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Lunedì, 26 Ottobre 2015
L’intervista
Monopoli
Innovatori
Lorenzo Sassoli
de Bianchi: «Il mio
regno salutista»
Le superbike elettriche
della modenese Energica
si quotano in Borsa
Gianluca Dettori (dPixel):
«A Bologna le migliori
50 startup d’Italia»
5
7
9
IMPRESE
EMILIA-ROMAGNA
UOMINI, AZIENDE, TERRITORI
L’analisi
Ecco come
si rivalutano
i nostri distretti
Primo piano
di Franco Mosconi
Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera
S
u Stoccolma si
stava abbattendo
una tempesta:
trovare un taxi era
un’impresa
impossibile, e Erika Berger
si recò a piedi a casa di
Mikael Blomkvist. Siamo
alle battute iniziali di
«Millennium 4 – Quello
che non uccide» (Marsilio)
— scritto da David
Lagercrantz dopo la
prematura scomparsa di
Stieg Larsson, l’inventore
della saga.
Ecco cosa accade quando i
due colleghi giornalisti,
chiamiamoli così, sono uno
di fronte all’altra: «Mikael
abbassò lo sguardo sugli
stivali italiani dal tacco alto
che indossava. “In effetti
hai dei perfetti scarponi da
neve”».
Non sappiamo se il
brillante scrittore svedese,
biografo di Ibrahimovic,
nel descrivere la mise
dell’affascinante Erika
avesse in mente i manufatti
di qualità in pelle prodotti,
ad esempio, nel distretto
industriale romagnolo di
San Mauro Pascoli, o quelli
che escono dal cluster
toscano fra le province di
Arezzo e Firenze. Sia come
sia, di stivali italiani si
tratta, e questa descrizione
si aggiunge alla
lunghissima serie di
immagini che nei libri, nei
film, nelle serie tv, nelle
fotografie — in tutte le
espressioni artistiche,
insomma — sono state
dedicate ai prodotti del
Made in Italy. La moda,
certo, ma come non citare
il cibo, le auto di lusso, gli
arredi, e così via.
Da qui a quella che,
prosaicamente, definiamo
specializzazione industriale
il passo è breve.
continua a pagina 15
Green
Un impianto
eolico che
produce
energia
pulita
Onda verde sulla via Emilia
La Regione avvia l’iter per varare il nuovo piano energetico scaduto nel 2013
Raggiunti gli obiettivi solo nel fotovoltaico e nelle biomasse. Il caso virtuoso della Plt
di Cesena. Al Saie Nomisma lancia il decalogo dell’edilizia sostenibile 4.0
Ma l’Emilia-Romagna piazza 4 città tra quelle più smart d’Italia: Bologna seconda assoluta
L’intervento
Il passeggero globale del futuro
determina il presente
dell’Aeroporto di Bologna
di Giorgio Tabellini
C’
è sempre una prima volta. La quotazione in Borsa dell’aeroporto Marconi è stata in questi anni nel settore
la prima privatizzazione mediante quotazione avvenuta in Italia in cui non è stato
previsto il mantenimento della maggioranza pubblica né il massimo di detenzione
della partecipazione ai fini del diritto di
voto, né sono stati previsti diritti speciali
per gli azionisti pubblici. Sembrano tecnicismi: vogliono dire che l’aeroporto è stato
portato in Borsa libero di confrontarsi apertamente sul mercato. I giorni non erano i
migliori: la campanella che romanticamente sancisce ancora il debutto della matricola nel listino è suonata nelle stesse ore in
cui era in bilico il destino dell’Unione Europea.
Ma come noi in tanti hanno ritenuto che
valeva la pena considerare il Marconi un
investimento importante nel futuro di Bologna e nella capacità italiana di muoversi
connettendosi al mondo. La Borsa si sintetizza in indici, ma non ci arrivano dei numeri. Ci arriva una storia fatta di persone.
Il frutto più importante del percorso iniziato è il salto culturale fatto per confrontarsi
con nuove modalità di analisi, trasparenza,
valutazione della gestione.
continua a pagina 15
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2
Lunedì 26 Ottobre 2015
Corriere Imprese
BO
PRIMO PIANO
Stati generali il 27 novembre, poi il piano regionale 2014-2020
Risparmi e fonti rinnovabili incentivati con 104 milioni di fondi europei
L’Emilia-Romagna accelera
sullo sviluppo dell’energia green
P
renderà il via tra un
mese esatto, con gli
Stati generali dell’economia verde del 27
novembre prossimo,
l’iter che entro la primavera
2016 dovrà produrre il nuovo
Piano energetico regionale
2014-2020. L’ambizione della
Regione è centrare, anzi, superare, gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati dal
pacchetto clima dell’Unione
europea dopo la scadenza del
protocollo di Kyoto. Per il
2020, quindi, bisognerà ridurre del 20% il consumo totale di
energia, produrne almeno il
20% da fonti rinnovabili e
quindi ridurre del 20% le
emissioni di gas serra. Il piano
precedente (2008-2013) ha
raggiunto solo parzialmente i
target fissati. Obiettivi centrati
per la quota di energia prodotta da fotovoltaico e da biomasse (in provincia di Ravenna si è arrivati addirittura al
43% del fabbisogno energetico
totale da queste due fonti, rispettivamente con il 15,2% e il
32% dei consumi, seconda
provincia più virtuosa d’Italia),
ma restano ancora molto al di
sotto delle aspettative l’eolico
e il geotermico, mentre l’idroelettrico è già sfruttato al massimo delle potenzialità fisiche
Sul web
Puoi leggere,
condividere e
commentare
gli articoli
di Corriere
Imprese su
www.corrieredi
bologna.it
del territorio emiliano-romagnolo. Sotto gli obiettivi restano ancora l’efficientamento e
il risparmio energetico, l’altra
faccia della medaglia della sostenibilità ambientale, anche
se gli anni di crisi economica,
abbassando i consumi medi
pro capite, ha un po’ mascherato il fallimento.
Il nuovo piano energetico
regionale, dunque, dovrà stimolare un ulteriore sviluppo
dei settori che funzionano e
sbloccare l’impasse di quelli
in grave ritardo.
Si tratterà di investire in incentivi economici, ma anche
di innovare le tecnologie e ridefinire i modelli organizzativi delle città e dell’economia.
Insomma, di entrare definitivamente nell’era della Green
Economy. Agli Stati Generali
dell’economia verde ne parleranno pubbliche amministrazioni, associazioni, imprese,
professionisti, sistema creditizio, Università e Centri di Ricerca della rete Alta tecnologia. Tre i temi sul tappeto: efficienza energetica e low carbon economy; eco-imprese,
competitività e attrattività per
agire sull’innovazione; capitale naturale e economia circolare, a cui va ascritta la nuova
legge sui rifiuti. I finanzia-
Produzioni da fonti rinnovabili
KTep (migliaia di ton equivalenti di petrolio)
Solare
Livello
attuale
165
Obiettivo
2013
75
Obiettivo
2020
232
Idroelettrico
74
2
69
9
73
Obiettivo raggiunto
Eolico
Obiettivo raggiunto
Biomasse
Totale
149
390
361
515
1.144
1.487
Obiettivo raggiunto
Obiettivo raggiunto
35
Obiettivo raggiunto
Fonte: Regione Emilia Romagna
menti europei del programma
POR FESR 2014-2020 mettono
a disposizione risorse importanti per le politiche energetiche: 40,4 milioni per efficienza energetica e fonti rinnovabili nelle imprese; 36,6 milion i p e r l e s te s s e f i n a l i t à
nell’edilizia pubblica e residenziale; 27,3 milioni per la
mobilità sostenibile nelle aree
urbane. In totale 104,4 milioni
di euro a disposizione della
Regione Emilia-Romagna per
arrivare entro il 2020 a coprire
con energia pulita il 17-20%
del consumo finale lordo, rispetto al 9% indicato su scala
nazionale. È una scelta che
guarda già al futuro più lontano, cioè agli obiettivi 2050
quando le fonti rinnovabili
dovranno fornire l’85% di tutta
l’energia consumata nell’Unio-
ne europea. A tutt’oggi, come
dicevamo, la potenza installata
nella nostra Regione copre appena il 16,7% del solo fabbisogno elettrico, quindi percentuali abbondantemente inferiori al 10% se si considera il
fabbisogno totale di energia,
compresi trasporti, riscaldamento, attività produttive.
Massimo Degli Esposti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Quel business verde nato a Cesena 20 anni fa
Il pioniere Pierluigi Tortora e la sua Plt riforniscono 100.000 famiglie con fotovoltaico ed eolico
F
are impresa con l’energia
pulita, in due parole green economy; in un nome
Plt energia. L’azienda ha
il quartier generale a Cesena e l’ingegner Pierluigi Tortora, patron di Plt, ha scommesso sul settore già nel 1981, quando si è laureato in ingegneria
civile all’università di Bologna
con una tesi sull’energia solare.
Se le prime società del gruppo si sono occupate di cogenerazione ed efficienza energetica, dal 2003 con l’emanazione
del D.lgs. nr.387 sulle fonti rinnovabili, si è passati dalla teoria
alla pratica. È iniziato l’iter per
ottenere le autorizzazioni nel
settore eolico a cui si è aggiunto
lo sviluppo della fonte solare
due anni più tardi.
L’ingegner Tortora spiega le
fasi di crescita: «Nel 2006 abbiamo realizzato il nostro primo impianto eolico; nel 2010
abbiamo avviato una partnership strategica con Enel Green
Power che ha accelerato la no-
Chi sono
 Pierluigi
Tortora,
presidente del
gruppo Plt
 Stefano
Marulli,
direttore
generale del
gruppo Plt
stra crescita. Nel 2011 abbiano
fondato la holding Plt energia
che nel 2014 è approdata in
Borsa raccogliendo dal mercato
le risorse per sostenere il secondo piano industriale».
I numeri in bilancio sono incoraggianti: +8,2% per il fatturato 2014 salito rispetto al 2013 a
quota 22,16 milioni di euro, così
come l’Ebitda che è cresciuto
del 13,6 % a 9,77 milioni di euro. L’utile si è attestato a 2,28
milioni di euro, in crescita rispetto al 2013 del 18,1%.
I dati del 2015 confermano
un trend in crescita: nel primo
semestre si segnalano risultati
positivi con Ebitda ed Ebit in
aumento, rispetto al primo semestre 2014, rispettivamente
del 15,7% e del 19,4%.
Ogni anno Plt energia produce 200 Gwh di energia pulita
evitando l’emissione di oltre
110.000 tonnellate di CO2. È
l’equivalente del fabbisogno
energetico annuo di circa
100.000 famiglie italiane. La
produzione punta al mercato di
grossisti, ma il modello di business potrebbe evolvere, in futuro, verso la clientela finale in
termini di fornitura, servizi e
prodotti.
Al momento il mercato di riferimento è quello italiano e la
propria produzione si basa su
33 impianti ad energia rinnovabile, di cui 21 parchi eolici, 10
parchi fotovoltaici e 2 impianti
a biogas per una capacità installata di 115MW. Sono localizzati
principalmente in Calabria, ma
anche nelle Marche, in Campa-
Produzione
Un impianto
fotovoltaico
della Plt nel
comune di
Ortezzano in
provincia di
Fermo
nia e Liguria mentre un impianto fotovoltaico è localizzato a Timisoara in Romania.
Il protocollo di Kyoto e la liberalizzazione del mercato elettrico nel 2000 hanno segnato
un’accelerata per chi investe
sulla green economy sebbene la
burocrazia sia un freno a mano
tirato. «Alcuni impianti eolici
messi in esercizio quest’anno o
in costruzione oggi — spiega
Tortora — hanno richiesto che
l’iter autorizzativo cominciasse
almeno 7-8 anni fa».
In Plt lavorano 70 dipendenti
con età media di 36 anni; alla
loro guida è stato nominato direttore generale il manager
36enne Stefano Marulli.
Qual è il segreto di Plt Energia? «Sono in questo mondo da
25 anni – riflette Tortora — e
sono convinto che il futuro dell’energia sia nelle rinnovabili.
Un passo che all’Italia consentirà, dal 2030, di spezzare parzialmente il giogo della dipendenza
dall’estero di energia fossile-. Il
costo di produzione non è ancora competitivo se non incentivato e una volta che le strutture saranno ammortizzate sarà
più conveniente ricorrere al
vento o al sole che non costano
nulla».
Alessandro Mazza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere Imprese
Lunedì 26 Ottobre 2015
3
BO
Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma
nella top 10 italiana delle città intelligenti
Sostenibilità, qualità della vita e cultura spingono in alto i nostri capoluoghi nella classifica Smart city
V
ivibile, sostenibile e
«open». È questo il modello che i capoluoghi
emiliano-romagnoli
hanno adottato per diventare delle smart city. Si tratta
di città intelligenti in cui l’urbanistica dei luoghi, gli aspetti sociali, la mobilità e la sostenibilità ambientale diventano le fondamenta su cui ripensare le metropoli del futuro in maniera
innovativa.
Secondo i dati dell’indagine
ICity Rate 2015, realizzata da Forum PA con la collaborazione di
Openpolis, su 106 comuni capoluogo, quattro dell’Emilia-Romagna sono finiti tra le prime
dieci smart city di tutt’Italia. Si
tratta di Bologna (seconda), Modena (quarta), Parma (sesta) e
Reggio Emilia (settima). A decretarne il successo, la propensione dei loro cittadini a usare la
bici, (116 km di piste ciclabili
ogni 100 km quadrati di superficie a Modena); l’efficienza dei
servizi per l’infanzia (33% a Bologna, per l’indice di presa in
carico negli asili nido); la partecipazione elettorale (a Reggio
Emilia i votanti alle ultime politiche sono stati il 72,96%); l’assistenza degli anziani, la disponibilità del credito, l’accessibilità e
le opportunità di lavoro.
I criteri su cui si è basata la
ricerca si riferiscono infatti a diversi parametri: economia, welfare, ambiente, mobilità, qualità
della vita, governance e legalità.
Per ognuno di loro sono stati
individuati dei fattori specifici,
come la salubrità dell’aria, i tempi di percorrenza da casa e lavoro e il tasso di crimini commessi, in modo da misurarne il livello e tracciare così il profilo della
La top 10
Chi è
1
638
1
Posizione 2015
Milano
Trieste
Posizione 2014
10
548
9
Punteggio
Gianni
Dominici, è il
direttore
generale del
forum PA
nonché curatore
della ricerca
ICity Rate 2015
549
613
9
BOLOGNA
2
5
2
Firenze
3
3
550
587
13
Trento
551
568
557
MODENA
8
Padova
556
7
4
4
Venezia
5
6
6
10
8
REGGIO
EMILIA
PARMA
Fonte: ICity Rate 2015 - Forum PA
smart city ideale.
«Una città la si definisce
smart quando mette in agenda
una serie d’innovazioni culturali,
organizzative, istituzionali e per
ultime tecnologiche in grado di
risolvere con un approccio innovativo problemi vecchi – spiega
Gianni Dominici, Direttore generale del forum PA nonché curatore della ricerca ICity Rate
2015 – Quest’indagine permette
di focalizzare l’attenzione su ciò
che si sta facendo in questo
campo e più in particolare su
ciò che occorre ancora fare per
parlare di vere e proprie città
intelligenti». Infatti se da un lato i dati riferiti all’Emilia-Romagna la descrivono come una delle regioni più attente e virtuose
sul tema dell’innovazione e dell’efficienza, analizzando nello
specifico i singoli indicatori le
sorprese non mancano. Così
mentre Bologna è prima, rispetto agli altri capoluoghi regionali,
in ambito economico, sul welfare, sulla governance e sulla mobilità (salvo i tempi di percorrenza casa lavoro dove il 77,45 %
degli occupati impiega fino 30
minuti) questa si posiziona negli ultimi posti in tema di mi-
crocriminalità (103esima su 106
a livello nazionale), consumo di
energia (ogni abitante utilizza
oltre 1263 chilowatt) e salubrità
dell’aria. A brillare invece sul tema della legalità è Reggio Emilia
(seconda a livello nazionale sulla
legalità). Tutt’altra storia per Ravenna (prima nella classifica del
Sole 24 Ore per qualità della vita) che quest’anno finisce fuori
dalla top ten nazionale della ricerca ICity Rate (dal 7 al 13esimo
posto) conquistando però il primato regionale di città più attenta all’istruzione, alla partecipazione sociale e alla cultura.
Ottimo risultato anche per Parma che a livello nazionale si posizione terza per qualità della vita ma sconta un forte ritardo sul
tema della qualità dell’aria e dell’incidenza del verde in città
(3,92% d’incidenza sulla superficie comunale delle aree di verde
urbano e naturali). Un dato positivo, anche se a livello regionale si posizione in alcuni casi a
metà e in altri sul fondo della
classifica, lo porta a casa Piacenza che sul tema della sharing
economy è la prima città d’Italia.
Dino Collazzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nomisma detta le regole della «casa 4.0»
Edifici meno energivori e più efficienti, il tema dominante dell’edizione 2015 del Saie

Marcatili
Occorre
ripensare le
abitazioni dal
punto di vista
urbanistico
inserendole
in contesti
territoriali in
grado di
produrre
valore non
solo
economico
ma anche
sociale e
ambientale
L
a maggior parte del patrimonio immobiliare
dell’Emilia-Romagna è
composto da case vecchie, prive di criteri antisismici e ad alto consumo
energetico. Un dato da cui
partire per l’edilizia del futuro,
che punti al riuso e alla rigenerazione migliorando così efficienza e sostenibilità ambientale. In regione, infatti,
esistono 975.359 fabbricati, in
base ai dati dell’Istat, di cui
l’83,84% a uso residenziale. Si
tratta di oltre 2 milioni di abitazioni, oltre la metà delle
quali edificate negli anni sessante e quindi molto tempo
prima delle leggi in materia di
efficienza energetica e antisismiche.
Un dato, quest’ultimo, in linea con quello nazionale: sono 12,2 milioni gli edifici a
uso residenziale di cui il 60%
costruito più di 45 anni fa. Su
questi numeri gli analisti di
Nomisma hanno provato a ra-
gionare per iniziare a mettere
le basi per una nuova politica
pubblica e di rinnovamento
industriale capace di guardare
non solo all’edificio ma anche
a come sono state costruite le
città e di conseguenza a come
migliorarle.
«Il 40% dei consumi di
energia sono legati alla casa
— spiega Marco Marcatili,
economista di Nomisma e Coordinatore progetto Re-Use —
Per questo motivo dobbiamo
avviare dei percorsi di efficientamento. Ma non basta
solo risolvere problemi tecnici
come cambiare gli infissi,
mettere un cappotto termico
alle case. Serve anche ripensare le abitazioni dal punto di
vista urbanistico inserendole
in contesti territoriali in grado
di produrre valore non solo
economico ma anche sociale e
ambientale».
La casa del futuro è un edificio ripensato in un’ottica di
riutilizzo e risparmio energeti-
co a partire dai materiali che
la compongono, come i pannelli fotovoltaici, le illuminazioni a led, le pareti coibentate per eliminare la dispersione
di calore, le luci a led, le piastrelle realizzate con materiali
riciclati.
A questo però va aggiunto
anche la qualità della vita di
chi vi abita che non si limita
solo alle pareti domestiche ma
si espande anche all’esterno.
«La domanda delle famiglie
italiane nei confronti delle
abitazioni sta cambiando. In-
Edilizia
Alcuni materiali
termoisolanti
presentati al
Saie e con cui si
costruirà la
casa del futuro
fatti, ai primi posti non c’è più
la richiesta di avere una casa
con specifici requisiti — continua Marcatili — ma quella di
trovare un quartiere vivibile e
connesso al resto della città».
D. C.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
BO
Lunedì 26 Ottobre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 26 Ottobre 2015
5
BO
L’INTERVISTA
Lorenzo Sassoli de Bianchi
L’azienda
La storia
Il presidente di Valsoia racconta l’intuizione avuta
oltre vent’anni fa con la sua azienda. E il rapporto
con la Bologna dell’economia e della cultura
Un progetto snobbato
come un sogno
oggi diventato
sinonimo di benessere
V
«Il mio regno salutista»
Chi è
Lorenzo
Sassoli de
Bianchi,
classe 1952,
è presidente di
Valsoia,
dell’Upa (Utenti
di Pubblicità
Associati), e dei
Musei di
Bologna. Il 22
maggio è stato
nominato
Cavaliere del
Lavoro
di Marco Marozzi
L
o hanno titolato Don Chisciotte e Traditore
di Casta. Per raccontare il suo essere diverso. Lui davanti all’enfasi si ritrae, si arrabbia
solo quando lo chiamano «Conte Rosso».
Cita Picasso: «Tutti abbiamo dei padri ai
quali somigliamo, ma quello che conta sono le
differenze. Nessuno è responsabile del proprio
nome».
Lorenzo Sassoli de Bianchi ha amato suo padre,
uno dei fondatori della Buton, e sua madre Lavinia
Strozzi, della casa fiorentina. Viene dalla signoria
dei superalcolici, della Vecchia Romagna, ha costruito in solitaria un grande regno salutista, Valsoia. Partendo dalla Buton, dove, lui medico, era
stato richiamato. E che nel ’92 fu venduta. «Eravamo alla quarta generazione e c’erano tutti i problemi delle aziende che non riescono a diversificare il casato e il management. Eravamo 40 cuginisoci, con inevitabili ingerenze, confusioni di ruoli,
compromessi e mediazioni continue. Il mercato
dei superalcolici era maturo, ci voleva uno scatto».
Quando la Confindustria bolognese era tutta
berlusconiana, solo lui e un altro erano contro. La
sinistra, in uno dei suoi infiniti momenti di crisi,
lo ha coccolato come possibile sindaco, poi i giochi di partito hanno vinto: probabilmente la storia
di Bologna sarebbe stata diversa, ma lui sorride.
«La sinistra mi considera conservatore, i conservatori una volta… un comunista. Adesso chissà». Nel
suo studio sono appese opere di Shi Xinning, che
fa apparire Mao in mezzo alle icone fotografiche
di Hollywood, della cultura occidentale, di Che
Guevara. Il comunismo ride del consumismo e
viceversa. Sassoli lo fa di se stesso: «Non mi sento
esattamente nel posto in cui mi trovo. Mai davvero
integrato, non ho pace. Il vantaggio è sentirsi
libero».
La soia come un sogno? Lei ha raccontato di
essere partito da un tizio in America, trattato
come un matto new age. Le spiegò quante cose
si potevano fare con quel legume e le regalò le
sue prime ricette.
«Era la fine gli anni 80. Sapevo che l’alimentazione sarebbe diventata sempre più importante
per la salute. Cercavo. La soia è il seme magico, il
più duttile, dotato di forti componenti salutistiche».
L’hanno presa per matto?
«Se non matto… originale, sempre spiazzato
rispetto al mondo in cui mi trovo. Poi da venti
anni il mercato dell’alimentazione salutistica sta
crescendo al ritmo di due cifre. In Italia siamo a
700 milioni di euro, l’1% del comparto alimentare.
Un italiano su tre dice di essere a dieta e di usare
prodotti salutistici, il 6,5% dichiara di essere vegetariano, i vegani sono due su mille. Spesso, molto
spesso sono solo atteggiamenti che però pian piano si trasformano in comportamenti. Questo per
dire che c’è ancora molto spazio per crescere».
In soldoni significa?
«Il mercato dell’alimentazione salutistica sale
del 20% all’anno, il latte di soia in assoluto è il
prodotto leader. Creiamo mercati che prima non
esistevano. Latte, hamburger, yogurt di soia, adesso formaggi, stracchino, ricotta vegetale. C’è la
scoperta delle intolleranze, ma anche un mutare
dei gusti. La pubblicità ha un ruolo decisivo, in
entrambi i campi. Chi mai beveva questa roba 25
anni fa? Adesso in Italia ci sono 16 marchi di latte
di soia. La Valsoia nel 1990 quando è nata fatturava
200 milioni di lire, ora 114 milioni di euro. Un’azio-

Il mercato dell’alimentazione salutistica
sale del venti per cento all’anno
e noi creiamo mercati che prima
non esistevano. Bologna è una città
dalle risorse infinite, anticiclica,
radicata su valori solidi, non avventurosi
ne quando siamo andati in Borsa valeva quattro
euro, ora sfiora i venti. Ci copiano continuamente,
ma va bene così: fa crescere il mercato».
Lei cita spesso il sogno. Quanto l’ha formata
il suo essersi laureato in medicina e aver lavorato come neurologo con Elio Lugaresi, studioso
mondiale del sonno e dei suoi incroci?
«Negli Stati Uniti il passaggio dalla medicina
all’industria è comunissimo. Stesso metodo: diagnosi, prognosi, terapia. Avvalendosi degli strumenti scientifici a disposizione. Tac, risonanza
magnetica da una parte; ricerche di mercato, analisi del consumatore dall’altra».
La stessa cultura…medica l’ha portata nove
anni fa alla presidenza dell’Upa, l’associazione
degli utenti pubblicitari che non era proprio in
salute?
«Il metodo mi ha aiutato a comprendere la
rapidissima evoluzione del sistema dei media. La
loro trasformazione radicale, la terza rivoluzione
della comunicazione, dopo Gutenberg e Marconi».
Da comunicatore come giudica il Dams di
Bologna finiti i fasti di Eco & C?
«Un’ ottima scuola, non faccio che incontrare
giovani di qualità, ancora adesso. Prepara in maniera generale e non specifica. Io prediligo chi si
laurea in studi umanistici perché la mentalità è
più aperta, logica, duttile. I tecnicali si apprendono».
E gli imprenditori bolognesi?
«La mia è una città di risorse infinite, anticiclica, radicata su valori solidi, non avventurosi. Fino
al rinunciare alle sue banche. Terragna perché di
origine contadina. Pochi debiti, grande pragmatismo. E la passione per la meccanica, tutti i bolognesi sono “ciappinari”. Dimensione media, piedi
per terra, crescita in base alle proprie forze, passaggi generazionali molto ben gestiti».
E sull’alimentare?
«La Fiera con Sana ha avuto la grande capacità
di cogliere segnali ancora deboli e di anticipare
tendenze di enormi possibilità di sviluppo nel
salutismo-biologico- vegetale. Fico è a più grande
opportunità strategica che Bologna avrà nei prossimi 30 anni, coincide con il posizionamento nel
mondo. Il più grande parco alimentare del mondo. Qui. La scommessa è come lo gestiranno».
Bologna è capoluogo della regione?
«Per certi versi sì, anche se politica regionale ha
fatto di tutto per mortificarne il ruolo con anni di
policentrismo. L’aeroporto regionale è a Bologna,
la stazione ferroviaria sottoterra è internazionale,
in superficie quasi da provincia».
Nel 2012 ha comprato la Santa Rosa. Latte e
marmellata, colazione completa?
«Il mix frutta, zucchero più fette biscottate è
riconosciuto da tutti i dietologi. C’è un legame
culturale, per un’azienda nata a Bologna e finita
all’estero. Io giro sempre al contrario».
Fra tanti riferimenti culturali, c’è anche un
imprenditore alimentare?
«Michele Ferrero. Mi ha affascinato la sua creatività, la narrazione dentro ogni prodotto, la componente di sogno. I Rocher, i Kinder. Michele
Ferrero è lo Steve Jobs dell’alimentazione nel mondo. Anzi Steve Jobs è il Michele Ferrero dei computer».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
alsoia è stata fondata nel
1990 da Lorenzo Sassoli de
Bianchi, che aveva abbandonato la professione di neurologo per occuparsi dell’azienda
di famiglia, la Buton. La produttrice del Vecchia Romagna fu poi
ceduta nel 1992 e Sassoli scelse
di non abbandonare una creaturina che aveva cominciato a mettere in piedi dentro la Buton: la
Valsoia. «Nel 90 avevo provato a
diversificare un po’ la produzione. Alla Gran Metropolitan, la
nuova proprietà, la cosa non interessava e arrivai io. Imprenditore di prima generazione». Tre
miliardi per la cessione, il fatturato del ’92. «Ci misi tutto quello che avevo, alla banche presentai un piano a cinque anni per il
pareggio e loro mi ripetevano:
“questo è il libro dei sogni”».
L’azienda è leader nella produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti rivolti all’alimentazione salutistica, principalmente a base di soia. Diversi i marchi: Valsoia
Bontà e Salute, RYS Riso e Benessere, Naturattiva e Yogurtal.
Valsoia è inoltre distributore
esclusivo per l’Italia delle gamme di cereali Weetabix Ltd, società britannica leader in Europa. L’azienda si è quotata nel
2006 sul Mercato Expandi. I prodotti Valsoia sono distribuiti anche in Spagna, Svizzera, Germania, Austria, Croazia, Slovenia e
Grecia, sebbene i ricavi delle
vendite all’estero rappresentino
una quota residuale del fatturato. Nel 2011 è stata acquistata per
25,2 milioni di euro Santa Rosa,
società storica bolognese — già
passata all’Unilever — per la
produzione di marmellate e, con
Pomodorissimo, di passata di
pomodoro.
La società, controllata da Finsalute, ha sede a Bologna in via
Barontini e fabbrica Valsoia a
Serravalle Sesia, in provincia di
Vercelli. Ha 114 dipendenti, «età
media attorno ai 30 anni». Ha
chiuso il primo semestre del
2015 con ricavi pari a 60,41 milioni di euro, in crescita del 5,2%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il semestre si
è chiuso con un utile netto di
5,66 milioni, miglioramento del
10% rispetto ai 5,15 milioni di
euro del 2014.
Il consiglio di amministrazione, in scia ai risultati 2014, ha
proposto la distribuzione di un
dividendo di 0,3 euro per ciascuna azione. Incremento del
30,4%: lo scorso anno la cedola
era a 0,23 euro per azione.
Nel 2014 i ricavi di vendita si
sono attestati a quota 114,015 milioni, il 13,6 % in più rispetto ai
100,365 del 2013; l’Ebitda è salito
a quota 17,967 milioni (+40,5%
rispetto ai 12,786 del 2013); l’utile netto ha registrato un balzo a
10,701 mln (+8,2% rispetto ai
9,889 mln al 31 dicembre 2013 e
l’utile netto rettificato è stato pari a 10,290 milioni, il 49,1% in più
rispetto ai 6,902 milioni messi a
segno nel 2013. La Posizione Finanziaria Netta di Valsoia è stata
positiva per 7,546 milioni contro
i 4,691 al 31 dicembre 2013.
M. M.
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Lunedì 26 Ottobre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 26 Ottobre 2015
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MONOPOLI
Energica romba in Borsa: quotazione a fine anno
Ipo e debutto nel segmento Aim per l’azienda modenese di superbike elettriche, costola del gruppo
Crp. Obiettivo: raccogliere capitali e accelerare lo sviluppo industriale. Nel 2016 il nuovo modello Eva
S
calda i motori (elettrici)
per volare in Borsa e si
prepara a chiudere in
bellezza un anno di novità che l’hanno portata
fin sulle strade californiane.
Adesso la modenese Energica
Motor Company, costola del
Gruppo Crp, cerca nuovi investitori per accelerare il processo
industriale ed entro la fine dell’anno presenterà una offerta
pubblica iniziale per quotarsi.
L’azienda produttrice di moto
elettriche a elevate prestazioni è
presente sul mercato con la supersportiva Energica Ego e uscirà nel 2016 con la streetfighter
Energica Eva, in vetrina all’Eicma di Milano dal 17 al 22 novembre. Sarà la prima impresa
nel settore automotive a presentare un Ipo sul Mercato alternativo del capitale (Aim) di Borsa
Italiana, il segmento destinato
alle pmi. Giovane e piccola, Emc
lo è di sicuro. Ma quando il San
Francisco Chronicle l’ha definita
la «Tesla italiana delle supermoto», sapeva di cosa stava parlando. Negli ultimi anni sempre
più produttori hanno introdotto
modelli elettrici sul mercato, seguendo proprio l’esempio pionieristico di Tesla diventata un
case history di successo nel
campo dei veicoli elettrici ad alta gamma. Energica sta seguen-
do per le due ruote un modello
di business analogo guardando
alla finanza a stelle e strisce.
«Già da qualche anno avevamo
deciso di affiancarci a degli investitori per avere una raccolta
di capitali che ci permettesse di
andare sul mercato in maniera
più aggressiva», racconta il ceo
Livia Cevolini. «Così abbiamo
provato a vagliare la strada dell’Aim e pochi giorni fa c’è stato
il via libera per far partire l’operazione».
Ubs e Ambromobiliare agiranno rispettivamente come
lead-advisor e co-advisor. Banca
Finnat fungerà da nomad e global coordinator. Nctm sarà
l’advisor legale e Pwc il revisore
dei conti. La raccolta di capitali
prevede di coprire il fabbisogno
finanziario ai fini dell’industrializzazione per i prossimi tre anni. La trasformazione da srl in
Spa non allontanerà Energica
dalle proprie radici che affondano nella Formula Uno: il know
how acquisito dalla casa madre
Crp sarà sempre presente sebbene il gruppo (che nel 2014
aveva un fatturato aggregato di
12 milioni e circa 60 dipendenti)
non sia coinvolto nel processo
di quotazione.
Energica ha scelto come consigliere indipendente Giancarlo
Minardi, fondatore del team
Futuro
A sinistra
Energica Eva la
streetfighter
elettrica che
entrerà in
commercio nel
2016. A destra
Franco
Cevolini, ceo di
Crp e Livia
Cevolini, ad di
Energica Motor
Company
omonimo che ha portato al successo piloti come Fisichella,
Alonso, Webber e Trulli. Il nome Minardi ha significato per
loro fortuna, la speranza è che
cavalchi pure il successo a due
ruote targato Energica. «Emc è
un’azienda nuova in un mercato
molto competitivo — continua
Cevolini — siamo consapevoli
che la sfida sarà dura, ma siamo
anche convinti che i clienti sono ora più che mai informati e
competenti sul prodotto. In tre
anni saremo leader del nostro
mercato. A un solo un mese
dall’omologazione abbiamo già
venduto dieci moto. I clienti
hanno un’informazione completa sulle tecnologie, scelgono più
coscientemente e non si basano
solo sulle dichiarazioni dei
grandi marchi». La sfida è legata anche al fatto che le piccole e
medie imprese italiane non sono abituate a ragionare in termini finanziari quanto quelle
americane (basti pensare che i
primi scommettitori dell’Aim
Italia sono svizzeri: si tratta del
gruppo elvetico Patrimony 1873,
che attraverso il fondo dedicato
White Fleet III Globes Italy Equi-
ty Star è l’investitore più attivo
del segmento tricolore). «Per gli
americani è normale cercare investitori anche prima di partire
con un’impresa — riflette Cevolini — impresa e finanza in
quella parte del mondo vanno
in parallelo. Credo che da noi
quell’evoluzione sia necessaria».
Mara Pitari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere Imprese
BO
MONOPOLI
Consultinvest,
risparmio gestito
alla modenese
I consigli di Consultinvest
Macroeconomia e prospettive a 3-5 anni
per investire con «trasparenza e prudenza»
I
n principio fu Paolo Pomelli,
l’agente di cambio bolognese
che ai bei tempi, quando la
Borsa era ancora un Far
West, imperversava sull’Emilia-Romagna e sul mitico Borsino di Lugo, universalmente noto come la pancia del popolo
degli speculatori fai da te. Lì si
fece le ossa Maurizio Vitolo, 56
anni, napoletano emigrato a
Modena subito dopo la laurea
come consulente d’azienda e
oggi ad della società, e gli altri
partner che nell’88 si misero in
proprio per fondare Consultinvest, l’unica società di gestione
del risparmio con radici emiliano-romagnole. Sede a Modena,
in Piazza Grande, una settantina di dipendenti diretti, in gran
parte analisti finanziari e broker, una rete di circa 400 promotori finanziari, 2 miliardi di
euro di risparmio gestito, il
gruppo Consultinvest (Sim e
Sgr) è ormai entrato nella top
ten italiana delle società indipendenti, cioè non di emanazione bancaria o assicurativa.
Dalla vetta, dove siede Azimut,
il distacco è ancora siderale,
ma Vitolo è convinto di poterlo
colmare: «Qualche anno fa eravamo un ventesimo di Azimut,
ora siamo circa un decimo:
l’obiettivo è arrivare ad un
Chi è
Maurizio
Vitolo,
56 anni,
amministratore
delegato
di
Consultinvest
quinto entro i prossimi cinque
anni».
Come, dottor Vitolo?
«Attraverso l’acquisizione di
singoli promotori o di piccole
reti, come abbiamo fatto nel recente passato e continueremo a
fare già nei prossimi mesi. Poi
con la crescita interna. La nostra è una strategia di medio
lungo periodo, che dà i suoi
frutti nel tempo e paga soprattutto nei momenti di debolezza
del mercato come dimostrano
le performance d’eccellenza di
alcuni dei nostri fondi».
Vuol dire che investite con
la logica del cassettista?
«Per certi versi è così. Mai
fatto trading puro, mai guardata l’analisi tecnica, mai seguite
le “voci” di Borsa. I nostri punti
di forza sono la prudenza e la
trasparenza verso i clienti».
Chi non risica non rosica
dice il proverbio...
«Il rischio va calcolato e mediato con la diversificazione».
E quindi come scegliete i
vostri investimenti?
«Partiamo sempre dall’analisi macroeconomica che ci aiuta
a scegliere i mercati e i settori
con le migliori prospettive a
3-5 anni. All’interno di questa
griglia scegliamo i titoli migliori, però con un tetto preciso al
peso specifico di ogni singolo
titolo sul complesso della nostra massa investita, che non
può mai superare lo 0,1% del
totale. Anche i dividendi attesi
sono un buon criterio per la
selezione dei nostri investimenti».
A costo di veder sfumare
grandi occasioni?
«Inseguire i “colpi” di mercato è un azzardo. Investire sulla
base di informazioni riservate è
addirittura un reato, l’insider
trading. È una dabbenaggine,
invece, investire sulla base delle
informazioni pubbliche, disponibili ormai a tutti in tempo
reale: così si finisce per seguire
l’onda, quindi strapagare gli acquisti e scontare le vendite».
Allora, cosa fa la differenza?
«La capacità di leggere cor-
rettamente le informazioni, capirne le conseguenze nel contesto generale dell’economia globalizzata».
Alla luce di tutto ciò, cosa
consiglia?
«Come area direi decisamente l’Europa: per la ripresa dei
mercati emergenti i tempi non
sono ancora maturi, e questo
boom americano non mi convince. Come settori, punterei
sull’automotive, che ha perso
più del necessario sull’onda del
caso Volkswagen, e sul finanziario che sulle quotazioni di
Borsa sconta ancora le conseguenze delle recenti crisi, pur
avendola sostanzialmente superata».
Se invece dovesse puntare
su qualche titolo secco?
«Le due Ipo in corso mi piacciono molto. Poste italiane per
le grandi prospettive di dividendo, la solidità, la recente
mutazione che le ha trasformate a tutti gli effetti in una società finanziaria-assicurativa. La
Ferrari perché ha un grande appeal, è una risorsa scarsa, è lusso più che automobile e darà
una grande spinta al valore di
tutto il gruppo Fca».
Orgoglio modenese?
«Abbiamo sede a Modena e
azionisti modenesi. Ma la nostra clientela è prevalentemente
di altre città. È anche una clientela molto stabile e non troppo
danarosa, con una media di soli 30.000 euro investiti.. Se dovessi dare un voto ai campanili,
direi che gli investitori più accaniti e aggressivi sono ancora
i romagnoli».
Massimo Degli Esposti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Modernismo finanziario a Vignola
Sciolti i legami con la banca, la fondazione scoppia di utile. Avrà un ruolo nel futuro di Bper?
V
olete un esempio di
Fondazione che ha
felicemente sciolto i
rapporti con la banca
conferitaria, senza
troppo attendere leggi, leggine e protocolli? Be’, allora recatevi a Vignola, nel regno di
Valerio Massimo Manfredi,
scrittore e professore, grande
esperto di antichità classica.
È stato ben prima del suo avvento alla presidenza nel
2013, tuttavia, che l’ente di
Rocca dei Contrari ha salutato
l’omonima Cassa di risparmio, poi acquisita da Bper,
che l’ha infine incorporata
nell’estate 2010, lasciando in
vita solo il vecchio marchio. E
non che i rapporti con la Popolare siano cattivi, anzi. Ma
con la sua lungimiranza, la
Vignola è riuscita a difendersi
anche dal progetto del concittadino Emilio Sabattini,
che, da presidente della Provincia, lanciò l’idea di una
Fondazione unica del modenese, fondendo la Rocca con
il capoluogo, Carpi e Mirandola.
Di certo, l’amministrazione
Manfredi ha insistito sulla
stessa strada: appena insediatasi, trasferì oltre 76.000 azio-
Chi è
Valerio
Massimo
Manfredi
è presidente
della
Fondazione di
Vignola, oltre
che archeologo
e scrittore
ni della Popolare, che già rappresentavano nemmeno lo
0,02% del capitale, dalle immobilizzazioni alle attività disponibili per la vendita, che è
poi effettivamente avvenuta,
per oltre 75.000 pezzi, nel
2014. L’anno scorso, la grande
fuga dalle quotate ha archiviato anche la particolare predilezione per le azioni di big
energetici e delle reti, come
Enel, Eni, Snam e Terna: la
morale è una plusvalenza superiore agli 1,5 milioni di euro nella sola gestione patrimoniale diretta, dal valore di
libro di circa 28 milioni. I pilastri, oggi, sono fondi e obbligazioni, bancarie e sovrane, in maniera simile all’altra
parte del portafoglio, che,
cresciuta oltre i 41 milioni, è
esternalizzata alle sgr
Duemme, da un biennio successore di Bnp Paribas, e Azimut.
È ormai dal 2001 che il portafoglio della Vignola, se si
escludono i beni immobili e
le rare partecipazioni strategiche, è scisso in due parti, secondo equilibri condivisi con
lo storico advisor Prometeia
Sim. Grazie a questo modernismo finanziario, già nel
Importi stanziamenti istituzionali esercizio 2014
Educazione, istruzione
e formazione
Ricerca scientifica
e tecnologica
284.594,47
150.000,00
Sviluppo locale
122.500,00
1.502.944,46 euro
Totale erogazioni
2014
Arte, attività
e beni culturali
Altri settori
e Fondo Nazionale
Iniziative Comuni
delle Fondazioni…”
743.797,44
202.053,05
2012, presidente Giovanni Zanasi, la Rocca aveva oltrepassato i 2 milioni di avanzo. Lo
scorso anno, l’exploit sopra i
3 milioni, tutti peraltro accantonati, per quasi l’80% per
future erogazioni. I precedenti bilanci, infatti, già coprivano i contributi elargiti durante l’esercizio, pari a 1,6 milioni, cifra di poco superiore al
totale dei deliberati (1,5 milioni).
«È stato un bilancio eccezionale, non facile da confermare», spiega il vicepresidente, l’avvocato Giuseppe Pesci.
Beninteso, in questa strategia
non manca notevole prudenza. A fine 2011, erano spuntati
oltre 5 milioni di crediti esigibili entro l’esercizio succes-
sivo: in sostanza, era un gigantesco «pronti contro termine», l’operazione con cui
un risparmiatore presta soldi
a una banca, la quale si impegna appunto a restituirli entro un anno, fornendo come
garanzia le attività su cui riversa il denaro ricevuto, ad
esempio mutui immobiliari.
Successivamente, fino a marzo 2013 la Fondazione ha acceso due depositi vincolati,
per l’ammontare complessivo
sempre di 5 milioni. Infine,
ha riportato quei soldi sui
normali conti correnti, oscillanti costantemente tra i 13 e
i 16 milioni, «per tenerci
pronti — aggiunge Pesci —ai
cambi di rotta di un mercato
che finora ha sconsigliato altri investimenti».
Due di quei conti correnti
si trovano, inevitabilmente,
proprio in Bper. Della quale
la Fondazione, più che azionista, è pertanto creditrice,
grazie anche ai due bond
lower tier della Popolare in
portafoglio allo scorso 31 dicembre, il primo definitivamente rimborsato quest’anno, per rimanenti 5 milioni, e
l’altro in scadenza il prossimo. E al momento, alla Rocca, negano che vi saranno dei
ripensamenti, sulla partecipazione al capitale della Popolare, nonostante l’innegabile
aumento dell’appetibilità della banca con la trasformazione in spa.
Nicola Tedeschini
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Corriere Imprese
Lunedì 26 Ottobre 2015
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BO
INNOVATORI
Dettori: «Porterò
a Bologna le migliori
50 startup italiane»
Il fondatore di dPixel spiega i suoi progetti:
Barcamper Garage e fondo Primo Miglio
«S
to cercando le
Yoox del futuro.
Quindi non sono
arrivato a Bologna per caso».
Non è un caso nemmeno che
Gianluca Dettori, per raccontare
i progetti della sua dPixel che
sotto le Due Torri si chiameranno Barcamper Garage e Primo
Miglio, prenda a modello
l’azienda creata da Federico
Marchetti. «Federico lo ricordo,
trentenne, a caccia di finanziamenti per lanciare il suo modello di e-commerce — racconta
—. Ci incontrammo nell’ufficio
di Elserino Piol, entrambi in attesa di incontrare l’uomo che
portò in Italia la net economy.
Federico aveva in testa Yoox, io
Vitaminic. Grazie a Elserino sono diventate entrambe importanti realtà».
Ma mentre Marchetti ha poi
scelto di fare l’imprenditore a
360 gradi, Dettori ha preferito
restare scopritore di idee e talenti. Ceduta Vitaminic — a peso d’oro —, fondò dPixel, una
Chi è
Elserino Piol,
da Limana
(Belluno), un
passato in
Olivetti, è
l’uomo che sta
dietro le più
grandi
innovazioni
tecnologiche
applicate al
business
italiano, come
Yoox e
appunto le
invenzioni di
Dettori
sonda nel magmatico mondo di
Internet. Con l’incubatore semovente Barcamper gira da dieci
anni l’Italia per incontrare
chiunque abbia in testa una
nuova idea di business. E inietta
capitali laddove individui potenzialità di successo.
«Abbiamo visto migliaia di
aspiranti imprenditori — racconta Dettori — che avevano
anche idee straordinarie ma
nessuna esperienza per tradurle
in un business plan. Più di 200
li abbiamo aiutati a creare
un’azienda vera, e su 19 di queste abbiamo direttamente investito attraverso un nostro fondo
di venture capital». Quattro dei
gioielli scovati da Dettori sono
diventate aziende tanto appetibili da aver trovato un compratore; altre quattro, come spesso
succede alle startup, sono morte
ancora in fasce. Undici sono in
fase di sviluppo. Tra queste c’è il
fenomeno Cortilia, la mini Amazon dei prodotti alimentari freschi che a Milano ha già 50.000
clienti e prestissimo sbarcherà a
Bologna e Modena. E c’è il circuito di moneta supplementare
regionale Liberex-Sardex che
già gestisce un milione di transazioni al giorno e secondo Dettori «potrà cambiare il mondo
nel giro di dieci anni».
Tutto questo, moltiplicato per
dieci, è ciò che Dettori realizzerà a Bologna: il principale polo
italiano di accelerazione di imprese tecnologiche innovative.
La sede sarà il Barcamper Garage che dal 2016 ospiterà presso
gli ex-laboratori di edilizia del-
l’Istituto Aldini Valeriani oltre
50 startup provenienti da tutta
Italia e dall’estero. «L’innovazione ha bisogno di una casa —
spiega Dettori — dove i talenti
si possano confrontare tra loro,
col tessuto imprenditoriale
esterno e con noi che li aiutiamo a crescere. L’Aldini Valeriani, con i suoi 2000 studenti in
discipline tecniche, è l’ambiente
ideale. E Bologna, con oltre
3.000 imprese molto dinamiche, un’associazione imprenditoriale lungimirante, una gran-
Incontro
il sindaco di
Bologna
Virginio Merola
e Gianluca
Dettori
presidente
Dpixel a FaRete
de capacità di collaborazione fra
pubblico e privato, garantisce
terreno fertile per farle crescere».
Raccontato in questi termini
Barcamper Garage potrebbe
sembrare soltanto uno dei tanti
acceleratori d’impresa (una dozzina solo in Emilia-Romagna).
Sarà invece qualcosa di molto
diverso. Oltre al «motore» infatti, Dettori fornirà anche la benzina, cioè i capitali per «accendere» il business. Arriveranno
dal fondo di venture capital Primo Miglio, un progetto al quale
hanno già aderito Unindustria
Bologna, Banca Sella e il Fondo
Italiano di investimento. Appena avrà ottenuto l’autorizzazione
di Bankitalia, Primo Miglio Sgr
avvierà la raccolta di capitali,
con l’obiettivo di raggiungere i
50 milioni.
Da marzo il fondo Fii presieduto da Innocenzo Cipolletta ha
attivato il nuovo fondo di fondi
di venture capital e ha selezionato quattro progetti di investimento: Caravella, Stark Venture
One, Innogest Capital II e appunto Primo Miglio. «Siamo nel
mezzo del processo legale —
spiega Dettori — e in questa
fase non possiamo dire più di
tanto. Quel che vogliamo fare,
comunque, è raggruppare nel
Barcamper Garage tutte le start
up oggetto dei nostri investimenti. E con i mezzi finanziari
di cui disporremo, saranno tante». Proprio oggi, intanto,
dPixel sarà a Bologna per premiare i vincitori di Star Cup, il
concorso per nuove imprese
promosso in collaborazione con
Aster.
Massimo Degli Esposti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MAICO, VINCE LA SORDITA’!
BOLOGNA
Piazza dei Martiri, 1/2
Tel. 051 249140
248718 - 240794
BOLOGNA
Via Mengoli, 34
(di fianco alla Asl)
Tel. 051 304656
BOLOGNA
Via Emilia Ponente, 16/2
Tel. 051 310523
BOLOGNA
San Lazzaro Di Savena
Via Emilia, 251/D
Tel. 051 452619
ADRIA
Corso Mazzini, 78
Tel. 0425 908283
CARPI
Via Fassi, 52/56
Tel. 059 683335
CASTELFRANCO
EMILIA
Corso Martiri 124
Tel. 059-928950
CENTO
Corso Guercino, 35
(Corte del teatro)
Tel. 051 903550
CESENA
Via Finali, 6
(Palazzo Barriera)
Tel. 0547 21573
FAENZA
Via Oberdan, 38/A
(di fronte al parco)
Tel. 0546 621027
RAVENNA
Piazza Kennedy, 24
(Galleria Rasponi)
Tel. 0544 35366
REGGI0 EMILIA
Viale Timavo, 87/D
Tel. 0522 453285
FERRARA
Piazza Castello, 6
Tel. 0532 202140
FORLI'
Via Regnoli, 101
Tel. 0543 35984
MODENA
V.le Menotti, 15-17-19
(Ang. L.go Garibaldi)
Tel. 059 239152
MODENA
Via Giardini, 11
Tel. 059 245060
RIMINI
Via Gambalunga, 67
Tel. 0541 54295
ROVIGO
Corso del Popolo, 357
(angolo Via Toti)
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Lunedì 26 Ottobre 2015
Corriere Imprese
BO
L’EMILIA-ROMAGNA DEI CAMPANILI
Nella terra dei motori
c’è vita per gli autodromi
Ma non è fatta di sole gare
I circuiti in numeri
Formula 1 e Superbike stanno diventando marginali
nell’impegno di far quadrare i conti a Imola e Misano
di Maurizio Andreoli
S
e avete una decina di
milioni di troppo, se
proprio non sapete dove buttarli, potete divertirvi a organizzare
un Gran Premio di Formula 1.
Con 4-5 milioni che vi pesano
nelle tasche siete in grado di
togliervi lo sfizio di mettere in
pista una prova del Motomondiale. Oppure accontentatevi
di una gara del Mondiale Superbike: 300-400.000 euro di
rosso, a conti fatti, dovrebbero
essere sufficienti.
C’erano una volta i grandi
eventi motoristici che oltre al
lustro portavano soldi. Alla
peggio si chiudeva in pareggio, sempre un bell’andare. Era
la fine del secolo scorso, fino a
sfociare anche nei primi anni
Duemila. Ora è rimasta solo la
vetrina, la visibilità, la grancassa. Ma i conti dei grandi eventi, per gli autodromi volgono
al profondo rosso. E per farli
tornare a fine anno, le società
sono costrette a gestioni oculatissime, in qualche caso anche a veri e propri salti mortali.
In Romagna, la Terra del
Motore, ci sono due autodromi che distano tra loro un centinaio di chilometri. Abbiamo
chiesto ai direttori dell’Enzo e
Dino Ferrari di Imola e del Misano World Circuit Marco Simoncelli di descrivere con una
sola parola i rispettivi impianti. Pietro Benvenuti (Imola) ha
scelto «fascino». Andrea Albani (Misano) ha preferito puntare su «passione». Ma fuor di
poesia, la differenza più evidente è nella gestione: pubblica a Imola, privata a Misano.
Gestione
Il circuito di Imola
è a controllo pubblico,
quello di Misano è
guidato da un privato
Chi sono
 Pietro
Benvenuti,
direttore
dell'autodromo
di Imola
 Andrea
Albani, direttore
del circuito di
Misano
Come società a controllo
pubblico, Formula Imola SpA è
finita nel mirino del severo
Cottarelli per un rosso di oltre
2 milioni di euro. Ma erano
numeri già vecchi, del 2012.
Proprio quell’anno ci fu la
svolta, che in estrema sintesi si
può raccontare così: il ConAmi
(la multiservizi della Romagna
tra i principali azionisti di Hera) ha avuto in concessione dal
Comune di Imola per 64 anni
l’impianto a un costo quasi
simbolico e lo ha affittato a
Formula Imola, di cui ora detiene l’85%. Ma soprattutto il
ConAmi si è accollato gli oneri
strutturali e gli ammortamenti, lasciando in capo alla Spa
solo la parte gestionale. L’effetto immediato sono stati due
bilanci di Formula Imola con
un minimo segno positivo:
19.414 euro l’utile del 2014
(Fonte il bilancio del ConAmi
ndr), per un fatturato che supera i 4 milioni.
«Pagano i cittadini e pagano
sempre di più» hanno prote-
Autodromo
Misano
World Circuit
Marco
Simoncelli
Autodromo
Enzo
e Dino Ferrari
Imola
stato comitati, associazioni
ambientaliste e partiti di opposizione. Ma Benvenuti non è
d’accordo: «In realtà è un giro,
perché noi paghiamo al ConAmi l’affitto (115.000 euro nel
2014, ndr) e sosteniamo anche
il costo di parte dei lavori. Poi
ci sono altri aspetti, come le
40 giornate all’anno di apertura al pubblico: ci costano 600700 euro l’una e dobbiamo garantire tutto, anche il servizio
medico. Se non facessimo
questa e altre cose per la collettività, potremmo tranquillamente accollarci gli investimenti».
Corriere Imprese
Lunedì 26 Ottobre 2015
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BO
ANNO DEL PROGETTO
1969
1949
ANNO DI NASCITA
LUNGHEZZA TRACCIATO
4.226 metri
4.936 metri
GESTIONE
Santa Monica SpA
Formula Imola SpA
Diversificare
Qui a destra il
concerto degli
Ac/Dc
all’autodromo
Enzo e Dino
Ferrari a luglio:
sotto Valentino
Rossi mentre
arriva al
traguardo in
una gara del
MotoGp al
Misano World
Circuit Marco
Simoncelli
1972
1952
DIPENDENTI
8
15
Polifunzionalità
Oltre alle gare, all’Enzo
e Dino Ferrari
funzionano i concerti, al
Misano World circuit
c’è il Week End
del camionista
FATTURATO
oltre 9 milioni
oltre 4 milioni
RISULTATO NETTO
-392.000 euro
Fonte Bilancio Financo
+19.414 euro
Fonte Bilancio ConAmi
Il nemico numero uno del
Ferrari si chiama rumore. Il
nodo da sciogliere sono le cosiddette «giornate in deroga»
rispetto al limite di decibel
previsto per legge. È lì che si fa
cassa. Giornate che sarebbero
al massimo 30 all’anno secondo una vecchia norma per gli
impianti che ospitano gare di
Formula 1 o assimilabili. Ma la
Superbike (l’evento motoristico
di punta che si svolge ora a
Imola) non sarebbe, appunto,
«assimilabile» alla F1. Dunque
Imola aggiunge al conto teorico 60 deroghe per prove tecniche.
Ma soprattutto per un autodromo a gestione pubblica,
conciliare la sana gestione
economica dell’impianto con il
benessere e la tranquillità dei
cittadini è importante. E allora
si è lavorato a un protocollo di
autoregolamentazione, messo
a punto dallo studio legale
Giuseppe Girani e firmato anche da Ausl e Arpa, un testo
che entra nel merito dei singoli eventi e interventi, alla ricerca dell’equilibrio, ovvero della
sostenibilità ambientale ed
economica. Un accordo peraltro fortemente contestato da
una parte della città.
Poi c’è una parolina magica:
polifunzionalità. «Se organizzi
diversi eventi non motoristici,
puoi ridurre le giornate rumorose» scandisce Benvenuti. E
la strada è tracciata, col fiore
all’occhiello del mega concerto
degli Ac/Dc che ha portato a
Imola 90.000 persone in una
sola serata.
Polifunzionalità che ben conoscono anche a Misano, dove
l’autodromo è di proprietà della Santa Monica Spa, controllata al 92,89% dalla Colacem SpA
di Gubbio, gruppo Financo,
settore costruzioni, ma con interessi diversificati. Se Imola è
in questo momento, sportivamente, un autodromo di serie
B, Misano gioca in A ed è
l’unico impianto che ospita
contemporaneamente Motomondiale e Superbike.
Ma si diceva della polifunzionalità e l’elenco per Misano
sarebbe lungo, con il fiore all’occhiello dell’accordo stipulato con la scuola guida di Siegfried Stohr, ma anche manifestazioni come il Week End del
camionista, una pista per il
Flat Track, concerti, eventi e
un rapporto molto stretto con
la Regione e la Riviera per fare
del patrimonio motoristico,
anche e soprattutto, un prodotto promo-commerciale. A
Misano, tra l’altro, la pista è
dotata di illuminazione per
eventi serali ed è occupata per
circa 300 giorni all’anno. E la
questione rumore, affrontata
ristrutturando tribune, palazzine, barriere, installando fono-

Benvenuti
Paghiamo al ConAmi
l’affitto e sosteniamo
anche il costo di parte
dei lavori
metri direttamente controllati
dall’Arpa, provoca minori mal
di pancia.
Anche e soprattutto al Santa
Monica, i costosi interventi
migliorativi sono peraltro
sempre necessari e legati non
soltanto alle normative dei
grandi eventi. «Investiamo
continuamente e l’abbiamo
fatto anche di fronte alla crisi
— dice Albani — perché siamo convinti che questo sia
l’unico modo per garantire un
futuro all’impianto».
Per un fatturato che supera i
9 milioni, la Santa Monica SpA
ha chiuso il 2014 con una perdita di 392.000a euro (fonte:

Albani
Investiamo perché
è l’unico modo
per garantire un futuro
all’impianto
bilancio del gruppo Financo,
oltre mezzo miliardo di fatturato complessivo, ndr), ma la
MotoGp quest’anno è andata
benissimo e «i segnali per il
futuro sono positivi» chiosa
Albani. E allora qual è la risposta alla domanda delle domande? C’è vita per gli autodromi
della Romagna? Secondo Benvenuti e Albani sì, ma solo
proseguendo nella politica gestionale che considera sempre
di più le gare come una parte
importante, ma per certi versi
marginale, dell’attività.
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12
Lunedì 26 Ottobre 2015
Corriere Imprese
BO
FOOD VALLEY
Il cane raspa l’Appennino Food
e «riporta» il tartufo a Piazza Affari
Assieme a «La dispensa di Amerigo» nasce un gruppo da 10 milioni
Il punto
L’ annus horribilis del porcino Igp:
solo 11 chili in tutto il 2014
Borgotaro vede però il riscatto
Sant’Agata celebra il bianchetto
«I
di Angelo Ciancarella
l fungo è un prodotto anarchico». Così Francesca
Corsi, direttrice del Consorzio Fungo Igp di Borgotaro, in provincia di Parma, definisce uno dei
prodotti tipici dell’Emilia-Romagna. I numeri sono
chiari. Nel 2014, per esempio, si è verificato un evento
senza precedenti: sono stati raccolti solo 11 chili di
porcini. Un crollo dovuto alle condizioni climatiche
avverse. Negli ultimi anni la raccolta è stata altalenante:
il 2010 è stato il migliore, con 72 quintali messi nel
cestino; calo nel 2011 con 45 quintali e un ulteriore
dimezzamento nel 2012 a 24 quintali. Ripresa nel 2013
(45 quintali) e poi l’azzeramento l’anno scorso. L’anomalia delle precipitazioni non ha favorito la nascita e
la crescita del micelio. «Deve piovere poco e servono
circa 10-15 giorni di sole» spiega ancora Corsi. Per il
2015 c’è speranza. Ha fatto molto caldo, ma le piogge
di fine agosto e settembre hanno fertilizzato il terreno.
I conti si faranno a breve, finita la stagione della raccolta. Il mercato è prevalentemente regionale, si vende
però anche a Milano e Varese, ampi centri di smistamento.
Ad ampliare il proprio orizzonte è anche la provincia
di Rimini, che fa invece del tartufo il suo fiore all’occhiello. La Fiera Nazionale del Tartufo di Sant’Agata
Feltria è una vetrina per tutto il Paese. «L’andamento è
in crescita e a beneficiarne è tutto l’indotto agricolo e
D
all’anno scorso Savigno non è più un comune bolognese; si è
riunito con altri quattro e il luogo geografico Valsamoggia è diventato
un municipio che include
Monteveglio ed evoca la Resistenza, la miseria, la fame e
don Dossetti. Della prima e
dell’ultimo resta la memoria;
le altre due non ci sono più.
Anzi, quella terra è un giacimento di prodotti pregiati del
bosco, e oggi esporta eccellenze enogastronomiche.
La stella della trattoria
Amerigo 1934 di Alberto Bettini brilla da quasi vent’anni
sulla guida Michelin; le conserve «La dispensa di Amerigo» hanno cominciato a girare il mondo con Eataly e stanno per fare il salto, trainati da
funghi e soprattutto tartufi.
Da qualche mese infatti sono
diventate un ramo d’azienda
prodotto e gestito da Appennino Food, la società fondata
da Luigi e Angelo Dattilo, che
ogni anno mette in vasetti e
barattoli alcune tonnellate di
prelibatezze intere, a fette, in
salsa, in crema; perfino pasta
e olio aromatizzati, per un valore totale di 6 milioni di euro
(2014): due quinti consumati
in Italia, tra negozi e ristoranti
di fascia alta e un corner alla
Rinascente di Milano; il resto
in giro per il mondo. Metà
negli Stati Uniti, l’altra metà in
Europa e Oriente, con una sede appena aperta a Singapore
e l’obiettivo di raddoppiare il
mercato fin dall’anno prossimo, in Malesia, Indonesia,
Thailandia, per arrivare al milione di euro.
Senza dimenticare la passerella di Expo 2015, dove Appennino Food ha appena sfilato al Waterstone di Intesa
Sanpaolo, fra le 400 eccellenze
selezionate nei sei mesi dell’esposizione universale.
I prodotti del bosco
Scovatori I due fratelli Dattilo, Luigi (a sinistra) e Angelo, titolari di Appennino Food
I numeri sono in forte evoluzione: nel 2015, dopo un paio d’anni al ritmo di crescita
(già rispettabile) del 12-13%, il
salto sarà superiore al 20% e
porterà i ricavi a 7-7,5 milioni
di euro. Dall’anno prossimo il
brand della «dispensa», già
posseduto al 50%, sarà interamente acquisito e si unirà agli
altri brand, come Appennino
Truffles, per dar vita al gruppo
Appennino Food. Almeno un
milione di euro in più, in partenza, con una capacità produttiva triplicata nello stabilimento di Savigno. Obiettivo
2016 a 9-9,5 milioni di euro.
Già da molti anni l’internazionalizzazione è una precisa
strategia, sostenuta anche dalla protezione dei marchi, il
packaging, il marketing. Dal
2007 è stata costituita Appennino Usa, per un mercato difficile dove la qualità non basta: i protocolli doganali sono
rigidissimi per tutte le importazioni di origine animale, ma
da qualche anno il ragù di carne della «dispensa» passa la
frontiera. I primi passi in Europa precedono perfino la costituzione della Spa (avvenuta
nel 1998) con l’apertura di una
sede a Monaco di Baviera nei
primi anni 90 (il tedesco Stephan Burger è socio al 20% di
Appennino Food).
Internazionalizzazione, si
diceva, e marketing: persuasivo (clienti top e ristoratori riuniti in una sorta di focus
group, nei quali prodotti, ingredienti e «conservazione
senza conservanti» vengono
illustrati e assaggiati, così non
c’è neppure bisogno di spiegare perché i vasetti non siano a
buon mercato) e perfino aggressivo, con una brochure a
colori che mette a confronto il
vasetto spalancato e fotografa-
Internazionali
Un accordo con Eataly
e poi lo sbarco
Oltreoceano firmato
«Appennino Usa»
to dall’alto (senza photoshop,
assicurano) con quello meno
invitante della concorrenza. E
spiega la differenza fra sterilizzazione (propria) e pastorizzazione (altrui), surgelazione
e congelazione, diverse procedure di essiccazione.
Espansione non solo commerciale, all’orizzonte di Appennino Food, perché Luigi
Dattilo (fondatore, presidente,
responsabile commerciale e
socio al 40% alla pari con il
fratello Angelo, responsabile
della ricerca e produzione) si
è affidato allo studio Baldi di
Reggio Emilia, specializzato
nell’accompagnare le Pmi verso la quotazione in borsa nel
segmento Aim loro riservato.
Il controllo, garantisce Luigi,
resterà in famiglia. Semmai,
c’era bisogno di rafforzare il
management sul fronte finanziario ed è stato individuato
un Cfo che già si aggira tra i 16
dipendenti, che salgono a
trenta contando i collaboratori.
Raccolta I funghi colti dal consorzio Igp Borgotaro
di Parma
turistico», ammette la presidente dalla Pro Loco di
Sant’Agata, Margherita Marini. Durante la fiera di quest’anno, la 31esima, il 51% dei 160 standisti proviene da
fuori Emilia-Romagna, da 6 regioni differenti per la
precisione. Di questi, 9 sono venditori di tartufo bianco, il più pregiato, che inizia proprio in questi giorni la
sua stagione. Il 2014 è stata un’ottima annata per la
raccolta, tanto che i prezzi sono crollati anche sotto i
100 euro all’etto. Meno soddisfatti i cercatori dell’«oro
sotterraneo» che però potranno rifarsi quest’anno: il
Centro Nazionale del Tartufo di Alba stima infatti che
l’annata sarà un po’ meno generosa con le quantità e
di conseguenza i prezzi risaliranno attorno ai 300 euro
l’etto
A. C.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Meccanica, export e innovazione: così sopravvive il fungo coltivato
Il settore è in salute, ma solo chi investe in tecnologia allarga il suo business. Rimini tiene su tutta la filiera
P
er sopravvivere nella filiera del fungo coltivato
bisogna meccanizzare e
internazionalizzare. Alle
aziende di produzione
non basta più il mercato regionale. I confini stanno stretti, la
recessione ha colpito duro ed è
necessaria innovazione: «C’è
stata una crisi di quantità», osserva Loredana Alberti della
Fungar di Coriano (Rimini), una
delle due aziende più grandi
della regione, «e i prezzi sono
stati fermi per 5 anni. Resistono
solo le imprese meccanizzate».
I numeri parlano chiaro e rispecchiano una filiera in buona
salute. Negli ultimi 10 anni la
produzione è stata costante in
sei province emiliano-romagnole: medaglia d’oro a Rimini con
406.674 quintali dal 2005 al
2014. Secondo posto per Bologna con 121.700 quintali, seguita
da Forlì-Cesena che si ferma a
106.850 quintali. Le uniche aree
in negativo per tutti e dieci gli
anni sono quelle di Parma, Reggio Emilia e Ravenna. Ma i dati
della regione non mentono:
Modena e Forlì, seppur con cali
minimi, hanno mantenuto volumi di non poco conto. Bologna
presenta un andamento instabile: dai 12.000 quintali del periodo pre crisi, si arriva ai 10.000
dello scorso anno, passando per
picchi di 20.000 nel 2009 a drastici cali l’anno successivo
(9.300). Rimini invece ha raddoppiato i quantitativi, passando da 34.559 a 71.182 quintali e
così pure Ferrara, anche se su
quantitativi di molto inferiori.
Nel Riminese l’azienda più
importante è proprio la Fungar
dall’alto dei suoi 5 milioni di
euro di ricavi, una produzione
di 30.000 quintali nel solo 2014
e una fungaia di 15 ettari. «La
crisi è stata dura, ma essendoci
innovati prima, abbiamo resistito meglio di altre aziende. Era-
La produzione
Dati in quintali
BOLOGNA FERRARA
FORLÌ
RIMINI
PIACENZA MODENA
2014
10.000
825
9.835
71.182
5.000
10.950
2013
12.400
264
10.385
60.050
5.000
10.800
2012
10.400
261
10.485
59.966
neg
12.100
2011
9.300
222
10.485
58.709
5.500
13.050
2010
20.000
245
10.035
63.036
5.500
13.110
2009
12.000
225
9.700
34.940
5.500
13.009
2008
12.000
250
10.570
34.559
5.500
17.550
2007
12.000
260
12.490
33.898
5.500
17.600
2006
11.000
240
12.200
44.624
5.740
17.600
2005
12.000
275
10.672
51.387
5.800
18.500
vamo già solidi», dice ancora
Loredana Alberti. Ma il pericolo
è sempre dietro l’angolo. «Negli
anni ‘80 c’era l’importazione del
fungo cinese, oggi c’è quello polacco», continua l’Alberti. «L’Europa ha finanziato Varsavia, lasciando “disarmati” i produttori
italiani che non sanno come
contrastare l’importazione dall’Est». I funghi, che vengono
prodotti tutto l’anno, hanno
mantenuto prezzi stabili, mentre i costi di climatizzazione degli impianti sono aumentati.
«Parteciperemo a una fiera in
Svezia e puntiamo anche al mercato di Norimberga in Germania», rivela Oriano Borghi, fondatore della Valentina Funghi di
Minerbio, nel Bolognese. Trenta
stanze colturali, 120 addetti e
30.000 quintali di funghi cresciuti nel 2014 e un giro d’affari
tra i 5 e i 6 milioni. Anche loro
meccanizzati, soprattutto nell’impianto di irrigazione. «Sia-
mo in crescita. Anche per il 2015
è prevista la stessa quantità di
funghi dell’anno precedente».
La Funghi Mara, che si occupa del compost ossia del primo
anello della catena produttiva,guarda più lontano: «Siamo
interessati al mercato australiano», dicono dall’azienda di San
Giorgio di Piano. Ma i problemi
sono anche di tipo burocratico e
Gianni Tosi, presidente di
Confagricoltura spiega che «per
fare una coltura intensiva è necessario chiedere una miriade
di autorizzazioni in Regione».
S e c o n d o i l p r e s i d e n te d i
C o l d i re t t i M a u ro To n e l l o ,
l’esportazione estera è il segnale
positivo di un settore sano e forte, dove però una tecnologia
sempre più sofisticata serve a
mantenere bassi i costi e a garantire qualità a tutti i nostri
prodotti».
Alessio Chiodi
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Corriere Imprese
Lunedì 26 Ottobre 2015
13
BO
FOOD VALLEY
L’olio dop di Brisighella in rimonta
Colli di Rimini studia l’allargamento
La ricorrenza
A Parma
È derby tra i due consorzi. Ci sono bottiglie che costano anche 42 euro al chilo
C
on pochi produttori
di alta qualità,
l’Emilia-Romagna
crede nell’olio e Brisighella fa scuola.
«Quest’anno la produzione si attesterà sui 18.000 chili (circa 150.000 chili di olive) con una resa media del
12%». È soddisfatto Franco
Spada, presidente del Consorzio Olio extra vergine di
oliva Brisighella che dal 1996
è Dop. Archiviato l’anno horribilis 2014 quando sotto gli
attacchi della mosca olearia i
frantoi ne avevano prodotto
solo 1.840 chili, ora si attende una qualità che a detta di
molti, come per il vino, sarà
«straordinaria» (la raccolta è
infatti iniziata in largo anticipo il 19 ottobre rispetto al
5 novembre previsto dal disciplinare).
Il primo olio italiano a fregiarsi della denominazione
d’origine protetta, si ottiene
quasi esclusivamente dalla
varietà Nostrana di Brisighella e in minima parte
dalla Ghiacciola e dalla Orfana. La particolarità? «Sono
100.000 piante in un’area di
venti chilometri di diametro
incorniciata e protetta dai
“gessi di Brisighella”, zona
carsica di sei milioni di anni
fa dove si crea il microclima
ideale per l’ulivo. D’altronde
le cultivar Nostrana e Ghiacciola non temono le basse
temperature (resistono anche fino a meno dieci-dodici
gradi) e così il clima freddo
contribuisce a dar vita a un
olio pieno di aromi con bassa acidità e alto contenuto di
polifenoli e vitamine».
Potenzialmente c’è una
crescita di nuovi impianti in
tutto il comprensorio nonostante a molti uliveti sia preclusa la Dop perché non rispondenti ai requisiti di legge che impongono almeno il
90% di piante di Nostrana.
«Dove avevo i pescheti —
spiega il presidente-produttore — ho piantato un migliaio di ulivi, anche se l’albero inizia a produrre in maniera significativa al quindicesimo anno». Il prezzo è
davvero allettante, “11-12 eu-
L’oro liquido di Romagna
Produzione certificata (chili)
CONSORZIO OLIO DOP
CONSORZIO OLIO DOP
BRISIGHELLA
COLLINE DI ROMAGNA
22.293,46
18.000*
15.648
14.510,36
11.679,36
8.735,40
8.352
G
Tumidei è invece un outsider senza riconoscimento
comunitario. Coltiva 15.000
piante tra Brisighella e Castrocaro e segue direttamente la molitura delle olive nel
frantoio di famiglia sulle
colline riminesi, alla Tenuta
Pennita. «Profumi persistenti e piacevoli al palato: è tornata la qualità del 2012», dice al primo assaggio.
Le attenzioni in fase di lavorazione non mancano, recupera persino il «nocciolino» come biocombustibile
mentre i macchinari all’opera migliorano la resa preservandone la naturalità e regolano la frangitura esaltando
le note amare e piccanti. Risultato: due selezioni superricercate e uniche; una prodotta con cento per cento di
Nostrana che manda fino in
Usa e l’altra di sola Ghiacciola destinata completamente
al mercato giapponese (circa
500 litri all’anno): «Un olio
che probabilmente, qui, non
venderei. Dal sapore decisamente forte che si abbina
bene al pesce crudo».
B.B.
razie anche all’aiuto dei
piccioni viaggiatori oggi
l’oleificio Golini di San
Secondo (Parma) festeggia i
suoi primi settant’anni di vita.
Era il 1945 quando Giuseppe
Golini (nella foto) riuscì ad
entrare in contatto, tramite i
volatili che fungevano da postino, con un gruppo di residenti in Puglia con i quali iniziò a barattare forme di parmigiano, ricevendo in cambio
alcune latte di olio. Un passatempo che si trasformò presto
in una piccola attività: così
Golini iniziò a far assaggiare a
più persone possibili quell’olio che lo aveva conquistato
e diede vita a un’impresa. Si
fermava ogni giorno con un
piccolo banchetto nelle piazze
dei paesi e sui sagrati delle
chiese, e lasciava piccole
quantità di olio alle persone
di riferimento del tempo.
«L’inizio dell’attività della nostra famiglia — racconta oggi
Davide Golini, uno dei nipoti
di Giuseppe alla guida dell’oleificio — ha il sapore di
storie lontane, eppure fin dai
primi anni di vita si sono delineati quei caratteri che hanno
permesso di farci crescere.
Mio nonno credeva fortemente nel rapporto tra le persone,
e anche ora ci occupiamo personalmente della consegna a
domicilio dei prodotti». E oggi l’Oleificio seleziona i suoi
uliveti tra Umbria, Abruzzo,
Puglia e Lago di Garda, seguendo la coltivazione e le
operazioni di raccolta delle
olive, fino al confezionamento
dei prodotti per proporre varietà differenti a seconda delle
richieste del mercato.
Francesca Candioli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
11.768,83
11.040
10.552,20
6.814,2
9.075,10
5.128,2
4.965
1.840
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
2012
2013
2014
*valore stimato
ro netti al chilo nelle tasche
del produttore finanche 13
per le selezioni e al banco
sui 26-28 con punte record
di 42 euro per il Nobil Drupa, la pregiata selezione derivante dalla molitura a freddo della sola Ghiacciola»,
precisa Sergio Spada presidente della cooperativa CabTerra di Brisighella che conta un centinaio di olivicoltori Dop e commercializza oltre il 90% dell’intera
produzione (quasi il 70% va
in regione; la restante parte
nel resto d’Italia e solo il 5
all’estero).
Area molto vasta che va da
Forlì a Rimini e un debutto
tutto sommato recente, nel
2009, per l’altra Dop regionale: l’olio extra vergine di
oliva delle Colline di Romagna, un blend di più varietà
(correggiolo, presente negli
uliveti nella misura minima
del 60%; leccino, nella misura massima del 40% e altre
minori quali, pendolino,
moraiolo e rossina, fino ad
un massimo del 10%).
«Le prospettive sono buone ma — osserva preoccupato il presidente del Consorzio Giovanni Tiberio —
usciamo da due anni neri
dopo il calo produttivo nel
2014 (4.965 chili certificati) e
le forti nevicate del 2013 che
hanno seriamente danneggiato gli uliveti da Coriano a
Montegridolfo. Adesso si riparte cercando di allargare la
cerchia dei produttori, limitata per ora a una ventina di
aziende olivicole tra cui la
cooperativa Colcor con un
pacchetto di quindici soci
iscritti alla Dop».
Olivicoltore con valido
palmares di premi, Gianluca

Franco Spada (Consorzio Brisighella)
Sono 100.000 piante in un’area di venti chilometri
di diametro protetta dai gessi della zona,
zona dove si crea il microclima ideale per l’ulivo
Stagione per stagione
E l’oleificio Golini
di San Secondo
festeggia
i suoi 70 anni di vita
L’agenda
 27 ottobre
A Bologna c’è
tempo fino al 27
ottobre per
partecipare il 29
ottobre a Webinar
«Le potenzialità
del mercato
indonesiano e la
strategia di
ingresso» nella
sede di
Unioncamere
Emilia-Romagna
in viale Aldo Moro
62, a partire dalle
9
 28 ottobre
A Bologna dalle
20 l’azienda
Vecchia Malga
organizza una
serata di
presentazione dei
prodotti di
eccellenza del
territorio in via
Marsala 12,
Circolo ufficiali
dell’esercito di
Bologna
 28 ottobre
A Parma c’è
tempo fino al 28
ottobre per
iscriversi alla
giornata
informativa
«Centro America:
il nuovo business
è qui» sulle
opportunità di
mercato in
Guatemala e
Honduras.
L’incontro è
previsto per il 29
ottobre dalle
10.30 alla Camera
di commercio di
Parma in via Verdi
2
 28 ottobre
A Ferrara
continua il ciclo di
incontri «Dalla
conoscenza
all’esperienza»
alle 16.30 nella
sala conferenze
della Camera di
Commercio in
Largo Castello 10
 29 ottobre
A Parma incontro
alle 10.30 alla
scoperta delle
opportunità di
mercato di
quattro Paesi
dell’area:
Guatemala,
Honduras, Costa
Rica e Repubblica
Dominicana alla
Camera di
Commercio in via
Giuseppe Verdi 2
Dimenticatevi il classico kiwi,
dall’anno prossimo sarà rosso
di Barbara Bertuzzi
N
on solo kiwi verdi o gialli. «Il panorama varietale dell’actinidia in Emilia-Romagna presto virerà sul rosso con i
primi impianti già nel 2016» ci anticipa
Guglielmo Costa dell’Università di Bologna, padre nobile della coltura del kiwi e
ricercatore di fama internazionale. Caratteristiche dei frutti: «cambia la forma, più piccola e
tozza; gusto molto dolce, aromatico (fino a 24 di
grado brix, zuccherino) e alto contenuto di antiossidanti». Si va dalla polpa rossa con contorno verde per la varietà brevettata col nome HFR
18 del neo consorzio italiano Origine Group, che
avrà l’esclusiva per la coltivazione in Europa, a
quella rossa e gialla delle nuove selezioni di
genotipi bicolori della Vivai Dal Pane. «Una colorazione rossa che, però, nella nostra regione
— tiene a precisare Costa — non sarà mai molto
intensa a causa delle alte temperature nei mesi
di luglio e agosto».
Tuttavia, dalla vallata del Santerno (Imola) a
quella del Marzeno in provincia di Forlì dove è
maggiormente concentrata la produzione di
kiwi, domina ancora su tutte la cultivar Hayward
(oltre il 90% della produzione regionale e nazionale). Polpa soda di color verde brillante e forma
allungata, dal sapore tipico dolce-aspro (prezzi
nella Gdo-Grande distribuzione da 2,6 a 5,4 euro/kg, fonte: Centro servizi ortofrutticolo). «La
miglior cura colturale? Mantener in equilibrio la
pianta — racconta il ravennate Francesco Donati
che dagli anni ottanta la coltiva su un ettaro —
Non esagero nelle concimazioni e nei trattamenti per evitare stress che potrebbero favorire
gli attacchi della batteriosi-Psa. Così facendo
mantengo una resa media annuale di 25-27 tonnellate per ettaro e un calibro sui 130 grammi».
Tra le varietà emergenti, da qualche anno
sono oramai presenti anche le giallo-dorate: la
neozelandese Gold 3, la cinese Jintao del Con-
Il frutto
Il kiwi è una bacca commestibile prodotta da
numerose specie di liane del genere Actinidia,
famiglia delle Actinidiaceae. Il kiwi viene raccolto
tra settembre e ottobre ed è commercializzabile
da novembre ad aprile
sorzio Kiwi Gold e la Soreli che fa parte del
programma di miglioramento genetico italiano
(sui 7-8 euro/kg). «Si connotano per il tomento
vellutato, non tangibile e quasi glabro, e per la
bassa acidità. In più — spiega Costa – sono
ricche di vitamina C e potassio». L’ultima novità
è la varietà AC1536, commercializzata con il
brand Dorì e sviluppata dalle Università di Bologna e Udine; centocinquanta ettari coltivati ad
oggi in Italia, soprattutto in Emilia-Romagna,
Lazio e Veneto. «È la più precoce in assoluto –
dice Giampaolo Dal Pane della Summerfruit che
detiene i diritti della varietà a Club nel mondo.
In Romagna si raccoglie la seconda decade di
settembre. Colore giallo acceso, calibro dai 100
ai 120 grammi e una resa produttiva alta che
non smette mai di sorprendere: 40 tonnellate
per ettaro ma può arrivare fino a 43 sotto tunnel».
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BO
Lunedì 26 Ottobre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 26 Ottobre 2015
BO
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Il controcanto di Andrea Rinaldi
LA SHARING ECONOMY
NON ASPETTA NESSUNO
OPINIONI
& COMMENTI
L’analisi
Ecco come
si rivalutano
i nostri distretti
SEGUE DALLA PRIMA
E
si fa presto a dire
«tradizionali», con
riferimento appunto
ai settori industriali
ove l’economia italiana fonda la sua forza. Da
molto tempo, questi settori
sono stati considerati sul
viale del tramonto da una
parte non piccola delle élite
accademiche ed economiche del Paese; così come
condannati all’oblio sono
stati giudicati i distretti industriali.
Ma le cose, qui e ora,
stanno davvero così? No,
non stanno così e l’economia dell’Emilia-Romagna va
ancora oggi considerata un
(buon) modello per almeno
due fondamentali motivi.
Primo: le decine di distretti sparsi sul suo territorio continuano a rappresentare dei riusciti esempi di
aggregazione delle imprese
proprio nei settori tipici del
Made in Italy. Dalla meccanica (in tutte le sue special i z z a z i o n i : a u to m ot i ve ,
packaging, meccatronica,
etc.) alla moda (abbigliamento e calzature), passando per l’alimentare (si pensi
ai casi di successo presentati all’Expo) e l’arredo-casa
(le piastrelle di Sassuolo sono famose in tutto il mondo).
Secondo: la dinamica
economica strutturale sta
facendo il suo corso, nel
senso che nuove specializzazioni emergono. Scrive la
Banca d’Italia nel suo
«L’economia dell’Emilia-Romagna» (giugno 2015): «Dal
confronto tra le imprese
censite nel 2007 e nel 2013
emerge che a fine periodo il
peso del valore aggiunto dei
settori alimentare, chimicofarmaceutico e dei mezzi di
trasporto era superiore a 7
anni prima».
Se a questo aggiungiamo
l’affermazione della Wellness Valley (Cesena), la presenza — sempre a Sassuolo
— di multinazionali operanti nel campo dei materiali da costruzione eco-sostenibili, e il vero e proprio
boom — soprattutto a Bologna — delle startup in settori a elevato contenuto tecnologico, ecco emergere il
volto di un sistema industriale che sta vivendo una
sua metamorfosi. E lo fa
partendo dai propri punti di
forza, che è poi quello che i
grandi sistemi manifatturieri europei possono e devono
continuare a fare, spostando
l’asticella sempre più in su.
Franco Mosconi
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Le lettere
vanno inviate a:
Corriere di Bologna
Via Baruzzi 1/2,
40138 Bologna
e-mail: lettere@
corrieredibologna.it
Fax: 051.3951289
oppure a:
[email protected]
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«Ogni forma di innovazione, in quanto tale,
comporta anche potenziali conflitti, che se non
regolati o gestiti possono avere impatti negativi
sulle persone. Lo sharing deve essere soprattutto
una necessaria condivisione di responsabilità,
anche nei confronti dei beni comuni, e di risposte
di fronte ai bisogni». Per questo motivo a Milano, nell’anno di grazia 2015, hanno deciso di
«mappare, valorizzare, connettere ed eventualmente regolare quelle iniziative territoriali legate
all’economia della condivisione e della collaborazione». I virgolettati vengono da un documento
del Comune, che con questo provvedimento ha
deciso di normare un settore emergente dell'economia, quelli che di solito in Italia si pensa a
tassare prima ancora di conoscere. Al di là del
primato meneghino dei numeri sulla condivisione
(Milano è pur sempre la seconda e più moderna
città d’Italia), bisogna rendere tanto di cappello
a un’amministrazione che è stata capace di intercettare e comprendere un fenomeno. E qua cosa
succede? Se si prendono solo i dati del capoluogo
di regione (Corriere di Bologna, 3 agosto 2015),
Bologna non sta certo a guardare in fatto di
Piazza Affari
di Angelo Drusiani
Iren allunga il debito
e alletta gli investitori
alloggi c2c, coworking e food. Allora nei municipi
sulla via Emilia o in Regione cosa aspettano?
Fino a quando continueremo a monitorare la
stagione turistica censendo arrivi e presenze negli hotel, dimenticandoci di Airbnb? E perché non
agevolare fiscalmente chi usufruisce di un
coworking? Qualcosa invero si sta muovendo, ma
ha il passo lento dei pachidermi. Mi riferisco ai
tre progetti di parere elaborati il 29 scorso dalla
commissione Politica economica (ECON) del Comitato delle regioni a Gelsenkirchen, in Germania. Uno di questi, tra l’altro, è stato redatto
proprio dalla vicesindaco del Comune di Castelnuovo Rangone, Benedetta Brighenti. Verranno
tutti e tre sottoposti al parere di adozione alla
sessione plenaria del Comitato europeo della regioni il 3 dicembre. Cioè tre mesi da settembre a
dicembre per un passaggio che non ha proprio un
sapore definitivo. Nel frattempo Uber ha portato
in tribunale i tassisti di Torino per cancellare lo
stop imposto mesi fa dal Tribunale di Milano,
con cui era stato dichiarato fuorilegge; ha fatto il
suo esordio LexDo.it con le sue consulenze legali
a 10 euro; e abbiamo appreso dell'esistenza di
nuovi servizi di condivisione come Bannerman,
per le guardie di sicurezza o Sprig per gli chef a
domicilio. Dunque cosa si aspetta?
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Fatti e scenari
Da Modena al mondo
Expert System dà lustro a Expo
con il portale intelligente del food
N
N
on c’è fibrillazione attorno alla riunione
del Fomc, l’organo tecnico della Banca
Centrale statunitense, in programma
fra tre giorni. Non c’è fibrillazione, perché ci si aspetta già il nulla di fatto sul livello
dei tassi d’interesse. Un buon segnale per chi,
nella nostra regione, ha un progetto immobiliare da concretizzare attraverso la concessione
di un mutuo bancario. Di immobili in vendita
ve ne sono moltissimi e le occasioni sembrerebbero non mancare. La stabilità dei tassi
Usa, almeno per ora, non contagerà quindi i
rendimenti d’area euro. Ancora per alcuni mesi, chi vorrà indebitarsi con le banche locali
potrà farlo a tassi molto interessanti. Le offerte
da parte del sistema bancario parlano di costi
d’indebitamento molto contenuti e anche chi,
invece di trattare un appartamento, ambisce a
costruire immobili con più appartamenti potrà
usufruire di trattamenti che, tra un anno, probabilmente spariranno. Stesso ragionamento
può essere esteso alle aziende che operano nel
nostro territorio. Che siano quotate in Borsa o
che, per ora, non vi accedano, ricorrere al
mercato obbligazionario è ancora un’opportunità da cogliere. Iren, ad esempio, ha deliberato un programma Emtn, acronimo Euro Medium Term Note, per emissioni complessive
pari a un miliardo di euro. L’obiettivo è di
collocare prestiti a lungo termine, al fine di
allungare la durata media del debito. All’agenzia di rating Fitch il programma è piaciuto
molto. Al punto che ha assegnato all’azienda il
grado di affidabilità tripla B meno, che appartiene al comparto definito «investment grade». Ma Fitch non si ferma qui. Al prestito
emesso a luglio scorso è stato infatti assegnato
un rating migliore, tripla B. In questa fase,
Iren, ma anche altri potenziali emittenti, possono proporre al mercato emissioni che offrano rendimenti che favoriscano un costo contenuto della raccolta, per il debitore. Al tempo
stesso, l’investitore può diversificare il proprio
portafoglio, immettendo più nominativi, a
rendimenti che, pur non essendo entusiasmanti, sono in linea con le pretese dei mercati.
L’intervento
È il passeggero del futuro a determinare
il presente dell’Aeroporto di Bologna
SEGUE DALLA PRIMA
L
ogiche uguali a Bologna, a
Londra, a Francoforte o a
New York. Così come il livello del servizio che il cliente
chiede a un aeroporto è sempre più lo stesso ovunque egli
si trovi, con un termine di paragone che è oggi su aeroporti
sui quali sono indirizzati investimenti colossali. E qui sta il
punto cruciale: investire nelle
tecnologie, nei servizi, nelle
esperienze di viaggio che verranno richiesti da un passeggero globale nei prossimi 3-5
anni. È il futuro che determina il presente dell’aeroporto.
Quando ho maturato la
consapevolezza che la quotazione in Borsa era una strada
che doveva essere percorsa mi
sono confrontato con il sindaco Virginio Merola e con l’allora presidente della Regione
Vasco Errani.
Entrambi hanno immediatamente condiviso l’obiettivo
di dotare Bologna — e tutta
l’area che può trovare conveniente volare da e per Bologna
— della linfa indispensabile
per continuare a programmare il nostro futuro. L’attuale
presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha portato
avanti con pari determinazione la stessa strada che avevamo tracciato.
Ora il nuovo corso è partito.
Investitori internazionali si sono sostituiti ai soci che hanno
finora garantito continuità e
crescita ad un aeroporto che
negli ultimi anni è cambiato
profondamente. Ma è solo
l’inizio di ciò che può e deve
essere nei prossimi anni. La
trasparenza che impone il
nuovo corso consente una credibilità nuova a livello internazionale.
Il prossimo debutto il 3 novembre del collegamento con
on è solo il cibo a segnare l’eccellenza della
partecipazione emiliano-romagnola a Expo.
Modenese, infatti, sarà anche il «cervello» del
portale «Italian Quality Experience», la piattaforma
web con cui il sistema camerale italiano darà visibilità a 700.000 aziende agroalimentari italiane. Il nuovo
motore di ricerca lo sta sviluppando, sotto la Ghirlandina, la Expert System, leader mondiale nello sviluppo di software semantici per la gestione strategica
delle informazioni e dei big data. Con la tecnologia
Cogito di Expert System, che capisce il significato
delle parole in base al contesto della frase, «Italian
Quality Experience» potrà dare risposte immediate e
puntuali a ogni tipo di domanda, anche se formulata
in modo impreciso o equivoco. Expert System, quotata al mercato Aim di Borsa Italiana, è nella top ten
delle aziende informatiche più innovative del mondo
e fornisce i suoi prodotti a colossi industriali globali
e a gran parte degli enti governativi americani.
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Emirates, è in relazione anche
a questo, ed è motivo di grande soddisfazione. Qualche anno fa rappresentava un risultato non raggiungibile e non
certo per carenza di motivazione. È cambiata la prospettiva. Ora son più delineati i
contorni del futuro perché il
Marconi ha le risorse per poterlo affrontare.
L’aeroporto è nato da una
precisa volontà della Camera
di commercio che assieme al
Comune aveva una idea precisa di cosa poteva diventare Bologna investendo. Ora la storia
continua ed in un certo senso
riparte. L’orizzonte è tanto diverso da allora. Ma l’obiettivo
è identico. Investire sui propri
limiti e superarli per andare
lontano e per portare ciò che
è lontano molto vicino. È un
percorso sotto la lente di ingrandimento di tutti: mettendo a fuoco il nostro aeroporto
allarghiamo i confini della conoscenza di Bologna.
Giorgio Tabellini
Presidente Camera
di Commercio di Bologna
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Al timone Stefano Spaggiari, ad di Expert System
Cribis: «Spiragli di ripresa»
Emilia-Romagna, 780 fallimenti
È solo quinta in Italia
C
alano i fallimenti in Italia (-7,2%) nei primi
nove mesi del 2015, dopo un 2014 da record
con 15.605 aziende saltate, per un totale di
85.481 dall’inizio della recessione. Il trend è in
deciso rallentamento negli ultimi mesi: 46 fallimenti al giorno nel terzo trimestre, contro i 54 di
media del trimestre precedente. Siamo comunque
a livelli del 64% superiori rispetto alle medie precrisi. Meglio della media fanno i settori dell’industria (-12%) e, a sorpresa, dell’edilizia (-7,4%). Stabile il commercio, peggiorano i servizi (+6,4%). In
questo scenario non sfigura l’Emilia-Romagna,
solo quinta tra le regioni italiane con 780 fallimenti quest’anno, dopo la Lombardia (2.153), il
Lazio (1.195), il Veneto (939), la Campania (915).
Marco Preti, ad di Cribis D&B, la società del gruppo bolognese Crif che ha realizzato l’analisi, vede
«spiragli di ripresa» anche in ragione di un accorciamento dei tempi di ritardo nei pagamenti.
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