Periodico riservato ai soci dell’Atri Onlus
ATRINFORMA nr. 29 di Settembre 2012
SOMMARIO
 MESSAGGIO DEL PRESIDENTE. (di Simone Vannini)
 SI AVVICINA ALLO STUDIO UMANO LA TERAPIA GENICA
EMERGENTE PER LA RP RECESSIVA.
(Articolo tratto da "FFD" - Trad. della Redazione Atri Toscana)
 CELLULE UMANE IPS DERIVATE DAL SANGUE GENERANO
STRUTTURE SIMILI ALLE VESCICOLE OTTICHE CON LA
CAPACITÀ DI FORMARE LAMINE DI RETINA E SVILUPPARE
SINAPSI.
(Articolo della "Waisman Center, University of WisconsinMadison, Madison, Wisconsin, USA. Waisman Center,
University of Wisconsin-Madison, Madison, Wisconsin, USA)
 STAMINALI IPS CONTRO LA DEGENERAZIONE DELLA RETINA
(Articolo tratto da "Aduc.it")  LA CHIMICA RIPRISTINA LA VISIONE IN UNO STUDIO DI
LABORATORIO. (Articolo tratto da "FFD")
 AUTO E DISABILI: I BENEFICI DEL FISCO.
(Articolo tratto da "Altroconsumo")
 ISEE: LA SITUAZIONE È QUESTA .
(Articolo di Carlo Giacobini - Direttore editoriale di
Superando.it, responsabile del Servizio HandyLex.org)
 PER TUTTI I MALATI AFFETTI DA PATOLOGIE A
TRASMISSIONE GENETICA È UNA PRIORITA', CONOSCERE IL
GENE CAUSA DELLA PATOLOGIA STESSA.
(Articolo della "Redazione Atri Toscana")
 SPIRAGLI DI LUCE.
(Articolo tratto dal notiziario di "Telethon" nr. 4)  LA STIMOLAZIONE ELETTRICA DELLA RETINA APRE UNA
SPERANZA AI PAZIENTI AFFETTI DA RETINITE PIGMENTOSA .
(Articolo tratto dal sito "Prnewswire.com")
 IL VALORE DELLA VISTA.
(Articolo di Sarina Biraghi de "Il Tempo") 1
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MESSAGGIO DEL PRESIDENTE
(di Simone Vannini, Presidente dell’Atri Onlus)
NUOVA STAGIONE, NUOVE FORZE E NUOVE IDEE.
Sembrava impossibile, ma anche quest'anno l'estate è finita ed
entra la nuova stagione. Anche per noi, dopo aver sopportato le
fastidiose temperature, inizia un periodo più propizio al lavoro e
quindi eccoci qui ad inventare il nostro futuro. Che cosa ci ha
lasciato in eredità la bella stagione trascorsa tra i vari eventi
sportivi e mediatici, e tra questi anche le paraolimpiadi, le quali da
molti vengono fin troppo evidenziate, facendo apparire alcuni
portatori di handicap come dei veri e propri fenomeni da circo, fino
al punto che spesso mi chiedo se veramente tutto questo fa il bene
della categoria. Poi è trascorsa insieme ai nostri problemi
economici, per i quali tutti, chi più chi meno, facciamo e faremo un
po' di sacrifici. Come non dimenticare, poi, le nostre difficoltà
oggettive, alle quali magari abbiamo fatto l'abitudine, ma che a
parer mio, in quest'ultimo periodo si vanno di nuovo moltiplicando
a causa della riduzione dei servizi e che in estate quando
dobbiamo utilizzare i vari mezzi di trasporto, gli immancabili nodi
arrivano al pettine. E allora visto la scarsa eredità ricevuta, ci
apprestiamo a vivere una nuova stagione di lavoro che per noi
dell'Atri Onlus sarà scandita da alcune importanti scadenze. Nel
mese di Novembre si terrà l'assemblea dei soci, nella quale vi
potrebbero essere svelate considerevoli novità, quindi fin da
adesso vi invito in modo particolare alla partecipazione. Anche per
quest'anno stiamo pensando all'organizzazione di un convegno
tematico allo scopo di chiarire alcuni aspetti della nostra
condizione, e che se avrà il successo degli ultimi due, potremmo
considerarci veramente all'altezza. Vorremmo realizzare anche un
evento a sfondo ricreativo, ma in questo siamo un pò bloccati dal
risultato dell'ultimo viaggio organizzato, il quale non ha ottenuto
alcun interesse. Noi cercheremo di fare del nostro meglio, ma se
non ci sarà il vostro interesse e la vostra partecipazione, il tutto
diverrà sempre più difficile, e badate bene che quando le
associazioni si troveranno in difficoltà il tutto si potrebbe
ripercuotere anche in campo medico scientifico. Quindi non mi
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resta che spingervi alla partecipazione, noi abbiamo bisogno di
nuove forze e di nuove idee!
SI AVVICINA ALLO STUDIO UMANO LA TERAPIA GENICA
EMERGENTE PER LA RP RECESSIVA
(Articolo tratto da “FFD” – Trad. della Redazione Atri Toscana)
Ricercatori francesi hanno utilizzato con successo la terapia genica
per garantire la visione in un modello canino di retinite pigmentosa
autosomica recessiva (arRP) causata da difetti nel gene PDE6β. Il
risultato è un passo avanti fondamentale per il lancio di uno studio
clinico di trattamento per le persone con stessa forma di arRP. I
risultati dello studio terapia genica PDE6β sono stati pubblicati il
24 luglio 2012, nell'edizione online della rivista Molecular Therapy.
In entrambi persone e animali, con difetti di PDE6β inizialmente
c'è la perdita di bastoncelli, le cellule della retina che forniscono
visione periferica e la capacità di vedere con poca luce. Ma nel
corso del tempo, la degenerazione dei bastoncelli porta alla
perdita dei coni, le cellule della retina che forniscono la visione
centrale e diurna. Trattando i bastoncelli con la terapia genica
PDE6β, i ricercatori sperano di prevenire la perdita del tutto della
vista. Nel loro recente studio, i ricercatori hanno iniettato una
piccola goccia di liquido contenente il trattamento sotto le retine
dei cani affetti. La terapia consiste in copie sane di PDE6β, che
sono state inserite in un virus adeno-associato umano ­
ingenierizzato, o AAV. L'AAV penetra nelle cellule della retina e
consegna le copie del gene PDE6β terapeutico. Gli AAV sono la
tecnologia di trasferimento genico già usata in studi clinici di
terapia genica per la amaurosi congenita di Leber (difetti su
RPE65 ), arRP (difetti MERTK) e sulla degenerazione maculare
umida dovuta all'età. Entrambi i test di sensibilità della retina e i
test comportamentali hanno dimostrato che la terapia genica
PDE6β ha conservato la visione per 18 mesi negli occhi del cane.
Gli investigatori fanno notare che gli animali trattati devono essere
monitorati per un periodo di tempo più lungo per verificare
l'idoneità della terapia per l'uomo. Il Dr. Fabienne Rolling,
sperimentatore principale dello studio INSERM , 'istituto di ricerca
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governativo a Nantes, in Francia, dice che lei e i suoi colleghi
stanno iniziando a pianificare il processo per identificare i pazienti
che potrebbero essere adatti per una sperimentazione clinica
futura.
CELLULE UMANE IPS DERIVATE DAL SANGUE GENERANO
STRUTTURE SIMILI ALLE VESCICOLE OTTICHE CON LA CAPACITÀ
DI FORMARE LAMINE DI RETINA E SVILUPPARE SINAPSI.
(Articolo della “Waisman Center, University of Wisconsin-Madison,
Madison, Wisconsin, USA. Waisman Center, University of
Wisconsin-Madison, Madison, Wisconsin, USA)
SCOPO: Abbiamo cercato di determinare se cellule staminali
umane pluripotenti indotte (iPSCs) derivate dal sangue potrebbero
produrre vescicola ottica-come le strutture (OVS), con la capacità di
stratificare ed esprimere marcatori di comunicazione intercellulare.
METODI: I linfociti T attivati da un campione di routine del sangue
periferico sono stati riprogrammati con trasduzione retrovirale per
iPSCs. I T-linfociti derivati iPSCs (TiPSCs) sono stati caratterizzati
per pluripotenza e differenziati in OVS (strutture di vescicole
ottiche), utilizzando il nostro protocollo precedentemente
pubblicato. TiPSC-OVS sono state poi manualmente isolate, messe
in comune, e coltivate in massa per stadi più maturi di
retinogenesis. Durante questo processo di differenziazione
graduale, sono stati monitorati variazioni anteriori dell'espressione
del marcatore neuronale della retina, e sinaptica mediante PCR,
immunocitochimica, e / o citometria a flusso.
RISULTATI: TiPSCs generavano abbondanti OVS, che contenevano
una popolazione omogenea per proliferare cellule progenitrici
neuroretiniche (NRPCs). Queste NRPCs si differenziavano in diversi
tipi di cellule neuroretiniche, simili alle culture OV da cellule
staminali embrionali umane derivate da fibroblasti e iPSCs. .
Inoltre, alcune parti di alcuni TiPSC-Ovs mantengono il loro aspetto
distintivo neuroepiteliale e spontaneamente formano lamine
primitive, che ricordano la retina in via di sviluppo. Culture di
progenie della retina da TiPSC-OV hanno espresso numerosi geni e
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proteine fondamentali per la formazione di giunzione
sinaptogenesi e gap, in concomitanza con l'emergere di glia e la
sovraregolazione di thrombospondins nella cultura.
CONCLUSIONI: Abbiamo dimostrato per la prima volta che derivati
umani dal sangue iPSCs possono generare tipi di cellule retiniche,
fornendo una sorgente altamente conveniente cellule per studi
basati IPSC retiniche . Mostriamo anche che le colture TiPSC di
OVS hanno la capacità di auto-assemblamento in strutture
rudimentali neuroretiniche e marcatori espressi indicativi di
chimica e sinapsi elettriche
STAMINALI IPS CONTRO LA DEGENERAZIONE DELLA RETINA
(Articolo tratto da “Aduc.it”)
Il Governo e il RIKEN, istituto di ricerca con base nella citta' di
Wako, hanno annunciato l'avvio, per il 2013, dei primi esperimenti
(con accordo delle autorita' sanitarie) sull'uomo di trattamenti a
base di cellule staminali pluripotenti indotte (iPS). Durante un
congresso, il professor Masayo Takahashi ha fatto sapere che
l'applicazione sara' su persone affette da malattia degenerativa
della retina legata all'eta'. I primi cinque test clinici verranno
effettuati su persone di eta' media che hanno perso
completamente la vista. Delle cellule iPS saranno fabbricate a
partire dalla pelle di questi pazienti, quindi differenziate in epitelio
pigmentario (tessuto che assicura l'irrigazione delle cellule della
retina) e infine inculcate nei medesimi pazienti. L'intervento
dovrebbe risolvere il problema o quantomeno rallentare lo sviluppo
della malattia. Siccome i trattamenti a base di iPS sono suscettibili
di sviluppare il cancro, questo di oggi dovrebbe avere un minor
pericolo in tal senso, e per questo sono diverse le équipe di
scienziati che vi lavorano.
LA CHIMICA RIPRISTINA LA VISIONE IN UNO STUDIO DI
LABORATORIO
(Articolo tratto da “FFD”)
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Un team internazionale di ricercatori è stato in grado di ripristinare
temporaneamente una visione in topi ciechi trattando le loro retine
con una sostanza chimica chiamata acrilammide-azobenzene­
ammonio quaternario (AAQ). Mentre la ricerca è ancora in una fase
iniziale, AAQ, o un suo derivato, potrebbe essere usato un giorno
per ripristinare la visione nelle persone non vedenti da avanzate
degenerazioni retiniche, come la retinite pigmentosa (RP) o la
degenerazione maculare senile. Nei loro esperimenti, gli scienziati
hanno iniettato piccole quantità di AAQ negli occhi di topi,con una
malattia degenerativa , che avevano perso tutti i loro bastoncelli o
coni, le cellule che normalmente forniscono visione. AAQ ha
permesso ai topi di rispondere alla luce, come hanno dimostrato
dei semplici test. Gli scienziati riconoscono che non si può dire che
cosa esattamente i topi stanno vedendo. AAQ sembra abilitare le
cellule bipolari, amacrine e le cellule gangliari della retina a
rispondere alla luce. Queste cellule non sono normalmente
sensibili alla luce, ma spesso sopravvivono dopo che coni e
bastoncelli sono persi per RP e altre degenerazioni retiniche. AAQ
è un trattamento emergente dall' optogenetica , per attivare cellule
gangliari a rispondere alla luce,una potenziale alternativa alla
terapia genica che si rivolge a cellule sopravissute,di una retina
degenerata. I ricercatori ritengono che una singola
somministrazione della terapia genica durerà diversi anni, mentre
gli effetti di una singola iniezione di AAQ sono temporanei, della
durata di pochi giorni. Tuttavia, un vantaggio potenziale di un
trattamento a base di AAQ è che può essere immediatamente
fermato, oppure la dose può essere cambiata, se ci sono effetti
indesiderati. I ricercatori stanno ora lavorando per individuare le
modalità per la somministrazione di AAQ alla retina. Hanno anche
bisogno di effettuare altri test per valutare la sicurezza AAQ, la
tossicità e l'efficacia. Il team internazionale guidato dal Dr. Richard
Kramer dell'università della California Berkley, comprende il Dott.
Russell Van Gelder ,presso la University of Washington, Seattle, ha
presentato i risultati preliminari della ricerca AAQ ai recenti terapie
Optogenetics per officina Vision co-ospitati dalla Foundation
Fighting Blindness. I risultati più recenti della ricerca AAQ sono
stati pubblicati online il 26 luglio 2012, nella rivista Neuron.
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AUTO E DISABILI: I BENEFICI DEL FISCO
(Articolo tratto da “Altroconsumo”)
La legge prevede agevolazioni fiscali per l'acquisto di un'auto da
parte di persone disabili. Ecco quali sono e cosa fare per ottenerle.
Le agevolazioni fiscali per l’acquisto dell’auto spettano a persone
che hanno disabilità di tipo diverso: 1) i non vedenti, colpiti da
cecità assoluta o che hanno un residuo visivo non superiore a un
decimo a entrambi gli occhi con eventuale correzione e i sordi dalla
nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata; 2) le
persone con handicap grave (art. 3 della legge 104/92) certificato
dalla Commissione Asl per l’accertamento dell’handicap, con
patologie che limitano la deambulazione o con handicap fisico o
mentale se sono titolari di indennità di accompagnamento; 3) i
disabili con ridotte o impedite capacità motorie, per i quali il diritto
alle agevolazioni è condizionato a particolari adattamenti del
veicolo.
Handicap: Iva al 4% per l’acquisto dell’auto.
Chi rientra nelle categorie appena elencate può godere dell’Iva al
4% anziché al 21% per l’acquisto di un veicolo, anche usato,
purché si tratti di un’auto a benzina con cilindrata fino a 2.000 cc e
fino a 2.800 cc per quelle diesel. L’Iva agevolata si applica anche a
eventuali adattamenti a un veicolo che si possiede già, per
renderlo utilizzabile da un disabile. L’Iva ridotta si può applicare
solamente una volta in quattro anni (a partire dalla data di
acquisto), senza limiti di valore; tuttavia, se il veicolo viene
cancellato dal Pra (Pubblico registro automobilistico) si può avere
di nuovo l’agevolazione entro il quadriennio (bisogna presentare il
certificato di cancellazione dal Pra). Attenzione: se si rivende l’auto
entro due anni dall’acquisto si deve pagare la differenza tra
l’imposta ordinaria e quella agevolata. Il fisco ci grazia solo se la
vendita e il riacquisto del veicolo sono dettate dal cambiamento
delle esigenze legate alla disabilità. Non si deve nulla al fisco,
invece, anche se si vende il veicolo prima di due anni qualora la
persona disabile sia defunta e l’auto sia ceduta dall’erede. Per
ottenere l’Iva agevolata bisogna presentare la dichiarazione
sostitutiva di atto notorio attestante che nei quattro anni
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precedenti la data di acquisto non è stato comprato un analogo
veicolo agevolato.
Niente bollo per l’auto del disabile.
Per l’auto intestata alla persona disabile o al familiare che lo
dichiara a proprio carico non si paga il bollo. Per godere
dell’esenzione bisogna rivolgersi all’Ufficio tributi della Regione o,
nelle Regioni in cui non è stato istituito, all’Agenzia delle entrate. In
alcune Regioni è l’Aci (Automobile club italiano) a gestire queste
pratiche (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Lazio,
Lombardia, Puglia, Toscana, Umbria e le province di Trento e
Bolzano). Il primo anno in cui si chiede l’esenzione bisogna
presentare la documentazione che certifica la disabilità all’ufficio
competente (della Regione o dell’Agenzia delle entrate) entro 90
giorni dalla scadenza del termine per il pagamento del bollo. Per
gli anni successivi l’esenzione, invece, si rinnova automaticamente,
senza dover presentare alcun documento.
Disabilità: passaggio di proprietà dell’auto senza imposte.
La legge concede anche l’esenzione per l’imposta di trascrizione al
Pra per il passaggio di proprietà destinato al trasporto o alla guida
di disabili (in quest’ultimo caso sono esclusi i non vedenti e non
udenti). L’esenzione è riconosciuta anche per l’eventuale familiare
che dichiara il disabile a proprio carico, sia per la prima iscrizione
al Pra di un’auto nuova, sia per la trascrizione di un “passaggio”
riguardante un’auto usata.
Handicap: detrazione auto nella dichiarazione dei redditi.
La cifra è 18.075,99 euro: è la spesa massima per l’acquisto di
veicoli usati in via esclusiva o prevalente a beneficio di un
portatore di handicap sulla quale il fisco riconosce una detrazione
del 19%. Per usufruirne bisogna presentare la dichiarazione dei
redditi tramite modello 730 o Unico (anche Mini). Lo sconto fiscale
si può avere su un solo veicolo in quattro anni e si può scegliere di
far valere la detrazione tutta nel primo anno o dividerla in quattro
quote annuali di pari importo. Quest’ultima possibilità è
conveniente se si pagano poche imposte, perché le detrazioni
potrebbero superare l’imposta dovuta e si perderebbe
l’agevolazione. Non è prevista alcuna detrazione per la
manutenzione ordinaria, né per il premio assicurativo né per il
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carburante. Se per comprare l’auto si spende meno della soglia
massima concessa e, nei quattro anni successivi, si sostengono
spese di manutenzione straordinaria sul veicolo, si possono
detrarre nel limite massimo dei 18.075,99 euro totali.
ISEE: LA SITUAZIONE È QUESTA (Articolo di Carlo Giacobini - Direttore editoriale di Superando.it, responsabile del Servizio HandyLex.org) Proponiamo un dettagliato esame della bozza di decreto sull’ISEE
(Indicatore della Situazione Economica Equivalente), che il Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali sta portando a compimento e che
tanta motivata preoccupazione sta diffondendo tra le persone con
disabilità e le loro famiglie. L’auspicio è che i nuovi criteri in essa
contenuti vengano profondamente rivisti. In queste settimane il
Governo sta elaborando il decreto che rivede i criteri di calcolo e le
modalità di applicazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione
Economica Equivalente), cioè lo strumento usato per definire
l’accesso alle prestazioni sociali. Si tratta di un decreto che interessa
milioni di famiglie italiane perché potrà condizionare la
partecipazione alla spesa per molti servizi (asili nido, assistenza
domiciliare, servizi alla persona ecc.) e altrettanti sostegni economici
(assegno di maternità, assegno al nucleo familiare ecc.). Non si può
per altro dimenticare che l’indicazione di rivedere l’ISEE è contenuta
all’interno di una norma – la Legge 214/11, conversione del noto
“Decreto Salva-Italia” – di rigido contenimento della spesa e a poco
valgono le rassicurazioni circa gli intenti equitativi o di
razionalizzazione. È condivisibile, quindi, la diffusa preoccupazione
da parte di chi a quei servizi deve fare ricorso e in particolare da
parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie. In tal senso va
detto che le preoccupazioni maggiori – aumentate in questi ultimi
mesi – derivano in particolare dal timore che per il calcolo del nuovo
ISEE ci si riferisca anche a pensioni, indennità e assegni riservati agli
invalidi civili, ai ciechi e ai sordi. Infatti, l’ISEE, così calcolato, sarebbe
più svantaggioso, soprattutto per le famiglie in cui sia presente una
persona con disabilità. Infine, il timore più diffuso è che il nuovo
limite ISEE si applichi anche alle provvidenze assistenziali riservate
agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi, comprese l’indennità di
accompagnamento e l’indennità di comunicazione, fino ad oggi
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erogate a prescindere da qualsiasi reddito. Negli ultimi due mesi, il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha elaborato diverse
stesure del decreto di ridefinizione dell’ISEE, giungendo a una bozza
piuttosto definita, anche se passibile di ulteriori correzioni, prima di
essere sottoposta all’esame (consultivo) del Parlamento. Il quadro
che ne esce non è migliorativo per le famiglie in generale e per
quelle in cui sia presente una persona con disabilità. Innanzitutto, la
scelta di considerare alla stessa stregua di un reddito da lavoro o di
una rendita finanziaria tutte le prestazioni assistenziali in denaro,
spinge gli indicatori reddituali di chi le percepisce molto più in alto di
dove siano attualmente, né le franchigie e le detrazioni previste
compensano certamente l’effetto di quella scelta. Ma vediamo di
capire meglio le ragioni di quanto detto. Nel calcolo dell’indicatore
della situazione reddituale verrebbero computati, oltre agli altri
redditi da lavoro (e assimilati) o da rendite finanziarie:
- tutte le provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità) concesse agli invalidi civili; - la pensione sociale; - l’assegno di maternità; - voucher o contributi per prestazioni sociali (quali, ad esempio, i contributi per la “Vita Indipendente”); - assegni di cura; - indennità agli invalidi del lavoro; - contributi (nazionali o regionali) per l’abbattimento di barriere architettoniche o per l’acquisto di prodotti tecnologicamente avanzati;
- ogni altro contributo pubblico. Tutte queste voci, nella normativa ancora vigente, non sono computate. Dalla somma dei redditi e delle somme percepite, sarebbero poi
ammesse alcune franchigie:
- per chi vive in affitto, il valore del canone annuo previsto nel contratto di locazione per un ammontare massimo di 7.000 euro; - per chi risiede in abitazione di proprietà, una franchigia pari a 5.000 euro, accresciuta di 500 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino a un massimo di 7.000 euro; - 3.500 euro di franchigia per ogni persona con “disabilità media” (più sotto ne specificheremo il significato) presente nel nucleo; - 5.000 euro di franchigia per ogni persona con “disabilità grave” o - non autosufficiente” presente nel nucleo. 10 Dalla somma dei redditi, inoltre, potrebbero essere detratte alcune
spese:
- le spese sanitarie per disabili e quelle per l’acquisto di cani guida
(detraibili in denuncia dei redditi), nonché le spese mediche e di
assistenza specifica per i disabili (deducibili in denuncia dei redditi),
fino ad un massimo di 6.000 euro;
- le spese per collaboratori domestici e addetti all’assistenza
personale (solo se regolarmente assunti direttamente), fino a un
massimo di 5.000 euro; questa seconda detrazione viene ammessa
solo per le persone non autosufficienti.
Riassumendo: nei nuclei familiari in cui è presente una persona con
disabilità, si aggiungeranno ai redditi anche altre somme (ad
esempio l’indennità di accompagnamento o l’assegno di cura), si
potranno detrarre alcune spese (sempre che siano dimostrabili) e vi
sarà una franchigia differenziata. Scomparirebbe invece, dalle scale
di equivalenza, il parametro aggiuntivo dello 0,5, precedentemente
riconosciuto per i nuclei in cui fosse presente una persona con
disabilità con invalidità superiore al 66%. È indispensabile, a questo
punto, spiegare cosa si intenda per disabilità media, disabilità grave,
non autosufficienza, poiché le diverse condizioni comportano un
diverso trattamento. Il Ministero, nel tentare di elaborare una non
facile definizione, si è “scontrato” con il ben noto marasma degli
inquadramenti vigenti delle diverse invalidità.
Disabilità media:
- Minori invalidi titolari di indennità di frequenza;
- Invalidi civili dal 67 al 99%;
- Sordi perlinguali;
- Invalidi per servizio di terza e seconda categoria;
- Invalidi per lavoro dal 50 al 79%;
- Invalidi INPS.
Disabilità grave:
- Invalidi civili al 100%;
- Ciechi civili parziali;
- Invalidi per lavoro dall’80 al 100%;
- Invalidi per servizio di prima categoria;
- Inabili INPS.
Non autosufficienza:
- Titolari di indennità di accompagnamento (ciechi e invalidi civili);
- Invalidi sul lavoro con diritto all’assegno per l’assistenza personale e
continuativa;
11 - Inabili INPS con diritto all’assegno per l’assistenza personale e
continuativa;
- Invalidi per servizio con diritto all’assegno di superinvalidità.
Detto che la bozza di decreto non propone alcun riferimento alla
certificazione di handicap (Legge 104/92), in conclusione, per
comprendere il reale impatto di questa formulazione dei nuovi criteri
– che ci si augura possano essere profondamente rivisti - suggeriamo
senz’altro anche la lettura di una serie di simulazioni realizzate dal
Servizio HandyLex.org, all’interno di un approfondito dossier sulle
ipotesi di riforma dell’ISEE.
Con immenso piacere, prima delle ferie, riesco a comunicarvi
questo importante risultato. Abbiamo acquistato, ed è anche gia
stato consegnato, un indispensabile strumento, per completare il
nuovo sistema “NGS ILLUMINA” presso la SOD di diagnostica
molecolare di Careggi (FI). Il costo dell'apparecchiatura è stato
abbastanza oneroso, ma crediamo che questo comporterà un
sicuro nuovo passo avanti nel facilitare e migliorare le indagini
genetiche. Vi inserisco di seguito il comunicato stampa che a
accompagnato l'evento. Un saluto.
Il Presidente dell’Atri Onlus - Simone Vannini
PER TUTTI I MALATI AFFETTI DA PATOLOGIE A
TRASMISSIONE GENETICA È UNA PRIORITA', CONOSCERE
IL GENE CAUSA DELLA PATOLOGIA STESSA.
(Articolo della “Redazione Atri Toscana”)
Per questo l'Atri Onlus ( Associazione Toscana Retinopatici ed
Ipovedenti), che si impegna da sempre per trovare una soluzione per
le malattie genetiche della retina, ha contribuito ad un nuovo
importante passo avanti. Le malattie retiniche a trasmissione eredo­
famigliare, sono una grande varietà di patologie visive cosiddette
rare che, in diversi casi, già alla nascita alcuni individui presentano
cecità, mentre, in altri casi, i danni all'apparato visivo, cominciano a
manifestarsi in età più adulta. La perdita progressiva della qualità
visiva, porterà a sicura ipovisione, e nelle patologie più gravi alla
cecità, con conseguenze devastanti per la vita individuale, familiare e
lavorativa della persona, creando un alto numero di invalidi.
12 L’Associazione collabora con l’Ospedale Universitario di Careggi,
sostenendo studi per trovare possibili soluzioni terapeutiche con
cellule staminali e per individuare i geni mutati, responsabili delle
patologie. In questi anni l'associazione si è fatta carico dell’acquisto
di materiali vari, supporto professionale e, recentemente, anche di
un costoso strumento, “BIORUPTOR”, donato alla SOD di Diagnostica
Genetica dell'Ospedale di Careggi per completare la strumentazione
gia in dotazione, allo scopo di migliorare e velocizzare la ricerca delle
varie mutazioni. L'apparecchiatura
arrivata in questi giorni
permetterà un grosso risparmio di lavoro sveltendo la procedura per
la preparazione del campione ed effettuare così più analisi in un
tempo limitato. La SOD di diagnostica genetica dell'AOU di Careggi,
diretta dalla DR. Francesca Torricelli, si è dotata di strumentazioni e
software di ultima generazione, “NGS ILLUMINA” che permetteranno
di analizzare batterie di geni contemporaneamente e
l'apparecchiatura donata da Atri Onlus si inserisce proprio in queste
nuove tecnologie. Conoscere il gene mutato causa della patologia è
di massima importanza perché:
- permette di avere un quadro clinico diagnostico più preciso;
- permette di capire meglio le cause della patologia;
- permette una prognosi più attendibile;
- permette di usare eventuali farmaci ed integratori in modo mirato
- permette di capire il tipo di trasmissione ereditaria all'interno della
famiglia e capire eventuali rischi per la prole;
- permette di accedere ad eventuale prossima terapia genica;
Questa nuova strumentazione inoltre faciliterà qualsiasi altra
indagine genetica, anche non in ambito oculistico.
SPIRAGLI DI LUCE (Articolo tratto dal notiziario di “Telethon” nr. 4) Le sue cellule sono tra le più specializzate dell’organismo, gioielli
biologici che la natura ha perfezionato nel corso dell’evoluzione: è la
retina, la membrana più interna dell’occhio che consente di captare i
segnali luminosi e trasferirli al cervello per trasformarli in
informazioni visive. Talvolta, però, un singolo errore nel Dna può
impedirne il corretto funzionamento: è quanto accade in un folto
gruppo di malattie note come retinopatie ereditarie. «Degenerative e
progressive, possono rendere ciechi già entro l’adolescenza» spiega
13 Francesca Simonelli della Seconda Università di Napoli. «Al momento
non ci sono cure, ma è importante conoscerle e diagnosticarle
precocemente. Soltanto così possiamo insegnare a questi pazienti
come sfruttare al meglio la poca capacità visiva rimasta per usare il
computer, leggere, muoversi nello spazio. Inoltre, conoscendo lo
specifico difetto responsabile della loro malattia possiamo dare
indicazioni pratiche da seguire nella vita quotidiana, ma soprattutto
inserirli in eventuali studi clinici. Questa carta di identità genetica,
che nell’immediato può sembrare inutile, è un vero investimento per
il futuro». Lo conferma la storia recente: proprio Simonelli e il team
dei ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina Napoli
(Tigem) hanno preso parte al primo studio clinico al mondo per
testare la terapia genica contro l’amaurosi congenita di Leber.
Questa malattia appartiene al gruppo delle retiniti pigmentose, che
colpiscono la periferia della retina e portano a un progressivo
restringimento del campo visivo. In collaborazione con il Children’s
Hospital di Philadelphia, i ricercatori napoletani sono riusciti a fornire
una versione corretta del gene difettoso grazie a un virus,
ingegnerizzato in laboratorio in modo da essere innocuo ma ancora
capace di inserire il proprio patrimonio genetico nella cellula
bersaglio. A più di tre anni dall’avvio della sperimentazione, la
terapia genica ha dato ottimi risultati, dimostrandosi sicura e capace
di migliorare le capacità visive, soprattutto se effettuata
precocemente. «Forti di questo primo successo stiamo provando ad
applicarla a una forma ancora più grave di amaurosi, che richiede
vettori virali più efficienti» spiega Enrico Maria Surace del Tigem. «In
parallelo stiamo lavorando su forme di retinite pigmentosa
particolarmente problematiche, quelle a trasmissione autosomica
dominante, in cui basta ricevere il gene difettoso da uno dei genitori ­
malato a sua volta - per sviluppare la malattia. Queste forme
determinano non l’assenza di una proteina, ma la presenza di una
variante anomala tossica. Non serve quindi fornire al paziente una
copia del gene sano: piuttosto, bisogna “spegnere” quello difettoso e
questo è molto più difficile, tanto che ad oggi in pochi hanno
investito nella ricerca in questo ambito, nonostante circa un terzo
delle malattie genetiche sia a eredità autosomica dominante».
Surace e il suo gruppo sono però riusciti a costruire un “interruttore
universale” per il gene più frequentemente alterato in questa
malattia, quello della rodopsina: «Nel modello animale abbiamo
inattivato con successo questo gene nella retina. Prossimo passo
14 sarà fornire, oltre all’interruttore, anche il gene sano e ricostituire
così la funzionalità completa». Sempre sulle forme dominanti di
retinite pigmentosa si concentra il lavoro di Francesca Fanelli,
ricercatrice dell’Istituto Telethon Dulbecco presso l’Università di
Modena e Reggio Emilia, che si svolge al computer anziché al
bancone: «Abbiamo costruito modelli molecolari della rodopsina in
forma sia normale sia patogena, su cui testeremo milioni di
composti chimici già in commercio. In base alla loro capacità di
correggere il difetto strutturale dovuto alla mutazione, selezioneremo
i possibili farmaci candidati». La palla passerà così a Valeria Marigo,
che presso lo stesso ateneo valuterà su modelli viventi la capacità di
questi farmaci di ripristinare l’attività normale della rodopsina, grazie
soprattutto alle conoscenze sviluppate in questi anni sui meccanismi
che portano alla morte delle cellule della retina. Tornando alla
terapia genica, un’altra difficoltà è rappresentata dalla capienza del
vettore: lo sa bene Alberto Auricchio, che da anni al Tigem sta
cercando dei sistemi di trasporto per geni di grosse dimensioni come
quelli alterati nella sindrome di Stargardt (la più comune
degenerazione ereditaria della macula, la porzione centrale
dell’occhio) e di Usher di tipo 1, una forma di retinite pigmentosa
associata anche a sordità. «Stiamo provando a superare il problema
in due modi: utilizzando due piccoli virus contenenti due frammenti
distinti del gene da far poi ricomporre nella retina del paziente,
oppure selezionando tra i virus più “capienti” quelli più efficienti
nell’infezione della retina». Sempre al Tigem Sandro Banfi studia
invece il ruolo nella retina dei micro-Rna, piccole molecole
naturalmente coinvolte nella regolazione dell’attività dei geni, da
sfruttare eventualmente per potenziare o modulare la terapia genica
stessa. Buona parte delle malattie genetiche che colpiscono gli occhi
è dovuta a difetti nei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule
(vedi numero scorso): è quanto avviene per esempio nell’atrofia
ottica di Leber che, come spiega Valerio Carelli dell’Università di
Bologna. «Si manifesta verso i 15-20 anni e porta velocemente alla
cecità a causa della progressiva degenerazione del nervo ottico, il
“cavo elettrico” che collega la retina al cervello. Poiché le
informazioni per questa proteina si trovano nel Dna dei mitocondri,
l’ereditarietà non segue le regole della genetica classica. Nonostante
sia nota da oltre 20 anni - è la prima malattia associata a difetti del
Dna mitocondriale mai identificata - è ancora piuttosto misteriosa: a
parità di difetto genetico, alcuni pazienti si ammalano e altri no,
15 mentre i maschi sembrano essere più suscettibili delle femmine».
Per capire come mai - e migliorare diagnosi e possibilità terapeutiche
- non c’è che una strada: la ricerca di base.
LA STIMOLAZIONE ELETTRICA DELLA RETINA APRE
UNA SPERANZA AI PAZIENTI AFFETTI DA RETINITE
PIGMENTOSA
(Articolo tratto dal sito “Prnewswire.com”)
Presso l’Università di Tubingen, in Germania, è stato sperimentato
uno strumento, basato su stimolazioni elettriche, che potrebbe
aiutare a rallentare la progressione della malattia ed il ripristino del
campo visivo in pazienti affetti da Retinite Pigmentosa. La RP è una
forma ereditaria di degenerazione della retina ed è tra le cause
principali di cecità nel mondo, solo in Italia affligge circa 30mila
persone tra cui la nota cantante Annalisa Minetti, vincitrice di una
medaglia d’oro alle recenti paraolimpiadi di Londra. La Diffusione
della malattia, secondo le statistiche internazionali, colpisce circa
una persona ogni 3.000/4.000 sane, compare tra la pubertà e l’età
matura, ma non sono assolutamente rari gli esempi di bambini
colpiti nella prima infanzia, e porta progressivamente alla cecità. Il
termine “Retinite” indica una disfunzione della retina, mentre
“Pigmentosa” si riferisce alla caratteristica comparsa, negli stadi
avanzati della malattia, di zone abnormi di pigmento nella retina. La
degenerazione riguarda entrambi gli occhi e colpisce i fotorecettori
(coni e bastoncelli) e l’epitelio pigmentato retinico uccidendo queste
cellule in modo lento e progressivo. Le cellule fotorecettrici sono
quindi geneticamente programmate a deteriorarsi gradualmente,
prima lentamente e poi molto rapidamente. La retina subisce così un
progressivo danneggiamento, perdendo la capacità di trasmettere al
cervello le informazioni visive. Anche se recenti studi clinici hanno
mostrato risultati promettenti per impianti di retina per ridare la vista
ai pazienti con RP in fase avanzata, non esisteva, sino ad oggi, un
trattamento efficace per questa condizione. Durante il Congresso
Euretina, conclusosi 2 giorni fa a Milano, è stato presentato un lavoro
dal titolo "Effetti della Transcorneal stimolazione elettrica in pazienti
con retinite pigmentosa" dal Dr. Tobias Roeck del Centro di Oculistica
dell'Università di Tubingen. Questo studio ha dimostrato come
16 stimolando elettricamente la retina si può contribuire a preservare la
morte delle cellule retiniche e promuovere la rigenerazione delle
cellule dei fotorecettori, ritardando la progressiva perdita di vista in
pazienti con RP. Il trattamento, che nello studio riportato è stato
ripetuto ogni 7 giorni per 6 settimane, viene eseguito tramite un
dispositivo, simile ad una montatura per occhiali, indossato attorno
alla testa del paziente, con due elettrodi a contatto della cornea, altri
due a contatto delle tempie ed un palmare per controllarne la
stimolazione. Questa terapia è ambulatoriale, non provoca dolore o
fastidio (alcuni pazienti hanno accusato solo una sensazione di
solletico) e consiste in una stimolazione elettrica della retina a bassa
energia per 30 minuti, tramite un filo, sottile come un capello, che
viene adagiato tra il bordo inferiore della congiuntiva e della cornea. I
risultati di uno studio pilota erano già stati pubblicati nel mese di
aprile 2011 su Investigative of Ophthalmology and Visual Science
dimostrando che i pazienti trattati con la stimolazione hanno
mostrato un miglioramento statisticamente significativo del loro
campo visivo dopo aver ricevuto il 150 per cento della loro soglia di
percezione di stimoli per sei settimane. Su Ocular Surgery News
Europe del giugno 2012, vi è un articolo che dimostra come il
trattamento stimola il rilascio dei fattori di crescita, ripristinando la
funzione delle cellule danneggiate e zone del campo visivo. In studi
su animali si è dimostrato come la stimolazione elettrica sia volta a
promuovere la rigenerazione delle cellule fotorecettrici dal rilascio di
fattori di crescita endogeni e si è appurato come questi fattori,
introdotti nell'occhio, abbiano la capacità di migliorare la funzione
delle cellule danneggiate. Con questa stimolazione elettrica, invece
di iniettarli, si induce l’organismo a produrli da solo. In un primo
studio prospettico controllato con 24 pazienti, svolto dal Dott. Florian
Gekeler, si è evidenziato come la terapia di stimolazione elettrica
(EST) è sicura ed efficace nelle prime fasi della malattia. I pazienti
sono stati suddivisi in tre gruppi: il primo ha ricevuto un minor grado
di stimolazione elettrica, il secondo un grado maggiore in relazione
alla soglia individuale fosfene/paziente ed un terzo è stato utilizzato
come controllo. Nel gruppo che ha ricevuto una stimolazione
superiore si è verificato un miglioramento del 20% del campo visivo.
Si è inoltre evidenziata una tendenza generale di incremento
dell’acuità visiva. “La maggior parte dei pazienti erano felici e voleva
ripetere il trattamento” ha dichiarato il Prof. Gekeler. “Poiché la
Retinite Pigmentosa è una malattia eterogenea sia in termini di
17 fisiopatologia che di progresso, la risposta dei pazienti è variabile.
Ulteriori studi sono necessari per stabilire i parametri prognostici per
i vari gruppi e la quantità ottimale di erogazione di corrente” continua
Gekeler. "L'importante, per ora, è che siamo stati in grado di
dimostrare che questa tecnologia ha un effetto positivo sulla
funzione della retina ed è facile da applicare, non invasivo e sicuro,
all'interno del programma e dei parametri utilizzati nello studio.
L'unico effetto collaterale riportato finora è una sensazione
transitoria di occhio secco subito dopo il trattamento, che può essere
risolta con lacrime artificiali”. Il nuovo dispositivo ha il marchio CE e
sarà tra poco disponibile nei nostri ambulatori oculistici per
effettuare i trattamenti. Altri studi, comunque, sono in corso, tra cui
un trial clinico di grandi dimensioni in cui sono iscritti pazienti con
diversi stadi della malattia. I risultati ottenuti sino ad ora, però, ci
lasciano ottimisti nel credere che finalmente qualcosa di concreto ed
affidabile sia stato trovato per uscire dal tunnel di questa terribile ed
invalidante patologia.
IL VALORE DELLA VISTA (Articolo di Sarina Biraghi de “Il Tempo”) Aumentano i ciechi. Lo Stato corre ai ripari Eppure c'e' qualcuno che
li considera privilegiati... peccato che loro non lo sanno. Uno su due
non è assistito adeguatamente. Nel piano nazionale soluzioni
all’avanguardia. Invecchiamento Viviamo di più e gli occhi risentono
di patologie che nell’80% dei casi si possono prevenire Nove italiani
su 10 (89%) considerano la vista il senso più importante, a cui non
rinuncerebbero mai. Perdere la vista provocherebbe il dolore di non
«vedere i propri cari», non «essere indipendenti», non «vedere la
natura», avere difficoltà a «muoversi/orientarsi» e «leggere». Ma
anche non «vedere il viso delle persone», non «lavorare», non «vedere
la luce e il sole» e non «guidare». L’Oms (Organizzazione Mondiale
della Sanità) ha stimato che nel mondo ci sono 285 milioni di
persone con gravi problemi di vista; di questi, 39 milioni sono ciechi e
246 milioni sono ipovedenti. Con l’aumento della vita media, avanza
di conseguenza la percentuale di persone colpite, poiché le malattie
legate all’apparato visivo si manifestano principalmente nell’infanzia
e nella vecchiaia. In Italia sono 233.000 i pazienti affetti da
degenerazione maculare di forma umida, quella più grave, con
18 un’incidenza di 36.000 nuovi casi l’anno. La cataratta colpisce l’
8,5% della popolazione tra i 70 e i 74 anni, il 12,4% nei cinque anni
successivi e il 17,1% di chi supera gli 80 anni; sono circa 550.000 i
pazienti affetti da glaucoma e 59.000 sono le persone affette da
edema maculare diabetico. Tutti dati emersi durante il Convegno «Il
Valore della Vista. La salute degli occhi tra bisogni e realtà nel
contesto socio sanitario italiano», che si è svolto in Senato con il
supporto di Novartis e Alcon, con il patrocinio dell’Agenzia
internazionale per la prevenzione della cecità-Iapb Italia onlus, della
Società oftalmologica italiana (Soi) e della Società italiana della
retina (Sir). Obiettivo dell’incontro, per Philippe Barrois,
amministratore delegato e presidente di Novartis Italia, «dialogare
con gli attori del Sistema salute: istituzioni, società scientifiche e
associazioni di pazienti. È fondamentale lavorare insieme e fornire
adeguate risorse per garantire appropriatezza e sicurezza delle cure
e una risposta assistenziale integrata ed omogenea». Viene definito
ipovedente chi ha un’acuità visiva compresa tra valori di poco
superiori a 1/20 ed inferiori a 3/10. Al di sotto di 1/20 un soggetto è
dichiarato cieco. Questi valori significano che, nel caso di 1/20, un
soggetto riconosce ad un metro di distanza un simbolo o un oggetto
che una persona normale riconosce a 20 metri e, nel caso di 3/10,
riconosce a 3 metri ciò che dovrebbe riconoscere a 10 metri.
L’ipovisione è un deficit visivo che non permette a una persona di
svolgere normali attività come leggere i giornali o riconoscere i volti
delle persone o muoversi in maniera autonoma. I pazienti ipovedenti,
rispetto alla media, hanno un rischio di depressione aumentato di 3
volte, un rischio di cadute superiore di 2 volte e di fratture dell’anca
da 4 a 8 volte. Negli ultimi anni è stato registrato un notevole
incremento delle malattie che causano ipovisione (cataratta,
degenerazione maculare, retinopatia diabetica, glaucoma), pato
logie strettamente legate all’invecchiamento e quindi in forte
aumento per l’incremento dell’età media della popolazione, o di altre
patologie come il diabete. È stato calcolato che circa l’80% di queste
potrebbe essere prevenuto o curato. Secondo i dati dell’Oms, la
cataratta rappresenta la prima causa di cecità nella maggior parte
del mondo, mentre il glaucoma e la degenerazione maculare si
collocano rispettivamente al secondo e al terzo posto. L’impatto
socio-economico della cecità e dell’ipovisione è molto rilevante: nel
mondo è stato nel 2010 di 2.954 miliardi di dollari, mentre uno
studio condotto dalla Luiss di Roma ha evidenziato un impatto
19 economico totale delle patologie che causano cecità, in Italia, di circa
4,4 miliardi di euro l’anno, di cui 2,8 di costi sanitari; 1 miliardo per
sussidi e pensioni; il rimanente suddiviso tra tasse, istruzione, cultura
e aiuti. A questi costi vanno aggiunti circa 2,1 miliardi per la perdita
di produttività; «Eppure - precisa Giuseppe Venturelli, Doxapharma sono ancora alte le attese per il futuro se si pensa che ben il 48%
degli ipovedenti lamenta ancora la mancanza di un supporto
economico adeguato che rappresenta un problema reale nella
gestione dell’ipovisione». «In Italia la prevenzione della cecità e
dell’ipovisione è un capitolo specifico nel Piano nazionale della
prevenzione - ha aggiunto Mario Stirpe, presidente della
Commissione di prevenzione della cecità - Il nostro Paese è pertanto
consapevole dell’importanza della vista, tanto che si stanno
mettendo in atto delle azioni congiunte per favorire la prevenzione
della malattie e la definizione di percorsi diagnostico-terapeutici
appropriati. In questa direzione è fondamentale sviluppare linee
guida e protocolli che assicurino maggiore sostegno al paziente
tramite cure innovative e sicure e un’assistenza continuativa basata
su un’integrazione tra le diverse strutture assistenziali, tra ospedale e
territorio».
LA REDAZIONE DELL’ATRINFORMA
Bertante Maddalena De Majo Riccardo, Greci Stefano, Santucci Luca, Vannini Simone.
Sito Web: www.atritoscana.it E-mail: [email protected]
Per informazioni contattare i seguenti numeri:
055 8951998 oppure 0584 333454 20 
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Atrinforma nr. 29 di Settembre 2012