L’ULTIMO PLATONE
Dialettica, cosmologia, morale,
politica e dottrine non scritte
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1
I dialoghi della vecchiaia e i vecchinuovi problemi
Nei dialoghi della vecchiaia, Platone rivede le sue
dottrine, cercando di approfondirle e di risolvere le
aporie cui avevano dato origine.
-L’argomento principale è sempre la dottrina delle
idee con le sue declinazioni pratico politiche.
-Le domande fondamentali riguardano la struttura
precisa del mondo delle idee e il suo rapporto
con il mondo dell’immanenza naturale.
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2
L’Uno e i molti nel Parmenide
• Il Parmenide affronta uno degli snodi
aporetici della filosofia Platonica, cioè il
rapporto fra l’Uno, principio ultimo della
realtà e i molti. Ci si domanda come è
possibile che l’Uno (per esempio un’idea)
possa essere partecipato ai molti (per
esempio una molteplicità di enti che
dipendono da quell’idea) senza o
disperdersi o moltiplicarsi nei molti.
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3
Il terzo uomo
Nel Parmenide ci si rende conto che la
logica della riduzione ad unità della
molteplicità implicita nella dottrina delle
idee - ossia la logica per cui una serie di
oggetti possa trovare la sua unità sotto
un’unica
idea
comporta
la
moltiplicazione all’infinito delle idee.
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4
Unità di molteplicità: la terza idea
Ecco come Platone descrive la difficoltà:
• “ Parmenide - Credo che tu sia convinto che ciascuna idea esista come
un’unità per questo motivo: allorché ti sembra che vi siano molte cose
grandi, ti sembra forse che ci sia un unico e identico tratto distintivo se le
osservi tutte quante insieme, sicché ritieni che la Grandezza corrisponda
alla (loro, n.d.r.) unità.
Socrate – “Quello che dici è vero” – disse.
P – “E dunque? Se allo stesso modo rivolgi lo sguardo della tua anima su
tutte le cose, sul grande in sé e su tutte le altre cose grandi, non si
manifesta a sua volta un’unica Grandezza, grazie alla quale tutte le cose
appaiono grandi?”
S – “Pare così”
P – “Si manifesterà allora un’altra idea di grandezza, sorta accanto alla
grandezza presa in sé, e alla altre cose che partecipano di essa: e su tutte
queste vi sarà un’altra idea, in virtù della quale tutte queste cose saranno
grandi. E ciascuna idea non sarà più per te unica, ma infinita e molteplice”
(Platone, Parmenide, 132 ab) .
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5
Grandezza e idea
• (a b c d e) = cose grandi;
• G = loro unità perché comune ad (a b c d e);
Ma adesso abbiamo una nuova molteplicità di due insiemi:
G
e
(a b c d e)
Tale molteplicità troverà la sua unità in G1.
Ma, dato G1, avremo un’altra molteplicità:
G1
e
G + (a b c d e)
Che troverà la sua unità in G2 e così via all’infinito.
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6
Sulle aporie del Parmenide
Queste e altre simili aporie trovano il loro sviluppo nel
Parmenide che però, pur non offrendovi una soluzione
razionale, esprime conclusivamente, per mezzo del suo
protagonista, il filosofo di Elea, la seguente opinione:
• “Ma, disse Parmenide, se qualcuno, o Socrate, non
ammetterà che esistano le idee delle cose che son,
considerando le questioni appena esposte ed altre simili,
e non determini la specie di ciascuna cosa, non saprà
neppure dove rivolgere il pensiero, poiché non ammette
che il carattere distintivo di ciascuna delle cose che sono
è sempre identico, e cosi annienterà del tutto il potere
del
ragionamento
dialettico-filosofico”
(Platone,
Parmenide, 135 bc).
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7
Il sofista
Il Sofista è invece il dialogo in cui Platone porta a
termine il famoso parricidio nei confronti di
Parmenide. Parricidio significa omicidio del padre,
cioè confutazione di un maestro che Platone
considerava, insieme a Socrate, il padre della sua
filosofia. Questo atto simbolico si compie
indagando non il rapporto idee cose, come nel
Parmenide, ma la struttura interna del mondo
ideale, cioè come è fatto il mondo iperuranio delle
idee.
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8
L’essere e il non essere di
Parmenide
• Parmenide aveva detto che solo l’essere è.
• L’alternativa all’essere, secondo logica, era
il nulla, cioè il contrario dell’essere. Il nulla però
non poteva ceorentemente essere né detto né
pensato.
Conseguenza: l’essere è uno e assolutamente
omogeneo.
• Ciò contrasta con la convinzione platonica
secondo la quale il mondo delle idee è un
mondo della pienezza dell’essere caratterizzato
però da una molteplicità di modelli della realtà
(il Buono, il Bello, il Santo etc.).
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9
L’essere-diverso di Platone
Ora questa molteplicità è ingiustificabile sulla
base della logica parmenidea.
• Platone allora si allontana dal maestro dicendo
che, siccome le idee sono irrinunciabili per la
comprensione del reale, bisogna ammettere in
qualche modo l’esistenza di un non essere che
non coincida con il nulla. Questo è l’esserediverso.
Un’ idea è se stessa e non-è un’altra idea,
senza essere nulla.
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Essere-identico-diverso-quiete e
movimento
Vi sono pertanto dei generi sommi da collocare al vertice del mondo
ideale: l’essere che è proprio di tutte le idee.
Anzitutto tutte le idee sono, dunque partecipano dell’Essere
Le poi idee sono al contempo
• identiche a sé e
• diverse dalle altre,
dunque tutte parteciperanno dell’Identico e del Diverso.
Le idee, infine,
• considerate in sé sono in quiete,
• considerate nella relazione con le altre possono dirsi in movimento.
Dunque tutte parteciperanno della Quiete e del Movimento.
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L’essere delle idee
• Considerato complessivamente l’essere
delle idee va pensato come relazione.
Tutto ciò che è, è nella possibilità di
entrare in relazione con altro, mentre il
nulla è ciò che non essendo, non ha
possibilità alcuna né di agire né di subire,
quindi non è soggetto di nessuna
relazione.
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L’unità assoluta al di là dei cinque generi
sommi nelle dottrine non scritte
Ecco perché il vertice del mondo ideale, l’unità assoluta è posta
immediatamente in relazione con un principio duale, senza il quale
non può essere pensato, così come si constata nelle dottrine non
scritte.
Vi è l’Uno-Bene alla sommità della piramide ideale,
ma l’Uno bene è subito “relato” con la Diade indefinita.
È questo il rapporto tra un
principio ordinatore e contenitore,
e un principio espansivo e moltiplicatore
(del tutto analoga alla dialettica limite-illimitato di Pitagora).
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13
L’essere la differenza
Tale rapporto dà origine al tempo stesso
all’essere nella sua unità
e alla sua differenza ossia alla differenziazione interna tra
le molteplici idee
cioè al mondo ideale nella sua totalità, fatto di
idee che sono
e che sono diverse le une dalle altre.
Uno e Diade – unità con sé e relazione con altro costituendo assieme il carattere fondamentale di ogni
possibile essere, possono occupare il luogo più alto di
principio assoluto dell’universo - sia di quello materiale e
sia di quello ideale.
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La dialettica
È la scienza delle relazioni tra le idee. Le idee sono un
complesso di elementi articolati fra loro, in modo che
un’idea ne implica altre, e queste ultime rimandano alla
prima come ad un loro riferimento obbligato.
• Per esempio: abbiamo visto come tutte le idee
partecipino dell’idea dell’Essere, dell’idea di Identico e di
quella di Diverso. Ciò significa che il Buono è (1); è
identico a sé (2); è diverso (3) dal Bello. Buono e Bello
sono quindi in relazione fra loro - una relazione di
diversità e uguaglianza insieme e tutte quindi
rimandano all’Essere, Identico e Diverso, le quali
implicano dunque il Buono e il Bello.
• La dialettica studia queste relazioni.
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Arte del distinguere e dell’unificare
Di ogni idea bisogna stabilire che cosa è e che
cosa non è. Per questo bisogna dividerla nelle
idee che la compongono, sapendo che queste
ultime si unificano nell’idea superiore. Se io dico gli
esseri possono essere inanimanti o viventi,
evidentemente l’idea di Essere può essere
scomposta nell’idea di Inanimato e di Vivente, i
quali a loro volta possono essere distinti in idee
che sono implicite in loro. Questa articolazione tra
le idee, mi permette di dare una definizione
concettuale di tutta la realtà.
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ESEMPIO 1 (Abbagnano)
Vogliamo definire la filosofia tramite la sua idea. Filosofia è
Attività (idea più generale); le attività possono essere
manuali o intellettuali e la filosofia e attività intellettuale. Le
attività intellettuali possono avere per oggetto le idee o le
cose fisiche, per la filosofia vale la seconda ipotesi. Dunque
la filosofia è attività intellettuale che ha per oggetto le idee. Le
idee possono essere idee-valori o idee matematiche. Ma
per la filosofia vale la prima ipotesi, dunque la filosofia è
attività intellettuale che ha per oggetto idee-valori. In questo
modo partendo da un’idea generale abbiamo veramente
definito che cosa essa implichi, arrivando a stabilire l’esatta
natura di una realtà:
la filosofia è attività intellettuale che ha per oggetto idee che
sono idee valori.
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ESEMPIO 2 (Platone dal Politico)
Dobbiamo definire l’uomo. L’uomo è un essere, gli esseri
possono essere viventi o non viventi, l’uomo è vivente. I
viventi possono essere animali selvatici o domestici,
l’uomo è domestico. Gli animali domestici possono essere
acquatici o terrestri, l’uomo è terrestre. I terrestri possono
volare o camminare, l’uomo cammina. Gli animali che
camminano possono essere quadrupedi o bipedi, l’uomo
è bipede. I bipedi possono essere con piume o senza
piume, l’uomo è senza piume. Avremo così la definizione
di uomo come
essere vivente, domestico, terrestre, che cammina, bipede,
implume.
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ESEMPIO 3 (Platone dal Sofista)
Dobbiamo definire il sofista in base all’idea di caccia (cioè ci
domandiamo in che senso è possibile definire il sofista un
cacciatore). La caccia si dirige verso esseri, questi possono essere
inanimati o viventi, la caccia è dei viventi. I viventi possono essere
natanti o pedestri, la caccia va verso i pedestri. I pedestri possono
essere selvatici o domestici, la caccia dei sofisti si rivolge verso gli
animali domestici. La caccia verso gli animali domestici può essere
compiuta con violenza o con persuasione, la caccia dei sofisti
utilizza la persuasione. Essa può svolgersi in pubblico o in
privato, per i sofisti essa è svolta con discorsi privati. Il fine dei
discorsi privati può essere quello di regalare qualcosa o di
guadagnare, per i sofisti il fine è il guadagno. Il guadagno può
essere per sostentarsi o per avere più soldi, per i sofisti vale la
seconda possibilità. Dunque
la caccia dei sofisti è verso esseri viventi, pedestri, domestici, fatta
con persuasione, in privato, per guadagno al fine di procurarsi
denaro in più rispetto al sufficiente.
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ESEMPIO 4 (Maraviglia)
Dobbiamo definire il coraggio in quanto comportamento. Il
comportamento può essere umano o animale, nel coraggio si tratta di
un comportamento umano. Il comportamento umano può essere
virtuoso o vizioso, per il coraggio esso è virtuoso. I comportamenti
virtuosi possono essere razionali (virtù come sapienza) o irrazionali
(virtù per nascita o istinto), per il coraggio si tratta di un comportamento
razionale. I comportamenti razionali possono essere forti cioè capaci
di vincere le avversità o deboli cioè incapaci di vincere le
avversità, per il coraggio si tratta di un comportamento forte. I
comportamenti forti possono essere capaci di sacrificio (vincono tutte
le avversità anche quelle interiori) o incapaci di sacrificio (vincono
solo le avversità esteriori), il coraggio è capace di sacrificio. Il sacrificio
può essere disinteressato cioè indifferente al proprio vantaggio, o
interessato, cioè attento al proprio vantaggio, per il coraggio vale la
prima ipotesi. Quindi avremo la seguente definizione di coraggio:
comportamento umano, virtuoso, razionale, forte, capace di sacrificio
disinteressato.
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20
La diàiresis (divisione)
• Il procedimento della divisione consente di scindere ogni
idea in due componenti alternativi, scegliendo quello che
vi appartiene e quello che non vi appartiene, in modo da
arrivare a specificarla sempre di più fino ad arrivare ad
un’idea non ulteriormente divisibile. Tutte le divisioni
trovate, individuano alla fine la loro unità nell’idea
che si è definita. Per questo si è detto che la dialettica
è arte del distinguere e dell’unificare. L’errore in tale
processo è dovuto a divisione arbitrarie, quando cioè si
effettua male la scissione oppure quando si scelgono
alternative sbagliate. Ovviamente le divisioni possono
essere diverse a seconda della definizione cercata,
perché le implicazioni delle idee, cioè le altre idee che
una particolare idea contiene, sono tutte da scoprire.
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21
Le dottrine non scritte e le loro
conseguenze morali: il Filebo
Nel Filebo il tema è che cosa sia il bene per
l’uomo. La trattazione risente evidentemente delle
dottrine non scritte dell’autore. Infatti per Platone il
bene umano è misto, non è il piacere, come per
gli animali; né la purissima intelligenza, come per
gli dei. La vita umana dovrà per forza essere una
vita mista, in cui al principio smisurato del piacere
(diade),
si
affianca
quello
misurante
dell’intelligenza (Uno).
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22
Intelligenza e piacere
Ma l’intelligenza mantiene il primato: essa è
infatti causa dell’ordine e della misura della vita
umana e purificherà anche il piacere, che sarà
valutato positivo non in base all’appagamento di
un
bisogno,
ma
se
scaturisce
dalla
contemplazione del bello e del buono.
Ecco allora la vita umana come giusta misura,
giusto mezzo tra gli eccessi ai quali il piacere e
la vita sensibile tenderebbero se non fossero
ordinati dall’intelligenza.
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23
Il Timeo
Nel Timeo
Si cerca di risolvere il problema del rapporto tra le
idee e le cose, ossia tra la realtà dell’essere
pieno e perfetto e quella transeunte del cosmo
sensibile. Lo stesso problema che il Parmenide
aveva lasciato insoluto (come è possibile che
l’Uno si partecipi ai molti? Cioè come è possibile
che l’unità complessiva e pur articolata delle
idee, dia origine alla molteplicità propria di
questo mondo).
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24
Il mito del Demiurgo
La soluzione trovata da Platone ha un
carattere mitico, ossia verisimile, ovvero
ancora introduce ad una verità che, per la
sua altezza e profondità, non può essere
descritta in termini rigorosamente logicorazionali, ma deve essere raccontata
senza timore di chiamare in causa anche
l’elemento religioso. Tale è il mito del
Demiurgo.
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25
La genesi del mondo
Il Demiurgo è un essere divino, dotato di intelligenza e
volontà, è una mente ordinatrice cui Platone affida la
prerogativa di plasmare questo universo ordinato così
come appare. Il Demiurgo è posto a metà tra il mondo
dell’essere perfetto e ideale e una materia informe,
egualmente eterna, chiamata chora o Necessità Egli
ama il bene, e, guardando al bene, come un grande
artista, plasma la chora informe, illimitata e ribelle,
dando origine a questo mondo (in ciò il Demiurgo è
diverso dal Dio cristiano che crea dal nulla), che è
pertanto costruito a immagine e somiglianza del
mondo ideale.
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26
Una trasposizione cosmologica
delle dottrine non scritte
Ancora una volta, nella produzione platonica
dell’ultimo periodo è contenuto un
riferimento alle dottrine dell’Uno e della
diade
indefinita.
Infatti
la
materia
rappresenta ad un livello più basso, la diade,
ossia un principio smisurato. L’azione del
Demiurgo è quella di applicare a questo
principio, la forza ordinatrice dell’Uno, cioè
dell’Idea che culmina nell’Uno.
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27
L’anima del mondo
Il Demiurgo opera la sua azione plasmatrice
dando al mondo un’anima che ordina e
plasma la materia, la tiene insieme e le dà
una forma. Egli crea anche il tempo,
immagine
mobile
dell’eternità,
ossia
dislocazione sul piano della successione di
quella gerarchia ordinata di enti che nel
mondo ideale esiste contemporaneamente
in un presente eterno.
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28
L’imperfezione del cosmo
L’opera
plasmatrice
del
Demiurgo
incontra
un
ostacolo
insuperabile
nell’informità della chora. Essa, è vero, si
fa plasmare, tuttavia rimane sempre
tendenzialmente refrattaria ai confini e
alla misura che il demiurgo le impone. Di
qui la mutevolezza e corruttibilità di
questo mondo, cioè la sua imperfezione.
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29
La sua perfezione (parziale) dovuta
alla sua struttura numerica
Il mondo è costituito da quattro elementi fondamentali –
quelli propri di tutta la tradizione fisico-cosmologica greca -,
acqua, aria, terra e fuoco. Questi hanno una struttura
geometrica, così come aveva visto Pitagora (tutta questa
parte del Timeo è una rielaborazione delle dottrine
pitagoriche), e tale struttura è riconducibile ad una misura
aritmetica. Quindi tutto ciò che ha un corpo, rivela nella sua
composizione (acqua, aria, terra o fuoco) una misura
numerica di esattezza e perfezione, che lo rimanda
direttamente alla misura perfetta della idee matematiche e
all’unità suprema alla quale tali idee si riferiscono. Quindi il
mondo ha una struttura matematica, prospettiva questa
fondamentale anche per la scienza moderna, che, pur in
una diversa impostazione di pensiero, su questo punto è
del tutto concorde.
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30
Il fine del mondo
Il Demiurgo ha plasmato il mondo affinché questo
assomigliasse quanto più possibile alla sfera delle
idee. Quindi tutto dovrebbe tendere alle idee.
L’avvicinamento alla sfera ideale e all’Uno-Bene è
lo scopo con il quale il mondo è stato plasmato.
Quindi la sua struttura matematica trova nell’UnoBene la sua giustificazione e il suo fine ultimo.
Questo elemento differenzia radicalmente Platone
dalle prospettive moderne, che tendono ad
escludere, nell’indagine del mondo, qualsiasi
finalismo.
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31
L’ultimo Platone: il Politico e le
Leggi
In questi testi Platone, pur non
rinunciando
all’impostazione
tendenzialmente
aristocratica
della
Repubblica, modula la sua dottrina
politica in senso realista: se la Repubblica
ha disegnato la figura di uno Stato ideale,
il Politico e le Leggi indicano alcune lineeguida nella politica reale.
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32
La misura nel Politico
Nel Politico è evidenziata la misura come
criterio supremo dell’azione dell’uomo
politico. Nell’esercizio delle sue prerogative,
egli deve rifuggere gli eccessi e perseguire il
giusto mezzo. Il giusto mezzo non è però
una misura matematica ma etica, si tratta di
trovare in ogni azione “il conveniente,
l’opportuno, il doveroso” (cfr. Politico, 284 be).
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33
La politica come tessitura
L’attuazione del giusto mezzo deve perseguire
il fine dell’unità dello Stato, che deve attuarsi
mediante la composizione delle più diverse
visioni del mondo, delle più disparate esigenze
e degli opposti interessi. Un governo saggio
deve essere terzo fra le opposizioni, e saperle
ricomporre in una complessiva armonia,
costruendo così, con i diversi fili dei diversi
caratteri umani, degli interessi e dei modi di
pensare e di agire presenti nella società, l’unico
tessuto dello Stato.
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34
La tela dell’azione politica
“Questo è infatti il fine dell’azione politica: la buona
tessitura dell’indole dei valorosi e dei temperanti,
quando con vincoli di concordia e di amore,
l’arte regia ne fa comune la vita, portando a fine
la più stupenda e la più nobile delle tele, e
avvolgendovi tutti gli uomini negli Stati, liberi e
servi insieme, li tiene uniti in quest’orditura, e ,
per quanto è dato ad una città di essere felice, la
governa e l’amministra in guisa da non omettere
proprio nulla che possa contribuire allo scopo”
(Politico 311 b-c).
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35
Nuovo catalogo delle forme di
governo e delle loro degenerazioni
Le tre forme principali di governo sono la
monarchia, l’aristocrazia e la democrazia, con
le loro relative forme degenerate: la tirannide,
l’oligarchia e la demagogia. Le forme positive o
degeneri dipendono dal rispetto delle leggi da
parte dei governanti e dei cittadini. La migliore di
esse è la monarchia, anche se senza leggi è la
peggiore (corruptio optimi pessima, verrebbe da
dire), la meno peggio è la democrazia, anche se è
“fiacca e non combina granché di buono”.
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36
Le funzione delle leggi nel Politico
Il rispetto delle leggi è dunque fondamentale per
discriminare la bontà di un regime. In realtà, dice
Platone, un governo saggio e forte non dovrebbe
utilizzare le leggi, che nella loro astrattezza e
impersonalità non sempre si adattano ai molteplici
aspetti e casi della vita. Tuttavia, siccome un
governante così saggio di fatto non c’è, è necessario
che “ci aduniamo insieme e formuliamo statuti scritti”
(Politico 301 e). L’adesione dello Stato al Bene
comune è dunque, negli Stati reali, affidata alla legge,
e gli uomini concorrono a tale Bene con il suo
necessario rispetto e con il suo necessario aiuto.
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37
Lo Stato misto nelle Leggi
Nelle Leggi vi è un’ulteriore piccola modificazione della
rotta, rispetto al Politico, circa la costituzione migliore di
uno Stato, Questa deve essere mista e allontanarsi sia dal
potere arbitrario della monarchia e della tirannide (come
per esempio in Persia), sia dall’eccessiva libertà di Atene.
“Se non sarà una monarchia, deve almeno contenere un
principio monarchico, il principio del governo saggio e
vigoroso subordinato alla legge. Ma parimenti deve
contenere, se non la democrazia, il principio democratico, il
principio liberale della partecipazione al potere delle
masse, a loro volta naturalmente subordinate alla legge”
(G. H. Sabine, Storia delle dottrine politiche, Etas, Milano,
2003, p. 62).
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38
La giusta misura
Ancora una volta, nella costituzione mista,
preminente è il principio della giusta misura, che
come si è visto, domina tutta la speculazione
dell’ultimo Platone, sia in campo metafisico, sia in
campo etico, sia infine in campo politico. In
quest’ultimo ambito, esso permette a Platone di
analizzare la materia politica con maggiore
aderenza ai fatti, costruendo una dottrina che
sappia tenere assieme le supreme esigenze ideali
della Repubblica e la concreta situazione dove
l’uomo politico, che si spera sempre saggio e
filosofo, è chiamato ad agire.
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39
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cosmologia, etica, politica e dottrine non scritte nell`ultimo Platone