L’avventura di Kheyr ed-Dine detto il Barbarossa (Mitilene 1465 - Istanbul 1546) Un “cristiano di Allah” Kheyr ed-Dine: Corsaro e poi ammiraglio al servizio dell'Impero Ottomano, è noto anche come Keireddin, Cair Heddin, o Haradin, poi italianizzato in Ariadeno Barbarossa. Di padre albanese e di madre andalusa, Kaireddin nasce nel 1465 nell’isola greca di Mitilene, sotto l’occupazione turca. Il padre Jacob è un cristiano albanese fatto prigioniero dai Turchi e convertitosi all'islam, prima di entrare nel corpo dei giannizzeri e partecipare alla spedizione turca per la conquista dell'isola di Lesbo. La madre Catalina, è una cristiana di origine andalusa, già vedova d'un prete greco ortodosso. Pirata nell’Egeo e nel Mediterraneo Kaireddin viene battezzato musulmano con il nome di Khizr ed ha tre fratelli: Elias, Isaak e Aroudj. Fin dalla gioventù, in compagnia dei fratelli, esercita la pirateria nell‘Egeo. Quindi si trasferisce con i suoi fratelli a Tunisi, accordandosi con il sultano Abū Abd-Allāh Muḥammad: in cambio di un decimo del bottino, le loro galee trovano sicuro rifugio in quel porto. Il commercio cristiano subisce perdite considerevoli, ed i pirati musulmani spadroneggiano sul mare, mirando alla conquista di tutta la costa da Tripoli a Tangeri, chiamata Barberia. In seguito milita nella squadra del Camali e quando questi si ammutina sulla galea in cui è imbarcato, uccidendone uno dei proprietari, Barbarossa assume il comando del brigantino che viaggia al seguito. Questo episodio gli consente di accumulare una grossa fortuna in denaro. A Barbarossa è attribuita la devastazione di molte coste del Mar Mediterraneo, in particolare quelle comprese nella zona di Diano Marina in Liguria, ma anche di Reggio Calabria (1512), in Andalusia (tornata cristiana), a Lipari e a Tindari. L’Impero ottomano nel XVI secolo Signore di Algeri Algeri nel XVI secolo Nel 1513 si impadronisce di Algeri, cacciandone gli spagnoli e nel 1516 il fratello Aroudi ne diviene il governatore. Nello stesso anno viene attaccato dalla flotta genovese nel porto di Tunisi: sconfitto, è costretto a rinchiudersi entro le mura della città, perdendo il forte di La Goletta e diverse galeotte. Nel 1518 subisce una nuova sconfitta, quando le galee cristiane dei Cavalieri di Rodi pongono fine all’attività dei tre fratelli al largo dell'isola di Creta, in un combattimento in cui cade ucciso Elias, mentre Aroudj viene fatto prigioniero per poi essere ucciso. Beylerbey di Algeri Alla morte dei fratello Aroudi, nel 1518, Kaireddin viene nominato dal Sultano Selim I Beylerbey (governatore) di Algeri, consolidando il suo potere nelle terre africane e tra gli anni 1520 al 1529, quasi tutta la costa cade sotto il suo dominio. Da Tunisi organizza una gran flotta potente ed efficace, che opera nel Mediterraneo attaccando il commercio cristiano e mantenendo una minaccia costante dalle Baleari alla Sicilia, dalla Sardegna al Lazio e sulle coste spagnole. Si narra anche di scorrerie da lui compiute ad Antalya e sulle coste serbe, con la conquista dell'isola di Gerba trasformata poi in base per le sue spedizioni. Nel 1526, attacca nuovamente Reggio Calabria subendo però lo scacco da parte dei reggini. Si rivolge allora contro Messina e, superato il Faro di Messina, attacca la fortezza sul porto. In cerca di altri bottini risale la penisola italiana, ma davanti a Piombino viene affrontato e costretto alla fuga dall’ammiraglio genovese Andrea Doria, alla guida di una flotta composta da navi pontificie e da alcune galee dei Cavalieri di Malta. Comandante in capo della flotta ottomana Nel 1533 Solimano il Magnifico lo nomina Kapudàn pascià (ammiraglio) e comandante in capo della flotta ottomana nel Mediterraneo. Sostenuto dai francesi e forte di un accordo stipulato con Francesco I di Valois, si pone come obiettivo di contrastare la presenza spagnola (e genovese) nel mediterraneo occidentale. Egli entra nel mito conquista quando l'8 agosto 1534, al comando di 80 navi, bombarda Gaeta, sbarca a Sperlonga mettendola a ferro e fuoco, spingendosi poi a Fondi per tentare il rapimento, senza riuscirci, di Giulia Gonzaga, vedova di Vespasiano Colonna, da offrire in dono al Sultano Solimano. Mentre il terrore si propaga lungo le isole e le coste cristiane, Kaireddin veleggia verso Terracina, che viene incendiata, doppia il Promontorio del Circeo e si spinge fino alla foce del Tevere, minacciando direttamente Roma. Di ritorno a Istanbul, viene accolto come un eroe dal Sultano, ricevendo diversi doni fra cui, nel 1535, un magnifico palazzo a Galata, sul Bosforo. L’avversario di Carlo V Nel 1535 l'imperatore Carlo V riconquista temporaneamente Tunisi, ma nel 1538 Kaireddin sconfigge la flotta spagnola comandata da Andrea Doria nella Battaglia di Prevesa, assicurando ai turchi il dominio del Mediterraneo orientale per altri 33 anni. Da quella data la sua azione si concentra essenzialmente sulle coste del Nord Africa, fra Algeria e Tunisia. Nell’ottobre 1541 Carlo V – accompagnato dai migliori generali dell’Impero (fra i quali Hernan Cortez, Andrea Doria, il duca d’ Alba, Ferrante Gonzaga e Camillo Colonna) - guida personalmente una spedizione contro Algeri con l’intento di riconquistare la città, ma a causa di alcuni errori l’impresa si trasforma in un disastro e il berlerbey di Algeri - il rinnegato sardo Hassan Agha, fedelissimo di Kaireddin - riesce con facilità ad avere la meglio, mantenendo il controllo del territorio e della costa. Gli ultimi anni Tornato a depredare la coste liguri, Kaireddin attacca e saccheggia Sanremo nel 1544. Nel luglio del 1546, viene colpito da una violenta febbre e da dissenteria che lo uccide all'età di 63 anni. Viene sepolto a Galata, vicino al Bosforo, dove ancor oggi i turchi venerano la sua tomba e ne ricordano le gesta. Il figlio di Kaireddin, Hassan, diventerà Pascià d'Algeri e governatore del regno ottomano d'Algeria (1546-1567).