DANTE E LA DONNA DANTE: La vita Le opere La donna Beatrice Bibliografia Come Dante vede la figura della donna, e le interpretazioni su di essa. DURANTE ALIGHIERI DETTO DANTE Dante Alighieri (Firenze 1265 - Ravenna 1321), poeta e prosatore, teorico letterario e pensatore politico, considerato il padre della letteratura italiana. La sua opera maggiore, la Commedia, è unanimemente ritenuta uno dei capolavori della letteratura mondiale di tutti i tempi. Dante nacque tra il maggio e il giugno del 1265 da una famiglia della piccola nobiltà guelfa, da Alighiero Bellincione e donna Bella. L'evento più significativo della sua giovinezza, secondo il suo stesso racconto, fu l'incontro con Beatrice, la donna che amò ed esaltò come simbolo della grazia divina, prima nella Vita Nova e successivamente nella Commedia. Gli storici propongono l’identificazione di Beatrice con la nobildonna fiorentina Beatrice o Bice Portinari, che morì nel 1290 neanche ventenne. Torna alla pagina principale Le opere La donna Beatrice Dante Alighieri Studiò probabilmente le arti del trivio (grammatica, retorica, dialettica), del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica) e della retorica. Forse frequentò l'Università di Bologna, e la Sorbona; certamente studiò la letteratura francese e provenzale, la poesia toscana di Guittone d'Arezzo e di Bonagiunta Orbicciani e, sotto l'influenza di Guido Guinizelli, conobbe i poeti della Scuola siciliana. Non si sa molto della sua formazione, ma le opere rivelano un'erudizione che copre quasi l'intero panorama del sapere del suo tempo. A Firenze fu profondamente influenzato dal letterato Brunetto Latini, che compare come personaggio nella Commedia (Inferno, XV): Dante lo considerava no un semplice maestro, ma un educatore, una guida morale che lo aprì alla cultura e all’impegno politico; Brunetto fu certamente uno dei più grandi studiosi dell’epoca, maestro di retorica, abile compilatore di trattati enciclopedici (il Tresor fu scritto in Francia, dove era esiliato), uomo politico combattivo e coerente. Intorno al 1287 Dante pare frequentasse l'Università di Bologna. Durante i conflitti politici che ebbero luogo in Italia in quell'epoca, si schierò con i guelfi contro i ghibellini, partecipando nel 1289 ad alcune azioni militari (a Campaldino contro Arezzo e nella presa di Caprona contro Pisa). Torna alla pagina principale Le opere La donna Beatrice Dante Alighieri Dante fu anche soldato, e l'11 giugno 1289 combatté nella battaglia di Campaldino, che vide contrapposte le truppe fiorentine a quelle ghibelline di Arezzo; nell’agosto dello stesso anno fu all’assedio del castello di Caprona; nel 1294, poi, avrebbe fatto parte della delegazione di cavalieri che scortò Carlo Martello d'Angiò (figlio di Carlo II d'Angiò) quando questi si trovava a Firenze (cfr. Paradiso, canti VIII e IX). Il matrimonio Non sappiamo molto di Gemma Donati, solo che apparteneva alla nobile casata dei Donati, figlia di ser Manetto e cugina di Corso, Forese e Piccarda Donati. Fu presto legata da un "instrumentum dotis" (9 gennaio 1277) a Dante, che sposò dopo alcuni anni, attorno al 1285 e a cui diede quattro figli: Iacopo, Pietro, Antonia e Giovanni. Iniziò l'attività politica nel 1295, iscrivendosi alla corporazione dei medici e degli speziali. Quando i Guelfi si spaccarono tra Bianchi e Neri (questi legati al papa per interessi economici), Dante si schierò con i primi. Ricoprì vari incarichi pubblici e nel 1300 fu nominato priore (uno dei sei) per il bimestre 15 giugno-15 agosto: ricoprì quel ruolo con senso di giustizia e fermezza, tanto che, per mantenere la pace in città, approvò la decisione di esiliare i capi delle due fazioni in lotta , tra i quali l'amico Guido Cavalcanti. Fu quasi sicuramente uno dei tre ambasciatori inviati a Roma per tentare di bloccare l'intervento di papa Bonifacio VIII a Firenze. Non era comunque in città quando le truppe angioine consentirono il colpo di stato dei Neri (novembre 1301). Venne subito accusato di baratteria (concussione) e condannato in contumacia a un'enorme multa e poi a morte (marzo 1302). Iniziò così l'esilio che sarebbe durato fino alla morte. Dopo alcuni tentativi militari di rientrare a Firenze, fece "parte per se stesso". Torna alla pagina principale Le opere La donna Beatrice Alla notizia dell'elezione al trono imperiale di Enrico VII di Lussemburgo, sperando nella restaurazione della giustizia entro un ordine universale, si avvicinò ai ghibellini, ma la spedizione dell'imperatore in Italia fallì. Negli anni dell'esilio Dante si spostò nell'Italia settentrionale tra la Marca Trevigiana e la Lunigiana e il Casentino, e forse si spinse fino a Parigi tra il 1307 e il 1309. Si recò poi insieme ai figli, forse nel 1312, quando aveva già concluso il Purgatorio, a Verona presso Cangrande della Scala, dove rimase fino al 1318. Da qui si recò a Ravenna, presso Guido Novello da Polenta, dove riunì attorno a sé un gruppo di allievi tra cui il figlio Iacopo, che si accingeva alla stesura del primo commento dell'Inferno. Morì nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna, e neppure le sue spoglie tornarono mai a Firenze. Torna alla pagina principale Le opere La donna Beatrice Dante Alighieri L’esordio poetico si ebbe nel 1283, quando scrisse un sonetto, A ciascun alma presa, che segnò il suo ingresso nella scuola del Dolce Stil Novo: a ciò non fu certamente estraneo l’incontro con alcuni grandi poeti toscani suoi coetanei, come Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Cino da Pistoia, Forese Donati. In questo periodo probabilmente conobbe anche Giotto, che celebrerà in un famoso passo del Purgatorio (“Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è scura” Purg. XI, 94-96). Dante Alighieri Nel 1290 la morte di Beatrice, la donna amata, lo gettò in uno stato di profondo sconforto, e lo spinse a raccogliere le rime già composte in suo onore nella Vita nuova, un prosimetro in quarantadue capitoli, interamente dedicato alla rievocazione della sua vicenda d’amore intellettuale con Beatrice. Dante Alighieri Dante ebbe sempre in odio papa Bonifacio VIII, alle cui trame si deve la condanna all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, a una multa e a due anni di esilio, comminatagli nel 1301, per “baratteria” (furto di denaro pubblico). Non essendosi presentato a discolparsi (nel timore di essere ucciso), fu condannato ad essere bruciato vivo se fosse caduto in mano al Comune). Dante Alighieri Negli ultimi anni il poeta fu ospite di Cangrande della Scala a Verona e di Guido Novello da Polenta a Ravenna. Qui portò a termine l'ultima parte della Commedia, di cui era già stata pubblicata prima del 1315 la prima cantica, l'Inferno. Morì il 14 settembre del 1321 a Ravenna, di ritorno da un'ambasceria portata a Venezia. Dante Alighieri Nell’epistola inviata a Cangrande della Scala per dedicargli il Paradiso, Dante spiega il motivo del titolo: "Comedìa si può definire la presente opera se guardiamo alla materia, perché all’inizio essa è paurosa e fetida, ma ha una fine buona, desiderabile e gradita. Per quel che riguarda il linguaggio, questo è dimesso e umile, perché si tratta della parlata volgare. Il fine di tutta l’opera consiste nell’allontanare quelli che vivono questa vita dallo stato di miseria e condurli a uno stato di felicità”. Dante Alighieri La Divina Commedia (come iniziò ad essere chiamata nel XVI secolo) è un poema allegorico, che descrive il cammino verso la salvezza che ogni uomo deve intraprendere: a indicare la strada è il mistico viaggio di Dante-pellegrino attraverso i tre regni dell’aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno. Dante è chiamato a compiere questo viaggio, che egli dichiara essersi svolto durante la Settimana Santa del 1300, "a nome" dell'intera umanità, sotto la guida della ragione prima (impersonata da Virgilio) e della fede dopo (impersonata da Beatrice). Dante Alighieri Il poema, scritto in terzine a rima incatenata, consta di tre cantiche, a loro volta suddivise in 33 canti (tranne l'Inferno che ne presenta 34, poiché il primo funge da proemio all'intero poema). Il percorso tortuoso e arduo di Dante, il cui linguaggio diventa sempre più complesso quanto più egli sale verso il Paradiso, rappresenta, sotto metafora, anche il difficile processo di maturazione linguistica del volgare illustre, che si emancipa dai confini angusti entro i quali lo aveva rinchiuso il pregiudizio scolastico medievale. Dante Alighieri Le fonti di questo capolavoro sono innumerevoli, dalla Bibbia all’Eneide virgiliana, da Aristotele ai Padri della Chiesa, dalla Summa theologiae di San Tommaso alle Visioni medievali, dai poemetti di Giacomino Veronese (De Ierusalem coelesti e De Babilonia civitate infernali) al Libro delle tre Scritture di Bonvesin de la Riva. Ed è stata avanzata l’ipotesi che si sia ispirato addirittura al Libro della Scala , un testo arabo dell’VIII secolo, tradotto in castigliano presso la corte di Alfonso X il Savio, tra il 1264 e il 1277, e poi in latino e francese, che narra la salita al cielo di Maometto. L’Inferno dantesco L'Inferno è una enorme, profonda voragine a forma di cono rovesciato, il cui vertice giunge al centro della Terra. Scendendo ci si imbatte nel Fiume Acheronte, nel Limbo e poi nei nove cerchi dove i dannati, pur essendo ombre, conservano il loro aspetto fisico e soffrono tormenti secondo la legge del contrappasso (per analogia o per contrasto). L’Inferno dantesco L’Inferno dantesco Troviamo nella parte alta dell’Inferno gli incontinenti (lussuriosi, golosi, prodighi, avari e iracondi), nel Basso Inferno, all’interno delle mura della Città di Dite, i violenti (coloro che peccano contro sé stessi, contro il prossimo, contro Dio) e i fraudolenti (coloro che fanno del male con premeditazione, gli eretici, e chi nega l'immortalità dell'anima). Ogni cerchio è sorvegliato da uno o più custodi, che possono essere personaggi mitologici (Caronte, Minosse, Flegiàs, Le Furie, ecc.) o diavoli. In fondo all’imbuto si trova Lucifero, che con tre bocche maciulla Cassio, Bruto e Giuda, e con le ali, sempre in movimento, ghiaccia il fiume Cocito. Tutti i peccatori dell'Inferno hanno una caratteristica comune: percepiscono la lontananza da Dio come la pena maggiore. Dante Alighieri Ma in Dante la salita al cielo, l’anabasi, è preceduta da una katabasi terrificante, che lo porta al centro della Terra, nel luogo più distante da Dio che esista nell’Universo: e il capovolgimento che Dante (e Virgilio) effettuano aggrappati al pellame di Lucifero è veramente la svolta di un cammino cruciale, che d’ora in avanti potrà solo risalire, sempre più su lungo le cornici del Purgatorio, e poi di stella in stella fino al cospetto di Dio. L’Inferno dantesco “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant' è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. Io non so ben ridir com' i' v'intrai, tant' era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta. E come quei che con lena affannata, uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l'acqua perigliosa e guata, così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva” VITA VIVA OSCURA DRITTO SMARRITA PIANETA DURA ALTO FORTE COLLE PAURA BEN MORTE L’Inferno dantesco Il fiume che attraversa longitudinalmente l’Inferno, differenziandosi in Acheronte, Stige, Flegetonte e Cocìto, nasce dalle lacrime del Veglio di Creta, una misteriosa statua vivente che rappresenta la storia dell’umanità: la testa d’oro rappresenta la mitica età dell’oro o il Paradiso terrestre, il petto d’argento l’età della ragione, le parti in rame la successiva ulteriore degradazione del mondo, infine i piedi di ferro e di terracotta l’età della decadenza attuale (il piede sinistro è l’Impero, quello destro la Chiesa, entrambi fessurati a simboleggiare i mali dell’umanità trecentesca). L’Inferno dantesco Non mancano in questo regno paludi, fango, fiumi e sabbioni infuocati, ghiacciai sterminati, burroni, bolge piene di pece, buio, fumo, puzza (“Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe», / mi disse, «il viso un poco più avante, / sì che la faccia ben con l'occhio attinghe / di quella sozza e scapigliata fante / che là si graffia con l'unghie merdose, / e or s'accoscia e ora è in piedi stante” Inf. XVIII, 127-132). Le reazioni di Dante sono spesso reazioni violente, di odio, rabbia, ironia, disgusto, sarcasmo; ma non mancano le virtù, celebrate anche in mezzo al dramma più cupo: amore e passione politica, orgoglio intellettuale e ansia di conoscenza, rispetto, pietà, affetto filiale, la dolcezza e gioia, inquietudine che si trasforma in sollievo. Questi contrasti si esprimono anche nello stile, che è solenne e retoricamente elevato in certi punti (specie nelle apostrofi e nelle invettive), familiare e pacato in altri (nei paragoni domestici e semplici, nel dialogo con Virgilio, negli incontri con persone amiche o conoscenti), popolare (in certe scene turpi, venate di grottesco) o tragico (si pensi solo alla tragedia del Conte Ugolino). L’Inferno dantesco Le caratteristiche salienti dell’Inferno dantesco sono: • è buio, perché manca la luce del Sole, cioè di Dio; • sprofonda verso il centro della Terra, sempre più in basso; • si avvolge su se stesso in modo tortuoso. Per contrasto il Paradiso è luce, cammino verso l’alto, in linea retta. Dante Alighieri Opera “unica” e “singolare”, fonte a sua volta di innumerevoli riprese e citazioni, la Commedia affronta nei suoi cento canti tutti i vizi e le virtù degli uomini, presenta personaggi di tutte le categorie sociali, le razze e le religioni, parla di tutte le vicende gioiose, fosche, terribili, affascinanti dell’umanità, scandaglia tutte le tematiche e le prospettive del passato, dell’epoca medievale, e anche dell’oggi: vera Summa humanitatis che nessuno è mai più stato in grado di imitare (ma le traduzioni non si contano…). LE OPERE La produzione letteraria di Dante testimonia una vicenda di incessante sperimentazione e riflessione teorica. Egli dimostra infatti grande interesse per ogni forma espressiva che la poesia volgare ha fino a quel momento elaborato. Documento significativo di questa sperimentazione, che è tematica, lessicale, metrica, stilistica, sono le Rime, che danno conto della pluralità degli interessi di Dante: vi sono infatti i componimenti nello stile dolce tipico della Vita nova; vi sono le canzoni di impianto dottrinario che caratterizzano soprattutto il Convivio; vi sono poi i versi di stile comico del Fiore. Ma l'opera di Dante è caratterizzata anche da un'importante riflessione teorica. Sia la Vita nova che il Convivio costituiscono anche un autocommento in prosa e in volgare dei propri versi. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Da queste riflessioni nasce l'esigenza di dare dimostrazione anche teorica dell'importanza delle proprie esperienze: di qui la composizione del trattato specifico sulla questione linguistica, il De Vulgari eloquentia, scritto in latino. Con quest'opera si chiude il catalogo delle opere che precedono la Commedia: dal 1306/7 fino alla morte Dante è impegnato nella redazione del poema, ma lavora anche al suo unico trattato compiuto: De Monarchia, in latino, che tratta organicamente le opinioni politiche già manifestate nel Convivio e nella Commedia. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Le rime Prova della versatilità dantesca sono le Rime, cioè l'intera produzione lirica di Dante che il poeta non volle riunire in una raccolta organica come la Vita nova o il Convivio. Sotto questo titolo vanno tutti quei componimenti cui Dante lavorò tra il 1283 e il 1308. Vi sono "risposte in rima" ad altri poeti; vi sono componimenti incentrati sul tema d'amore alla maniera di Guido Cavalcanti e di Guido Guinizelli, o anche alla maniera toscana e guittoniana. Ma le novità più originali, più importanti per gli esiti che avranno poi nella Commedia, si esplicano in due gruppi di testi, posteriori alla Vita nova: le cosiddette rime petrose e le canzoni allegoriche d’argomento morale e dottrinale, come quelle poi scelte per il Convivio. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Vita nuova Tra il 1292 e il 1294 Dante compone la Vita nova. L'opera è un prosimetro cioè un testo misto di prosa e versi. Nei quarantadue capitoli in prosa sono presentate e commentate trentun liriche (venticinque sonetti, quattro canzoni, una ballata e una stanza di canzone). Tra le proprie liriche composte nel decennio precedente, il poeta sceglie quelle che giudica più adatte a significare una vicenda amorosa esemplare, che è commentata dalle parti in prosa. Anzi, l'organicità dell'antologia dei versi è garantita dai raccordi in prosa che secondo la volontà del poeta hanno funzione di racconto e commento della vicenda.In effetti il "libello" dantesco ("libello" significa "libricino", così Dante lo chiama affettuosamente) è un commento ai propri versi ed una autobiografia ideale. L'opera è il primo esempio in un volgare italiano di commento di un autore ai propri versi. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Tema dell'opera è l'amore di Dante per Beatrice, dal primo incontro fino ed oltre la morte di lei. La memoria dell'amata si esprime dapprima in forme cortesi, per diventare sempre più esperienza mistica, in cui l'amore diventa mezzo di elevazione a Dio. Della poesia provenzale e cavalleresca anche Dante, come Guinizelli, Cavalcanti e altri poeti toscani, accoglie i temi dell'amor cortese. Così nella Vita nova compaiono molti dei temi propri del codice del fin amour, temi che a loro volta s'articolano in diversi motivi. L'amore ha origine da uno sguardo: la vista della donna amata che "passa per via", spesso accompagnata da altre fanciulle, provoca l'innamoramento. La "gentilezza" è la qualità propria di chi è capace d'amore. "Gentile" nella lirica provenzale è il nobile, il signore feudale. In Dante l'amore è grazia che chiunque può ricevere purché lo voglia. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice L'amante rende omaggio all'amata con i versi della sua poesia che ne elogiano la bellezza e le alte qualità morali. Egli indica a tutta l'umanità la grandezza della sua donna, ma si comporta con discrezione proteggendone l'identità.Sceglie perciò un'altra donna come destinataria dei propri versi. L'effetto della contemplazione dell'amata è duplice nell'amante: egli considera la propria inferiorità rispetto a lei, disperando di poter mai raggiungere la sua perfezione morale. Ma nello stesso tempo la visione che si para davanti all'uomo gli conferma la via da seguire per la salvazione della propria anima e gli dà la speranza della vita eterna. Due temi sono particolarmente originali nella Vita nova sono: il saluto della donna amata. Esso è insieme segno della sua benevolenza e pegno di salvezza eterna. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice L'apparizione di Beatrice ed il suo saluto non provocano come in Cavalcanti, la costernata consapevolezza della propria inferiorità di fronte a tanta perfezione. Al contrario il saluto è atto che ricambia la devozione amorosa dell'amante e gli dà speranza di beatitudine eterna. Esso è quindi rivelazione della via che conduce alla salvezza eterna, che Dio nella sua misericordia vuole rendere evidente a tutta l'umanità. Il saluto dell'amata è infine esempio per le altre donne, che si facciano anch'esse segno manifesto della bontà divina verso l'umanità intera. la morte della donna amata. Un altro importante tema dell'opera è quello della morte. Più volte ricorrente, esso riassume il senso della dottrina amorosa dantesca. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice La donna amata è creatura toccata dalla Grazia divina: uno dei segni che rivela la predilezione di Dio per Beatrice è il numero nove che nei suoi multipli e sottomultipli ha a che fare con la sua vita e la sua morte. La morte di Beatrice così non è soltanto un evento drammatico e luttuoso: occorre riconoscerne il significato simbolico. La morte non è fine della vita, ma inizio della vita vera, non più immersa nel flusso del tempo che scorre, ma perenne nell'eternità. La morte di Beatrice è la morte del giusto che è destinato alla beatitudine eterna nella gloria di Dio. Comprendere tutto ciò è laborioso, difficile per l'uomo che ha perduto colei che ama e cerca conforto al proprio dolore: ma ogni consolazione è erronea, se della morte non si comprende il significato di trapasso verso il regno di Dio. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Convivio Tra le canzoni di argomento dottrinale e morale composte dopo la conclusione dell'esperienza stilnovista, Dante scelse poi nei primi anni dell'esilio i testi che inserì nel trattato in volgare cui diede il titolo di Convivio, cioè "banchetto", una metafora con cui Dante presenta la sua opera come opera di divulgazione dottrinaria, banchetto di sapienza. Il Convivio testimonia l'acquisizione da parte di Dante di una profonda cultura filosofica, il delinearsi dei suoi interessi politici e lo sviluppo della sua riflessione linguistica. Dante mette a fuoco la dottrina sottesa alla complessa costruzione del poema nei suoi aspetti filosofici e scientifici: è qui che Dante propone la sua concezione del sapere, che è per gli esseri umani difficile ma necessaria conquista, cammino drammatico e tuttavia agognato. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Fiore Il Fiore consiste in una “collana” di 232 sonetti; vi vengono riassunti i quasi 22 mila versi del celebre Roman de la Rose francese. L’opera in realtà non ha titolo e fu così chiamata dal sul primo editore (1882) per l’importanza del termine che vi figura molte volte quale parola-chiave. D’alba al tramonto si svolge la vicenda della conquista, anche fisica, della donna amata: il tema sessuale campeggia dall’inizio alla fine ed esplode in maniera esplicita nel finale. L’arte di amare viene dunque sottratta ad ogni idealizzazione e trasposta su un terreno ben più concreto, anche cinico e brutalmente sensuale. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice De Vulgari Eloquentia Il primo libro del trattato latino sulla lingua sostiene che Dio diede a primi uomini una lingua universale, ma l’unità linguistica originaria s’infranse per il peccato d’orgoglio, all’epoca di Babele. La confusione delle lingue originò nuovi idiomi. Sono poi paragonate le tre lingue nate dal ceppo romanzo: Francese o lingua d’Oïl, provenzale o lingua d’Oc, Italiano o volgare di sì. Si esaminano infine le caratteristiche della lingua ideale: dovrà essere illustre perché illuminata dall’arte e capace di nobilitare gli spiriti; cardinale in quanto cardine ossia guida per gli altri dialetti; aulica perché colta, eletta come lo è il linguaggio della corte; curiale perché usata dall’amministrazione civile. Il secondo libro tratta dell’eloquentia. Tre sono i grandi temi letterari cioè prodezza d'ari, gioia d’amore, rettitudine morali. Infine viene l’analisi dei generi metrici e degli stili. Mentre viene trattata la canzone, l’opera s’interrompe. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Commedia La maggiore opera di Dante, che gli ha procurato maggior fama, è senza dubbio la Commedia, chiamata in seguito Divina da Boccaccio per il suo carattere oltremondano. La Divina Commedia è un poema di 14.223 endecasillabi in terzine concatenate diviso in tre cantiche (Inferno, Purgatorio, Paradiso) e cento canti. Narra di un viaggio nel regno dei morti, che l’autore dice di aver compiuto nella settimana santa del 1300 a partire dal Venerdì santo. Il fine del poema è quello di condurre gli uomini nella vita terrena, dalla miseria della loro condizione alla felicità. Per realizzarlo l’autore intende analizzare, uno per uno, “gli stati delle anime dopo la morte”, considerare le pene o le ricompense che hanno meritato in virtù del loro operare terreno. Nel suo viaggio oltremondano il poeta sarà accompagnato da figure a lui care, quali Virgilio, nell’Inferno e Purgatorio, e Beatrice nel Paradiso. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice De Monarchia Il trattato sviluppa idee che già erano presenti nel Convivio. Ogni libro affronta e risolve una questione con molta perizia argomentativa. Il primo libro pone una premessa: il fine dell'uomo è la conoscenza, grazie alla quale egli può vincere il drammatico conflitto col peccato. La piena realizzazione delle capacità intellettive degli uomini può avvenire soltanto se la vita terrena si svolge in pace. Una sola istituzione può garantire la pace: l'impero. Il secondo libro dimostra che i Romani costruirono di diritto il loro impero, perché così volle la Provvidenza divina. Il terzo libro infine discute il rapporto tra potere imperiale e potere ecclesiastico. Entrambe le autorità emanano da Dio, nessuna delle due è superiore all'altra. L'imperatore dipende dal papa solo come uomo, non come rappresentante dell'autorità imperiale. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice Rime petrose Le quattro canzoni dette “petrose” dedicate a una donna disdegnosa come una “pietra”: sono le due canzoni Io son venuto al punto de la rota e Così nel mio parlar voglio esser aspro e le due sestine Al poco giorno e Amore, tu vedi ben. In un certo senso esse sono anticipate dalle rime per la “pargoletta”. Analoga è la situazione dell’amore non ricambiato. Nelle “petrose” Dante si misura con il trobar clus di Arnault Daniel e fa le prove delle rime aspre e chiocce degli ultimi canti infernali. A chi corrisponde questo nomepseudonimo “petra”? Non convince l’interpretazione allegorica (la chiesa corrotta o Firenze), forse non si tratta neppure di un amore realistico. Ma il problema dell’identificazione è, in fondo, secondario; conta di più il fatto che nelle liriche petrose, la poesia d’amore duecentesca tipica dello stilnovismo è stata abbandonata da Dante che è tornato indietro, al modello provenzale. Torna alla pagina principale Dante: la vita La donna Beatrice LA DONNA Parliamo anche dell’altro grande amore di Dante, che è piuttosto una parentesi tra la Beatrice mistica della giovane visione della Vita Nova e di quella più aitante della matura Commedia. Egli stesso, nel quarto trattato del Convivio, afferma di abbandonare "l’usato parlare" delle "dolci rime d’amor" verso la sua donna. Dopo la morte di Beatrice, il poeta si troverà sempre più attratto da questa "donna gentile"; in qualche maniera vuole superare quell’amore, ma avrà degli scrupoli nel concedersi totalmente a lei. La nuova figura non ha un corpo fisico. Essa è nobile, "gentile," e sembra essere più vicino alla donna "cortese," cioè idealizzata, che con amore consola il poeta rattristato a causa della scomparsa dell’amica comune. Ma poiché l’amore è più forte della morte, Dante non troverà alcuna consolazione al di fuori dell’amore per Beatrice, espresso nella lode. Torna alla pagina principale Le opere Dante: la vita Beatrice BEATRICE La vita Il rapporto con Dante Beatrice nella Vita Nuova Beatrice: la donna per eccellenza Torna alla pagina principale Le opere Dante: la vita La donna La vita L'episodio più rilevante della giovinezza di Dante, fu l'incontro con Beatrice, storicamente identificata con Bice di Folco Portinari, andata in sposa a Simone de' Bardi e morta giovanissima nel 1290; stando alla Vita Nuova, il primo incontro sarebbe avvenuto nel 1274. Di certo Beatrice non era solo un semplice fantasma poetico, ma una donna realmente vissuta; ma nell’amore totalmente idealizzato per lei, Dante esprimeva l’aspirazione a una sfera suprema di bellezza, giustizia e verità. La precoce morte di Beatrice gettò Dante nello sconforto; dopo la composizione della Vita Nuova, risalente al 1292-93, egli conobbe un periodo di “traviamento” morale, per le nuove esperienze amorose; poetico, per l’abbandono del poetare dolce della Vita Nuova e la sperimentazione di temi comici e di modi allegorici e morali. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Il rapporto con Dante La morte di Beatrice Portinari causa un periodo di smarrimento nella vita di Dante Alighieri, un’angoscia che lo induce ad un tempo d’introspezione, tanto da andare fino all’inferno e ritornare, per conquistare e assicurarsi la salvezza eterna a vantaggio di essere con Beatrix, “quello che ‘mparadisa la mia mente. Il suo spirito di poeta lo spinge alla lettura di scritti di altri grandi uomini che nella loro vita avevano avuto la medesima esperienza, la perdita di una persona amata, e così raffrontarsi a loro. Si accosterà per la prima volta al de consolatio philosophiae di Boezio qualche tempo dopo la scomparsa di Beatrice; leggerà anche il Laelius de amicitiae di Cicerone, il quale gli confermerà che la vera amicizia - l’amore disinteressato, avendo se non come unico frutto e suo essere e il suo vivere e soprattutto attraverso il sopravvivere nel ricordo del poeta dopo la sua morte. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Dante ha vissuto in una realtà in cui il fenomenico prefigurava una realtà sovrasensibile, la lezione dei classici era ancora vissuta con occhio cristiano, cioè aristotelicamente, qualunque tipo di filosofia si fondeva comunque con la teologia; nella mente di Dante, sentimento spirituale e coscienza sociale erano inscindibili: a differenza dei grandi uomini del mondo classico che cercavano consolazione, il suo smarrimento gli fa sentire crescere nel suo animo una fede fremente e sincera, la materia intima della sua poesia. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Beatrice nella “Vita Nuova” Secondo diversi studiosi, la Vita Nuova rappresenta un tentativo di cristianizzare la poesia cortese. La cultura medievale aveva sempre avvertito come pericolosa la tematica erotica, con la sua carica trasgressiva; ma adesso, sul finire del Duecento, la forte ripresa della vita religiosa permette una risposta efficace alle tendenze più secolaristiche, vive anche nell’ambito letterario. Lo Stilnovo di Guinizzelli e Dante ripropone la sfera dei valori religiosi, applicandola ai contenuti profani della letteratura dell’amor cortese. La Vita Nuova è stata definita la legenda Sanctae Beatricis per il suo carattere agiografico, come fosse la biografia idealizzata di una santa, sia pure laica. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Il libro si presenta dunque come una visio mistica; Beatrice è la beatitudine suprema, proprio come il suo saluto è, secondo la figura etimologica cara ai medievali, salute cioè salvezza eterna: sovrumana è la potenza di lei sul cuore dell’innamorato. Marcata è perciò l’analogia tra Beatrice e Cristo: fin dal colore sanguigno delle vesti di Beatrice al tempo della prima apparizione (nell’Apocalisse la veste di Cristo è tinta di sangue rosso vivo). L’identificazione con Cristo sarà evidente con i racconti della morte di Beatrice. Il capitolo XXIII° narra il sogno della morte e risurrezione di Beatrice: il sole si oscura, le stelle piangono, vi sono terremoti: un’atmosfera d’apocalisse, mentre gli angeli cantano osanna; nel capitolo XXIX° è data la decifrazione della sigla di Beatrice, quel nove la cui radice è la mirabile Trinitade. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna In sostanza nella Vita Nuova saremmo “di fronte ad un maturarsi della capacità di compiere l’esperienza piena e comprensiva del divino” (G. Barberi Squarotti). Altri critici sono più prudenti su questa analogia tra Beatrice e Cristo. Per Contini essa “di per sé non oltrepasserebbe i limiti della parodia sacrale […] lo svolgimento di Beatrice, ormai assunta in cielo, come mediatrice di conoscenza e salvezza sembra avviarsi oltre quei limiti”. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna La donna per eccellenza: Beatrice Dante riacquista la fisicità della donna stilnovista, ormai divenuta forma effimera. Non è descritta nella maniera in cui i mentori di Dante ritraggono le loro donne angeliche: ecco, nella Vita Nova, Beatrice viene raffigurata nella sua umanità, seppure poetica, con carnagione "color di perle" che contrasta col suo vestito sanguigno di fanciulla, adorna di ornamenti e di cintura convenienti alla sua età, e nove anni dopo apparirà vestita in bianco, e nel Paradiso terrestre sarà di nuovo in un rosso splendido come fiamma ardente, con mantello verde e velo bianco tenuto da una semplice corona d’ulivo. La realtà letterale non toglie che nel suo vestire ci sia anche un livello anagogico, per indicare la funzione di mediatrice ed angelica di Beatrice. Anche la descrizione degli sguardi di Beatrice le conferiranno un aspetto più reale; comunque la descrizione non basta per attingere alla sua natura speciale. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Bisogna accostarsi al soprasenso di cui Dante la riveste, che è culminante nella realtà psicologica della Commedia. Beatrice non è pura allegoria, non è un’invenzione romanzesca, e la novità rispetto al Dolcestilnovo è proprio che Dante raffigura l’astratto con forme e figure concrete e non con personificazioni e allegorie. La sua donna diventa "mito". L’autore ci offre una visione poetica di lei, ma pur sempre reale. A giusta ragione Pasquini suggerisce che forse questa ripresa di realtà fisica sia un fatto culturale che inizia a prendere mano, riportando l’esempio di Giotto che inizia ad aderire più fedelmente all’oggettività rispetto ai suoi predecessori.In ogni caso, per quanto reale, Beatrice risulta un’ipotesi di perfezione, soprattutto morale, o piuttosto, teologica. La corrispondenza nel binomio “Beatrice-teologia”è stata avanzata già dai primi commentatori come Boccaccio. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Le donne dello schermo Quando Beatrice era ancora in vita, Dante non considerò solamente lei ma anche altre donne. Infatti, schernito dagli amici per il suo amore verso Beatrice, Dante decise di circondarsi di altre donne e di fingersi interessato a loro. In realtà questo era solo un modo per distogliere l’attenzione da Beatrice; così Dante poteva proteggere l’onore e il buon nome della sua amata. Queste donne furono chiamate dagli studiosi successivi le Donne dello schermo. Purtroppo Beatrice interpreta male l’atteggiamento di Dante che invece voleva soltanto distogliere l’attenzione dei suoi amici da un rapporto che per quanto fragile aveva grande importanza nella sua vita. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Beatrix: colei che dona beatitudine Nel particolare rapporto che Dante intrattiene con Beatrice, il poeta, pur non potendo mai possedere la donna amata, idealizza il suo amore fino alla creazione di un vero e proprio modello di donna perfetta: Beatrice, cioè colei che beatifica, Beatrix. Torna alla pagina principale Le opere Beatrice La donna Bibliografia Le fonti consultate per la realizzazione di questo ipertesto sono: “Scritture: letteratura italiana” di Paolo Di Sacco, Gino Cervi, Francesco Fioretti, Mauro Serìo. “Guida allo studio di Dante” di Nanda Cremascoli “Beatrice: iter ad Dominum nella Vita Nova e nel misticismo dantesco” di Vito Evola. 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