26 Anno X n.16 - 20 ottobre 2014 www.corcom.it L'ITALIA CHE VUOLE CRESCERE Giovanni Iozzia Piccole imprese vogliono crescere come le startup I l vento delle startup soffia sempre più forte sulle aziende definite tradizionali. Sarà curiosità, sarà moda, sarà marketing ma non passa giorno che grandi o piccole imprese non cerchino contatti, incontri e contaminazioni con le nuove imprese innovative, perché aumenta la consapevolezza dell’ineluttabilità dell’impatto con le tecnologie digitali e i loro effetti. Lo hanno capito anche le piccole e medie imprese. O almeno la parte più avveduta e lungimirante. Non Le pmi di Confindustria chiedono agevolazioni uguali alle neo imprese è più possibile andare avanti senza innovare. E per farlo adesso chiedono di essere sostenute proprio come le startup. Piccola Industria di Confindustria ha portato al Ministero dello sviluppo economico la richiesta ufficiale di estendere alle Pmi le agevolazioni (fiscali e non solo) previste dal Decreto Crescita 2.0 per le startup innovative. Non sarà facile (cosa definisce una Pmi innovativa? numero di brevetti? percentuale di fatturato investito in ricerca?) e non sarà veloce. Ma Alberto Baban, che sta facendo dell’innovazione la bandiera della sua presidenza di PI, sa che per avere il consenso degli associati deve fare intravvedere vantaggi concreti. Anche questo è un merito del giovane movimento italiano delle startup. ► L A S C O P E R TA Elettronica, è Made in Italy il grafene di prima qualità Luciana Maci L a ricerca scientifica italiana è in grado di traghettare il mondo delle nuove tecnologie dall’era del silicio all’era del grafene. Un’équipe di ricercatori guidata da Alessandro Baraldi, docente di Fisica della Materia dell'Università di Trieste e responsabile del Laboratorio di Scienze delle Superfici del centro Elettra-Sincrotrone Trieste, ha sviluppato una modalità innovativa per l’utilizzo di questo materiale, in grado di imprimere una svolta all’industria delle nanotecnologie e della nano elettronica. E già alcune aziende del Nord Europa si stanno interessando a eventuali applicazioni pratiche, in particolare nel campo dei transitor. Sintetizzato per la prima volta nel 2004 dagli scienziati Andre Konstantin Geim e Konstantin Sergeevich Novoselov, poi vincitori del Premio Nobel per la Fisica 2010, il grafene è un materiale molto semplice, composto da un singolo strato di atomi di carbonio disposti in un reticolo a nido d’ape, che da anni sta portando la rivoluzione nel mondo dell’elettronica: grazie al suo utilizzo le batterie dei telefonini possono durare più a lungo e si possono produrre monitor sottilissimi e flessibili, come sta facendo Samsung. Degno erede del silicio, il grafene è conduttivo, molto resistente, poco costoso e anche trasparente: un singolo strato assorbe il 2% della luce solare. Ma ancora si sta lavorando sulle tecniche per sfruttarne al meglio le potenzialità. Ed è qui che interviene il gruppo capitanato da Baraldi, la cui scoperta è valsa una menzione sulla rivista Nature Communications. “Il problema ruota intorno al modo di sintetizzare il grafene” , spiega Baraldi. “Una delle principali modalità prevede l’utilizzo di un metallo catalizzatore, ma in questo modo non è utilizzabile dall’industria micro e nanoelettronica, perché lo strato di grafene poggia su un metallo, quindi non è isolato dal punto di vista elettrico. La comunità scientifica ha sviluppato metodi per rimuovere il grafene dalla superficie dei ALESSANDRO BARALDI docente di Fisica dell'Università di Trieste metalli (per esempio dal rame) e poggiarlo su materiale isolante. Però in questi processi le qualità del grafene vengono irrimediabilmente deteriorate perché qualche atomo di carbonio viene rimosso dal reticolo oppure perché il grafene viene contaminato da altri composti, perciò non è più in grado di condurre la corrente elettrica in modo così eccellente. Noi siamo riusciti a compiere il passo successivo”. In pratica Ricercatori dell'Università di Trieste hanno scoperto una modalità altamente innovativa per sintetizzare il materiale considerato l'erede del silicio La soluzione avrà applicazioni pratiche nelle nanotecnologie Aziende nordeuropee si sono già dichiarate interessate allo sviluppo del progetto ► OPEN CALL Da Impact in arrivo sette milioni per le neo imprese del mobile Ci sono quasi 7 milioni di euro per startup e imprese con meno di sette anni di vita che stanno lavorando a servizi o prodotti nel settore mobile. A investirli è Impact, consorzio di acceleratori d’impresa rivolto al settore del mobile internet guidato dall’italiano b-ventures (il programma di accelerazione di Buongiorno), a cui partecipano gli spagnoli Seaya Ventures (venture capital) e Isdi, business school specializzata nel digitale e la società di consulenza danese Teknologiudviking. Un consorzio europeo che punta allo sviluppo della tecnologia Fiware, un open set di Internet finanziato dall’Unione nell’ambito di un piano cominciato nel 2013. Impact lancia la sua prima Open Call (che si chiude il 7 novembre) dal valore di due milioni di euro per selezionare 20 startup con idee e progetti innovativi relativi all’uso di internet di mobilità. Obiettivo: accelerare startup che sviluppino mobile app o modelli di business basati sulla mobilità in molteplici ambiti, come la comunicazione, video, media e advertising; oltre che design, educazione, entertainment, e-commerce, dispositivi periferici, connected tv, infrastrutture, sicurezza, finanza, smart city e social network. Possono partecipare startup con un prototipo già disponibile, valutate meno di un milione di euro, con almeno due fondatori che lavorano a tempo pieno sul progetto e la previsione di lancio sul mercato in meno di sei mesi, ma anche imprese in fase di crescita, con meno di sette anni, fatturato inferiore a due milioni di euro, dove i fondatori ancora possiedono il 51% del capitale. Per le imprese selezionate, quindi, ci sono in media 100mila euro a testa ma ai progetti più interessanti Impact offrirà un’ulteriore fase di investimento fino a 250 mila euro, prendendosi il del 10% del capitale. Questa è solo la prima parte di un programma che prevede investimenti fino a 6,4 milioni di euro per 64 startup selezionate con altre due call a maggio e ottobre del 2015. la squadra italiana ha ottenuto per la prima volta una sorta di grafene di prima qualità. Come? “Siamo stati in grado – spiega ancora il ricercatore - di ‘crescere’ nella prima fase il grafene su una superficie fatta di nichel e alluminio. Invece di rimuovere il metallo e trasferirlo su un ossido, abbiamo ossidato direttamente la superficie su cui poggia il grafene. L’isolante è l’ossido di alluminio, sostanzialmente la ceramica usata per gli isolamenti elettrici nei dispositivi elettronici. Un progetto di sintesi assolutamente innovativo”. Allo studio, realizzato dall’Università di Trieste e dal centro Elettra-Sincrotrone Trieste Elettra, hanno collaborato, oltre agli studenti di dottorato dell’ateneo, ricercatori del Cnr italiano e alcuni danesi dell’Università di Aahrus. I dati sperimentali sono stati confrontati con le simulazioni teoriche di fisici teorici del Icmm-Csic spagnolo e dell’University College of London. Insomma, un progetto di respiro internazionale ma con il cuore tutto italiano. Il mondo dell’industria è già in allerta. Baraldi assicura che sono in corso contatti con aziende interessate a portare questo tipo di conoscenza su scala macro, in maggioranza straniere, “soprattutto nordeuropee e del Regno Unito”, tutte nel settore delle nanotecnologie e della nanoelettronica. “ In particolare – afferma il docente - il nostro contributo sarà allo sviluppo di transitor ad effetto di campo di nuova generazione sulla scala nanometrica”. L’Italia, dunque, brilla nella ricerca scientifica, a dispetto di chi pensa il contrario. Un traguardo reso possibile anche dalla presenza di un fertile ecosistema. “Trieste è considerata la città della scienza – ricorda Baraldi - la densità di ricercatori rispetto alla popolazione è la più alta d’Europa, oltre 30 ogni mille abitanti attivi, e ci sono tante istituzioni scientifiche. Ogni anno ad Elettra accogliamo migliaia di ricercatori che ci consentono un contatto continuo e costruttivo con il mondo scientifico internazionale. È un ambiente fecondo. Ed è così che nascono le eccellenze”.