PSICOLOGIA DELLO SPORT Dr.ssa Angela Proto Psicologa, Psicoterapeuta, Esperta in Psicologia dello Sport e Training Autogeno, Socia A.I.P.S. – Associazione Italiana Psicologia dello Sport Ipnoterapeuta, Collaborazione con Ambulatorio Multidisciplinare Disturbi del Comportamento Alimentare e Borsa di Studio in Diabetologia Azienda U.S.L. di Ravenna Studio: viale della lirica, 61 - Ravenna 338-3885627 0544-278247 [email protected] L’ALLENATORE: UN BUON TECNICO/STRATEGA E/O UN BUON EDUCATORE/FORMATORE? QUESTIONARIO stili di leadership Descrivi le caratteristiche del tuo stile di allenatore e identificalo in una definizione che riassuma come sei Quali caratteristiche, secondo te, identificano il ruolo di leader dell’allenatore? Quale tra questi stili di leadership ritieni migliore e più funzionale?: Stile autoritario: il leader esercita un alto controllo sui membri del gruppo Stile democratico: il gruppo è condotto in modo partecipativo e responsabilizzante Stile laissez-faire: il leader si ( non interviene sui) disinteressa dei comportamenti del gruppo Altro……….. Quali pensi che siano le caratteristiche che gli atleti di squadre giovanili ricercano in un allenatore? Favorire l’affiatamento Dialogare con i giocatori Mantenere vivi interesse e motivazione Scegliere gli schemi tattici di gioco Sviluppare al massimo l’ambizione dei giocatori Insegnare la tecnica e la tattica di gioco Far rispettare le regole morali e tecniche al gruppo Far sentire che si tiene in mano la squadra Essere rigido e severo Intervenire in modo duro ogni volta che gli atleti non fanno quello che lui ordina Su cosa punti nell’allenamento, cioè quale pensi sia la caratteristica più importante per mantenere la motivazione negli atleti? Mantenere vivi interesse e motivazione Impostare il lavoro sul divertimento Variare gli allenamenti in base alle condizioni psicofisiche degli atleti Favorire l’affiatamento Puntare sulla tecnica e la tattica di gioco Preparare gli esercizi Fare rispettare le regole e le decisioni Fare acquisire l’abilità con la palla Secondo te in un allenamento è importante: L’aspetto tecnico/strategico L’aspetto umano/educativo/formativo Entrambe i punti precedenti Nessuno di questi punti Altro………….. L’allenatore deve essere distaccato, autonomo nelle decisioni relative all’allenamento e alla squadra, oppure deve condividere le scelte con le atlete? Un giocatore ti dice: “o mi fai giocare in tutte le partite o io smetto di venire!!”; tu cosa rispondi? Oppure “o mi fai giocare titolare oppure io non vengo più a giocare!!!”; cosa rispondi? L’atteggiamento che adotti nel caso precedente si modifica a seconda del giocatore che ti trovi di fronte? (giocatore forte, medio, scarso) o si modifica se ti trovi di fronte ad atleti giovani, bambini o adulti? Cosa per te fa di un gruppo una squadra? Il tuo stile di allenatore si modifica o rimane invariato in una squadra di adolescenti e in una squadra amatoriale? In una squadra di adolescenti qual è, secondo te, il ruolo primario dell’allenatore? Stili di leadership LEADERSHIP E POTERE: Ciò che caratterizza veramente il leader è il fatto di poter influenzare gli altri membri del gruppo. Rispetto al leader ci sono teorie diverse. I TRATTI PIÙ TIPICI DEL LEADER SONO: Propensione alla responsabilità Tendenza a prendere l’iniziativa Capacità di assorbire lo stress e di tollerare la frustrazione Abilità nell’influenzare gli altri Fiducia in se stesso Originalità nell’affrontare i problemi Tenacia nel perseguire gli obiettivi prescelti. LEADERSHIP Capacità comunicativa Stabilità emotiva e gestione degli imprevisti Gestione dei conflitti e negoziazione Organizzazione e gestione del gruppo Supporto della motivazione Capacità di collaborare e di dialogare con lo psicologo dello sport per l’applicazione e l’integrazione del programma di preparazione mentale LEADERSHIP E POTERE: Tuttavia i tratti non sono statici. →2 sono le funzioni essenziali del leader: assicurare un clima armonioso mostrando considerazione nei confronti dei membri realizzare il compito assegnato al gruppo focalizzando l’attenzione sulle idee migliori e organizzando il lavoro di gruppo. Secondo HAROUX all’allenatore spetta il ruolo di leader, assieme a quelli di tecnico, educatore e organizzatore-animatore. L’ALLENATORE DEVE ESSERE: il centro di unità e coesione per il gruppo, rappresentare un modello, creare uno stato d’animo sereno, assumendosi il peso delle responsabilità, occuparsi delle funzioni esecutive decidendo programma, sua attuazione e sua esecuzione, rappresentare il gruppo e tenere sotto controllo le relazioni interpersonali dei membri. Il ruolo di coordinamento e di leadership svolto dall’allenatore all’interno della squadra ha il potere di influenzare le dinamiche interne della squadra e, di conseguenza, anche la coesione che essa sviluppa, soprattutto perché influisce direttamente sulla prestazione e sulla soddisfazione. QUINDI: Il comportamento dell’allenatore gli stili decisionali che utilizza le caratteristiche della situazione le caratteristiche degli atleti determinano anche il rapporto allenatore-squadra e con i singoli atleti LEADERSHIP E POTERE: 3 STILI DI LEADERSHIP: STILE AUTORITARIO STILE DEMOCRATICO STILE LAISSEZFAIRE il leader esercita un il gruppo è condotto in alto grado di controllo modo partecipativo e sui membri del gruppo responsabilizzante il leader si disinteressa dei comportamenti del gruppo è facile che in questa situazione si crei aggressività, manifestata direttamente o repressa attraverso una passiva sottomissione verso il responsabile del gruppo e verso i membri in assenza momentanea del leader comportamenti del gruppo che spesso ovviano a questa situazione creando e lasciando che emergano tra loro leader spontanei che si sostituiscono a quello ufficiale in questa situazione l’amicizia è forte e in caso di difficoltà il gruppo “serra i ranghi”; di fronte alle difficoltà il l’impegno è elevato gruppo tende alla anche in assenza del disgregazione responsabile STILE AUTORITARIO STILE DEMOCRATICO STILE LAISSEZFAIRE generalmente la produttività migliora ma a scapito della soddisfazione dei membri (calano la produttività, pur non essendo massima, è costante e di buona qualità la produttività del gruppo è scarsa sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo e, in pratica. in questa condizione si rilevano tutti gli aspetti negativi delle altre due condizioni creatività e iniziativa libera) membri che si trovano in una condizione di massimo ordine, minima libertà l’ordine non è particolarmente elevato minima interazione amichevole l’interazione tra i membri è massima STILE DI LEADERSHIP DELL’ALLENATORE CINQUE DIMENSIONI RELATIVE AL COMPORTAMENTO DELL’ALLENATORE (QUESTIONARIO: LEADERSHIP SCALE FOR SPORTS –LSS; Chelladurai, 1978) ALLENAMENTO E ISTRUZIONI COMPORTAMEN TO DEMOCRATICO COMPORTAMEN TO AUTOCRATICO SOSTEGNO SOCIALE FEEDBACK POSITIVO Il comportamento dell’allenatore mira al miglioramento della prestazione: puntando sull’allenamento, fornendo istruzioni: • sulle abilità, •sulle tecniche • sulle strategie tattiche, •chiarendo i ruoli all’interno della squadra •strutturando e organizzando le attività degli atleti L’allenatore prevede e permette la partecipazio ne degli atleti alle decisioni relative a: scopi comuni, metodi per raggiungerli, strategie tecniche di gioco L’allenator L’allenatore si preoccupa: del benessere degli atleti presi individualment e, del clima di gruppo, intrattiene relazioni interpersonali amichevoli con gli atleti L’allenatore ricompensa e rassicura gli atleti attraverso il riconoscimento e la conferma delle loro prestazioni e agisce in maniera indipendent e, prende decisioni autonome sottolinea la propria autorità personale METODI E STILI DELL’ALLENATORE: L’ALLENATORE DIRETTIVO IL PERMISSIVO E IL PROTETTIVO LO PSICOLOGO L’AUTORITARIO MORBIDO L’ALLENATORE DIRETTIVO: è l’allenatore che spicca. Ieri: era la figura più consueta, perché si credeva che la durezza formasse il carattere e cmq i giovani erano più disposti ad accettarla senza sentire il bisogno di ribellarsi. Oggi: c’è quello che sa, fa e decide senza tenere conto che anche gli allievi hanno le loro opinioni e vogliono essere chiamati a pensare, creare o fare anche da soli. Li vorrebbe tutti sempre al massimo Si accontenta che però siano buoni esecutori Che sanno fare le stesse cose tutti Non ha però il tempo e la capacità per sviluppare le potenzialità migliori di ognuno, che sono ciò che li differenzia È più cauto: perché sa che è più facile scatenare reazioni e opposizioni Alla fine pensa e stabilisce tutto senza mai chiamare in causa la critica, la creatività e l’iniziativa come si trattasse di valenze negative da neutralizzare e in ogni caso da non lasciar crescere L’ALLENATORE DIRETTIVO: Punisce ancora ma con più delicatezzafa fare ex più pesanti, più noiosi o urla È quello più convinto di essere lui l’allenatore e dice: “Tu pensa a giocare che a pensare ci penso io!” Vuole soldatini tutti uguali, sempre in riga Per niente curiosi o troppo intraprendenti Ordina agonismo, aggressività, determinazione e iniziativa, ma non accetterebbe mai che ne prendessero una senza un suo ordine Interpreta molto seriamente il proprio lavoro Pretende una dedizione assoluta allo sport perché “senza sacrifici non si vince” Più alza la voce e più fa vedere di non essere capace di farsi sentiredi questo gli allievi si accorgono, finché prima o poi si ribellano o si affidano IL PERMISSIVO E IL PROTETTIVO Il caso opposto dell’allenatore direttivo è quello che: non ha polso non riesce ad essere una figura stabile e coerente dunque non riesce a presentarsi come punto di riferimento isola gli atleti da tutto ciò che li potrebbe turbare nello sport e fa tutto lui oppure concede spazi che non sanno ancora amministrare, perché così crede di conquistarne l’adesione o portarli a sviluppare chissà quali capacità anche senza guidarli non ha modi e idee stabili non ha strumenti per stimolare e frenare chiede adesione e fiducia cieca ma non responsabilità è sempre pronto a portare tutte le soluzioni per avere subito vittorie sicure intanto opprime creatività e iniziativa, che sono le armi più efficaci per ottenerle IL PERMISSIVO E IL PROTETTIVO L’allenatore protettivo è colui che per non avere tensioni che potrebbero creare malcontento nella squadra, e quindi incidere sull’impegno e sul rendimento, o per non offendere qualche allievo permaloso, lascia passare tutto, compresi certi errori o dimenticanze che non si dovrebbero più ripetere e l’assunzione di doveri e responsabilità. Quello che pensa a tutto e offre soluzioni pronte e adatte a risolvere ogni situazione per vincere subito, quando è ancora facile, e intanto non chiede mai nulla di personale (iniziative); arresta ogni incertezza con una risposta sicura piuttosto che assisterli nei tentativi È un atto protettivo che mortifica la loro iniziativa, non li stimola ad assumersi le responsabilità, non li allena a farcela da soli e a mettersi alla prova; li rende dipendenti e bisognosi di alta altra protezione È quello che non cerca le cause degli errori o delle trasgressioni per correggerle e non chiede che rimedino o ne paghino le giuste conseguenze, purché si impegnino in gara o, con il tempo, che promettano almeno di farlo LO PSICOLOGO Può influire sulla mente e sul comportamento. E’ una persona molto abile. Chi ha maggiori capacità di influenzare è un modello più incisivo che cattura i soggetti più facilmente adattabili. Gli allievi, infatti lo seguono perché è una figura autorevole nonostante i suoi metodi a volte bizzarri (cerimoniali di concentrazione prima di iniziare la partita, che ha letto in un libro) e lo imitano nella formazione della personalità, ma se approfitta di questa sua abilità può trasmettere i tratti manipolativi che usa nello sport o, ancora più grave, un modello falso, senza fondamento, che può pesare su tutto lo sviluppo dell’allievo e lasciarlo senza uno stile di vita proprio. L’AUTORITARIO MORBIDO Molti allenatori non vogliono più essere autoritari perché hanno visto come cambiano i tempi, ma spesso, proprio perché è una scelta non maturata ma quasi obbligata, non vanno oltre le apparenze e continuano, in varia misura, a trattare l’allievo come materia senza caratteri personali e solo da modellare. Magari accettano che abbia soluzioni e idee personali, ma non le valorizzano e meno ancora le accettano e le applicano: quindi gli concedono parola, ma non conta. Questo autoritarismo si nasconde dietro molte parvenze, alcune persino aperte a una certa partecipazione, ma non dispone di un proprio stile né sa davvero dove vuole arrivare, perché gli interessa avere adesione ed eliminare le occasioni di conflitto o di malcontento, ma non ha idea di quale sportivo formare. Certe volte diventa una specie di anestetico che sopisce e assopisce, e in questi casi si potrebbe pensare a una buona intesa, ma in realtà il rapporto affettivo, il suo prestigio e le attenzioni che dedica agli allievi gli procurano un consenso passivo e una partecipazione fittizia destinata a dissolversi qualora debba intervenire per riportare ordine o per correggere qualcosa che gli allievi vogliono invece difendere. SPORT E ADOLESCENZA METODO E STILE DELL’ALLENATORE NEL BAMBINO E NELL’ADOLESCENTE Ogni allenatore ha uno stile di conduzione personale che, specie nei primi anni di sport, ha effetti educativi sugli allievi e sulla loro formazione. Il BAMBINO: sente maggiormente i legami affettivi ed è più sensibile ai modelli che incontra. Occorre, quindi, stare attenti a non proporgli modelli negativi, perché li assorbe in maniera priva di critica, e assume i modi di essere e di fare che si esprimono anche nei comportamenti più abituali dell’allenatore. Quindi, l’allenatore corretto, leale, attivo, puntuale e pronto ad assumersi le proprie responsabilità, non ha bisogno di dirgli nulla, perché il bambino riterrà che questi siano i modi dell’adulto. Ma è vero anche il contrario, e cioè che in uno sport attento solo al risultato ottenuto anche in modi scorretti o non leciti, è più facile che trasmetta i propri limiti e li faccia diventare tratti definiti del carattere degli allievi. METODO E STILE DELL’ALLENATORE NEL BAMBINO E NELL’ADOLESCENTE L’ADOLESCENTE: invece è meno influenzabile dai comportamenti e dal carattere di chi lo guida, siano essi positivi o negati, perché vive un rapporto meno emotivo ed è già capace di critica. Manca però ancora di esperienza consolidate cui fare riferimento, e quindi è ancora sensibile ai modelli che propone l’ambiente. Per questo la figura dell’adulto continua a restare importante. Basa di più i suoi rapporti sulla stima, per cui segue e impara, oppure si oppone, a seconda che chi lo guida se la sia saputa conquistare o no. Sia il ragazzo sia l’adolescente, comunque, restano sensibili al suo modo di essere e di imporsi, poiché lo considerano pur sempre una figura guida. RUOLO DELL’ALLENATORE NEL BAMBINO E NELL’ADOLESCENTE Si può parlare di una funzione terapeutica svolta dallo sport: aiuta a soddisfare il proprio desiderio di contare, di essere titolare delle proprie decisioni e artefice del proprio desiderio. E’ il momento della scoperta dell’identità individuale collocata esternamente dall’ambito familiare. Maggiore è l’autonomia di cui si può godere. Sport significa esperienza socializzante, sentimento di accettazione e di integrazione al gruppoelementi molto importanti in un periodo di vita segnato sovente da dubbi su di sé e da incertezze comportamentali. Gruppo sportivo come occasione privilegiata di azione collettiva, in cui la competizione è ammessa anche se sublimata dalle regole del gioco. I comportamenti intergruppi (o intragruppo?) favoriscono sia i sentimenti di antagonismo nei confronti degli avversari sia la coesione al gruppo di appartenenza. Queste forme ritualizzate e simboliche di collaborazione e competizione dello sport “agito” possono dunque contribuire a migliorare il comportamento sociale dei giovani. LO SPORT NELL’ADOLESCENZA: (difende?) fa uscire i giovani dal pericolo dell’isolamento per mezzo di attività operative e ludiche offre la possibilità di misurare le proprie capacità di autocontrollo di sfidare gli ostacoli di confrontarsi serenamente con i propri limiti e, dunque, è un elemento importante per la costruzione di sé e per la prevenzione rispetto all’assunzione di comportamenti patologici UTILITA’ DELLO SPORT NELL’ADOLESCENTE: 1. 2. 3. 4. 5. 6. risponde all’esigenza di divertimento e offre l’occasione di utilizzare una grande carica di energia permette di scaricare la tensione dovuta allo stato di stress che caratterizza questa fase di sviluppo insegna a conoscere il proprio corpo, favorendo anche l’acquisizione del senso della realtà indirizza verso la gestione dello spirito di competizione incanalandolo verso obiettivi precisi, e migliora così anche la tenacia nel perseguire le mete poste favorisce lo sviluppo dell’intuito e delle capacità cognitive, grazie anche alle richieste di rapido adattamento alle situazioni, sviluppando come conseguenza la sicurezza nelle proprie capacità soddisfa il bisogno di autonomia dalla famiglia consentendo anche di mantenere sia pure in una situazione diversa un rapporto di dipendenza. Da un lato, infatti, nella figura dell’allenatore e dei compagni più anziani vengono ricreate le immagini rassicuranti e idealizzate della famiglia, e dall’altro viene raggiunta la possibilità di un’alternativa affettiva nella quale sono riconosciute rispetto alla famiglia una maggiore indipendenza ed una più sicura identità. RUOLO DELL’ALLENATORE NEL BAMBINO E NELL’ADOLESCENTE Se si tratta di ragazzi giovani o addirittura di b.i., l’allenatore riveste un ruolo cruciale per la loro formazione fisica e soprattutto psicologica, in quanto li guida nell’identificazione di modelli e valori che li accompagneranno per tutta la vita, anche fuori delle palestre e dei campi sportivi. SQUADRE GIOVANILI: RICERCHE SUL RUOLO DELL’ALLENATORE: ALLENATORI ciò che ritengono importante per il loro ruolo: Favorire l’affiatamento per creare lo spirito di squadra Dialogare con i giocatori Sfruttare al massimo le caratteristiche psicologiche e tecniche degli atleti Creare un ambiente sereno e di reciproca fiducia Mantenere vivi interesse e motivazione Variare gli allenamenti in base alle condizioni psicofisiche degli atleti Addestrare all’astuzia in gara ed essere disponibile a fare sentire importanti tutti gli atleti Far acquisire l’abilità con la palla Insegnare la tecnica e la tattica di gioco Far rispettare al gruppo le regole morali e tecniche SQUADRE GIOVANILI: RICERCHE SUL RUOLO DELL’ALLENATORE: SECONDO GLI ATLETI un buon allenatore deve: Capirli nei momenti di difficoltà Essere astuto in gara Favorire l’affiatamento all’interno della squadra Far sentire importanti tutti i giocatori Dialogare con loro Tenere unito lo spogliatoio Pretendere il massimo da ognuno Caricarli prima della partita Essere capace di dare sicurezza Sfruttare al massimo le capacità tecniche e psicologiche. SQUADRE GIOVANILI: RICERCHE SUL RUOLO DELL’ALLENATORE: Un , dunque, che è vicino al giocatore dal punto di vista umano e che si caratterizza sostanzialmente come leader democratico. Quindi, negli sport di squadra emerge soprattutto un allenatore che si connota non tanto in termini di competenza tecnica, quanto per la capacità di capire gli atleti ed essere loro vicino. Emerge un allenatore: Sicuro Esperto Compete Abile nte Deciso Grintoso Esigente Amico Corretto Rispettos o Simpatic Coerente Paziente o Scherzos Comprens o ivo RUOLO DELL’ALLENATORE NELL’ADOLESCENZA L’allenatore svolge il ruolo di tramite tra il mondo adolescenziale e il mondo adulto: se genitori e insegnati rappresentano regole e imposizione spesso non condivise, la figure dell’allenatore è vissuta dai giovani atleti come un amico adulto, le cui parole vanno accolte e dei cui insegnamenti è bene fare tesoro. Inoltre, il gruppo dei pari offre al giovane atleta modelli di comportamento e gli permette un confronto diretto con persone con cui condivide valori e idee. Lo sport aiuta dunque a incanalare l’aggressività nei binari di comportamenti regolamentati e socialmente approvati; inoltre, l’aggressività espressa durante l’attività sportiva, in particolare in quella agonistica, è produttiva. RUOLO DELL’ALLENATORE riepilogando…. FUNZIONE E ATTIVITA’ DELL’ALLENATORE: funzioni e attività varie e complesse che richiedono competenze in vari campi e cioè: educativo, tecnico, psicologico, manageriale, e presuppongono un grande equilibrio emozionale. Si tratta dunque di una figura perno su cui si incentrano e attorno a cui ruotano tutte le attività della squadra e la vita sportiva dei singoli. RESPONSABILITA’ NELLA GESTIONE DELLA SQUADRA: Sviluppare il senso di appartenenza, attraverso l’utilizzo del pronome “noi”, per far si che allenatore e atleti si sentano una forza collettiva Fissare obiettivi comuni, chiari, realistici e condivisi, poiché avere mete precise è fondamentale per la coesione del gruppo Definire per ogni atleta un ruolo e specificarne mansioni e responsabilità, al fine di consentirgli di fare riferimento ad un codice di comportamento senza lasciare spazio ad interpretazioni arbitrarie Utilizzare il rinforzo positivo ed evitare punizioni e sanzioni, che aumentano inutilmente la paura dell’errore: esse, infatti, riducono la motivazione, l’autostima e la possibilità di apprendimento, incutono timore e portano al rifiuto dell’allenatore Favorire la partecipazione Trattare tutti allo stesso modo, cioè valutare con gli stessi criteri senza favoritismi Premiare i comportamenti altruistici e i sacrifici fatti dai singoli per il bene della squadra Smorzare i comportamenti individualistici e trovare soluzioni tatticotecniche per equilibrare i rapporti tra gli atleti Promuovere occasioni per stare insieme anche al di fuori degli allenamenti e delle gare FUNZIONE E ATTIVITA’ DELL’ALLENATORE: Essendo la guida della squadra deve porsi degli obiettivi generali OBIETTIVI DELL’ALLENATORE: Sviluppare gli atleti sul piano fisico, tecnico, psicologico e sociale; Soddisfare i loro bisogni (di squadra e individuali); Formare atleti con mentalità vincente, capaci di dar fondo a tutte le loro energie per vincere, amanti della competizione, capaci di rimanere calmi e concentrati in gara e di assumere responsabilità in situazioni delicate; Stabilire obiettivi di prestazione e non solo di risultato; Rendere piacevole e divertente sia il momento dell’allenamento sia quello della gara; Creare e gestire il gruppo in quanto squadra con una sua struttura propria. RUOLO E COMPITI DELL’ALLENATORE: Una volta stabiliti gli OBIETTIVI da perseguire, l’allenatore dovrebbe individuare: Gli strumenti adatti per raggiungerli (ad esempio: modalità di insegnamento, tecniche di allenamento, gesti e movimenti dimostrativi, tattica, sostegno della motivazione, ricerca della coesione nel gruppo); La tipologia delle risorse umane disponibili per intraprendere le attività orientate agli obiettivi (l’atleta, la squadra, se stesso nelle varie funzioni che assume). Le strategie più idonee per evitare gli ostacoli insiti nel contesto entro il quale opera. DUNQUE, allenare significa assumere contemporaneamente le funzioni di educatore/formatore, di tecnico/organizzatore e di leader. La capacità di passare da una funzione all’altra scegliendo di volta in volta il ruolo più adatto determina il patrimonio professionale più prezioso per l’allenatore. COMPITI DELL’ALLENATORE: In quanto educatore, l’allenatore ha il compito di formare atleti maturi fisicamente e psicologicamente, il più possibile completi sul piano tecnico. OBIETTIVI DI OGNI ALLENAMENTO: Cercare di sviluppare e migliorare le abilità cognitive coinvolte nel processo di elaborazione dell’informazione (percezione, memoria e attenzione) Cercare di sviluppare e migliorare le abilità di selezione della risposta (il gesto diventa anche un gesto tattico) Cercare di sviluppare e migliorare le abilità di automatizzazione (liberare la mente dal controllo del gesto per indirizzarla verso l’analisi della situazione). STRUMENTI UTILI ALL’ALLENATORE PER FAR ACQUISIRE AGLI ATLETI I GESTI MOTORI E I SISTEMI TATTICI IN MODO PLASTICO (cioè adottabili in ogni situazione): Mostrare personalmente il gesto da eseguire Avvalersi di immagini filmiche Presa di coscienza da parte dell’atleta delle informazioni propriocettive ed eterocettive, Analisi dell’aggiustamento motorio da parte dell’atleta Ripetizione al fine di CREARE L’AUTOMATISMO →In questo modo, inoltre, egli favorisce l’acquisizione di abilità quali: attenzione verso il proprio corpo e verso l’esterno analisi e valutazione della situazione selezione decisione sul gesto tattico da adottare. → Tutto questo porta inoltre a: Sviluppare l’ autonomia e l’autocontrollo dell’atleta. → infatti, egli deve preparare sia il singolo che la squadra a prendere proprie decisioni usando proprie valutazioni → la mancanza di autonomia è sempre un dato negativo dal punto di vista educativo, e spesso porta anche a risultati agonistici scadenti → dunque, un buon allenatore interverrà per ridurre qualsiasi forma di dipendenza,in quanto allenare dovrebbe proprio significare incrementare l’indipendenza, portare gli atleti a pensare oltre che ad agire da soli → se resi più autonomi e indipendenti essi sono, infatti, maggiormente in grado di riconoscere e controllare i sintomi generatori di stress: es. in situazioni emotive molto forti che necessitano di autocontrollo e che accadono generalmente alla fine della partita, quando subentra la stanchezza e non si riesce più a pensare lucidamente, oppure quando il pubblico rumoreggia o inveisce contro un atleta. LA MOTIVAZIONE NELLO SPORT LA MOTIVAZIONE Perché la monotonia non rischi di prevalere sulla motivazione e di diminuire la prestazione, l’allenatore deve fare in modo di tenere vivo l’interesse degli atleti. A questo scopo, egli deve rendere stimolanti gli allenamenti introducendo sempre elementi nuovi e variando la routine, oppure prestare attenzione particolare e personale ai singoli atleti, trasmettendo loro la percezione di essere importanti. L’attenzione dell’allenatore verso gli atleti si esprime anche attraverso i rinforzi sia positivi che negativi, comunicati verbalmente e non verbalmente, che trasmettono un’informazione di tipo valutativo nei confronti degli atleti. Di conseguenza, il comportamento dell’allenatore centrato sul supporto alla squadra o ai singoli componenti, sulla trasmissione di istruzioni tecniche e sul rinforzo positivo, contribuisce a tenere viva e ad alimentare la motivazione degli atleti. LA MOTIVAZIONE Fra i COMPITI c’è anche quello di occuparsi della motivazione Senza motivazione non vi è apprendimento o quanto meno un apprendimento significativo, e non vi è neppure partecipazione. PER TENERE ALTA LA MOTIVAZIONE OCCORRE: indicare le mete da raggiungere ad ogni allenamento variare spesso gli allenamenti e gli esercizi in uno stesso allenamento creare brevi momenti di competizione non dilungarsi in spiegazioni monotone far sì che ogni atleta migliori, provando piacere nel farlo, le proprie capacità non rimproverare duramente gli atleti o esprimere valutazioni negative per gli errori commessi, non rivolgersi in modo maleducato e irrispettoso sottolineare gli elementi positivi e far leva su questi ultimi dando al singolo la possibilità di misurarsi con gli altri fare in modo che ogni atleta trovi in quello che fa qualcosa che soddisfi i suoi bisogni LA MOTIVAZIONE Rispetto a tutto questo, all’inizio della stagione potrebbe essere utile stabilire un “contratto” tra allenatore e atleta; una definizione degli obiettivi. Quindi, dopo avere analizzato e valutato tutte le risorse disponibili e il tempo necessario per giungere a risultati concreti, l’allenatore definisce una serie di OBIETTIVI A LUNGO, MEDIO E BREVE TERMINE per la squadra e per ogni atleta che la compone. LA COESIONE LA SQUADRA SPORTIVA E LE SUE CARATTERISTICHE Le strutture, i processi e gli scopi di un gruppo sono influenzati dalle singole persone che lo compongono, e le motivazioni, i sentimenti e i comportamenti dei singoli membri risentono, a loro volta, dell’appartenenza al gruppo. CARATTERISTICHE FONDAMENTALI della squadra sportiva: unità sociale scopo comune interazione dimensione posizioni distribuzione dei ruoli norme sentimento del noi UNITA’ SOCIALE: una squadra si distingue dalle altre: dall’abbigliamento-uniforme e da un nome soprannome particolare unità sociale – scopo comune – attività svolte insiemeaumenta il senso di appartenenza e il sentimento del noi. SCOPO COMUNE: lo scopo sportivo-agonistico comune è il perno attorno al quale gravitano tute le altre caratteristiche della squadra. La stabilità del gruppo dipende dalla disponibilità dei singoli a sacrificare i loro interessi personali per gli obiettivi collettivi. Se le aspirazioni dei singoli sono troppo lontane dallo scopo comune, la squadra rischia di perdere di vista i suoi obiettivi e di sfaldarsi. Lo scopo comune può non solo modificarsi nel tempo, ma è necessario si adatti alle esigenze della situazione e dei singoli. INTERAZIONE: anche nello sport i processi interattivi comprendono i rapporti tra i membri della stessa squadra. All’interno di una squadra i componenti possono sviluppare cooperazione o antagonismo (come competizione o conflitto). La condizione ottimale è collaborare all’interno della squadra e tenere verso l’esterno un atteggiamento competitivo, essere cioè tutti uniti contro l’avversario. Collaborare significa anche risolvere i conflitti interni in modo costruttivo e rispettare le regole. DIMENSIONI, POSIZIONI, RUOLI: DIMENSIONI: Le squadre di dimensioni medie sembrano più coese dal punto di vista sociale e più efficaci sul campo. Nelle squadre meno numerose è più facile trovarsi d’accordo sugli obiettivi e sui metodi da seguire, ma mancano le risorse per raggiungere gli scopi prefissati. La dimensione della squadra incide sulla prestazione, sul tipo e sul grado di coesione che si sviluppa al suo interno nonché sulle percezioni individuali in merito all’attrattività del gruppo. POSIZIONI: alcuni ruoli legati ai singoli individui e non allo svolgimento del gioco possono cristallizzarsi: es. il veterano, il capitano, il nuovo arrivato, l’outsider. RUOLI: quelli più gratificanti e più importanti per lo svolgimento del compito conferiscono potere e prestigio a chi li ricopre, e questo vale sia dentro sia fuori del campo di gioco. Poiché il prestigio è molto importante, l’assegnazione delle posizioni e dei ruoli legati alle persone è spesso causa di conflitti interni alla squadra, dal momento che non tutti possono ricoprire ruoli gratificanti. Il problema del conflitto per le posizioni è collegato a doppio filo alla tematica della dimensione della squadra: non tutti coloro che fanno allenamento possono essere schierati anche in panchina solo una parte è titolare, mentre gli altri devono restare in panchina, almeno all’inizio i cambi sono limitati e la probabilità di entrare è ridotta scoppiano allora conflitti per il posto, sia in squadra, sia per il ruolo di titolare. NORME, SANZIONI chi non rispetta le regole è soggetto a sanzioni oppure ad essere escluso. Le norme possono avere carattere formale o informale. Carattere formale: regole ufficiali, come regolamenti delle varie discipline sportive, che sono oggettivi e scritti e prevedono anche le sanzioni da applicare ai trasgressori. Norme informali: sono degli schemi di orientamento che gli atleti apprendono attraverso l’appartenenza alla squadra e interiorizzano con il tempo, come la professionalità negli allenamenti, nelle partite e nell’alimentazione. Oltre alle norme interne ci sono anche norme esterne al gruppo. SENTIMENTO DEL NOI: per il semplice fatto di stare insieme in una squadra, un gruppo di persone non è automaticamente una squadra: squadra si diventa nel corso di un processo che porta allo sviluppo di un senso di appartenenza, indicato spesso con questi termini: sentimento del noi, spirito di squadra anima del gruppo coesione. DEFINIZIONE DI SQUADRA SPORTIVA: piccolo gruppo orientato al compito e alla prestazione i cui membri sono interdipendenti, vogliono raggiungere un fine condiviso e sviluppano un’identità di gruppo INCIDONO SULLA COESIONE: DIMENSIONE: il livello di coesione sembra essere maggiore nei piccoli gruppi. La VICINANZA FISICA favorisce la coesione grazie ad una maggiore prossimità e ai frequenti scambi comunicativi Anche la COMUNICAZIONE sia all’interno che all’esterno della squadra incide sulla coesione. Una DIVISIONE molto articolata DEI RUOLI, legati sia alla posizione sia alla persona, favorisce lo sviluppo della coesione all’interno della squadra. La coesione di un gruppo non è una caratteristica statica ma un processo dinamico connesso alle relazioni interpersonali all’interno del gruppo e da questo verso l’esterno. In una squadra la coesione si manifesta attraverso diversi fattori affettivi, sociali e operativi. In particolare: Disponibilità Sociale: intesa come disponibilità a dare senza ricevere e ad accettare gli altri per come sono; Scopo Comune: cioè confluenza delle energie verso il raggiungimento dell’obiettivo condiviso e non verso la soddisfazione dei bisogni individuali, soddisfazione che rappresenta un mezzo e non un fine; Comunicazione: ossia possibilità di esprimersi liberamente, senza per questo offendersi reciprocamente Conoscenza, impegno per conoscere gli altri e disponibilità a farsi conoscere dagli altri senza voler nascondere la propria personalità Reciprocità nelle interazioni Soddisfazione sia dei bisogni individuali sia degli obiettivi della squadra Autogoverno: cioè capacità di stabilire regole interne e nei confronti dell’avversario Interdipendenza: basata sulla reciprocità nelle interazioni Esperienza comune: cioè condivisione di situazioni ed esperienze, indipendentemente del background socioculturale, disponibilità a soffrire e gioire insieme, perdere e vincere insieme Divertimento condiviso, durante la fatica fisica dell’allenamento: senza diminuire l’impegno ASPETTI LEGATI ALLA COESIONE NELLA SQUADRA SPORTIVA: allenamento spogliatoio prestazione allenatore stili di leadership AREE DI INTERVENTO DELLO PSICOLOGO DELLO SPORT Metodologia dell’insegnamento- allenamento Sport giovanile Dinamiche di gruppi sportivi Mental training Psicologia clinica dello sport Psicologia dell’attività fisica adattata Psicologia dell’esercizio fisico