COMUNITA’ DEL CASSANO DI NAPOLI IN COLLABORAZIONE CON parrocchia Francesco Caracciolo, il “ForumTarsia” e il Coordinamento le Scalze, il GRIDAS, il Centro Hurtado e associazioni, AQuas, Dream-team Donne in rete e Agesci NA14 , la Chiesa Battista, Pax Christi CINEFORUM 2012/13 LA CHIESA, LE ISTITUZIONI E IL POPOLO DI DIO IN CAMMINO NELLA STORIA” LE COMUNITA’ LOCALI COME LUOGO DELL’ESPERIENZA DI FEDE NELLA STORIA A CONTATTO CON LA REALTA’ DI OGNI GIORNO CORPO CELESTE GENERE: REGIA: Alice Rohrwacher SCENEGGIATURA: Alice Rohrwacher ATTORI: Yle Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri. FOTOGRAFIA: Hélène Louvart PRODUZIONE: Amka Films Productions, Jba Production, Tempesta; in collaborazione con Rai Cinema, ARTE France, RTSI Televisione Svizzera, SRG SSR idée suisse. PAESE: Svizzera, Francia, Italia 2011 DURATA: 100 Min Regista: Nata a Fiesole, sorella dell'attrice Alba Rohrwacher, si laurea a Torino in Lettere e Filosofia. Successivamente, ottiene un Master in sceneggiatura e linguaggio documentario presso la videoteca Municipal di Lisbona e un Master in tecniche narrative, sceneggiatura e drammaturgia presso la Scuola Holden di Torino. La sua prima esperienza di lavoro cinematografico è nella direzione (con Pier Paolo Giarolo) e nel montaggio del documentario Un piccolo spettacolo (2005), dove si occupa pure del soggetto, della sceneggiatura e della fotografia. La pellicola ottiene il primo premio alla Festa Internazionale del Cinema Documentario di Roma. A seguire, sempre all'interno dello stesso genere, c'è Vila Morena, diretto con Alexandra Loureiro e prodotto dalla Videoteca Minucipal di Lisbona. Nel 2006 partecipa al film collettivo Checosamanca, presentato alla I edizione di Cinema - Festa Internazionale di Roma, nella sezione Extra. La pellicola è un insieme di storie (della durata di dieci/quindici minuti ciascuna) ideate da dieci autori diversi che vogliono raccontare spaccati di realtà regionali diverse. Il risultato è un'opera intrisa di impegno civile e politico. IL FILM Marta ha 13 anni ed è tornata a vivere alla periferia di Reggio Calabria (dove è nata) dopo aver trascorso 10 anni in Svizzera. Con lei ci sono la madre e la sorella maggiore che la sopporta a fatica. La ragazzina ha l'età giusta per accedere al sacramento della Cresima e inizia a frequentare il catechismo. Si ritrova così in una realtà ecclesiale contaminata dai modelli consumistici, attraversata da un'ignoranza pervasiva e guidata da un parroco più interessato alla politica e a fare carriera che alla fede. Alice Rohrwacher debutta alla regia di un lungometraggio con una prova che testimonia della sua abilità nel dirigere attori e non attori, garantendo quella naturalezza che per un film come Corpo celeste è una qualità indispensabile. Deve infatti sostenere la veridicità di una condizione di degrado culturale e ambientale locale con il massimo possibile di verosimiglianza. Perché il film della Rohrwacher si colloca come un Gomorra della spiritualità in cui (forse casualmente forse inconsciamente) proprio uno degli attori di quell'opera interpreta il ruolo di un parroco desolatamente impermeabile a una fede vissuta a capo di una comunità culturalmente fatiscente. In essa si aggira la piccola Marta, adolescente in formazione che solo nella madre sembra trovare un'amorevole comprensione. Tra balletti di bambine ispirati alla peggiore tv, frasi del catechismo deprivate di qualsiasi senso grazie a una catechista incolta ma volonterosa e vescovi e loro segretari dal volto grifagno o dallo sguardo raggelante, Marta va verso la Cresima attraversando dei gironi spiritualmente infernali in cui non manca neppure un sacrestano lombrosianamente così pericoloso da annegare gattini appena nati. Un appiglio affinché una sua possibile fede possa non essere totalmente dissolta nell'acido muriatico di un'insipienza eretta a sistema potrebbe venirle da un anziano e isolato sacerdote che le fa conoscere la 'follia' di Cristo. Giancarlo Zappoli -.una società letteralmente disastrata, dominata dal bigottismo tipico e ancora molto diffuso della provincia del sud, dalla commistione più che mai evidente e corrosiva tra Chiesa e politica. C'è un parroco "corrotto" soprattutto intellettualmente più che materialmente (un grande Salvatore Cantalupo, il “sarto di Gomorra”) che antepone la propria carriera ecclesiastica alla missione religiosa, un vescovo ritratto più come un boss mafioso colluso con il politico locale di riferimento che come un pastore di anime, una serie di personaggi di contorno che hanno una concezione così arcaica della Fede e un'esistenza talmente vuota e priva di luce che farebbero desistere e fuggire lontano anche il più inguaribile ottimista, tra tutti la catechista Santa (Pasqualina Scuncia, alla sua prima, enorme interpretazione). Uno spettatore Se una regista nemmeno trentenne è capace di creare un film come Corpo Celeste, si può essere ottimisti sul futuro del cinema italiano. A Cannes il film di Alice Rohrwacher è parso a molti il più interessante della Quinzaine. Tratto dal romanzo della Ortese, è la storia del ritorno a casa di una giovane madre calabrese con due figlie, dopo dieci anni in Svizzera. Ma soprattutto è il romanzo di crescita di Marta, 13 anni, del suo sguardo straniero e smarrito sui riti di una comunità adulta che ha perso ogni ragione di stare insieme, e ne cerca il surrogato in un vuoto conformismo ammantato di parvenza religiosa, per quanto la regista si affanni a ripetere che non si tratta di un film contro Chiesa e religione Roberto Nepoti La Repubblica "Dire che 'Corpo celeste' è un film sulla chiesa oggi sarebbe rinchiuderlo in un'etichetta molto limitante. La chiesa c'è, c'è quella parrocchia, ci sono i sintomi della sua inadeguatezza rispetto al presente, come accade a Santa la catechista piena però di buone intenzioni e allo stesso parroco con le sue ambiguità, ma sembra anche l'ultimo luogo rimasto in cui trovarsi e 'inscenare' il rito collettivo della comunità con cui opporsi all'anonimato. Quel microcosmo racconta il nostro tempo, parla di noi, del presente, è l'Italia in cui viviamo (e non solo) fatta di tv e indifferenza - agghiacciante la spiegazione di una zia di Marta che compra il pesce dell'Atlantico perché quello del Mediterraneo potrebbe mangiare i cadaveri dei migranti, ma l'allenamento di cui dicevamo fa sì che Alice Rohrwacher non sia mai programmatica, il suo parlare del tempo è cinema, è un personaggio, che ama senza identificazione, con una scelta anche qui molto chiara di ruoli e di narratività." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 18 maggio 2011) Colpisce nel segno l'esordiente 28enne Alice Rohrwacher, disincantata osservatrice del Malpaese, dove sacro e profano si mescolano in un tripudio di incoscienze e di buona volontà. Un film dallo sguardo maturo, di bellezza cristallina, da ammirare e ricordare.