Preg.mo Sig.re
Presidente Della Repubblica
Sede Palazzo del Quirinale
Preg.mo Sig.re
Presidente del Consiglio dei Ministri
Sede Palazzo Chigi
Preg.mo
Sig.re Ministro della Giustizia
Sede Palazzo Chigi
Preg.mo
Sig.re Ministro dell’Economia e Finanze
Sede Palazzo Chigi
Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Napoli,
EQUITALIA SUD Spa, Ag. Riscoss. Provincia Napoli,
Sede Napoli per conoscenza alla Corte Europea Dei Diritti Dell’Uomo
ALLE ISTITUZIONI ED AUTORITA COMPETENTI
Istanza di definizione e autotutela per annullamento pretesa / procedura esatt.le
revoca procedura di diniego sgravio
Per il Sig.re Diego Armando Maradona, nato a Lanus (Argentina) il 30.10.1960
(MRDDRM60R30Z600D), rapp.to e difeso giusta mandato e procura speciale in atto di autotutela
ed in calce al presente atto di impugnazione, congiuntamente e disgiuntamente, dall’Avv. Angelo
Pisani, C.F. PSNNGL71L21F839W e dal Prof. Avv. Angelo Scala, C.F. SCL NGL 68R14F839Q,
dal Dott. re Massimiliano Toriello C.F. (TRL MSM 72A19 F839F) e con loro elettivamente
domiciliato in Napoli alla Piazza Vanvitelli n.15 presso lo Studio Legale Pisani, pec: PEC
[email protected] e [email protected]– fax: (081/5561930);
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ISTANZA DI AUTOTUTELA / SGRAVIO SOMME ANCORA ISCRITTE A RUOLO
PER AVVISI DI ACCERTAMENTO ANNI 1985 / 1990 A CARICO DEL CONTRIBUENTE
MARADONA DIEGO ARMANDO, NONOSTANTE SUA CARENZA LEGITTIMAZIONE
PASSIVA RISPETTO A TALE
ILLEGITTIMA IMPOSIZIONE FISCALE (ossia tributi ed
importi mai dovuti per legge, nonchè : 1) annullamento ed inesistenza accertamento fiscale - titoli,
2) inconfutabile prescrizione e decadenza crediti, 3) omessa notifica degli atti propedeutici e
successivi al ruolo medesimo, 4) in particolare alla luce del provvedimento di archiviazione del
Tribunale Penale di Napoli e della sentenza della CTR Campania n.126 del 29/6/1994 confermata
dalla sentenza della CTC n. 598/13 in favore del coobbligato ex società Calcio Napoli (addirittura
pagante il condono liberatorio anche per i coobbligati-sostituiti come previsto per legge).
In applicazione della normativa Europea prescritta dall’art. 4 del protocollo integrativo n.7
della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà
Fondamentali che, afferma il principio del ne bis in idem, stabilendo che “nessuno può essere
perseguito o condannato … per un reato per il quale è stato già assolto o condannato a seguito di
una sentenza definitiva conformemente alla legge …”, letta in armonia ed in combinato disposto
con l’articolo 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ai sensi del quale
“nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è stato già assolto o
condannato nell’Unione Europea a seguito di sentenza penale conformemente alla legge”.
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PREMESSA
L’Agenzia delle Entrate, per una ipotetica ed inesistente violazione mai provata come per legge,
emetteva una serie di avvisi di accertamento relativi agli anni 1985 – 1990, nei confronti del sig.
Maradona nonché nei confronti della SSC Napoli spa e dei sigg.ri De Olivera Filho Antonio
(Careca) e De Brito Ricardo Rogerio (Alemao). L’Ufficio ancora oggi pretende somme non dovute!
Secondo l’errato assunto dell’Ufficio i tre calciatori (Maradona, Careca e Alemao) avrebbero
interposto società di sponsoring cui erano legati per lo sfruttamento economico della propria
immagine, nel rapporto di lavoro dipendente intercorrente con la Società Sportiva Calcio Napoli
per poter percepire, sottraendosi ai loro obblighi tributari, compensi aggiuntivi agli emolumenti
ufficialmente dichiarati quale retribuzione del loro lavoro dipendente con contestuale omissione,
da parte della SSCN, del versamento della ritenuta alla fonte.
L’ufficio accertatore espressamente fondava gli irrituali accertamenti, sia sull’omissione di
versamento delle ritenute alla fonte da parte della SSCN, sia per l’accertamento di maggiori redditi
in capo ai calciatori, sull’asserita sussistenza di una interposizione fittizia di persona : le società di
sponsoring si sarebbero fittiziamente interposte nel rapporto tra la SSCN ed i calciatori e, dunque,
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gli importi corrisposti dalla società sportiva alle società di sponsoring al fine di acquisire lo
sfruttamento economico dei diritti d’immagine dei calciatori andavano computati quale maggiore
reddito da lavoro dipendente percepito direttamente dai calciatori.
Gli avvisi di accertamento per gli anni 1985 – 1990 contenenti la suddetta contestazione,
addirittura, non sono mai stati notificati al sig. Diego Armando Maradona. Venivano, invece,
notificati alla società sportiva ed agli altri calciatori coinvolti che, dunque, avendone avuto la
possibilità, li impugnavano vittoriosamente, non avendo il fisco fornito alcuna prova delle sue errate
ipotesi-inesistenti violazioni (come poi sarà accertato/dichiarato dai Giudici competenti in merito).
Con sentenza n. 126 pronunciata in data 29.06.1994 dalla Commissione Tributaria di Secondo
Grado di Napoli, sez. n.1, depositata in data 06.09.1994, infatti, i ricorsi promossi dai calciatori
Careca ed Alemao nonché dal sostituto d’imposta SSC Napoli trovavano pieno accoglimento.
La Commissione tributaria, in particolare, rilevava:
- La inesistenza di qualsivoglia violazione fiscale e la giusta condotta anche del Maradona,
- La liceità e legittimità dei contratti relativi allo sfruttamento economico della immagine dei
calciatori;
- La realità della corresponsione delle somme pattuite per la loro cessione da parte della SSCN in
favore delle società di sponsoring;
- La mancata dimostrazione della consegna ai giocatori da parte delle società di sponsoring delle
somme da queste ricevute alla Società Sportiva Calcio Napoli per lo sfruttamento dei diritti
d’immagine.
Dunque, non vi è stata, ne vi era mai stata, secondo la Commissione Tributaria di Secondo Grado
di Napoli, cosi come anche secondo il Tribunale Penale di Napoli, alcuna interposizione fittizia di
persona (ma, al più, una interposizione reale) da parte della società di sponsor, persone
giuridiche con autonoma gestione e relativi obblighi di contabilità e di bilancio.
Ad analoghe conclusioni ( totale infondatezza della tesi dell’Agenzia e dei relativi accertamenti,
conseguente liceità della condotta del Maradona) sono altresì pervenuti i Giudici per le Indagini
Preliminari del tribunale di Napoli che, su conformi richieste del Pubblico Ministero, hanno
archiviato i procedimenti penali aperti nei confronti di Maradona e dei rappresentati della SSC
Napoli per il reato di omissione dei versamenti delle ritenute alla fonte. Questi giudici hanno
espressamente motivato (cfr. archiv. 26.04.1993 proc. 12594/B/92 Ferlaino) che:
- le somme versate dalla società sportiva agli sponsor non sono compensi integrativi in favore dei
calciatori;
- le società di sponsor sono soggetti reali contribuenti all’estero;
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- non si rinvengono elementi oggettivamente riscontrati a sostegno della tesi che i corrispettivi
versati dalla società sportiva costituiscano in realtà ulteriori compensi destinati ai calciatori;
- ne consegue l’inesistenza dell’obbligo, in capo alla società Calcio Napoli ad effettuare il
versamento delle ritenute su dette ulteriori somme di danaro.
***
Soltanto la suddetta sentenza del 6 settembre 1994 della commissione Tributaria di secondo grado,
ma non l'archiviazione del Tribunale di Napoli sui medesimi fatti (quindi fin dal 1992
passata in giudicato a favore di Maradona non più sanzionabile per gli stessi fatti), veniva
impugnata dall’Ufficio ( con esito sfavorevole allo stesso fisco) innanzi alla Commissione Centrale
Tributaria.
Nelle more di tale ultimo giudizio, solo per scelta ed opportunità del curatore, il fallimento della
SSC Napoli Spa , in attesa della conferma della vittoria giudiziaria in sede tributaria centrale che si
avrà poi nel 2013, ha inteso chiudere la vertenza fiscale, dalla quale origina anche la pretesa
erariale nei confronti del Sig. Maradona, con l’adesione alla sanatoria di cui all’art. 2 del D.L.
n. 40 del 2010, tenuto, altresì, conto delle precisazioni intervenute con il D.L. n. 216 del 2011.
Appare doveroso ricordare che la pretesa erariale costituente l’oggetto del suddetto
giudizio e che la SSC Napoli ha ritenuto, solo per opportunità, condonare, nonostante fosse
risultata vittoriosa nel precedente grado processuale 1994, è la medesima pretesa che il Fisco a
tutt’oggi vanta nei confronti del sig. Maradona. Come sopra ricordato, infatti, l’avviso di
accertamento relativo agli anni 1985 – 1990 vedeva coinvolti sia il sig. Maradona che la SSC
Napoli
(il primo perché non avrebbe dichiarato dei compensi aggiuntivi agli emolumenti
ufficialmente dichiarati quale retribuzione da lavoro dipendente e l’altro, nella qualità di sostituto
d’imposta, per l’omissione del versamento delle relative ritenuta alla fonte), oltre che gli altri due
calciatori Careca ed Alemao.
Il suddetto giudizio si concludeva con sentenza n. 598 pronunciata il 28.01.2013, depositata in
data 01 febbraio 2013, dalla Commissione Tributaria Centrale, Sezione di Napoli, Collegio 01.
Con detta sentenza i Giudici Tributari, da un lato, dichiaravano l’estinzione, in virtù
dell’intervenuto condono, dei giudizi relativi alla fallita Società Sportiva Calcio Napoli, per tutte le
annualità in contestazione e relativi, dunque, alla cd. vicenda Maradona e, dall’altro, per la parte
non coperta da condono (annualità 1990 per il calciatore Alemao) confermavano l’infondatezza
della tesi dell’Ufficio che aveva dato luogo agli avvisi di accertamento emessi nei confronti della
società sportiva e dei tre calciatori.
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Considerato che:
Alla luce di quanto precede appare evidente l’infondatezza di qualsivoglia ulteriore pretesa erariale
scaturente dagli avvisi relativi agli anni 1985 - 1900 nei confronti del sig. Maradona,
assolutamente estraneo agli addebiti e carente di legittimazione passiva, per, almeno, un
triplice ordine di ragioni:
a) Infondatezza nel merito della pretesa tributaria in quanto Maradona nulla doveva al fisco italiano
non avendo avuto altre entrate economiche, oltre a quelle relative al rapporto di lavoro con il Calcio
Napoli, tutte complessivamente tassate alla fonte.
b) In ogni caso, estinzione dell’obbligazione per intervenuto condono.
c) Inesistenza di rituale notifica del presunto ed infondato accertamento fiscale/cartella originari .
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Come visto e noto a tutti in particolare all’Agenzia delle Entrate e ad Equitalia Sud Spa, sia
i Giudici Tributari in secondo grado ed in sede centrale, quanto i Giudici Penali, con
provvedimento non impugnato ed allo stato attuale passato in giudicato, hanno avuto modo di
affrontare il merito della tesi sulla quale l’Agenzia fondava e ancora fonda la sussistenza del credito
nei confronti del sig. Maradona e ne hanno espressamente escluso la fondatezza, dichiarando
l’estraneità del ricorrente da ogni addebito .
A tal proposito, appare doveroso ricordare come mai nessun Giudice abbia condannato Maradona
per violazioni fiscali e mai abbia giudicato come infondate nel merito le iniziative giudiziarie
proposte dal sig. Maradona aventi ad oggetto la pretesa erariale in parola .
Dette iniziative, che sarebbero dovute esser rimesse in termini per giusta causa, invero, per una serie
di cavilli, sono state considerate solo inammissibili con sentenze di rito, ma mai (e non poteva
essere altrimenti), rigettate perché infondate con una sentenza di merito.
Nessun Giudice delle "equivoche" sentenze di rito, infatti, ha mai statuito sul merito delle
contestazioni mosse dal sig. Maradona . Merito che, tuttavia, come visto, è stato valutato e
dichiarato fin dal 1992 dai Giudici Tributari (oltre che da quelli ordinari penali d’ufficio) aditi dal
sostituto d’imposta Calcio Napoli e dai due calciatori (Careca e Alemao), nel senso dell’assoluta
infondatezza della pretesa erariale per essere di per se nulli gli avvisi di accertamento fondati
su una tesi (interposizione fittizia di persona) espressamente rigettata e, comunque,
considerata del tutto sprovvista di prova, anzi per effetto stesso delle citate sentenze pregna di
prova contraria.
Ciò posto, si rileva come i calciatori Maradona, Careca ed Alemao e la SSC Napoli siano uniti
da un vincolo di solidarietà. Da un lato, infatti, il vincolo tra la SSC Napoli, quale sostituto
d’imposta, e dei calciatori, quali sostituti, è espressamente previsto dall’art. 35 DPR 602/1973
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rubricato Solidarietà del sostituto di imposta; dall’altro, il titolo sul quale l’Ufficio fonda la propria
pretesa nei confronti di Maradona, Careca, Alemao e SSC Napoli spa è il medesimo (avvisi di
accertamento per maggior reddito irpef derivante dalla sussistenza di compensi aggiuntivi,
presuntamente conseguiti mediante interposizione fittizia di persona, agli emolumenti ufficialmente
dichiarati quale retribuzione del loro lavoro dipendente).
Ebbene, com’è noto, ai sensi dell’art. 1306 c.c., il coobbligato in solido ha il diritto a giovarsi
degli effetti in utilibus nascenti dall’emanazione di una sentenza favorevole agli altri
coobbligati. L’esercizio di un tale diritto potestativo, non è soggetto a limiti o a preclusioni.
Il tutto prescindendo dalla circostanza che il Sig. Maradona non è mai stato raggiunto da
rituale notifica degli avvisi di accertamento in parola, né delle cartelle esattoriali che in detti
avvisi troverebbero il proprio fondamento, come risulta palese ed inconfutabile per tabulas.
b) La SSC Napoli Spa, dopo aver avuto ragione dalla giustizia adita, nella qualità di sostituto
d’imposta, condonando la propria posizione, relativa anche alle asserite (ed insussistenti) pendenze
tributarie del sostituito sig. Maradona, ha estinto la pretesa erariale in parola.
La Commissione Tributaria Centrale, con la citata sentenza n. 598/13, ha, come visto, dichiarato
estinti i giudizi riguardanti la SSC Napoli s.p.a per le note vicende Maradona, Careca ed Alemao,
stante l’intervenuto condono effettuato dalla società sportiva, già vittoriosa nel precedente grado di
giudizio.
Orbene, ai sensi dell’art. 16, L. 289/2002, comma 10, la definizione effettuata da parte di uno dei
coobbligati esplica efficacia a favore degli altri inclusi quelli per i quali la lite non sia più pendente.
Ne deriva che è da considerarsi estinta anche l’obbligazione del coobbligato sig. Diego Armando
Maradona.
***
Tanto premesso, il Sig. Diego Armando Maradona, come in epigrafe rapp.to, nel pieno esercizio
del fondamentale diritto di difesa, chiede soluzione e definizione della controversia, impugnando la
pretestuosa, ingiustificata ed immotivata comunicazione dell'ufficio del 16/10/2013 (palesemente
mortificatoria e negante il diritto di difesa del contribuente), insistendo affinché l’Agenzia delle
Entrate e l’Equitalia Sud Spa vogliano procedere come per legge all’annullamento/sgravio,
previa sospensione, di tutti gli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti per le vicende sopra
descritte relativi agli anni 1985 - 1990, nonché di tutti gli atti, pretese e procedure (accertamento e
cartelle esattoriali inesistenti ed avvisi di mora del 18/10/13, successivo pignoramento personale e
presso terzi etc. etc.) da essi scaturenti come per legge e per quanto risultante documentalmente
provato e stabilito finanche da sentenza n. 910/94 della Commissione Tributaria di Secondo Grado
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di Napoli e sentenza n. 598/13 della Commissione Tributaria Centrale, oltre che dalla decisione del
Tribunale Penale di Napoli in atti nel rispetto del principio del “ne bis in idem”.
***
L’istituto dell’autotutela o jus poenitendi, infatti, consiste nel potere/dovere dell’amministrazione
finanziaria di annullare o di revocare un suo atto perché ritenuto privo di fondamento e legittimità.
Tale istituto trae origine dal diritto amministrativo in cui l’autotutela viene intesa come la capacità
dell’ente di farsi ragione da sé in via amministrativa e, ovviamente, rispettando il principio di
legalità.
L’art. 2-quater del D.L. n. 564/1994 è la disposizione fondamentale per la disciplina dell’istituto
dell’autotutela tributaria. Sulla base di tale disposizione è stato poi emanato un apposito decreto
(D.M. n. 37/1997) che regolamenta l’esercizio del potere di autotutela da parte degli organi
dell’amministrazione finanziaria.
L’art. 2 quater del d.l. 30 settembre 1994 n. 564, aggiunto in sede di conversione dalla legge 30
novembre 1994, n. 656, ha rimesso al Ministro delle Finanze il compito di individuare gli organi
dell’amministrazione finanziaria “competenti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o
di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o
infondati”.
Il Dm Finanze 11 febbraio 1997, n. 37, individua, tra l’altro, le ipotesi in cui l’ufficio può
procedere, in tutto o in parte, all’annullamento dell’atto illegittimo ed è stato riaffermato che tale
potere può essere esercitato anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità (cfr. art.
2).
Merita di essere richiamata, al riguardo, anche la circolare del Ministero delle finanze n. 198/S2822-GCF-as del 5 agosto 1998, con la quale si è precisato che “ai fini dell’esercizio concreto
dell’autotutela … la legge non considera rilevante il comportamento (omissivo o non) tenuto dal
contribuente o il tempo trascorso dall’emanazione dell’atto e neppure (salvo il caso di giudicato
sostanziale) le eventuali vicende processuali cui l’atto stesso sia andato incontro, ma solo l’esito del
riesame svolto dall’ufficio che lo ha emanato, al quale è attribuito il solo e unico compito di
verificare, in modo del tutto autonomo e indipendente da tali eventi o comportamenti, se l’atto è
legittimo o meno.
Se, a seguito di tale verifica, la pretesa tributaria risulta infondata in tutto o in parte, essa va ritirata
ovvero opportunamente ridotta in modo da ristabilire un corretto rapporto con il contribuente, il
quale non può essere chiamato al pagamento di tributi che non siano strettamente previsti dalla
legge”.
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Se ne desume che l’autotutela è esercitabile non solo nei confronti di un atto divenuto definitivo ma
anche nell’ipotesi in cui l’atto non sia più impugnabile per intervenuto giudicato. La stessa circolare
del Ministero delle Finanze sopra citata, legittima la possibilità di ricorrere all’autotutela tributaria,
anche se l’atto è divenuto definitivo per avvenuto decorso dei termini per ricorrere ed anche se
l’eventuale ricorso del contribuente avverso l’atto impositivo è stato respinto dai giudici tributari
con sentenza passata in giudicato per motivi di ordine formale, ossia con sentenza dal contenuto
meramente processuale, cioè, senza entrare nel merito della domanda giudiziale, si sofferma sulla
regolarità del processo (cfr. Sentenza Corte di Cassazione n. 17/02/2005, n. 3231/05 che rigetta le
argomentazioni addotte dal ricorrente sulla illegittimità della notifica degli atti prodromici
all’avviso di mora impugnato).
Da tale ricostruzione appare chiaro il dato normativo: l’autotutela non può essere esercitata per gli
stessi motivi che siano stati valutati e rigettati dal giudice con sentenza di merito passata in
giudicato favorevole all’erario. Per converso, però, va evidenziato che l’autotutela tributaria, è
invece, sempre esercitabile per motivi diversi ovvero per vizi e domande non valutati dal giudice,
né posti a fondamento della sentenza di inammissibilità anche se passata in giudicato.
In altri termini, secondo l’interpretazione del Ministero, “la legge non considera rilevante:
- il comportamento (omissivo o non) tenuto dal contribuente;
- il tempo trascorso dall'emanazione dell'atto;
- e neppure (salvo il caso di completo giudicato sostanziale di merito) le eventuali vicende
processuali cui l'atto sia andato incontro, ma solo l'esito del riesame svolto dall'ufficio che lo ha
emanato; al quale è attribuito il solo e unico compito di verificare, in modo del tutto autonomo e
indipendente da tali eventi o comportamenti, se l'atto è legittimo o meno.
Se, a seguito di tale verifica, la pretesa tributaria risulta infondata, in tutto o in parte, essa va ritirata
ovvero opportunamente ridotta in modo da ristabilire un corretto rapporto con il contribuente, il
quale non può essere chiamato al pagamento di tributi che non siano strettamente previsti dalla
legge come previsto dai fondamentali principi costituzionali.
Sulla base di tale dato normativo, così come richiamato dalla Sentenza 07/05/2013 n. 13 della
Commissione Tributaria Regionale Aosta, “la giurisprudenza di legittimità si era orientata fin dal
2005, nel senso di riconoscere la possibilità di impugnare dinnanzi alle commissioni tributarie il
provvedimento che rigetta l’istanza del contribuente per l’adozione di un atto in autotutela (cfr.
Cassazione, ss.uu. 10/08/2005 n. 16776” (cfr Cassazione ss.uu. 27/03/2007 n. 7388). La
giurisprudenza di legittimità ha peraltro riconosciuto da tempo che il carattere non vincolante
dell’elenco di cui all’art. 19 del dlgs. 31/12/1992, n. 456, essendo la giurisdizione tributaria
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divenuta, nel suo ambito, una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si
controverta di uno specifico rapporto tributario (fr. Cassazione, ss.uu. 10/08/2005 n. 16776).
La pronuncia della Commissione Tributaria Regionale di Aosta, sopra richiamata, assume rilievo
nella parte in cui stabilisce che, nel caso sottoposto alla loro trattazione (impugnazione diniego
amministrazione finanziaria di autotutela per carenza di motivazione) “non sussistono valide
ragioni che inducano a negare l’ammissibilità del ricorso avverso il diniego in autotutela, laddove
esso risulti, come si verifica nel caso in esame, inteso a contestare lo scorretto esercizio del potere
discrezionale dell’amministrazione procedente, sub specie di insufficiente motivazione dell’atto
negativo”. Continua la commissione affermando che “tale conclusione appare preferibile anche
perché capace di tradurre convenientemente in atto il principio di doverosità dell’azione
amministrativa, coniugato con le regole di ragionevolezza e di buona fede, nonché per ragioni di
giustizia sostanziale e di equità, rese palesi nel caso di specie dalla plausibilità delle giustificazioni
fornite dal contribuente e dalla potenziale valenza degli elementi di prova che l’amministrazione
finanziaria non aveva ritenuto di dover prendere in considerazione”.
Per i Giudici di Aosta, principalmente in virtù dei principi costituzionali, quindi non sussistono
valide ragioni per negare protezione al ricorrente che insista nel contestare il non adeguato esercizio
del potere discrezionale attribuito dall’ordinamento all’amministrazione e riscontrabile anche nella
nostra fattispecie in una palese violazione dei diritti del contribuente ed in una carente motivazione
dell’atto gravato.
Pertanto, alla luce delle sopra esposte considerazioni si ritiene che l’impugnazione del diniego di
autotutela deve essere limitata a far valere i soli elementi sopravvenuti rispetto alla notificazione
dell’atto impositivo, sì da evitare la rimessione in termini che annulli le decadenze maturate (Cass.,
sez. V, 20 febbraio 2006, n. 3608. La Corte di Cassazione ha anche osservato che il contribuente
che richiede all’amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di
accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto medesimo, la
cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un
interesse di rilevanza generale dell’amministrazione alla rimozione dell’atto).
L’istanza del contribuente di adozione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di un
provvedimento di autotutela sulla base di eventi sopravvenuti all’atto impositivo, tra già l'altro nullo
ed illegittimo nel nostro caso, è cosa diversa dalla domanda di annullamento dell’atto stesso per
suoi vizi originari. Da ciò consegue che il ricorso proposto al giudice tributario avverso il diniego
di autotutela non si risolve assolutamente in una (inammissibile) impugnazione di atti impositivi in
ordine ai quali siano già decorsi i termini per esperire la tutela giurisdizionale.
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Nella nota vicenda che ci occupa, l’ultimo atto pervenuto all’indirizzo dell’odierno istante è
rappresentato, precisamente, da avviso di mora temerariamente notificato a Maradona a
Milano il 18/10/2013, da pignoramenti esattoriali personali / presso terzi e da Comunicazione
di rigetto del 16/10/2013 di istanza di autotutela presentata dal ricorrente in persona dei suoi
difensori in data 26/03/2013 che s’impugna integralmente con la presente azione.
Detta comunicazione opposta, peraltro, arbitrariamente non munita di numero di protocollo,
rigetta immotivatamente l’istanza di autotutela presentata per gli avvisi di accertamento per
gli anni di imposta 1985, 1986, 1987, 1988, 1989 e 1990 segnalando pretestuosamente che il
debito tributario del ricorrente è stato confermato (circostanza non vera perché il Maradona non
è' mai stato condannato da un giudice ed ha subito solo sentenze di rito mai di merito se non a
suo favore ) da diverse sentenze quali:
- sentenza della Corte di Cassazione del 17/02/2005, n. 3231/05 depositata il 17/08/2005 (in realtà
sentenza di mero rito di inammissibilità opposizione ad avviso di mora senza alcun giudicato di
merito)
- sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 321/17/12 depositata il
06/06/2012: ( sentenza appellata e di parziale rigetto del ricorso ad estratto ruolo in virtù
dell'errata interpretazione della predetta sentenza di rito non di merito)
- sentenza della Commissione Tributaria Centrale n. 598/1/13, depositata il 01/02/2013 ( errata
decisione di rito (da impugnarsi in Cassazione) purtroppo emessa sempre in virtù dell'errata
interpretazione della predetta sentenza di rito -non di merito- e di omessa applicazione dei
principi di solidarietà con rigetto dell'intervento del Maradona per estensione della solidarietà )
-sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 7/21/13 depositata il 10/01/2013
(decisione di non impugnabilità di precedente e diversa istanza di autotutela per inesistenza atti
per silenzio dell'Agenzia delle Entrate per assurdo non contestabile dal contribuente, ma che ora
alla luce del pretestuoso diniego espresso deve poter sicuramente esercitare il suo dirittodi difesa)
Aggiunge, arbitrariamente, l’Ufficio che la comunicazione di rigetto notificata all’odierno
ricorrente“perché meramente confermativa di precedenti sentenze di rito e non tutte definitive,
non può essere impugnata presso la CTP”.
Ci si chiede a questo punto, se la comunicazione di rigetto pervenuta al ricorrente possa essere
considerata come “atto autonomo e indipendente” dalle vicende processuali che si sono succedute
nel corso dell’ultimo decennio per la richiesta impositiva e se la stessa rispetti quanto disposto
dall’art. 2 quater del Dl n. 564/94 e dal DM n. 37/1997.
Nonché, ci si chiede se il contenuto dell’atto di specie possa soddisfare l’obbligo di motivazione di
cui all’art. 7 della Legge 27/07/2000 n. 212 ed art. 3 della L. 241/90, i quali assumono rilevanza e
10
vengono estesi a “tutti” gli atti dell’Amministrazione finanziaria ivi compreso il diniego dell’istanza
di autotutela. Si richiama a tal fine un documento di prassi emesso dalla stessa Amministrazione, in
particolare dalla Direzione Regionale Entrate Lombardia, che con circolare 6.4.2000 n. 11/28093
richiede la comunicazione motivata, con riferimenti ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche,
in sede di diniego di autotutela.
E vista l’inerzia dell’amministrazione finanziaria che ha risposto al ricorrente dopo circa 7 mesi
dalla presentazione dell’istanza e soltanto dopo che lo stesso sia stato costretto ad adire
l’Autorità Giudiziaria per vedere tutelati i propri diritti, ci si chiede se questo comportamento
non sia da configurare “grave” e mortificante del diritto di difesa del contribuente nell’accezione
contemplata dalla stessa amministrazione .
In particolare, si fa riferimento a quanto espresso dalla circolare della Direzione Regionale
Entrate Lombardia nella quale stabilisce che “il comportamento inerte si configura grave quando
il riesame venga espressamente negato senza alcuna ragione . Oltre a tale ipotesi, [omissis],
l’inerzia può qualificarsi grave quando concorrono almeno due delle seguenti situazioni: - il lasso di
tempo intercorso tra la presentazione dell’istanza e la denunciata grave inerzia sia
irragionevolmente lungo; - l’ammontare delle imposte, interessi e sanzioni superi il miliardo; - vi
sia stato un errore sulla persona e/o un errore sul presupposto e/o una duplicazione di imposta (e
cioè quando l’atto risulti affetto da quei vizi rilevanti e sostanziali indicati in via esemplificativa
nell’art.2, comma 1, del decreto ministeriale n. 37/1997)”.
Su tali presupposti, appare chiaro che:
- l’Ufficio non ha riesaminato la propria posizione alla luce delle chiare fondate considerazioni
esposte con l’istanza di autotutela, che ponevano in luce argomentazioni diverse da quelle affrontate
nel procedimento che ha visto divenire esecutivi gli avvisi di mora de quo, pur senza verificare gli
accertamenti e la cartella presupposto inesistenti agli atti (Cassazione del 17/02/2005 n. 3231/2005);
- l’Ufficio, pur sapendo che il contribuente non ha mai evaso un euro e che non era tenuto ad
alcun pagamento per legge (anche perche sostituito di un sostituto estraneo agli addebiti e per di più
titolare di condono) ha ritenuto sufficiente ed esaustivo riportare i riferimenti giurisprudenziali che
si sono succeduti nel tempo al fine di motivare il proprio diniego senza addurre alcuna giusta
spiegazione è dovuta motivazione di carattere autonomo ed indipendente rispetto alle ulteriori
motivazioni poste dall’istante;
- l’Ufficio, addirittura, non ha tenuto conto delle eccezioni manifestate dal contribuente relative alla
palese violazione del divieto di doppia imposizione ex artt. 67 del D.P.R. 600/1973 e 163 del D.P.R.
917/1986, ne alle eccezioni sulla palese decadenza e maturata prescrizione quinquennale per sanzini
11
ed interessi e decennale solo per i tributi, cosi come non ha tenuto conto dell’eccezione
sull’inesistenza degli atti originari ed originali ;
- l’Ufficio non ha tenuto conto delle considerazioni mosse dal contribuente relative alle declaratorie
di annullamento degli avvisi di accertamento emessi, ai sensi dell’art. 37, comma 3, del D.P.R.
600/1973 nei confronti dello stesso ricorrente e dei giocatori Careca e Alemao, come della società
calcio napoli che poi in qualità di sostituto ha anche eseguito condono estendibile a Maradona per
divieto di doppia imposizione. Né tantomeno sono stati presi in considerazione gli esiti dei
procedimenti penali tutti archiviati e che in particolare ritengono Maradona estraneo ad ogni
violazione ed infatti risulta archiviata la sua posizione senza opposizione del fisco dal 1992, con un
provvedimento che per il principio del n'è bis in idem non può esser capovolto , non potendo
condannarsi un soggetto già giudicato ed assolto per la stessa fattispecie come insegnano tutte le
norme di diritto italiane e comunitarie .
Non solo. Da oltre 20 anni la Commissione Tributaria di Secondo Grado di Napoli, nella Sentenza
126/1994, rileva che le censure mosse dall’Amministrazione finanziaria sulla dimostrazione della
presunta interposizione presupposta agli avvisi di accertamento impugnati, “appaiono assolutamente
generiche ed infondate specialmente nella parte in cui l’amministrazione pretende di godere di una
credibilità privilegiata nel processo tributario, in contrasto con il principio del giusto processo in
forza del quale le parti devono essere poste in un piano di parità”.
La stessa Commissione nel corpo della sentenza analizza anche la posizione dell’odierno ricorrente
ribadendo che “anche nel caso Maradona, non ha rilievo probatorio il fatto che lo sponsor è
concomitante e connesso nella durata con il rapporto di ingaggio; o che il corrispettivo della
cessione di quote degli utili dello sfruttamento economico dell’immagine del calciatore fosse di
molto superiore alla retribuzione corrisposta al calciatore, poiché la maggior fama di Maradona
poteva giustificare l’aspettativa di utili molto consistenti per la gestione dell’immagine mentre
l’ammontare della retribuzione corrispondeva alle tabelle approvate dal Coni.
Sta di fatto poi che il giocatore era legato alla società sponsor da epoca precedente l’ingaggio con la
società Calcio Napoli; che la società sponsor aveva l’oggetto di gestire ai fini economici
l’immagine del calciatore e perciò operava professionalmente in quel campo; che i rapporti con lo
sponsor del Maradona, sempre con società aventi personalità giuridica ed autonoma gestione non
sono intercorsi sempre con la medesima società. Alla prima contraente “Diego Armando Maradona
Production Establishment succedeva la Diarma Establishment [omissis]. Si è sempre in presenza di
società con obbligo di contabilità, che percepirono le somme inviate dalla società calcistica
ufficialmente, previa autorizzazione del Ministero del Commercio Estero. Anche nel caso di
Maradona doveva essere fornita una prova rigorosa, sia pure presuntiva, del concorso della volontà
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dell’interponente, dell’interposto e del terzo per dar vita al rapporto trilaterale, presupposto
indispensabile della sussistenza dell’interposizione fittizia di persone. Era inoltre necessaria la
prova della effettiva percezione delle somme versate dalla società calcistica alle società sponsor da
parte di Maradona. La circostanza che costui si costituì nel primo contratto quale presidente della
società sponsor non ha inferenza probatoria in tale direzione, poiché egli appariva nella qualità di
organo della società; e peraltro sia nell’ipotesi (non dimostrata) di sua interessenza nella società
sponsor, sia in dipendenza del suo rapporto contrattuale con la società sponsor per la gestione
economica dei diritti di immagine, egli poteva percepire le utilità realizzate per detta gestione.
[omissis]. Resta il fatto che, anche a ritenere che in tal modo si sia realizzato un beneficio per la
società sponsor, esso riguarda sempre persone giuridiche con autonoma gestione e relativi obblighi
di contabilità e di bilancio, per cui l’inadempimento nei confronti della società sportiva avrà potuto
condurre a diverso risultato del conto economico e degli utili di bilancio; mentre non se ne può
inferire in modo univoco e con ragionevole certezza che invece le somme versate agli sponsor siano
state direttamente riscosse e che la causa dei versamenti sarebbe simulata, dissimulando un patto di
integrazione retributiva del calciatore, con il conseguente obbligo della società sportiva di
versamento di corrispondenti ritenute alla fonte. La validità degli accertamenti opposti e dalla tesi
accolta dalla Commissione tributaria è soprattutto contrastare, come già rilevato per i giocatori De
Brito e De Oliveira, dalla contraddittoria configurazione nella decisione impugnata, a prova della
interposizione fittizia, di una ipotesi di interposizione reale o addirittura di simulazione dei contratti,
per il riconoscimento della validità e liceità dei contratti relativi alla gestione dell’immagine dei
calciatori e della effettività e realità dei versamenti alle società sponsor; e per l’affermazione,
ancora di simulazione della causa dei contratti.
Inoltre, anche per il caso Maradona i giudici penali hanno definito i procedimenti a carico
dei rappresentanti della società calcio Napoli con i due decreti del G.I.P. su conformi richieste
del P.M.. I giudici penali hanno escluso per tutti e tre i calciatori che i corrispettivi versati agli
sponsor fossero in realtà ulteriori retribuzioni destinate ai calciatori; ed hanno espressamente
affermato la insussistenza dell’obbligo in capo alla società Calcio Napoli di effettuare il
versamento delle ritenute alla fonte su dette ulteriori somme di denaro. Nemmeno per il caso
Maradona l’Ufficio ha prodotto nuovi elementi di prova, come indicato dalla risoluzione
ministeriale 56/1064 del 16/10/1990 Min. Fin.. L’appello della società Calcio Napoli va perciò
accolto, con l’annullamento dei sei accertamenti notificati all’ufficio per omissione di
versamento delle ritenute alla fonte per gli anni dal 1985 al 1990”.
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La commissione conclude con l’annullamento degli avvisi di accertamento dei giocatori De
Oliveira e De Brito per le annualità dal 1987 al 1990 per il primo e per le annualità dal 1989 e
1990 per il secondo.
Sulla genericità e infondatezza delle presunzioni addotte dall’Ufficio circa la interposizione
presupposta agli avvisi di accertamento impugnati, si è ulteriormente espressa la Commissione
Tributaria Centrale Sezione di Napoli che con decisione n. 598 del 28/01/2013 dichiara estinti i
giudizi relativi alla Società Sportiva calcio Napoli e dei giocatori De Oliveira e De Brito . I giudici
della Commissione, ribadiscono l’obbligo in capo all’amministrazione finanziaria di provare
fatti elusivi e/o di chiarire perché certi fatti non possano avere finalità elusive. Prove che
ancora una volta l’Ufficio non ha prodotto.
Si rileva, altresì, che le analisi condotte dai Giudici di secondo grado sulla posizione del Maradona
e sull’affermazione dell’inesistenza anche per lo stesso delle prove della presunta interposizione,
non siano state oggetto di riforma nel giudizio successivo. Con la conseguenza che è
completamente assente il presupposto impositivo e cioè il maggior reddito da tassare in capo
all’odierno ricorrente per mancanza di legittimità ed infondatezza dell’atto che ne ha
prodotto la richiesta.
La conclamata insussistenza del presupposto impositivo, quale risulta dalle sentenze del 1994 e
del 2013, rappresenta di per sé valido motivo di interesse pubblico per ripristinare la legalità
violata nel rispetto dei diritti umani, della legge dei principi costituzionali e comunitari.
Infatti in considerazione delle oramai note sentenze ( fin'ora stranamente inutilizzate, non
rispettate e dimenticate proprie dalle istituzioni italiane) che dal 1992 ritengono Maradona del
tutto estraneo rispetto a tali violazioni fiscali, ecco brevi appunti e riferimenti normativi
relativi all’infondata ipotesi di temeraria ed illegittima doppia imposizione da parte del fisco
nel caso di Diego Armando Maradona.
Si ricorda sempre che nel 1989 furono notificati dall’Agenzia delle Entrate, a Ferlaino ma non a
Maradona, due distinti accertamenti, ma per lo stesso presupposto impositivo, e cioè:
alla Società Sportiva Calcio Napoli un accertamento quale sostituto di imposta, per omesse ritenute
e conseguente omesso versamento di imposte relative a redditi di lavoro dipendente, quindi tassati
con ritenuta alla fonte, per presunte somme erogate indirettamente ad alcuni calciatori;
- ai singoli calciatori in quanto, pur avendo percepito delle somme, non avevano provveduto ad
integrare le loro dichiarazioni dei redditi, che nel caso di Maradona non andava fatta perché lui
non aveva altre entrate oltre quelle tramite il Calcio Napoli .
In sostanza, il rapporto tributario controverso era il medesimo e cioè una errata ipotesi che vi
fossero degli importi pagati da una società ad un proprio dipendente senza l’effettuazione ed il
14
versamento delle relative ritenute a titolo di imposta per redditi di lavoro dipendente (art. 23 D.P.R.
600/73)
Il quadro normativo a cui fare riferimento è, quindi, quello di cui al D.P.R. 600, ed in particolare:
1) Art. 23, c. 1, ritenute sui redditi di lavoro dipendente
2) Art. 35 solidarietà del sostituto di imposta (e coobbligazione del sostituito)
3) Art. 64 sostituto e responsabile di imposta
4) Art. 67 – divieto della doppia imposizione (c. 1 e soprattutto c. 2)
Ancora aggiungasi nella fattispecie particolare, l’art. 16, c. 10, della Legge 289/2002 (condono
fiscale) “definizione delle liti pendenti”, che recita:“la definizione di cui al comma 1 effettuata da
parte di uno dei coobbligati, esplica efficacia e favore degli altri, inclusi quelli per i quali la lite non
sia più pendente”, e le circolari ministeriali n. ri 12 e 22 del 2003.
***
E’ pacifico nella fattispecie:
a) che, l’accertamento è relativo a redditi di lavoro dipendente;
b) che, in forza di legge era il sostituto S.S.C.N. obbligato ad effettuare le ritenute, ed il sostituito
Maradona era coobbligato in solido e comunque non ha mai ricevuti notifiche ;
c) che, la lite pendente instaurata e vinta dal Calcio Napoli già prima del condono , addirittura poi è
stata definita con apposita istanza ex art. 16 Legge 289/2002, e relativo versamento delle imposte
accertate (in misura forfettariamente ridotta ex Lege) dal curatore fallimentare della stessa società
liberando ancora una volta anche il sostituito Maradona ;
d) che, quindi il rapporto tributario e il debito di imposta del sostituto, per quelli stessi redditi,si è
definito in relazione alle imposte dovute anche dai singoli calciatori dipendenti;
e) che, il calciatore Maradona quale sostituito era coobbligato in solido con il Calcio Napoli e
viceversa;
f) che, il presupposto impositivo era l’esistenza di un reddito di lavoro dipendente da tassare alla
fonte;
g) che, a norma dell’art. 67, c. 2, (Divieto di doppia imposizione) del D.P.R. 600/73 “l’imposta
personale pagata dal soggetto erogante a titolo definitivo a seguito di accertamento è scomputata
dall’imposta dovuta dal percipiente il medesimo reddito”
h) che l’efficacia della definizione del c. 10, dell’art. 16 è senz’altro riferibile anche al coobbligato
Maradona che indebitamente viene ancora perseguitato pur essendo da sempre stato estraneo ad
ogni ipotetico addebito di evasione o violazione fiscale !!!.
Si evidenzia infatti in riferimento al caso de quo oggetto di causa che proprio la stessa
Agenzia delle Entrate in risposta ad una istanza di interpello, nel fornire chiarimenti in
15
merito alla possibilità di definire le liti fiscali pendenti in capo alle società di persone e del
relativo effetto
che tale definizione comporterebbe in capo ai soci, cita due distinte
circolari emanata dalla stessa Agenzia e precisamente la n. 12/e del 21 febbraio 2003 e la n.
22/e del 28 aprile 2003, che già si erano occupate del caso di specie e più in particolare di
quello dei coobbligati.
Proprio nella circolare 12/e del 21 febbraio 2003 al paragrafo 11.5, è la stessa Agenzia
delle Entrate che in materia di obbligazioni riguardanti
una
pluralita'
di soggetti (tra cui
certamente rientra quello che ci occupa e cioè del sostituto ,datore di lavoro e sostituito, lavoratore)
interessati dallo stesso atto impugnato o dalla stessa lite autonomamente definibile, possono
configurarsi i seguenti casi:
a. pendenza di un'unica lite nella quale siano costituiti tutti gli interessati;
b. pendenza di distinte liti aventi ad oggetto lo stesso atto,instaurate separatamente da tutti gli
interessati;
c. presentazione di ricorso solo da parte di alcuni degli interessati.
Nell'ipotesi sub a) si configura un'unica lite e, pertanto, la regolarita' della definizione da
parte
di
uno
degli
interessati produce automaticamente l'effetto
dell'estinzione
della
controversia anche nei confronti degli altri soggetti.
Nell'ipotesi sub
b),
pur
configurandosi piu' liti fiscali, la regolarita' della definizione da
parte di uno degli interessati produce l'effetto dell'estinzione anche delle altre controversie.
Cio' puo' accadere, ad esempio, in materia di imposta di registro, nell'ipotesi in cui l'avviso di
rettifica avente ad oggetto lo stesso contratto di cessione di azienda sia stato impugnato
separatamente da acquirente e venditore, con l'instaurazione di separati giudizi pendenti .
Nell'ipotesi sub c) la pretesa dell'Amministrazione finanziaria si e' resa definitiva soltanto
nei confronti di uno o piu' dei soggetti interessati dall'atto impugnato. In tal caso,
l'effetto definitorio dell'iniziativa assunta dal ricorrente, impedisce all'Amministrazione
di esercitare ulteriori azioni nei confronti degli altri soggetti interessati, fermo restando
che non si fara' comunque luogo a rimborso di somme gia' versate.
Tale fatto non può che determinare la immediata perdita di efficacia dell’avviso di accertamento e
per l’effetto l’emissione del provvedimento di sgravio totale delle relative somme, come dovuto nel
casi di Diego Armando Maradona .
***
16
In realtà il sostituto di imposta può beneficiare della dichiarazione integrativa presentata dal
sostituito.
L’art. 8 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, prevede che possono presentare dichiarazioni
integrative, fra gli altri, i sostituti di imposta tenuti ad effettuare le ritenute alla fonte di cui al titolo
III del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 n. 600, ed al versamento delle
stesse.
Quanto appena affermato non può che spostare direttamente sul sostituto di imposta sia l’onere di
integrare la propria dichiarazione dei sostituti di imposta, sia quello di versare egli stesso le ritenute,
se dovute. Dal canto del sostituito, in base ai principi generali sulla sostituzione, si ritiene (circolare
n. 22 del 2003 Agenzia delle Entrate, capo 5.3), che la integrazione perfezionata dal sostituto
d’imposta abbia effetto anche sul sostituito, in quanto il sostituto agisce “in luogo” del sostituito per
fatti e situazioni riferibili a quest’ultimo.
***
Di tale aspetto, in uno a quello già trattato nel motivo inerente il condono del sostituto ed il
coobbligato (circolare 12 del 2003 dell’Agenzia delle Entrate, capo 15.1 dei coobbligati), non ha
tenuto conto la stessa Agenzia delle Entrate nella risposta formulata all’istanza di annullamento in
autotutela dal ricorrente, proprio tali circostanze, accompagnate dalla declaratoria di regolarità del
condono arrivata pochi giorni prima del deposito dalla Commissione Tributaria Centrale di Napoli,
pongono il sostituto nella posizione di dover rivendicare il proprio diritto all’ottenimento dello
sgravio definitivo delle somme iscritte a ruolo ricorrendo avverso il predetto atto.
Ma vi è di più, sempre la citata circolare 22 del 2003, prosegue sul punto: “In applicazione del
principio generale secondo cui la sostituzione, nei limiti in cui si stata concretamente effettuata,
libera il sostituito, deve ritenersi che anche l’integrazione posta in essere dal sostituto, limitatamente
alle ritenute da quest’ultimo corrisposte, si riflette sulla posizione del sostituito. Ai fini
dell’accertamento dei redditi, il sostituito potrà avvalersi delle imposte effettivamente versate sui
redditi al medesimo corrisposti così come evidenziati dal sostituto nella dichiarazione integrativa.
***
Nel caso che ci occupa è appena il caso di ricordare che dal punto di vista sostanziale la posizione
del sostituito è, in stretto accordo con il disposto di cui all’art. 57 della Cost. (ciascuno deve
concorrere alle spese dello Stato in ragione della propria capacità contributiva – se esistente), quella
di chi non avendo percepito redditi diversi da quelli di lavoro dipendente in Italia in quegli anni
(la Commissione Tributaria Centrale di Napoli ha definitivamente scagionato tutti i contratti posti in
essere dalla società sportiva calcio Napoli, peraltro ricalcando ampiamente quanto già definito per
17
Maradona nel procedimento penale a suo carico terminato con l’archiviazione) nulla avrebbe
dovuto versare al fisco.
Per inciso deve aggiungersi che l’Agenzia delle Entrate non ha mai inteso accertare autonomamente
Maradona per aver iniziato un’attività stabile in Italia di sfruttamento della propria immagine con
tanto di organizzazione imprenditoriale, in quanto in tal caso avrebbe dovuto assoggettare a imposta
sul valore aggiunto tali introiti (circostanza questa non occorsa in quanto a ruolo sono iscritte solo
imposte sul reddito delle persone fisiche).
Ed allora dal punto di vista formale resta un’unica pretesa tributaria in capo al sostituto di imposta
accusato di aver corrisposto, previa interposizione (tra l’altro infondata e non provata dal fisco),
redditi di lavoro dipendente maggiori di quelli dichiarati nella propria dichiarazione dei sostituti di
imposta, circostanza questa come già detto definitivamente accertata dalla commissione tributaria
centrale come inesistente.
Il ragionamento testé fatto non può che portare ad una ed una sola conclusione:
L’accertamento del Calcio Napoli è inscindibilmente collegato a quello dei calciatori Maradona,
Careca ed Alemao, di guisa che l’annullamento del primo non solo può, ma deve, determinare
l’annullamento di tutti gli altri.
Di qui l’interesse di Maradona ad instare richiesta di annullamento in autotutela volto al
riconoscimento della nullità degli avvisi di accertamento a lui riferiti.
Al contrario, si ripete, se si volesse seguire il ragionamento dell’Ufficio, pur prendendone le
doverose distanze, l’interposizione fittizia sospettata in capo a Maradona, agli altri calciatori ed al
calcio Napoli avrebbe dovuto comportare giammai l’assimilazione di tali redditi di immagine a
quelli di lavoro dipendente, bensì a redditi di lavoro autonomo con stabile organizzazione in Italia
da parte di questi ultimi volta per l’appunto allo sfruttamento della propria immagine di calciatori
famosi.
In tale caso i compensi percepiti da questi avrebbero dovuto essere assoggettati anche ad imposta
sul valore aggiunto (circostanza questa non occorsa in quanto a ruolo sono iscritte solo imposte sul
reddito delle persone fisiche).
Ed allora dal punto di vista formale resta un’unica pretesa tributaria in capo al sostituto di
imposta accusato di aver corrisposto, previa interposizione, redditi di lavoro dipendente maggiori di
quelli dichiarati nella propria dichiarazione dei sostituti di imposta, circostanza questa come già
detto definitivamente smentita dalla commissione tributaria centrale.
A questa infondata pretesa si accompagna l’accertamento in capo al sostituito per valori
corrispondenti, accertamento che in seguito al condono del sostituto ed a tutto quanto appena
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espresso deve essere dichiarato nullo per espressa previsioni della prassi della stessa Agenzia delle
Entrate.
Proprio a questa infondata ed indimostrata pretesa si accompagna l’accertamento in capo al
sostituito (Maradona) per valori corrispondenti, accertamento che anche in seguito al condono del
sostituto ed a tutto quanto appena espresso deve essere annullato per espresse previsioni della stessa
Agenzia delle Entrate, della normativa vigente, dei nostri principi costituzionali e se non bastasse
dei principi e regolamenti della Comunità Europea sul punto .
Inoltre si deve applicare direttamente la normativa Europea prescritta dall’art. 4 del protocollo
integrativo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali che, afferma il principio del ne bis in idem, stabilendo che “nessuno può essere
perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è
stato già assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla
procedura penale di tale Stato”, letta in armonia con l’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea ai sensi del quale “nessuno può essere perseguito o condannato per un reato
per il quale è stato già assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale
conformemente alla legge”. Ciò perché, per ciò che concerne gli anni di imposta oggetto del
presente contenzioso, il Signor Diego Armando Maradona è già stato sottoposto a procedimento
penale chiusosi con archiviazione per i reati relativi a presunte omesse ed infedeli dichiarazioni dei
redditi dacché il Contribuente ha sempre provveduto a pagare, sia in acconto che a saldo ed alle
rispettive scadenze, gli importi che percepiva e dichiarava quale dipendente della Società Calcio
Napoli.
Infatti, come potrà evincersi anche da una rapida lettura del provvedimento di archiviazione del
Giudice delle Indagini Preliminari è emesso che Maradona non ha presentato dichiarazioni infedeli
ed in quanto solo dipendente del calcio napoli non era tenuto a presentare alcuna dichiarazione
dei redditi . Ad avvalorare tale tesi è la richiesta di archiviazione del PM dott. Frunzio Luigi,
accolta dal gip Angelo Spirito da cui emerge che il Signor Diego Armando Maradona non aveva
ricevuto gli importi ed i corrispettivi che la SSC Napoli versava alle società “D.A.M.P.”, “T.W.W.”
e “Diarma, ossia la liceità e regolarità della condotta del campione del mondo oggi
ancora perseguitato da una SPA per i medesimi fatti da cui nel merito e'
totalmente estraneo.
Alla luce di quanto sopra, si può senz’altro quindi sostenere che non essendo possibile la
duplicazione dell’imposta (vietata dall’art. 67), avendo il sostituto definito con il pagamento il suo
debito tributario, il dipendente sostituito deve vedersi riconosciute come pagate le imposte
19
accertate, risultando estraneo a duplicati ed illegittimi addebiti vietati anche dalla nostra
Costituzione .
Vi è di più.
Oltre alla palese e maturata prescrizione decennale per i presunti tributi addebitati e quinquennale
per sanzioni ed interessi in totale mancanza di tempestiva interruzione dei termini, dalla disamina
della pur inidonea, criptica e contestata documentazione processuale acquisita, è possibile
ricostruire le pretese erariali soltanto dai seguenti documenti:
- Comunicazioni del 27/11/1991 al Procuratore della Repubblica di Napoli da parte dell’Ufficio
distrettuale delle imposte dirette per violazione delle disposizioni contenute nella legge 516/82: dai
quali è possibile desumere l’importo dei maggior redditi imputati all’odierno ricorrente;
- Sentenza della Commissione Tributaria n. 786 del 19/11/2001 dalla quale è possibile desumere
l’importo della maggior Irpef accertata, nonché imposte e sanzioni.
In particolare, l’Ufficio delle imposte dirette evidenzia i seguenti “presunti” maggior redditi
(espressi in € per maggior chiarezza):
accertati
dichiarati
€ 2.418.925,05 € 318.466,95
1985
€ 923.564,90
€ 249.898,00 1986
€ 1.691.275,49
€ 331.712,52 1987
€ 5.773.639,52 € 263.792,24 1988
€ 1.814.981,38 € 408.299,46 1989
Per il 1990 non si ha documentazione a supporto. Da detti maggior redditi scaturiscono le maggiori
imposte Irpef oggetto dell’avviso di mora impugnato presso la Commissione Tributaria di Napoli il
05/03/2001 per complessivi € 7.546.937. Nello specifico, gli importi desumibili dalla sentenza
sopra richiamata sono i seguenti:
IMPORTI DA CTP 786/2001
LIRE
€
IRPEF
1985
2.643.935.00
1.365.478
“
1986
804.369.000
415.422
“
1987
1.632.423.000
843.076
“
1988
6.613.018.000
3.415.339
“
1989
1.362.143.000
703.488
“
1990
1.557.019.000
804.134
20
7.546.937
SOPRATTASSE
25.892.094.000
13.372.150,58
INTERESSI
24.783.860.592
12.799.795,79
944.874.192
487.986,80
66.233.735.784
34.206.869,80
COMP.RISCOSS
TOTALI
***
In realtà la Sentenza della Commissione Tributaria nella ricostruzione degli importi contenuti
nell’avviso di mora è viziata da errore materiale nell’indicazione dell’ammontare complessivo
richiesto in pagamento (la stessa indica l’importo di Lire 51.620.831.284 in luogo della somma di
Lire 66.233.735.784 sbagliato) . Ovvero potrebbe essere errato uno qualsiasi degli importi indicati
quali maggiori imposte, soprattasse e pene pecuniarie, interessi e compensi per la riscossione.
Sta di fatto che l’importo degli interessi richiesti sulle maggiori imposte accertate dovrebbe essere
meritevole di approfondimento e specificazione in virtù del fatto che esiste uno scostamento tra
quanto chiesto dall’Amministrazione e quanto risulterebbe dovuto calcolando gli interessi di mora
in vigore all’epoca dei fatti (cfr. Tabella Allegata).
L’ammontare della maggior Irpef dovuta veniva calcolata sulla base delle aliquote per scaglioni di
reddito in vigore negli anni dal 1985 al 1990. In particolare, l’imputazione della maggiore imposta
veniva depurata dalle ritenute versate dal sostituto di imposta sui redditi di lavoratore dipendente
corrisposti all’odierno ricorrente. Nell’imputare i maggior redditi e quindi le maggiori imposte
dovute l’Ufficio pertanto tiene conto dei seguenti redditi:
- redditi di lavoratore dipendente certificati con Modello 101 dalla SSC Napoli;
- maggior redditi imputati dall’Ufficio a seguito della presunta interposizione fittizia esistente tra la
società SSC Napoli, le società Diego Armando Maradona Production e lo stesso Maradona;
- nessun altro reddito viene imputato all’odierno ricorrente e pertanto il contribuente avendo un
unico reddito di lavoro dipendente non era tenuto a nessun adempimento dichiarativo.
Quest’ultimo aspetto è rilevante e fondamentale al fine della determinazione dell’importo delle
sanzioni imputate all’odierno ricorrente per l’omesso versamento delle imposte, al quale non
possono applicarsi le sanzioni previste nel caso di omessa dichiarazione.
La SSC Napoli, come noto, nelle more del giudizio di opposizione alla Sentenza del 06/09/1994,
chiudeva la vertenza fiscale, con l’adesione alla sanatoria di cui all’art. 2 del DL n. 40 del 2010. In
particolare, la SSC Napoli chiamata a rispondere sulla stessa pretesa vantata dall’Amministrazione
nei confronti dell’odierno ricorrente, in qualità di sostituto di imposta, il 19/05/2003 definiva la lite
fiscale pendente presso la Commissione Tributaria Centrale con il versamento del rateo previsto
dalla disposizione in commento. Le somme “condonate” rappresentano dunque le ritenute che la
21
SSC Napoli avrebbe dovuto versare ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. 600/1973 sui maggior redditi
attribuiti ai calciatori Maradona, De Olivera e De Brito in ragione della asserita interposizione
fittizia intercorsa tra le parti.
Successivamente il giudizio si concludeva con sentenza n. 598 del 28/01/2013 nella quale la
Commissione Tributaria Centrale di Napoli, come si è già avuto modo di rilevare, da un lato
dichiarava l’estinzione, in virtù dell’intervenuto condono, dei giudizi relativi alla fallita Società
Sportiva Calcio Napoli, per tutte le annualità in contestazione e relativi dunque, alla vicenda
Maradona e, dall’altro per la parte non coperta da condono (annualità 1990 per il calciatore
Alemao) confermavano l’infondatezza della tesi dell’Ufficio che aveva dato luogo agli avvisi di
accertamento emessi nei confronti della società sportiva e dei tre calciatori.
L’Amministrazione fiscale, nonostante la acclarata illegittimità delle ipotizzate violazioni risultate
inesistenti e nonostante la nullità dichiarata dai giudici degli avvisi di accertamento emessi nei
confronti dei soggetti sopra citati, nonostante il pagamento da parte della SSC Napoli delle ritenute
sui maggior redditi di lavoratore dipendenti versate quale sostituto di imposta, ignora
completamente le disposizioni previste sul divieto di doppia imposizione esplicitamente statuito per
le imposte dirette ex artt. 127 - Dpr. n. 917/86 e 67 - Dpr. n. 600/73.
Esso, nella sua accezione più immediata, implica che è vietato accertare due volte a carico del
medesimo soggetto la stessa imposta su di un medesimo presupposto.
Inoltre, la Commissione Tributaria Centrale di Napoli nella sentenza n. 598 del 28/01/2013
stabilisce che l’obbligazione tributaria dell’odierno ricorrente “deve essere soddisfatta in base alla
propria aliquota marginale, differenza del sostituto di imposta che deve effettuare la ritenuta nella
misura fissa stabilita dal legislatore”.
Sul punto, si è già avuto modo di rilevare che all’odierno ricorrente non avendo altri redditi da
dichiarare, se non quelli di lavoratore dipendente con la SSC Napoli, non è applicabile il principio
della marginalità citata dalla sentenza oggetto di impugnazione per cassazione in quanto le ritenute
di acconto pagate attraverso il condono dalla società SSC Napoli sono proporzionali ai redditi
percepiti e ai redditi erroneamente imputati al calciatore Maradona.
Al fine di fugare ogni dubbio circa la pretesa illegittima da parte dell’amministrazione finanziaria è
opportuno porre nel dovuto rilievo che la recente sentenza di Cassazione 11/10/2013 n. 23121 non è
applicabile sicuramente al caso in esame. Infatti, nel caso di specie il sostituto, sebbene attraverso il
condono, ha adempiuto alla propria obbligazione con il versamento delle ritenute. Tanto più che la
dottrina, basandosi su quanto affermato dalla stessa amministrazione finanziaria in materia di
lavoratore autonomo e di impresa che riconosce efficacia liberatoria per il sostituito
indipendentemente dall’effettivo versamento della ritenuta da parte del sostituto a condizione che il
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sostituito sia in grado di dimostrare l’effettivo assoggettamento dei compensi a ritenuta tramite
esibizione congiunta della fattura e della documentazione proveniente da banche o intermediari
finanziari, arriva ad estendere tale considerazione anche ai redditi di lavoratore dipendente. Ciò a
prescindere dalla circostanza che il datore di lavoro abbia o meno versato le ritenute (Cfr. Corriere
Tributario n. 45/2013 pagg. 35-50).
Alla luce delle argomentazioni sopra esposte, è del tutto evidente come la pretesa erariale sia nel
merito assolutamente illegittima ed infondata in virtù del fatto che anche sommando i redditi
presunti - in modo del tutto illegittimo dall’amministrazione finanziaria - il contribuente avendo la
SSC Napoli versato le ritenute attraverso il condono ed essendo unico sostituto di imposta, non
doveva né presentare la dichiarazione dei redditi per gli anni oggetto della controversia , né
tantomeno applicare l’aliquota marginale sui redditi presunti tra l’altro tassati nel paese di residenza
della società estera.
Alla stregua delle considerazioni che precedono appare evidente come il prolungato silenzio serbato
dall’Amministrazione finanziaria sulla motivata istanza di autotutela avanzata dal contribuente,
nonché il rigetto espresso( solo per intervento della procura della repubblica a violazioni già
consumate )da essa prodotto carente di motivazione, sia palesemente illegittimo, tradendo siffatto
comportamento i fondamentali principi costituzionali e ordinamentali che presiedono al corretto e
leale rapporto fra Amministrazione e cittadino-contribuente.
L’odierno ricorrente, in buona sostanza, a giusta ragione si duole del fatto che l’amministrazione
finanziaria, si trincera dietro una (errata) sentenza di mero rito e di solo inammissibilità passata in
giudicato e veicola attraverso atti successivi di riscossione “formalmente ineccepibili se esistesse,
ma non vi è prova, l'accertamento e la cartella presupposto originari notificanti la (ingiusta) pretesa
di una maggiore Irpef in assenza dell’indefettibile presupposto impositivo.
Pertanto il ricorrente ha diritto al rimborso di ogni danno e prelievo subito o futuro anche ex art 59
DPR 602/73. Infatti in merito ai danni e prelievi subiti ed all’eventuale (futuro) pagamento
dell’indebito da parte dello scrivente va osservato che si configurerebbe ipso jure, per consolidato
orientamento giurisprudenziale, l'elemento costitutivo della pretesa indennitaria azionata ex art. 2041
c.c., e cioè il configurarsi dell'indebito arricchimento da parte della P.A. che non abbia espressamente
disconosciuto l'esistenza di un debito inesistente. Il vincolo tra Pubblica Amministrazione e privato,
pur non potendosi qualificare come contrattuale, per carenza di forma scritta richiesta
“ad substantiam”, è fonte di responsabilità e di obbligazione ex art. 2041 c.c. Come rimedio finalizzato
alla reintegrazione del patrimonio del creditore, l’indennizzo ex art. 2041 c.c. configura un debito
di valore e non di valuta, da liquidarsi, tenendo conto, anche, della svalutazione monetaria intervenuta
tempore solutionis (Cass., 6 febbraio 1998 n. 1287). A compensare l’ulteriore pregiudizio costituito
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dal ritardato conseguimento dell’equivalente pecuniario, sulla somma vanno corrisposti, dal giorno
del verificarsi dell’altrui arricchimento, gli interessi ad un saggio anche diverso da quello legale,
nella misura non assorbita dal tasso di adeguamento monetario del capitale (Cass., 10 maggio 2001
n. 6502; Cass., 12 gennaio 1999 n. 256).
CONCLUSIONI
A tal fine l’odierno ricorrente, come sopra rapp.to e difeso, nell'esercizio del proprio
fondamentale ed universale diritto di difesa da tutelare ed esercitarsi per ogni grado fino a
poter adire la Suprema Corte Europea e dei Diritti dell'Uomo, IMPUGNATO
il pretestuoso ed illegittimo diniego espresso INSISTE per l'accoglimento delle legittime
richieste formulate con l’istanza di autotutela (allegata e che abbiasi qui per ripetuta e
trascritta) in quanto ingiustificatamente negata e CONCLUDE per l'annullamento della
indebita pretesa di pagamento, della procedura di riscossione ed intimazione debiti inesistenti per
cui è causa, ponendo al vaglio dell’adita Autorità essenzialmente le seguenti eccezioni, deduzioni
e richieste:
a) illegittimità del diniego di autotutela: come ampiamente discusso ed argomentato, poiché la P.A.
una volta messa al corrente di un’attività palesemente ed oramai notoriamente
“viziata”
da essa posta in essere non può esimersi dal rimuovere o correggere i relativi atti, atteso che essa è
tenuta ad agire sempre alla luce dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento al fine di
salvaguardare il legittimo affidamento dei cittadini nell'osservanza dei principi costituzionali;
b)
carenza e mancanza di materia imponibile: la pronuncia n.126 del 29/06/1994 della
Commissione Tributaria di secondo grado di Napoli, nonché la sentenza n. 598 del 28/01/2013
della Commissione Tributaria Centrale di Napoli e l’esito del Processo Penale in capo ai soggetti
coinvolti sanciscono l’assenza del presupposto impositivo e confermano da sempre la liceità
e regolarità del contribuente Maradona;
c) nullità delle richieste, pretese e procedure erariali ed esattoriali per palese violazione del
divieto di doppia imposizione ed anche del principio del n'è bis in idem, considerato che per gli
stessi fatto e presunte violazioni il contribuente già è' stato giudicato e ritenuto estraneo a
qualsivoglia violazione
Pertanto, Voglia la On.le Autorità adita, respinta ogni altra difesa, eccezione o istanza,
in accertamento della infondatezza e pretestuosita' del provvedimento di diniego espresso di
autotutela impugnato tramite il documento oggetto di causa :
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A) al fine di verificare tutti la fondatezza e legittimità assoluta delle ragioni dell’istante,
disporre preliminarmente, ai sensi della normativa vigente e del diritto di accesso agli atti del
contribuente, ad onere dell'ufficio “creditore” l'esibizione e deposito di tutta la
documentazione originaria ed originale relativa alle presunte violazioni addebitate
al Maradona e delle
copie originali ed originarie
di ogni atto, accertamento fiscale,
cartella esattoriale (con presunti nn. B50513702351830 e B50513706407089 come indicate in
oggetto) ed avvisi di mora o in copia conforme relativi al contribuente nonché presupposto
della procedura esattoriale e di pignoramento personale e presso terzi in danno dell'istante,
comunque, impugnati per inesistenza e difformità agli atti originali presupposto che a rigor
di logica e legge (tra cui art 125 cpc)
del creditore procedente
dovrebbero trovarsi o esser nella disponibilità
Equitalia Sud Spa/Agenzia delle Entrate e d ammettersi CTU
tecnica e contabile per la verifica del contenuto e documentazione/notifiche strumentalmente
addebitate all’istante ;
B)
accogliere l’istanza/domanda di annullamento pretese e procedure fiscali/esattoriali
anche in virtù della normativa sull'autotutela, istanza da dichiararsi legittima e fondata, e per
l’effetto, accertare e dichiarare la inesistenza di atti e titoli esecutivi in danno del ricorrente,
quali accertamento fiscale e cartella esattoriale ( palesemente carenti di legittimazione
passiva rispetto al sostituito Maradona) originari ed originali con numeri B50513702351830
e B50513706407089 o, comunque, riconoscere e dichiarare l'esistenza di precedenti
provvedimenti giudiziali in favore del contribuente in merito ai presupposti della procedura
esattoriale e, anche previa remissione in termini per giusta causa,
la nullità, difformità
e/o non autenticità degli estratti di ruolo ed avvisi vantati dal fisco e la inesistenza della
sottoscrizione di alcuna notifica di tali atti originari e
del loro contenuto da parte del
contribuente così come oggetto di contestazione. Comunque riconoscere la inesistenza/nullità
di qualsivoglia violazione / evasione fiscale presupposto della procedura di riscossione e di
ogni
vantata notifica, come attestata negli inidonei e disconosciuti
estratti di ruolo ed
intimazioni, della cartella e principalmente dell'accertamento fiscale presupposto per
violazione anche degli artt. 137 e ss cpc e l’inesistenza di qualsivoglia efficace titolo e/o
cartella pretesi;
C) dichiarare, a seguito dell'accoglimento della presente impugnazione inesistente e/o nulla
e/o incompleta e/o annullabile il provvedimento di diniego espresso d’istanza autotutela
e, quindi, la opposta procedura di riscossione esattoriale carente di titolo e legittimità
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(per inesistenza di qualsivoglia violazione fiscale), nonché inesistente / nulla la
documentazione non originaria e non originale attestante presunti titoli vantati dalle resistenti
in danno di Maradona e, così inesistente, nulla e non autentica la sottoscrizione di
presunta notifica dell’accertamento fiscale presupposto, del ruolo/cartelle in oggetto e dei
primi avvisi originari e così la relativa notifica fino all'anno 2001 come ad oggetto delle
contestazioni per cui è causa;
D) all’uopo, anche ex art 210 c.p.c., si chiede anche alle Autorità adite di acquisire come per
legge e si inoltra formalmente richiesta alle parti resistenti di deposito per ogni giusta
istruttoria :
1) dell’originale o della copia conforme del presunto accertamento fiscale
originario e delle conseguenti cartella milionarie di pagamento in oggetto con annessa relata
di notifica in calce e 2) di ogni atto successivo anche ai fini della prova di interruzione della
prescrizione decennale e quinquennale, ai sensi dell’art. 26 comma 5 del D. Lgs. 602/73 e
secondo esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22 e 25 L. 241/90 e
art. 4 D.P.R. 27.06.1992 n. 352, come stabilito sul punto anche dal Consiglio di Stato con la
sentenza richiamata al punto 10 ), il tutto relativamente alla procedura di riscossione avente
ad oggetto la presunta violazione, accertamento fiscale ed ipotetica cartella di pagamento
n. 2351830 (in oggetto B50513702351830
e B50513706407089) mai notificati e i relativi
atti / avvisi presupposto ad oggi sconosciuti.
Con invito alle parti resistenti Agenzia delle Entrate ed Equitalia Sud Spa a desistere da ogni pretesa,
oltre che alla revoca di ogni intimazione di pagamento e procedura esecutiva in danno del ricorrente
al rimborso di ogni somma nelle more già indebitamente prelevata in danno dell’istante, alla
riabilitazione del nome ed immagine dello stesso, previa immediata cancellazione di ogni
provvedimento pregiudizievole, quindi, alla comunicazione di ogni dato, informazione o notizia,
relativi al nominativo dell’istante DIEGO ARMANDO MARADONA, trattati ed inseriti in archivi e
“banche dati”, con indicazione della loro esatta origine, tempi e del soggett o che abbia effettuato
la segnalazione e per quale scopo, non risultando, in realtà, l’istante inadempiente, ne essere mai
stato evasore fiscale e/o , nè tardivo pagatore per sua responsabilità e/o colpa .
Salvis Juribus,
Napoli 17 dicembre 2013,
Avv Angelo Pisani
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istanza autotutela Maradona