INTERCULTURA
CONOSCERSI PER CONOSCERE
Mariarosa Anzil- CE.S.I.- Centro Solidarietà Immigrati
CULTURA
Una delle prime definizioni di cultura è stata fatta
nel 1871 dall’antropologo E. Tylor:
“ la cultura o civiltà, intesa nel suo più amplio
senso etnografico è quell’insieme complesso che
include la conoscenza, le credenze, l’arte, la
morale, il diritto, il costume e le altre capacità e
abitudini acquisite dall’uomo come membro di una
società”
Vicenzo Fano
(filosofo e professore all’Università di Urbino)
Era una definizione chiusa come a
Compartimenti Stagni (multiculturalista e non
interculturalista), dove si deve stare attenti a
non violare i diritti individuali ma neanche
collettivi, ma che si possono violare diritti
individuali secondari per non violare i diritti
primari collettivi.
Per esempio l’infibulazione che viola un diritto
secondario della donna perchè è un diritto
primario collettivo.
Secondo l’antropologo C. Geertz (anni 60):
“la cultura è il complesso unitario condiviso,
trasmesso in forme simboliche, di modelli
cognitivi, valutativi, operativi ed emozionali
che orientano l’uomo nei confronti della realtà
e della società”
“CONSENSO SOCIALE”
-
Nelle società ci sono delle norme che valgono per tutti e
vengono controllate, chi non le accetta viene penalizzato.
Queste norme possono essere:
-
La morale
-
La religione
-
I costumi
-
L’educazione
-
Il diritto
-
Gli ideali
-
Le rappresentazioni collettive
-
L’opinione pubblica
Chi non accetta queste norme viene
punito attraverso:
•
•
•
•
•
-
Il rimprovero
Il pettegolezzo
La non accettazione
L’isolamento
La prigione
Secondo l’antropologo Remoti, il contatto tra due culture può
avvenire in due modi:
-
Attraverso un viaggio o giro breve
Attraverso un viaggio o giro lungo
Il giro breve consiste in conoscere l’altro quanto basta per capire che
è diverso ma non c’interessa né il quanto né il come.
In questo caso si costruisce la propria identità etnica nella differenza
con gli altri.
Un’altra tendenza e quella di mettere la propria cultura come il
centro dell’universo credendo che è la migliore, e valutiamo, in base
alla nostra, le altre culture = ETNOCENTRISMO.
Nel giro lungo invece, trattiamo di conoscere
vari concetti e per prima cosa dobbiamo
sospendere il giudizio,
dobbiamo sforzarci di vedere le cose come se
le vedessimo per prima volta, per evitare
di dare la realtà per scontata.
Una volta, l’Imperatore Marco Aurelio,
presentandosi in un salone preparato per una
gran cena, vedendo le prelibatezze preparate
disse: “Questo è un cadavere di pesce, questo
un cadavere d’uccello, questo d’agnello, il vino è
il succo di un grappolo d’uva, e a proposito
dell’unione sessuale, non è altro che lo
sfregamento di viscere e secrezioni di muco
accompagnato da spasmo”
Come possiamo vedere le apparenze ingannano,
era vero quello che diceva Marco Aurelio ma noi
lo vediamo in un’altra maniera.
Per comprendere le cose dobbiamo studiarle, analizzarle, e
non possiamo mai giudicare una cultura diversa dalla nostra,
perché questo fa sì che scatti il PREGIUDIZIO, ossia il
giudicare in anticipo, ed è quello che succede quando c’è
ignoranza, quando non si conosce l’altro.
In psicologia si intende per pregiudizio l’opinione preconcetta
concepita non per conoscenza diretta di un fatto, di una
persona o di un gruppo sociale, quanto piuttosto in base alle
opinioni comuni o alle voci. G.W. Allport sostiene che un
concetto errato (che è sempre possibile) si trasforma in
pregiudizio quanto rimane irreversibile anche di fronte a nuovi
dati conoscitivi.
Molti pregiudizi ci vengono “quasi imposti” attraverso la
televisione, i giornali, il cinema, per esempio, prendiamo il caso
degli Albanesi, attualmente quest’etnia, nel nostro paese, è quasi
sinonimo di delinquenza, ma tutti gli Albanesi sono delinquenti?,
prima di parlare dobbiamo conoscere e soprattutto
non dimenticare che prima di loro, anche noi siamo stati vittime
del pregiudizio, i libri di storia ci raccontano poco o niente
della storia dei nostri emigrati, da un paio d’anni è stato
pubblicato un libro intitolato L’ORDA – Quando gli albanesi
eravamo noi di Gian Antonio Stella (Edizioni Rizzoli), che ci
può far capire meglio.
Ma non basta il PREGIUDIZIO, c’è anche lo STEREOTIPO,
quelle frasi che normalmente e comunemente usiamo per
definire qualcuno o qualcosa, per esempio: “fuma come un
turco” (tutti i turchi fumano, sappiamo come fumano?),
“Tirchio come uno scozzese (tutti gli scozzesi sono tirchi?, e
in che senso lo sono?).
Lo stereotipo è un pensiero organizzato, uno schema, una
porzione di sapere che utilizziamo per comprendere la realtà
sociale di un gruppo
Esso necessita di un bersaglio, identificato da una etichetta
linguistica (ad esempio: albanesi, marocchini, tedeschi,
zingari, ...). Attorno al bersaglio vengono organizzate un
insieme di caratteristiche
dall’aspetto
fisico - i tedeschi
sono biondi
dalle attività –
Gli albanesi e i
marocchini sono
trafficanti di
droga e gli
italiani mafiosi
alle modalità
tipiche di
comportamento gli italiani
gesticolano mentre
parlano
Lo stereotipo viene costruito a partire da un ordine gerarchico.
Per costruire la gerarchia dei tratti si utilizzano normalmente dei
prototipi
basati spesso sulla conoscenza reale di una persona che abbiamo
conosciuto e che ci ha in qualche modo colpito. (solitamente in
negativo)
Lo stereotipo, in ultima analisi, schematizza e cristallizza una
realtà in movimento, rifiutandosi, nel contempo, di cogliere
l’evoluzione che contraddistingue lo stesso gruppo bersaglio.
Solo conoscendo l’altro attraverso, un giro lungo,
decentrandosi, possiamo evitare il Pregiudizio e lo
Stereotipo.
IDENTITÀ
Se pendiamo quello che viene convenzionalmente chiamato
“documento di identità” ci rendiamo conto che questo documento
descrive una serie di indizi per assicurare che siamo “diversi” ad
altri miliardi di persone, con lui non ci possono confondere
neanche con il nostro gemello.
“La mia Identità quello che fa sì che io non sia identico ad un’altra
persona”
Definita così ci fa pensare che non ci possa essere spazio per
confondersi, ma questo documento ci descrive veramente? Dice in
verità qual è la nostra identità?
Proviamo allora ad elaborare un nuovo documento indicando
le seguenti caratteristiche:
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Professione
Ubicazione geografica dove ha conseguito il diploma o la laurea
Stato civile
Chi ha figli
Chi ha più di un figlio
Chi è nato in città e chi in campagna
Religione
praticante e non
Tipo di famiglia alla nascita
Tipo di famiglia adesso
Appartenenza ad un gruppo
Appartenenza ad un gruppo di persone con le stesse caratteristiche
fisiche( colore dei capelli, statura, peso, ecc).
L’identità d’ogni persona è costituita da molteplici elementi,
ognuna di queste appartenenze non hanno la stessa importanza
nello stesso momento, ma nessuna è insignificante.
Molti di questi elementi si trovano in un gran numero
d’individui, ma è la loro combinazione che ci rende diversi, e
con il trascorrere del tempo quest’identità si arricchirà di nuovi
elementi e perciò cambierà.
L’identità e le culture cambiano
Cos’è autentico?
Cos’è originale?
Le culture sono impasti ed intrecci di mille
combinazioni.
L’identità e le culture cambiano, sono
aperte l’una con l’altra, danno e ricevono
contaminandosi reciprocamente
Identità complesse
Sono un’egiziana della provincia di Bologna
“Io non so se definirmi italiana o egiziana, sono arrivata in
Italia quando avevo 6 anni, ogni anno andavo in Egitto per
vacanze, amo quel paese, la sua cultura, il suo cibo, la mia
famiglia, ma amo anche l’Italia, la sua cultura, il suo cibo, la
sua gente……
Per me forse è più forte l’identità egiziana, in realtà io mi sento
molto egiziana, so di essere egiziana. Ma sono cresciuta a
Bologna, mi sento italiana, ma non di una qualche città,
semplicemente italiana. Quando mi chiedono da dove sono, lì
scaturisce sempre una cosa…e alla fine dico sono un’egiziana
della provincia di Bologna”
Samar
Chiunque abbia migrato avrà dentro di sé un’identità
complessa e chiunque la rivendichi si ritrova emarginato.
perché non sarà mai considerato pienamente
italiano ne pienamente venezuelano, egiziano o
ghanese………
È come se ci fosse un muro insuperabile tra le due culture
e identità,
ESSERE STRANIERI IN ITALIA QUATTRO IPOTESI IDENTITARIE
Secondo l’istituto di ricerca Degli Innocenti ha curato per la Presidenza dei Ministri,
Dipartimento degli affari sociali, Rapporto 1997 sulla condizione dell’infanzia e
dell’adolescenza, Firenze 1997)
Un volto o una maschera? I percorsi di costruzione dell’identità.
"I bambini e le bambine/ragazzi e ragazze [stranieri], nel corso
della loro socializzazione devono confrontarsi con diverse ipotesi
di identità etnica:
quella originaria,
quella del paese d’arrivo,
quella che nel paese d’arrivo è ritenuta l’etnicità
presente nel paese di partenza,
quella che la famiglia ritiene essere l’etnicità del paese
d’immigrazione."
Ne derivano 4 possibili ipotesi identitarie.
•Quattro percorsi che delineano quattro specifiche
interazioni comunicative
•Quattro modalità di relazionarsi tra stranieri e non
stranieri.
•Quattro modi di costruire e riconoscere identità.
• Ma anche quattro diversi modelli di società,
quattro diversi riferimenti teorici:
1. Resistenza culturale
2. Assimilazione
3. Marginalità
4. La doppia etnicità
1. Resistenza culturale
L’atteggiamento prevalente dello straniero è quello di continuare a fare
riferimento soprattutto alla cultura ed all’identità etnica dei propri
genitori riducendo al minimo i rapporti ed i contatti con la società
ospitante.
Secondo alcuni studiosi
- Rafforzamento dell’identità originaria
permettendo al bambino di sviluppare una maggiore stima di sé, unica
garanzia per rapportarsi poi alla società multiculutrale senza incappare
in percorsi di marginalizzazione.
- razzismo differenzialista
per i quali l’etnicità è un obbligo, correlato ad un altro obbligo, quella di
andare a realizzare questa etnicità - per il bene dell’immigrato - a casa
propria, nel paese di provenienza.
2. Assimilazione
Adesione piena alla proposta identitaria che gli viene
dalla società d’arrivo e rifiuta/rinnega, tutto ciò che ha a
che fare con la cultura d’origine.
Socializzazione anticipatoria,
L’assimilazione è stata per decenni l’obiettivo principale
della politica migratoria proposta dai governi dei paesi
occidentali. (Modello Francese)
Ciò ha significative conseguenze
da un lato
chiedono
assimilazione
(persino
giungendo a
disprezzare le
proprie origini)
dall’altro la
società d’arrivo
non è disposta
a concederla se
non a parole.
3. Marginalità
Vivono al di fuori ed ai margini sia della cultura
d’origine che di quella di arrivo, incapaci di proporre
essi stessi una reale proposta identitaria alternativa.
Tipi di marginalità:
1. La marginalità da frustrazione
è soluzione adottata a seguito di frustrazione subita nel
tentativo di inserirsi nella nuova società.
2. La marginalità da passaggio.
La seconda invece identifica la fase di passaggio verso una
nuova identità e non necessariamente va intesa come
momento negativo o patologico
4. La doppia etnicità
La identità viene formata dal continuo confronto fra i due
mondi.
E’ frutto di una strategia relazionale che è risultata idonea
nel processo di integrazione nella società d’arrivo,
evitando l’appiattimento folklorico e la marginalità.
Molto importante la posizione della società d’arrivo.
In genere la doppia etnicità è ritenuta la soluzione
migliore, perché permette al ragazzo un maggiore
equilibrio, una maggiore capacità critica, una maggiore
obiettività e sensibilità.
La critica, ovviamente, è che questa soluzione
rappresenti una aspirazione difficilmente realizzabile.
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