Medicina
il Giornale
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Sabato 9 febbraio 2008
Incontro con il team, primo in Europa, nel trattamento vascolare mininvasivo per il salvataggio d’arto
ONCOLOGIA
La radioterapia
diventa
sempre più utile
Come si cura il piede diabetico
Clerissi: «L’angioradiologia interventistica permette di riaprire le arterie degli arti inferiori»
Luigi Cucchi
쎲 È una autentica epidemia sociale, una malattia insidiosa, frutto
della civiltà dell’abbondanza. Il diabete colpisce in Italia oltre 2,5 milioni di persone. Tra le conseguenze
del diabete che hanno un grande peso sui costi della sanità, oltre 6 miliardi di euro, vi è anche l’alterazione del microcircolo arterioso che
può portare ad infarto, ictus ed alla
gangrena con conseguente amputazione del piede, necessaria per 15
mila italiani.
Alla fine degli anni Novanta sono
state messe a punto metodiche innovative che allontanano le più gravi
complicanze del diabete. Non si ottiene la guarigione, ma almeno sono eliminate alcune delle conseguenze più drammatiche. Per quanto riguarda l’arteriopatia periferica
ne parliamo con Jacques Clerissi,
un radiologo interventista, nato a
Marsiglia, pioniere delle procedure
vascolari. Clerissi, docente all’università di Perugia, dirige a Milano
presso la clinica Multimedica (Istituto di ricovero e cura a carattere
scientifico, a Sesto San Giovanni),
un Centro di riferimento italiano
per la cura del piede diabetico, questo dipartimento di radiologia interventistica ha le maggiori casistiche
italiane per queste patologie vascolari. Il centro è continua meta di specialisti dall’Italia e dall’Europa per
seguire corsi scientifici di diagnosi e
trattamento mininvasivo dell'arteriopatia periferica tenuti dal professor Clerissi assieme al dottor Tommaso Lupattelli anche egli professore incaricato all'universita di Perugia. Questi due operatori eseguono
CHIRURGIA Nel Centro di Clerissi si effettuano 1200 interventi all’anno sulle arterie
annualmente oltre 1200 interventi
di radiologia interventistica vascolare: angioplastica della carotide, embolizzazioni ma soprattutto rivascolarizzazione degli arti inferiori in pazienti con arteriopatia diabetica. La
rivascolarizzazione avviene attraverso un catetere che riapre il vaso,
in alcuni casi sono poi posizionati
degli stent (delle vere e proprie «retine» metalliche) per evitare la riocclusione. È un intervento di angioplastica (simile a quello impiegato
sulle coronarie) che dura da 30 minuti fino a due ore nei casi più complessi, è condotto in anestesia locale, richiede una degenza ospedaliera di soli 2-3 giorni. Clerissi è inoltre
noto in ambito internazionale per
aver messo a punto in Francia, nei
primi anni Novanta, un trattamento
del fibroma dell’utero che consiste
nella semplice chiusura delle due arterie uterine mediante utilizzo di un
micro catetere vascolare. L’intervento di trenta minuti consente alla
paziente di guarire definitivamente
evitando il bisturi e le cicatrici. Il segretario di Stato americano Condoleezza Rice è tra i pazienti più noti.
Rimanendo nel campo delle innovazioni recentemente i due medici
hanno introdotto in Italia l'utilizzo
di un innovativo sistema di rimozione della placca, che prende il nome
di Aterotomo. Mediante questo dispositivo la placca invece che essere
assottigliata dalla dilatazione a palloncino da angioplastica, può essere rimossa ed eliminata definitiva-
mente. I risultati alimentano la speranza.
«L'arteriopatia - precisano Jacques Clerissi e Tommaso Lupattelli
- ha un'incidenza nei diabetici tra i
50 ed i 70 anni stimata tra l'8 e il
22%. Di questi pazienti più del 10%
svilupperà una ischemia critica ed
ulcerazioni che possono anche portare alla amputazione. Infatti, sulle
pareti delle arterie si formano placche aterosclerotiche che vanno incontro ad una lenta evoluzione: dapprima sono costituite da lipidi, tra
cui il colesterolo, con il tempo le
placche diventano sempre più grandi e sviluppano una loro struttura di
sostegno, composta da sostanze fibrose e cellule connettivali. A volte
degenerano rapidamente provocando un’occlusione improvvisa dell'arteria interessata. La malattia aterosclerotica si aggrava in presenza di
fumo, eccesso di colesterolo, vita sedentaria, ipertensione e diabete. Un
semplice
esame clinico insieme ad un
esame ambulatoriale come
l’ecodoppler possono facilmente diagnostica- Lupattelli e Clerissi
re una malattia delle arterie periferiche, che si manifesta con una ridottissima capacità di
marcia, dolore a riposo, insorgenza
di ulcere al piede. L’intervento mininvasivo di radiologia interventistica non è più rinviabile».
Ignazio Mormino
쎲 Nella cura di alcuni tumori maligni (prostata, laringe, colon retto, leucemie) la radioterapia
- che utilizza radiazioni ionizzanti che attaccano
le cellule neoplastiche ma risparmiano i tessuti
sani - si rivela utilissima. L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda il suo impiego nel
50 per cento dei tumori maligni. In Italia, questa
percentuale, cui si avvicinano Svezia e Olanda,
appare lontana. Il Registro-Tumori della Regione Toscana segnala un 32 per cento che forse è il
traguardo più alto dell'intera nazione. Ne parliamo col professor Giampaolo Biti, cattedratico di
radioterapia dell'università di Firenze e direttore di una moderna Unità di radioterapia oncologica nella struttura ospedaliera di Careggi.
«Questa metodica - dice - può essere impiegata da sola o in associazione con la chirurgia. Questa seconda scelta è preferibile nei tumori della
mammella, del polmone, del cervello e dell'apparato respiratorio: patologie in cui riesce spesso a
scongiurare le recidive».
«La radioterapia
può essere
impiegata da sola
o in associazione
con la chirurgia»,
afferma
il professor
Gianpaolo Biti,
dell’università
di Firenze
STRESS, BASSI STIPENDI, POCA AUTONOMIA E TURNI IMPEGNATIVI
Infermieri in fuga dagli ospedali
Luisa Romagnoni
쎲 Troppo lavoro, turni massacranti, alta percentuale di stress, poca autonomia e uno stipendio che arriva in
media a 1200 euro al mese, sono i motivi che determinano il desiderio di fuga nel 50 per cento degli infermieri
A Empoli corsi di formazione
per migliorare la qualità
dell’assistenza ai malati e
la motivazione del personale
italiani. Nella graduatoria dei Paesi europei l’Italia è il fanalino di coda con
una media di 5,4 operatori ogni mille
abitanti, contro i 7,5 della Francia, i
7,9 degli Stati Uniti e i 9,2 del Regno
Il numero degli infermieri italiani
negli ospedali è tra i più bassi in
Europa: 5,4 ogni mille abitanti,
contro un valore ottimale di 6,9
Unito, fino ad arrivare ai 9,6 della Germania. In Italia mancano 60mila infermieri rispetto ad una media ottimale
di 6,9 per mille abitanti. Ma come intervenire sulla motivazione degli operatori per migliorare la qualità dell’assistenza? Una risposta è data dalla
Fondazione Medtronic Italia che ha individuato, tra i motivi della «disaffezione», evidenziati dallo studio Next, tre
aree: la qualità delle relazioni, gli stati
d'animo sul lavoro e la gestione dello
stress. Per Marco Gattini Bernabò,
presidente dell'omonima Fondazione
va promossa una cultura che «favorisca l’innovazione e la qualità al servizio della salute di tutti» attraverso l'applicazione dell'«approccio VirtHuman», un metodo per la gestione strategica del cambiamento già sperimentato con successo nelle aziende private e testato nel pubblico.
Di questa metodologia si è avvalso
l’ospedale di Empoli, per preparare al
cambiamento 1000 operatori, di tutte
FARMACO AMGEN-DOMPÉ PER IL TUMORE AL COLON
Biotec. La nuova società,
che ha sede a Milano, ha
250 dipendenti, il 20 per
cento impegnato nella ricerca clinica nell’area dell’oncologia, della nefrologia e
dell’infiammazione.
Nel
2007 ha avviato 33 studi clinici (9 dei quali in fase II),
collabora con oltre 300 centri di eccellenza e investe
10 milioni di euro. Per Eugenio Aringhieri presidente
della neonata biotech si deve spostare il baricentro
della ricerca di nuovi farmaci per le patologie gravi nel
Paese dove la società svolge la propria attività. In ter-
le professionalità e livelli gerarchici,
che compongono l'organico del nuovo
ospedale, organizzato non più per unità operative specialistiche ma per «intensità di cura». E va sottolineato che
soprattutto in una organizzazione così
pensata (la prima realtà ospedaliera
«per intensità» è nata a Forlì e ora in
Toscana oltre ad Empoli si sta realizzando anche a Prato e Pistoia) è richiesta maggior collaborazione e interazione fra medici e infermieri. A oggi
gli eventi formativi realizzati nel presidio ospedaliero toscano (15 dei 20 previsti) hanno riscontrato risultati positivi: per il 78 per cento dei partecipanti
il corso ha risposto in modo soddisfacente alle aspettative, mentre il 61 per
cento ritiene che quanto appreso sia
«molto applicabile» nella pratica quotidiana. «Finalmente gli operatori parlano lo stesso linguaggio e si capiscono, anche se appartenenti a dipartimenti, ruoli e specializzazioni diverse
tra loro», dice Sabrina Sani, responsabile formazione continua e accreditamento professionale dell'Usl 11 di Empoli. Nel 2008 verranno coinvolti anche gli oeratori del territorio».
Nel reparto di radioterapia diretto dal professor Biti vengono trattati circa 200 pazienti al
giorno ambulatorialmente. I posti letto permettono ricoveri di breve e lunga durata.
Il problema dei costi non deve rappresentare
un ostacolo, afferma il professore. Certo, la spesa iniziale destinata all'acquisto di queste sofisticate apparecchiature è alta, ma sicuramente inferiore al costo dei farmaci chemioterapici per
lunghi periodi. Gli esperti di mercato ritengono
che la somma destinata ai macchinari viene ammortizzata in meno di dieci anni e in questo lasso
di tempo concorre a curare, spesso a salvare,
molti portatori di tumori maligni.
Certo non basta usare le «macchine». Bisogna
adeguarle alle continue innovazioni tecnologiche che ne estendono l'efficacia. Tali innovazioni aumentano la precisione del trattamento e garantiscono sia l'effetto tumoricida sia una notevole diminuzione degli effetti collaterali, acuti e
cronici. A Careggi, accanto agli oncologi e ai radioterapisti ci sono ricercatori capaci di suggerire - dopo averli sperimentati - nuovi sistemi di
implementazione tecnologica in campo radioterapico. Il professor Biti è orgoglioso, in particolare, di partecipare al Progetto “Maestro”, l'unico
finanziato dall'Unione europea per lo studio delle radiazioni ionizzanti e del loro l'impatto sui
killer tumorali. Conclusione: bisogna ampliare
la rete nazionale dei Centri di radioterapia, oggi
certamente inadeguata a risolvere i problemi
dei malati di tumore, che purtroppo sono in aumento. In particolare va superato il divario che
divide le regioni del Nord, più ricche di Centri di
radioterapia, da quelle del Sud nettamente deficitarie. Non è una missione impossibile. I poteri
di cui oggi godono le Regioni permettono di raggiungere questo traguardo nell’arco di pochi anni. Ciò permetterà di meglio curare e spesso di
salvare molti pazienti oncologici spesso trattati
con terapie poco efficaci.
Malati e malattie
Si rafforza nell’area milanese
la ricerca con le biotecnologie
쎲 La Lombardia si conferma il polo delle biotecnologie. Attorno a Milano vi è
la maggior concentrazione
delle aziende biotech (66),
più del 50 per cento di quelle presenti in tutta l'Italia.
Oggi questo panorama si
rafforza con una nuova realtà: Amgen-Dompé, società nata dopo 16 anni di solida collaborazione tra la
consociata italiana di Amgen (American Genetics,
multinazionale americana
leader nel settore delle biotecnologie, 18 mila dipendenti di cui 4.500 nella ricerca) e l'italiana Dompé
41
mini di innovazione terapeutica, Amgen Dompé nel
prossimo triennio metterà
a disposizione della classe
medica tre nuovi farmaci.
In dirittura d'arrivo è il lancio di una nuova terapia biologica (panitumumab), già
approvata dall'Emea e presente dallo scorso anno negli Stati Uniti, per il trattamento del tumore colon rettale in fase metastatica. Il
farmaco è accompagnato
da un biomarker predittivo
in grado di evidenziare in
anticipo quale sarà la risposta del paziente alle cure.
[LuRom]
GLORIA SACCANI JOTTI
Molte le cure per il tumore alla prostata
I
n Italia si stimano circa 8.000 casi
all’anno di tumore della prostata.
Raro in età giovanile, sono a rischio i soggetti al di sopra dei 50 anni.
Negli uomini sopra i 50 anni, deceduti per altre cause, il riscontro istologico di tumore alla prostata è del 42%.
Importante la prevenzione e la diagnosi precoce ed in questo le donne
(mogli, compagne, sorelle, amiche)
possono giocare un ruolo molto importante. Il professor Veronesi ha recentemente presentato il nuovo trattamento con ultrasuoni del tumore
della mammella, ma in realtà gli ultrasuoni sono stati utilizzati per la pri-
ma volta proprio per il trattamento
del carcinoma della prostata. Facciamo il punto con il professor Giovanni
Muto, direttore divisione urologia dell’ospedale S. Giovanni Bosco di Torino e membro della commissione nazionale ricerca sanitaria del ministero della Salute. «Il carcinoma prostatico confinato - spiega il professor Muto - è suscettibile di plurimi trattamenti a scopo curativo che principalmente sono rappresentati da: chirurgia, radioterapia esterna conformazionale 3D, brachiterapia (impianto
di semi radioattivi), Hifu (ultrasuoni
focalizzati ad alta intensità) e criote-
rapia. Alcuni centri stanno valutando
strategie terapeutiche alternative
con l'obiettivo di ottenere il controllo
oncologico della malattia con una minore invasività e ridotta morbilità. Si
tratta di tecniche interessanti e rientrano in questo gruppo la crioterapia,
l’Hifu (utilizza ultrasuoni come una
normale ecografia, vengono focalizzati portando la temperatura a 90
gradi) e la termoterapia interstiziale
indotta con radiofrequenze, che determinano la distruzione del tessuto
tumorale con il congelamento o l'induzione di un incremento termico».
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il giornale 18 febbraio - PIEDE DIABETICO : Salvataggio