposti sia di ex-esposti;
queste indagini, che rivestono nella massima parte dei casi il
carattere di ricerche o studi.
Data la delicatezza dell’argomento ed il grande coinvolgimento
emotivo dei soggetti, occorre sempre adeguatamente informare i
lavoratori dei limiti delle indagini cui vengono sottoposti.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
La visita medica costituisce anche un’occasione
opportuna per il medico competente per provvedere alla
informazione dettagliata sul rischio e sulle modalità per
ridurlo al minimo, alla azione di "counseling" per la
riduzione di rischi aggiuntivi (il fumo di tabacco), alla
informazione sul significato ed i limiti delle pratiche di
diagnosi precoce attualmente disponibili, e al controllo
sanitario di altri rischi concomitanti. Anche durante la
visita medica il medico competente può verificare
l’adattabilità del lavoratore ai dispositivi di protezione
individuale in dotazione.
Indagine ambientale
T.W.A
M.A.C.
I.B.E.
ACGIH
T.L.V.
•
•
•
ACGIH - (American Conference of Governamental Industrial Hygienist)
TLV - (Threshold Limit Value) Valore limite di soglia
TWA - (Time Weight Average) Media ponderata nel tempo: concentrazione media ponderata nel
tempo per una giornata lavorativa di 8 ore e per 40 ore lavorative settimanali
•
TLV - STEL (Threshold Limit Value)- (Short Term Exposure Limit) Valore limite di soglia- Limite
per breve tempo di esposizione: concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti
continuativamente per un breve periodo di tempo, purché il TLV - TWA giornaliero non venga
superato)
•
TLV-C - (Threshold Limit Value - Ceiling) Concentrazione che non deve essere superata durante
l’esposizione lavorativa nemmeno per un brevissimo periodo di tempo
Quali sostanze
sono presenti?
In che
quantità?
Con
quali
effetti?
Piano di
campionamento
Registro
dei dati
ambientali
Sorveglianza Sanitaria
Libretto
Sanitario
individuale
Doveri dei lavoratori
• Deve leggere e osservare le istruzioni
impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e
dai preposti anche al fine della protezione
individuale e collettiva;
• Deve utilizzare e manipolare in maniera
corretta le sostanze e i preparati pericolosi in
uso;
• Deve indossare i DPI messi a disposizione;
• Deve rispettare scrupolosamente i divieti e gli
avvertimenti
evidenziati
da
apposita
segnaletica.
Doveri dei lavoratori
• non fumare, non assumere cibi o bevande fuori dai
locali autorizzati
• al termine dell’attività, prima della consumazione del
pasto e per fine orario di lavoro, provvedere ad
un’accurata pulizia personale
• gli indumenti da lavoro dovranno essere riposti in
armadi diversi da quelli dove vengono conservati gli
indumenti personali “civili”
• qualora gli indumenti da lavoro venissero interessati
da contatto con il prodotto, si dovrà provvedere ad un
accurato lavaggio del corpo (doccia) e alla
sostituzione degli indumenti
FINE
Scarica

Protezione esposti a cancerogeni ineos