1 Istituto Superiore di Formazione Insegnanti Yoga ISFIY di Milano corso 2004/2008 Titolo della tesi LO YOGA COME RICERCA DEL BARICENTRO NATURALE NEI CASI DI DEVIAZIONE LATERALE DELLA COLONNA VERTEBRALE. Candidato Relatore Luisa Mauro Doralice Lucchina 2 LO YOGA COME RICERCA DEL BARICENTRO NATURALE NEI CASI DI DEVIAZIONE LATERALE DELLA COLONNA VERTEBRALE. Introduzione. Ho scelto questo argomento perché la scoliosi è stata per me la spinta iniziale alla pratica dello Hatha Yoga. Pur non avendo mai sofferto di dolori alla schiena, nonostante tre gravidanze, provavo già venti anni fa una sensazione di rigidità alla schiena e di chiusura del torace che mi rendevano insicura e poco felice. La visione radiografica della mia colonna e la sentenza inappellabile del medico ortopedico: “…non c’è niente da fare, lei è condannata ad avere dolori” mi convinsero definitivamente che dovevo fare qualcosa. Lessi un po’ qua e là, ma soprattutto ricordai, o meglio, il mio corpo ricordò la sensazione di apertura e leggerezza provata tanti anni prima in occasione di non più di una o due sedute di Hatha Yoga e di cinque o sei lezioni di Tai-ChiChuan. Alla fine degli anni Novanta, quando il mio terzo figlio era già grandicello, decisi di iscrivermi ad un corso di Hatha Yoga presso un Centro del mio Comune, istituito e condotto da una maestra diplomata della F.I.Y. Non ho mai seguito sequenze speciali per il mio problema, ma da un po’ di tempo ho iniziato a sentire chiaramente che alcune asana sono per me più benefiche e che altre devo assumerle con maggiore cautela o per tempi più brevi. 3 Ripensando ai primi anni di pratica delle asana, ricordo quanto mi fosse difficile far scorrere il respiro e di conseguenza l’energia su e giù lungo la spina dorsale: era come se ci fosse un blocco, un ostacolo. Inconsapevolmente, però, io visualizzavo la mia colonna come un canale diritto, senza curvature. Con la ripetizione continua di questa pratica credo che, almeno energeticamente, la mia colonna si sia raddrizzata; forse ho attuato una sorta di Sankalpa, seppure senza consapevolezza! Questa ricerca è per me un’occasione per approfondire il tema delle deviazioni laterali del rachide e capire quale ruolo lo Yoga può svolgere per aiutare le persone affette da tali patologie. Che cos’è la scoliosi? Ma che cos’è la scoliosi? Il termine deriva dal greco “skolios” che significa “curvo, storto” e già nell’antica Grecia Ippocrate (300 a.C.) per ridurre questa stortura ideò una serie di strumenti tra cui il telaio di riduzione, la trazione longitudinale, le pressioni sulle gibbosità. Un millennio più tardi Paolo d’Egina tentò la correzione graduale della scoliosi mediante bendaggi steccati. Nel 1582 Ambroise Parè insegnò come fabbricare corazze metalliche da applicare al tronco degli scoliotici. Nell’ambito della medicina occidentale non sono stati poi compiuti sostanziali progressi terapeutici fino al sec.XX quando Hibbs (1931) eseguì la prima artrodesi spinale e quando Blount e Schmidt misero a punto il corsetto Milwaukee. Normalmente, sul piano frontale, la colonna vertebrale è verticale e rettilinea. 4 Questa verticalità si mantiene con la tensione dei muscoli spinali e coi fasci laterali dei muscoli obliqui dell’addome: gli spinali agiscono direttamente sulla colonna vertebrale, gli obliqui con le costole come intermediarie. E’ logico quindi che la tensione di questi muscoli deve essere uguale nei due lati per mantenere la verticalità. Ma accade con una certa frequenza che la colonna presenti una o più curve. Convenzionalmente, una curva laterale è destra o sinistra a seconda che la sua convessità sia a destra o a sinistra. Se essa è unica, sarà o totale ed interesserà tutta l’altezza della colonna vertebrale, o parziale ed interesserà solo una parte della spina, lombare dorsale o cervicale. Le prime quattro vertebre cervicali, però, non partecipano mai alle deviazioni. Possono esistere anche due o tre curve che si alternano. Più spesso una scoliosi comincia con una sola curva. Essa potrà restare unica se la tonicità muscolare è sufficiente per mantenere il capo al di sopra del centro di gravità. Ma se il tronco si inclina dal lato della concavità, dando ai muscoli un lavoro minore, i sistemi di equilibrio diretti dal Sistema Nervoso Centrale porteranno alla formazione di curve così che il capo sia centrato sul bacino e sul perimetro di appoggio: si formerà così una seconda curva, detta di compenso, al di sopra o al di sotto della prima ed in senso inverso ad essa; con un processo analogo se ne può formare una terza. 5 1. Figura tratta da “Manuale di ginnastica medica” di Jacques Lesur, ed. Società Stampa Sportiva Roma La scoliosi è molto diffusa ed affligge l’umanità fin dall’assunzione della stazione eretta, come dimostra un’immagine dell’Età della pietra raffigurante una scoliosi congenita dovuta ad un’emivertebra. Essa si manifesta generalmente nell’età evolutiva, in particolare nell’adolescenza, raggiungendo il suo massimo grado di deformità al termine della crescita. Nelle donne che hanno più gravidanze può continuare ad aggravarsi e peggiorare anche in età adulta. E’ un mistero il fatto che insorga e progredisca di più nelle femmine che non nei maschi. Se non vi è rotazione dei corpi vertebrali non si può parlare di scoliosi e l’anomalia prende il nome di paramorfismo o atteggiamento scoliotico, che sta a dimostrare un semplice atteggiamento posturale scorretto. Vi sono moltissime varietà di scoliosi, ma fondamentalmente se ne riconoscono due tipi: strutturale e funzionale (detta anche non strutturale). Nella prima le vertebre formano una curva laterale, nella seconda invece, la colonna appare curva a causa di un problema che interessa un’altra parte del corpo, per esempio una differente lunghezza delle gambe. 1. Figura tratta da Internet: www.gss.it/scoliosi.htm 6 Generalmente una curva funzionale (detta anche atteggiamento scoliotico) è meno visibile di una curva strutturale, perché la curvatura e la rotazione sono meno gravi, ed in molti casi è reversibile. Spesso si corregge da sola, al termine della crescita. Ma se una curva funzionale non si raddrizza, può degenerare in strutturale. Esiste un semplice test diagnostico per appurare il tipo di scoliosi: consiste nell’osservare la colonna vertebrale mentre si flette in avanti in posizione eretta. Se la curva è ben visibile quando si è in piedi e poi scompare quando ci si flette in avanti, significa che la scoliosi è funzionale. Se la curva non scompare ed anzi la deformazione diventa più evidente, si tratta di scoliosi strutturale. Eziologia della scoliosi. Le scoliosi strutturali sono, nella maggior parte dei casi, evolutive durante l’accrescimento, in particolare nel corso della pubertà, fino alla maturazione ossea ed inoltre si possono aggravare più lentamente nel corso dell’età adulta. Tra le scoliosi strutturali, le IDIOPATICHE sono di gran lunga le più numerose: la loro causa è ignota. Dal “Manuale di kinesiterapia dei vizi posturali e dei dismorfismi” di Sergio Pivetta: ”…come hanno origine le scoliosi? Non lo sappiamo. A tutt’oggi, non vi è teoria sulla sua eziopatogenesi che non presenti delle paurose lacune… solo ipotesi, tante e diverse ipotesi. E qualsiasi ipotesi non manca di essere regolarmente contraddetta da troppe, numerose eccezioni. Del resto, anche nelle scoliosi la cui causa è nota, si sa solo che esse sono secondarie ad altre affezioni, si sa che queste ne sono la causa, ma resta ignoto il perché… sono noti soltanto alcuni aspetti della malformazione, ed in modo incompleto. Le forme ad eziologia conosciuta rappresentano, secondo Cobb, solo il 10%. Il rimanente comprende tutte le altre (definite variamente giovanili, essenziali, idiopatiche) termini che non 7 significano niente e che servono solo a mascherare la nostra impotenza.”* Così Sergio Pivetta dichiara molto onestamente l’impossibilità per la medicina occidentale di risalire alle cause della stragrande maggioranza delle scoliosi. Nel corso del tempo sono state elaborate molte teorie riguardo alle cause fisiche delle scoliosi idiopatiche. Molte ricerche prendono in considerazione lo sviluppo del cervello e/o di specifici geni. Diversi studi si sono focalizzati sulle deformità nella ghiandola pineale, con qualche interessante risultato. E’ possibile che la melatonina, un ormone secreto dalla ghiandola pineale, giochi un ruolo nello sviluppo e nella progressione della scoliosi. Questo è interessante, perché la ghiandola pineale è il punto fisico corrispondente al “Terzo Occhio”, molto importante per la meditazione Yoga. I trattamenti medici per la scoliosi comprendono terapie fisiche, corsetti e/o operazioni chirurgiche con innesti di canne di acciaio o di fusioni di metalli. L’uso del corsetto è molto controverso e vi sono studi che dichiarano la sua totale inefficacia. Dal punto di vista scientifico è una questione difficile da studiare, in quanto non si può mai sapere cosa sarebbe avvenuto alla colonna vertebrale senza l’uso di un corsetto. Ma una cosa è stata dimostrata: la flessibilità di una persona aumenta l’efficacia del corsetto che può in effetti fermare la progressione della curva. Questo è importante per una persona che voglia praticare yoga con il corsetto come terapia supplementare, sperando di prevenire un’operazione chirurgica. Le operazioni chirurgiche sono state notevolmente migliorate negli ultimi trent’anni. Anche riguardo ad esse vi sono molte controversie, ma sembra, in base a dati statistici, che molte persone stiano meglio dopo questo tipo di operazioni.* Ma niente ci dice dove risiede la causa della scoliosi. Se la causa si trova da * S. Pivetta “La tecnica della ginnastica correttiva”, vol. II, pag. 319, ed. Sperling & Kupfer * Sintesi di un documento trovato su Internet: www.scoliyogi.com 8 qualche parte nel cervello e la malattia è decisa a progredire, continuerà il suo sviluppo anche dopo l’operazione di innesto di canne metalliche. L’operazione è comunque raccomandata se il grado di curvatura ed il ritmo di progressione della scoliosi sono elevati. Stupita da questa raccolta di informazioni così poco esaurienti, in occasione di una visita da me avuta dal dottor Dash, medico ayurvedico di fama, ho rivolto a lui la questione, pregandolo di fornirmi anche dei dati bibliografici di riferimento. Riguardo questo punto, non c’è, a sentire il dottor Dash, una letteratura ayurvedica sull’argomento. Ma, secondo il suo parere, la scoliosi può avere tre cause: 1) causa congenita dovuta ad una posizione sbagliata del feto nell’utero materno; 2) uno stress al momento del parto; 3) dopo la nascita, un modo errato di tenere in braccio il bambino (per es. sempre a destra o sempre a sinistra) I rimedi per gli adulti per non aggravare la scoliosi risiedono in un’alimentazione equilibrata, qualche tipo di massaggio e la pratica dello yoga, evitando o comunque non forzando alcune posture. Ma di questo tratterò ampiamente in seguito. Yoga ed Ayurveda sono due scienze antiche che originano dalla stessa filosofia, cultura e nazione. Esse si pongono di fronte all’essere umano con il medesimo punto di vista olistico. L’Ayurveda è la scienza della vita e della longevità. Lo Yoga è la scienza dell’unione del sé individuale con il sé universale. Entrambe le scienze mirano ad armonizzare i livelli fisico, mentale, emotivo e spirituale dell’essere umano: L’Ayurveda considera la vita un fenomeno psico-spirituale e fisico. Fondamentalmente essa mira a porre fine alle sofferenze e conservare lo stato di salute, in modo che ciascun individuo possa raggiungere i quattro scopi della vita: Dharma, Artha, Kama e Moksha (rettitudine, prosperità, piacere e liberazione). 9 Lo Yoga ha lo scopo fondamentale di raggiungere la meta psicospirituale della vita, ossia la liberazione, ma non trascura affatto l’importanza di mantenersi in buona salute nel corso del proprio cammino: la purezza del corpo, della mente e della parola costituisce un principio essenziale al fine di conseguire lo scopo ultimo. Non credo di divagare citando un brano del testo “Malattia e destino: il valore ed il messaggio della malattia” di Thorwald Dethlefsen, psicoterapeuta di impostazione esoterica, che ha scritto questo libro in collaborazione col medico Rudiger Dahlke: “Il portamento ovvero L’esteriorità come riflesso dell’interiorità” “…se parliamo del portamento di una persona, non si capisce bene se intendiamo il portamento corporeo o quello interiore. Ciò nonostante questa ambiguità verbale non porta a malintesi, perché l’atteggiamento esteriore corrisponde a quello interiore. Nell’esteriorità si rispecchia l’interiorità. Così, per esempio, parliamo di una persona retta, che significa onesta, ma anche diritta nel portamento. Un animale non può mai essere “retto”, perché non si è mai messo a camminare su due gambe soltanto. L’uomo però in tempi antichissimi ha fatto questo passo fondamentale e si è messo diritto, avendo così la possibilità di rivolgere lo sguardo verso l’alto, verso il cielo e l’occasione di diventare dio. Al tempo stesso si esponeva al pericolo dell’orgoglio di credersi dio. Le possibilità ed i pericoli della posizione diritta si mostrano chiaramente anche sul piano corporeo. Le parti deboli del corpo, che nell’animale a quattro zampe sono ben protette dal suo portamento, risultano nell’uomo che cammina totalmente prive di protezione. Questa mancanza di protezione e questa conseguente grande vulnerabilità porta con sé una grande apertura e ricettività. E’ soprattutto la colonna che rende possibile il nostro portamento eretto. E’ lei che rende l’uomo sicuro ed agile, che gli dà forza e flessibilità. Abbiamo detto 10 che il portamento interiore e quello esteriore si corrispondono, e questa analogia risulta anche da certe espressioni: ci sono uomini retti e uomini che si piegano con facilità; conosciamo gente rigida e dura e gente che preferisce strisciare; a certuni manca il portamento, non sanno comportarsi. Noi individuiamo subito come innaturale quel portamento che non corrisponde all’essere interiore umano, perché è proprio dal portamento naturale che riconosciamo l’uomo. Se una malattia costringe la persona ad un determinato portamento che volontariamente non assumerebbe mai, questo atteggiamento ci mostra qualcosa che non è vissuto interiormente. Considerando una persona dobbiamo imparare a distinguere se essa si identifica col suo portamento esteriore oppure se deve assumere un atteggiamento contro la propria volontà. Nel primo caso, nel portamento modificato dalla malattia si nota una zona d’ombra che la persona, se potesse scegliere, non vorrebbe avere. Per es. un individuo che cammina diritto e sicuro, sempre a testa alta, mostra una certa inavvicinabilità, orgoglio, elevatezza e sincerità. Una persona del genere mostrerà però al tempo stesso tutte le sue altre qualità. Non le smentirebbe certamente…”* Dethlefsen non accampa pretese di scientificità nel senso abituale ed acquisito del termine, tuttavia sottolinea l’orizzonte a cui la medicina dovrà tendere in futuro se non vorrà correre il rischio di arenarsi: il corpo in sé non è ammalato o sano, in esso si esprimono semplicemente informazioni della coscienza, della psiche. Se queste sono ammalate o mancano di qualcosa, sono indotte a richiamare l’attenzione producendo quelle che noi definiamo malattie. Le malattie sono quindi un’informazione della coscienza che vuol far notare * Brano tratto da “Malattia e destino” di T. Detthlefsen e R. Dahlke, ed. Mediterranee una sua necessità, un suo bisogno, e lo rivela sul corpo, che diviene così il suo modo, il suo livello di espressione. Per guarire bisogna quindi trasformare la coscienza, integrare ciò che manca, capire le carenze ed integrarle. La medicina 11 psicosomatica lavora già da tempo ed in larga misura su queste basi, pur senza arrivare ad esprimersi con molta chiarezza, secondo Dethlefsen. La malattia diventa quindi una “guida” capace di rivelare i veri problemi a livello esistenziale, un’alleata quindi e non una nemica, non un disturbo cieco e casuale ma un mezzo per capire più profondamente se stessi e favorire il proprio cammino evolutivo. Varietà di scoliosi. Dopo questa ampia digressione, vorrei tornare alla questione delle scoliosi strutturali, quelle cioè in cui il rachide risulta deformato in modo permanente e la deformazione non è volontariamente riducibile. Esse vengono suddivise dalla medicina occidentale, come già accennato, in scoliosi ad eziologia nota (non più del 10%) ed idiopatiche o ad eziologia sconosciuta (il 90%).* Tra le scoliosi ad eziologia nota vi sono quelle dovute a forme di malformazioni ossee congenite della colonna vertebrale, a sindromi neuromuscolari come la paralisi cerebrale, la distrofia muscolare, la poliomielite, l’ipotonia congenita ed altre patologie, e spesso possono essere associate a patologie molto gravi come la sindrome di Down o il nanismo. Quando non si trova alcuna causa la scoliosi è definita, come già detto, idiopatica, ed è circa otto volte più frequente nelle femmine che nei maschi.* * Dato tratto da “La tecnica della ginnastica correttiva”, vol. II, di S. Pivetta, ed. Sperling & Kupfer * Dato tratto da nternet:www.my-personaltrainer.it/scoliosi.htm Le scoliosi idiopatiche, secondo la stessa fonte si distinguono in: • scoliosi con curva primaria (curva meno riducibile, di entità angolare più ampia e con maggiore rotazione dei corpi vertebrali) circa il 70% dei casi che comprendono: 12 1) scoliosi toraciche (circa il 25%), presentano generalmente una convessità destra, oltre ad una curva di compenso lombare che diventa rapidamente strutturata (vedi fig.a); 2) scoliosi toraco-lombari (circa il 19%), presentano generalmente una convessità destra e due emicurve di compenso (vedi fig.b); 3) scoliosi lombari (circa il 25%). Abitualmente sono sinistro-convesse e la curva di compenso toracica si struttura nel corso dell’aggravamento (vedi fig.c); 4) scoliosi cervico-toraciche (circa 1%), di solito la convessità è a sinistra le curve di compenso toracica o toraco- lombare tendono a strutturarsi; • scoliosi con doppia curva primaria (circa il 30% dei casi), comprendono sia le scoliosi con curva toracica e lombare (circa il 23%, sono le più frequenti e determinano generalmente una convessità toracica destra e lombare sinistra come illustrato nella fig.d), sia le scoliosi con doppia curva toracica (le vertebre limitanti sono, di solito T1 e T6 per la curva superiore, e T6 e T12 per quella inferiore), sia infine, le scoliosi con curva toracica e toraco-lombare. La figura sopra presentata è stata tratta da un documento Internet sul sito www.gss.it/scoliosi/scoliosi. 13 In definitiva le quattro curve più comuni nella vastissima tipologia della scoliosi sono quelle qua sotto più semplicemente rappresentate: * Figura tratta da Yoga Journal, giugno 2007 1) scoliosi toracica destra: la scoliosi principale è concentrata nell’area toracica (parte alta o centrale della schiena) e curva a destra. Ci può anche essere una curva di compensazione meno grave sul lato sinistro 14 dell’area lombare (parte bassa della schiena); 2) scoliosi lombare sinistra: la curva principale si trova a sinistra dell’area lombare. Ci può essere una curva meno grave sul lato destro dell’area toracica; 3) scoliosi toraco-lombare destra. La curva principale interessa la parte destra dell’area toracica inferiore e dell’area lombare. Questa deviazione viene comunemente definita a forma di “C”; 4) scoliosi toracica destra e lombare sinistra. La curva principale si trova nella regione toracica, con una controcurva uguale nella parte sinistra dell’area lombare. Questa deviazione è comunemente definita a forma di “S”. La scoliosi viene in genere misurata in gradi Cobb (angolo di Cobb). Questo angolo si ottiene tracciando due linee tangenti una alla prima ed una all’ultima vertebra colpita da scoliosi: le due perpendicolari si intersecano formando un angolo che indica l’entità in gradi della deviazione scoliotica.* * Figura tratta da Internet: www.my-personaltrainer.it/scoliosi Le scoliosi considerate gravi sono quelle che superano i 30°-40° di Cobb. 15 Nel grafico sottostante è riportata l’incidenza della scoliosi nella popolazione misurata in gradi Cobb: Dal grafico si può notare la prevalenza delle scoliosi lievi (7,7%) rispetto alle severe (0,2-0,3%).* Ma in tutti i casi gli effetti dell’asimmetria dovuti alla torsione della colonna vertebrale su se stessa sono così descrivibili: le costole di un lato del corpo vengono spinte in avanti (lato della concavità) quelle dell’altro indietro (lato della convessità). Ad esempio, se la colonna vertebrale si curva a destra, le costole destre sporgeranno indietro creando una convessità e spesso un gibbo più o meno evidente, mentre le costole sinistre spingeranno in avanti creando una concavità; le costole destre si allargheranno provocando un allungamento eccessivo dei muscoli intercostali e la compressione delle costole sinistre. Queste torsioni e rotazioni possono creare un effetto domino che mette fuori uso anche il resto del corpo. Si può spesso osservare un’asimmetria a livello delle spalle, e, a causa di ciò, è possibile che una scapola sia più sporgente dell’altra. L’asimmetria delle anche, poi, può sbilanciare l’intero bacino. Inoltre, la testa pende spesso da un lato o cade in avanti, anziché essere ben posizionata al centro. Tutti questi squilibri possono provocare un lungo elenco di disturbi fino a sfociare in vere e proprie infermità. Poiché la testa e le spalle * Figura tratta da Internet: www.my-personaaltrainer.it/scoliosi non sono mai allineate anche l’emicrania può manifestarsi con frequenza. 16 L’asimmetria delle anche può causare dolori alla parte bassa della schiena ed anche la sciatica. La costante compressione delle vertebre dal lato concavo della curva può logorare le sottili articolazioni intervertebrali e provocare danni ai dischi che, a causa della pressione, possono sporgere o addirittura rompersi. Il dolore che colpisce in genere il lato concavo della curva spesso non dà tregua e può portare all’insonnia. In casi estremi si possono verificare complicazioni cardiopolmonari del cuore e dei polmoni. Molto diffusa tra gli scoliotici è una più o meno accentuata difficoltà respiratoria. Non sorprende che lo stress causato da queste complicazioni fisiologiche sia all’origine di depressioni e riduca l’autostima. Dal libro “La rieducazione fisica” vol. II di Andrè Lapierre “…ma lo scoliotico, indipendentemente da questi ostacoli meccanici (rigidità rachidea, gibbosità, depressioni, orizzontalità o verticalità delle coste) NON SA RESPIRARE e per tale ragione non utilizza neppure le possibilità che gli sono concesse: gli scoliotici presentano spesso un asincronismo addomino-costo-diaframmatico e la loro capacità vitale non oltrepassa il 70%-80% della normale…”. Lo stesso autore continua: ”… per ogni scoliotico è quindi necessaria, prima di ogni trattamento con intenti ortopedici, una ginnastica generale e respiratoria che educhi sistematicamente: • lo schema corporeo • l’indipendenza segmentaria • i meccanismi posturali essenziali • i meccanismi respiratori “* * A. Lapierre “La rieducazione fisica” vol. II, pag. 469, ed Sperling & Kupfer Uno sguardo ai testi sacri… 17 “Malattia, apatia, dubbio, negligenza, indolenza, incontinenza, prospettiva erronea, incapacità di realizzare un obiettivo prefissato, incapacità di mantenere l’obiettivo raggiunto: queste dispersioni della coscienza sono gli ostacoli”, così Patanjali nel sutra 30 del capitolo I degli Yoga Sutra. Non mi soffermerò nell’analisi e nel commento dell’intero sutra, ma solo di ciò che è utile ai fini della mia ricerca: la malattia (vyādhi). Non è un caso che Patanjali la collochi al primo posto dei nove ostacoli alla pratica dello Yoga, ostacoli che sono alimentati dai guna rajas e tamas, che disperdono la coscienza producendo modificazioni incompatibili allo stato di Yoga (vedi cap. I, 5-11). Secondo l’Ayurveda la malattia sorge da uno squilibrio nell’interazione dei tre umori del corpo: aria (vāyu), bile (pitta), flemma (kapha). Gli umori devono rimanere in una proporzione equilibrata per mantenere la persona in buona salute, mentre un loro squilibrio va a ripercuotersi sul rasa, la linfa vitale dell’organismo che si diffonde negli organi di senso e di azione (indriya) i quali manifestano di conseguenza sintomi patologici. La malattia impedisce quindi al praticante di avanzare sulla strada dello Yoga, producendo modificazioni mentali. Patanjali già nel sutra 12 del capitolo I indica i rimedi che possono sopprimere tali modificazioni: “ La soppressione di queste vritti si ottiene per mezzo della pratica (abhyāsa) ed attraverso il distacco (vairāgya)”. La pratica che qui intende Patanjali è quella di viveka, la discriminazione, cioè la capacità di distinguere il vero dal falso, il bene dal male. Il distacco è invece un atteggiamento di non attaccamento agli oggetti, alle situazioni, alle emozioni, alle persone. Abhyāsa e vairāgya devono essere praticati insieme per poter sopprimere le vritti. Ed ancora nel sutra 32, capitolo I “Per eliminare questi ostacoli (si pratichi) la concentrazione della coscienza sull’unica realtà.” Il praticante deve quindi abituarsi a rivolgere la propria coscienza verso un unico principio, un’unica realtà. 18 Come noto, Patanjali non si sofferma a descrivere gli asana ed il suo commentatore più noto, Vyāsa, ne elenca un certo numero tra cui padmasana, vĩrāsana, bhadrāsana, tutte posizioni sedute, adatte alla meditazione. Patanjali dà comunque le indicazioni indispensabili per ogni posizione: l’asana deve essere “stabile e confortevole”(cap.II, 46), “quando si allenta lo sforzo e quando la mente riflette la condizione dell’infinito” (cap.II, 47), “in seguito cessa il disagio provocato dalle coppie degli estremi” (cap.II, 48).* Gli studiosi collocano la stesura degli Yoga Sutra nel periodo che va dal I secolo a.C. al II secolo d.C. Secoli più tardi, intorno al 1500 d.C., un testo di tradizione tantrica, caratterizzato dall’importanza data alla pratica corporea, lo Hatha Yoga Pradipika, così recita: “Le asana apportano stabilità, salute e leggerezza fisica” (capitolo I, 17). Il primo risultato enunciato è la fermezza posturale, cioè la stabilità del corpo e della mente. Non possiamo pensare di avere un corpo stabile con una mente agitata, perché la sua agitazione condiziona inevitabilmente il corpo. Secondo la filosofia Yoga, ogni cosa che esiste è retta dai tre guna: sattva, rajas e tamas. La stabilità del corpo è raggiunta tramite la distruzione del rajas guna, la cui natura è instabilità ed agitazione. Il secondo risultato è la salute, la scomparsa di ogni malattia. Risultato di fondamentale importanza perché la malattia è uno dei nove ostacoli alla pratica dello Yoga che già Patanjali enumera (Yoga Sutra, cap. I, 47). Il terzo risultato è la leggerezza fisica, derivante dalla distruzione del tamas guna, la cui natura è pesantezza, torpore, pigrizia. L’asana deve tendere a sattva guna, la cui natura è di osservazione, distacco, equilibrio. * I sutra enunciati sono tratti da “Yoga Sutra – il più antico testo di yoga con i commenti della tradizione” a cura di P. Scartabelli e M. Vinti, ed. Mimesis E qui il cerchio si chiude, ritornando agli insegnamenti di Patanjali: “La posizione deve essere stabila e comoda” (cap.II, 46, Yoga Sutra). “Attraverso il rilassamento dello sforzo e l’immersione nell’infinito” (cap.II, 47, Yoga Sutra). 19 “L’abbandono delle tensioni muscolari trasportato su un piano psicologico e mentale è l’abbandono dell’Io, il quale conosce la sua prima affermazione con una contrazione muscolare…meditazione sull’infinito vuol dire annullare tutte le possibili forme mentali che si presentano in noi, perché ogni pensiero, idea o concetto limita sia la coscienza che l’energia ed impedisce il raggiungimento dello scopo che Patanjali enuncia nel cap.II, 48: “ Da ciò non si è più ostacolati dalle coppie di opposti.”* …ed uno sguardo ai Maestri. Tra i Maestri più noti in Occidente dei nostri tempi, Satyananda e B.K. Iyengar si sono occupati dei problemi derivanti da una colonna vertebrale in cattivo stato di salute. Satyananda, nel suo libro “Asana Pranayama Mudra Bandha”propone una sequenza per il mal di schiena, che è un sintomo tipico della scoliosi, anche se può derivare da altre patologie della colonna. Qui di seguito riporto le illustrazioni della sequenza: * da una lezione di Eros Selvanizza del 18.11.2006 presso l’ISFIY di Milano 20 21 22 23 24 Satyananda indica poi tutte le asana di estensione all’indietro e come ultime asana: 25 Infine, Satyananda consiglia di praticare Ujjayi e Bhramari, ambedue i pranayama che hanno un profondo effetto calmante sul sistema nervoso e sulla mente, e la ripetizione dell’Ajapa Japa (il mantra Om). 26 “ La yogaterapia ha una lunga tradizione e grandi potenzialità. Ha inoltre eccellenti probabilità di essere accettata anche da un punto di vista scientifico per ragioni molto semplici. Ecco il modo in cui funziona: prima di tutto c’è un problema di salute; in secondo luogo intuisco che ci può essere una soluzione che prevede l’utilizzo di tecniche yoga; terzo punto, mettiamo il tutto alla prova attraverso la pratica, e quindi analizziamo statisticamente i risultati. Se la mia soluzione funziona , la proposta ha guadagnato credibilità, in caso contrario è chiaro a tutti che avevo torto, o almeno che l’idea o la sua esecuzione erano sbagliate…”* Non so se i discepoli di Satyananda abbiano risultati statistici sulla sequenza, ma posso assicurarne l’effetto benefico sulla mia colonna vertebrale le varie volte che l’ho praticata. B.K.S. Iyengar propone invece una sequenza più specifica per la scoliosi, che però prevede posizioni molto forti e di notevole difficoltà come Urdhva Dhanurasana, Pincha Mayurasana, Adho Mukha Vrkasana e Dwi pada Viparita Dandasana : * da un’intervista di Susi Stefanini a David Coulter, autore del libro “Anatomy of Yoga” 27 Tra gli allievi di Iyengar, ho avuto la fortuna di scoprire Elise Browning Miller, insegnante di yoga e specializzata nella terapia della scoliosi, fondatrice del Californian Yoga Center, dove attualmente insegna e membro dello Iyengar Yoga Institute di San Francisco. La Miller, affetta lei stessa dall’età di 15 anni da una grave scoliosi strutturale toracica di 49 gradi con una curva di compensazione lombare, ha sviluppato un metodo per persone di ogni età affette da tale patologia. I punti fondamentali di tale metodo consistono nell’allungamento della spina dorsale e dei muscoli tesi, nel rafforzamento di quelli deboli, nella derotazione della spina e delle costole, nell’educazione ad una respirazione consapevole e nel rilassamento. Questo metodo, sostiene la Miller, permette al corpo di creare senza sforzo un allineamento più normale, usando la struttura ossea piuttosto che sovraffaticare i muscoli. Attraverso lo yoga si può trovare il punto di equilibrio che permette alla curva scoliotica di coesistere con la gravità, attivare la naturale linea a piombo del corpo ed ottenere quindi una postura migliore ed un alleviamento dei dolori. “ Scegliere lo yoga per la scoliosi richiede impegno e consapevolezza interiore. Con la scoliosi non bisogna attendersi la perfezione ma invece accettarsi e 28 trovare il proprio allineamento e centro ottimali. Come c’è bellezza nell’allineamento perfetto di una palma, c’è anche bellezza in una quercia con tutte le sue curve e torsioni. Psicologicamente, la pratica dello yoga è molto rafforzante, in quanto dà la speranza di poter fare qualcosa per migliorare la propria condizione e qualità di vita.”* La mia pratica personale. Traendo spunto dalla mia esperienza personale, dagli insegnamenti ricevuti nei tre anni alla scuola ISFIY e dall’opuscolo di Elise Browning Miller, ho elaborato una sequenza mirata alla situazione della mia colonna vertebrale, ma che può essere adattata con le indicazioni specifiche, anche a persone affette da scoliosi lombare sinistra, toracolombare destra o toracica destra-lombare sinistra. In seguito ad una recente radiografia seguita da visita specialistica, il mio rachide presenta una deviazione toracica destra tra i 28° ed i 30° di Cobb, con rotazione leggera della parte anteriore delle vertebre verso la convessità e della parte posteriore (il processo spinoso) verso la concavità sinistra, ed inoltre un leggero sbilanciamento a destra del rachide lombare. Sul dorso a destra è presente un piccolo gibbo toracico di 15 millimetri. Il mio bacino risulta sostanzialmente in linea, anche se la gamba destra è di 2-3 millimetri più lunga * tratto dall’opuscolo “Yoga for scoliosis. Therapeutic back care. Reduce pain and improve posture” di Elise Browning Miller della sinistra. Gli spazi intersomatici (tra le vertebre) sono conservati. 29 Rispetto ad un precedente controllo di 14 anni fa la situazione è rimasta sostanzialmente invariata, ed io non nutro alcun dubbio che ciò sia dovuto alla pratica regolare dello yoga. Il fatto che le mie vertebre siano sempre ben distanziate e la curvatura non sia aumentata è un frutto prezioso di cui sono estremamente riconoscente a questa disciplina. La sequenza che presento si può suddividere in quattro parti: 1. posizioni di respirazione ed allungamento, 2. posizioni di centratura e di rafforzamento, 3. posizioni di rafforzamento del dorso e dell’addome, 4. posizioni di rilassamento. Inframezzate tra queste vi sono anche posizioni che hanno l’ulteriore funzione di derotare la spina e le costole (come Trikonasana e la torsione seduti sulla sedia). POSIZIONI DI RESPIRAZIONE ED ALLUNGAMENTO Iniziamo prendendo consapevolezza del respiro, perché è il respiro che dà quiete alla mente e porta nel presente, è il legame tra corpo e mente. Teniamo la bocca chiusa e respiriamo dal naso. Respiriamo nel lato concavo con maggior compressione e quando espiriamo sentiamo le costole alzate rispetto al bacino: questo crea spazio tra le vertebre ed aiuta ad allineare il corpo. Impariamo a respirare nella zona dolente o nel lato dei polmoni e delle costole dove il respiro non fluisce facilmente. Possiamo respirare in Ujjayi, per concentrarci meglio e calmare il sistema nervoso. Movimenti delle braccia. Inspiriamo e solleviamo le braccia di lato e poi fin sopra la testa.Espiriamo ed abbassiamo lentamente le braccia, lasciandole cadere dalle orecchie. Sentiamoci sollevati durante l’esecuzione e spingiamo bene le mani verso l’alto. Ripetiamo per tre volte. 30 Allungamenti laterali. A destra. Retrovertiamo leggermente il bacino. Inspiriamo e portiamo le braccia sopra la testa. Espiriamo e prendiamo il polso sinistro con la mano destra. Curviamoci dalle costole destre e respiriamo dentro le costole sinistre compresse, allungandosi bene, sentendo la derotazione della spina e spingendo la scapola destra in avanti per allineare le spalle ed il dorso superiore. Manteniamo per qualche respiro. A sinistra. Espiriamo e prendiamo il polso destro con la mano sinistra e spostiamo i fianchi a destra. Manteniamo per qualche respiro. E poi ritorniamo con le braccia lungo i fianchi , nella posizione di Tadasana. 31 In Tadasana indirizziamo il respiro in tutte le parti del corpo, cercando di capire dove arriva facilmente e dove, invece, incontra degli impedimenti, permettendo all’inspirazione ed all’espirazione di sciogliere le tensioni. Ascoltiamo le due parti del corpo. Ardha Uttanasana. Ci portiamo vicini ad una parete, ad un passo distanti da essa, con i piedi distanziati tra di loro non più della larghezza del bacino. Retrovertiamo leggermente il bacino ed allunghiamo il dorso superiore e la colonna , e sentiamo anche l’allungamento dalle costole inferiori ai piedi. Formiamo un’alta diagonale dall’osso sacro alle mani. Respiriamo con un respiro spontaneo, fluido, senza interruzioni. Portiamo i piedi indietro ed abbassiamo le mani così da formare col corpo un angolo retto. Manteniamo la retroversione del bacino. I talloni sono sotto le anche, e mani, spalle ed anche sono parallele al suolo. Premiamo i palmi contro la parete ed allunghiamo la spina e le anche lontano dalla parete. Se siamo sufficientemente flessibili, abbassiamo ancora un po’ le mani e le braccia. E respiriamo, spontaneamente, ma con un respiro fluido, senza interruzioni. 32 Chakravakasana. Inspiriamo. Osso sacro e dorso inferiore verso l’alto. Alziamoci attraverso la sommità del capo. Mentre ci inarchiamo premiamo di più con la mano sinistra a terra per alzare maggiormente le costole del lato concavo a sinistra. Espiriamo. Coccige ed osso sacro verso il basso, ombelico verso il dorso inferiore. Il dorso centrale si alza come quello di un gatto. Alziamo maggiormente il lato concavo. La testa è giù. Ripetiamo qualche volta i movimenti del gatto, armonizzandoli al respiro. I movimenti sono lenti quanto lento è il respiro. Cerchiamo un respiro fluido, senza interruzioni, ed un movimento armonioso. 33 Posizione della Bambola. Pieghiamo le dita dei piedi ed allunghiamo le mani davanti. Muoviamo le anche a metà strada verso i talloni e premiamo con le mani come se si fosse trattenuti dalle anche e dai talloni. Muoviamo le mani verso la convessità, a destra, e trasciniamo le costole destre verso il centro. Teniamo la posizione respirando nella parte compressa concava, a sinistra. Ritorniamo nella posizione della Bambola e sentiamo l’uguaglianza del respiro nella zona lombare, dorsale, cervicale. Rilassiamo le spalle. Adho Mukha Virasana (posizione del Bambino). Portiamo il dorso dei piedi sul pavimento, facciamo scivolare i glutei sui talloni e riposiamo la fronte a terra. Portiamo le braccia ai lati del corpo e rilassiamoci nella posizione del Bambino. Se abbiamo tensione nelle anche, usiamo una coperta per riposare la testa. 34 Adho Mukha Svanasana. Si comincia in ginocchio come nel Gatto, sentendo le curve naturali della colonna e premendo bene le mani a terra con le dita distanziate. Pieghiamo le dita dei piedi ed alziamo espirando il bacino verso l’alto. Le braccia sono ben stese con le mani alla distanza delle spalle, sentiamo l’allungamento dalle mani all’osso sacro. Manteniamo l’allungamento della spina e del dorso inferiore nelle sue curve naturali. Raddrizziamo le gambe il più possibile, ma teniamo l’estensione della spina e l’apertura del petto. L’osso sacro è verso l’alto. Per continuare ad allungare la spina pieghiamo un poco le ginocchia e poi distendiamo di nuovo le gambe, con il bacino verso l’alto, cercando di sentire le anche, le spalle ed il dorso centrale uguali. Se le spalle sono tese ed il dorso centrale ingobbito, si possono usare dei blocchi o il sedile di una sedia. I talloni sono a terra o tendono verso terra. Ruotiamo la mano destra di 45° esternamente, facendo ruotare anche il braccio superiore: questo porta la scapola destra e le costole destre in avanti, uguaglia le spalle e derota la spina. Manteniamo la posizione per qualche respiro e poi riportiamo braccio e mano destra in linea. Pieghiamo le ginocchia e gentilmente ritroviamo la posizione del Bambino. Posizioni di affondo. Piede destro in avanti con il ginocchio sopra la caviglia. Il ginocchio sinistro a terra. Muoviamoci in avanti per stirare la coscia destra anteriore. I flessori dell’anca (ileopsoas e quadricipite) vengono allungati. 35 Sentiamo l’allungamento della coscia sinistra e dell’inguine. Se tenendo le mani a terra la schiena si incurva, usiamo il sedile di una sedia o dei blocchi. Pieghiamo le dita del piede dietro e lentamente alziamo il ginocchio dal pavimento. Ruotiamo la coscia sinistra all’interno ed alziamoci dall’interno della coscia sinistra mentre allunghiamo indietro la gamba fino ai talloni. Respiriamo. Riportiamo il ginocchio a terra e quindi portiamo le mani sul ginocchio destro. Portiamo l’ombelico in basso facendo scendere bene l’osso sacro. Se ci sentiamo stabili, portiamo le braccia verso l’alto, con i palmi paralleli e distanti quanto le braccia ed allunghiamo il dorso. Ritorniamo nella posizione di Adho Mukha Svanasana o del Gatto e ripetiamo dall’altra parte. Se una parte è più difficile, ripetiamo ancora su quel lato. Ritorniamo nella posizione di Uttanasana, inspiriamo portando le braccia verso l’alto in Tadasana , poi uniamo le palme, espiriamo e portiamo le mani giunte davanti al cuore. POSIZIONI DI CENTRATURA E DI RAFFORZAMENTO 36 Lo Yoga sviluppa le nostre radici interiori ed aiuta a sentirci centrati, basati e forti. Samasthiti. Portiamo i piedi paralleli alla larghezza del bacino, che si trova in retroversione. Le spalle sono basse, il mento leggermente rientrato, la sommità del capo verso il cielo. Immaginiamo di avere un filo d’oro che dalla sommità del capo ci tira verso l’alto. Osserviamo come cade il peso del corpo, né troppo avanti né troppo indietro, cerchiamo il nostro baricentro facendo qualche piccolo movimento…cerchiamo una posizione di equilibrio in modo che i nostri tre spazi interni, quello addominale degli istinti, quello del cuore delle emozioni e quello del capo delle intuizioni, siano come impilati uno sopra l’altro. Sentiamo il peso che si scarica a terra in modo equilibrato sotto le piante dei piedi e contemporaneamente ascoltiamo una sensazione di elevazione dalla base del cranio verso l’alto attraverso la sommità del capo. Trikonasana. In posizione eretta, distanziamo bene i piedi. Giriamo il piede sinistro leggermente all’interno e quello destro di 90° appoggiando le dita del piede su un blocchetto: questo aiuta ad eseguire il movimento dalle anche e non 37 dalla vita, in modo da concentrarsi sull’allungamento dei fianchi. Allineiamo il tallone destro con il collo del piede sinistro. Stendiamo le braccia all’altezza delle spalle. Inspiriamo. Espirando pieghiamoci a destra e portiamo la mano a terra o alla caviglia o su un blocco, portiamo la mano sinistra al fianco e poi dietro il bacino: all’inspirazione premiamo sul bacino con la mano ed apriamo bene il petto. Espiriamo e portiamo le costole destre in avanti, mantenendo al tempo stesso la scapola destra dietro. Questo movimento consente la derotazione della gabbia toracica e favorisce la riduzione del gibbo. Alziamo il braccio sinistro e sentiamo l’allineamento di spalle, anche e gambe. Inspiriamo e sciogliamo la posizione ritornando con i piedi paralleli. Ripetiamo dall’altra parte, questa volta con il supporto di una sedia messa a distanza di alcuni centimetri dal piede sinistro. Allunghiamoci sul lato sinistro ed appoggiamo la mano sinistra sullo schienale. Distendiamo il busto allontanandolo dalle anche ed allungando il fianco sinistro. Portiamo la mano destra sulle costole destre e spingiamole verso il basso. Poi appoggiamo la mano destra sul fianco e respiriamo. Se possiamo mantenere l’allineamento, portiamo la mano sinistra a terra o alla tibia o su un blocchetto ed alziamo il braccio destro verso l’alto. Quando espiriamo ruotiamo il fianco sinistro e la zona inferiore della schiena in avanti. Premiamo il piede destro a terra per stendere la parte bassa della schiena ed il bacino a destra. Inspiriamo e ritorniamo dalla posizione. 38 Virabhadrasana II. La posizione serve per trovare il proprio centro e la propria forza interiore. Distanziamo bene i piedi. Il piede sinistro ruotato a 90°, il piede destro leggermente verso l’interno. Mettiamo le mani sui fianchi ed uguagliamoli. Stendiamo le braccia fuori all’altezza delle spalle. Pieghiamo la gamba sinistra in modo che il ginocchio stia sopra il tallone e la coscia parallela al suolo, a formare un angolo di 90°. Teniamo la parte superiore del corpo centrata tra le gambe. Teniamo la gamba dietro diritta, ben stesa, e premiamo il tallone sul pavimento come un’ancora. Rilassiamo le spalle e sentiamo le costole 39 che si alzano in modo uguale sopra il bacino. Respiriamo. Inspiriamo e torniamo su usando la forza della gamba dietro. Ripetiamo dal lato opposto e poi torniamo nella posizione di Tadasana. Portiamo le mani sui fianchi, inspiriamo sentendo l’allungamento della spina ed espiriamo piegando il busto in avanti, abbracciamo i gomiti con le mani ed appoggiamoci alla spalliera della sedia con la fronte sugli avambracci. Rilassiamo la spina, respiriamo e lasciamo andare. Per tornare su premiamo i piedi a terra ed usiamo la forza delle gambe. Riprendiamo Tadasana. Virabhadrasana I. Il piede sinistro a 90°, quello destro ruotato un po’ verso il sinistro. Allunghiamo la parte bassa del dorso verso l’osso sacro e portiamo il pube verso l’ombelico. Espiriamo alzando le braccia all’altezza delle spalle e poi sopra la testa con i palmi delle mani che si guardano, ruotiamo il busto verso sinistra e pieghiamo il ginocchio sinistro sopra il tallone. Teniamo alzate le costole dal bacino ed allineati i fianchi, le braccia, le orecchie, rilassiamo il viso. Per ritornare dalla posizione premere i piedi a terra. Ripetiamo dall’altra parte. 40 Prasarita Padottasana. Gambe ben distanziate, tendiamo le cosce e ruotiamo il lato esterno dei piedi un po’ all’interno portando il peso sui talloni in modo da sentirsi centrati su tutt’e due i piedi. Portiamo le mani dove le gambe incontrano il torso, con gli indici in avanti ed i pollici dietro le cosce. Inspiriamo ed alziamoci attraverso la spina, espiriamo e pieghiamoci dalle anche e portiamo le mani in avanti, allungando la spina. Se non arriviamo a terra usiamo il sedile di una sedia o dei blocchi, in modo da aiutare la spina ad allungarsi. Ci possiamo muovere con le mani verso la convessità. Se abbiamo un gibbo sul dorso, mettiamo le mani su dei blocchi. Portiamo la mani sotto le spalle ed inspiriamo stendendo la spina fino alla sommità del capo, espiriamo piegando i gomiti e tenendoli paralleli tra di loro. Portiamo le mani un po’ indietro verso i piedi, abbandoniamo il capo rilassando il collo. Sentiamo l’allungamento della muscolatura interna delle gambe e delle cosce in modo uguale e respiriamo. Stacchiamo le mani da terra, portandole all’attaccatura delle cosce, premiamo sui talloni estendendo la spina mentre torniamo su e portiamo le braccia verso l’alto. Espiriamo ed abbassiamo le braccia. Ritorniamo nella posizione di Tadasana, in ascolto delle sensazioni. 41 Le posizioni di torsione permettono, se prese correttamente, di derotare la rotazione della scoliosi e guadagnare così maggior allineamento ed equilibrio. Bharadvajasana seduta. Sediamoci con il lato destro del corpo verso lo schienale della sedia ed appoggiamo le mani all’estremità di esso. Piedi ben piantati a terra, mettiamo un blocchetto tra le cosce. Inspiriamo ed allunghiamo la spina dorsale, espiriamo e spingiamo con la mano destra contro lo schienale mentre eseguiamo la torsione a destra del busto. Lasciamo che la testa segua il movimento. Spingiamo con la mano destra ed allontaniamo la spalla destra dallo schienale. Premiamo la scapola sulla schiena e sentiamo l’espansione del lato destro del petto. Spingiamo le costole destre verso la linea centrale del corpo. Manteniamo la posizione per qualche respiro, e poi con un’espirazione, sciogliamola lentamente. Ripetiamo dall’altra parte. Premiamo con il palmo sinistro lo schienale, mentre le costole destre e quindi la gabbia toracica, derotano verso la parte anteriore del corpo. Allineiamo le spalle e seguiamo con il collo e la testa la torsione della spina. Manteniamo la posizione per qualche respiro e poi sciogliamola lentamente espirando. 42 Savasana. Nella posizione di Savasana ascoltiamo le sensazioni che il nostro corpo ha registrato in seguito ai movimenti ed alle posizioni precedenti. Se sentiamo dei punti di tensione, mandiamo l’attenzione, e con l’attenzione il respiro a sciogliere i punti tesi. Osserviamo il respiro spontaneo. POSIZIONI DI RAFFORZAMENTO DEL DORSO E DELL’ADDOME Oltre all’allungamento della spina per riportarla alla posizione centrale ed al rafforzamento delle gambe, è importante rafforzare i muscoli addominali e tutti quei muscoli che corrono lungo la colonna vertebrale per cercare di contrastare l’aumento della curva laterale. Urdhva Prasarita Padasana. Gambe sul pavimento, portiamo il punto vita ad aderire a terra retrovertendo il bacino. Portiamo le braccia oltre il capo, pieghiamo il ginocchio destro e portiamolo al petto. Alziamo la gamba destra a 90°, 60°, 30° e poi a poca distanza dal suolo. Non alziamo la parte lombare, che deve rimanere aderente al suolo. Ripetiamo dal lato opposto. 43 Urdhva Prasarita Padasana. Braccia lungo il corpo con i palmi delle mani verso terra. Bacino retroverso per mantenere la zona lombare aderente a terra. Portiamo le ginocchia al petto e poi stendiamo le gambe a 90°. Lentamente scendiamo a 60°, 30° e poi a poca distanza dal suolo. Ripetiamo qualche volta. Savasana. Di nuovo in Savasana in ascolto del corpo e del respiro. Se il respiro si è modificato, ascoltiamo come pian piano torna lento e regolare. E quando il respiro è tornato lento e regolare, portiamo un braccio oltre il capo e, rotolando sul fianco, ci portiamo sulla pancia. Ardha Shalabasana. Questa posizione rinforza i romboidi, i piccoli muscoli posturali accanto alla spina al centro della schiena, ed i muscoli trapezi inferiori, che spesso si indeboliscono a causa della scoliosi. Allunghiamo le braccia in avanti, aprendole quanto le spalle, inspiriamo sollevando il braccio sinistro e la gamba destra da terra e portando su la testa, ed allunghiamoci il più possibile dalla sommità del capo.Teniamo l’osso iliaco a terra e cerchiamo di tenere il braccio e la gamba alzata sulla stessa linea. Espiriamo e torniamo con fronte, braccio e gamba a terra. Rilassiamoci con la fronte a terra. Inspiriamo e premendo con il palmo sinistro a terra, alziamo il 44 braccio destro e la gamba sinistra: distendiamo il braccio dalle costole inferiori e la gamba dal bacino. Espiriamo e ritorniamo a terra, totalmente rilassati. Ripetiamo almeno 3 volte. Shalabasana (varianti). Incrociamo le mani dietro la schiena, contraiamo i glutei e retrovertiamo il bacino in modo da portare il pube a terra. Inspiriamo ed all’espiro solleviamo da terra le gambe, la testa ed il torace. Un’altra variante consiste nell’allargare le braccia all’altezza delle spalle portando le scapole lontane dalla spina, oppure le braccia lungo i fianchi con i palmi della mani verso il corpo. Manteniamo la posizione per qualche respiro, sentendo l’estensione e l’allungamento del corpo, mentre i muscoli del dorso si rafforzano. Inspiriamo lentamente e poi espirando torniamo a terra con gambe mani torace e fronte. Ritorniamo poi nella posizione della Bambola e quindi in quella del Bambino, per compensare le posizioni precedenti, ascoltare il corpo ed il respiro e rilassare. 45 POSIZIONI DI RILASSAMENTO Flessione all’indietro coricata. Le flessioni all’indietro passive aiutano a contrastare la cifosi. Sdraiamoci supine su un cuscino rotondo o su coperte arrotolate in modo che le scapole siano appoggiate su questo sostegno, le ascelle al margine di esso e la testa sul pavimento. Mettiamo un asciugamano sotto il lato concavo in modo che la schiena poggi più uniformemente possibile. Allunghiamoci spingendo i talloni lontano in modo da contrastare la compressione della parte bassa. Stendiamo le mani oltre il capo e poggiamo le mani a terra o verso un blocchetto. Manteniamo la posizione per qualche minuto, rilassando i muscoli della schiena. 46 Jathara Parivartanasana. Portiamoci con movimenti lenti e consapevoli nella posizione supina. Allarghiamo le braccia, inspiriamo e pieghiamo le ginocchia tenendole vicine e portando le piante dei piedi a terra. Alziamo il bacino e lo spostiamo a sinistra, portiamo le ginocchia al petto e quindi scendiamo espirando con le cosce a terra e rilassiamo la coscia destra sul pavimento. La testa ruota a sinistra. Cerchiamo di tenere la spalla sinistra a terra eventualmente premendo il palmo della mano. Teniamo la posizione per qualche respiro e poi ripetiamo dall’altra parte. Savasana. Possiamo usare un cuscino rotondo sotto le ginocchia ed un asciugamano sotto il lato concavo. 47 48 49