FRANCIS BACON
Sapere è potere
Vita e opere
• Bacon nasce nel 1561 da una delle famiglie più in vista
del regno d’Inghilterra: è secondo figlio del lord
guardasigilli della regina Elisabetta.
• Studia a Cambridge
• A Parigi si avvia alla carriera diplomatica, ma
l’improvvisa morte del padre lo costringe a tornare in
patria. Lì svolge la professione di avvocato.
• Grazie al favore del conte di Essex, molto vicino alla
regina, nel 1581 è eletto in parlamento e dà avvio ad
una lunga carriera che lo porterà a diventare, sotto
Giacomo I, avvocato generale, procuratore, lord
guardasigilli e lord cancelliere nel 1618.
Vita e opere 2
• Mentre compie passi da gigante nell’amministrazione inglese,
Bacon scrive le sue prime opere di un certo impegno come il Parto
maschio del tempo che contiene una critica della tradizione
aristotelica o i Cogitata et visa in cui comincia a gettare le basi della
sua nuova concezione della scienza.
• Ma l’opera di maggiore impegno viene pubblicata nel 1620 come
parte di un grande progetto, la Instauratio magna scientiarum, con
il quale egli intende costruire un’enciclopedia delle scienze fondate
su un nuovo metodo che ne garantisce la verità e l’efficacia nella
trasformazione del mondo. La seconda parte di questo progetto,
mai portato a termine, si intitola Novum organum e vorrebbe,
contrapponendosi all’Organon aristotelico, presentare il nuovo
pensiero scientifico con la sua peculiare logica.
Vita e opere 3
• Nel 1621 poco dopo la pubblicazione del Novum
organum, il nostro filosofo, che ha già scaricato il suo
vecchio protettore in modo assai poco onorevole, e
ha scalato i vertici delle istituzioni inglesi ottenendo
anche un titolo nobiliare, viene accusato di
corruzione, ammette le sue colpe, viene condannato,
graziato delle pene più severe ma confinato in un
paesino della campagna inglese dove si dedica agli
studi e scrive alcuni saggi storici e filosofici. Il più
famoso di questi scritti è il testo utopico intitolato La
nuova Atlantide in cui prospetta la possibilità di una
società fondata interamente sulla scienza.
Antichi e moderni
• Gli sviluppi del sapere e delle scienze naturali
potrebbero accelerare in modo esponenziale se si
abbandonassero alcune prospettive metodologiche che
ne intralciano la crescita. Anzitutto la venerazione per
la sapienza antica cui è connesso il principio di autorità
che, per esempio fa di Aristotele un passaggio
obbligato per lo studio della natura. In realtà, dice
Bacon, la verità è figlia del tempo e guadagna in
profondità con il passare delle generazioni. Dunque i
moderni sono, per il solo fatto di essere moderni, in
una posizione avvantaggiata rispetto agli antichi.
Il modello di ricerca errato
• Scartato il principio di autorità il filosofo deve procedere,
nella sua ricerca, in un modo che evita le unilateralità
dei vecchi metodi.
• La prima unilateralità è quella del metodo empirico, che
accumula in modo disordinato i dati dell’esperienza e
giunge da questi a conclusioni affrettate ed erronee.
• La seconda è quella del metodo razionalistico che si
limita a dedurre da assiomi generali, a prescindere
dall’esperienza, le conseguenze logiche, certo in modo
corretto, ma senza guadagnare nessun nuovo risultato.
Il modello corretto
• Il modo corretto di condurre una ricerca è invece simile a
quello delle api che elaborano una materia prima tratta
dai fiori e poi da questa producono il miele. Fuor di
metafora, si tratta di acquisire i dati dell’esperienza e farli
interagire nel ragionamento per produrre scienza. Così si
evitano sia la scorrettezze unilaterali del puro empirismo,
sia la sterilità del puro razionalismo, proprio utilizzando i
pregi di entrambi, per legare la correttezza logica del
ragionamento con un suo ancoraggio alla realtà dei fatti
e della natura così come si presenta al nostro sforzo
conoscitivo.
Il fine della ricerca
• Contrariamente al fine contemplativo della filosofia
antica, la filosofia moderna, migliorata nel metodo,
deve anche riorientare i suoi scopi. Scopo del sapere
è aumentare indefinitamente il potere umano sulla
natura, conoscendone le leggi per dominarla. L’inciso
sulla «conoscenza delle leggi naturali» è molto
importante, perché la natura si domina solo
obbedendole, cioè appunto sfruttando le sue leggi,
conosciute attraverso l’indagine empirica guidata dal
ragionamento.
Scienza e tecnica
• Il sapere filosofico sulla natura, cioè in sostanza il
sapere scientifico, se è finalizzato al dominio su di essa,
è strettamente connesso all’ideazione di nuovi
strumenti tecnologici. Infatti la conoscenza delle leggi,
cioè dei rapporti di causa effetto tra i fenomeni
naturali, genera la possibilità di costruire strumenti che
moltiplichino le capacità umane, per dare avvio ad un
circolo virtuoso, secondo il quale i nuovi strumenti
concorrono a loro volta a migliorare la conoscenza
della natura e ad aumentare ulteriormente il nostro
potere.
Gli errori di Aristotele
•
•
•
Per meglio emanciparsi dal fardello degli antichi è meglio specificare quali siano gli
errori aristotelici.
Nell’Organon lo Stagirita elabora la complessa e raffinata teoria del sillogismo.
Come si è già detto, si tratta di una DEDUZIONE (metodo deduttivo) di
conseguenze particolari da proposizioni universali. Ora, le conseguenze sono
evidentemente già contenute nella premesse. Il sillogismo non fa che esplicitarle,
senza aggiungere niente alla nostra conoscenza. Dunque il sillogismo ha il difetto
di essere sterile.
Il problema, poi, per quanto riguarda la verità del sillogismo, è nella correttezza
delle premesse universali. Per guadagnare le premesse universali, Aristotele
utilizza un metodo INDUTTIVO. Egli propone nelle sue premesse i risultati delle
sue molteplici osservazioni sui fenomeni naturali e umani. Tuttavia tali osservazioni
hanno il difetto di non essere sistematiche e di condurre troppo velocemente alla
conclusione. Sembra che quindi Aristotele si accontenti di raccogliere in modo
confuso dati, accogliendo molto spesso pregiudizi non controllati, per arrivare
velocemente ad una conclusione, che fatalmente si rivelerà erronea.
La prospettiva baconiana
• Il nuovo metodo baconiano, vuole superare
queste difficoltà, operando anzitutto contro i
pregiudizi della tradizione (è questa la pars
destruens della sua proposta, cioè la parte che
si propone di distruggere la vecchia
mentalità), chiarendone l’origine e la natura,
per poi, una volta sgombrato il campo dagli
ostacoli, procedere con la parte costruttiva
(pars construens) del suo modello di ricerca.
Gli idola: origine e natura dei
pregiudizi
• Ecco la classificazione baconiana dei pregiudizi (idoli,
cioè falsi dei, ossia false convinzioni che generano
false immagini del mondo):
• Idola tribus (della tribù): sono propri della «tribù»
umana, cioè degli uomini in quanto tali, e della loro
limitatezza che li induce a ritenere che il mondo sia
più semplice e ordinato di quello che è, generando
teorie superficiali che non vanno a cogliere la
complessità dei fenomeni e si fermano alle
apparenze.
Idola specus e idola fori
• Idola specus (idoli della spelonca o della caverna): agiscono nei singoli
individui (come se ciascuno fosse rinchiuso nella caverna del proprio
essere individuale, senza poter guardare il mondo, cfr. Platone) legandosi
al loro carattere, alla loro educazione, alla loro sfera emotiva e alle
abitudini. Tali pregiudizi conducono ad amplificare taluni aspetti delle
cose, ponendoli arbitrariamente al centro dell’ interpretazione che se ne
dà, ed eliminando arbitrariamente altri aspetti.
• Idola fori (idoli della piazza): sono legati al linguaggio e alla vita sociale che
sorge dalla comunicazione tra gli uomini (la piazza è il luogo dove gli
uomini si incontrano). Essa si serve spesso di parole cui non corrispondono
oggetti reali, oppure, nel migliore dei casi, che sono estremamente vaghe
e imprecise. Tali pregiudizi sono quelli tipici dei filosofi che discutono
utilizzando concetti senza chiaro riferimento e cadendo nelle imprecisioni
e nelle fantasticherie della metafisica.
Idola theatri
• Idola theatri (idoli del teatro): sono anche questi idoli tipicamente
filosofici che fanno riferimento alla voglia dei filosofi di raccontare il
proprio sistema o la propria teoria, mettendo in scena una serie di
concetti dall’apparente coerenza, che in realtà non risultano essere
altro che favole o storie senza un vero legame con il mondo che
pretenderebbero di spiegare.
• Complessivamente gli idoli derivano dal peccato originale. Questo ha
offuscato l’originaria capacità della mente umana di riflettere
fedelmente la realtà, distorcendo e confondendo la nostra capacità
intellettiva. La scienza dovrebbe dunque aiutare a ripristinare la
condizione di primitiva saggezza dell’uomo. Essa pertanto assume in
Bacon quasi una funzione «salvifica», grazie alla sua capacità di
rendere operativo il precetto divino di dominare sul mondo che Dio
ha creato e offerto all’uomo.
Il metodo baconiano
• Usciti dagli idola, si può allora procedere alla costruzione
della nuova filosofia naturale.
Anzitutto essa sarà indirizzata, al fine di conoscere la natura
e dominarla, a capire che cosa siano i vari fenomeni che vi
sono compresi.
Malgrado la volontà di emanciparsi dal passato, la filosofia
baconiana continua ad essere, come nei classici dal Nostro
tanto vituperati, «essenzialistica» cioè a voler individuare
l’essenza delle cose, «il che cos’è» o, come dice lui,
l’ipsissima res contenuta nel mondo che cade sotto i nostri
sensi.
La forma
L’ipsissima res corrisponde alla forma delle cose (ancora
l’aristotelica causa formale!) che è ciò che veramente conta nella
ricerca filosofica, al di là delle cause materiali ed efficienti, che non
arrivano a spiegare in profondità l’oggetto. Infatti ciò che lo spiega è
il principio interno del suo sviluppo, quello che determina il fatto
che l’oggetto, realizzandosi e sviluppandosi, assume quella specifica
struttura che lo contraddistingue rispetto a tutti gli altri. Quindi
forma è al tempo stesso la struttura interna dell’oggetto e il motivo,
la scaturigine iniziale che ha generato la sua struttura, cioè in
definitiva il «come è fatta una cosa» e il «perché è giunta ad essere
fatta così». Bacon chiama il primo «schematismo latente» e il
secondo «processo latente».
Come arrivare alla forma?
• Come si arriva alla conoscenza della forma? Anzitutto
partendo
dall’analisi
metodica
e
organizzata
dell’esperienza.
• A tale fine bisogna individuare il fenomeno da spiegare e
per prima cosa registrare in una tavola della presenza
tutti i casi in cui il fenomeno si presenta e i corpi in cui il
fenomeno è ravvisato. Per esempio nel caso del calore: il
sole, il fuoco, la calce su cui si getta acqua, lo
sfregamento dei corpi etc.. Questa tavola potrebbe far
pensare che il calore sia collegato ad una certa
luminosità.
La tavola dell’assenza
• Successivamente è necessario registrare in
una tavola dell’assenza tutti i casi e i corpi che
hanno un’analogia con i casi e i corpi in cui il
fenomeno si presenta, ma che invece non
fanno registrare il fenomeno. Sempre nel caso
del calore: la luna è un astro luminoso come il
sole, ma i suoi raggi sono «freddi» , lo stesso
accade nei corpi fosforescenti e nei cosiddetti
«fuochi fatui».
La tavola dei gradi
• Infine nella tavola dei gradi si registrano i
gradi di intensità diversi in cui si presenta il
fenomeno nei diversi corpi. Per quanto
riguarda il calore si tratta di ciò che è caldo in
diversi gradi: un corpo animale è più caldo di
un vegetale e meno caldo di un ferro rovente.
Questa registrazione ci permette di arrivare ad
una PRIMA VENDEMMIA.
La prima vendemmia
• Attraverso le tavole il ricercatore deve capire quali siano le
caratteristiche intrinseche del fenomeno:
• A) escludendo tutti i casi in cui il fenomeno è presente solo
saltuariamente e non essenzialmente. Quindi nel caso del calore
tutti i corpi che non si presentano sempre caldi.
• B) escludendo tutti i casi che avendo analogia con i primi, non
presentano il fenomeno. Quindi nel caso del calore tutti i corpi che
pur essendo simili ai corpi caldi sono freddi.
• C)escludendo tutti i casi in cui non vi è variazione all’aumento o
diminuzione del fenomeno, e che quindi non sono connessi al
fenomeno. Quindi nel caso del calore tutti i corpi che al mutare del
calore rimangono invariati.
Prima ipotesi (prima vendemmia)
• Questa operazione permette di elaborare una prima ipotesi sull’essenza o
forma del fenomeno:
• Il calore non è connesso alla luce, che è presente in corpi freddi e che nei
corpi può rimanere invariata al mutare del calore: l’acqua calda non è più
luminosa di quella fredda.
• Il calore non è connesso al mondo celeste: benché sia nel sole, è anche nel
fuoco .
• Non è solo nei corpi tenui e poco consistenti, perché, per esempio l’oro si
scalda molto rapidamente.
• Invece il calore è presente ovunque vi siano corpi in sfregamento. E la
tavola dei gradi lo conferma, manifestando che all’aumentare o diminuire
dello sfregamento aumenta o diminuisce il calore.
L’esperimento
• Una volta formulata l’ipotesi si deve sperimentarla. Dalla fase
di raccolta organizzata dei dati, si è giunti induttivamente
all’ipotesi. Ora attraverso l’esperimento bisogna verificarla.
Come? Traendo deduttivamente le conseguenze dall’ipotesi e
vedendo se le previsioni che così facciamo sono confermate.
Si deve cioè interrogare la natura sull’ipotesi che abbiamo
fatto, costringendola a rispondere. Vi sono diversi tipi di
esperimenti (27), ma quello più importante è relativo alla
possibilità alternativa e contraria a quella dell’ipotesi. Cioè si
deve vedere a fronte di due previsioni opposte fatte a partire
dall’ipotesi e dal suo contrario, quale sia verificata dai fatti
naturali.
La conclusione: la definizione della
forma dell’oggetto studiato
• Ecco allora che dopo l’esperimento si può
giungere alla conclusione, dando una
definizione all’oggetto naturale studiato, cioè
individuando il «che cos’è» dell’oggetto
(schematismo latente e processo latente). Per
quanto riguarda l’esempio preso qui in esame,
il calore è riducibile ad un moto espansivo
dovuto al movimento dei corpuscoli materiali
di cui è composto l’oggetto caldo.
La scienza baconiana
• Bacon elabora un concetto di scienza che rimane ancorato a
SCHEMI QUALITATIVI, alla ricerca di una «forma» che appare del
tutto analoga all’antica forma aristotelica. Prova ne sia che egli
utilizza concetti che saranno poi abbandonati dalla scienza
galileiana e QUANTITATIVO-MATEMATICA, come «tenue»,
«caldo», «freddo», «raro», «denso» etc. A lui, in sostanza rimane
estraneo il concetto che il linguaggio della natura è un linguaggio
matematico, e che essa vada indagata tramite una rigorosa
riduzione dei suoi aspetti qualitativi ad elementi che sia possibile
misurare, istituendo relazioni costanti e avendo come scopo non
l’ipsissima res, ma il «come», il funzionamento dei fenomeni, a
prescindere dalla loro essenza ultima.
Le difficoltà del metodo induttivo
•
L’importanza di Bacon non risiede nemmeno nella sua metodologia che risulta
alquanto complicata e farraginosa, e viziata da un problema logico di fondo: la
raccolta dei dati nelle tavole, malgrado la sua metodicità, manifesterà sempre
un’insuperabile insufficienza. Per quanti dati possa io raccogliere nelle varie
tavole, non mi è mai possibile individuare TUTTI i casi in cui si presenta un
fenomeno, né TUTTI i corpi nel quale esso appare. E anche se per ipotesi
potessi inserire nelle tavole tutti i casi del presente e del passato, nulla mi
garantirebbe riguardo al futuro. Ciò espone il ricercatore al rischio
imponderabile che vi sia un qualche caso che possa smentire l’ipotesi che
tutti gli altri inducono ad elaborare e che tale caso faccia crollare tutto il
procedimento. Questo è il difetto intrinseco dell’induzione, cioè del
ragionamento che, partendo dal particolare, vorrebbe enunciare un’ipotesi o
una legge generale, che per sua definizione deve essere assolutamente
universale, cioè comprendere tutti i casi possibili.
Bacon e la Nuova Atlantide
• Importante è invece un altro aspetto della riflessione baconiana: la
sintesi di tecnica e scienza. Nel suo testo La nuova Atlantide, egli
immagina di trovarsi su un’isola in cui vive una comunità di uomini
dediti alla scienza e alla tecnica. Il gruppo è guidato da un collegio di
sapienti che promuovono la ricerca per migliorare la condizione
umana. Essi hanno dato vita ad un’ organizzazione sociale in cui le
risorse vengono impiegate per istituire fantastici laboratori sotterranei
in cui si svolge ogni tipo di esperimento fisico allo scopo di fornire
all’uomo tutti gli strumenti per vivere meglio (dalla meteorologia, alla
desalinizzazione dell’acqua, alla creazione di nuovi metalli, all’utilizzo
della luce etc.). Tutto ciò concorre all’idea che l’uomo mediante
l’utilizzo tecnico delle scoperte scientifiche possa garantirsi un futuro
di pace e di comfort generalizzato, grazie ad un dominio pressoché
totale delle forze naturali.
Scienza e magia
•
Ecco perché Bacon sostiene in ogni momento che il sapere è potere. In questo
punto il suo atteggiamento non differisce molto da quei maghi rinascimentali che
ambivano a dominare le forze della natura e asservirle alla volontà umana.
Ovviamente cambia solo lo strumento: per Bacon la natura si domina solo
obbedendole, cioè scoprendone le leggi e utilizzandole a proprio vantaggio; per i
maghi invece la natura si domina conoscendo e facendo propria la sua forza
interna, che permette anche di trasgredire le sue leggi fenomeniche e apparenti.
Insomma per la magia il compito è quello di capire che nella natura vi sono forze
misteriose che possono essere, grazie alla corrispondenza tra macrocosmo
naturale e microcosmo umano (la quale mi dice che tali forze sono anche mie e
sono eventualmente a mia disposizione in quanto essere naturale), reindirizzate
anche contro le stesse leggi naturali, se questa è la volontà dell’uomo. E’ in fondo
la differenza tra chi pensa che si possa creare una molecola artificiale, utilizzando e
modificando molecole esistenti con un particolare tecnica biologica, e chi pensa
che si possa trasformare il piombo in oro conoscendo l’arte segreta della natura
nel produrre i metalli, cioè la forza generativa, dei metalli in generale.
Ecologia e tecnoscienza
• Il problema della prospettiva baconiana rimane tuttavia quello di un
volontà di potenza nei confronti della natura, che concepisce il
mondo creato come un serbatoio a cui attingere ininterrottamente
per raggiungere i nostri scopi. Il problema è il concetto di dominio,
che a lungo andare genera la mentalità per cui tutto ciò che è
tecnicamente possibile sia anche lecito, a prescindere da un dovere
di rispetto del mondo creato che è stato affidato alla responsabilità
dell’uomo, anche per quanto attiene alla sua conservazione e al
mantenimento della sua bellezza. Questo problema evidentemente
esula dalla scienza e attiene all’ambito etico, ai principi ultimi del
comportamento, per i quali non serve sapere quale sia il grado del
nostro potere, ma quale sia l’istanza di giustizia che ne guida
l’utilizzo.
Scarica

BACON - sapere è potere