www.corrieredibologna.it Lunedì, 26 Ottobre 2015 L’intervista Monopoli Innovatori Lorenzo Sassoli de Bianchi: «Il mio regno salutista» Le superbike elettriche della modenese Energica si quotano in Borsa Gianluca Dettori (dPixel): «A Bologna le migliori 50 startup d’Italia» 5 7 9 IMPRESE EMILIA-ROMAGNA UOMINI, AZIENDE, TERRITORI L’analisi Ecco come si rivalutano i nostri distretti Primo piano di Franco Mosconi Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera S u Stoccolma si stava abbattendo una tempesta: trovare un taxi era un’impresa impossibile, e Erika Berger si recò a piedi a casa di Mikael Blomkvist. Siamo alle battute iniziali di «Millennium 4 – Quello che non uccide» (Marsilio) — scritto da David Lagercrantz dopo la prematura scomparsa di Stieg Larsson, l’inventore della saga. Ecco cosa accade quando i due colleghi giornalisti, chiamiamoli così, sono uno di fronte all’altra: «Mikael abbassò lo sguardo sugli stivali italiani dal tacco alto che indossava. “In effetti hai dei perfetti scarponi da neve”». Non sappiamo se il brillante scrittore svedese, biografo di Ibrahimovic, nel descrivere la mise dell’affascinante Erika avesse in mente i manufatti di qualità in pelle prodotti, ad esempio, nel distretto industriale romagnolo di San Mauro Pascoli, o quelli che escono dal cluster toscano fra le province di Arezzo e Firenze. Sia come sia, di stivali italiani si tratta, e questa descrizione si aggiunge alla lunghissima serie di immagini che nei libri, nei film, nelle serie tv, nelle fotografie — in tutte le espressioni artistiche, insomma — sono state dedicate ai prodotti del Made in Italy. La moda, certo, ma come non citare il cibo, le auto di lusso, gli arredi, e così via. Da qui a quella che, prosaicamente, definiamo specializzazione industriale il passo è breve. continua a pagina 15 Green Un impianto eolico che produce energia pulita Onda verde sulla via Emilia La Regione avvia l’iter per varare il nuovo piano energetico scaduto nel 2013 Raggiunti gli obiettivi solo nel fotovoltaico e nelle biomasse. Il caso virtuoso della Plt di Cesena. Al Saie Nomisma lancia il decalogo dell’edilizia sostenibile 4.0 Ma l’Emilia-Romagna piazza 4 città tra quelle più smart d’Italia: Bologna seconda assoluta L’intervento Il passeggero globale del futuro determina il presente dell’Aeroporto di Bologna di Giorgio Tabellini C’ è sempre una prima volta. La quotazione in Borsa dell’aeroporto Marconi è stata in questi anni nel settore la prima privatizzazione mediante quotazione avvenuta in Italia in cui non è stato previsto il mantenimento della maggioranza pubblica né il massimo di detenzione della partecipazione ai fini del diritto di voto, né sono stati previsti diritti speciali per gli azionisti pubblici. Sembrano tecnicismi: vogliono dire che l’aeroporto è stato portato in Borsa libero di confrontarsi apertamente sul mercato. I giorni non erano i migliori: la campanella che romanticamente sancisce ancora il debutto della matricola nel listino è suonata nelle stesse ore in cui era in bilico il destino dell’Unione Europea. Ma come noi in tanti hanno ritenuto che valeva la pena considerare il Marconi un investimento importante nel futuro di Bologna e nella capacità italiana di muoversi connettendosi al mondo. La Borsa si sintetizza in indici, ma non ci arrivano dei numeri. Ci arriva una storia fatta di persone. Il frutto più importante del percorso iniziato è il salto culturale fatto per confrontarsi con nuove modalità di analisi, trasparenza, valutazione della gestione. continua a pagina 15 ARA RINO s.n.c. COMMERCIO ROTTAMI - FERRO E METALLI ARA RINO snc si occupa principalmente della compravendita di rottami ferrosi e metallici, ed è autorizzata al recupero di rifiuti in ferro, acciaio e ghisa, di metalli non ferrosi e loro leghe. ARA RINO snc è autorizzata al trasporto e allo stoccaggio di rifiuti non pericolosi, regolarmente iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali e alla Provincia di Bologna Via A. Magnani, 5/D - Castel Maggiore - Tel. 051.505146 - [email protected] - www.ararino.it 2 Lunedì 26 Ottobre 2015 Corriere Imprese BO PRIMO PIANO Stati generali il 27 novembre, poi il piano regionale 2014-2020 Risparmi e fonti rinnovabili incentivati con 104 milioni di fondi europei L’Emilia-Romagna accelera sullo sviluppo dell’energia green P renderà il via tra un mese esatto, con gli Stati generali dell’economia verde del 27 novembre prossimo, l’iter che entro la primavera 2016 dovrà produrre il nuovo Piano energetico regionale 2014-2020. L’ambizione della Regione è centrare, anzi, superare, gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati dal pacchetto clima dell’Unione europea dopo la scadenza del protocollo di Kyoto. Per il 2020, quindi, bisognerà ridurre del 20% il consumo totale di energia, produrne almeno il 20% da fonti rinnovabili e quindi ridurre del 20% le emissioni di gas serra. Il piano precedente (2008-2013) ha raggiunto solo parzialmente i target fissati. Obiettivi centrati per la quota di energia prodotta da fotovoltaico e da biomasse (in provincia di Ravenna si è arrivati addirittura al 43% del fabbisogno energetico totale da queste due fonti, rispettivamente con il 15,2% e il 32% dei consumi, seconda provincia più virtuosa d’Italia), ma restano ancora molto al di sotto delle aspettative l’eolico e il geotermico, mentre l’idroelettrico è già sfruttato al massimo delle potenzialità fisiche Sul web Puoi leggere, condividere e commentare gli articoli di Corriere Imprese su www.corrieredi bologna.it del territorio emiliano-romagnolo. Sotto gli obiettivi restano ancora l’efficientamento e il risparmio energetico, l’altra faccia della medaglia della sostenibilità ambientale, anche se gli anni di crisi economica, abbassando i consumi medi pro capite, ha un po’ mascherato il fallimento. Il nuovo piano energetico regionale, dunque, dovrà stimolare un ulteriore sviluppo dei settori che funzionano e sbloccare l’impasse di quelli in grave ritardo. Si tratterà di investire in incentivi economici, ma anche di innovare le tecnologie e ridefinire i modelli organizzativi delle città e dell’economia. Insomma, di entrare definitivamente nell’era della Green Economy. Agli Stati Generali dell’economia verde ne parleranno pubbliche amministrazioni, associazioni, imprese, professionisti, sistema creditizio, Università e Centri di Ricerca della rete Alta tecnologia. Tre i temi sul tappeto: efficienza energetica e low carbon economy; eco-imprese, competitività e attrattività per agire sull’innovazione; capitale naturale e economia circolare, a cui va ascritta la nuova legge sui rifiuti. I finanzia- Produzioni da fonti rinnovabili KTep (migliaia di ton equivalenti di petrolio) Solare Livello attuale 165 Obiettivo 2013 75 Obiettivo 2020 232 Idroelettrico 74 2 69 9 73 Obiettivo raggiunto Eolico Obiettivo raggiunto Biomasse Totale 149 390 361 515 1.144 1.487 Obiettivo raggiunto Obiettivo raggiunto 35 Obiettivo raggiunto Fonte: Regione Emilia Romagna menti europei del programma POR FESR 2014-2020 mettono a disposizione risorse importanti per le politiche energetiche: 40,4 milioni per efficienza energetica e fonti rinnovabili nelle imprese; 36,6 milion i p e r l e s te s s e f i n a l i t à nell’edilizia pubblica e residenziale; 27,3 milioni per la mobilità sostenibile nelle aree urbane. In totale 104,4 milioni di euro a disposizione della Regione Emilia-Romagna per arrivare entro il 2020 a coprire con energia pulita il 17-20% del consumo finale lordo, rispetto al 9% indicato su scala nazionale. È una scelta che guarda già al futuro più lontano, cioè agli obiettivi 2050 quando le fonti rinnovabili dovranno fornire l’85% di tutta l’energia consumata nell’Unio- ne europea. A tutt’oggi, come dicevamo, la potenza installata nella nostra Regione copre appena il 16,7% del solo fabbisogno elettrico, quindi percentuali abbondantemente inferiori al 10% se si considera il fabbisogno totale di energia, compresi trasporti, riscaldamento, attività produttive. Massimo Degli Esposti © RIPRODUZIONE RISERVATA Quel business verde nato a Cesena 20 anni fa Il pioniere Pierluigi Tortora e la sua Plt riforniscono 100.000 famiglie con fotovoltaico ed eolico F are impresa con l’energia pulita, in due parole green economy; in un nome Plt energia. L’azienda ha il quartier generale a Cesena e l’ingegner Pierluigi Tortora, patron di Plt, ha scommesso sul settore già nel 1981, quando si è laureato in ingegneria civile all’università di Bologna con una tesi sull’energia solare. Se le prime società del gruppo si sono occupate di cogenerazione ed efficienza energetica, dal 2003 con l’emanazione del D.lgs. nr.387 sulle fonti rinnovabili, si è passati dalla teoria alla pratica. È iniziato l’iter per ottenere le autorizzazioni nel settore eolico a cui si è aggiunto lo sviluppo della fonte solare due anni più tardi. L’ingegner Tortora spiega le fasi di crescita: «Nel 2006 abbiamo realizzato il nostro primo impianto eolico; nel 2010 abbiamo avviato una partnership strategica con Enel Green Power che ha accelerato la no- Chi sono Pierluigi Tortora, presidente del gruppo Plt Stefano Marulli, direttore generale del gruppo Plt stra crescita. Nel 2011 abbiano fondato la holding Plt energia che nel 2014 è approdata in Borsa raccogliendo dal mercato le risorse per sostenere il secondo piano industriale». I numeri in bilancio sono incoraggianti: +8,2% per il fatturato 2014 salito rispetto al 2013 a quota 22,16 milioni di euro, così come l’Ebitda che è cresciuto del 13,6 % a 9,77 milioni di euro. L’utile si è attestato a 2,28 milioni di euro, in crescita rispetto al 2013 del 18,1%. I dati del 2015 confermano un trend in crescita: nel primo semestre si segnalano risultati positivi con Ebitda ed Ebit in aumento, rispetto al primo semestre 2014, rispettivamente del 15,7% e del 19,4%. Ogni anno Plt energia produce 200 Gwh di energia pulita evitando l’emissione di oltre 110.000 tonnellate di CO2. È l’equivalente del fabbisogno energetico annuo di circa 100.000 famiglie italiane. La produzione punta al mercato di grossisti, ma il modello di business potrebbe evolvere, in futuro, verso la clientela finale in termini di fornitura, servizi e prodotti. Al momento il mercato di riferimento è quello italiano e la propria produzione si basa su 33 impianti ad energia rinnovabile, di cui 21 parchi eolici, 10 parchi fotovoltaici e 2 impianti a biogas per una capacità installata di 115MW. Sono localizzati principalmente in Calabria, ma anche nelle Marche, in Campa- Produzione Un impianto fotovoltaico della Plt nel comune di Ortezzano in provincia di Fermo nia e Liguria mentre un impianto fotovoltaico è localizzato a Timisoara in Romania. Il protocollo di Kyoto e la liberalizzazione del mercato elettrico nel 2000 hanno segnato un’accelerata per chi investe sulla green economy sebbene la burocrazia sia un freno a mano tirato. «Alcuni impianti eolici messi in esercizio quest’anno o in costruzione oggi — spiega Tortora — hanno richiesto che l’iter autorizzativo cominciasse almeno 7-8 anni fa». In Plt lavorano 70 dipendenti con età media di 36 anni; alla loro guida è stato nominato direttore generale il manager 36enne Stefano Marulli. Qual è il segreto di Plt Energia? «Sono in questo mondo da 25 anni – riflette Tortora — e sono convinto che il futuro dell’energia sia nelle rinnovabili. Un passo che all’Italia consentirà, dal 2030, di spezzare parzialmente il giogo della dipendenza dall’estero di energia fossile-. Il costo di produzione non è ancora competitivo se non incentivato e una volta che le strutture saranno ammortizzate sarà più conveniente ricorrere al vento o al sole che non costano nulla». Alessandro Mazza © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere Imprese Lunedì 26 Ottobre 2015 3 BO Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma nella top 10 italiana delle città intelligenti Sostenibilità, qualità della vita e cultura spingono in alto i nostri capoluoghi nella classifica Smart city V ivibile, sostenibile e «open». È questo il modello che i capoluoghi emiliano-romagnoli hanno adottato per diventare delle smart city. Si tratta di città intelligenti in cui l’urbanistica dei luoghi, gli aspetti sociali, la mobilità e la sostenibilità ambientale diventano le fondamenta su cui ripensare le metropoli del futuro in maniera innovativa. Secondo i dati dell’indagine ICity Rate 2015, realizzata da Forum PA con la collaborazione di Openpolis, su 106 comuni capoluogo, quattro dell’Emilia-Romagna sono finiti tra le prime dieci smart city di tutt’Italia. Si tratta di Bologna (seconda), Modena (quarta), Parma (sesta) e Reggio Emilia (settima). A decretarne il successo, la propensione dei loro cittadini a usare la bici, (116 km di piste ciclabili ogni 100 km quadrati di superficie a Modena); l’efficienza dei servizi per l’infanzia (33% a Bologna, per l’indice di presa in carico negli asili nido); la partecipazione elettorale (a Reggio Emilia i votanti alle ultime politiche sono stati il 72,96%); l’assistenza degli anziani, la disponibilità del credito, l’accessibilità e le opportunità di lavoro. I criteri su cui si è basata la ricerca si riferiscono infatti a diversi parametri: economia, welfare, ambiente, mobilità, qualità della vita, governance e legalità. Per ognuno di loro sono stati individuati dei fattori specifici, come la salubrità dell’aria, i tempi di percorrenza da casa e lavoro e il tasso di crimini commessi, in modo da misurarne il livello e tracciare così il profilo della La top 10 Chi è 1 638 1 Posizione 2015 Milano Trieste Posizione 2014 10 548 9 Punteggio Gianni Dominici, è il direttore generale del forum PA nonché curatore della ricerca ICity Rate 2015 549 613 9 BOLOGNA 2 5 2 Firenze 3 3 550 587 13 Trento 551 568 557 MODENA 8 Padova 556 7 4 4 Venezia 5 6 6 10 8 REGGIO EMILIA PARMA Fonte: ICity Rate 2015 - Forum PA smart city ideale. «Una città la si definisce smart quando mette in agenda una serie d’innovazioni culturali, organizzative, istituzionali e per ultime tecnologiche in grado di risolvere con un approccio innovativo problemi vecchi – spiega Gianni Dominici, Direttore generale del forum PA nonché curatore della ricerca ICity Rate 2015 – Quest’indagine permette di focalizzare l’attenzione su ciò che si sta facendo in questo campo e più in particolare su ciò che occorre ancora fare per parlare di vere e proprie città intelligenti». Infatti se da un lato i dati riferiti all’Emilia-Romagna la descrivono come una delle regioni più attente e virtuose sul tema dell’innovazione e dell’efficienza, analizzando nello specifico i singoli indicatori le sorprese non mancano. Così mentre Bologna è prima, rispetto agli altri capoluoghi regionali, in ambito economico, sul welfare, sulla governance e sulla mobilità (salvo i tempi di percorrenza casa lavoro dove il 77,45 % degli occupati impiega fino 30 minuti) questa si posiziona negli ultimi posti in tema di mi- crocriminalità (103esima su 106 a livello nazionale), consumo di energia (ogni abitante utilizza oltre 1263 chilowatt) e salubrità dell’aria. A brillare invece sul tema della legalità è Reggio Emilia (seconda a livello nazionale sulla legalità). Tutt’altra storia per Ravenna (prima nella classifica del Sole 24 Ore per qualità della vita) che quest’anno finisce fuori dalla top ten nazionale della ricerca ICity Rate (dal 7 al 13esimo posto) conquistando però il primato regionale di città più attenta all’istruzione, alla partecipazione sociale e alla cultura. Ottimo risultato anche per Parma che a livello nazionale si posizione terza per qualità della vita ma sconta un forte ritardo sul tema della qualità dell’aria e dell’incidenza del verde in città (3,92% d’incidenza sulla superficie comunale delle aree di verde urbano e naturali). Un dato positivo, anche se a livello regionale si posizione in alcuni casi a metà e in altri sul fondo della classifica, lo porta a casa Piacenza che sul tema della sharing economy è la prima città d’Italia. Dino Collazzo © RIPRODUZIONE RISERVATA Nomisma detta le regole della «casa 4.0» Edifici meno energivori e più efficienti, il tema dominante dell’edizione 2015 del Saie Marcatili Occorre ripensare le abitazioni dal punto di vista urbanistico inserendole in contesti territoriali in grado di produrre valore non solo economico ma anche sociale e ambientale L a maggior parte del patrimonio immobiliare dell’Emilia-Romagna è composto da case vecchie, prive di criteri antisismici e ad alto consumo energetico. Un dato da cui partire per l’edilizia del futuro, che punti al riuso e alla rigenerazione migliorando così efficienza e sostenibilità ambientale. In regione, infatti, esistono 975.359 fabbricati, in base ai dati dell’Istat, di cui l’83,84% a uso residenziale. Si tratta di oltre 2 milioni di abitazioni, oltre la metà delle quali edificate negli anni sessante e quindi molto tempo prima delle leggi in materia di efficienza energetica e antisismiche. Un dato, quest’ultimo, in linea con quello nazionale: sono 12,2 milioni gli edifici a uso residenziale di cui il 60% costruito più di 45 anni fa. Su questi numeri gli analisti di Nomisma hanno provato a ra- gionare per iniziare a mettere le basi per una nuova politica pubblica e di rinnovamento industriale capace di guardare non solo all’edificio ma anche a come sono state costruite le città e di conseguenza a come migliorarle. «Il 40% dei consumi di energia sono legati alla casa — spiega Marco Marcatili, economista di Nomisma e Coordinatore progetto Re-Use — Per questo motivo dobbiamo avviare dei percorsi di efficientamento. Ma non basta solo risolvere problemi tecnici come cambiare gli infissi, mettere un cappotto termico alle case. Serve anche ripensare le abitazioni dal punto di vista urbanistico inserendole in contesti territoriali in grado di produrre valore non solo economico ma anche sociale e ambientale». La casa del futuro è un edificio ripensato in un’ottica di riutilizzo e risparmio energeti- co a partire dai materiali che la compongono, come i pannelli fotovoltaici, le illuminazioni a led, le pareti coibentate per eliminare la dispersione di calore, le luci a led, le piastrelle realizzate con materiali riciclati. A questo però va aggiunto anche la qualità della vita di chi vi abita che non si limita solo alle pareti domestiche ma si espande anche all’esterno. «La domanda delle famiglie italiane nei confronti delle abitazioni sta cambiando. In- Edilizia Alcuni materiali termoisolanti presentati al Saie e con cui si costruirà la casa del futuro fatti, ai primi posti non c’è più la richiesta di avere una casa con specifici requisiti — continua Marcatili — ma quella di trovare un quartiere vivibile e connesso al resto della città». D. C. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 BO Lunedì 26 Ottobre 2015 Corriere Imprese Corriere Imprese Lunedì 26 Ottobre 2015 5 BO L’INTERVISTA Lorenzo Sassoli de Bianchi L’azienda La storia Il presidente di Valsoia racconta l’intuizione avuta oltre vent’anni fa con la sua azienda. E il rapporto con la Bologna dell’economia e della cultura Un progetto snobbato come un sogno oggi diventato sinonimo di benessere V «Il mio regno salutista» Chi è Lorenzo Sassoli de Bianchi, classe 1952, è presidente di Valsoia, dell’Upa (Utenti di Pubblicità Associati), e dei Musei di Bologna. Il 22 maggio è stato nominato Cavaliere del Lavoro di Marco Marozzi L o hanno titolato Don Chisciotte e Traditore di Casta. Per raccontare il suo essere diverso. Lui davanti all’enfasi si ritrae, si arrabbia solo quando lo chiamano «Conte Rosso». Cita Picasso: «Tutti abbiamo dei padri ai quali somigliamo, ma quello che conta sono le differenze. Nessuno è responsabile del proprio nome». Lorenzo Sassoli de Bianchi ha amato suo padre, uno dei fondatori della Buton, e sua madre Lavinia Strozzi, della casa fiorentina. Viene dalla signoria dei superalcolici, della Vecchia Romagna, ha costruito in solitaria un grande regno salutista, Valsoia. Partendo dalla Buton, dove, lui medico, era stato richiamato. E che nel ’92 fu venduta. «Eravamo alla quarta generazione e c’erano tutti i problemi delle aziende che non riescono a diversificare il casato e il management. Eravamo 40 cuginisoci, con inevitabili ingerenze, confusioni di ruoli, compromessi e mediazioni continue. Il mercato dei superalcolici era maturo, ci voleva uno scatto». Quando la Confindustria bolognese era tutta berlusconiana, solo lui e un altro erano contro. La sinistra, in uno dei suoi infiniti momenti di crisi, lo ha coccolato come possibile sindaco, poi i giochi di partito hanno vinto: probabilmente la storia di Bologna sarebbe stata diversa, ma lui sorride. «La sinistra mi considera conservatore, i conservatori una volta… un comunista. Adesso chissà». Nel suo studio sono appese opere di Shi Xinning, che fa apparire Mao in mezzo alle icone fotografiche di Hollywood, della cultura occidentale, di Che Guevara. Il comunismo ride del consumismo e viceversa. Sassoli lo fa di se stesso: «Non mi sento esattamente nel posto in cui mi trovo. Mai davvero integrato, non ho pace. Il vantaggio è sentirsi libero». La soia come un sogno? Lei ha raccontato di essere partito da un tizio in America, trattato come un matto new age. Le spiegò quante cose si potevano fare con quel legume e le regalò le sue prime ricette. «Era la fine gli anni 80. Sapevo che l’alimentazione sarebbe diventata sempre più importante per la salute. Cercavo. La soia è il seme magico, il più duttile, dotato di forti componenti salutistiche». L’hanno presa per matto? «Se non matto… originale, sempre spiazzato rispetto al mondo in cui mi trovo. Poi da venti anni il mercato dell’alimentazione salutistica sta crescendo al ritmo di due cifre. In Italia siamo a 700 milioni di euro, l’1% del comparto alimentare. Un italiano su tre dice di essere a dieta e di usare prodotti salutistici, il 6,5% dichiara di essere vegetariano, i vegani sono due su mille. Spesso, molto spesso sono solo atteggiamenti che però pian piano si trasformano in comportamenti. Questo per dire che c’è ancora molto spazio per crescere». In soldoni significa? «Il mercato dell’alimentazione salutistica sale del 20% all’anno, il latte di soia in assoluto è il prodotto leader. Creiamo mercati che prima non esistevano. Latte, hamburger, yogurt di soia, adesso formaggi, stracchino, ricotta vegetale. C’è la scoperta delle intolleranze, ma anche un mutare dei gusti. La pubblicità ha un ruolo decisivo, in entrambi i campi. Chi mai beveva questa roba 25 anni fa? Adesso in Italia ci sono 16 marchi di latte di soia. La Valsoia nel 1990 quando è nata fatturava 200 milioni di lire, ora 114 milioni di euro. Un’azio- Il mercato dell’alimentazione salutistica sale del venti per cento all’anno e noi creiamo mercati che prima non esistevano. Bologna è una città dalle risorse infinite, anticiclica, radicata su valori solidi, non avventurosi ne quando siamo andati in Borsa valeva quattro euro, ora sfiora i venti. Ci copiano continuamente, ma va bene così: fa crescere il mercato». Lei cita spesso il sogno. Quanto l’ha formata il suo essersi laureato in medicina e aver lavorato come neurologo con Elio Lugaresi, studioso mondiale del sonno e dei suoi incroci? «Negli Stati Uniti il passaggio dalla medicina all’industria è comunissimo. Stesso metodo: diagnosi, prognosi, terapia. Avvalendosi degli strumenti scientifici a disposizione. Tac, risonanza magnetica da una parte; ricerche di mercato, analisi del consumatore dall’altra». La stessa cultura…medica l’ha portata nove anni fa alla presidenza dell’Upa, l’associazione degli utenti pubblicitari che non era proprio in salute? «Il metodo mi ha aiutato a comprendere la rapidissima evoluzione del sistema dei media. La loro trasformazione radicale, la terza rivoluzione della comunicazione, dopo Gutenberg e Marconi». Da comunicatore come giudica il Dams di Bologna finiti i fasti di Eco & C? «Un’ ottima scuola, non faccio che incontrare giovani di qualità, ancora adesso. Prepara in maniera generale e non specifica. Io prediligo chi si laurea in studi umanistici perché la mentalità è più aperta, logica, duttile. I tecnicali si apprendono». E gli imprenditori bolognesi? «La mia è una città di risorse infinite, anticiclica, radicata su valori solidi, non avventurosi. Fino al rinunciare alle sue banche. Terragna perché di origine contadina. Pochi debiti, grande pragmatismo. E la passione per la meccanica, tutti i bolognesi sono “ciappinari”. Dimensione media, piedi per terra, crescita in base alle proprie forze, passaggi generazionali molto ben gestiti». E sull’alimentare? «La Fiera con Sana ha avuto la grande capacità di cogliere segnali ancora deboli e di anticipare tendenze di enormi possibilità di sviluppo nel salutismo-biologico- vegetale. Fico è a più grande opportunità strategica che Bologna avrà nei prossimi 30 anni, coincide con il posizionamento nel mondo. Il più grande parco alimentare del mondo. Qui. La scommessa è come lo gestiranno». Bologna è capoluogo della regione? «Per certi versi sì, anche se politica regionale ha fatto di tutto per mortificarne il ruolo con anni di policentrismo. L’aeroporto regionale è a Bologna, la stazione ferroviaria sottoterra è internazionale, in superficie quasi da provincia». Nel 2012 ha comprato la Santa Rosa. Latte e marmellata, colazione completa? «Il mix frutta, zucchero più fette biscottate è riconosciuto da tutti i dietologi. C’è un legame culturale, per un’azienda nata a Bologna e finita all’estero. Io giro sempre al contrario». Fra tanti riferimenti culturali, c’è anche un imprenditore alimentare? «Michele Ferrero. Mi ha affascinato la sua creatività, la narrazione dentro ogni prodotto, la componente di sogno. I Rocher, i Kinder. Michele Ferrero è lo Steve Jobs dell’alimentazione nel mondo. Anzi Steve Jobs è il Michele Ferrero dei computer». © RIPRODUZIONE RISERVATA alsoia è stata fondata nel 1990 da Lorenzo Sassoli de Bianchi, che aveva abbandonato la professione di neurologo per occuparsi dell’azienda di famiglia, la Buton. La produttrice del Vecchia Romagna fu poi ceduta nel 1992 e Sassoli scelse di non abbandonare una creaturina che aveva cominciato a mettere in piedi dentro la Buton: la Valsoia. «Nel 90 avevo provato a diversificare un po’ la produzione. Alla Gran Metropolitan, la nuova proprietà, la cosa non interessava e arrivai io. Imprenditore di prima generazione». Tre miliardi per la cessione, il fatturato del ’92. «Ci misi tutto quello che avevo, alla banche presentai un piano a cinque anni per il pareggio e loro mi ripetevano: “questo è il libro dei sogni”». L’azienda è leader nella produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti rivolti all’alimentazione salutistica, principalmente a base di soia. Diversi i marchi: Valsoia Bontà e Salute, RYS Riso e Benessere, Naturattiva e Yogurtal. Valsoia è inoltre distributore esclusivo per l’Italia delle gamme di cereali Weetabix Ltd, società britannica leader in Europa. L’azienda si è quotata nel 2006 sul Mercato Expandi. I prodotti Valsoia sono distribuiti anche in Spagna, Svizzera, Germania, Austria, Croazia, Slovenia e Grecia, sebbene i ricavi delle vendite all’estero rappresentino una quota residuale del fatturato. Nel 2011 è stata acquistata per 25,2 milioni di euro Santa Rosa, società storica bolognese — già passata all’Unilever — per la produzione di marmellate e, con Pomodorissimo, di passata di pomodoro. La società, controllata da Finsalute, ha sede a Bologna in via Barontini e fabbrica Valsoia a Serravalle Sesia, in provincia di Vercelli. Ha 114 dipendenti, «età media attorno ai 30 anni». Ha chiuso il primo semestre del 2015 con ricavi pari a 60,41 milioni di euro, in crescita del 5,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il semestre si è chiuso con un utile netto di 5,66 milioni, miglioramento del 10% rispetto ai 5,15 milioni di euro del 2014. Il consiglio di amministrazione, in scia ai risultati 2014, ha proposto la distribuzione di un dividendo di 0,3 euro per ciascuna azione. Incremento del 30,4%: lo scorso anno la cedola era a 0,23 euro per azione. Nel 2014 i ricavi di vendita si sono attestati a quota 114,015 milioni, il 13,6 % in più rispetto ai 100,365 del 2013; l’Ebitda è salito a quota 17,967 milioni (+40,5% rispetto ai 12,786 del 2013); l’utile netto ha registrato un balzo a 10,701 mln (+8,2% rispetto ai 9,889 mln al 31 dicembre 2013 e l’utile netto rettificato è stato pari a 10,290 milioni, il 49,1% in più rispetto ai 6,902 milioni messi a segno nel 2013. La Posizione Finanziaria Netta di Valsoia è stata positiva per 7,546 milioni contro i 4,691 al 31 dicembre 2013. M. M. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 BO Lunedì 26 Ottobre 2015 Corriere Imprese Corriere Imprese Lunedì 26 Ottobre 2015 7 BO MONOPOLI Energica romba in Borsa: quotazione a fine anno Ipo e debutto nel segmento Aim per l’azienda modenese di superbike elettriche, costola del gruppo Crp. Obiettivo: raccogliere capitali e accelerare lo sviluppo industriale. Nel 2016 il nuovo modello Eva S calda i motori (elettrici) per volare in Borsa e si prepara a chiudere in bellezza un anno di novità che l’hanno portata fin sulle strade californiane. Adesso la modenese Energica Motor Company, costola del Gruppo Crp, cerca nuovi investitori per accelerare il processo industriale ed entro la fine dell’anno presenterà una offerta pubblica iniziale per quotarsi. L’azienda produttrice di moto elettriche a elevate prestazioni è presente sul mercato con la supersportiva Energica Ego e uscirà nel 2016 con la streetfighter Energica Eva, in vetrina all’Eicma di Milano dal 17 al 22 novembre. Sarà la prima impresa nel settore automotive a presentare un Ipo sul Mercato alternativo del capitale (Aim) di Borsa Italiana, il segmento destinato alle pmi. Giovane e piccola, Emc lo è di sicuro. Ma quando il San Francisco Chronicle l’ha definita la «Tesla italiana delle supermoto», sapeva di cosa stava parlando. Negli ultimi anni sempre più produttori hanno introdotto modelli elettrici sul mercato, seguendo proprio l’esempio pionieristico di Tesla diventata un case history di successo nel campo dei veicoli elettrici ad alta gamma. Energica sta seguen- do per le due ruote un modello di business analogo guardando alla finanza a stelle e strisce. «Già da qualche anno avevamo deciso di affiancarci a degli investitori per avere una raccolta di capitali che ci permettesse di andare sul mercato in maniera più aggressiva», racconta il ceo Livia Cevolini. «Così abbiamo provato a vagliare la strada dell’Aim e pochi giorni fa c’è stato il via libera per far partire l’operazione». Ubs e Ambromobiliare agiranno rispettivamente come lead-advisor e co-advisor. Banca Finnat fungerà da nomad e global coordinator. Nctm sarà l’advisor legale e Pwc il revisore dei conti. La raccolta di capitali prevede di coprire il fabbisogno finanziario ai fini dell’industrializzazione per i prossimi tre anni. La trasformazione da srl in Spa non allontanerà Energica dalle proprie radici che affondano nella Formula Uno: il know how acquisito dalla casa madre Crp sarà sempre presente sebbene il gruppo (che nel 2014 aveva un fatturato aggregato di 12 milioni e circa 60 dipendenti) non sia coinvolto nel processo di quotazione. Energica ha scelto come consigliere indipendente Giancarlo Minardi, fondatore del team Futuro A sinistra Energica Eva la streetfighter elettrica che entrerà in commercio nel 2016. A destra Franco Cevolini, ceo di Crp e Livia Cevolini, ad di Energica Motor Company omonimo che ha portato al successo piloti come Fisichella, Alonso, Webber e Trulli. Il nome Minardi ha significato per loro fortuna, la speranza è che cavalchi pure il successo a due ruote targato Energica. «Emc è un’azienda nuova in un mercato molto competitivo — continua Cevolini — siamo consapevoli che la sfida sarà dura, ma siamo anche convinti che i clienti sono ora più che mai informati e competenti sul prodotto. In tre anni saremo leader del nostro mercato. A un solo un mese dall’omologazione abbiamo già venduto dieci moto. I clienti hanno un’informazione completa sulle tecnologie, scelgono più coscientemente e non si basano solo sulle dichiarazioni dei grandi marchi». La sfida è legata anche al fatto che le piccole e medie imprese italiane non sono abituate a ragionare in termini finanziari quanto quelle americane (basti pensare che i primi scommettitori dell’Aim Italia sono svizzeri: si tratta del gruppo elvetico Patrimony 1873, che attraverso il fondo dedicato White Fleet III Globes Italy Equi- ty Star è l’investitore più attivo del segmento tricolore). «Per gli americani è normale cercare investitori anche prima di partire con un’impresa — riflette Cevolini — impresa e finanza in quella parte del mondo vanno in parallelo. Credo che da noi quell’evoluzione sia necessaria». Mara Pitari © RIPRODUZIONE RISERVATA 8 Lunedì 26 Ottobre 2015 Corriere Imprese BO MONOPOLI Consultinvest, risparmio gestito alla modenese I consigli di Consultinvest Macroeconomia e prospettive a 3-5 anni per investire con «trasparenza e prudenza» I n principio fu Paolo Pomelli, l’agente di cambio bolognese che ai bei tempi, quando la Borsa era ancora un Far West, imperversava sull’Emilia-Romagna e sul mitico Borsino di Lugo, universalmente noto come la pancia del popolo degli speculatori fai da te. Lì si fece le ossa Maurizio Vitolo, 56 anni, napoletano emigrato a Modena subito dopo la laurea come consulente d’azienda e oggi ad della società, e gli altri partner che nell’88 si misero in proprio per fondare Consultinvest, l’unica società di gestione del risparmio con radici emiliano-romagnole. Sede a Modena, in Piazza Grande, una settantina di dipendenti diretti, in gran parte analisti finanziari e broker, una rete di circa 400 promotori finanziari, 2 miliardi di euro di risparmio gestito, il gruppo Consultinvest (Sim e Sgr) è ormai entrato nella top ten italiana delle società indipendenti, cioè non di emanazione bancaria o assicurativa. Dalla vetta, dove siede Azimut, il distacco è ancora siderale, ma Vitolo è convinto di poterlo colmare: «Qualche anno fa eravamo un ventesimo di Azimut, ora siamo circa un decimo: l’obiettivo è arrivare ad un Chi è Maurizio Vitolo, 56 anni, amministratore delegato di Consultinvest quinto entro i prossimi cinque anni». Come, dottor Vitolo? «Attraverso l’acquisizione di singoli promotori o di piccole reti, come abbiamo fatto nel recente passato e continueremo a fare già nei prossimi mesi. Poi con la crescita interna. La nostra è una strategia di medio lungo periodo, che dà i suoi frutti nel tempo e paga soprattutto nei momenti di debolezza del mercato come dimostrano le performance d’eccellenza di alcuni dei nostri fondi». Vuol dire che investite con la logica del cassettista? «Per certi versi è così. Mai fatto trading puro, mai guardata l’analisi tecnica, mai seguite le “voci” di Borsa. I nostri punti di forza sono la prudenza e la trasparenza verso i clienti». Chi non risica non rosica dice il proverbio... «Il rischio va calcolato e mediato con la diversificazione». E quindi come scegliete i vostri investimenti? «Partiamo sempre dall’analisi macroeconomica che ci aiuta a scegliere i mercati e i settori con le migliori prospettive a 3-5 anni. All’interno di questa griglia scegliamo i titoli migliori, però con un tetto preciso al peso specifico di ogni singolo titolo sul complesso della nostra massa investita, che non può mai superare lo 0,1% del totale. Anche i dividendi attesi sono un buon criterio per la selezione dei nostri investimenti». A costo di veder sfumare grandi occasioni? «Inseguire i “colpi” di mercato è un azzardo. Investire sulla base di informazioni riservate è addirittura un reato, l’insider trading. È una dabbenaggine, invece, investire sulla base delle informazioni pubbliche, disponibili ormai a tutti in tempo reale: così si finisce per seguire l’onda, quindi strapagare gli acquisti e scontare le vendite». Allora, cosa fa la differenza? «La capacità di leggere cor- rettamente le informazioni, capirne le conseguenze nel contesto generale dell’economia globalizzata». Alla luce di tutto ciò, cosa consiglia? «Come area direi decisamente l’Europa: per la ripresa dei mercati emergenti i tempi non sono ancora maturi, e questo boom americano non mi convince. Come settori, punterei sull’automotive, che ha perso più del necessario sull’onda del caso Volkswagen, e sul finanziario che sulle quotazioni di Borsa sconta ancora le conseguenze delle recenti crisi, pur avendola sostanzialmente superata». Se invece dovesse puntare su qualche titolo secco? «Le due Ipo in corso mi piacciono molto. Poste italiane per le grandi prospettive di dividendo, la solidità, la recente mutazione che le ha trasformate a tutti gli effetti in una società finanziaria-assicurativa. La Ferrari perché ha un grande appeal, è una risorsa scarsa, è lusso più che automobile e darà una grande spinta al valore di tutto il gruppo Fca». Orgoglio modenese? «Abbiamo sede a Modena e azionisti modenesi. Ma la nostra clientela è prevalentemente di altre città. È anche una clientela molto stabile e non troppo danarosa, con una media di soli 30.000 euro investiti.. Se dovessi dare un voto ai campanili, direi che gli investitori più accaniti e aggressivi sono ancora i romagnoli». Massimo Degli Esposti © RIPRODUZIONE RISERVATA Modernismo finanziario a Vignola Sciolti i legami con la banca, la fondazione scoppia di utile. Avrà un ruolo nel futuro di Bper? V olete un esempio di Fondazione che ha felicemente sciolto i rapporti con la banca conferitaria, senza troppo attendere leggi, leggine e protocolli? Be’, allora recatevi a Vignola, nel regno di Valerio Massimo Manfredi, scrittore e professore, grande esperto di antichità classica. È stato ben prima del suo avvento alla presidenza nel 2013, tuttavia, che l’ente di Rocca dei Contrari ha salutato l’omonima Cassa di risparmio, poi acquisita da Bper, che l’ha infine incorporata nell’estate 2010, lasciando in vita solo il vecchio marchio. E non che i rapporti con la Popolare siano cattivi, anzi. Ma con la sua lungimiranza, la Vignola è riuscita a difendersi anche dal progetto del concittadino Emilio Sabattini, che, da presidente della Provincia, lanciò l’idea di una Fondazione unica del modenese, fondendo la Rocca con il capoluogo, Carpi e Mirandola. Di certo, l’amministrazione Manfredi ha insistito sulla stessa strada: appena insediatasi, trasferì oltre 76.000 azio- Chi è Valerio Massimo Manfredi è presidente della Fondazione di Vignola, oltre che archeologo e scrittore ni della Popolare, che già rappresentavano nemmeno lo 0,02% del capitale, dalle immobilizzazioni alle attività disponibili per la vendita, che è poi effettivamente avvenuta, per oltre 75.000 pezzi, nel 2014. L’anno scorso, la grande fuga dalle quotate ha archiviato anche la particolare predilezione per le azioni di big energetici e delle reti, come Enel, Eni, Snam e Terna: la morale è una plusvalenza superiore agli 1,5 milioni di euro nella sola gestione patrimoniale diretta, dal valore di libro di circa 28 milioni. I pilastri, oggi, sono fondi e obbligazioni, bancarie e sovrane, in maniera simile all’altra parte del portafoglio, che, cresciuta oltre i 41 milioni, è esternalizzata alle sgr Duemme, da un biennio successore di Bnp Paribas, e Azimut. È ormai dal 2001 che il portafoglio della Vignola, se si escludono i beni immobili e le rare partecipazioni strategiche, è scisso in due parti, secondo equilibri condivisi con lo storico advisor Prometeia Sim. Grazie a questo modernismo finanziario, già nel Importi stanziamenti istituzionali esercizio 2014 Educazione, istruzione e formazione Ricerca scientifica e tecnologica 284.594,47 150.000,00 Sviluppo locale 122.500,00 1.502.944,46 euro Totale erogazioni 2014 Arte, attività e beni culturali Altri settori e Fondo Nazionale Iniziative Comuni delle Fondazioni…” 743.797,44 202.053,05 2012, presidente Giovanni Zanasi, la Rocca aveva oltrepassato i 2 milioni di avanzo. Lo scorso anno, l’exploit sopra i 3 milioni, tutti peraltro accantonati, per quasi l’80% per future erogazioni. I precedenti bilanci, infatti, già coprivano i contributi elargiti durante l’esercizio, pari a 1,6 milioni, cifra di poco superiore al totale dei deliberati (1,5 milioni). «È stato un bilancio eccezionale, non facile da confermare», spiega il vicepresidente, l’avvocato Giuseppe Pesci. Beninteso, in questa strategia non manca notevole prudenza. A fine 2011, erano spuntati oltre 5 milioni di crediti esigibili entro l’esercizio succes- sivo: in sostanza, era un gigantesco «pronti contro termine», l’operazione con cui un risparmiatore presta soldi a una banca, la quale si impegna appunto a restituirli entro un anno, fornendo come garanzia le attività su cui riversa il denaro ricevuto, ad esempio mutui immobiliari. Successivamente, fino a marzo 2013 la Fondazione ha acceso due depositi vincolati, per l’ammontare complessivo sempre di 5 milioni. Infine, ha riportato quei soldi sui normali conti correnti, oscillanti costantemente tra i 13 e i 16 milioni, «per tenerci pronti — aggiunge Pesci —ai cambi di rotta di un mercato che finora ha sconsigliato altri investimenti». Due di quei conti correnti si trovano, inevitabilmente, proprio in Bper. Della quale la Fondazione, più che azionista, è pertanto creditrice, grazie anche ai due bond lower tier della Popolare in portafoglio allo scorso 31 dicembre, il primo definitivamente rimborsato quest’anno, per rimanenti 5 milioni, e l’altro in scadenza il prossimo. E al momento, alla Rocca, negano che vi saranno dei ripensamenti, sulla partecipazione al capitale della Popolare, nonostante l’innegabile aumento dell’appetibilità della banca con la trasformazione in spa. Nicola Tedeschini © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere Imprese Lunedì 26 Ottobre 2015 9 BO INNOVATORI Dettori: «Porterò a Bologna le migliori 50 startup italiane» Il fondatore di dPixel spiega i suoi progetti: Barcamper Garage e fondo Primo Miglio «S to cercando le Yoox del futuro. Quindi non sono arrivato a Bologna per caso». Non è un caso nemmeno che Gianluca Dettori, per raccontare i progetti della sua dPixel che sotto le Due Torri si chiameranno Barcamper Garage e Primo Miglio, prenda a modello l’azienda creata da Federico Marchetti. «Federico lo ricordo, trentenne, a caccia di finanziamenti per lanciare il suo modello di e-commerce — racconta —. Ci incontrammo nell’ufficio di Elserino Piol, entrambi in attesa di incontrare l’uomo che portò in Italia la net economy. Federico aveva in testa Yoox, io Vitaminic. Grazie a Elserino sono diventate entrambe importanti realtà». Ma mentre Marchetti ha poi scelto di fare l’imprenditore a 360 gradi, Dettori ha preferito restare scopritore di idee e talenti. Ceduta Vitaminic — a peso d’oro —, fondò dPixel, una Chi è Elserino Piol, da Limana (Belluno), un passato in Olivetti, è l’uomo che sta dietro le più grandi innovazioni tecnologiche applicate al business italiano, come Yoox e appunto le invenzioni di Dettori sonda nel magmatico mondo di Internet. Con l’incubatore semovente Barcamper gira da dieci anni l’Italia per incontrare chiunque abbia in testa una nuova idea di business. E inietta capitali laddove individui potenzialità di successo. «Abbiamo visto migliaia di aspiranti imprenditori — racconta Dettori — che avevano anche idee straordinarie ma nessuna esperienza per tradurle in un business plan. Più di 200 li abbiamo aiutati a creare un’azienda vera, e su 19 di queste abbiamo direttamente investito attraverso un nostro fondo di venture capital». Quattro dei gioielli scovati da Dettori sono diventate aziende tanto appetibili da aver trovato un compratore; altre quattro, come spesso succede alle startup, sono morte ancora in fasce. Undici sono in fase di sviluppo. Tra queste c’è il fenomeno Cortilia, la mini Amazon dei prodotti alimentari freschi che a Milano ha già 50.000 clienti e prestissimo sbarcherà a Bologna e Modena. E c’è il circuito di moneta supplementare regionale Liberex-Sardex che già gestisce un milione di transazioni al giorno e secondo Dettori «potrà cambiare il mondo nel giro di dieci anni». Tutto questo, moltiplicato per dieci, è ciò che Dettori realizzerà a Bologna: il principale polo italiano di accelerazione di imprese tecnologiche innovative. La sede sarà il Barcamper Garage che dal 2016 ospiterà presso gli ex-laboratori di edilizia del- l’Istituto Aldini Valeriani oltre 50 startup provenienti da tutta Italia e dall’estero. «L’innovazione ha bisogno di una casa — spiega Dettori — dove i talenti si possano confrontare tra loro, col tessuto imprenditoriale esterno e con noi che li aiutiamo a crescere. L’Aldini Valeriani, con i suoi 2000 studenti in discipline tecniche, è l’ambiente ideale. E Bologna, con oltre 3.000 imprese molto dinamiche, un’associazione imprenditoriale lungimirante, una gran- Incontro il sindaco di Bologna Virginio Merola e Gianluca Dettori presidente Dpixel a FaRete de capacità di collaborazione fra pubblico e privato, garantisce terreno fertile per farle crescere». Raccontato in questi termini Barcamper Garage potrebbe sembrare soltanto uno dei tanti acceleratori d’impresa (una dozzina solo in Emilia-Romagna). Sarà invece qualcosa di molto diverso. Oltre al «motore» infatti, Dettori fornirà anche la benzina, cioè i capitali per «accendere» il business. Arriveranno dal fondo di venture capital Primo Miglio, un progetto al quale hanno già aderito Unindustria Bologna, Banca Sella e il Fondo Italiano di investimento. Appena avrà ottenuto l’autorizzazione di Bankitalia, Primo Miglio Sgr avvierà la raccolta di capitali, con l’obiettivo di raggiungere i 50 milioni. Da marzo il fondo Fii presieduto da Innocenzo Cipolletta ha attivato il nuovo fondo di fondi di venture capital e ha selezionato quattro progetti di investimento: Caravella, Stark Venture One, Innogest Capital II e appunto Primo Miglio. «Siamo nel mezzo del processo legale — spiega Dettori — e in questa fase non possiamo dire più di tanto. Quel che vogliamo fare, comunque, è raggruppare nel Barcamper Garage tutte le start up oggetto dei nostri investimenti. E con i mezzi finanziari di cui disporremo, saranno tante». Proprio oggi, intanto, dPixel sarà a Bologna per premiare i vincitori di Star Cup, il concorso per nuove imprese promosso in collaborazione con Aster. Massimo Degli Esposti © RIPRODUZIONE RISERVATA MAICO, VINCE LA SORDITA’! BOLOGNA Piazza dei Martiri, 1/2 Tel. 051 249140 248718 - 240794 BOLOGNA Via Mengoli, 34 (di fianco alla Asl) Tel. 051 304656 BOLOGNA Via Emilia Ponente, 16/2 Tel. 051 310523 BOLOGNA San Lazzaro Di Savena Via Emilia, 251/D Tel. 051 452619 ADRIA Corso Mazzini, 78 Tel. 0425 908283 CARPI Via Fassi, 52/56 Tel. 059 683335 CASTELFRANCO EMILIA Corso Martiri 124 Tel. 059-928950 CENTO Corso Guercino, 35 (Corte del teatro) Tel. 051 903550 CESENA Via Finali, 6 (Palazzo Barriera) Tel. 0547 21573 FAENZA Via Oberdan, 38/A (di fronte al parco) Tel. 0546 621027 RAVENNA Piazza Kennedy, 24 (Galleria Rasponi) Tel. 0544 35366 REGGI0 EMILIA Viale Timavo, 87/D Tel. 0522 453285 FERRARA Piazza Castello, 6 Tel. 0532 202140 FORLI' Via Regnoli, 101 Tel. 0543 35984 MODENA V.le Menotti, 15-17-19 (Ang. L.go Garibaldi) Tel. 059 239152 MODENA Via Giardini, 11 Tel. 059 245060 RIMINI Via Gambalunga, 67 Tel. 0541 54295 ROVIGO Corso del Popolo, 357 (angolo Via Toti) Tel. 0425 27172 SASSUOLO Viale Gramsci, 15/A Tel. 0536 884860 Troveremo insieme la soluzione migliore SIAMO PRESENTI NELLE FARMACIE DELLA VOSTRA PROVINCIA. PER APPUNTAMENTI: 800.213330 - 347.2693518 www.maicocentriacustici.it 10 Lunedì 26 Ottobre 2015 Corriere Imprese BO L’EMILIA-ROMAGNA DEI CAMPANILI Nella terra dei motori c’è vita per gli autodromi Ma non è fatta di sole gare I circuiti in numeri Formula 1 e Superbike stanno diventando marginali nell’impegno di far quadrare i conti a Imola e Misano di Maurizio Andreoli S e avete una decina di milioni di troppo, se proprio non sapete dove buttarli, potete divertirvi a organizzare un Gran Premio di Formula 1. Con 4-5 milioni che vi pesano nelle tasche siete in grado di togliervi lo sfizio di mettere in pista una prova del Motomondiale. Oppure accontentatevi di una gara del Mondiale Superbike: 300-400.000 euro di rosso, a conti fatti, dovrebbero essere sufficienti. C’erano una volta i grandi eventi motoristici che oltre al lustro portavano soldi. Alla peggio si chiudeva in pareggio, sempre un bell’andare. Era la fine del secolo scorso, fino a sfociare anche nei primi anni Duemila. Ora è rimasta solo la vetrina, la visibilità, la grancassa. Ma i conti dei grandi eventi, per gli autodromi volgono al profondo rosso. E per farli tornare a fine anno, le società sono costrette a gestioni oculatissime, in qualche caso anche a veri e propri salti mortali. In Romagna, la Terra del Motore, ci sono due autodromi che distano tra loro un centinaio di chilometri. Abbiamo chiesto ai direttori dell’Enzo e Dino Ferrari di Imola e del Misano World Circuit Marco Simoncelli di descrivere con una sola parola i rispettivi impianti. Pietro Benvenuti (Imola) ha scelto «fascino». Andrea Albani (Misano) ha preferito puntare su «passione». Ma fuor di poesia, la differenza più evidente è nella gestione: pubblica a Imola, privata a Misano. Gestione Il circuito di Imola è a controllo pubblico, quello di Misano è guidato da un privato Chi sono Pietro Benvenuti, direttore dell'autodromo di Imola Andrea Albani, direttore del circuito di Misano Come società a controllo pubblico, Formula Imola SpA è finita nel mirino del severo Cottarelli per un rosso di oltre 2 milioni di euro. Ma erano numeri già vecchi, del 2012. Proprio quell’anno ci fu la svolta, che in estrema sintesi si può raccontare così: il ConAmi (la multiservizi della Romagna tra i principali azionisti di Hera) ha avuto in concessione dal Comune di Imola per 64 anni l’impianto a un costo quasi simbolico e lo ha affittato a Formula Imola, di cui ora detiene l’85%. Ma soprattutto il ConAmi si è accollato gli oneri strutturali e gli ammortamenti, lasciando in capo alla Spa solo la parte gestionale. L’effetto immediato sono stati due bilanci di Formula Imola con un minimo segno positivo: 19.414 euro l’utile del 2014 (Fonte il bilancio del ConAmi ndr), per un fatturato che supera i 4 milioni. «Pagano i cittadini e pagano sempre di più» hanno prote- Autodromo Misano World Circuit Marco Simoncelli Autodromo Enzo e Dino Ferrari Imola stato comitati, associazioni ambientaliste e partiti di opposizione. Ma Benvenuti non è d’accordo: «In realtà è un giro, perché noi paghiamo al ConAmi l’affitto (115.000 euro nel 2014, ndr) e sosteniamo anche il costo di parte dei lavori. Poi ci sono altri aspetti, come le 40 giornate all’anno di apertura al pubblico: ci costano 600700 euro l’una e dobbiamo garantire tutto, anche il servizio medico. Se non facessimo questa e altre cose per la collettività, potremmo tranquillamente accollarci gli investimenti». Corriere Imprese Lunedì 26 Ottobre 2015 11 BO ANNO DEL PROGETTO 1969 1949 ANNO DI NASCITA LUNGHEZZA TRACCIATO 4.226 metri 4.936 metri GESTIONE Santa Monica SpA Formula Imola SpA Diversificare Qui a destra il concerto degli Ac/Dc all’autodromo Enzo e Dino Ferrari a luglio: sotto Valentino Rossi mentre arriva al traguardo in una gara del MotoGp al Misano World Circuit Marco Simoncelli 1972 1952 DIPENDENTI 8 15 Polifunzionalità Oltre alle gare, all’Enzo e Dino Ferrari funzionano i concerti, al Misano World circuit c’è il Week End del camionista FATTURATO oltre 9 milioni oltre 4 milioni RISULTATO NETTO -392.000 euro Fonte Bilancio Financo +19.414 euro Fonte Bilancio ConAmi Il nemico numero uno del Ferrari si chiama rumore. Il nodo da sciogliere sono le cosiddette «giornate in deroga» rispetto al limite di decibel previsto per legge. È lì che si fa cassa. Giornate che sarebbero al massimo 30 all’anno secondo una vecchia norma per gli impianti che ospitano gare di Formula 1 o assimilabili. Ma la Superbike (l’evento motoristico di punta che si svolge ora a Imola) non sarebbe, appunto, «assimilabile» alla F1. Dunque Imola aggiunge al conto teorico 60 deroghe per prove tecniche. Ma soprattutto per un autodromo a gestione pubblica, conciliare la sana gestione economica dell’impianto con il benessere e la tranquillità dei cittadini è importante. E allora si è lavorato a un protocollo di autoregolamentazione, messo a punto dallo studio legale Giuseppe Girani e firmato anche da Ausl e Arpa, un testo che entra nel merito dei singoli eventi e interventi, alla ricerca dell’equilibrio, ovvero della sostenibilità ambientale ed economica. Un accordo peraltro fortemente contestato da una parte della città. Poi c’è una parolina magica: polifunzionalità. «Se organizzi diversi eventi non motoristici, puoi ridurre le giornate rumorose» scandisce Benvenuti. E la strada è tracciata, col fiore all’occhiello del mega concerto degli Ac/Dc che ha portato a Imola 90.000 persone in una sola serata. Polifunzionalità che ben conoscono anche a Misano, dove l’autodromo è di proprietà della Santa Monica Spa, controllata al 92,89% dalla Colacem SpA di Gubbio, gruppo Financo, settore costruzioni, ma con interessi diversificati. Se Imola è in questo momento, sportivamente, un autodromo di serie B, Misano gioca in A ed è l’unico impianto che ospita contemporaneamente Motomondiale e Superbike. Ma si diceva della polifunzionalità e l’elenco per Misano sarebbe lungo, con il fiore all’occhiello dell’accordo stipulato con la scuola guida di Siegfried Stohr, ma anche manifestazioni come il Week End del camionista, una pista per il Flat Track, concerti, eventi e un rapporto molto stretto con la Regione e la Riviera per fare del patrimonio motoristico, anche e soprattutto, un prodotto promo-commerciale. A Misano, tra l’altro, la pista è dotata di illuminazione per eventi serali ed è occupata per circa 300 giorni all’anno. E la questione rumore, affrontata ristrutturando tribune, palazzine, barriere, installando fono- Benvenuti Paghiamo al ConAmi l’affitto e sosteniamo anche il costo di parte dei lavori metri direttamente controllati dall’Arpa, provoca minori mal di pancia. Anche e soprattutto al Santa Monica, i costosi interventi migliorativi sono peraltro sempre necessari e legati non soltanto alle normative dei grandi eventi. «Investiamo continuamente e l’abbiamo fatto anche di fronte alla crisi — dice Albani — perché siamo convinti che questo sia l’unico modo per garantire un futuro all’impianto». Per un fatturato che supera i 9 milioni, la Santa Monica SpA ha chiuso il 2014 con una perdita di 392.000a euro (fonte: Albani Investiamo perché è l’unico modo per garantire un futuro all’impianto bilancio del gruppo Financo, oltre mezzo miliardo di fatturato complessivo, ndr), ma la MotoGp quest’anno è andata benissimo e «i segnali per il futuro sono positivi» chiosa Albani. E allora qual è la risposta alla domanda delle domande? C’è vita per gli autodromi della Romagna? Secondo Benvenuti e Albani sì, ma solo proseguendo nella politica gestionale che considera sempre di più le gare come una parte importante, ma per certi versi marginale, dell’attività. © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Lunedì 26 Ottobre 2015 Corriere Imprese BO FOOD VALLEY Il cane raspa l’Appennino Food e «riporta» il tartufo a Piazza Affari Assieme a «La dispensa di Amerigo» nasce un gruppo da 10 milioni Il punto L’ annus horribilis del porcino Igp: solo 11 chili in tutto il 2014 Borgotaro vede però il riscatto Sant’Agata celebra il bianchetto «I di Angelo Ciancarella l fungo è un prodotto anarchico». Così Francesca Corsi, direttrice del Consorzio Fungo Igp di Borgotaro, in provincia di Parma, definisce uno dei prodotti tipici dell’Emilia-Romagna. I numeri sono chiari. Nel 2014, per esempio, si è verificato un evento senza precedenti: sono stati raccolti solo 11 chili di porcini. Un crollo dovuto alle condizioni climatiche avverse. Negli ultimi anni la raccolta è stata altalenante: il 2010 è stato il migliore, con 72 quintali messi nel cestino; calo nel 2011 con 45 quintali e un ulteriore dimezzamento nel 2012 a 24 quintali. Ripresa nel 2013 (45 quintali) e poi l’azzeramento l’anno scorso. L’anomalia delle precipitazioni non ha favorito la nascita e la crescita del micelio. «Deve piovere poco e servono circa 10-15 giorni di sole» spiega ancora Corsi. Per il 2015 c’è speranza. Ha fatto molto caldo, ma le piogge di fine agosto e settembre hanno fertilizzato il terreno. I conti si faranno a breve, finita la stagione della raccolta. Il mercato è prevalentemente regionale, si vende però anche a Milano e Varese, ampi centri di smistamento. Ad ampliare il proprio orizzonte è anche la provincia di Rimini, che fa invece del tartufo il suo fiore all’occhiello. La Fiera Nazionale del Tartufo di Sant’Agata Feltria è una vetrina per tutto il Paese. «L’andamento è in crescita e a beneficiarne è tutto l’indotto agricolo e D all’anno scorso Savigno non è più un comune bolognese; si è riunito con altri quattro e il luogo geografico Valsamoggia è diventato un municipio che include Monteveglio ed evoca la Resistenza, la miseria, la fame e don Dossetti. Della prima e dell’ultimo resta la memoria; le altre due non ci sono più. Anzi, quella terra è un giacimento di prodotti pregiati del bosco, e oggi esporta eccellenze enogastronomiche. La stella della trattoria Amerigo 1934 di Alberto Bettini brilla da quasi vent’anni sulla guida Michelin; le conserve «La dispensa di Amerigo» hanno cominciato a girare il mondo con Eataly e stanno per fare il salto, trainati da funghi e soprattutto tartufi. Da qualche mese infatti sono diventate un ramo d’azienda prodotto e gestito da Appennino Food, la società fondata da Luigi e Angelo Dattilo, che ogni anno mette in vasetti e barattoli alcune tonnellate di prelibatezze intere, a fette, in salsa, in crema; perfino pasta e olio aromatizzati, per un valore totale di 6 milioni di euro (2014): due quinti consumati in Italia, tra negozi e ristoranti di fascia alta e un corner alla Rinascente di Milano; il resto in giro per il mondo. Metà negli Stati Uniti, l’altra metà in Europa e Oriente, con una sede appena aperta a Singapore e l’obiettivo di raddoppiare il mercato fin dall’anno prossimo, in Malesia, Indonesia, Thailandia, per arrivare al milione di euro. Senza dimenticare la passerella di Expo 2015, dove Appennino Food ha appena sfilato al Waterstone di Intesa Sanpaolo, fra le 400 eccellenze selezionate nei sei mesi dell’esposizione universale. I prodotti del bosco Scovatori I due fratelli Dattilo, Luigi (a sinistra) e Angelo, titolari di Appennino Food I numeri sono in forte evoluzione: nel 2015, dopo un paio d’anni al ritmo di crescita (già rispettabile) del 12-13%, il salto sarà superiore al 20% e porterà i ricavi a 7-7,5 milioni di euro. Dall’anno prossimo il brand della «dispensa», già posseduto al 50%, sarà interamente acquisito e si unirà agli altri brand, come Appennino Truffles, per dar vita al gruppo Appennino Food. Almeno un milione di euro in più, in partenza, con una capacità produttiva triplicata nello stabilimento di Savigno. Obiettivo 2016 a 9-9,5 milioni di euro. Già da molti anni l’internazionalizzazione è una precisa strategia, sostenuta anche dalla protezione dei marchi, il packaging, il marketing. Dal 2007 è stata costituita Appennino Usa, per un mercato difficile dove la qualità non basta: i protocolli doganali sono rigidissimi per tutte le importazioni di origine animale, ma da qualche anno il ragù di carne della «dispensa» passa la frontiera. I primi passi in Europa precedono perfino la costituzione della Spa (avvenuta nel 1998) con l’apertura di una sede a Monaco di Baviera nei primi anni 90 (il tedesco Stephan Burger è socio al 20% di Appennino Food). Internazionalizzazione, si diceva, e marketing: persuasivo (clienti top e ristoratori riuniti in una sorta di focus group, nei quali prodotti, ingredienti e «conservazione senza conservanti» vengono illustrati e assaggiati, così non c’è neppure bisogno di spiegare perché i vasetti non siano a buon mercato) e perfino aggressivo, con una brochure a colori che mette a confronto il vasetto spalancato e fotografa- Internazionali Un accordo con Eataly e poi lo sbarco Oltreoceano firmato «Appennino Usa» to dall’alto (senza photoshop, assicurano) con quello meno invitante della concorrenza. E spiega la differenza fra sterilizzazione (propria) e pastorizzazione (altrui), surgelazione e congelazione, diverse procedure di essiccazione. Espansione non solo commerciale, all’orizzonte di Appennino Food, perché Luigi Dattilo (fondatore, presidente, responsabile commerciale e socio al 40% alla pari con il fratello Angelo, responsabile della ricerca e produzione) si è affidato allo studio Baldi di Reggio Emilia, specializzato nell’accompagnare le Pmi verso la quotazione in borsa nel segmento Aim loro riservato. Il controllo, garantisce Luigi, resterà in famiglia. Semmai, c’era bisogno di rafforzare il management sul fronte finanziario ed è stato individuato un Cfo che già si aggira tra i 16 dipendenti, che salgono a trenta contando i collaboratori. Raccolta I funghi colti dal consorzio Igp Borgotaro di Parma turistico», ammette la presidente dalla Pro Loco di Sant’Agata, Margherita Marini. Durante la fiera di quest’anno, la 31esima, il 51% dei 160 standisti proviene da fuori Emilia-Romagna, da 6 regioni differenti per la precisione. Di questi, 9 sono venditori di tartufo bianco, il più pregiato, che inizia proprio in questi giorni la sua stagione. Il 2014 è stata un’ottima annata per la raccolta, tanto che i prezzi sono crollati anche sotto i 100 euro all’etto. Meno soddisfatti i cercatori dell’«oro sotterraneo» che però potranno rifarsi quest’anno: il Centro Nazionale del Tartufo di Alba stima infatti che l’annata sarà un po’ meno generosa con le quantità e di conseguenza i prezzi risaliranno attorno ai 300 euro l’etto A. C. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Meccanica, export e innovazione: così sopravvive il fungo coltivato Il settore è in salute, ma solo chi investe in tecnologia allarga il suo business. Rimini tiene su tutta la filiera P er sopravvivere nella filiera del fungo coltivato bisogna meccanizzare e internazionalizzare. Alle aziende di produzione non basta più il mercato regionale. I confini stanno stretti, la recessione ha colpito duro ed è necessaria innovazione: «C’è stata una crisi di quantità», osserva Loredana Alberti della Fungar di Coriano (Rimini), una delle due aziende più grandi della regione, «e i prezzi sono stati fermi per 5 anni. Resistono solo le imprese meccanizzate». I numeri parlano chiaro e rispecchiano una filiera in buona salute. Negli ultimi 10 anni la produzione è stata costante in sei province emiliano-romagnole: medaglia d’oro a Rimini con 406.674 quintali dal 2005 al 2014. Secondo posto per Bologna con 121.700 quintali, seguita da Forlì-Cesena che si ferma a 106.850 quintali. Le uniche aree in negativo per tutti e dieci gli anni sono quelle di Parma, Reggio Emilia e Ravenna. Ma i dati della regione non mentono: Modena e Forlì, seppur con cali minimi, hanno mantenuto volumi di non poco conto. Bologna presenta un andamento instabile: dai 12.000 quintali del periodo pre crisi, si arriva ai 10.000 dello scorso anno, passando per picchi di 20.000 nel 2009 a drastici cali l’anno successivo (9.300). Rimini invece ha raddoppiato i quantitativi, passando da 34.559 a 71.182 quintali e così pure Ferrara, anche se su quantitativi di molto inferiori. Nel Riminese l’azienda più importante è proprio la Fungar dall’alto dei suoi 5 milioni di euro di ricavi, una produzione di 30.000 quintali nel solo 2014 e una fungaia di 15 ettari. «La crisi è stata dura, ma essendoci innovati prima, abbiamo resistito meglio di altre aziende. Era- La produzione Dati in quintali BOLOGNA FERRARA FORLÌ RIMINI PIACENZA MODENA 2014 10.000 825 9.835 71.182 5.000 10.950 2013 12.400 264 10.385 60.050 5.000 10.800 2012 10.400 261 10.485 59.966 neg 12.100 2011 9.300 222 10.485 58.709 5.500 13.050 2010 20.000 245 10.035 63.036 5.500 13.110 2009 12.000 225 9.700 34.940 5.500 13.009 2008 12.000 250 10.570 34.559 5.500 17.550 2007 12.000 260 12.490 33.898 5.500 17.600 2006 11.000 240 12.200 44.624 5.740 17.600 2005 12.000 275 10.672 51.387 5.800 18.500 vamo già solidi», dice ancora Loredana Alberti. Ma il pericolo è sempre dietro l’angolo. «Negli anni ‘80 c’era l’importazione del fungo cinese, oggi c’è quello polacco», continua l’Alberti. «L’Europa ha finanziato Varsavia, lasciando “disarmati” i produttori italiani che non sanno come contrastare l’importazione dall’Est». I funghi, che vengono prodotti tutto l’anno, hanno mantenuto prezzi stabili, mentre i costi di climatizzazione degli impianti sono aumentati. «Parteciperemo a una fiera in Svezia e puntiamo anche al mercato di Norimberga in Germania», rivela Oriano Borghi, fondatore della Valentina Funghi di Minerbio, nel Bolognese. Trenta stanze colturali, 120 addetti e 30.000 quintali di funghi cresciuti nel 2014 e un giro d’affari tra i 5 e i 6 milioni. Anche loro meccanizzati, soprattutto nell’impianto di irrigazione. «Sia- mo in crescita. Anche per il 2015 è prevista la stessa quantità di funghi dell’anno precedente». La Funghi Mara, che si occupa del compost ossia del primo anello della catena produttiva,guarda più lontano: «Siamo interessati al mercato australiano», dicono dall’azienda di San Giorgio di Piano. Ma i problemi sono anche di tipo burocratico e Gianni Tosi, presidente di Confagricoltura spiega che «per fare una coltura intensiva è necessario chiedere una miriade di autorizzazioni in Regione». S e c o n d o i l p r e s i d e n te d i C o l d i re t t i M a u ro To n e l l o , l’esportazione estera è il segnale positivo di un settore sano e forte, dove però una tecnologia sempre più sofisticata serve a mantenere bassi i costi e a garantire qualità a tutti i nostri prodotti». Alessio Chiodi © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere Imprese Lunedì 26 Ottobre 2015 13 BO FOOD VALLEY L’olio dop di Brisighella in rimonta Colli di Rimini studia l’allargamento La ricorrenza A Parma È derby tra i due consorzi. Ci sono bottiglie che costano anche 42 euro al chilo C on pochi produttori di alta qualità, l’Emilia-Romagna crede nell’olio e Brisighella fa scuola. «Quest’anno la produzione si attesterà sui 18.000 chili (circa 150.000 chili di olive) con una resa media del 12%». È soddisfatto Franco Spada, presidente del Consorzio Olio extra vergine di oliva Brisighella che dal 1996 è Dop. Archiviato l’anno horribilis 2014 quando sotto gli attacchi della mosca olearia i frantoi ne avevano prodotto solo 1.840 chili, ora si attende una qualità che a detta di molti, come per il vino, sarà «straordinaria» (la raccolta è infatti iniziata in largo anticipo il 19 ottobre rispetto al 5 novembre previsto dal disciplinare). Il primo olio italiano a fregiarsi della denominazione d’origine protetta, si ottiene quasi esclusivamente dalla varietà Nostrana di Brisighella e in minima parte dalla Ghiacciola e dalla Orfana. La particolarità? «Sono 100.000 piante in un’area di venti chilometri di diametro incorniciata e protetta dai “gessi di Brisighella”, zona carsica di sei milioni di anni fa dove si crea il microclima ideale per l’ulivo. D’altronde le cultivar Nostrana e Ghiacciola non temono le basse temperature (resistono anche fino a meno dieci-dodici gradi) e così il clima freddo contribuisce a dar vita a un olio pieno di aromi con bassa acidità e alto contenuto di polifenoli e vitamine». Potenzialmente c’è una crescita di nuovi impianti in tutto il comprensorio nonostante a molti uliveti sia preclusa la Dop perché non rispondenti ai requisiti di legge che impongono almeno il 90% di piante di Nostrana. «Dove avevo i pescheti — spiega il presidente-produttore — ho piantato un migliaio di ulivi, anche se l’albero inizia a produrre in maniera significativa al quindicesimo anno». Il prezzo è davvero allettante, “11-12 eu- L’oro liquido di Romagna Produzione certificata (chili) CONSORZIO OLIO DOP CONSORZIO OLIO DOP BRISIGHELLA COLLINE DI ROMAGNA 22.293,46 18.000* 15.648 14.510,36 11.679,36 8.735,40 8.352 G Tumidei è invece un outsider senza riconoscimento comunitario. Coltiva 15.000 piante tra Brisighella e Castrocaro e segue direttamente la molitura delle olive nel frantoio di famiglia sulle colline riminesi, alla Tenuta Pennita. «Profumi persistenti e piacevoli al palato: è tornata la qualità del 2012», dice al primo assaggio. Le attenzioni in fase di lavorazione non mancano, recupera persino il «nocciolino» come biocombustibile mentre i macchinari all’opera migliorano la resa preservandone la naturalità e regolano la frangitura esaltando le note amare e piccanti. Risultato: due selezioni superricercate e uniche; una prodotta con cento per cento di Nostrana che manda fino in Usa e l’altra di sola Ghiacciola destinata completamente al mercato giapponese (circa 500 litri all’anno): «Un olio che probabilmente, qui, non venderei. Dal sapore decisamente forte che si abbina bene al pesce crudo». B.B. razie anche all’aiuto dei piccioni viaggiatori oggi l’oleificio Golini di San Secondo (Parma) festeggia i suoi primi settant’anni di vita. Era il 1945 quando Giuseppe Golini (nella foto) riuscì ad entrare in contatto, tramite i volatili che fungevano da postino, con un gruppo di residenti in Puglia con i quali iniziò a barattare forme di parmigiano, ricevendo in cambio alcune latte di olio. Un passatempo che si trasformò presto in una piccola attività: così Golini iniziò a far assaggiare a più persone possibili quell’olio che lo aveva conquistato e diede vita a un’impresa. Si fermava ogni giorno con un piccolo banchetto nelle piazze dei paesi e sui sagrati delle chiese, e lasciava piccole quantità di olio alle persone di riferimento del tempo. «L’inizio dell’attività della nostra famiglia — racconta oggi Davide Golini, uno dei nipoti di Giuseppe alla guida dell’oleificio — ha il sapore di storie lontane, eppure fin dai primi anni di vita si sono delineati quei caratteri che hanno permesso di farci crescere. Mio nonno credeva fortemente nel rapporto tra le persone, e anche ora ci occupiamo personalmente della consegna a domicilio dei prodotti». E oggi l’Oleificio seleziona i suoi uliveti tra Umbria, Abruzzo, Puglia e Lago di Garda, seguendo la coltivazione e le operazioni di raccolta delle olive, fino al confezionamento dei prodotti per proporre varietà differenti a seconda delle richieste del mercato. Francesca Candioli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA 11.768,83 11.040 10.552,20 6.814,2 9.075,10 5.128,2 4.965 1.840 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2012 2013 2014 *valore stimato ro netti al chilo nelle tasche del produttore finanche 13 per le selezioni e al banco sui 26-28 con punte record di 42 euro per il Nobil Drupa, la pregiata selezione derivante dalla molitura a freddo della sola Ghiacciola», precisa Sergio Spada presidente della cooperativa CabTerra di Brisighella che conta un centinaio di olivicoltori Dop e commercializza oltre il 90% dell’intera produzione (quasi il 70% va in regione; la restante parte nel resto d’Italia e solo il 5 all’estero). Area molto vasta che va da Forlì a Rimini e un debutto tutto sommato recente, nel 2009, per l’altra Dop regionale: l’olio extra vergine di oliva delle Colline di Romagna, un blend di più varietà (correggiolo, presente negli uliveti nella misura minima del 60%; leccino, nella misura massima del 40% e altre minori quali, pendolino, moraiolo e rossina, fino ad un massimo del 10%). «Le prospettive sono buone ma — osserva preoccupato il presidente del Consorzio Giovanni Tiberio — usciamo da due anni neri dopo il calo produttivo nel 2014 (4.965 chili certificati) e le forti nevicate del 2013 che hanno seriamente danneggiato gli uliveti da Coriano a Montegridolfo. Adesso si riparte cercando di allargare la cerchia dei produttori, limitata per ora a una ventina di aziende olivicole tra cui la cooperativa Colcor con un pacchetto di quindici soci iscritti alla Dop». Olivicoltore con valido palmares di premi, Gianluca Franco Spada (Consorzio Brisighella) Sono 100.000 piante in un’area di venti chilometri di diametro protetta dai gessi della zona, zona dove si crea il microclima ideale per l’ulivo Stagione per stagione E l’oleificio Golini di San Secondo festeggia i suoi 70 anni di vita L’agenda 27 ottobre A Bologna c’è tempo fino al 27 ottobre per partecipare il 29 ottobre a Webinar «Le potenzialità del mercato indonesiano e la strategia di ingresso» nella sede di Unioncamere Emilia-Romagna in viale Aldo Moro 62, a partire dalle 9 28 ottobre A Bologna dalle 20 l’azienda Vecchia Malga organizza una serata di presentazione dei prodotti di eccellenza del territorio in via Marsala 12, Circolo ufficiali dell’esercito di Bologna 28 ottobre A Parma c’è tempo fino al 28 ottobre per iscriversi alla giornata informativa «Centro America: il nuovo business è qui» sulle opportunità di mercato in Guatemala e Honduras. L’incontro è previsto per il 29 ottobre dalle 10.30 alla Camera di commercio di Parma in via Verdi 2 28 ottobre A Ferrara continua il ciclo di incontri «Dalla conoscenza all’esperienza» alle 16.30 nella sala conferenze della Camera di Commercio in Largo Castello 10 29 ottobre A Parma incontro alle 10.30 alla scoperta delle opportunità di mercato di quattro Paesi dell’area: Guatemala, Honduras, Costa Rica e Repubblica Dominicana alla Camera di Commercio in via Giuseppe Verdi 2 Dimenticatevi il classico kiwi, dall’anno prossimo sarà rosso di Barbara Bertuzzi N on solo kiwi verdi o gialli. «Il panorama varietale dell’actinidia in Emilia-Romagna presto virerà sul rosso con i primi impianti già nel 2016» ci anticipa Guglielmo Costa dell’Università di Bologna, padre nobile della coltura del kiwi e ricercatore di fama internazionale. Caratteristiche dei frutti: «cambia la forma, più piccola e tozza; gusto molto dolce, aromatico (fino a 24 di grado brix, zuccherino) e alto contenuto di antiossidanti». Si va dalla polpa rossa con contorno verde per la varietà brevettata col nome HFR 18 del neo consorzio italiano Origine Group, che avrà l’esclusiva per la coltivazione in Europa, a quella rossa e gialla delle nuove selezioni di genotipi bicolori della Vivai Dal Pane. «Una colorazione rossa che, però, nella nostra regione — tiene a precisare Costa — non sarà mai molto intensa a causa delle alte temperature nei mesi di luglio e agosto». Tuttavia, dalla vallata del Santerno (Imola) a quella del Marzeno in provincia di Forlì dove è maggiormente concentrata la produzione di kiwi, domina ancora su tutte la cultivar Hayward (oltre il 90% della produzione regionale e nazionale). Polpa soda di color verde brillante e forma allungata, dal sapore tipico dolce-aspro (prezzi nella Gdo-Grande distribuzione da 2,6 a 5,4 euro/kg, fonte: Centro servizi ortofrutticolo). «La miglior cura colturale? Mantener in equilibrio la pianta — racconta il ravennate Francesco Donati che dagli anni ottanta la coltiva su un ettaro — Non esagero nelle concimazioni e nei trattamenti per evitare stress che potrebbero favorire gli attacchi della batteriosi-Psa. Così facendo mantengo una resa media annuale di 25-27 tonnellate per ettaro e un calibro sui 130 grammi». Tra le varietà emergenti, da qualche anno sono oramai presenti anche le giallo-dorate: la neozelandese Gold 3, la cinese Jintao del Con- Il frutto Il kiwi è una bacca commestibile prodotta da numerose specie di liane del genere Actinidia, famiglia delle Actinidiaceae. Il kiwi viene raccolto tra settembre e ottobre ed è commercializzabile da novembre ad aprile sorzio Kiwi Gold e la Soreli che fa parte del programma di miglioramento genetico italiano (sui 7-8 euro/kg). «Si connotano per il tomento vellutato, non tangibile e quasi glabro, e per la bassa acidità. In più — spiega Costa – sono ricche di vitamina C e potassio». L’ultima novità è la varietà AC1536, commercializzata con il brand Dorì e sviluppata dalle Università di Bologna e Udine; centocinquanta ettari coltivati ad oggi in Italia, soprattutto in Emilia-Romagna, Lazio e Veneto. «È la più precoce in assoluto – dice Giampaolo Dal Pane della Summerfruit che detiene i diritti della varietà a Club nel mondo. In Romagna si raccoglie la seconda decade di settembre. Colore giallo acceso, calibro dai 100 ai 120 grammi e una resa produttiva alta che non smette mai di sorprendere: 40 tonnellate per ettaro ma può arrivare fino a 43 sotto tunnel». © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 BO Lunedì 26 Ottobre 2015 Corriere Imprese Corriere Imprese Lunedì 26 Ottobre 2015 BO Il controcanto di Andrea Rinaldi LA SHARING ECONOMY NON ASPETTA NESSUNO OPINIONI & COMMENTI L’analisi Ecco come si rivalutano i nostri distretti SEGUE DALLA PRIMA E si fa presto a dire «tradizionali», con riferimento appunto ai settori industriali ove l’economia italiana fonda la sua forza. Da molto tempo, questi settori sono stati considerati sul viale del tramonto da una parte non piccola delle élite accademiche ed economiche del Paese; così come condannati all’oblio sono stati giudicati i distretti industriali. Ma le cose, qui e ora, stanno davvero così? No, non stanno così e l’economia dell’Emilia-Romagna va ancora oggi considerata un (buon) modello per almeno due fondamentali motivi. Primo: le decine di distretti sparsi sul suo territorio continuano a rappresentare dei riusciti esempi di aggregazione delle imprese proprio nei settori tipici del Made in Italy. Dalla meccanica (in tutte le sue special i z z a z i o n i : a u to m ot i ve , packaging, meccatronica, etc.) alla moda (abbigliamento e calzature), passando per l’alimentare (si pensi ai casi di successo presentati all’Expo) e l’arredo-casa (le piastrelle di Sassuolo sono famose in tutto il mondo). Secondo: la dinamica economica strutturale sta facendo il suo corso, nel senso che nuove specializzazioni emergono. Scrive la Banca d’Italia nel suo «L’economia dell’Emilia-Romagna» (giugno 2015): «Dal confronto tra le imprese censite nel 2007 e nel 2013 emerge che a fine periodo il peso del valore aggiunto dei settori alimentare, chimicofarmaceutico e dei mezzi di trasporto era superiore a 7 anni prima». Se a questo aggiungiamo l’affermazione della Wellness Valley (Cesena), la presenza — sempre a Sassuolo — di multinazionali operanti nel campo dei materiali da costruzione eco-sostenibili, e il vero e proprio boom — soprattutto a Bologna — delle startup in settori a elevato contenuto tecnologico, ecco emergere il volto di un sistema industriale che sta vivendo una sua metamorfosi. E lo fa partendo dai propri punti di forza, che è poi quello che i grandi sistemi manifatturieri europei possono e devono continuare a fare, spostando l’asticella sempre più in su. Franco Mosconi 15 Le lettere vanno inviate a: Corriere di Bologna Via Baruzzi 1/2, 40138 Bologna e-mail: lettere@ corrieredibologna.it Fax: 051.3951289 oppure a: [email protected] [email protected] @ © RIPRODUZIONE RISERVATA «Ogni forma di innovazione, in quanto tale, comporta anche potenziali conflitti, che se non regolati o gestiti possono avere impatti negativi sulle persone. Lo sharing deve essere soprattutto una necessaria condivisione di responsabilità, anche nei confronti dei beni comuni, e di risposte di fronte ai bisogni». Per questo motivo a Milano, nell’anno di grazia 2015, hanno deciso di «mappare, valorizzare, connettere ed eventualmente regolare quelle iniziative territoriali legate all’economia della condivisione e della collaborazione». I virgolettati vengono da un documento del Comune, che con questo provvedimento ha deciso di normare un settore emergente dell'economia, quelli che di solito in Italia si pensa a tassare prima ancora di conoscere. Al di là del primato meneghino dei numeri sulla condivisione (Milano è pur sempre la seconda e più moderna città d’Italia), bisogna rendere tanto di cappello a un’amministrazione che è stata capace di intercettare e comprendere un fenomeno. E qua cosa succede? Se si prendono solo i dati del capoluogo di regione (Corriere di Bologna, 3 agosto 2015), Bologna non sta certo a guardare in fatto di Piazza Affari di Angelo Drusiani Iren allunga il debito e alletta gli investitori alloggi c2c, coworking e food. Allora nei municipi sulla via Emilia o in Regione cosa aspettano? Fino a quando continueremo a monitorare la stagione turistica censendo arrivi e presenze negli hotel, dimenticandoci di Airbnb? E perché non agevolare fiscalmente chi usufruisce di un coworking? Qualcosa invero si sta muovendo, ma ha il passo lento dei pachidermi. Mi riferisco ai tre progetti di parere elaborati il 29 scorso dalla commissione Politica economica (ECON) del Comitato delle regioni a Gelsenkirchen, in Germania. Uno di questi, tra l’altro, è stato redatto proprio dalla vicesindaco del Comune di Castelnuovo Rangone, Benedetta Brighenti. Verranno tutti e tre sottoposti al parere di adozione alla sessione plenaria del Comitato europeo della regioni il 3 dicembre. Cioè tre mesi da settembre a dicembre per un passaggio che non ha proprio un sapore definitivo. Nel frattempo Uber ha portato in tribunale i tassisti di Torino per cancellare lo stop imposto mesi fa dal Tribunale di Milano, con cui era stato dichiarato fuorilegge; ha fatto il suo esordio LexDo.it con le sue consulenze legali a 10 euro; e abbiamo appreso dell'esistenza di nuovi servizi di condivisione come Bannerman, per le guardie di sicurezza o Sprig per gli chef a domicilio. Dunque cosa si aspetta? © RIPRODUZIONE RISERVATA Fatti e scenari Da Modena al mondo Expert System dà lustro a Expo con il portale intelligente del food N N on c’è fibrillazione attorno alla riunione del Fomc, l’organo tecnico della Banca Centrale statunitense, in programma fra tre giorni. Non c’è fibrillazione, perché ci si aspetta già il nulla di fatto sul livello dei tassi d’interesse. Un buon segnale per chi, nella nostra regione, ha un progetto immobiliare da concretizzare attraverso la concessione di un mutuo bancario. Di immobili in vendita ve ne sono moltissimi e le occasioni sembrerebbero non mancare. La stabilità dei tassi Usa, almeno per ora, non contagerà quindi i rendimenti d’area euro. Ancora per alcuni mesi, chi vorrà indebitarsi con le banche locali potrà farlo a tassi molto interessanti. Le offerte da parte del sistema bancario parlano di costi d’indebitamento molto contenuti e anche chi, invece di trattare un appartamento, ambisce a costruire immobili con più appartamenti potrà usufruire di trattamenti che, tra un anno, probabilmente spariranno. Stesso ragionamento può essere esteso alle aziende che operano nel nostro territorio. Che siano quotate in Borsa o che, per ora, non vi accedano, ricorrere al mercato obbligazionario è ancora un’opportunità da cogliere. Iren, ad esempio, ha deliberato un programma Emtn, acronimo Euro Medium Term Note, per emissioni complessive pari a un miliardo di euro. L’obiettivo è di collocare prestiti a lungo termine, al fine di allungare la durata media del debito. All’agenzia di rating Fitch il programma è piaciuto molto. Al punto che ha assegnato all’azienda il grado di affidabilità tripla B meno, che appartiene al comparto definito «investment grade». Ma Fitch non si ferma qui. Al prestito emesso a luglio scorso è stato infatti assegnato un rating migliore, tripla B. In questa fase, Iren, ma anche altri potenziali emittenti, possono proporre al mercato emissioni che offrano rendimenti che favoriscano un costo contenuto della raccolta, per il debitore. Al tempo stesso, l’investitore può diversificare il proprio portafoglio, immettendo più nominativi, a rendimenti che, pur non essendo entusiasmanti, sono in linea con le pretese dei mercati. L’intervento È il passeggero del futuro a determinare il presente dell’Aeroporto di Bologna SEGUE DALLA PRIMA L ogiche uguali a Bologna, a Londra, a Francoforte o a New York. Così come il livello del servizio che il cliente chiede a un aeroporto è sempre più lo stesso ovunque egli si trovi, con un termine di paragone che è oggi su aeroporti sui quali sono indirizzati investimenti colossali. E qui sta il punto cruciale: investire nelle tecnologie, nei servizi, nelle esperienze di viaggio che verranno richiesti da un passeggero globale nei prossimi 3-5 anni. È il futuro che determina il presente dell’aeroporto. Quando ho maturato la consapevolezza che la quotazione in Borsa era una strada che doveva essere percorsa mi sono confrontato con il sindaco Virginio Merola e con l’allora presidente della Regione Vasco Errani. Entrambi hanno immediatamente condiviso l’obiettivo di dotare Bologna — e tutta l’area che può trovare conveniente volare da e per Bologna — della linfa indispensabile per continuare a programmare il nostro futuro. L’attuale presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha portato avanti con pari determinazione la stessa strada che avevamo tracciato. Ora il nuovo corso è partito. Investitori internazionali si sono sostituiti ai soci che hanno finora garantito continuità e crescita ad un aeroporto che negli ultimi anni è cambiato profondamente. Ma è solo l’inizio di ciò che può e deve essere nei prossimi anni. La trasparenza che impone il nuovo corso consente una credibilità nuova a livello internazionale. Il prossimo debutto il 3 novembre del collegamento con on è solo il cibo a segnare l’eccellenza della partecipazione emiliano-romagnola a Expo. Modenese, infatti, sarà anche il «cervello» del portale «Italian Quality Experience», la piattaforma web con cui il sistema camerale italiano darà visibilità a 700.000 aziende agroalimentari italiane. Il nuovo motore di ricerca lo sta sviluppando, sotto la Ghirlandina, la Expert System, leader mondiale nello sviluppo di software semantici per la gestione strategica delle informazioni e dei big data. Con la tecnologia Cogito di Expert System, che capisce il significato delle parole in base al contesto della frase, «Italian Quality Experience» potrà dare risposte immediate e puntuali a ogni tipo di domanda, anche se formulata in modo impreciso o equivoco. Expert System, quotata al mercato Aim di Borsa Italiana, è nella top ten delle aziende informatiche più innovative del mondo e fornisce i suoi prodotti a colossi industriali globali e a gran parte degli enti governativi americani. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Emirates, è in relazione anche a questo, ed è motivo di grande soddisfazione. Qualche anno fa rappresentava un risultato non raggiungibile e non certo per carenza di motivazione. È cambiata la prospettiva. Ora son più delineati i contorni del futuro perché il Marconi ha le risorse per poterlo affrontare. L’aeroporto è nato da una precisa volontà della Camera di commercio che assieme al Comune aveva una idea precisa di cosa poteva diventare Bologna investendo. Ora la storia continua ed in un certo senso riparte. L’orizzonte è tanto diverso da allora. Ma l’obiettivo è identico. Investire sui propri limiti e superarli per andare lontano e per portare ciò che è lontano molto vicino. È un percorso sotto la lente di ingrandimento di tutti: mettendo a fuoco il nostro aeroporto allarghiamo i confini della conoscenza di Bologna. Giorgio Tabellini Presidente Camera di Commercio di Bologna © RIPRODUZIONE RISERVATA Al timone Stefano Spaggiari, ad di Expert System Cribis: «Spiragli di ripresa» Emilia-Romagna, 780 fallimenti È solo quinta in Italia C alano i fallimenti in Italia (-7,2%) nei primi nove mesi del 2015, dopo un 2014 da record con 15.605 aziende saltate, per un totale di 85.481 dall’inizio della recessione. Il trend è in deciso rallentamento negli ultimi mesi: 46 fallimenti al giorno nel terzo trimestre, contro i 54 di media del trimestre precedente. Siamo comunque a livelli del 64% superiori rispetto alle medie precrisi. Meglio della media fanno i settori dell’industria (-12%) e, a sorpresa, dell’edilizia (-7,4%). Stabile il commercio, peggiorano i servizi (+6,4%). In questo scenario non sfigura l’Emilia-Romagna, solo quinta tra le regioni italiane con 780 fallimenti quest’anno, dopo la Lombardia (2.153), il Lazio (1.195), il Veneto (939), la Campania (915). Marco Preti, ad di Cribis D&B, la società del gruppo bolognese Crif che ha realizzato l’analisi, vede «spiragli di ripresa» anche in ragione di un accorciamento dei tempi di ritardo nei pagamenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA IMPRESE A cura della redazione del Corriere di Bologna Direttore responsabile: Enrico Franco Caporedattore centrale: Simone Sabattini Editoriale Corriere di Bologna s.r.l. Presidente: Alessandro Bompieri Amministratore Delegato: Massimo Monzio Compagnoni Testata in corso di registrazione presso il Tribunale Responsabile del trattamento dei dati (D.Lgs. 196/2003): Enrico Franco Sede legale: Via Cincinnato Baruzzi, 1/2 40138 Bologna © Copyright Editoriale Corriere di Bologna s.r.l. Tutti i diritti sono riservati. 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