CICLO DI SEMINARI SOSTITUTIVO DELLO STAGE SU: COME SI FA RICERCA Strumenti di rilevazione qualitativi: osservazione partecipante e interviste discorsive 4 aprile 2014 Prof. ssa Fiammetta Corradi PARTE I OSSERVAZIONE PARTECIPANTE “Penso che ci siano diversi tipi di ricerca sul campo: scavi, esperimenti, osservazioni, interviste e simili, ognuno con le proprie caratteristiche. (…). L’osservazione partecipante [è] un genere d’osservazione fatta da due tipi di “spie”: la polizia da una parte e noi sociologi dall’altra. Ed è di noi che voglio parlare soprattutto, anche se penso che in molti casi loro lavorino più in fretta e meglio”. (E. Goffman, On Fieldwork, 1989). Una prima definizione “L’osservazione partecipante è quella tecnica di ricerca che richiede a colui che la conduce di passare un periodo di tempo sufficientemente prolungato a stretto contatto con il fenomeno prescelto, in modo da giungere a una comprensione profonda delle diverse specificità che la caratterizzano. In quanto tale, essa è la tecnica principale all’interno di quel ramo delle scienze sociali che ha come obiettivo di restituire ai propri pubblici la complessità della vita all’interno dei diversi contesti sociali, cioè l’etnografia”. (G. Semi, L’osservazione partecipante. Una guida pratica, 2010). Cenni storici Per tutto l’Ottocento il modo di fare antropologia era teorico (ispirazione evoluzionista), a partire da basi di dati e informazioni raccolte da missionari e amministratori coloniali (Es: James Frazer). Anni Venti del Novecento: “Rivoluzione Malinowskiana” (1922, Argonauts of the Western Pacific) La “rivoluzione” di B. Malinowski… inizia alle isole Trobriand (Papua Nuova Guinea) Malinowski al lavoro sul campo… … descritto da Sir James G. Frazer (nella prefazione alla prima edizione di AWP) In the Trobriand Islands (…) Dr. Malinowski lived as a native among the natives for many months together, watching them daily at work and at play, conversing with them in their own tongue, and deriving all his information from the surest sources – personal observation and statements made to him directly by the natives in their own language without the intervention of an interpreter” (AWP, p. vii) … e descritto dallo stesso Malinowski… (1) “I have lived in that one archipelago for about two years, in the course of three expeditions to New Guinea, during which time I naturally acquired a knowledge of the language. I did my work entirely alone, living for the greater part of the time right in the villages. I therefore had constantly the daily life of the natives before my eyes, while accidental, dramatic occurances, deaths, quarrels (…), public and ceremonial events could not excape my notice” (AWP, p. xvii). … e descritto dallo stesso Malinowski… (2) “Imagine yourself making your own entry into the village…alone or in company with your white cicerone. Some natives flock round you, especially if they smell tobacco. Others, the more dignified and elderly, remain seated where they are”. “Indeed it was not until I was alone in the district that I began to make some headway; and I found out where lay the secret of effective field-work”… (AWP, p. 5). La “lezione” metodologica di Malinowski (1) “As usual, success can only be obtained by a patient and systematic application of a number of rules of common sense and well-known scientific principles, and not by the discovery of any marvellous short-cut leading to the desired results without effort or trouble” (AWP, p. 6) La “lezione” metodologica di Malinowski (2) “The principles of method can be grouped under three main headings: 1) 2) 3) (The researcher) must possess real scientific aims, and know the values and criteria of modern ethnography. He ought to put himself in good conditions of work; that is, to live without other white man, right among the natives. He has to apply a number of special methods of collecting, manipulating and fixing his evidence”. (AWP, p. 6). Principi metodologici (1): rilevazione dei dati (e alcune difficoltà) “In observing ceremonies or other tribal events (…) it is good for the Ethnographer sometimes to put aside camera, notebook and pencil and to join in himself in what is going on” (AWP, p. 21). Ecco perché “O. PARTECIPANTE”. “The whole area of tribal culture in all its aspects has to be gone over in research” (even when, as it should be, the field work is hypothesis oriented and guided) (AWP, p. 11). “ But these things, though crystallised and set, are nowhere formulated” (AWP, p. 11). [“So for example you could not ask a native “How do you treat and punish the criminal?”. You have to see how they act in such circumstances]. “After this is realized, the expedient for an Ethnographer consists in collecting concrete data of evidence, and drawing the general inferences for himself” (AWP, p. 12) Principi metodologici (2): analisi dei dati “From this material the inference is obtained by simple induction. The scientific treatment differs from that of common good sense.” Per tre motivi: 1) Completezza dei dati (“only when I began to write down a preliminary sketch of my results (…) I began to see enormous deficiences, which would show me where lay new problems and lead me on to new fieldwork” (p. 13); 2) Sistematicità dell’analisi (“scientifically trained mind”); 3) Ricerca di risposte a domande di ricerca specifiche (selezione dei dati rilevanti). Principi metodologici (3): presentazione dei risultati Tavole cronologiche di minuziosa registrazione dei fatti da cui risulti immediatamente evidente la distinzione tra ciò che è stato osservato, ciò che è stato registrato (raccontato da qualcuno) e ciò che è stato interpretato. Fedeltà ai dati: “The main endeavour must be to let facts speak for themeselves” (AWP, p. 20). I frutti dell’osservazione partecipante: (breve accenno alla “scoperta” di Malinowski) “KULA RING” Il celebre commento di Malinowski “Not even the most intelligent native has any clear idea of the Kula as a big, organized social construction, still less of its sociological function and implications” … “For the integral picture does not exist in his mind; he is in it, and cannot see the whole from outside” AWP, p. 83. Alcuni studi italiani più recenti che hanno adottato per certi aspetti l’osservazione partecipante, integrando l’osservazione con INTERVISTE DISCORSIVE IN PROFONDITA’. E. Colombo, G. Navarini, Confini dentro la città. Antropologia della Stazione Centrale di Milano, Guerini e Associati, 1999. A. Dal Lago, E. Quadrelli, La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini, Feltrinelli, 2004. PARTE II INTERVISTE DISCORSIVE Una definizione di “intervista” “L’intervista è lo strumento di costruzione della documentazione empirica più diffuso nelle scienze sociali. L’intervista di ricerca è una forma speciale di conversazione nella quale due persone (e talvolta più di due) si impegnano in una interazione verbale nell’intento di raggiungere una meta cognitiva precedentemente definita. La conversazione è speciale per l’asimmetria di potere dei due interlocutori. E’ l’intervistatore a stabilire gli obiettivi cognitivi e a dettarne il ritmo ponendo domande cui l’intervistato deve – o quantomeno dovrebbe – rispondere con sincerità ”. (M. Cardano, Tecniche di ricerca qualitativa, Percorsi di ricerca nelle scienze sociali, Carocci, 2003, p. 73). Tipi di “intervista” La prima distinzione da tracciare è quella tra intervista STRUTTURATA e intervista DISCORSIVA. Nell’intervista STRUTTURATA l’intervistato risponde alle domande dell’intervistatore scegliendo le parole da un copione pre-definito. Nell’intervista DISCORSIVA, invece, l’intervistato risponde alle domande dell’intervistatore con parole sue, scelte al momento, costruendo liberamente la propria argomentazione. Due tipi di intervista discorsiva Intervista GUIDATA: l’intervistatore conduce la conversazione seguendo una traccia che comprende temi e/o insiemi di domande già predisposti in un certo ordine (“come canovaccio nella commedia dell’arte: suggerisce all’intervistatore i temi da trattare ma gli lascia la facoltà di sviluppare questo o quel tema secondo il profilo dell’interlocutore”). Intervista LIBERA: l’intervistatore si limita a porgere al suo interlocutore il tema della conversazione, introducendolo con una domanda, per poi disporsi all’ascolto del discorso che l’intervistato costruirà liberamente. Specificità dell’intervista discorsiva “L’intervista discorsiva consegna al ricercatore non solo un insieme di informazioni sull’intervistato, sul suo profilo sociodemografico, sulle credenze, sugli atteggiamenti che lo contraddistinguono (…); l’intervista discorsiva consegna un discorso”. (M. Cardano, cit, p.74) Un discorso. E allora? “Le credenze, gli atteggiamenti, i valori, le rappresentazioni delle traiettorie biografiche sono espressi con una specifica coloritura emotiva, sono iscritti all’interno di una struttura argomentativa che ne determina la sequenza, che ne mostra le connessioni. In questo discorso si colgono, con le espressioni, anche le forme espressive, presenti, ora in modo evidente, nell’adozione di un gergo o di un idioma specifico, ora in modo più sottile, nell’accostamento di alcune parole o nei tempi verbali (presente, passato, futuro) scelti per esprimere l’azione. Nel discorso, inoltre, è dato di cogliere la posizione del locutore (dell’intervistato), nei modi in cui si appropria o si distanzia dalle cose che dice (…). E ancora, nel discorso talvolta è dato di cogliere – anche per il sociologo – le tracce di conflitti interiori segnalati da lapsus linguistici o da altre perturbazioni del linguaggio” (M. Cardano, cit. pp. 74-75). Come leggere questi discorsi? C’è un dibattito ancora aperto, tra due principali posizioni: 1) TESTUALISTA (Demaziere e Dubar, 2000): l’intervista discorsiva non consegna FATTI, ma PAROLE (prospettiva ermeneutica). Le sole informazioni che se ne possono trarre riguardano le forme discorsive (“specchio dell’universo simbolico condiviso da chi le ha messe in parola”). 2) REALISTA (Bertaux, 1999): i discorsi sono racconti di vita che contengono informazioni e indizi utili a cogliere “un particolare frammento di realtà storico-sociale”. Possibili fattori di distorsione (per chi adotta prospettiva realista) 1) Possibilità che l’intervistato menta deliberatamente. 2) Possibilità che l’intervistato, conoscendo o intuendo gli scopi dell’intervistatore gli offra le risposte che lui crede attese o più in generale “desiderabili” dal punto di vista sociale (“Desiderabilità sociale”). 3) Possibilità che l’intervistato non disponga di strumenti concettuali adeguati per rispondere alle domande in modo “utile” (per l’intervistatore). Cfr. caso di Malinowski prima ricordato. Alcuni errori da evitare sempre nella conduzione di interviste discorsive guidate (1) … Alcuni errori da evitare sempre nella conduzione di interviste discorsive guidate (2) … Instaurata una relazione di reciproco rispetto, e auspicabilmente, di libera confidenza, è bene evitare di suggerire all’intervistato i risultati attesi dall’intervista (cfr. desiderabilità e desiderabilità sociale). Nel corso dell’intervista, se si notano resistenze a rilasciare dichiarazioni o a “confessare” certe azioni/atteggiamenti/convinzioni, il ricercatore deve rispettare il proprio interlocutore e registrare la resistenza, considerandola in fase di analisi dei dati come una mancata risposta. Da cosa può dipendere il buon esito di una intervista discorsiva? Da una molteplicità di fattori, che riguardano sia l’intervistato che l’intervistatore. Dal lato dell’intervistato, dalla sua disponibilità a raccontare/si, a rispondere in modo sincero, a dialogare con l’intervistatore; nonché da alcune variabili strutturali che devono essere “sorvegliate”(età, genere, livello di istruzione…). Dal lato dell’intervistatore: oltre che fattori strutturali e da fattori idiosincratici legati alla sua personalità, dalla sua preparazione metodologica e scientifica, dalla sua etica professionale, e dalla sua esperienza nel condurre interviste. E come si può costruire tale esperienza? Probabilmente solo in due modi: 1) 2) Intervistando…intervistando e intervistando (riflettendo ogni volta sugli errori commessi e su ciò che si è appreso). Studiando indagini sociologiche che di questo strumento di rilevazione si sono avvalse con successo, ma anche alcuni “Maestri” nell’arte dell’intervista discorsiva nonché, talvolta, dell’osservazione partecipante. Per esempio: Alcuni illustri maestri nell’arte di osservare e interrogare.