Dr. Mauro Mazzotta - specialista in Medicina del lavoro Medico del Lavoro Università degli Studi del Salento Cenni sugli effetti tossicologici legati alla manipolazione di sostanze chimiche “Tossicologia” deriva dal greco“toxon” che significa“ arco ” e "toxicos" che significa "dell' arco, relativo all' arco". L'utilizzazione di frecce avvelenate serviva per ottenere l’effetto letale anche quando il nemico veniva colpito in una parte non vitale . Un elevato numero di intossicazioni avviene nei luoghi di lavoro per esposizioni a sostanze tossiche durante la lavorazione esempi di casi eclatanti sono intossicazioni collettive anche all’esterno dell’ambiente lavorativo nel corso degli anni ma dovute a processi tecnologici insufficienti che non prevedevano l’adeguato smaltimento dei residui della lavorazione : stirene, tricloroetilene, cloruro di vinile(Marghera,Brindisi), isocianati (metil-isocianato Union Carbide) , acrilonitrile, 2,4,5-triclorofenolo, diossina ( Seveso), triortocresilfosfato (polinevriti petiferiche), mercurio (Minamata) , fosgene (Marghera , Brindisi ). Gli effetti di agenti chimici che entrano nell’organismo vengono comunemente definiti e sono trattati dalla tossicologia che è la scienza che tratta di sostanze nocive comunemente dette veleni ovvero “ Ogni agente chimico che introdotto nell'organismo causa un'azione nociva, dannosa fino alla morte con meccanismo chimico o biochimico” . Nell’ ambito di una visione più moderna si considerano “Xenobiotici” ogni sostanza chimica che è estranea al sistema biologico. Per“Xenobiotici” si intende quindi la categoria di composti chimici che include: farmaci, contaminanti ambientali, agenti cancerogeni, insetticidi, inoltre composti di origine naturale e composti che si originano per l’aggiunta di additivi chimici o in seguito alla cottura dei cibi, quindi ogni sostanza che in rapporto alla propria stessa natura e concentrazione può determinare effetti nocivi sull’uomo, sull’animale o in generale sugli ecosistemi. In realtà la“TOSSICITA' è la capacità di una sostanza di produrre un effetto dannoso sull'organismo, ovvero è una proprietà delle sostanze che recano effetti dannosi anche a basse dosi. Tenendo conto che qualunque sostanza in quantità sufficiente anche se ritenuta comunemente innocua può produrre effetti nocivi esempio ossigeno ed azoto in iper - pressione o acqua ed NaCl in eccessiva quantità o anche un alimento o un farmaco o anche ad esempio sostanze chimiche non necessariamente estranee al nostro organismo in quanto prodotte dallo stesso organismo nei processi metabolici es come NH3 CO e HCN che causano una elevata mortalità anche a relativamente basse e bassissime concentrazioni sono prodotti anche dal nostro organismo. Il termine tossico deve essere distinto da rischio (ahazard) , degli autori Anglosassoni, il rischio indica la probabilità con la quale una determinata sostanza, usata in certe condizioni, produce un effetto tossico. Ad esempio, due sostanze chimiche: una molto tossica ma debolmente volatile, l'altra poco tossica ma assai volatile: la probabilità che un operatore sia esposto per inalazione a concentrazioni tossiche della seconda rispetto alla prima è maggiore; la seconda è quindi più a rischio della prima benché la prima sia più tossica della seconda; importante dunque, quando definiamo le misure di sicurezza, considerare non solo la tossicità intrinseca di una sostanza (cioè la sua capacita di alterare lo stato di salute), ma anche le sue condizioni di utilizzazione (la probabilità vale a dire di venire a contatto con concentrazioni tossiche). La TOSSICOLOGIA INDUSTRIALE è quell'aspetto della tossicologia che studia più particolarmente le sostanze chimiche utilizzate nell'industria o in generale negli ambienti di lavoro mediante l'identificazione, l'analisi del meccanismo d'azione, del metabolismo , delle interazioni delle sostanze chimiche industriali, della diagnostica delle intossicazioni, del trattamento a della prevenzione degli effetti tossici the esse provocano. II suo scopo è essenzialmente quello di prevenire lo sviluppo di lesioni tossiche mediante la ricerca dei limiti tollerabili di esposizione ovvero : la concentrazione nell'aria entro la quale non si verifica alcun effetto tossico e il rilevamento precoce di una esposizione eccessiva ma non ancora lesiva, tale cioè da non aver provocato lesioni irreversibili dosando direttamente la sostanza chimica considerata o i suoi metaboliti nei liquidi biologici (sangue, urine, ecc.), sia rintracciando una alterazione biochimica o fisiologica precoce ancora reversibile. Gli effetti delle sostanze tossiche ovvero l’azione di “ Xenobiotici” sull’uomo si esemplificano con i seguenti eventi clinici rappresentativi dello stato del soggetto ovvero della sua malattia in conseguenza dell’azione tossica: Intossicazione acuta Esposizione di breve durata con rapido assorbimento : dose unica o ripetuta nell'arco di 24 ore. I sintomi dell'intossicazione si manifestano rapidamente. La morte o la guarigione avvengono in poco tempo. Intossicazione subacuta in questo caso, sono necessarie esposizioni frequenti o ripetute entro un periodo di parecchi giorni o settimane prima che si manifestino i sintomi dell'intossicazione. Intossicazione cronica si tratta di esposizioni ripetute in un lungo periodo di tempo (in genere lungo tutta la durata della vita dell'animale di laboratorio). I segni clinici dell'intossicazione si manifestano: sia perché il veleno si accumula nell'organismo, vale a dire che la quantità eliminata e inferiore a quella assorbita. La concentrazione del tossico nell'organismo aumenta progressivamente fino al raggiungimento di una concentrazione sufficiente a scatenare le manifestazioni cliniche. E’ il caso del saturnismo cronico; sia perché gli effetti provocati dalle esposizioni ripetute si sommano senza che il tossico si accumuli nell'organismo. E’ il caso dell'intossicazione cronica da solfuro di carbonio. Tipo d'azione: Locale il tossico agisce unicamente nel punto di contatto: pelle, occhi, tratto digerente, vie respiratorie ecc. Generale o sistemica : l'azione del tossico si manifesta in siti lontani dal punto di contatto iniziale. Classificazione delle sostanze Le sostanze e i preparati sono classificati in base alla normativa di recepimento delle seguenti direttive ed adeguamenti al progresso tecnico: Direttive 67/548/CEE, 88/93/CEE, 78/631/CEE D.Lgs.vo 3 febbraio 1997 n°52: Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose. (G.U. 11/03/97, n°58) Secondo tale decreto sono considerati pericolosi le sostanze ed i preparati: OMISSIS f) molto tossici: le sostanze ed i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in piccolissime quantità, possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche; g) tossici: le sostanze ed i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in piccole quantità, possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche; h) nocivi: le sostanze ed i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche; i) corrosivi: le sostanze ed i preparati che, a contatto con i tessuti vivi, possono esercitare su di essi un’azione distruttiva; l) irritanti: le sostanze ed i preparati non corrosivi, il cui contatto diretto, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria; L’assegnazione delle categorie molto tossiche, tossiche o nocive in base ai valori di DL50 e CL50 viene recepita con il D.P.R. 20 febbraio 1998 n°141 con riferimento ai seguenti parametri: Una ulteriore classificazione e definizione per le sostanze pericolose viene fornita nel D.Lgs 17 agosto 1999 n°334 che nell’art. 2 (ambito di applicazione) definisce quanto segue: “Ai fini del presente decreto si intende per la presenza di “sostanze pericolose” la presenza di queste, reale o prevista, nello stabilimento, ovvero quelle che si reputa possano essere generate, in caso di perdita di controllo di un processo industriale, in quantità uguale o superiore a quelle indicate nell’allegato I del presente decreto. Mentre nell’articolo 3 (definizioni) vengono definite “sostanze pericolose” le sostanze, le miscele o preparati elencati nell’allegato I parte 1, o rispondenti ai criteri fissati nell’allegato I parte 2 Ai criteri di valutazione delle sostanze tossico-nocive bisogna associare una assegnazione della categoria cioè del grado di pericolosità di queste sostanze. Introduciamo ora il concetto di “TOSSICITA’ ACUTA” nella cui denominazione sono compresi quegli effetti che sono o possono essere riconducibili ad una unica esposizione (somministrazione). Gli effetti di questo tipo sono caratterizzati mediante la determinazione della DOSE capace di uccidere la metà degli animali da esperimento, del potere irritante per gli occhi e per la pelle, del potere corrosivo, del potere sensibilizzante. DOSE LETALE (DL50) è la dose singola di una sostanza, valutata statisticamente, che si prevede provochi la morte del 50% nelle cavie trattati dopo 14 gg per via orale o cutanea. CONCENTRAZIONE LETALE MEDIANA (CL50) è la concentrazione di una sostanza in aria, valutata statisticamente, che si prevede provochi la morte, durante l’esposizione o entro un determinato tempo, consecutivo ad una esposizione per via inalatoria, del 50% nelle cavie trattati per un periodo di tempo. Il valore della CL50 viene espresso in termini di peso della sostanza in esame per volume standard di aria (mg/l). ACCUMULO DEL TOSSICO Il tossico può accumularsi nell'organismo, ma la sua azione tossica non compare finchè o non raggiunge un certo limite o viene mobilizzato dai tessuti nei quali si è depositato. Cosi se si espongono dei ratti ad un agente liposolubile in maniera prolungata, questo si accumula nel tessuto adiposo in quantità crescente, dove apparentemente non produce alcuna alterazione metabolica. Se in seguito si costringe l'animale a digiunare, esso mobilizzerà i grassi del tessuto adiposo e libererà, nella circolazione tale sostanza che potrà esercitare i suoi effetti tossici es. sul sistema nervoso centrale. Bisogna dunque distinguere tra esposizione acuta o cronica e effetti acuti o cronici. Es. una sola dose di triortocresilfosfato (TOCP) produce nell'uomo una lesione nervosa irreversibile paralisi periferica . Un'esposizione acuta ha dunque prodotto un effetto cronico . In certi casi, dopo un'esposizione acuta o subacuta, la lesione non compare che dopo un certo periodo di latenza (intervallo di relativo benessere fino alla comprasa dei sintomi clinici) . Così, dopo la somministrazione di alcune dosi di un solvente (dimetilnitrosamina) nel ratto compare una necrosi epatica. La capacità di rigenerazione dell'organo permette una rapida guarigione della lesione epatica. Però, se gli animali sono mantenuti in vita ed osservati, si constaterà che più tardivamente si svilupperanno dei tumori renali . Fattori responsabili di un'azione elettiva del tossico su di un particolare organo Essi possono essere: 1. Il grado di perfusione di un organo (flusso ematico attraverso di esso) che determina una concentrazione eccessiva della sostanza nell'organo; 2. La composizione chimica dell'organo (per esempio il suo tenore in lipidi); 3. La sua localizzazione particolare lungo la via di trasporto del tossici es. i polmoni saranno spesso colpiti se il tossico viene inalato. Il fegato costituirà l'organo bersaglio dei tossici ingeriti, poichè il tossico assorbito attraverso il sistema portale raggiungerà il fegato prima di essere diluito nella circolazione generale; 4. le caratteristiche biochimiche dell'organo colpito, per esempio: mitosi numerose (sistema eritropoietico) ; capacità dell'organo di metabolizzare la sostanza chimica in un derivato ancor più tossico ; bisogni metabolici particolari dell'organo colpito; il cervello, ad esempio, soffre molto rapidamente per la mancanza d'ossigeno. Faffori che influenzano la risposta dell'organismo ad un composto tossico l’intensità della risposta dell'organismo ad un tossico dipende dalla quantità del tossico fissato ai siti d'azione (la quale e la risultante della concentrazione del tossico a livello di questi siti e della sua affinità per gli stessi), dalla sua attività intrinseca, vale a dire dalla natura della interazione tossico - sito d'azione, in certi casi dalla velocità con la quale realizza il legame ai recettori e dal tempo che esso dura. Il numero delle molecole del tossico che raggiungeranno e si fisseranno al recettore sarà determinato da vari fattori: a. Proprietà fisico- chimiche della sostanza, solubilità, tensione di vapore, costante di ionizzazione, reattività chimica, stabilita, dimensioni delle particelle ecc. b. Fattori sperimentali : modalità d'assorbimento, dose, velocità di somministrazione, solvente, composizione... Ad esempio la DL50 dell'anidride arseniosa somministrata al ratto per via sottocutanea può variare da 9 mg/kg a 500 mg/kg, a seconda che sia disciolta in una soluzione di Ringer (soluzione salina fisiologica impiegata per rimpiazzare perdite di liquido dall'organismo contiene 130 mEq di sodio, 4 mEq di potassio e 2,7 mEq di calcio, bilanciati da 109 mEq di cloruro e 28 mEq di lattato ) o che sia somministrata sotto forma di conglomerati cristallini . c. Fattori biologici : assorbimento, distribuzione, metabolismo, escrezione, reattività dei recettori , specie, età, sesso, peso, differenza genetica, precedenti alterazioni dello stato di salute, condizioni metaboliche (riposo, fatica), stato di nutrizione ed idratazione. Così, una condizione di disidratazione aumenta la tossicità delle sostanze idrosolubili (sali solubili di piombo, d'antimonio, metacolina) ma diminuisce la suscettibilità alle sostanze liposolubili (benzene, tricloroetilene, parathion) . La deficienza di vitamina E aumenta la tossicità dell'ozono nel ratto . I mixedematosi (Ipotiroidei cronici) sono piu resistenti all'azione del Warfarin (farmaco anticoagulante) , sembra in seguito ad una ridotta affinità dei recettori per il Warfarin (il cui assorbimento e metabolismo non sono modificati nei mixedematosi) Differenze di sensibilità tra le specie animali sono ben note. Così la scimmia è resistente agli agenti meta - emoglobinizzanti mentre l'uomo è molto sensibile. Questa differenza tra le varie specie può essere dovuta a: 1. La variabilità di sensibilità del recettore; cosi l'acetilcolinesterasi di differenti specie può manifestare una differente sensibilità ad essere inibita dagli esteri organofosforici. 2. Differenze nell'assorbimento, nella distribuzione e nel metabolismo delle sostanze tossiche. Vie di penetrazione nell'organismo a Via orale : esclusi gli effetti locali sul tratto digestivo, la risposta dell'organismo al tossico dipenderà, in gran parte, dal grado di assorbimento della sostanza, il tossico viene assorbito per via digestiva (ad eccezione delle mucose buccale e rettale), per prima cosa raggiunge il fegato che rappresenta il principale organo bersaglio e d'inattivazione dei tossici. L'ingestione di sostanze tossiche ha un ruolo secondario nelle intossicazioni legate all’ambiente più frequentemente si verifica l'assorbimento del tossico per via polmonare o cutanea. Peraltro, una sostanza chimica una volta inalata, può essere secondariamente assorbita, almeno in parte, per via digestiva. Così, le particelle di piombo in sospensione nell'aria possono dapprima essere inalate, e quindi, in seguito ai meccanismi di clearance polmonare, trasportate coi movimenti del muco polmonare e dei macrofagi a livello della laringe e secondariamente ingerite. Una parte di questo piombo ingerito sarà assorbito a livello del tratto digestivo. Per questo, negli ambienti di lavoro dei laboratori è vietato conservare alimenti, mangiare, fumare . Nei casi gravi l’ingestione di acidi o alcali può avere conseguenze gravissime per le gravi lesioni sulle vie digerenti . b. Via iniettiva: E.V(endovenosa) , I.P( Intraperitoneale ), S.C. ( sottocutanea) , I.M. ( Intramuscolare ) . Si tratta di vie di penetrazione sperimentali o terapeutiche , L'iniezione endovenosa EV produce la massima concentrazione del tossico nel sangue al momento dell'iniezione mentre con le altre forme di iniezione il picco della concentrazione ematica si raggiunge più tardivamente ed è generalmente meno elevato. La velocità con la quale si forma il picco della concentrazione ematica può avere un ruolo importante nelle manifestazioni tossiche per cui una somministrazione endovenosa di 10 mg/kg di una sostanza tossica può produrre il medesimo livello di concentrazione ematica della somministrazione orale di 100 mg/kg. Se la DL50 di un tossico somministrato per via orale e vicina alla DL50 per via endovenosa, la sostanza e in genere assorbita rapidamente e completamente per via intestinale. Non necessariamente si verifica l'inverso. Cosi, una sostanza può essere rapidamente assorbita per via intestinale, ma essere completamente inattivata al momento del suo passaggio attraverso il fegato prima di immettersi nella circolazione generale. In questo caso, sarà sicuramente meno tossica per via orale che per via endovenosa. Viceversa, si può comprendere, benché si verifichi raramente, una situazione nella quale una sostanza sarà piu tossica per via digestiva che endovenosa, se ad opera del fegato o della flora intestinale viene trasformata in una sostanza più tossica o se le condizioni del tubo digerente permettono la sintesi di composti particolarmente tossici (per esempio la sintesi di cicloesilamina a partire dal ciclamato, o la formazione di nitrosamina a partire dai nitriti e dalle amine secondarie) che non verrebbero formati se le stesse sostanze fossero somministrate per via parenterale. Una tale situazione è eccezionale e molto spesso se una sostanza non è molto tossica se somministrata per via endonevosa, la sua tossicità acuta è molto debole in qualunque altra forma di somministrazione. In tossicologia sperimentale e molto utile la via di somministrazione intraperitoneale. Una sostanza somministrata per questa via è generalmente assorbita dalla circolazione portale e deve passare per il fegato prima d'arrivare ad altri organi. Somministrando una sostanza per via intraperitoneale, noi non facciamo altro che escludere la barriera gastro-intestinale. c. Inalazione - Via respiratoria Questa è la principale porta d'entrata dei tossici nell'organismo nell'ambiente industriale (aereosol, gas, fumi, vapori). Il polmone offre una vastissima superficie d'assorbimento (2 volte la superficie di un campo da tennis); i capillari polmonari sono in contatto pressochè diretto con l'aria esterna. L'esposizione dell'organismo dipende dalla concentrazione (C) del tossico nell'aria ambientale ed inoltre dal tempo d'esposizione (T), ragion per cui, quando menzioniamo una CL50 (50% della concentrazione letale), bisogna anche precisare la durata d'esposizione. Si è constatato (legge di Haber) che, entro certi limiti, il prodotto CxT, per una determinata risposta, e una costante (K). Se l'esposizione ad una concentrazione di 25 ppm della sostanza per 10 ore produce una mortalità del 50%, un'esposizione di 36 ppm per 7 ore dovrà provocare lo stesso effetto. Questo concetto e in realtà applicabile in casi limitati e valido soltanto per le esposizioni acute. Nel caso di penetrazione di un tossico per via polmonare, il grado di esposizione può essere determinato assai facilmente. Al contrario, la quantità di tossico assorbita dall'organismo è molto spesso indeterminabile. Questa quantità, in effetti, dipenderà non solo dalla concentrazione del tossico nell'aria e dalla durata dell'esposizione, ma anche da una moltitudine di altri fattori, quali: --i parametri respiratori (frequenza, volume respiratorio) --la solubilità della sostanza che determinerà se è assorbita dalle vie respiratorie superiori o inferiori --la solubilità del gas nel sangue --la perfusione polmonare --il diametro delle particelle se si tratta di un aereosol; le dimensioni delle particelle determinano il sito in cui si depositano e di conseguenza, i meccanismi di clearance che entrano in gioco. --la combinazione gas-aereosol. Numerosi tossici (solventi) dotati di scarsissima tossicità orale sono generalmente molto dannosi nel caso di una ingestione accidentale; in questo caso infatti sono assai facilmente aspirati nei polmoni causando una polmonite chimica. Il kerosene, per esempio, ha una DL50 per via orale di 3040 ml per kg nel ratto e al tempo stesso l'aspirazione nei polmoni di qualche goccia provoca una polmonite chimica fulmineamente mortale. In certi casi, l'inalazione di un composto chimico può secondariamente favorire le infezioni polmonari (danneggiando la quantità o la qualità delle secrezioni fisiologiche delle vie respiratorie). Va inoltre segnalato che le sostanze assorbite per via polmonare raggiungono direttamente i vari organi (cervello, rene) senza passare dal filtro epatico contrariamente a quanto fanno le sostanze ingerite. Per inalazione gli agenti chimici possono penetrare sotto forma di gas, fumi, vapori, aerosol, polveri;gli effetti possono essere imediati (irritazione delle vie respiratorie, broncospasmo ecc.), in conseguenza del meccanismo di azione dell’agente chimico in questione, ma anche ritardati per sensibilizzazione allergica o cronici per alterazione permanente della mucosa bronchiale, o interessare altri organi che in questo caso si definiscono “bersaglio” es. fegato o rene o SN (epatopatie tossiche, tubulonecrosi, encefalopatie neuropatie tossiche). d.Via Cutanea Il tossico può avere un effetto locale (irritazione, necrosi, eczema...) o generale. I fattori che determinano l'assorbimento cutaneo sono: 1. Le proprietà fisico-chimiche della sostanza utilizzata: --certe sostanze penetrano attraverso le ghiandole sebacee, mentre altre penetrano direttamente attraverso le cellule dell'epidermide. --Solubilità nell'acqua e nei lipidi. --Peso molecolare. --Ionizzazione. 2. Il solvente utilizzato: cosi il dimetilsulfossido e la dimetilformamide possono accelerare l'assorbimento percutaneo di diverse sostanze disciolte in questi solventi. 3. La concentrazione della sostanza. 4. L'integrità dei tegumenti. 5. La temperatura. 6. Il grado d'idratazione della pelle e il suo pH. 7. Lo stato della cute (abbondanza di follicoli piliferi, spessore dello strato corneo e dello strato lipidico sottocutaneo) Si ritiene anche che l'assorbimento cutaneo possano provocare una reazione allergica : esempi di sostanze sensibilizzanti: p-fenilendiamina, dinitroclorobenzene, toluendiisocianato, alcuni metalli (nichel, mercurio, cromo esavalente). Certe sostanze sono assorbite molto rapidamente dalla pelle: anilina, esteri organofosforici. Circa il contatto cutaneo si rammenta che lo stesso è in funzione sia del tipo di agente chimico, sia delle caratteristiche del contatto, sia delle caratteristiche dell’operatore.Infatti l’azione di agenti caustici, acidi e/ o irritanti in genere può determinare effetti immediati come bruciore, eritema e/o indebolimento dello strato cutaneo; effetti ritardati a seguito della sensibilizzazione del soggetto interessato con l’agente chimico (dermatiti da contatto); effetti cronici per alterazione permanente degli strati cutanei; c. Via oculare Prevale l'azione locale del tossico anzichè le eventuali manifestazioni di ordine generale. Il problema dei cancerogeni in quanto per gli stessi bisogna ricordarsi che le dosi possono essere molto piccole, il numero degli agenti chimici cancerogeni o sospetti tali è in notevole aumento, possono agire con un meccanismo “iniziatore” della neoplasia o “ promotore” della stessa, con il risultato di attivazione delle azioni geniche che originano la stessa neoplasia. Nel compito di individuazione valutazione e classificazione dei cancerogeni sono impegnati enti internazionali come l’International Agency for Research on Cancer (IARC), quest’ultima definisce categorie di cancerogenesi basate sullo studio di pubblicazioni scientifiche mirate a tal fine: Gruppo 1 Cancerogeni per l’uomo Gruppo 2 A - Probabili cancerogeni per l’uomo Gruppo 2 B - Sospetti Cancerogeni per l’uomo Gruppo 3 - Agenti non classificati per la cancerogenicità per l’uomo Gruppo 4 - Agenti che probabilmente non sono cancerogeni per l’uomo La CEE con la direttiva 91/325 ha adottato una distinzione in tre categorie : Categoria 1 : sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo. Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale fra l’esposizione dell’uomo ad una sostanza e lo sviluppo di tumori Categoria 2 : sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo. Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di tumori, in generale sulla base di : - adeguati studi a lungo termine effettuati su animali - altre informazioni specifiche Categoria 3 : sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sull’uomo per le quali tuttavia le informazioni disponibili sono sufficienti per procedere ad una valutazione sufficiente. Esistono alcune prove ottenute da adeguati studi sugli animali che non bastano tuttavia per classificare la sostanza nella categoria 2. In Italia vi è la Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale (CCTN) che individua a sua volta 5 categorie di cui la prima parla di sufficiente evidenza di cancerogenicità e la seconda di elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo a determinate sostanze possa provocare lo sviluppo di tumori. Con criteri analoghi più o meno classificano anche i cancerogeni l’ US NTP (National Toxicology Program operante negli USA) e l’US EPA( Environmental Protection Agency). Per gli standard negli ambienti di lavoro più o meno tutti fanno riferimento all’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) ; i limiti vengono definiti come : TLV - TWA (Threshold Limit Value - Time Weight Average) corrispondente alla media ponderata nelle otto ore per una settimana lavorativa di 5 gg e 40 ore totali ; Valore limite di soglia. Concentrazione di una sostanza aerodispersa al di sotto della quale si ritiene che la maggior parte dei lavoratori possa rimanere esposta ripetutamente giorno per giorno senza effetti negativi per la salute. SONO PERTANTO VALORI LIMITE DI SOGLIA E CONCENTRAZIONE MASSIME ACCETTABILI – SONO RACCOMANDAZIONI indicate annualmente dall’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) e sono raccomandati anche dall’AIDII (Associazione Italiana degli Igienisti Industriale per l’igiene industriale e per l’ambiente). I TLV si suddividono in TLV-TWA, TLV-STEL e TLV-C. Questi limiti non costituiscono una linea di demarcazione netta fra concentrazione non pericolosa e pericolosa, né un indice relativo di tossicità, ma servono come orientamento per la prevenzione dei rischi per la salute negli ambienti di lavoro. TLV – TWA (Time Weighted Average): Per i composti aerodispersi rappresenta la concentrazione mediata nel tempo per una normale giornata lavorativa di otto ore ed una settimana lavorativa di 40 ore, per una vita lavorativa (40 anni), alla quale tutti i lavoratori possono essere esposti ripetutamente, giorno dopo giorno, senza effetti avversi. TLV –STEL (Short Term Exposure Limit): limiti che non devono essere raggiunti come media per più di 15 minuti per un massimo di quattro volte per turno lavorativo indicati per alcune sostanze che presentano rischi di irritazione, di effetti irreversibili o che provocano narcosi. Per i composti aerodispersi rappresenta la concentrazione alla quale i lavoratori possono essere esposti con continuità per un breve periodo di tempo senza soffrire di irritazione, danni tissutali cronici od irreversibili, narcosi di grado sufficiente ad incrementare il rischio di infortuni, impedire l’autosoccorso o ridurre l’efficienza lavorativa. Non è un limite di esposizione indipendente e separato, bensì affianca ed integra il TWA quando si sono riscontrati effetti acuti da parte di una sostanza per la quale gli effetti tossici sono primariamente di natura cronica. I valori STEL sono raccomandati solo ove gli effetti tossici sono risultati da un alta esposizione per breve termini in uomini od animali, valore STEL è definito come un valore mediato in un tempo di 15 minuti che non deve mai essere superato durante la giornata lavorativa, esposizioni tra il TWA e lo STEL non dovrebbero essere più lunghe di 15 minuti e non dovrebbero avvenire più di quattro volte al giorno, con intervalli non inferiori a 60 minuti. TLV - Ceiling (TLV-C) concentrazione che non dovrebbe essere superata nemmeno per un istante. La possibilità di assorbimento cutaneo viene indicata con la notazione Skin (S). Nella pratica dell’igiene industriale se la misurazione ad ogni istante non è fattibile, il TLV – C può essere accertato campionando ogni 15 minuti, tranne che per quelle sostanze che possono causare irritazione immediata con brevi esposizioni. Per alcune sostanze, ad esempio gas irritanti, solo il TLV – C può essere rilevante. Per altre sostanze possono essere rilevanti una o due categorie, dipendemente dalla loro azione fisiologica. È importane osservare che se uno di questi limiti di soglia viene superato si presume che esista un potenziale pericolo da queste sostanze. I valori dei TLV possono essere tratti dal manuale “Threshold Limit Value” dell’ACGIH. Tali limiti sono definiti da organizzazioni come l’OSHA (US Occupational Safety and Health Administration), il NIOSH (US National Institute for Occupational Safety and Health, l’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) o altri enti simili ed in caso di disaccordo conviene scegliere i più cautelativi. Nella pratica disponendo delle schede di sicurezza a norma CEE è necessario ricercare le frasi di rischio che per il problema della cancerogenicità sono indicate in R45 (può provocare il cancro) ed R 49 ( può provocare il cancro per inalazione). Le indicazioni contenute sono applicabili anche ai laboratori che eseguono attività lavorative analoghe come ad esempio uso di prodotti chimici di provenienza commerciale di cui deve essere sempre nota la composizione effettiva (es. laboratori fisici, chimico-fisici , biologici , archeologici, fotografici, restauro). Le espressioni delle concentrazioni in volume e in peso sono tra loro legate da una semplice formula che permette con rapidità il passaggio dall’una all’altra forma: mg/m3 = (ppm x M)/24,450 dove: mg/m3 = espressione della concentrazione in peso; ppm = espressione della concentrazione in volume; M = peso molecolare della sostanza; 24,450 = volume occupato da una grammomole di gas a 25° e 760 mm di Hg. Indici di riferimento Al fine di stabilire se le concentrazioni rilevate negli ambienti di lavoro rispettino le condizioni di salubrità dello stesso o, nel caso di sostanze chimiche non convenzionali, per stabilire se nelle zone soggette ad un attacco terroristico, sussistano le condizioni di sopravvivenza per le persone, occorre effettuare una verifica con degli indici di riferimento che rappresentano i livelli di esposizione accettabili da parte dei soggetti esposti. Un primo importante parametro è l’IDLH (“Immediately Dangerous to Life and Health”: fonte NIOSH/OSHA): IMMEDIATAMENTE PERICOLOSO ALLA VITA e/o ALLA SALUTE: concentrazione di sostanza tossica fino alla quale l’individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti non subisce per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali da impedire l’esecuzione delle appropriate azioni protettive. In realtà tale parametro è stato sviluppato dal NIOSH per la selezione dei dispositivi respiratori e corrisponde alla massima concentrazione in aria di una sostanza (ppm e/o mg/m3) in presenza del quale un lavoratore sano ha un tempo massimo di 30’ per fuggire. Per sostanze che non hanno un valore di IDLH si può considerare il LOC = LEVEL OF CONCERN : LIVELLO DI GUARDIA = Concentrazione in aria di una sostanza pericolosa in presenza dalla quale un generico individuo disponga di un tempo massimo di 30 minuti, senza che si producano effetti gravi e irreversibili per la salute o il decesso. Il LOC ha un valore pari a 1/10 di quello dell’IDLH ed è il corrispettivo di questo parametro per la popolazione generale. Il LOC (“Chemical Process Quantitative Risk Analysis”) può essere ricavato dai seguenti limiti di dose e/o concentrazione ricavati da prove effettuate in laboratorio su cavie: LOC = 0,1 x LC50 LOC = LCL0 LOC = 0,01 x LD50 LOC = 0,1 x LDL0 È possibile effettuare il calcolo di LC50 (umano) utilizzando un fattore di estrapolazione fd (30minutes) LC50 (umano) = fd x 30 minuti LC50 (animale). [“Green Book del TNO”]. Il fattore fd è differente per ogni animale e/o cavia da laboratorio ed è pari a: animale/cavia Ratto Mouse Cavia Criceto fd 0,25 0,5 0,2 0,3 Calcolo dell’IDLH Si può inoltre stimare un valore di IDLH per l’uomo dai valori del LOC (animale) secondo la seguente formula: (“Chemical Process Quantitative Risk Analysis”) ESTIMATED IDLH (mg/m3) = (LOC x 70 Kg) 0,4 m3 dove: 70 Kg è il peso medio di un adulto 0,4 m3 è il volume inalato da un adulto in 30’. Esempio di come si può e si deve procedere es. utilizzando Internet per conoscere la tossicità di un prodotto. In primis vedere la formula di struttura, se vediamo questa possiamo identificare i Siti attivi, ovvero quelli responsabili dell’azione tossica Acrilammide Caratteristiche generali Formula bruta molecolare o CH2CHCONH2 Massa molecolare (u) 71,08 g/mol Aspetto solido incolore Numero CAS 79-06-1 Proprietà chimico-fisiche Densità liq (g/cm3, in 1,127 (25 °C) c.s.) Solubilità in acqua 2040 g/l (25 °C) Temperatura di fusione 357 (84°C) (K) Temperatura ebollizione (K) di 398 (125°C) (33,3 hPa) Indicazioni di sicurezza Simboli di rischio chimico L' acrilammide è l'ammide dell'acido acrilico e dell'ammoniaca. Da Wikipedia A temperatura ambiente si presenta come un solido incolore inodore. È un composto cancerogeno, mutageno, tossico. La poliacrilammide è un derivato polimerico che sotto forma di gel trova applicazione come supporto frasi R: R 45-46-E24/25-E48/23/24/25 frasi S: S 53-45 nell'ambito dell'elettroforesi e della cromatografia. reazione di acrilonitrile e acido solforico e da essa si prepara la poliacrilammide utilizzata come agente flocculante nei processi di flottazione. 2-propenamide; Aam; Acrilamide; Acrilamide monomero; Acrilic ammide; Acrylagel; Acrylamide monomer; Acrylamide; Acrylamine; Acrylic acid amide; Acrylic amide; Ammide acrilica; Amresco acryl-40; Ethylenecarboxamide; Etilenecarbossiammide; Optimum; Propenamide; Propeneamide; Propenoic acid amide; Propenoic acidamide; Propenoic acidemide; Rcra waste number u007; Un 2074; Vinyl amide Acrilammide, patate fritte e patatine sotto accusa Asparagina Caratteristiche generali Formula bruta molecolare o C4H8N2O3 Massa molecolare (u) 132,12 Aspetto solido cristallino bianco (monoidrato) Numero CAS 5794-13-8 Nome IUPAC Proprietà chimico-fisiche Asparagina Costante di pK1: dissociazione acida a pK2: 8,72 293 K Punto isoelettrico 5,41 Solubilità in acqua 22 g/l a 293 K Temperatura fusione (K) di 488 (215°C) decomposizione 2,14 con Proprietà termochimiche 4-ammide 2(S)-ammino-1,40 -1 dell'acido -789,4 fH (kJ·mol ) butandioico Indicazioni di sicurezza Abbreviazioni N ASN Nomi alternativi frasi R: R L-asparagina frasi S: S -acido L-2-amminosuccinamico -- L’acrilammide Progetto composti è una sostanza che si forma naturalmente negli alimenti a seguito di processi di cottura ad alta temperatura (es. cottura al forno, griglia o frittura). L’acrilammide provoca il cancro negli animali e secondo gli esperti è molto probabile che lo induca anche nell’uomo. Sebbene l’acrilammide sia probabilmente parte della dieta fin da quando l’uomo ha cominciato a cuocere i cibi, gli esperti a livello mondiale hanno raccomandato una riduzione del suo tenore negli alimenti, dati i timori che questa sostanza suscita sotto il profilo della sicurezza. Si è riscontrata la presenza di acrilammide in una vasta gamma di alimenti, tra quelli preparati a livello industriale. Tale sostanza è stata rilevata in particolare nelle patate fritte e nelle patatine tipo chips. Modalità di formazione • • • L’acrilammide si forma da una reazione tra l’asparagina e degli zuccheri riducenti (entrambi presenti naturalmente nelle patate ... quindi sostanze naturali non tossiche che lo diventano!). L’acrilammide si forma a temperature superiori a 120 °C. La quantità di acrilammide che si forma dipende: o dalla temperatura; o dal tempo di cottura; o dalla quantità di asparagina e zuccheri riducenti nelle patate. Altri cibi industriali con una rilevante quantità di acrilammide sono: • • • • • • • • • cornflakes müsli pane wafer torte cioccolato lavorato pop corn crackers e naturalmente patatine fritte e chips sopra tutti ORGANI BERSAGLIO Le principali vie di assorbimento sembrano essere quella dermica e quella per inalazione. Nell'esposizione umana attraverso queste vie si sono registrati danni al sistema nervoso centrale e periferico. Due studi di mortalità condotti tra lavoratori esposti ad acrilammide non hanno dato risultati significativi. Nel topo, in seguito a somministrazione orale, si è registrato un aumento nell'incidenza di papilloma delle cellule squamose e di carcinoma della pelle. UTILIZZO Monomero(usato soprattutto per la produzione di poliacrilammidi), additivo per intonaci, addensante per lattice, stabilizzante per inchiostri, agente gelificante per esplosivi, gel per elettroforesi. I polimeri sono usati come: flocculanti nelle acque civili e industriali, trattamento lavaggio petrolio, agglomerante e additivo per carta e pasta di legno, flocculante e chiarificante acque di scarico dei processi dell'industria mineraria ed estrattiva, agente ritardante della disidratazione del cemento, nella preparazione dei cosmetici, stabilizzante del suolo, disperdente delle vernici, agente per il trattamento delle fibre tessili, chiarificante delle soluzioni nell'industria alimentare, additivo nei processi di formatura delle anime di fonderia. TIPOLOGIE DI AZIENDA Agricoltura. Costruzione e demolizione di edifici. Finissaggio di fibre, filati, tessuti e articoli confezionati. Impianti di potabilizzazione, sterilizzazione e disinquinamento dell’acqua. Industria dei prodotti chimici inorganici ed organici. Industria dei prodotti tossici e corrosivi. Industria petrolchimica. Laboratori di analisi. Lavorazione completa di fibre tessili. Lavorazione e trasformazione delle resine sintetiche e dei materiali polimerici termoplastici e termoindurenti. Miniere di minerali metalliferi e non metalliferi. Produzione di alimenti. Produzione di congegni esplosivi (cartucce, proiettili, bombe, ecc.). Produzione di esplosivi da scoppio e da lancio; propellenti. Produzione di essenze e profumi senza distillazione. Produzione di fibre tessili artificiali e sintetiche. Produzione di inchiostri, gomma arabica, colle, prodotti per tipografie. Produzione di leganti minerali, di argille espanse, di vermiculiti e perliti. Produzione di liquori. Produzione di olio di oliva. Produzione di paste per carte e cartoni. Produzione di polimeri sintetici ed artificiali. Produzione di vini. Rifusione, getto, finitura di manufatti in ghisa o acciaio. Trattamento e lavorazione delle materie prime e produzione della ghisa, dell’acciaio e prime lavorazioni. Trattamento e lavorazione delle materie prime per la produzione di metalli e loro leghe. NOTE Il 20% della produzione mondiale è utilizzato dall'industria della carta. La CEE associa alla classificazione di cancerogenicità le seguenti note: NOTA D: Talune sostanze che tendono spontaneamente alla polimerizzazione o decomposizione si riscontrano generalmente sul mercato sotto forma stabilizzata. È appunto sotto questa forma che sono elencate nell'allegato I della presente direttiva. Tuttavia, tali sostanze sono a volte immesse in commercio sotto forma non stabilizzata. In questo caso, il fabbricante o qualsiasi altra persona che le immette in commercio deve specificare sull'etichetta il nome della sostanza seguito dalla dicitura "non stabilizzata". Esempio: acido metacrilico (non stabilizzato). NOTA E: Alle sostanze aventi effetti specifici sulla salute delle persone (cfr. capitolo 4 dell'allegato VI), classificate come cancerogene, mutagene e/o tossiche per il ciclo riproduttivo, appartenenti alle categorie 1 o 2, viene attribuita la nota E se sono classificate anche come altamente tossiche (T+), tossiche (T), o nocive (Xn). Per dette sostanze, le fasi di rischio R 20, R 21, R 22, R 23, R 24, R 25, R 26, R 27, R 28, R 39, R 40, R 48 e R 65 e tutte le combinazioni di questi frasi di rischio devono essere precedute dalla parola "anche". Esempi: R 45-23 " Può causare il cancro. Anche tossico per inalazione" R 46-27/28 "Può causare danni genetici ereditari. Anche altamente tossico a contatto con la pelle e per ingestione" Valori Limite di Soglia (ACGIH) Cute, A3, frazione inalabile, vapori e aerosol, TWA 0,03 mg/m³, ssnc Valori Limite di Soglia (altri enti) TWA 0,03 mg/m³ (OSHA); 10-h TWA 0,03 mg/m³ cute (NIOSH) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Monografie IARC 60 (1994) (p. 389). HSDB (Hazardous Substances Data Bank). American Conference of Governmental Industrial Hygienists. Threshold Limit Values and Biological Exposure Indices. Cincinnati, OH 2007. Altro esempio Melamina Melammina Nome IUPAC 2,4,6-triammino-1,3,5-triazina Nomi alternativi Cianurammide Caratteristiche generali Formula bruta molecolare o C3H6N6 Massa molecolare (u) 126,12 Aspetto solido bianco Caratteristiche e preparazione a temperatura cristallino ambiente è un solido bianco cristallino quasi Numero CAS 108-78-1 insolubile in acqua; il punto di fusione è a 354°C. Proprietà chimico-fisiche Si può ottenere dalla calcio cianammide (CaNCN), Solubilità in acqua Insolubile passando attraverso la cianammide CNNH2 e la Temperatura di fusione dicianammide HN=C(NH2)NHCN. 627 (354°C) (K) Attualmente viene prodotta industrialmente Indicazioni di sicurezza dall'urea con due metodi: catalisi in fase gassosa o Flash point (K) 573 (300°C) riscaldandola (350-400°C) in eccesso di ammoniaca alla pressione di 50-100 atm in fase Melammina liquida. 6 CO(NH2)2 C3H6N6 + 3 CO2 + 6 NH3 La melammina è insieme alla formaldeide la materia prima per la preparazione delle resine melamminiche. Il composto, in virtù della presenza del gruppo NH2 nella molecola, può falsare alcuni metodi di determinazione analitiche della concentrazione di proteine, anch'esse, in quanto formate da polimeri aminoacidici, dotate del gruppo funzionale, negli alimenti. Per simulare in modo criminale una maggiore presenza proteica, si sono verificati gravissimi casi di intossicazione alimentare dovute a sofisticazione con questo composto. Il fatto è avvenuto prima nel 2005 in tutto il nord america con fatti di evidenza veterinaria e morte di animali da compagnia, e a seguire per quanto noto, dal 2008 in Cina con sofisticazione di latte, in polvere e non, di largo uso pediatrico. Il fatto ha causato numerose morti e intossicazioni, principalmente di bambini e con danni in primo luogo a carico renale Simboli di rischio chimico frasi R: frasi S: S 36/37 R 43 Progetto composti Alla luce di quanto sopra, la FDA ha inteso diramare uno stato d’allerta sulle seguenti fonti proteiche: Glutine di riso, frumento, soia e mais, farina di glutine di mais, proteine di riso e concentrao di proteine di riso, sottoprodotti del mais, proteine (inclusi aminoacidi e idrolisati proteici) , proteine da fagioli. Inoltre, ha inteso avvisare i Centres of Disease Control and Prevention (CDC), per verificare se si stia registrando una maggiore incidenza di patologie renali nella popolazione umana, quale possibile conseguenza dell’esposizione alimentare a melamina e prodotti analoghi.. Tossicità: Poco è dato a conoscere sulla tossicità della melamina nell’uomo, d’altra parte non sono stati fino a ora riportati casi di intossicazione acuta, imputabili direttamente a tale sostanza. Non ci sono dati tossicologici per l’uomo e il gatto. Nel ratto il più basso NOAEL riportato è di 63 mg/kg peso vivo/ giorno, per un periodo di esposizione di 13 settimane, con esposizione orale tramite il mangime. Tale dato di tossicità sub-cronica è stato preso come Punto di Partenza (POD) dalla FDA per una preliminare valutazione del rischio di esposizione alimentare nell’uomo. Gli end points tossicologici sono: ridotto consumo di cibo e conseguente perdita di peso, calcoli in vescica, cristalluria e iperplasia dell’epitelio vescicale, ridotta percentuale di sopravvivenza. Nel cane esiste un solo studio di tossicità cronica, ( 1200 mg/ kg per un anno, per via orale). A parte la presenza di cristalli urinari, non si sono notati effetti tossici. Esposizioni continue per 2 anni a 4500 ppm o 263 mg/kg peso vivo/ giorno ) so state correlate con la maggiore incidenza di calcoli e di tumori nella vescica. Nel ratto, dove viene assorbita ed escreta senza metabolizzazione estensiva, si riporta una DL50 > di 3.000 g /kg, per assunzione orale. Può essere irritante sulle mucose oculari e sulla pelle. Nei conigli, la DL50 per esposizione cutanea risulta > di 1000 mg/ kg. Nel topo e nel ratto, la melamina è risultata avere una DL50 di 6.0 g/kg , per somministrazioni gastriche mediante gavaggio, e di 4,3 g/kg se inalata. Tuttavia, in combinazione con l’acido cianidrico, utilizzato quale ritardante di fiamma nella produzione di resine melamminiche, la sua tossicità si abbassa a 4,1 mg /kg (DL50gastrica) e 3,5 mg/ kg (DL50 per inalazione), contro le rispettive DL50 di 7.7 and 3.4 g/kg per l’acido cianurico. In pecore di razza merino, alimentate con melamina in ragione di 100 g /capo/ in singola somministrazione, si sono osservati livelli ematici di urea aumentati per 11 giorni, calo completo dell’appetito e anuria al 10°giorno. L’esame anatomo-patologico ha rilevato la completa ostruzione dei tubuli con cristalli bianchi. Dosi giornaliere di 25 g e 50 g /capo, hanno determinato la morte di soggetti dopo 9 e 7 giorni di esposizione, con lesioni renali e abomasali, cistite emorragica e infiammazione dell’intestino cieco. A dosi di 10 g, due pecore su tre sono morte entro 31 giorni, con cristalli renali ed edema polmonare. I cristalli, esaminati spettroscopicamente, in ambiente acido, hanno rilevato un massimo di assorbanza a 235 nm, corrispondente a quello della melamina.. Non sono stati osservati danni epatici o ridotta motilità dei prestomaci. Per la tossicità cronica, è stato dimostrato che esposizioni prolungate a melanina possono causare disturbi alla sfera riproduttiva, calcoli renali, e patologie alla vescica, che possono esitare in tumori. Cani alimentati con diete contenenti il 3% di melanina, per un anno, hanno manifestato poliuria, con un ridotto peso specifico delle urine e presenza di cristalli di melanina, proteinuria e sangue occulto. Per quanto riguarda la valutazione di esposizione nell’uomo, la FDA ritiene che sia improbabile che l’uomo possa venire in contatto con livelli di contaminazione quali quelli rilevati nei mangimi. Lo scenario più conservativo ipotizzato assume la presenza di residui di melamina e acido cianurico a livello di 100 ppb in tutti gli alimenti solidi consumati da una persona di 60 kg nell’arco di un giorno (circa 1500 g). pari a 2,5 µg/ kg peso vivo / giorno. Considerando il POD di 63 mg/kg/ peso vivo nel ratto e scegliendo un fattore di sicurezza di 100, che tiene conto delle possibili variabili interspecifiche, la dose tollerabile quotidiana (TDI) risulterebbe essere 630 µg/ kg peso vivo / giorno, circa 250 volte inferiore al TDI Tuttavia, rimane aperto il problema della tossicità determinata dalle possibili interazioni in vivo tra melamina, composti analoghi ed eventuali contaminanti di processo e acido cianurico (effetti additivi e sinergici). Tale punto costituisce la più importante criticità nella valutazione tossicologica , in quanto esiste l’evidenza che la melamina presente nei mangimi contaminati in realtà sia stata ottenuta per recupero dalle acque di processo. Infatti, dal processo di produzione della melamina si origina un acqua di scarico ad alto potere inquinante, per cui si procede ad una concentrazione dei residui solidi, che sono costituiti da circa 70% melamina, 23% da composti analoghi ( le ossitriazine ammelina, ammelide e acido cianurico). La composizione di tali residui solidi può variare in base alla tecnologia utilizzata nel processo di produzione. Esiste inoltre l’aspetto derivante dalla possibile interazione della melamina con altri costituenti della razione alimentare. Sono documentate lei interazioni tra melamina e acido cianurico e formaldeide; questi ultimi negli USA possono essere ancora utilizzati in alcuni casi come additivi zootecnici. Tale interazione comporterebbe una minore solubilità della melamina e favorirebbe la precipitazione di cristalli. Significato delle visite mediche Le visite mediche vengono effettuate ai sensi della normativa vigente art. 16 e 17 del dl 626/94 Le stesse possono esser e completate dai seguenti accessori: Esami di laboratorio: sono finalizzati all’accertamento del condizioni generali di salute sia da un punto ematologico ( emocromo) che della funzione epatica (transaminasi) e renale ( azotemia ed esame urine); eventuali alterazioni non sono compatibili con un normale stato general; i markers relativi alle malattie infettive come le epatiti e lo studio della situazione immunologica (es. test della tubercolina ) possono essere utili per evidenziare stati di immunodeficienza o di particolare suscettibilità a reinfezioni da parte di agenti biologici. Eventuali esami relativi ad agenti chimici in sangue ed urine evidenziano l’eventuale presenza di agenti utilizzati nell’attività lavorativa in grado di essere assorbiti all’interno dell’organismo ed evidenziabili in sangue urine, aria espirata. Spirometria: esame necessario al fine di valutare la capacità di ventilazione del soggetto, la cui integrità è utile per la sua capacità agli sforzi fisici ed all’eventuale rischio da irritanti respiratori che nei soggetti che presentano un deficit è controindicato; la stessa si basa sulla valutazione dei volumi e dei flussi , questi ultimi danno informazioni sullo stato dei bronchi più profondi, dove possono residuare condizioni di ostruzione a seguito di effetti di polveri ed agenti chimici; Audiometria: esame necessario per valutare la funzione auditiva , gli impulsi sonori inviati all’orecchio sono costituiti da frequenze standard 250 , 500, 1000, 2000, 4000, 6000, 8000 Hz, le più basse si riferiscono ai toni bassi, le più alte ai toni alti, mentre importanti sono le frequenze 500, 1000, 2000 in quanto il deficit in tale intervallo comporta il danno della soglia uditiva per le frequenze sociali ( voce di conversazione ) Altri accertamenti come ECG ( registrazione del ritmo cardiaco) e la radiografia del torace ( uso dei raggi X per esplorareo l’interno del torace e quindi i polmoni ed il cuore) possono essere utili per un completamento del quadro clinico.Approfondimenti con TAC RMN ecocardiografia implicano un coinvolgimento del medico curante e del SSN nei casi di sospetto di malattia. La visita si conclude con un giudizio di idoneità che può essere incondizionato: ovvero il lavoratore può svolgere tutte le attività lavorative in questione, oppure condizionato: ovvero al lavoratore sono precluse alcune operazioni lavorative : es. evitare carichi del rachide o lavori con emocontaminati , polveri ed irritanti. La non idoneità è invece un provvedimento molto grave in quanto il lavoratore non può svolgere la sua attività per motivi di salute. Avverso il giudizio di idoneità può essere fatto ricorso all’ASL –Spesal competente entro 30 gg. Epidemiologia descrittiva:descrive eventi sanitari come malattie, cause di morte e la presenza di fattori di rischio come ad esempio il fumo di tabacco. È questa la branca che utilizza gli strumenti statistici detti misure di frequenza (come i tassi di incidenza o di prevalenza, rapporti) e informazioni di tipo demografico. Epidemiologia analitica: cerca relazioni/associazioni causa-effetto tra fattori di rischio e malattie es.tra il fattore di rischio "fumo di sigaretta" e patologie come cancro al polmone, enfisema, etc. 1. gli studi di coorte 2. gli studi caso-controllo 3. gli studi trasversali. Studi trasversali [modifica] Gli studi trasversali (o di prevalenza) sono studi che si basano sull'osservazione di un fenomeno o di un evento clinico in un determinato periodo di tempo. Negli studi di questo tipo non si fa altro che prendere dei campioni di popolazione e rilevare la prevalenza di una determinata malattia, questi studi offrono risultati immediati e sono economicamente poco rilevanti in quanto non richiedono l'impiego di mezzi, tempo e personale per lunghi periodi, però non consentono di calcolare misure d'incidenza né tantomeno consentono di associare con sicurezza un fattore di rischio. Altri studi valutano l'efficacia degli interventi sanitari adottati in seguito a indagini epidemiologiche. Studi di epidemiologia sperimentale possono essere sia di tipo preventivo (ad esempio la valutazione dell'effettiva riuscita di campagne di sensibilizzazione) che terapeutico (ad esempio sperimentazioni sui farmaci e tecniche operatorie). Gli studi in epidemiologia sperimentale si possono effettuare a singolo cieco, a doppio cieco o a triplo cieco. A seconda che 1) solo i volontari non sappiano di stare nel gruppo dei controlli o degli sperimentali, 2) anche il ricercatore non sa chi appartenga ad un gruppo e chi ad un altro (lo sa solo il supervisore), 3) ci si affidi ad un ricercatore esterno. Negli studi caso controllo e di coorte Il quesito è : «forse l'esposizione al fattore x è un determinante della malattia y»; entrambi questi studi si esemplificano nella tabella a doppia entrata,usata per verificare se la distribuzione di una variabile dipende in maniera condizionata (o contingente) dall'altra variabile semplicemente le due variabili tabulate sono rappresentate dalla "esposizione" e dalla "malattia". La tabella di contingenza ha il seguente aspetto: Studi retrospettivi (o studi caso-controllo) Negli studi retrospettivi, lo sperimentatore inizia raccogliendo i cosiddetti «casi», ossia gli individui che presentano la malattia in studio. Nella tabella i casi sono rappresentati dal totale degli individui (a+c). Viene anche scelto un adatto gruppo di paragone (o di controllo) che comprenderà individui sani (b+d). A questo punto, attraverso una accurata anamnesi su tutti i soggetti in studio, si stabilisce come gli ammalati (a+c) debbano essere assegnati alle celle a e c. Analogamente si stabilisce quanti, fra i controlli, debbano essere assegnati alle celle b e d. La tabella risulta ora completata, e si può impostare l'analisi, confrontando gli odds di esposizione nei casi (a/c) con gli odds di esposizione nei controlli (b/d) (confronto fra colonne) La struttura di uno studio retrospettivo è riassunta nello schema che segue. Come già detto, gli studi retrospettivi sono basati su gruppi costituiti da individui che, già all'inizio dell'esperimento, sono noti come «casi» o «controlli»; per questo gli studi di questo tipo sono detti anche «studi caso/controllo». Uno studio retrospettivo ha il vantaggio di fornire un risultato relativamente rapido, in quanto all'inizio dello studio il tempo necessario all' accadimento degli eventi è già trascorso. Un altro punto a favore degli studi retrospettivi, rispetto a quelli prospettivi, è la applicabilità ad indagini su malattie rare, per le quali i casi possono essere raccolti retrospettivamente anche da ospedali. È però da notare che, proprio per la loro stessa natura, gli studi retrospettivi forniscono - in linea di massima - risultati meno affidabili rispetto agli studi prospettivi. Studi prospettivi (o studi di coorte) Uno studio prospettivo inizia selezionando due gruppi, entrambi costituiti da soggetti sani: un gruppo comprende soggetti che sono stati esposti alla presunta causa (o lo saranno in futuro), e l'altro soggetti che non sono stati esposti (e non lo saranno). Quindi, i soggetti selezionati vengono seguiti nel tempo e andranno a distribuirsi nelle colonne degli ammalati o dei sani. In questo modo, alla fine dell'esperimento, la tabella risulterà completata con i valori a, b, c, e d. Si prosegue effettuando la analisi dei dati, confrontando la proporzione di malati tra gli esposti [a/(a+b)] con la proporzione di malati tra i non esposti [c/(c+d)] (confronto fra righe). La struttura di uno studio prospettivo è riassunta nello schema che segue. Interpretare l’RR : • RR >1 • RR =1 • RR <1 Lo studio prospettivo (detto anche «di coorte») ha lo svantaggio di richiedere più tempo, in quanto si deve seguire nel tempo la comparsa degli eventi. Inoltre, esso non è applicabile a malattie rare per la difficoltà nel reperimento di un numero di casi sufficiente.Gli studi prospettivi sono superiori a quelli retrospettivi perché meno soggetti ad «errori sistematici», in quanto essi non dipendono da dati raccolti in precedenza magari con modalità poco affidabili. Infatti, il ricercatore è in grado di valutare personalmente la qualità dei dati raccolti, soprattutto per quanto riguarda l'esposizione,cosa che invece è sempre un po' aleatoria negli studi retrospettivi.Un altro punto a favore degli studi prospettivi è che essi possono fornire una stima della incidenza (ossia del numero di nuovi casi che compaiono in un dato tempo) della malattia e possono essere utilizzati per studiare l'effetto di determinanti rari. É forse opportuno ricordare di nuovo che gli errori sistematici sono vizi di impostazione di un esperimento che possono influenzarne i risultati, pregiudicandone l'interpretazione. Le principali fonti di errori sistematici negli studi retrospettivi riguardano l'accertamento della esposizione che, dovendo essere effettuato con una inchiesta anamnestica, è per sua natura impreciso e prono ad interpretazioni soggettive. Anche la selezione dei controlli può essere fonte importante di errori sistematici. Infatti, non è sufficiente scegliere animali sani a caso, ma occorre che essi siano il più possibile simili agli ammalati; inoltre, se i risultati dello studio dovranno essere estesi alla popolazione, i controlli dovranno presentare una distribuzione dell'esposizione simile a quella della popolazione stessa. Infine, nella figura seguente è illustrata schematicamente la differenza fra studi prospettivi e retrospettivi; in particolare, viene evidenziato il diverso momento di inizio dell'osservazione della popolazione in rapporto alla comparsa di malattia. SOLVENTI 1. Definizione Viene denominata "solvente" ogni sostanza capace di scioglierne un'altra per ottenere una soluzione. I solventi rappresentano un vasto gruppo di composti utilizzati in ambito professionale, soprattutto per la capacità di rendere meno viscosi i composti polimerici filmogeni (di cui facilitano l'applicazione) o che dissolvono resine ed oli ai quali vengono aggiunti; di norma questi composti sono molecole cosiddette organiche. Negli ambienti di lavoro i solventi possono presentarsi sotto forma di liquidi volatili e vapori e sono tutti, in genere, potenzialmente tossici per l'organismo umano. I solventi non rimangono tal quali nel prodotto finito (polimero, strato adesivo, film superficiale, ecc.), ma evaporano più o meno velocemente, contribuendo così ad inquinare l'ambiente anche dopo il loro utilizzo. Classificazione Vengono classificati tra i solventi: - gli idrocarburi aromatici (benzene, toluene, xilene, stirene, cumene) - gli idrocarburi alifatici ed aliciclici (petrolio, benzina, nafta solvente) - gli idrocarburi alogenati a) bromosostituiti (bromuro di metile) b) iodio-sostituiti (iodoformio e ioduro di metile) c) fluorosostituiti (fluoroalcani o freon e fluoroalcheni) d) clorurati (Alifatici: cloruro di metile e di etile, diclorometano, tetracloruro di carbonio, cloroformio, monocloroetano, dicloroetano, tricloroetano e tetracloroetano, monocloroetilene, dicloroetilene, tricloroetilene e tetracloroetilene. Aromatici: monoclorobenzene e diclorobenzene) - gli alcoli (metilico, etilico, isopropilico, isobutilico) - i chetoni (acetone, metiletilchetone, metilisobutilchetone, cicloesanone, metilcicloesanone) - gli esteri (acetati, lattati, formiati, ftalati, dimetilsolfati) - le aldeidi (acetaldeide, glutaraldeide) - gli eteri (etere etilico) - i glicoli e derivati (glicole etilenico, propilenglicole, metilcellosolve, diossano) - il disolfuro di carbonio. Tossicità La tossicità dei solventi è di solito connessa al valore limite di soglia (TLV) della sostanza in esame, alla velocità di evaporazione (scala convenzionale nella quale è uguale ad 1 la velocità di evaporazione dell'etere etilico) ed alla temperatura di ebollizione. Hanno particolare importanza i TLV che, espressi in mg/mc o in parti per milione (ppm), indicano le concentrazioni nell'aria ambientale degli agenti chimici al di sotto delle quali si ritiene che i lavoratori, salvo casi di particolare reattività o predisposizione, possano essere esposti per 8 ore al giorno e per 40 ore settimanali, per tutta la vita lavorativa, senza riportare alterazioni dello stato di salute. I TLV, fissati dall'American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) negli Stati Uniti ed adottati, a livello indicativo o ufficiale in molti Paesi, sono aggiornati ogni anno sulla base degli studi e delle evidenze epidemiologiche ma sono disponibili solo per una parte delle sostanze chimiche utilizzate nell'industria. Si riportano di seguito i TLV-TWA (2001) e le principali caratteristiche tossicologiche di alcuni solventi. Solventi TLV-TWA Cancerogenicità N° CAS ppm mg/mc Toluene 50 188 A4 108-88-3 Xilene 100 434 A4 1330-20-7 Pentano ed isomeri 600 1770 78-78-4; 109-66-0; 463-82-1 n-Esano 50 176 110-54-3 Esano, isomeri 500 1760 --n-Eptano 400 1640 142-82-5 Acetone 500 Metil-n-butil chetone 5 Acetato di pentile Acetato di etile Acetato di vinile 1188 20,5 50 400 10 A4 266 1440 35 67-64-1 --- A3 591-78-6 141-78-6 108-05-4 Solventi clorurati sono composti derivati dagli idrocarburi alifatici o dagli idrocarburi ciclici, nei quali uno o più atomi di idrogeno sono sostituiti da altrettanti atomi di cloro. Si tratta di sostanze dotate, nella massima parte, di un ottimo potere solvente, propellente, refrigerante e di scarsa infiammabilità. Per le loro caratteristiche trovano largo impiego nell'industria chimica, tessile, della gomma, delle materie plastiche, degli estintori di incendio, dei liquidi refrigeranti, nelle operazioni di sgrassaggio e pulitura di metalli, pelli e tessuti. L'assorbimento dei solventi clorurati si attua prevalentemente per via respiratoria, ma è possibile anche una introduzione per via cutanea o digestiva; gli effetti tossici riguardano principalmente il fegato, il rene ed il sistema nervoso centrale. A concentrazioni elevate possono aversi fenomeni di ebbrezza, seguiti da depressione e narcosi fino al coma; l'esposizione cronica dà luogo solitamente a disturbi aspecifici (cefalea, astenia, irritabilità). Gravi lesioni epatiche e renali a carattere acuto possono verificarsi in caso di intossicazione massiva; per esposizione protratta nel tempo si osservano solitamente manifestazioni di epatopatia cronica. Il maggiore potenziale lesivo, tra i composti alifatici clorurati, è posseduto dal tetracloruro di carbonio e dal tetracloroetano (nefro-epato-neurotossicità), seguiti dal cloroformio e dall'1,2 dicloroetano; il tricloroetilene, largamente impiegato in svariati settori, presenta invece un maggiore rischio di tossicità cronica (possibili epatopatie). La tossicità dei composti ciclici (monoclorobenzene e diclorobenzene) è analoga a quella del tetracloruro di carbonio. Alcuni composti alifatici, inoltre, possono dar luogo ad aritmie cardiache (tricloroetilene) e, per contatto, a dermatiti irritative o allergiche. In presenza di fuoco o di superfici ad elevata temperatura, i solventi clorurati alifatici possono decomporre, dando origine a vapori tossici, contenenti anche fosgene, con gravi ripercussioni sull'apparato respiratorio (edema polmonare). I valori limiti di soglia TLV-TWA ambientali ed eventualmente biologici, raccomandati dall'ACGIH (2001), suddivisi per singolo composto sono riportati nella tabella seguente, insieme alla classificazione di cancerogenicità secondo la CE e l'ACGIH. Solventi TLV-TWA N° CAS ppm mg/mc - Cloruro di metile - Cloruro di metilene - Cloroformio - Tetracloruro di carbonio - Cloruro di etile 50 50 10 5 100 103 174 49 31 264 74-87-3 75-09-2 67-66-3 56-23-5 75-00-3 - 1,1 Dicloroetano - 1,2 Dicloroetano - 1,1,1 Tricloroetano - 1,1,2 Tricloroetano - 1,1,2,2 Tetracloroetano - Cloruro di vinile - Dicloroetilene - Dicloroetilene - Tricloroetilene - Percloroetilene - Monoclorobenzene - Diclorobenzene orto - Diclorobenzene para 100 10 350 10 1 1 1,1 1,2 50 25 10 25 10 405 40 1910 55 6,9 2,6 5 20 200 269 170 46 150 60 75-34-3 107-06-2 71-55-6 79-00-5 79-34-5 75-01-4 75-35-4 793 79-01-6 127-18-4 108-90-7 95-50- 1 106-46-7 - Per il tricloroetilene costituiscono indicatori biologici di esposizione (IBE): l'acido tricloroacetico urinario (IBE di 100 mg/g di creatinina) ed il tricloroetanolo urinario (IBE di 300 mg/g di creatinina), dosati al termine della settimana lavorativa. Gli IBE proposti per il clorobenzene sono il 4-clorocatecolo nelle urine (150 mg/g creatinina) o il p-clorofenolo nelle urine (25 mg/g creatinina). L'esposizione a 1,1,1 tricloroetano può essere valutata utilizzando il dosaggio dell'acido tricloroacetico nelle urine (IBE 10 mg/l) o il tricloroetanolo nelle urine (IBE 30 mg/l) e nel sangue (IBE 1 mg/l), alla fine della settimana lavorativa. Per il percloroetilene si è proposta la determinazione della sostanza tal quale nel sangue (IBE 0.5 mg/l) o dell'acido tricloroacetico nelle urine (IBE 3.5 mg/l) a fine turno ed a fine settimana lavorativa. Come si è visto, alcuni indicatori biologici di esposizione a solventi clorurati non sono specifici per ogni singolo composto, nè hanno lo stesso limite proposto. Interventi di prevenzione e mezzi di protezione La prevenzione dei rischi connessi all'uso di solventi clorurati dovrà attuarsi preferibilmente mediante isolamento in circuito chiuso delle attività lavorative a maggior rischio o, nell'impossibilità di realizzarlo, mediante sistemi di aspirazione dei vapori alla fonte. 7. Schede per l'imballaggio e l'etichettatura Scheda 1 NOME Cloroformio Formula CHCl3 Cas. n. 67-66-3 CEE n. 602-006-00-4 Xn; R 22-38-40-48/20/22 Note C 20%; 5% C < 20%; Xn; R 22-40-48/20/22 1% C < 5%; Xn; R 40 Classificazione Carc. Cat. 3 (R 22) Nocivo per ingestione (R 38) Irritante per la pelle (R 48/20/22) Nocivo: pericolo per gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione o ingestione (R 40) Possibilità di effetti irreversibili Etichettatura (S 2) Conservare fuori della portata dei bambini (S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti Scheda 2 NOME Diclorometano-Cloruro di metilene Formula CH2Cl2 Cas. n. 75-09-2 CEE n. 602-004-00-3 Note --- Classificazione Carc. Cat. 3 (R 40) Possibilità di effetti irreversibili Etichettatura (S 2) Conservare fuori della portata dei bambini (S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, areosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore) (S 24/25) Evitare il contatto con gli occhi e con la pelle (S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti Scheda 3 NOME Tetraclorometano Formula CCl4 Cas. n. 56-23-5 CEE n. 602-008-00-5 Note C 1%; 0,2% C < 1%; Xn; T; R 23/24/25-40-48/23 R 20/21/22-48/20 Classificazione Carc. Cat. 3 (R 23/24/25) Tossico per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione (R 40) Possibilità di effetti irreversibili (R 48/23) Tossico: pericolo per gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione (R 52/53) Nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico (R 59) Pericoloso per lo strato di ozono Etichettatura (S 1/2) Conservare sotto chiave e fuori della portata dei bambini (S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, areosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore) (S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti (S 40) Per pulire il pavimento e gli oggetti contaminati da questo prodotto, usare........... (da precisare da parte del produttore) (S 45) In caso di incidente o di malessere consultare il medico (se possibile mostrargli l'etichetta) (S 59) Richiedere informazioni al produttore/fornitore per il recupero/riciclaggio (S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni speciali schede informative in materia di sicurezza Scheda 4 NOME 1,1 Dicloroetano Formula CH3-CHCl2 Cas. n. 75-34-3 CEE n. 602-011-00-1 Note C 20%; 12,5% C < 20%; Xn; Xn; R 22 R 22-36/37 Classificazione (R 11) Facilmente infiammabile (R 22) Nocivo per ingestione (R 36/37) Irritante per gli occhi e le vie respiratorie (R 52/53) Nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico Etichettatura (S 2) Tenere fuori della portata dei bambini (S 16) Conservare lontano da fiamma e scintille Non fumare (S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore) (S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni speciali schede informative in materia di sicurezza Scheda 5 NOME 1,2 Dicloroetano Formula CH2Cl-CH2Cl Cas. n. 107-06-2 CEE n. 602-012-00-7 Note C 25%; 20% C < 25%; T; 0,1% C < 20%; T; T; R 45-22-36/37/38 R 45-36/37/38 R 45 Classificazione Carc. cat. 2 (R 11) Facilmente infiammabile (R 45) Può provocare il cancro (R 22) Nocivo per ingestione (R 36/37/38) Irritante per gli occhi, le vie respiratorie e la pelle Etichettatura (S 53) Evitare l'esposizione - procurarsi speciali istruzioni prima dell'uso (S 45) In caso di incidente o di malessere consultare il medico (se possibile mostrargli l'etichetta) Scheda 6 NOME Vinile cloruro Formula C2H3Cl Cas. n. 75-01-4 CEE n. 602-023-00-7 Note --- Classificazione Carc. cat. 1 (R 45) Può provocare il cancro (R 12) Estremamente infiammabile Etichettatura (S 53) Evitare l'esposizione - procurarsi speciali istruzioni prima dell'uso (S 45) In caso di incidente o di malessere consultare il medico (se possibile mostrargli l'etichetta) Scheda 7 NOME Tricloroetilene Formula C2HCl3 Cas. n. 79-01-6 CEE n. 602-027-00-9 Note C 1%; Xn; R 40 Classificazione Carc. cat. 3 (R 40) Possibiità di effetti irreversibili (R 52/53) Nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico Etichettatura (S 2) Tenere fuori della portata dei bambini (S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore) (S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti (S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni speciali schede informative in materia di sicurezza Scheda 8 NOME Tetracloroetilene Formula C2Cl4 Cas. n. 127-18-4 CEE n. 602-028-00-4 Note C 1%; Xn; R 40 Classificazione Carc. cat. 3 (R 40) Possibiità di effetti irreversibili (R 51/53) Tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico Etichettatura (S 2) Tenere fuori della portata dei bambini (S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore) (S 36/37) Usare indumenti protettivi e guanti adatti (S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni speciali schede informative in materia di sicurezza Scheda 9 NOME Monoclorobenzene Formula --- Cas. n. 108-90-7 CEE n. 602-033-00-1 Note C 5%; Xn; R 20 Classificazione (R 10) Infiammabile (R 20) Nocivo per inalazione (R 51/53) Tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico Etichettatura (S 2) Tenere fuori della portata dei bambini (S 24/25) Evitare il contatto con gli occhi e con la pelle (S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni speciali schede informative in materia di sicurezza Scheda 10 NOME Diclorobenzene orto Formula --- Cas. n. 95-50-1 CEE n. 602-034-00-7 Note C 20%; 5% C < 20%; Xn; Xn; R 22 R 22-36/37/38 Classificazione (R 22) Tossico per ingestione (R 36/37/38) Irritante per gli occhi, le vie respiratorie e la pelle (R 50/53) Altamente tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico Etichettatura (S 2) Tenere fuori della portata dei bambini (S 23) Non respirare i gas, fumi, vapori, aerosoli (termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore) (S 60) Questo materiale e il suo contenitore devono essere smaltiti come rifiuti pericolosi (S 61) Non disperdere nell'ambiente. Riferirsi alle istruzioni speciali schede informative in materia di sicurezza Scheda 11 NOME Diclorobenzene para Formula Cas. n. 106-46-7 CEE n. 602-035-00-2 Note --- Classificazione (R 22) Tossico per ingestione (R 36/38) Irritante per gli occhi e la pelle Etichettatura (S 2) Conservare fuori dalla portata dei bambini (S 24/25) Evitare il contatto con gli occhi e la pelle (S 22) Non respirare le polveri (S 46) In caso d'ingestione consultare immediatamente il medico e mostrargli il contenitore o l'etichetta