SENTENZE IN SANITÀ – TAR LAZIO
TAR LAZIO – sentenza n. 14819 del 23 dicembre 2005
AMMISSIBILITÀ DEI CRITERI PER LA RIPETIZIONE DI SOMME EROGATE INDEBITAMENTE
La pubblica amministrazione, prima di procedere alla ripetizione di somme indebitamente erogate al dipendente deve procedere, per il principio dell'affidamento e sul presupposto dello stato di buona fede del
dipendente stesso, a ponderazione di interessi, in relazione al tempo trascorso, all'entità della prestazione pecuniaria da ripetere, alla presumibile destinazione della somma al soddisfacimento dei bisogni essenziali della vita.
(omissis)
PER L'ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIONE
- del procedimento e del provvedimento con il quale il Rettore dell’Università degli Studi di
Roma "La Sapienza" ha accertato a carico della ricorrente un preteso credito erariale di lire
10.457.790 "per stipendi in applicazione del D.R. 7 ottobre 1981"; - del preteso credito erariale
di lire 10.457.790 e del conseguente addebito di pari importo elevato a carico della ricorrente; del provvedimento con il quale il Rettore della Terza Università degli Studi di Roma ha disposto
la trattenuta di lire 1.000.000 mensili sullo stipendio corrisposto dalla ricorrente;
- per quanto occorrer possa, del Decreto Rettorale 7 ottobre 1981, mai conosciuto, concernente
l’attribuzione dello stipendio alla ricorrente, quale professoressa ordinaria di ruolo, ai sensi del
D.P.R. n. 382/1980 nonché della L. n. 432/1981; - di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso e conseguente comunque attinenti all’accertamento del preteso credito erariale a
carico della ricorrente, al recupero dello stesso, all’addebito elevato ed alla trattenuta mensile a
tal fine attuata sullo stipendio e da corrispondere. (omissis)
FATTO
Con ricorso n. 2143/1994, la ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe deducendo i seguenti fatti: La ricorrente, in precedenza assistente ordinario presso l’Università di Genova, avendo vinto il concorso a posti di professore universitario veniva nominata professore straordinario di "letteratura anglo-americana" presso la stessa Università di Genova per un triennio solare a decorrere dal 1 dicembre 1975.
Con D.M. del 2 febbraio 1980 veniva nominata professore ordinario di letteratura angloamericana presso la facoltà di magistero dell’Università di Roma a decorrere dal 1 dicembre
1978. Come tale prestava regolare servizio e percepiva lo stipendio della relativa classe stipendiale attribuitale, con le variazioni stipendiali succedutesi nel tempo. Il rapporto è proseguito,
senza problemi e senza che nel frattempo fossero intervenute modifiche dello stato giuridico ed
economico della ricorrente, fino al mese di marzo 1993. Con nota 25 marzo 1993 prot. n.
G113490, ad oggetto "recupero debiti", il Rettore dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" partecipava all’improvviso alla ricorrente l’accertamento di un credito erariale di
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10.457.790 invitandola alla restituzione della somma. La ricorrente non aderiva al recupero della somma e si rivolgeva agli uffici per conoscere e chiarire la posizione che la riguardava e le
vicende che avevano indotto l’Amministrazione ad elevare l’addebito nei suoi confronti. Veniva
in tal modo portato a conoscenza che con la nota prot. n. 039385 la Direzione Provinciale del
Tesoro di Roma aveva comunicato in data 7 luglio 1992 all’Università degli Studi di Roma "La
Sapienza" di avere amministrato i pagamenti degli stipendi alla ricorrente dal 1 dicembre 1978
al 31 dicembre 1990 sulla partita di spesa fissa n. B721876, cessata dal 1 gennaio 1991 per autonomia amministrativa e che, in applicazione del D.R. 7 ottobre 1981 essa Direzione Provinciale del Tesoro aveva accertato per tutto il periodo predetto un debito di lire 10.457.790 a carico della partita di spesa amministrata, debito per il quale invitava l’Università al recupero ed alla rifusione.
La ricorrente apprendeva che il preteso debito si riferiva, quanto a lire 6.368.951 al periodo dal
1 dicembre 1978 al 31 dicembre 1987 e quanto a lire 4.088.841 al periodo dal 1 gennaio 1988 al
31 dicembre 1990. Dal 1 gennaio 1991 la ricorrente è stata amministrata e pagata direttamente
dall’Università e, pur avendo continuato a percepire lo stesso stipendio goduto in precedenza,
apprendeva che a partire da detta data nessun debito le veniva contestato per le somme percepite. Frattanto, essendo la ricorrente oggi amministrata e pagata dalla Terza Università di Roma,
la stessa, con nota 30 giugno 1993 prot. G1282251, veniva sollecitata da parte dell’Università
degli Studi di Roma "La Sapienza" a provvedere al recupero dell’addebito.
La Terza Università di Roma disponeva, di conseguenza, il recupero delle somme addebitate,
mediante trattenute attuate sullo stipendio mensilmente corrisposto alla ricorrente per lire
500.000 nel mese di agosto 1993 e per lire 1.000.000 per ciascuno dei mesi successivi. Deduce
la ricorrente la illegittimità dei provvedimenti impugnati per i seguenti motivi:
- violazione di legge (artt. 3 e 7 L. n. 241/1990); - eccesso di potere per mancanza e difetto di
motivazione, per illogicità e per manifesta ingiustizia; - violazione di legge ed eccesso di potere;
irripetibilità nel caso di specie delle somme eventualmente indebitamente corrisposte alla ricorrente; - in via subordinata violazione di legge ed eccesso di potere per intervenuta prescrizione.
Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato.
Alla pubblica udienza del 23 novembre 2005, il ricorso veniva posto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Rileva il Collegio che la ripetizione dell’indebito non è necessariamente una conseguenza automatica dell'annullamento dell'atto attributivo di un trattamento economico (per il quale attualmente la giurisprudenza ritiene che l’interesse all'annullamento sia in re ipsa) ma ne è autonoma, come gli effetti già prodottisi di un atto giuridico sono in certa misura autonomi rispetto a
quelli futuri.
La discrezionalità, infatti, più che all'atto di annullamento presupposto, va piuttosto ricollegata
al fatto che la ripetizione dell'indebito dell'amministrazione è sì oggetto di un'obbligazione comune del dipendente (ex art. 2033 cod. civ.) ma connessa all'attuazione di un rapporto di lavoro
con l'amministrazione e che pertanto non può sottrarsi al generale principio della tutela dell'affi-
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damento che disciplina l'azione amministrativa (si veda sul punto T.A.R. Venezia n. 1569 del 26
febbraio 2003).
Di tale principio, ricollegabile all'obbligo di correttezza di cui è espressione la ponderazione degli interessi, la giurisprudenza amministrativa ha individuato numerose applicazioni di specie
(provvedimenti di autotutela, convenzioni preliminari a provvedimenti, informazioni e promesse
dell'amministrazione, prassi amministrativa, norme interne). Il medesimo principio trova specifiche ragioni di applicazione nella ripetizione dell'indebito dell'amministrazione, in quanto: - il
percipiente in buona fede ha regolato il suo comportamento su quello dell'amministrazione, presunto legittimo;
- lo stato soggettivo di buona fede del percipiente nell'indebito oggettivo è rilevante a determinati effetti (frutti, interessi) anche secondo il diritto comune (art. 2033 cod. civ.); - l'obbligazione di restituire somme di denaro indebitamente percepite ma che presumibilmente sono state destinate .al consumo incide su esigenze primarie dell'esistenza, che il principio della retribuzione
sufficiente di cui all'art. 36 Cost. prende in specifica considerazione e tutela. Pertanto la ripetizione dell'indebito dell'amministrazione è soggetta, per il principio dell'affidamento e sul presupposto dello stato di buona fede del dipendente, a ponderazione di interessi, in relazione al
tempo trascorso, all'entità della prestazione pecuniaria da ripetere, alla presumibile destinazione
della somma al soddisfacimento dei bisogni essenziali della vita. In applicazione del suesposto
principio di diritto ed in relazione allo stato di buona fede del dipendente (desumibile anche dal
lungo periodo di tempo durante il quale si è perpetrato l’errore della Amministrazione e, conseguentemente, della minima entità mensile della somma percepita "indebitamente" dalla ricorrente che difficilmente poteva essere riscontrata), all'entità della somma da ripetere (lire 10.457.790
riferita agli anni 1978-1990) ed alla evidente incisione che la ripetizione arrecherebbe al soddisfacimento dei bisogni essenziali della vita, ritiene il Collegio che il ricorso meriti accoglimento
con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati. Le spese seguono la soccombenza
e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna le Amministrazioni resistenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali
che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23 novembre 2005.
Presidente – Stefano Baccarini
Estensore – Alessandro Tomassetti
Depositata in segreteria in data 23 dicembre 2005.
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