Capitolo
6
Forza centripeta e
gravitazione
1. Il moto circolare
Quali sono le caratteristiche del moto circolare?
Una particella si dice animata di moto circolare quando la sua traiettoria è una
circonferenza. Lo studio di questo tipo di moto viene effettuato individuando
due direzioni istantanee, cioè due rette orientate che cambiano ad ogni nuova
lettura di cronometro. Si tratta della direzione radiale, lungo la semiretta che
esce dal centro della circonferenza andando verso la posizione del punto che si
sta muovendo; e della direzione tangenziale, sulla retta tangente alla
circonferenza, orientata nel verso del moto e perpendicolare alla direzione
radiale.
Quali sono direzione e verso della velocità nel moto circolare?
Quando una particella descrive una traiettoria curva, ed una circonferenza in
particolare, per capire la direzione della velocità possiamo immaginare che
d’improvviso scompaiano tutte le forze in azione. La particella si troverebbe
allora nella condizione contemplata dalla legge d’inerzia, la quale prevede che
in assenza di forze il moto segua una linea retta. Si tratta della retta tangente
alla traiettoria, che per definizione viene assunta come direzione della velocità
in quel dato istante.
Che cosa sappiamo di sbagliato riguardo al moto circolare?
Prima di iniziare l’analisi del moto circolare, è necessario rimuovere due idee
errate che nei secoli si sono radicate, e che costituiscono un ostacolo alla
comprensione di questo fenomeno.
1
DIREZIONE
TANGENZIALE
ISTANTANEA
DIREZIONE
RADIALE
ISTANTANEA

v

v

prima idea errata: un oggetto può seguire una traiettoria circolare senza che vi
sia un ” binario” di qualche tipo che lo costringa a farlo.

seconda idea errata: un oggetto in moto circolare tende ad essere scagliato verso
l’esterno, in direzione radiale, dall’azione di una forza detta “centrifuga”.
Perché occorre un “binario” per sostenere il moto circolare?
La prima delle due concezioni errate risale agli antichi Greci, i quali ritenevano
il moto circolare la traiettoria perfetta, perché pensavano fosse seguita dagli
oggetti celesti. Essendo perfetta, la traiettoria circolare doveva essere una
condizione naturale per i corpi, “incorruttibile”, cioè capace di sostenersi
autonomamente ed immutabile nel tempo. Da Galileo in poi sappiamo che
questo ruolo “privilegiato” spetta al moto rettilineo uniforme, il solo a
proseguire indefinitamente senza che debba intervenire alcuna forza, e che per
tale caratteristica viene addirittura considerato uno stato.
Viceversa, muoversi lungo una traiettoria curva significa cambiare in ogni
momento la direzione della velocità. Mutare velocità, anche se solo in direzione
e non in intensità, vuol dire accelerare: una macchina che curvi con velocità di

modulo costate v  30 Km/h , sta accelerando in direzione, anche se il

v

N

N

v

v

v
DIREZIONE
RADIALE
ISTANTANEA
tachimetro segna sempre lo stesso valore perché non sta accelerando in intensità.
Poiché il secondo principio prevede che possa aver luogo un’accelerazione
unicamente in presenza di una forza, ne deduciamo che nel moto circolare
occorre una forza anche solo per cambiare ogni istante la direzione alla velocità.
Come vedremo nel dettaglio, si tratta di una forza in direzione radiale, che
punta sempre verso il centro della circonferenza: ne sono esempi la forza
normale esercitata da un binario curvo, oppure la tensione di una corda legata
al centro della circonferenza. Nella figura a lato, là dove il binario (in un piano
orizzontale) si interrompe, la pallina prosegue con un moto in linea retta lungo
la direzione tangenziale istantanea, dato che è venuta meno la forza normale
che la costringeva a curvare.
Perché non esiste una “forza centrifuga”?
Come sappiamo dalla terza legge della dinamica, non esistono forze solitarie, ma
soltanto interazioni fra coppie di oggetti. Ogni forza deve avere due “attori”: un
soggetto che la esercita (e che a sua volta subisce un’azione uguale e contraria), ed
uno che la subisce. Ora, è nota a tutti la sensazione (illusoria) di essere scagliati verso
l’esterno, in direzione radiale, quando la nostra auto percorre un arco di curva. Ma
si deve escludere che questa sensazione sia dovuta all’azione di una forza,
semplicemente perché non esiste alcun soggetto che esercita questa forza. Chi esercita la
“forza centrifuga”? Non c’è risposta a questa domanda.
Un passeggero su di un’auto in curva crede di essere tirato verso l’esterno, ma in
realtà mantiene soltanto la stessa direzione di velocità, che come abbiamo detto
è in ogni istante tangente alla traiettoria circolare.
Se non ci fosse l’auto egli volerebbe in direzione tangenziale non appena inizia la
curva. Nel frattempo invece, la macchina gli si muove sotto ed intercetta
continuamente la sua traiettoria rettilinea forzandolo verso il centro. Come si vede in
figura, lo spostamento dell’auto crea una valutazione errata, per cui egli pensa di
2
essere scagliato verso l’esterno, ed invece non sta seguendo affatto la direzione
radiale istantanea. Il meccanismo è lo stesso di quando l’auto frena, ed il passeggero
prosegue il moto in avanti con la medesima velocità di prima della frenata.
Analogamente, quando l’auto accelera, al passeggero sembra di essere tirato
indietro, ma sta solo proseguendo con la velocità che possedeva prima, mentre è
l’auto ad aver cambiato stato di moto. Questa tendenza a proseguire il moto in
direzione tangenziale è responsabile fra le altre cose, del rigonfiamento della
circonferenza del nostro pianeta all’altezza dell’equatore, dove la velocità di
rotazione è massima. Analogamente è il principio usato dalla “centrifuga” di una
lavatrice per asciugare i panni. Come si vede dal disegno però, le goccioline di acqua
non scappano in direzione radiale ma tangenziale, mentre il cestello continua a
ruotare.
goccia
E’ necessario che agisca una forza anche lungo la direzione istantanea della velocità?
Immaginiamo la pallina di una roulette lanciata dal croupier. Inizialmente la
pallina stava ferma, quindi la mano del croupier ha dovuto esercitare una forza

per portarla fino ad avere velocità v . Come sappiamo dalla seconda legge
della dinamica, da quel momento in poi, in assenza di qualsiasi attrito, non è

più necessaria una forza nella direzione istantanea di v per mantenere la sua

intensità v costante. D’altro canto non possiamo nemmeno escludere che una

F?

F
tale forza ci sia: ad esempio quando un’auto percorre una curva può farlo con
velocità di modulo costante, ma anche accelerando in intensità. Allo stesso
modo, quando tentiamo di produrre con la mano il moto circolare in un peso
agganciato ad una corda, dobbiamo prima metterlo in moto, esercitando una
forza nella direzione della velocità. Successivamente compiamo due azioni:
mantenendo ferma la mano tiriamo la corda in modo da costringere il peso a
descrivere la circonferenza, ed ogni tanto dovremo pure dare un colpetto nella
direzione della velocità per compensare l’azione degli attriti e della gravità, che
tendono a far diminuire l’intensità della velocità da noi inizialmente impressa.
Nel seguito ci occuperemo della cinematica del moto circolare in cui l’intensità
della velocità rimane costante, che chiameremo moto circolare uniforme. Nel


moto circolare uniforme, ad essere costante è dunque solo v , mentre v

vA
Come possiamo ricavare l’accelerazione lungo la direzione radiale?
Preso un punto in moto circolare uniforme di raggio r , consideriamo un arco
di circonferenza AB, e l’intervallo di tempo t che occorre al punto per
percorrerlo. In questo stesso tempo il raggio della circonferenza avrà

“spazzato” l’angolo  e la velocità avrà cambiato direzione passando da vA a



vB . Poiché sia vA che vB sono perpendicolari al raggio, se li riportiamo con
un’origine comune, è immediato concludere che anche la velocità ha spazzato
lo stesso angolo  . Dal metodo di punta-coda per la somma dei vettori si



riconosce subito che il vettore v che unisce le punte di vA e vB è il vettore

 
 

differenza, cioè vA  v  vB da cui v  vB  vA .
Consideriamo ora il triangolo delle velocità ed il triangolo AOB: sono entrambi
isosceli e con un angolo uguale, pertanto sono simili:
3
A

s
B
cambia ogni istante direzione.

v
r


vB
O


v

vA


vB


v
s
 
r
v
0

v

v A   90°
Dividiamo per t ambo i membri e riordiniamo:

vB

v
t

v

aC


v
r


s
t
Quando tende a zero l’intervallo temporale t , sappiamo che il rapporto

diviene il modulo della velocità istantanea v . Il rapporto

v
t

s
t
diventa invece
il modulo dell’accelerazione istantanea, la cui direzione si mantiene sempre


parallela a v e così alla fine risulta perpendicolare a v . Infatti nel triangolo
delle velocità, quando   0 si ha   90 dovendo la somma rimanere

uguale a 180 . La chiamiamo quindi accelerazione centripeta aC , in quanto
diretta lungo il raggio puntando verso il centro. Quindi sostituendo nella


v
s


relazione precedente t con aC e t con v si trova che l’intensità
dell’accelerazione centripeta vale:
2
v

aC 
r
Esempio 1
Sopra ad un piano orizzontale, una pallina di massa m  0.0500 Kg viene

N
r
lanciata in una guida circolare di raggio r  0.200 m e percorre un giro

v

aC

N
costante durante il giro, calcolare l’accelerazione centripeta della pallina e la
forza normale esercitata su di lei dalla guida.
Troviamo innanzitutto il modulo della velocità:

2r
6.28  0.200
v 

 0.866 m/s
1.45 s
1.45
y

v
1.45 s . Assumendo che il modulo della velocità sia rimasto
completo in
x
Fissiamo quindi un riferimento sul piano con l’origine nel centro della
circonferenza e consideriamo l’istante in cui la pallina taglia l’asse delle ascisse
come in figura. In direzione orizzontale agisce la forza normale, mentre
 2
l’accelerazione vale a ( v /r ; 0 ) :
N x  max

Nx  m
2
v
 0.0500 
r
e per l’accelerazione centripeta si ha:
2
v

0.8662
aC 

 3.75 m/s2
r
0.200
4
0.8662
 0.187 N
0.200
Cosa si intende con il termine “forza centripeta” ?
Se una particella di massa m segue un moto circolare uniforme di raggio r
lungo la direzione radiale istantanea la seconda legge della dinamica si scrive:
F
r
m
,
2
v
r
Si chiama forza centripeta la somma delle componenti in direzione radiale
F
r
di tutte le forze che agiscono su di una particella in moto circolare.
Non si tratta quindi di un nuovo tipo di forza, ma solo del nome che sinteticamente
si assegna alla risultante delle forze che producono l’accelerazione centripeta.
Nel precedente esempio 1 la forza centripeta è fornita dalla normale alla guida,
in questo caso l’unica ad agire sulla pallina in direzione radiale.
Riflettiamo sul fatto che la forza normale è una forza passiva, che è in grado di
fornire sempre il valore che occorre per costringere l’oggetto a percorrere la
traiettoria circolare di quel raggio con quella velocità. Se ad esempio il modulo
della velocità raddoppiasse, la guida dovrebbe fornire una forza centripeta

 |v|2 
(2|v |)2
m
 4 m  quattro volte più grande, e così via finché la forza richiesta
r
 r 
non divenisse così intensa da piegare la guida stessa. E’ quanto accade ai treni
che deragliano per aver tentato di percorrere le curve a velocità superiore al
massimo che il binario poteva sopportare senza deformarsi. La forza centripeta
può avere le origini più diverse: la tensione di una corda insieme alla gravità
producono la forza centripeta quando si fa ruotare una massa ad un suo capo,
l’attrito statico fra pneumatici ed asfalto fornisce la forza centripeta che serve
per far percorrere all’auto una curva, la forza di gravità funge da forza
centripeta per tenere la Luna in orbita attorno alla Terra, e così via.
Esempio 2
Una massa m  0.600 Kg agganciata al capo di una fune lunga 0.500 m viene
y
fatta ruotare in un piano verticale, imprimendogli nel punto più in basso una

velocità v  5.00 m/s . La traiettoria è circolare ma il modulo della velocità non

T
rimane costante in quanto la massa è rallentata dalla gravità mentre sale ed è
accelerata mentre scende. Sapendo che nel punto più in
alto risulta

v  2.32 m/s , si calcolino la forza centripeta, l’accelerazione centripeta e la

W
tensione della fune nelle posizioni di massima e minima altezza.
Nella posizione di minima altezza abbiamo, lungo l’asse y (che in quel
momento coincide con la direzione radiale):


| v |2
Ty Wy  may  T  mg  m
r

2

|v |
5.002
T  mg  m
 0.600  9.81  0.600 
 35.9 N
r
0.500
mentre la forza centripeta e l’accelerazione centripeta valgono:
5
y

W

T

 T  mg  35.9  0.600  9.81  30.0 N

| v |2

5.002
aC 

 50.0 m/s2
ay  50.0 m/s2
r
0.500
Nel punto di massima altezza abbiamo, sempre lungo la direzione radiale y :


| v |2
Ty Wy  may   T  mg  m
r
 2
2

|v |
2.32
T m
 mg  0.600 
 0.600  9.81  0.573 N
r
0.500
mentre la forza centripeta e l’accelerazione centripeta valgono:

Fr   T  mg  0.573  0.600  9.81  6.46 N

| v |2

2.322
aC 

 10.8 m/s2
ay  10.8 m/s2
r
0.500
Riflettiamo sul fatto che la tensione della corda non coincide con la forza

centripeta, ma anzi T aggiusta il suo valore facendosi minima quando è
F
r





aiutata dalla gravità nel produrre la forza centripeta, come accade nel punto più
alto, e facendosi invece massima quando è contrastata dalla gravità nel
produrre la forza centripeta, come accade nel punto più basso.
Esempio 3

Un’auto segue una strada curva procedendo a velocità di modulo costante v .
A
Si calcoli il modulo della sua accelerazione nei tratti AB, BC, CD, DE
specificando dove è massimo e dove minimo.
R
Lungo i tratti AB, CD, DE, che sono archi di circonferenza, l’accelerazione è
solo centripeta essendo il modulo della velocità costante. Si ha:
2
2
2
2
2
v
v
v
v
4 v
aAB 
;
aCD 

;
aDE 
3
3R
1R
R
3 R
R
B
C
3
4
R
4
D
1
3
y
3
mentre nel tratto rettilineo BC essendo costante il modulo della velocità si ha:
aBC  0
R
Il massimo valore di accelerazione, tutta centripeta, si ha quindi durante la
curva di raggio minimo DE, il minimo valore di accelerazione centripeta nella
curva di raggio massimo AB, mentre il minimo valore di accelerazione in
assoluto è il valore nullo che si ha nel tratto rettilineo BC.
E
Esempio 4
Un’automobile di massa m  1500 Kg percorre una curva circolare di raggio

N
r  40.0 m alla velocità di 15.0 m/s . Si trovi quanto vale la forza centripeta.

fs
x
Sapendo poi che il coefficiente di attrito statico fra pneumatici ed asfalto è
s  0.950 , si calcoli la massima velocità alla quale l’auto può percorrere la
curva e la forza centripeta in questo secondo caso.

W
6

La forza centripeta è fornita tutta dalla forza di attrito statico fs , e la sua

direzione è perpendicolare a quella in cui avanzano le ruote. Nel primo caso fs
non raggiunge il suo valore massimo, ma sappiamo però che la sua intensità


soddisfa la condizione 0  fs  s N . Indicando con x la direzione radiale
istantanea come in figura, si ha:
2

v
15.02
fsx  max  fs  m
 1500 
 0.844  104 N
r
40.0
Per avere la velocità massima dobbiamo calcolare invece proprio la massima


forza di attrito statico s N e quindi trovare N . Dall’equilibrio in direzione
verticale si ha:
N y  Wy  0


N  mg  0

N  mg

che sostituito nella relazione precedente:
2
2

v
v
fsx max  max  s N  m
 s m g  m
r
r

v  s gr  0.950  9.81  40.0  19.3 m/s .
In questo caso per la forza centripeta risulta
2
v
19.32
Fr  m
 1500 
 1.40  104 N .
r
40.0

N

Esempio 5
Un’automobile di massa m  1300 Kg , che viaggia alla velocità costante di

v  10.5 m/s , passa sopra ad un dosso il cui profilo può essere considerato
y

W
R
una circonferenza di raggio R  15.0 m . Si dica, senza svolgere alcun calcolo,
se quando l’auto raggiunge la sommità, la forza normale esercitata dal terreno è
maggiore, minore od uguale al peso della vettura. Si calcolino quindi le
intensità della forza centripeta e della forza normale in quel momento.
Quando si trova nel punto più alto l’auto sta descrivendo una circonferenza,
quindi deve agire su di lei una forza verticale che punta verso il centro. Questo
significa che la somma delle forze che agiscono in verticale deve puntare in


basso, cioè la forza N deve avere un’intensità minore di quella del peso W . E’
ben nota infatti la sensazione di “alleggerimento” che da passeggeri si
sperimenta sulla sommità dei dossi: quello che si percepisce è proprio la
diminuzione della forza normale, che come sappiamo, invece, quando siamo in
quiete resta sempre uguale al peso.


La forza centripeta è il risultato delle azioni congiunte di N e W , che in
verticale si sottraggono. Osservando la direzione dell’asse verticale si ha
ay  
2
v
R
, da cui si ricava per la forza centripeta:
7

N

W

N

W

N

W
2

v
10.52
N y  Wy  may 
Fr  N  mg  m
 1300 
 9.56  103 N
R
15.0
mentre per la normale:


N  mg  9.56  103 N  N  1300  9.81  9.56  103  3.20  103 N

Esempio 6
Una pallina di massa m  0.300 Kg , appesa ad un filo lungo L  0.750 m , gira

a velocità di modulo costante descrivendo una circonferenza, mentre l’angolo
che il filo forma con la verticale rimane sempre   25.0 . Sapendo che la
pallina compie un giro in 1.50 s si trovi la tensione del filo, l’intensità della
L
forza centripeta e l’intensità dell’accelerazione centripeta.
Calcoliamo innanzitutto il raggio della traiettoria circolare:
R  L sin   0.750  sin 25.0  0.317 m
R
e ricaviamo da questo il modulo della velocità della pallina:

2R
6.28  0.317
v 

 1.33 m/s
1.50 s
1.50


T
Forza centripeta

W
e l’intensità dell’accelerazione centripeta:
2
v

1.332
aC 

 5.58 m/s2
R
0.317
Fissato un riferimento nell’istante rappresentato in figura, sappiamo che in
direzione verticale non c’è accelerazione, poiché se l’angolo  rimane costante,
la pallina non può né salire né scendere. Si ottiene:

Ty Wy  may  T cos 25.0  mg  0

T 
mg
0.300  9.81

 3.25 N
cos 25.0
0.906
La forza centripeta è data dalla componente orizzontale della tensione, e
coincide anche con la composizione data dalla regola del parallelogramma della
tensione e del peso, poiché la risultante di queste due forze, come abbiamo
detto, è tutta orizzontale:

Fr  T sin 25.0  3.25  0.423  1.37 N
y
x

Esempio 7
Sopra ad un piano, fissata ad una corda, una massa m  0.450 Kg descrive un

moto circolare uniforme di raggio r  0.500 m con velocità v  2.50 m/s .
m
All’altro capo della corda pende immobile, da un foro ricavato al centro del
piano, una seconda massa M . Si trovi il valore di M .
M
Fissato un riferimento con la direzione radiale istantanea lungo l’asse x ,
abbiamo che la forza centripeta è fornita dalla tensione della corda:
8
y
2
v

2.502
Tx  max  T  m
 0.450 
 5.63 N
r
0.500
Per la massa appesa, la condizione di equilibrio richiede che lungo l’asse
verticale sia nulla l’accelerazione:


Ty Wy  may  T  Mg  0  Mg  T  5.63 N
m

T
x
da cui si ottiene:

T
5.63
M 

 0.574 Kg
g
9.81

T
M

W
Esempio 8
Una blocco di massa m , scivola senza attrito lungo il profilo di un igloo a forma
di sfera avente raggio R , partendo dal punto più alto con una velocità
orizzontale così piccola da potersi considerare nulla. Ad un certo valore
dell’angolo  il blocco si stacca dall’igloo, descrivendo una traiettoria
parabolica di caduta libera. Spiegare perché si distacca e calcolare quanto vale la
velocità in quell’istante.
Fintanto che il blocco segue il profilo dell’igloo sta descrivendo una traiettoria


circolare, e quindi occorre che le forze agenti su di lui, normale N e peso W ,

producano la forza centripeta necessaria. La normale N come sappiamo è una
forza passiva, che adegua man mano la sua intensità in conseguenza della
forza con la quale il blocco viene premuto contro l’igloo. Se l’igloo non ci fosse,
il blocco seguirebbe sin dall’inizio una traiettoria parabolica di caduta libera,
che si troverebbe nello spazio occupato dal ghiaccio. A mano a mano che
procede la discesa, questa traiettoria ipotetica si va aprendo sempre più perché
aumenta l’intensità della velocità con cui la caduta libera avrebbe inizio.
Nell’istante in cui la parabola diventa tutta esterna all’igloo, il blocco non viene
più premuto contro il ghiaccio e così si stacca. In quel momento, dato che cessa
di essere premuto, si annulla anche la forza normale.
Scegliendo un riferimento come in figura, osserviamo che il modulo della
velocità non è uniforme, ma cresce durante la caduta per l’azione della gravità.
Il blocco seguirà il profilo circolare dell’igloo solo fino a quando la somma delle
forze radiali
F
r

Fr riuscirà a produrre la necessaria forza centripeta m

 N  mg cos   m

v  Rg cos 
R
:
2
v
R

N

N
 
N= 0
direzione radiale
y
istantanea

N
y 





R c os  





 
W
x
Imponendo la condizione trovata sopra, per cui
momento del distacco, si trova la velocità:
 mg cos    m
2
v

2
v
R
9
la normale si annulla al
Esempio 9
Un’automobile di massa m tenta di eseguire il “giro della morte” lungo una

pista circolare di raggio R . Si trovi la velocità minima va con la quale deve
R

v0
arrivare nel punto più alto della pista.
Per poter eseguire il giro le ruote dell’auto devono mantenere sempre il
contatto con la pista, in particolare nel punto più alto. Questo avviene solo se in
ogni momento la velocità istantanea che la traiettoria di caduta libera che tende
a far descrivere all’auto ha la parte iniziale esterna alla pista, come nella curva
blu in figura. In tal modo la pista deve esercitare una forza normale per
costringere l’auto a deviare verso il centro, ed il contatto è assicurato. Se
viceversa la velocità istantanea è così bassa da produrre una traiettoria di
caduta libera interna alla pista (curva gialla), il contatto viene meno. Quando la
condizione di contatto è soddisfatta nel punto più alto, essa è certamente
soddisfatta anche nell’intero tragitto, dato che forza di gravità fa diminuire
l’intensità della velocità man mano che l’auto sale.

Indicando con va la velocità alla sommità, in quel momento risulta:

N
y

N

W
N y  Wy  may

 N  mg  m


va
La forza centripeta m

va
R
2


N  mg  m

va
2
R
2
che occorre per mantenere l’auto in pista è tanto più


piccola quanto minore è va . Il valore minimo di va è quello a cui basta la sola
gravità a produrre m
mg  m

N

va
2
R
Esempio 10
Un’automobile

R

va
2
R

va
2

. Per esso risulta dunque N  0 nel punto più alto:
 gR


va  gR
di massa m percorre una curva di raggio R  150 m alla
velocità di 15.0 m/s . Sapendo che la strada è inclinata ed indicato con 
l’angolo che essa forma con l’orizzontale, si trovi il valore di  che permette
all’auto di percorrere la curva anche in assenza di attrito fra pneumatici ed
asfalto.

N
y

x

W
Come si ricava dalla figura la somma vettoriale della forza normale e del peso
debbono fornire la necessaria forza centripeta per descrivere una curva di
raggio R alla velocità assegnata. Il secondo principio della dinamica in forma
vettoriale si scrive:






N W  ma  N  mg  maC
L’equazione sopra scritta è facilmente visualizzabile in termini geometrici

grazie al metodo di punta-coda. Si forma un triangolo di ipotenusa N ed i cui


cateti maC ed mg , in base ai dati del problema, devono essere rispettivamente

orizzontale e verticale. Si dimostra facilmente che  è pure l’angolo fra N ed

mg . Risulta dunque:
10

N


|v |2

maC
m R
| v |2
15.02
tan  



 0.153;

gR
9.81  150
mg
mg
  tan1 (0.153)  8.69
Allo stesso risultato si perviene facendo il rapporto delle componenti
orizzontale e verticale della forza normale:

| v |2
N x  max  N x  m
R
N y  Wy  0  N y  mg  0  N y  mg
tan  
Nx
Ny

m

|v |2
R
mg


| v |2
gR

R

mg

N


mg

N


Nx

maC
Esempio 11
Un disco ruota su di un piano orizzontale compiendo 33 giri/min . Ad una
distanza di 25.0 cm dal centro viene appoggiato un blocchetto di massa m .
Sapendo che il coefficiente di attrito statico fra blocco e disco vale s  0.150 si
dica se il blocchetto scivola.
Il blocchetto scivola sicuramente se la massima forza di attrito statico non può
fornire la forza centripeta necessaria per seguire quel particolare moto circolare. Per
calcolare la forza centripeta ricaviamo la velocità:
33  lunghezza di 1 giro 33  2r
33  6.28  0.250
v


 0.864 m/s
secondi in un minuto
60
60
2
v
0.8642
Fr  m
m
 2.99m
r
0.250
Il valore della forza centripeta non è noto in quanto è ignota la massa del blocchetto.
Tuttavia anche l’attrito statico che deve produrla ha un valore massimo che dipende

da m . Sapendo che l’equilibrio in direzione verticale produce N  mg :


fS ,max  S N  S mg  0.150  9.81  m  1.47m

fS
25 cm

e come si vede risulta sempre 2.99m  1.47m qualunque sia la massa, cioè il
blocchetto scivola in ogni caso perché l’attrito statico non ce la fa a fornire la
necessaria forza centripeta, neppure in caso assuma il suo valore massimo.
Esempio 12
Si determinino velocità ed accelerazione centripeta di un punto sulla superficie
terrestre che si trovi alla latitudine italiana, sapendo che RT  6.378  106 m .
Il punto descrive in un periodo T  24 h  86400 s una circonferenza di raggio:
r  RT cos 42  6.378  106  0.7431  4.739  106 m

2r
6.28  4.739  106
6.28  4.739
v 


 1064  344 m/s
4
T
8.6400
8.6400  10
e come si vede la velocità trovata è superiore alla velocità del suono in aria. Per
l’accelerazione risulta:
11
r
RT
42

Ny
2
v

3442
1.18336  105
aC 


 0.2497  1056  2.50  102 m/s2
6
6
r
4.739  10
4.739  10
y
R

N

WR

WT

W

N
Esempio 13
Un ponte sospeso forma un arco di circonferenza incurvato verso il basso, di raggio
R  200 m . Sul cartello di avvertimento si legge che il ponte sopporta al massimo
un carico di 1.50  104 N . Quale limite di velocità deve rispettare un’automobile di
massa 1200 Kg se vuole attraversare il ponte senza che questo si rompa?

Osserviamo che il peso dell’auto W  1200  9.81  1.18  104 N è inferiore al

W
carico massimo sopportabile, tuttavia questo non permette di concludere che il

ponte non si rompe in quanto la forza normale N che esso esercita sull’auto, oltre ad

equilibrare la componente radiale del peso dell’auto (WR in figura), deve anche
produrre la necessaria forza centripeta affinché l’auto possa seguire la traiettoria
circolare imposta dalla forma del ponte. Al crescere della componente radiale del
peso, la forza normale cresce in intensità fino al suo massimo, assunto nel punto più
basso, dove deve equilibrare l’intero peso dell’auto. La velocità massima si ottiene
imponendo che il valore massimo della normale (quello nel punto più basso) sia
proprio 1.50  104 N :
2

v
N  mg  m
R
 N





 1.50  10 4


v  R
 g   200 
 9.81  23.2 m/s

 m

1.200  103



12
2. La legge di gravitazione universale
Cosa dice la legge della gravitazione universale?
L’esperienza mostra che qualunque coppia di corpi si attrae reciprocamente con una
forza detta gravitazionale, la cui intensità è tanto maggiore quanto più le masse
sono vicine, e tanto maggiore quanto maggiore è il valore della massa di ciascuno di
essi. Nel caso particolare in cui le due masse siano puntiformi questa forza attrattiva

FG è diretta lungo la retta congiungente i due corpi, ed ha un’intensità inversamente

F21
proporzionale al quadrati della loro distanza r e direttamente proporzionale al
prodotto delle due masse:

mm
FG  G 1 2
r2
Con m1 ed m2 abbiamo indicato le rispettive masse in kilogrammi, mentre r e

FG sono ovviamente espressi in metri e Newton. G è una costante fondamentale
della natura, che nel Sistema Internazionale vale :
G  6.67  1011
Nm 2
Kg 2
e le sue unità di misura sono quelle che occorrono per far tornare Newton al primo
2
2
membro:  N  G   Kg   m  . Osserviamo che G è un fattore di proporzionalità
così piccolo che per produrre forze gravitazionali dell’ordine di qualche Newton
servono masse enormi, come quella di un pianeta.
Esempio 14
Calcolare la forza gravitazionale con cui si attraggono due masse puntiformi di
100 Kg ciascuna, poste alla distanza di 1.00 m

mm
100  100
FG  G 1 2  6.67  1011
 6.67  107 N
2
2
r
1.00
Una forza, come si vede, inferiore al milionesimo di Newton.


Che relazione esiste fra la forza F12 e la forza F21 in figura?


Se indichiamo con F12 la forza che agisce su m1 ad opera di m2 , e con F21 la forza
che agisce su m1 subisce ad opera di m2 , indipendentemente dal fatto che le due
masse siano differenti od uguali, il principio di azione e reazione impone che si


abbia sempre F12  F21 . Infatti nella formulazione matematica della legge di



gravitazione, FG rappresenta indifferentemente sia F12 che F21 . Quindi se
lasciamo cadere una pietra dall’alto la forza che la Terra esercita sulla pietra ha la
stessa intensità della forza che la pietra esercita sulla Terra. Tuttavia, essendo la
13

F12
m1
r
m2
massa della pietra molto più piccola, la sua accelerazione è molto maggiore rispetto
a quella che subisce il pianeta e quindi è la pietra a muoversi verso il centro della
Terra e non viceversa1:


FG
FG
aT 
a pietra 
mT
m pietra
E se le masse non sono puntiformi?
Questa espressione matematica della legge della gravitazione universale, vale
esclusivamente per oggetti assimilabili a dei punti. Un oggetto rigorosamente
puntiforme è un’entità solo teorica: nella pratica si considerano puntiformi oggetti in
cui la distanza r coinvolta nella legge di gravitazione sia molto grande rispetto alle
loro dimensioni trasversali (almeno un ordine di grandezza, cioè dieci volte più
grande). In questo senso anche una stella può essere considerata puntiforme se le
sue dimensioni sono rapportate alle distanze interplanetarie. Se però le masse non
sono puntiformi dobbiamo immaginarle scomposte in porzioni piccolissime rispetto
alla loro estensione, e sommare vettorialmente gli effetti della legge di gravitazione
fra tutte le possibili coppie di punti. Infatti l’esperienza mostra che vale il principio di
sovrapposizione, per il quale la forza con cui interagisce ciascuna coppia è la stessa che
si avrebbe se tutte le altre coppie non esistessero.
C

F1

F2
E se le masse hanno forma sferica?
In caso di masse sferiche il calcolo descritto sopra si semplifica notevolmente perché
la sfera può essere scomposta in coppie di punti uno a sinistra ed uno a destra alla
stessa distanza dall’oggetto che viene attratto, e così la risultante di ciascuna coppia
punta sempre verso il centro della sfera. Analogamente anche la risultante
complessiva è diretta verso il centro della sfera e così possiamo utilizzare la formula
della gravitazione immaginando ad esempio che la massa di un pianeta sia tutta
concentrata nel centro. Se entrambe le masse sono sferiche, come ad esempio la
Terra e la Luna, possiamo pertanto usare la formula a patto che r rappresenti la
distanza fra i centri2.
r
C
E’ grazie agli studi di Newton, pubblicati nella sua fondamentale opera Philosòphiae
Naturalis Pincipia Mathematica (1687) sappiamo dunque che la Terra esercita su di noi
un forza, la cui natura è identica a quella che esercita sulla Luna. Questo nuovo
modo di vedere le cose rappresentò da un lato la prima grande unificazione
1
In realtà accelerano entrambe verso il centro di massa del sistema che costituiscono.
Va detto anche che nel momento stesso in cui assumiamo che le masse siano puntiformi, e che tutte
le loro proprietà possano essere individuate da una grandezza scalare m, anche solo da motivi di
simmetria si potrebbe dedurre che la loro interazione deve essere diretta lungo la congiungente, in
quanto in uno spazio vuoto con le sole due masse in studio, non si potrebbe definire nessun’altra
direzione in modo univoco.
2
14
scientifica di due fenomeni apparentemente distinti (il peso sulla superficie della
Terra ed il moto orbitale del nostro satellite), dall’altro fu un significativo balzo in
avanti nella comprensione del mondo, specie se confrontato con il punto di vista
aristotelico per il quale il peso degli oggetti era dovuto alla naturale tendenza che
questi avevano a ricongiungersi al luogo della loro origine.
Cos’è una mappa gravitazionale ?
Nelle regioni del pianeta dove la distribuzione della massa non è a perfetta
simmetria sferica, la risultante non sarà esattamente diretta verso il centro della
Terra, ma subirà piccoli scostamenti. Questo accade quando ad esempio si hanno
cavità sotterranee come quelle naturali che racchiudono un giacimento petrolifero o
di gas. Una misura accurata della variazione della direzione della forza di gravità
rispetto al centro della Terra permette di individuare tali cavità, e viene detta mappa
gravitazionale. E’ con questo sistema che ad esempio si è scoperta una cavità ripiena
di rocce sedimentarie leggere nelle penisola dello Yucatan in Messico, probabilmente
dovuta al cratere scavato dall’asteroide che 65 milioni di anni fa portò all’estinzione i
dinosauri.
roccia
petrolio
C
Esempio 15
Si trovi a quale distanza d dal centro della Terra, un oggetto di massa m è tirato con
eguale intensità tanto dalla forza di gravità terrestre che da quella lunare, essendo
rL  3.84  108 m il raggio medio dell’orbita lunare.
Si ha che la massa m è attratta rispettivamente dalla Terra e dalla Luna con forze la
cui intensità si scrive:


M m
M Lm
FT  G T
FL  G
2
d
(rL  d )2
Uguagliando e semplificando si ottiene:
G
MT m
d
2
G
ML m
(rL  d )2

(rL  d ) MT  d M L
Nell’ultimo passaggio si è potuta estrarre la radice di ambo i membri essendo
positive tutte le quantità presenti (infatti rL  d  0 ). Osserviamo in particolare che
il risultato non dipende dalla massa m dell’oggetto. Risolvendo:
d
5.97  1024
5.97  1024  7.35  1022
5.97
5.97  0.0735
 rL 
 101212 rL  0.900  rL 
9
r  3.46  108 m
10 L
Come si vede il punto in questione dista dalla Terra
9
della distanza Terra-Luna.
10

Che relazione c’è con la forza peso espressa nella forma mg ?
Sulla superficie del pianeta la distanza dal centro della Terra è sempre costante e pari
al suo raggio RT  6.378  106 m . Per questo si può calcolare una volta per tutte il
valore dell’accelerazione dovuta alla gravità sulla superficie terrestre per tutti gli
oggetti, dato che la forza di gravità dipende anch’essa dalla massa e questa si
15
m
d
y

FG
semplifica nella seconda legge della dinamica applicata in direzione radiale. Ad un
oggetto in caduta libera. Sapendo che MT  5.97  1024 Kg risulta:
FGy  may

ay  6.67  1011
C
G
MT m
RT2
5.97  1024
(6.378  106 )2
 m ay
 9.81 m/s2
ed è quindi da questo calcolo che si ottiene il noto valore g  9.81 m/s2 . Questo
calcolo permette di capire perché tutti gli oggetti, di maggiore o minore massa,

accelerano con la stessa intensità verso il basso. Infatti, poiché FG è proporzionale
ad m , i corpi più massivi subiscono una forza maggiore rispetto a quelli meno
massivi. Tuttavia i corpi di massa maggiore hanno anche bisogno di una forza
maggiore per accelerare, dato che è proporzionale ad m pure la loro inerzia, cioè la
tendenza a resistere all’azione di una forza (è il secondo membro della legge di


Newton F  ma ). In altre parole ci vuole più forza per accelerare di 9.81 m/s2 un
oggetto massiccio che uno di piccola massa.
Che succede all’accelerazione di gravità salendo di quota?
Il denominatore viene incrementato del valore della quota, il che fa diminuire
l’accelerazione di gravità. Ad esempio in cima all’Everest si ha:
gEverest  6.67  1011
5.97  1024
6
2
(6.378  10  8850)
 9.78 m/s2
mentre su di una stazione spaziale orbitante ad un’altezza di 300 Km :
g 300 Km  6.67  1011
5.97  1024
6
6 2
(6.378  10  0.300  10 )
 8.93 m/s2
Come si vede la diminuzione dell’accelerazione di gravità in un’orbita bassa quale
quella a 300 Km è dell’ordine del dieci per cento. La condizione di “assenza di
peso” degli astronauti non è quindi imputabile a questo, (infatti la gravità è ben
presente a quell’altezza e fornisce la necessaria forza centripeta!), ma al fatto che il
loro moto è assimilabile ad un moto di caduta libera, e non percepiscono il peso
perché non c’è una superficie sulla quale si appoggiano ad esercitare una forza
normale su di loro.
Che succede all’accelerazione di gravità se cambia la massa del pianeta?
Generalizzando i calcoli precedenti, si ha che l’accelerazione di gravità gP sulla
superficie di un pianeta di massa M P e raggio RP è data da:
16
gP  G
MP
RP2
Una radicale diminuzione della massa in un pianeta di dimensioni confrontabili con
la Terra comporta pertanto una diminuzione del valore dell’accelerazione dovuta
alla gravità sulla superficie, ad esempio:
gMarte  6.67  1011
gLuna  6.67  1011
6.43  1023
6 2
(3.39  10 )
7.35  1022
6 2
(1.74  10 )
 3.73 m/s2
 1.62 m/s2
Quindi sulla Luna un uomo di massa 100 Kg è attratto con una forza di 162 N , cioè
quella con cui la Terra attira una massa di 16.5 Kg . Lo stesso uomo sulla superficie
di Marte è attratto con una forza di 373 N , vale a dire quella con cui la Terra attira
una massa di 38 Kg .

FG
Tuttavia non va dimenticato che la forza gravitazionale decresce con l’inverso del
quadrato della distanza dal centro, pertanto sulla superficie di un pianta come
Saturno, che ha una massa quasi cento volte quella terrestre ma un raggio
equatoriale dieci volte più esteso, si ottiene una accelerazione di gravità
paragonabile alla nostra:
r
gSaturno  6.67  1011
5.68  10
26
6 2
(60.268  10 )
 10.5 m/s2
Esempio 16
Sulla superficie di Marte un oggetto lanciato verticalmente con velocità iniziale

vo  100 m/s raggiunge un’altezza h  1340 m . Sapendo che il raggio di Marte
misura RM  3.39  106 m si calcoli la massa di Marte.
Come sappiamo la massima altezza h raggiungibile da un oggetto lanciato
verticalmente con velocità iniziale v0 è data dalla relazione: h 
v02
2gM
, dove
gM è l’accelerazione di gravità sulla superficie del pianeta, in questo caso Marte.
Calcoliamo gM invertendo la formula:
v02
1002
 3.73 m/s2
2h
2  1340
Invertendo la relazione che permette di trovare l’accelerazione di gravità sulla
superficie di un pianeta si ottiene la massa del pianeta:
gM 
gM 

GM M
2
RM

MM 
2
gM RM
G

3.73  3.392  1012
11
6.67  10
17
 6.43  1023 Kg
3. Il moto orbitale circolare
Che cosa impedisce alla Luna di cadere sulla Terra?
La sorprendente risposta è che la Luna in effetti cade sulla Terra, vi cade
continuamente, così come vi cadono tutti i satelliti artificiali in orbita attorno al
pianeta. Un oggetto in orbita tende a cadere in ogni istante verso il centro della
Terra, tuttavia il terreno, per così dire, gli scappa via da sotto esattamente con lo stesso passo,
quindi non riesce mai ad avvicinarsi alla superficie. La figura a lato, tratta dai Principia di
Newton (1687) illustra in che senso un moto orbitale possa essere visto come
situazione limite di un lancio orizzontale. Fissata la quota, al crescere della velocità
iniziale aumenta la gittata e con essa si allarga la curvatura della traiettoria. Quando
la curvatura arriva a seguire quella della Terra, il proiettile entra in orbita.
y

vo

FG
Con quale velocità può essere percorsa un orbita circolare?
E’ immediato rendersi conto che non è possibile percorrere un’orbita alla velocità
che si desidera, ma che piuttosto questa risulta stabilita dall’altezza alla quale si
vuole fissare l’orbita. Lungo la direzione radiale istantanea si ha infatti che la forza di
gravità fornisce la forza centripeta necessaria. Poiché la gravità diminuisce con
l’altezza, diminuirà anche la forza centripeta che essa può fornire e quindi con

l’altezza decresce pure la velocità orbitale vo . In un riferimento con l’asse radiale
uscente dal centro della Terra si ha:
G
r
MT m
r
2
 m

vo
2
r
C
GMT

vo 
r

Questa relazione fornisce la velocità orbitale (o kepleriana) vo con la quale l’orbita
deve essere percorsa se si vuole che rimanga stabile, cioè che l’intensità della forza di
gravità fornisca proprio il valore della forza centripeta necessaria a percorrere quella
circonferenza. Osserviamo che:

Come si vede dalla presenza di r al denominatore, la velocità orbitale
decresce con l’altezza da terra: le orbite più sono esterne più sono lente.

Osserviamo inoltre che la velocità orbitale non dipende dalla massa, e per
questo motivo ad esempio una stazione spaziale e gli astronauti al suo
interno, possono seguire la stessa orbita pure se di masse molto differenti.
Come si calcola il periodo di un’orbita circolare?
Si chiama periodo T il tempo che occorre a descrivere un’orbita completa:
18
2r
T  
vo

vo

2

4 2 r 2
T2
che sostituita nella relazione per la velocità orbitale produce:
GMT
r

4  2r 2
T2

T 
2
GMT
r
3

2
r3
T2

GMT
4 2
 costante
L’ultima forma di questa relazione viene detta terza legge di Keplero per il moto
orbitale.
Quanto deve essere alta come mimino un’orbita?
Se non vi fosse l’atmosfera, e la Terra fosse una sfera dalla superficie liscia, sarebbe
possibile un’orbita anche al livello del mare. Tuttavia il fatto di dover spostare l’aria
per muoversi implica, per la terza legge di Newton, che l’aria eserciti una forza
uguale e contraria, rallentando così il moto, ed impedendo la stabilità dato che la
velocità orbitale deve restare costante. Pertanto l’orbita più bassa possibile si ha alla
quota in cui l’aria è sufficientemente rarefatta da non ostacolare il moto: sono circa
150 Km . Gli Shuttle percorrono orbite con r  250 Km alla velocità di circa
8 Km/s e T  1h 30 min , i satelliti GPS orbite con r  20000 Km e T  12h . E’
inoltre possibile che un’orbita sia geosincrona, cioè tale che il suo periodo duri
esattamente un giorno. Sostituendo T  24 h  8.64  104 s si ottiene:
2
1
 T 3
r    GMT 3  4.22  107 m
 2 

h  r  RT  35800 Km
A quell’altezza la velocità orbitale è circa 100 m/s . Se poi l’orbita geosincrona
avviene nel piano che contiene l’equatore, e nello stesso verso di rotazione della
Terra, si dice geostazionaria. Un satellite per telecomunicazioni segue tale orbita, in
modo da mantenersi sempre sopra ad uno stesso punto sulla superficie
dell’equatore terrestre3.
Sono efficaci i satelliti spia?
I satelliti spia debbono percorrere orbite basse per avere risoluzione sufficiente a
distinguere oggetti vicini. L’elevata velocità che le orbite basse richiedono, fa si che il
tempo di transito sopra all’obiettivo sia estremamente breve. Con riferimento alla
figura, si ha d  2h sin 45  2h , e se l’altezza è la tipica dei satelliti spia,
h  300 Km , il tempo di permanenza sopra all’obiettivo in un passaggio con

300 2
vo  8 Km/s sarà
s cioè dell’ordine del minuto. Per di più la successiva
8
orbita non ripasserà esattamente sopra all’obiettivo perché la Terra sotto ha ruotato
Il che permette facilmente di individuare il sud in una grande città europea, semplicemente
osservando la direzione verso la quale puntano le antenne paraboliche televisive per ricevere il segnale
satellitare.
3
19
d
h
45°
e con velocità differente dal satellite e si dovranno attendere numerose orbite per un
nuovo transito.
Come funziona il sistema GPS ?
Il sistema di posizionamento globale (Global Positioning System) si avvale di un
ricevitore ed una rete di 24 satelliti posti a quota 20000 m , con un periodo orbitale di
B
12 h . Il nostro apparecchio è solo ricevitore, non invia alcun segnale ai satelliti, che
2
A
1
C
quindi neppure sanno della nostra esistenza. Essi inviano il segnale della loro
posizione in ogni istante: bastano tre di questi segnali per poter individuare con
certezza la nostra posizione sul pianeta. Per capire riferiamoci ad un piano e
supponiamo di ricevere la posizione del satellite A insieme al tempo in cui il segnale
è stato inviato. Dalla velocità della luce, alla quale viaggiano le onde radio, ricaviamo
la nostra distanza da A. Questo permette di concludere che ci troviamo su di una
circonferenza (nello spazio una sfera) centrata in A, di raggio pari alla distanza
ricavata. Contemporaneamente riceviamo il segnale dal satellite B, e quindi
dovremo stare pure lungo una circonferenza di centro B e raggio trovato con lo
stesso sistema. Questo riduce la nostra possibile posizione solo ai punti 1 e 2 in
figura. La ricezione di un terzo segnale permette infine di stabilire che la nostra
posizione è la 1, perché dobbiamo appartenere pure ad una terza circonferenza con
centro in C.
Esempio 17
L’orbita del pianeta Nettuno può approssimativamente essere considerata una
circonferenza. Sapendo che Nettuno dista dal Sole circa 30 volte quanto dista la
Terra, si calcoli quanti anni gli occorrono per completare una rivoluzione.
Possiamo rispondere utilizzando la terza legge di Keplero per il moto orbitale:
rT3
TT2

rN3
TN2
 costante
Le informazioni del testo possono essere espresse scrivendo che rN  30rT .
Sostituendo:
rT3
TT2

303  rT3
TN2

TN2  303  TT2

TN  30
3
2
 TT  164  TT
ed essendo TT  1 anno si ha TN  164 anni .
Esempio 18
Le osservazioni mostrano che la Luna impiega 27g 7 h 43 min per una rivoluzione
completa attorno alla Terra (rivoluzione siderale). Assumendo che l’orbita sia
circolare e che M L  7.35  1022 Kg calcolare la distanza media della Terra dal
nostro satellite e l’accelerazione centripeta della Luna.
Trasformiamo il periodo in secondi:
T  27  24  3600  7  3600  43  60  2.36  106 s
sappiamo che vale la relazione:
20
2rL
GMT

vo 

T
rL

rL 
3
T 2GMT
4 2
sostituendo i valori dati:
rL 

3
3
T 2GMT
4 2

3
2.362  1012  6.67  1011  5.97  1024
2.362  6.67  5.97
 10
39.44
42
121124
3

25
 1.78  10 3 
1.78 3 10  108  3.83  108 m  383000 Km
Per l’accelerazione centripeta occorre conoscere la velocità orbitale:
2rL

6.28  3.83  108
6.28  3.83
vo 


 1086  10.2  102  1.02  103 m/s
6
T
2.36
2.36  10
che inserita fornisce:
 2
vo
(1.02  103 )2

1.022
aC 


 1068  2.72  103 m/s2
8
rL
3.83
3.83  10
Esempio 19
Un satellite descrive un’orbita circolare attorno alla Terra ad una distanza di
500 Km dalla sua superficie, impiegando 94.6 min . Trovare la frequenza di
rotazione del satellite (numero di giri ogni secondo), la sua velocità orbitale e
l’accelerazione centripeta. Mostrare quindi che l’accelerazione centripeta è uguale
all’accelerazione dovuta alla gravità terrestre.
Per prima cosa calcoliamo il raggio dell’orbita, r  R  h , ed il periodo in secondi:
r  6.378  106 m  500 Km  (6.378  106  0.500  106 ) m  6.88  106 m
T  94.6  60  5676 s  5.68  103 s
Il numero di giri in un secondo si trova dividendo 1 s per la durata di un giro in
secondi, cioè prendendo il reciproco del periodo:
1
1
f  
 0.170  103 s1  1.70  104 Hz
3
T
5.88  10 s
questo numero si dice frequenza e la sua unità di misura,  s1  è detta Hertz  Hz .
 
Calcoliamo la velocità orbitale e poi l’accelerazione centripeta:

2r
6.28  6.88  106
6.28  6.88
vo 


 1063  7.61 103 m/s
3
T
5.68
5.68  10
 2
vo

(7.61  103 )2
7.612
ac 


 1066  8.41 m/s2
r
6.88
6.88  106
L’accelerazione dovuta alla gravità terrestre si trova facendo il rapporto fra la forza
gravitazionale e la massa m del satellite:

FG
M m
1
5.97  1024

G T
 6.67  1011

m
m
r2
(6.88  106 )2
21

6.67  5.97
6.88
2
 10112412  0.841  101  8.41 m/s2
Esempio 20
L’astronave Enterprise si posiziona in orbita (geo)stazionaria attorno al pianeta
Klingon, ad una distanza di 7.00  104 Km dalla superficie, compiendo una
rivoluzione in due giorni terrestri. Il capitano Picard chiede al tenente
comandante Data quale sia la massa di Klingon, ma una tempesta magnetica ha
cancellato parzialmente i dati e risulta disponibile solo il raggio
RK  1.00  104 Km . Aiutate Data a calcolare la massa del pianeta.
Dalla terza legge di Keplero applicata al pianeta Klingon si ricava
un’espressione per la massa M K del pianeta:
r3
42 r 3
G T2
T2
42
Calcoliamo il raggio dell’orbita ed il periodo in secondi:

GM K

MK 
r  RK  h  1.00  104 Km  7.00  104 Km  8.00  107 m
T  48  3600  172800 s  1.728  105 s
Sostituendo:
4 2 r 3
4  3.142
8.003  1021
4  9.86  512



 10211110 
2

11
2
10
G T
6.67

2.986
6.67  10
1.728  10
MK 
 1013  1021 Kg  1.01  1024 Kg
m
L1
rL
r
Esempio 21
Si dice punto lagrangiano L1 una posizione fra la Terra e la Luna che abbia lo stesso
periodo della Luna. Se considerassimo solo la gravità terrestre, un punto più vicino
della Luna non potrebbe mai soddisfare questo requisito, perché dovrebbe seguire
la sua orbita più velocemente della Luna. Tuttavia la gravità lunare equilibra parte
della gravità terrestre rendendo il fenomeno possibile. Si imposti l’equazione che
permette di trovare il raggio r dell’orbita del punto L1
Con riferimento alla figura, sulla massa m posta in L1 si ha:
 2
vo
MT m
ML m
G
G
 m
r
r2
(r  r )2
L
Il periodo orbitale deve essere lo stesso della Luna, dal che si ricava la velocità:
T 
G
2
GMT
MT
r2
3
rL 2
G

ML
(rL  r )2

vo
2

2
 2r 2  2 r
GMT r 2
 
  
 
GM

3
T 

 T 
rL3
 2 rL 2

2
1 G MT r

r
rL3
22

MT
r3

ML
r (rL  r )2

MT
rL3
4. Accelerazione tangenziale e centripeta
Come possiamo decomporre un vettore?
Nella situazione più generale possibile, dovremo considerare l’eventualità che la

velocità v possa cambiare direzione, verso ed intensità in ogni istante. Per poter
analizzare la situazione dal punto di vista dell’accelerazione, sfrutteremo la
proprietà di decomposizione di un vettore, che qui brevemente richiamiamo. La
tecnica di decomposizione consiste nell’applicare la regola del parallelogramma al




contrario. Dati due vettori v1 e v2 , il loro vettore somma v1  v2 ha per

v2
rappresentante il segmento orientato lungo la diagonale del parallelogramma di lati


consecutivi
v1 e v2 , come in figura. Cambiando prospettiva allora, dato un

qualunque vettore v ed una coppia di rette incidenti r ed s, sarà sempre possibile



decomporre v in una componente lungo r, vr ed una componente lungo s, vs .

Basterà infatti disegnare il rappresentante di v applicato nel punto di intersezione di
r ed s e tracciare le parallele alle due rette a partire dalla testa del vettore. Come si
vede dalla figura, la somma delle due componenti così individuate restituisce
 

sempre il vettore originario, cioè v  vr  vs .

vs

v

v

a

a

a

a
x

v

v
Procediamo decomponendo il vettore accelerazione nelle sue componenti lungo le

due rette tangente e normale alla traiettoria, componenti indicate in figura con at

ed an rispettivamente.
y

an 
a

at

a

an

a

at

a

an

at
figura 7
23

at

an
x
r

v

vr
Qual è la direzione dell’accelerazione nel caso più generale?
Poniamo quindi di avere un punto materiale che si muove seguendo una traiettoria
curvilinea in due dimensioni. Il vettore velocità è, per definizione, sempre tangente
alla traiettoria e quindi, in ogni istante, cambia direzione. Nel caso generale anche il
modulo della velocità cambia in ogni istante.
y


v1  v2

v1
s
Possiamo vedere tale situazione come una combinazione dei casi elementari che
conosciamo. Poiché la velocità è sempre tangenziale, la variazione del modulo della
velocità può essere dovuta solo ad un vettore anch’esso nella direzione tangenziale.
Quindi alla presenza di una componente tangenziale nell’ accelerazione ci dice di
quanto deve essere allungato od accorciato il vettore velocità ogni secondo. La
variazione della direzione della velocità è invece riconducibile alla presenza di una
componente normale nell’ accelerazione, proprio come accade nel moto circolare
uniforme. Come si è visto in quel caso infatti, un’accelerazione perpendicolare alla
velocità non ne modifica mai il modulo, ma la fa solo ruotare.
Possiamo approssimare la traiettoria in ogni punto con una circonferenza?
La componente normale è dunque responsabile del cambiamento di direzione della
velocità istantanea. Possiamo pensare ad essa come all’accelerazione centripeta che
avrebbe la nostra particella se si stesse movendo, anziché lungo la traiettoria reale,
lungo quella circonferenza che meglio vi combacia intorno al punto dove stiamo
osservando il moto. Una tale circonferenza, detta circonferenza osculatrice4, si
individua senza ambiguità per ciascun punto P della traiettoria, considerato che,
presi P1 e P2 in prossimità di esso, come in figura, per i tre punti non allineati P ,
P1 e P2 passa una sola circonferenza. La circonferenza osculatrice nel punto P si
ottiene come posizione limite, facendo avvicinare sempre più P1 e P2 a P . Il suo
raggio viene detto raggio di curvatura della traiettoria in quel punto.
P1
P1
P
P2
P

a

at

an
P  P1  P2
P2

an

a
s(t )

at
Come si intuisce, la circonferenza osculatrice sarà sempre “abbracciata” dalla
traiettoria con la quale deve combaciare, cioè si troverà sempre nella regione di
piano dove la curva rivolge la sua concavità. Pertanto è sempre verso tale regione
che punta la componente normale dell’accelerazione e di conseguenza anche
l’accelerazione complessiva, come viene schematicamente illustrato in figura.
Che relazione c’è con l’accelerazione nel moto rettilineo?
La componente tangenziale dell’accelerazione, invece, è responsabile della
variazione del modulo della velocità, ed ha lo stesso significato che ha l’accelerazione
istantanea nel moto rettilineo, purché si sostituisca la coordinata rettilinea con
un’ascissa curvilinea lungo la traiettoria.
s0
4
Dal latino osculo, baciare. La circonferenza, cioè, che meglio combacia con la traiettoria in quel
punto.
24

a
y

v
x
Esempio 22
In figura è rappresentata la traiettoria di un punto materiale. Si dica se è possibile che
i vettori accelerazione e velocità istantanea abbiano i versi riportati.
La situazione proposta non è possibile, perché il vettore velocità deve essere sempre
tangente alla traiettoria ed il vettore accelerazione sempre orientato verso la parte del
piano dove la traiettoria rivolge la sua concavità.
Esempio 23
Qui a lato è riportato l’andamento in funzione del tempo della velocità di un punto
materiale. Sulla base di questa informazione e sull’andamento della traiettoria
seguita dal punto si stabilisca se l’angolo fra l’accelerazione e la velocità è acuto
oppure ottuso.
L’angolo è acuto perché il modulo della velocità sta aumentando, e pertanto la
componente tangenziale dell’accelerazione deve essere orientata concordemente al
verso di percorrenza della traiettoria. Di conseguenza il vettore accelerazione deve
essere orientato prevalentemente nel verso di percorrenza, cosa che accade nel caso
dell’angolo acuto.

v
t
y
angolo acuto

v

a
y
angolo ottuso

a
25
x

v
x
Parte energetica:
Manovre orbitali ellittiche si ha la parabola se la velocità eguaglia quella di fuga,
iperbole se la supero, ellisse se è inferiore.
La propulsione a razzi è assai inefficace, come voler sollevarsi da terra col rinculo di
un fucile
E’ difficile cadere nel sole perché devo annullare i 30 Km/s della velocità orbitale. E’
più facile lasciare il sistema solare: bastano 12 Km/s.
Fionda planetaria
Altezza
dell’orbita
150 Km
250 Km
20000 Km
Periodo
dell’orbita
35800 Km
1 giorno
Velocità
orbitale
12 ore
26
Classificazione
dell’orbita
LEO
Satelliti Spia
LEO
Shuttle
MEO
GPS
Satelliti TV o
GEO
Meteo
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Forza centripeta e gravitazione 1. Il moto circolare